Giacomo Vit. (Giorgio Faggin, in Tratti, 1990 ) Giacomo Vit



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Transcript:

Giacomo Vit È nato nel 1952 ed è sempre vissuto a Bagnarola (Pordenone). È maestro elementare. Dopo un esordio in lingua italiana, come poeta in lingua friulana ha pubblicato nel 1982 Falas cis di arzila presso l editore Gabrieli di Roma. È seguita nel 1984 la silloge Miel strassada, edita dalla Pro Riccia (Cb), a seguito del premio Cima. Nell 88 ha pubblicato ( con L.Fioretti ) Frassinar, Ed : Ellerani, S.Vito al Tagliamento. Infine, nel 1990, è uscita Chi ch i sin, con Campanotto Editore, a seguito del Premio Città di S.Vito. Adopera il dialetto parlato nella bassa friulana, a Bagnarola. Al centro della sua opera, che ripropone la formula ricorrente in area dialettale della galleria di personaggi, il suplissi dal mont, il male della vita, cui alludono entrambi i titoli delle sue plaquettes, invariabilmente tendenti all ossimoro : Falas cis di arzila ( Faville di argilla ) e Miel strassada ( Miele sprecato ). Il dolore di cui parla Vit affonda le radici in un mondo di subalternità, ma la sua spiegazione rimanda oltre le ragioni sociali. La domanda che rivolgono al poeta un fiòu sporc, un vèciu, un disgrassiàt ( un bambino sporco, un vecchio, un deforme ) investe un ordine più vasto di problemi : tu, tu chi ti as/ studiàt, se ch a è la vita? ( tu, tu che hai / studiato, cos è la vita? ). La poesia vuole leopardianamente penetrare nel l argàin tòrgul/ da la Natura... ( congegno torbido/ della Natura ). Vit parte da Rimbaud, ma la sua visionarietà appare ancorata a grevi grumi di realia e animata da una viva pietà. ( Franco Brevini, Le parole perdute, cit.) I simboli e le metafore, che permettono a Vit di non perdere l aggancio con la corposità delle cose reali, sono martellanti ma funzionali e sempre vigilmente correlati ai valori fonosimbolici della lingua. Le allitterazioni e le rime interne svolgono un ruolo di rilievo : tan chel cuarp/ sguarp ( sopra quel corpo/cieco ) ; oppure : pavèis, paèis, pinsèirs ( farfalle, paesi, pensieri ), dove le rime interne sono combinate con allitterazioni. E qui si potrebbe osservare che nella koinè friulana il verso suona : paveis, paîs, pensîrs ; con l assenza, pertanto, della rima. In quasi 15 anni di scavo poetico Giacomo Vit ha dunque percorso un notevole cammino, che ha fatto di lui uno dei lirici dalla personalità più decisamente profilata. Bibliografia critica essenziale. (Giorgio Faggin, in Tratti, 1990 ) Gianfranco D Aronco, Friuli : tra poesie nuove e racconti popolari antichi, Il Messaggero Veneto, 13 ottobre 1982 ; Walter Belardi-Giorgio Faggin, La poesia friulana del Novecento, Bonacci Editore, Roma, 1987 ; Gianni Di Fusco, La poesia nel Friuli Venezia Giulia, Forum/Quinta Generazione, Forlì,1988 ; Nevio Spadoni, recensione a Chi ch i sin, in La Gazzetta di Ravenna, 16 dicembre 1990. Giacomo Vit Born (1952) in Bagnarola (Pordenone), where he has lived all his life. He teaches elementary school. He began his writing career in Italian but switched to the Friulan language in 1982 with his book of poems Falas'cis di arzila (Rome: Gabrieli). Receiving the Cima Prize for his next volume, Miel strassada, he issued it in 1984 (Campobasso: Pro Riccia). Then, in

collaboration with L. Fioretti, he published Frassinar in 1988 (San Vito al Tagliamento: Ellerani). Finally, Campanotto (Udine: 1990) printed his Chi ch'i sin, which won the Città di San Vito Prize. Vit writes in southern Friulan, the language of Bagnarola. At the core of his work, Vit adopts a formula recurrent in dialect poetry: namely, a gallery of local types, the suplissi dal mont, the sickness called life, to which the titles of his plaquettes refer in oxymora: sparks of clay and wasted honey. The pain of which Vit speaks sinks its roots in an oppressed world. But his insights herein transcend the socio-political causes of this oppression. The question posed to the poet by a dirty child, an old man, a cripple implies a larger realm of possibilities: you, you who've/ studied, what is life? In Leopardian fashion, Vit's poetry aspires to penetrate that turbid contrivance/ called Nature. Influenced by Rimbaud, the visionary quality of this verse appears anchored in grim clots of realia and animated by a deeply felt compassion. (F. Brevini, Le parole perdute, cit.) Vit's symbols and metaphors, never detaching his poetry from the corporeality of real things, hammer in a functionality consciously correlated to the phonetic/symbolic values of his language. His alliterations develop in relief: e.g., over that blind/body or butterflies, bugs, bright ideas. He also works assiduously on internal rhymes.... In the fifteen years that Vit has been writing poetry, he has taken major strides toward becoming one of Friuli's most important lyric poets. (Giorgio Faggin, in Tratti, 1990) Bibliography Gianfranco D'Aronco, Friuli: tra poesie nuove e racconti popolari antichi, Il Messaggero Veneto (13 October 1982). Walter Belardi and G. Faggin, La poesia friulana del Novecento (Rome: Bonacci Editore, 1987). Gianni Di Fusco, La poesia nel Friuli-Venezia Giulia (Forli: Forum/Quinta Generazione, 1988). Nevio Spadoni, review of Chi ch'i sin in La Gazzetta di Ravenna (16 December 1990). No sta vignî a ciacarami cuntralus, no ti viodi benon, a mi somea n altra che ch a mi fa mòtus, che ch a mi prea di iudàla a serciâ puns... ( E chel corèl di lus tal zenòli!...)

No sta vignimi dongia cuntralus. Quant chel soreli al si sarà ingatiàt tai spincs dal scur, di chi ch a sarà la musa ch i lissarai? I. Non venire/ a parlarmi/ controluce,/ non ti vedo bene,/ mi sembra/ un altra quella che mi fa/ dei segni, che mi/ supplica di/ aiutarla/ a cercare ponti.../ (E quel rigagnolo/ di luce sul ginnocchio!...)/ Non venirmi/ vicino controluce./ Quando il sole/ si sarà aggrovigliato/ fra le spine del buio,/ di chi sarà la/ faccia che/ liscerò? I. "Don't stand blocking the light when you talk to me, I can't see you clearly, you look to me like another, talking to me in signs, and asking me to help her to find the bridges... (And that rivulet of light along the knee!...) Don't stand so close blocking the light. When the sun ensnares itself in the thorns of the darkness, then whose will be the face that I caress?"

II. A son chei ch a scrìvin puisìis, ch a pòin zanzìvis e dinc ta l òur da l anima, peraulis-grimaldei, sìlabis-sbìssis, rìmis par vualivâ bùfulis, grops, socs. A son chei ch a impàrin a tetâ dal blanc dal sfuoi, a fis ciâ da un vint insoteràt drenti. II. Ci sono quelli/ che scrivono poesie,/ che posano gengive e denti/ sull orlo dell anima,/ parole-grimaldelli/ sillabebisce,/ rime per spianare/ bolle, nodi, ceppi./ Ci sono quelli/ che imparano ad allattarsi/ dal bianco del foglio,/ a fischiare,/ da un vento seppellito/ dentro. II. There are those who write poetry, who clamp jaws and teeth on the edge of the spirit, word-picklocks, syllable-snakes, rhymes to smooth out blisters, knots, stumps. There are those who learn how to suckle from the white of the page, to whistle from a wind hidden deep within.

III. A l è chi ch a nol si vuarda tal spieli - chi ch a l è chel ch a ni vuarda par da driu dai bus dai vui? - ch al schiva che musa no vera, che piel di veri, chei ciaviei di sturìn. Il trin di essi dòplis no sopuartìn! III. C è chi/ non si guarda allo/ specchio - chi/ è quello che/ ci guarda da dietro/ i buchi degli occhi? -/ che evita quella/ faccia non vera,/ quella pelle di vetro,/ quei capelli di/ stuoia.// Lo spavento di essere doppi/ non sopportiamo!. III. There are those who don't look at themselves in the mirror--who are those who look at us from behind the holes of their eyes?-- the ones who shun the face that's false, the skin of glass, the hair of mat. "We can't bear the fear of being two-faced."

IV. Siarassi a claf tan che piastrelis lìssis, e tu, bisata ch i ti sbrìssis... Al ti conta di cuma insoterati, cragnòus, ta l aga cialda, e tornâ fòur trasparint. Di cuma ch i ti pols comandâ, cridâ, crostolâ duta l umanità, propitu da ulà, da che stànsia blancia, sintàt cuma un re tal tron dal cesso... IV. Chiudersi a chiave/ in quelle piastrelle/ lisce,/ e tu, anguilla/ che sgusci... / Ti racconta/ di come seppellirti,/ sudicio,/ nell acqua calda/ e riemergere/ trasparente./ Di come/ puoi comandare,/ sgridare,/ bastonare/ tutta l umanità,/ proprio da là,/ da quella stanza/ bianca,/ seduto come un re/ sul trono/ del cesso... ( I testi sono tratti dalla raccolta inedita And è inciamò...) IV. "To lock oneself inside these smooth tiles, and you, you eel, slip away..." It shows you how to plunge your putrid self into hot water and rise up

transparent. And how you can command, condemn, cudgel all humanity, right from there, from that white room, perched like a king on the throne of the latrine.