Considerazioni sul d.d.l. cost. di riforma del bicameralismo e del Titolo V e proposte di modifica

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Transcript:

Considerazioni sul d.d.l. cost. di riforma del bicameralismo e del Titolo V e proposte di modifica Sommario Premessa. 1. Difetti di funzionamento del Titolo V della Costituzione. 2. Assenza delle Regioni nel processo decisionale della legislazione ordinaria e proposta governativa. 3. Considerazioni sulla proposta governativa. 4. Le nostre proposte. 5. Conclusioni Premessa Il modello che emerge dalla proposta governativa sembra cumulare inopinatamente le opzioni riconducibili alle seconde camere cosiddette di riflessione e quelle collegate alla territorialità. È pertanto fondamentale decidere preliminarmente se la II Camera dovrà essere una camera di riflessione o - come sembra emergere dalle intenzioni dei proponenti - una camera sensibile alle questioni riguardanti i territori. In questa seconda ipotesi è consequenziale espungere dalla sua composizione i 21 membri di nomina presidenziale. Se, dunque, la seconda Camera dovrà essere a caratterizzazione regionale, è altresì opportuno collegare la riflessione sulla riforma del Senato con le proposte di riforma del Titolo V della Costituzione. Quest ultima, si rammenta, ha l obiettivo di mettere ordine alla ripartizione delle materie tra Stato e Regioni rispetto alla riforma costituzionale del 1999/2001, anche in ragione del contenzioso alluvionale che intasa la Corte costituzionale (i ricorsi c.d. in via principale, infatti, hanno superato da tempo quelli c.d. in via incidentale, con un esorbitante spesa pubblica). Alla luce di questa riflessione di fondo il dibattito parlamentare dovrebbe avere ad oggetto i seguenti profili. 1. Difetti di funzionamento del Titolo V della Costituzione 1

Se è incontestabile che molte delle cause dell accesa litigiosità tra lo Stato e le Regioni sono da individuarsi in un Titolo V, il quale, così com è, oggettivamente non funziona, al medesimo tempo occorre osservare che la tendenza all accentramento dello Stato nei riguardi delle Regioni ha da sempre caratterizzato il modello di Stato italiano. Probabilmente, ciò deriva dal fatto che in Italia il regionalismo non ha mai avuto radici ampie e profonde nella politica e nell opinione pubblica generale. Tali assunti hanno trovato conferma non solo nella legislazione statale (specie se si considera la decretazione d urgenza anti-crisi degli ultimi anni), ma altresì nella costante giurisprudenza costituzionale che, dopo un periodo di sostanziale attesa, ha riconosciuto inizialmente alle Regioni alcuni spazi di autonomia, salvo poi operare un marcato riallineamento delle materie e funzioni nelle mani dello Stato, sulla scorta di nuovi strumenti di centralizzazione (ad esempio, la chiamata in sussidiarietà, le materie di competenza statale trasversale, il criterio di prevalenza, ecc.) i quali si sono man mano sostituiti al vecchio criterio dell interesse nazionale. 2. Assenza delle Regioni nel processo decisionale della legislazione ordinaria e proposta governativa Parallelamente, occorre considerare un ulteriore storico elemento di malfunzionamento del sistema autonomista, risalente al periodo della Costituente e dovuto al mancato inserimento delle Regioni nei processi decisionali che fanno capo al Parlamento. È l annosa questione, di cui oggi tanto si discute, legata alla necessità di eliminare il bicameralismo paritario e di sostituire al Senato una Camera delle Regioni. In questa prospettiva, leggendo la proposta di modifica dell art. 117 Cost., ciò che più colpisce è l eliminazione della potestà legislativa concorrente e la previsione di due sole potestà normative. Da un lato, infatti, rimarrebbe la competenza esclusiva statale (con la novità della possibilità di delega alle Regioni), che verrebbe ampliata 2

con l aggiunta di un nutrito gruppo di materie «e funzioni»; dall altro, sarebbe confermata la potestà residuale regionale con riferimento a ogni materia «o funzione» non espressamente riservata alla potestà esclusiva statale. La riforma, pertanto, sembra voler ricollocare il modello italiano tra quelli tipicamente regionali attraverso un deciso riaccentramento, lasciando tuttavia intatta la clausola residuale a favore delle Regioni, la quale - si rammenta - è tendenzialmente propria dei modelli federali. Non solo, ma tale clausola è a sua volta limitata da un altra clausola ai sensi della quale lo Stato è abilitato ad «intervenire in materie o funzioni non riservate alla legislazione esclusiva quando lo richiede la tutela dell unità giuridica o economica della Repubblica o lo renda necessario la realizzazione di programmi o di riforme economico-sociali di interesse nazionale». Trattasi di un vero e proprio meccanismo di snodo volto a ricostituzionalizzare il criterio dell interesse nazionale, in modo da consentire allo Stato, ogniqualvolta lo ritenga opportuno, di avocare a sé una determinata materia di spettanza regionale. 3. Considerazioni sulla proposta governativa Prendendo dunque le mosse dalle suesposte osservazioni è importante chiedersi, in prima battuta, se la novella avrà effettivamente il pregio di ridurre il contenzioso costituzionale semplificando i rapporti tra Stato e Regioni. In particolare occorre domandarsi se le c.d. materie trasversali (ad es. ambiente, concorrenza, ecc.) individuate negli ultimi anni dalla Corte costituzionale cesseranno di essere un problema dopo la riforma o, al contrario, se le questioni ad esse connesse si ripresenteranno anche a Costituzione modificata, di fatto portando a una non formale, ma comunque materiale amministrativizzazione dell autonomia regionale. Con l aggravante di non eliminare i costi dovuti agli eccessi del contenzioso costituzionale. 3

In un ottica più generale riteniamo che come è cruciale evitare duplicazioni di modelli diversi (camere di riflessione e camere territoriali), è altrettanto opportuno evitare soluzioni posticce che lasciano in vita istituti tipici di un modello (clausola residuale), ma ne introducono altri, collegati a modelli diversi (clausola statalista di flessibilità). In pratica, se si opta per un determinato modello è consequenziale oltre che giuridicamente opportuno fare interamente proprio tale modello. Quindi, per coerenza, si sarebbe dovuto ribaltare l ordine dei rapporti tra Stato e Regioni, definendo in costituzione le materie regionali e collegando la clausola residuale alla potestà legislativa statale. 4. Le nostre proposte. Dando per accolta la stringente necessità di non mischiare istituti appartenenti a modelli diversi proponiamo due soluzioni Proposta a) La prima proposta muove dal presupposto che il principio autonomista di cui all art. 5 Cost., contemplerebbe necessariamente il riconoscimento di un potere legislativo a favore delle Regioni. In questo caso si dovrà prevedere, quale specifica competenza del Senato, il compito di decidere, per ciascuna legge, le esatte materie e funzioni spettanti alle Regioni, in pratica, chi fa che cosa, al fine di evitare un ennesimo, debordante, contenzioso costituzionale. Il nuovo Senato dovrà quindi soffermarsi particolarmente sulla portata e contenuto delle materie c.d. trasversali e sull utilizzazione da parte della Camera dei deputati - della nuova clausola di supremazia. In pratica, nel caso in cui la proposta del Senato delle Autonomie sia respinta dalla Camera a maggioranza assoluta, si potrà ricorrere - su istanza di 1/3 dei Senatori ad una Commissione bicamerale c.d. di conciliazione, composta da 10 senatori e 10 4

deputati la quale avrà il compito, nelle successive due settimane, di definire i profili in discussione, giungendo ad un testo il più possibile condiviso. La Camera dei deputati avrà comunque l ultima parola dovendo approvare il testo nuovamente a maggioranza assoluta. Il Senato delle Autonomie, in definitiva, non avrà competenza sull intero testo legislativo, ma unicamente sulla definizione delle materie ex art. 117 Cost. e sulle funzioni ex art.118 Cost, ivi comprese, in entrambi i casi, sulle relative risorse b) Se invece si ritiene che nel principio autonomista non sia racchiusa una norma che impone il riconoscimento del potere legislativo in capo alle Regioni e sia pertanto ammissibile una forma di stato/di governo con un solo livello legislativo, allora il Senato delle Autonomie dovrebbe a maggior ragione avere un ruolo preciso nelle questioni collegate alla territorialità. In questo caso il Senato delle Autonomie avrà il precipuo compito di pronunciarsi, su ciascuna proposta già approvata dall altra camera, sulla allocazione delle funzioni pubbliche e sulle relative risorse per la loro realizzazione, in attuazione del principio di sussidiarietà di cui all art. 118 Cost.. Analogamente alla proposta a), in caso di disaccordo con la Camera dei deputati, ossia, nel caso in cui quest ultima approvi il testo emendato dal Senato a maggioranza assoluta, si potrà convocare, sempre su istanza di 1/3 dei Senatori, una commissione bicamerale di conciliazione, cui si affiderà il compito di approvare un testo il più possibile condiviso, ferma restando l ultima parola alla Camera dei deputati con maggioranza assoluta. Privare la nostra forma di stato/governo di un livello legislativo, non è azzardato e non è nemmeno in contrasto con il principio autonomistico presente in Costituzione, ma è coerente con l attuale configurazione del sistema giuridico europeo. L ordinamento europeo è infatti fortemente integrato con quello degli Stati membri, forse anche più di quanto si verifica nei modelli federali. Il diritto degli Stati membri, è sempre più di 5

derivazione europea e oramai copre, accanto alle materie classiche (le c.d. quattro libertà economiche, di circolazione delle persone/lavoratori, delle merci, dei capitali e dei servizi), anche quelle tradizionalmente espressive della sovranità statale (diritto penale, processuale penale, amministrativo). Pertanto, se si inquadrano i rapporti tra i livelli territoriali, rispettivamente, europeo, statale e regionale, si deve ammettere che il livello legislativo regionale potrebbe apparire inutile, o comunque, non più indispensabile, fermo restando, ovviamente, il riconoscimento di un potere regolamentare regionale. Non può conseguentemente negarsi, che l eliminazione del potere legislativo regionale eliminerebbe in radice la vexata questio degli sperperi dei gruppi consiliari regionali, in quanto la gran parte delle risorse non sarebbero più dovute ai gruppi consiliari, posto che esse hanno (o avrebbero dovuto avere) la precipua finalità di disseminare sui territori i risultati delle leggi adottate. In questa ipotesi, si dovrebbe a maggior ragione promuovere un adeguata valorizzazione del Senato delle Autonomie, il quale dovrebbe fungere da trait d union tra il centro e la periferia, in grado di sviluppare, in una logica non più conflittuale, bensì di reale partnership, un modello di salvaguardia delle istanze collegate al decentramento, sulla falsariga di quanto sopra prospettato. Da ultimo, riteniamo che in entrambe le proposte il Senato delle Autonomie, dovrà essere coinvolto ad esprimere un parere legato alle questioni territoriali sui progetti di legge europea e, quindi, nella fase ascensionale del diritto europeo. Più in generale, riteniamo che il coinvolgimento delle due camere nella formazione del diritto europeo sebbene con scopi diversi dovrebbe essere specificamente costituzionalizzato con apposite norme. 6

Infine, sarebbe opportuno mettere mano alle questioni legate alle Regioni speciali. E infatti legittimo chiedersi che senso abbia oggi mantenere delle Regioni con uno statuto e poteri speciali se esse non riflettono più le esigenze primarie del post II guerra mondale che avevano giustificato la loro istituzione. Da definire è poi la questione della rappresentanza versus rappresentatività del Senato delle Autonomie. A tal fine riteniamo opportuno prevedere un meccanismo elettivo che faccia salvo, al contempo, il contenimento dei costi dei componenti della seconda camera e salvaguardi le esigenze territoriali. Pertanto, i nuovi senatori dovranno essere eletti tra i consiglieri regionali in numero proporzionale alle popolazioni delle rispettive regioni. I consiglieri eletti non perderanno lo status di consigliere regionale. 5. Conclusioni In definitiva la proposta n. 1 prevede: - La eliminazione della norma che stabilisce la nomina presidenziale di 21 membri da aggiungere ai componenti il Senato delle Autonomie. - Un Senato delle Autonomie a base elettiva tra i consiglieri regionali in numero proporzionale agli abitanti delle rispettive regioni - L inserimento nella Costituzione che il Governo dovrà conoscere il parere della Camera dei deputati e del Senato delle Autonomie sulle proposte di legge (direttive, regolamenti, altro) europee. La posizione del Senato delle Autonomie dovrà essere collegata alle esigenze territoriali. - Nel procedimento legislativo ordinario, i poteri del Senato delle Autonomie dovranno unicamente collegarsi all allocazione di materie e funzioni pubbliche ivi comprese le relative risorse e dovranno esprimersi sulle proposte legislative già approvate dalla Camera dei deputati. Nel caso in cui la Camera dei deputati abbia bocciato gli emendamenti del Senato a maggioranza assoluta, il Senato delle Autonomie potrà chiedere la convocazione di una commissione bicamerale di conciliazione composta da dieci deputati e dieci senatori, la quale, nelle successive due settimane, dovrà approvare un testo condiviso. In questo caso la Camera dei deputati dovrà riapprovare il nuovo testo a maggioranza assoluta. 7

La proposta n. 2 stabilisce: - La eliminazione della norma che prevede la nomina presidenziale di 21 membri da aggiungere ai componenti il Senato delle Autonomie. - Un Senato delle Autonomie a base elettiva tra i consiglieri regionali in numero proporzionale agli abitanti delle rispettive regioni. - L abrogazione del potere legislativo delle regioni di cui all art. 117 Cost. - L inserimento nella Costituzione che il Governo dovrà conoscere il parere della Camera dei deputati e del Senato delle Autonomie sulle proposte di legge (direttive, regolamenti, altro) europee. La posizione del Senato delle Autonomie dovrà essere collegata alle esigenze territoriali. - Nel procedimento legislativo ordinario, i poteri del Senato delle Autonomie dovranno unicamente collegarsi all allocazione delle funzioni pubbliche ivi comprese le relative risorse e dovranno esprimersi sulle proposte legislative già approvate dalla camera dei deputati. Nel caso in cui la Camera dei deputati abbia bocciato gli emendamenti del Senato a maggioranza assoluta, il Senato delle Autonomie potrà chiedere la convocazione di una commissione bicamerale di conciliazione composta da dieci deputati e dieci senatori, la quale, nelle successive due settimane, dovrà approvare un testo condiviso. A questo punto, la Camera dei deputati dovrà riapprovare il nuovo testo a maggioranza assoluta. - La previsione in Costituzione del potere regolamentare regionale. Proposta a firma dell onorevole Giuseppe De Mita e del senatore Mario Mauro frutto della riflessione svolta dal gruppo di lavoro, coordinato da De Mita, composto dai professori Alessandro Candido, Matteo Caputo, Pasquale Crupi, Luca Geninatti, Luigi Melica e Francesco Vetro. 8