TUTTI IN PLATEA. la gazzetta dello show A.S. 2011-2012

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4 UNO, DUE, TRE TUTTI IN PLATEA SI FA IN 4 PER OFFRIRE UN'EDIZIONE ESAGERATA! Redazione doppia (II C-II D) + postazione Dardi + ore infinite di duro lavoro = 22 pagine tutte da gustare! La prestigiosa staffetta continua Il testimone passa quest'anno nientemeno che a due seconde! Sono la II C e la II D a dividersi il duro lavoro di redazione, diventato ormai troppo importante (e gravoso) per essere gestito da una singola classe. Tre Due Uno Eccoci giunti all'ambizioso traguardo! Siamo arrivati alla quarta edizione di questo mitico giornalino, che ha impegnato generazioni di studenti per documentare le attività svolte nell'ambito del progetto Spettatore Consapevole. Facciamo due conti: quanti aderiscono al progetto di teatro, l'arcinota iniziativa che coinvolge verticalmente gli alunni della Scuola primaria e secondaria del nostro Istituto Comprensivo? Siamo una comitiva, tanto allegra quanto seria, di trecentocinquanta ragazzi più una manciata di genitori, i quali, grazie alla nostra magnanimità, hanno l'opportunità di partecipare insieme a noi agli spettacoli. Vogliamo poi contare gli insegnanti e i bambini della Scuola primaria Dardi? Bene!Con loro siamo quasi cinquecento in marcia verso il teatro! Il lavoro che precede l'attività di redazione comprende più fasi. La prima è lo studio dell'opera originale, del suo contesto, della sua genesi Questo è il momento in cui ci documentiamo e ci divertiamo a leggere, a drammatizzare e a cantare, se si tratta di un musical. Quindi arriva il momento tanto atteso: quello dello spettacolo, da assaporare insieme a teatro. La terza fase corrisponde al dibattito: infatti, nei giorni successivi alla rappresentazione, in classe discutiamo sui vari aspetti dell'adattamento teatrale, sulla fedeltà all'opera originale. TUTTI IN PLATEA la gazzetta dello show A.S. 2011-2012 Per questa stagione, il progetto di teatro Spettatore consapevole ci ha proposto quattro spettacoli in scena al teatro Rossetti: ognuno di essi è stato analizzato e giudicato; ha inoltre offerto spunti di scrittura creativa molto interessanti, che sono stati sviluppati dagli alunni delle varie classi e ora riempiono queste pagine. Il primo spettacolo che quest'anno abbiamo avuto la possibilità di applaudire è stato il musical I Promessi Sposi: si è trattato di un grandioso allestimento, che, però, ha sollevato qualche critica. È normale: siamo spettatori consapevoli, che consapevolmente cercano di esprimere il proprio giudizio. Il Piccolo Principe, così conciso e pulito come il libro, è stato sicuramente apprezzato dai piccoli e dai meno giovani, che hanno comunque conservato un cuore bambino. Ma sono stati i musical stranieri, Elisabeth e Joseph, a infiammare la platea con le loro musiche coinvolgenti e con le straordinarie performance degli artisti. A ogni spettacolo abbiamo dedicato, nel nostro Giornalino, una sezione. Ma in questo numero si sono aggiunte ulteriori rubriche: Fare teatro, che, ancora una volta, torna a illustrarci le iniziative degli alunni-attori dell'istituto comprensivo e la sezione della lirica, che anche quest'anno ci guida nell'analisi delle opere proposte dal teatro Verdi. Insomma, nelle nostre pagine troverete testi per tutti i gusti e tutte le età: dagli articoli informativi e argomentativi alle interviste, dalle tracce di scrittura creativa ai giochi. Il tutto condito da immagini, naturalmente realizzate dalle classi. Da segnalare un'ulteriore novità in redazione: quest'anno ci si è avvalsi di una postazione nella Scuola Dardi gestita dai piccoli delle quinte, che hanno partecipato con zelo, realizzando, con la guida delle loro insegnanti, addirittura tre pagine. Insomma, grazie alla collaborazione Dardi-Julia, il nostro giornale è ancora più ricco! Un bilancio sul lavoro di redazione? Sembra semplice, ma in realtà è sfiancante per chi lo vive in prima persona. Non è un'esagerazione, credete. Dopo oltre sei ore di scuola, si torna a casa con in testa un minestrone di parole, numeri, immagini e chi più ne ha, più ne metta. Abbiamo raccolto la testimonianza di uno dei redattori più attivi: Ormai è giunta la fine di maggio ed è logico tirare le somme. In definitiva tutta la sezione riguardante Il Piccolo Principe è quasi conclusa. Bisognerà aggiustare di sicuro qualcosa, ma si spera che sia ormai la versione definitiva: non abbiamo ancora tanto tempo. E poi dobbiamo considerare i problemi tecnici: programmi che non si chiudono, testi da revisionare, lo spazio che non basta mai Bisognerà aggiungere pagine: alcuni testi sembrano romanzi, traboccano di caratteri e sembrano rifiutarsi di essere impaginati. Bisogna restringerli, ma che fatica E pensare che sembrava tutto così facile! Le ore dedicate al Giornalino sono infinite: moltiplicano il tempo-scuola! Ma non dobbiamo demordere, siamo a buon punto e non ci si può abbattere proprio adesso! Non si può lasciare il lavoro a metà! Quindi un urrà per noi! In fondo, se state leggendo queste pagine, vuol dire che ce l'abbiamo fatta. Ma ci viene un dubbio. Forse il nostro sfogo può avervi indotto a pensare che far parte della redazione sia una terribile punizione. Non è così: è un onore, un'emozione indimenticabile che probabilmente nessuno di noi avrà la possibilità di sperimentare nuovamente. Questo lavoro chiede tanto, ma dà anche tanto. Essere artefici di pagine, che poi verranno pubblicate e lette da un pubblico - si spera - numeroso, procura una soddisfazione enorme. È fantastico poter prendere in mano il giornale e pensare: Anch'io c'ero; questo giornale esiste anche grazie a me! Vi stiamo ingolosendo (speriamo) sempre di più, e forse ora, cari lettori, non resistete più. Allora bando alle ciance: aprite, sfogliate, gustate. Anche quest'anno la lettura è servita! Caterina Cesario Francesco Zanin, classe II C; Andrea Capaldo Lorenzo Castigliego, classe II D Aspettando l esibizione del cast di Guardì sul palco del Rossetti, gli alunni della II C si sono preparati con una rassegna stampa e, dopo che si è chiuso il sipario, si è aperto il dibattito. La compagnia di Guardì ha dato davvero il massimo nel musical I Promessi Sposi? Ecco a voi le opinioni e i commenti, più o meno velenosi, tratti dalle recensioni degli spettatori consapevoli La domanda che nel mese di febbraio ha rimbombato nella nostra testa è stata: Che cosa avrà preparato Guardì nella versione rivisitata de I Promessi sposi? Agli spettatori consapevoli l ardua sentenza. Si sa, per farsi un opinione occorre documentarsi. Così le attività in classe si sono intensificate, o meglio, moltiplicate in modo esponenziale: il corso di approfondimento di italiano interamente dedicato alla lettura e all analisi del romanzo, le ricerche sull autore, lo studio del contesto storico dell opera, la visione guidata di una parte del famoso sceneggiato tv di Sandro Bolchi, la drammatizzazione di alcune scene salienti, una lezione-spettacolo dedicata ai primini e, immancabile, la rassegna stampa. La mattina del due marzo, il giorno fatidico dello spettacolo, ci siamo soffermati nell analisi di un articolo di Sara Del Sal, pubblicato due giorni prima dal quotidiano Il Piccolo.Il regista Michele Guardì, nelle sue dichiarazioni, si dice orgoglioso del successo dell opera - un opera musicale moderna - e nello stesso tempo curioso di saggiare le reazioni del pubblico di Trieste, così appassionato di teatro e competente in materia. Gli attori, nel medesimo articolo, affermano di sentirsi a proprio agio nei panni dei personaggi del romanzo manzoniano e uno di loro, Giò Di Tonno/Don Rodrigo, già protagonista a teatro di musical di successo (su tutti Notre Dame de Paris e Jekyll & Hyde), fiero attesta: Finalmente un personaggio nel quale fisicamente sono me stesso. Graziano Galatone, d altra parte, confessa di aver studiato a lungo il proprio personaggio e dichiara di aver interpretato un Renzo meno ingenuo e più accattivante rispetto al modello manzoniano. Dal canto suo, il regista Guardì non nasconde la sua grande passione per il capolavoro di Manzoni: dichiara di conoscerlo a memoria e di aver già lavorato alla parodia sullo stesso testo con il Quartetto Cetra. Insomma, Diamo sempre il massimo può dirsi la parola d ordine di questo cast d eccezione. Ma l esibizione è stata davvero all altezza delle promesse d impegno della compagnia? Per Tutti in platea 4 abbiamo raccolto alcune voci degli spettatori consapevoli della II C. A mio parere osserva Elena è stata interessante la scelta di Guardì di non utilizzare affatto la recitazione, ma di tradurre ogni discorso col canto. La voce che mi ha colpita di più è stata quella di Giò Di Tonno, già vincitore a San Remo nel 2008, che ha interpretato con grande intensità Don Rodrigo. Il suo personaggio è stato rappresentato in modo meno malvagio di quel che mi sarei aspettata, quindi, nonostante il ruolo di antagonista che ricopriva, la sua morte in scena mi è dispiaciuta. Riguardo a Renzo (Graziano Galatone), non mi è parso meno ingenuo rispetto al personaggio manzoniano, ma mi è sembrato sicuramente meno impulsivo. Un appunto, infine, alle scelte del montaggio: forse i trentanove quadri che, secondo l intento degli autori, ricostruivano la trama, scorrevano troppo velocemente al punto di accavallarsi tra loro, impedendo così al pubblico di gustare le singole scene. Nel complesso positivo il giudizio di Erika, che dichiara: Facendo un'analisi del musical, ho notato che i testi cantati presentavano frasi mai lette nel romanzo originale, provenienti dall ispirazione di Guardì. Continua nell ultima pagina... ANCHE NOI ATTORI SUL PALCOSCENICO DELLA VITA? In esclusiva Noemi Smorra, Rosalia Misseri e Brunella Platania svelano LA MAGIA DEL TEATRO E L AFFASCINANTE MESTIERE DELL ATTORE Sono proprio loro: le attrici che ci hanno incantato con la fantastica opera moderna "I Promessi Sposi". Loro, che l'altra sera ci hanno trasportato in un'altra epoca e in un altro spazio. Liberandoci in un magico volo, ci hanno dimostrato che oltre il sipario tutto è possibile. Ci hanno raccontato, come in un libro di suoni e immagini, storie avvincenti e tragiche, che ci hanno mostrato la forza, la dolcezza, la sofferenza di tre grandi personaggi femminili, facendoci vivere le stesse loro emozioni. Questo è per noi il teatro, andare oltre il sipario per vivere il mondo e le storie degli uomini, storie di passioni che nella nostra vita quotidiana non conosciamo. Che occasione straordinaria! Oltre alla nostra vita di comuni adolescenti, possiamo vivere quella di centinaia di altri personaggi, immedesimandoci nella loro personalità e affrontando le loro scelte. Chi di voi altrimenti proverebbe la gloria del potere, la gioia di un matrimonio regale, lo sconforto dell esilio, la disperazione di aver perso un proprio caro? O l emozione di scoprire pianeti nuovi come fa il Piccolo Principe, la soddisfazione di poter prevedere il futuro attraverso i sogni come accade a Joseph, la passione che legò nella morte Romeo e Giulietta? Il teatro ci aiuta a riflettere su temi e sentimenti spesso a noi sconosciuti. Incuriositi dalle parole di Shakespeare e di Pirandello, ci siamo interrogati sulla vita, sul teatro, sul ruolo dell attore. Ci ha colpiti un discorso tratto dall opera As you like it : Tutto il mondo è un palcoscenico e tutti gli uomini e le donne semplicemente attori. Hanno le loro uscite ed entrate di scena in un arco di tempo che dura tutta una vita. Davvero recitiamo un copione? E chi l ha scritto? O ancora: quante maschere indossiamo? Avete mai pensato che noi, sì, proprio noi ragazzi, recitiamo più parti nella nostra vita? Alcuni esempi: a scuola siamo degli alunni modello, ci limitiamo ad annuire e rispondere alle domande delle professoresse, ascoltando in silenzio le loro spiegazioni e controllandoci. A casa, invece, ci trasformiamo: ci lasciamo andare a comportamenti più disinvolti, ci divertiamo e scherziamo e ogni tanto rispondiamo ai nostri genitori... Ma con gli amici è tutta un altra storia! È qui che facciamo uscire il nostro carattere più nascosto. Se solo i genitori e i professori sentissero ciò che diciamo (e come lo diciamo!), penso che saremmo in eterna punizione! Eh già! Queste sono solo tre delle parti del nostro poliedro. Ovviamente ne nascondiamo altre, ma sono troppe per essere illustrate in un solo giornalino. Dunque, noi siamo attori dalle tante parti, entriamo e usciamo di scena parecchie volte. All the world is a stage! Il teatro ci aiuta ad arricchire la nostra esistenza, ad ampliare la vasta scelta dei ruoli che possiamo vivere, anche se solamente per la durata della parte. Torniamo alla nostra intervista. Dalla ribalta alla pizzeria. Ora le fantastiche attrici siedono a un tavolino del locale Peperino. Ce le abbiamo davanti. E' una sensazione molto strana vederle in borghese con un modo di fare completamente diverso da quello visto sul palco. Per non parlare dei vestiti: scarpe da ginnastica, jeans e maglione, altro che pizzi e gorgiere! Come fare a disturbare tre delle celebrità che, dopo un estenuante spettacolo, gustano i sensazionali sapori di una meritata pizza con pomodorini freschi e basilico? In un solo movimento afferriamo blocco e penna, anche se siamo un po' titubanti e impacciati: -Forza Margherita! Avanti, andiamo!- -Aspetta, prendi una copia del nostro giornalino!! Dobbiamo dimostrare di essere dei giornalisti esperti!!- Continua in ultima pagina...

I PROMESSI SPOSI Musiche di PIPPO FLORA, testo e regia di MICHELE GUARDÌ Musical, teatro, televisione. Tra innovazione e fedeltà alla tradizione, Manzoni suscita sempre grande interesse RACCONTARE I PROMESSI SPOSI CON LA MUSICA: Critici in erba analizzano alcuni degli splendidi trentanove quadri. Musica, canto e danza. Michele Guardì e Pippo Flora hanno scelto l immediatezza di questi linguaggi per raccontare l opera di Manzoni in una forma nuova, l opera moderna, genere avvincente e di forte impatto sul pubblico del Duemila, che richiama l opera lirica poiché le vicende sono raccontate solo attraverso la musica e senza parti recitate, ma che se ne discosta, perché l orchestra non suona dal vivo, gli strumenti sono moderni e uno dei più importanti protagonisti è il ballo. IL PRELUDIO. Una storia di violenza. Oggi come ieri. Odio e amore, due sentimenti opposti che s intrecciano e propongono i due temi della storia. Come vuole la tradizione lirica, lo spettacolo inizia con un ouverture, anche se piuttosto insolita nella forma: gli orchestrali accordano i loro strumenti, i cantanti riscaldano la voce, gli attori ripassano le parti, gli spadaccini fanno volteggiare le loro spade. La musica coinvolge gli spettatori in un ritmo ripetitivo e insistente, per legare il passato al presente : Oggi, sempre come ieri il tempo passa, la storia si ripete corsi e ricorsi tornano le storie... Poi la dolce voce di Renzo, accompagnata dal pianoforte, introduce il tema dell amore: Comincia qui la storia mia con te. Di nuovo una musica incalzante torna sul palcoscenico per preparare l incontro con i due bravi. M. Snidersich cl. IC B. Seppi cl. IC IL SOGNO DI DON ABBONDIO. Come mettere in scena l angoscioso sogno? Con la forza del ritmo rock! Il suono energico della batteria ci investe e sprigiona la nostra voglia di scatenarci! La musica veloce e sostenuta dalle voci corali ci invita a far parte della scena con una cascata di applausi e ci lascia a bocca aperta. Improvvisamente la melodia diventa irregolare e incerta, come se si riflettesse nei pensieri di don Abbondio. La scena è buia, un unico riflettore è puntato sul letto del curato che alcuni bravi fanno girare vorticosamente come una giostra inquietante del luna park; sullo sfondo una ragnatela intrappola il curato nei suoi pensieri confusi. Non s ha da fare! è la frase assillante che si ripete per tutta la canzone con un ostinato, mentre il suono distorto della chitarra elettrica accompagna la spietata presenza di don Rodrigo. LA SPOSA, LA SPOSA! Dalla musica rock al folklore, per un momento del tutto nuovo. Viva la sposa! C'è aria di festa: la sposa è pronta per le nozze! Fra le vie del paese di Lecco, Lucia trova le sue amiche: si festeggia con giochi, balli e grida felici. Poi le corde della chitarra si aggiungono a quelle del mandolino e all allegra melodia della fisarmonica; il ritmo dei tamburelli accompagna le voci delle popolane che cantano in dialetto lombardo: "El cor de donn / L'è fa come un melon... / A chi ghen dà una fetta / A chi ghen dà un boccon...". E' una specie di filastrocca che comincia con un ritmo binario per poi trasformarsi in una base ternaria. Mille colori e movimenti incatenano i nostri sguardi divertiti e incantati. I costumi sgargianti e variopinti ci riportano indietro come in un sogno, in un vecchio paesino di montagna con le sue tradizioni e il suo folklore. VINO! VINO! La fierezza e l umiltà di un monaco sfidano l arroganza di un potente. Si fa festa al palazzo di Don Rodrigo; la tavola è imbandita di ogni pietanza e il divertimento si sprigiona nell'aria. Il signore della casa e i suoi ospiti brindano, esaltando le gioie e l ebbrezza della vita: Vino donne, vino tutto... Vino e fiumi nella testa.... Ma un'ombra imponente e allo stesso tempo umile, si presenta sulla scena: inizia così il celebre duello senza spade raccontato con insuperabile maestria da Manzoni. Don Rodrigo provoca e attacca il modesto Fra Cristoforo, che gioca in difesa. Come tradurre nel linguaggio teatrale questo famosissimo confronto? Tavoli lanciati a simulare gli attacchi dello scontro, movimenti circolari e circospetti dei due sfidanti che ruotano intorno al salone per studiare le mosse dell avversario, attacchi e difese per lo scontro finale. Le braccia, come due spade in azione, s incrociano e la voce di Fra Cristoforo, trattenuta fino a questo momento, si libera come un tuono potente: Verrà un giorno Verrà un giorno Verrà. Ecco come il regista ha voluto stupirci! LA MADRE DI CECILIA. Il dolore di una mamma si fa universale. Spari improvvisi di fucile, marcia tedesca di guerra e ritmo marziale, rulli di tamburi, percussioni e fiati con cadenza sinistra e cupa. I Lanzichenecchi entrano a Milano, avanzano portando soprusi, violenze e anche la peste. Suoni irregolari e dissonanti sfumano nel rintocco di una campana, note semplici e distinte si dissolvono per dare spazio a un silenzio sospeso. Poi con una melodia lineare comincia l assolo del pianoforte e s innalza la voce disperata di una madre per sfogare il dolore più grande che un essere umano possa provare: la perdita del proprio figlio. Cecilia, bambina mia! Il suo canto è parlato, sospirato e nei tratti d invocazione quasi gridata. La sensibilità meridionale di Gaudì e Flora conferisce alla scena un emozione nuova: l eleganza e la bellezza scomposta della donna lombarda si trasfigurano e si tingono di colori più mediterranei. Con una sofferenza non più trattenuta, ma urlata, la madre di Cecilia è il simbolo della mamma universale. PADRE NOSTRO Sulle note della preghiera per eccellenza, il Padre nostro, gli uomini invocano la fine della peste e la liberazione da tutti i mali. La pioggia purificatrice arriva a lavare il male, il dolore e i peccati. Il Cardinale Borromeo intona la preghiera celestiale Padre che sei lassù Scendi tra di noi e, poco a poco, come un rivolo riceve le acque di altre sorgenti e s ingrossa, così la sua voce raccoglie, una a una, le voci dell' intero coro. Accompagnato dall'organo e dalle campane in festa, il canto alternando movimenti anabatici e catabatici si eleva al cielo sulle note più acute, per poi ridiscendere, così come il Padre scende tra i suoi fedeli. Tutti i sensi sono coinvolti: le immagini dei fedeli che si tengono mano nella mano, i toni del rosso e del viola che illuminano di sacro, l odore bagnato della pioggia che scende sul proscenio, l intensità inconfondibile dell incenso, la fusione delle voci in un unica santa preghiera. Un forte impatto scenico, che fa sentire la forza della fede e ci lascia più uniti e forti. Margherita Fonda, Eleonora Goio, Sofia Kravina, Giulia Ciana, Augusto Savarese, Denis Piccotti, Nura Omar, cl. II e III D. ADDIO MONTI Nuvole di fumo confondono la prua di una piccola imbarcazione nascondendola e facendola scivolare sul palco. Non c è quel chiaro di luna così unicamente celebrato nelle pagine di Manzoni, ma una sola luce malinconica illumina il volto di Lucia mentre guarda quel cielo blu intenso, che racchiude i ricordi della sua vita. La ragazza li esprime lasciando cadere lacrime amare sul suo viso. La voce dolce si diffonde nostalgica, accarezzando il luogo natio. Le arpe, le chitarre, gli archi e le campane tubolari rendono questo brano unico nella sua mestizia e sacralità. E mi scoppia il cuore dentro Nel petto mio Mentre penso piango, canto E dico addio. LA BAMBOLA COL VELO. Il pianto di una donna mai stata bambina Nuova scena per introdurre un grande personaggio. Un coro femminile gregoriano accompagnato dal rintocco sommesso delle campane, prepara un atmosfera cupa e mistica, adatta a presentare una suora speciale, chiamata signora. A colloquio con la bambina innocente che una volta era stata, Gertrude ricorda la sua vita distrutta da un destino imposto, mai desiderato: la bimba stringe fra le sue innocenti manine una bambola con il velo più nero che c'è. Ho paura voglio andare a casa mia... qui non ci voglio stare! sono i lamenti straziati di una bambina sola, incompresa e senza sogni che racconta la sua voglia tenera di giocare e di indossare abiti da principessa. Ma l incubo torna come uno spettro e lei si ritrova tra le mani il futuro di una se stessa adulta, intrappolata in un vestito nero che la soffoca e la invecchia. La vita di Gertrude si è fermata lì, il giorno in cui due lame severe e affilate hanno reciso le sue trecce, la sua vita e i suoi sogni. A. Trost cl. IID A. Plaisant cl. IC I Promessi Sposi in versione black & white: lo sceneggiato di Sandro Bolchi (1967) secondo il giudizio degli spettatori consapevoli del 2012 Il teatro, il cinema e la televisione ci hanno regalato numerose trasposizioni del capolavoro di Manzoni, più o meno fedeli e avvincenti. La più lontana nel tempo è stata la versione filmica muta di M. Bonnard risalente al 1923. Più tardi, nel 1941, il film, a cura di M. Camerini, con Gino Cervi, offre una trasposizione puntuale del romanzo. Noi alunni della II C ci siamo confrontati con una rappresentazione distante anni luce dai telefilm moderni, ovvero con il famoso sceneggiato a cura di Sandro Bolchi, trasmesso per la prima volta sulla rete nazionale (L'UNICA!) il 1 gennaio 1967. Partecipa un cast d'eccezione, composto dal narratore Giancarlo Sbragia, da Nino Castelnuovo che interpreta Renzo, da Paola Pitagora che recita la parte di Lucia e infine da Tino Carraro nei panni di Don Abbondio. Tentiamo ora un'analisi del racconto filmico, focalizzandoci sulla prima puntata, che sviluppa la vicenda dall'incontro di Don Abbondio con i bravi al lungo flash-back sul passato di Fra Cristoforo. La scena iniziale mostra un uomo che nella sua barca sta remando e si allontana lentamente, avvolto nella fitta nebbia padana. La voce fuori campo del narratore, profonda e vellutata, declama la sequenza descrittiva che apre il romanzo. Che emozione sentire e vedere le parole di Manzoni che abbiamo conosciuto per la prima volta nell'aula scolastica, commentate dalla nostra insegnante! In sottofondo lo sciabordio dell'acqua sospinta dai remi della barca introduce con dolcezza una storia senza tempo.

Successivamente la cinepresa si sposta su Don Abbondio che, diretto verso casa, la sera del giorno 7 novembre dell'anno 1628, percorre una stradicciola, delimitata da muretti a secco e circondata da una fitta vegetazione. All'improvviso si trova davanti i bravi. I due galantuomini hanno folte barbe e baffi e sulla testa portano cappelli piumati. Sono proprio come li avevamo immaginati e rappresentati nelle drammatizzazioni: le reticelle sotto i cappelli, lo sguardo truce, la voce minacciosa. Signor curato, questo matrimonio non s'ha da fare! Don Abbondio è un perfetto vaso di coccio. Molti pensieri gli ronzano tumultuosamente nella testa e la mimica facciale dell'attore che lo interpreta li rende accessibili allo spettatore. Il curato continua a domandarsi perché proprio a lui succedono tutte le sventure e gli impicci. A casa lo attende una Perpetua vivacissima e curiosa. Non la pensavamo così giovane e piena di energie! Quella notte Don Abbondio sogna i bravi, Don Rodrigo, schioppettate, fughe, lupi, viottoli e Renzo. Nella rappresentazione della scena, Bolchi si sofferma sul primo piano del volto del curato, sprofondato tra le coltri e tra i propri incubi. Don Abbondio appare delirante e borbotta convulsamente nel dormiveglia. Quello che accade successivamente è noto a tutti: la visita di Renzo, la confessione di Lucia, il suggerimento di Agnese. Renzo è rappresentato come un ragazzo gagliardo e spensierato, con tutta la vita davanti. Lucia appare in vesti nuziali, con un'acconciatura particolare, impreziosita da spilloni d'argento disposti a ventaglio e l'abito tradizionale del Milanese contadino. Alla scena fanno eco in lontananza ritornelli di canti popolari: si tratta di uno dei pochi momenti in cui è presente un commento musicale. Nello studio di Azzecca - Garbugli l'ambiente è ricostruito davvero scrupolosamente. Il vecchio avvocato imbroglione e pomposo annusa la pergamena con la grida dell'anno precedente, declamando alcuni passaggi con una lingua arcaica e con citazioni in latinorum. L'attore è bravissimo a scombinare le carte e le parole. Dopo la visita in casa Mondella da parte di Fra Galdino, così come nel romanzo, entra in campo Fra Cristoforo, il padre saggio con tanto di barba candida e sguardo intenso. Nel lungo flash-back sul passato di Ludovico, colpisce in modo particolare la scena del perdono. Sentendosi ancora il corpo e l'anima macchiati dal delitto commesso, Ludovico si reca a casa del fratello dell'ucciso per chiedere perdono. La telecamera inquadra una grande sala piena dei nobili parenti del galantuomo morto e scorre lentamente mettendo a fuoco gli sguardi superbi incorniciati in ampie gorgiere. Si tratta di uno dei tanti spaccati del Seicento, descritti minuziosamente nell'originale manzoniano e resi altrettanto fedelmente nello sceneggiato. Quando Fra Cristoforo raggiunge la casa di Lucia e Agnese, si interrompe il racconto. Lasciamo l'aula Magna con un senso di appagamento: abbiamo gustato una rappresentazione fedele, rispettosa del testo, in cui la grande prosa è la vera protagonista. Aspettiamo ansiosi la prossima puntata C. Cesario, I. Gaetano, M. Pierazzi, S. Rizzello, F. Zanin, cl. II C F. Zanin cl. II C P. Guidastri cl. II C INCOMINCIA LA STORIA: i personaggi si presentano È DIFFICILE IL MESTIERE DI BRAVO. Vittima dei capricci di Don Rodrigo, uno dei bravi si confessa in esclusiva per Tutti in Platea 4 Tutti stavano fissando la stradina che porta alla Chiesa, con gli occhi spalancati come se avessero visto la morte in persona. In mezzo alla strada, con gli occhi lucidi e lo sguardo disperato, scivolava lentamente un uomo che nessuno avrebbe mai pensato di trovare in quella situazione: un bravo. Si diresse davanti al grande portone della Chiesa; a un passo da esso si fermò, come se non avesse la forza di aprirlo e tentasse di farlo sparire con gli occhi. Quando si decise a farsi forza e a varcare quella soglia, tutto, nella piazza, tornò di colpo alla normalità e ognuno riprese le proprie occupazioni. Intanto il bravo, che non entrava in Chiesa da tanto, ma tanto tempo, cercava, in cuor suo, qualcuno a cui poter confessare tutte le azioni malvagie e turpi che aveva compiuto in passato. Desiderava liberarsi la coscienza dal peso insopportabile dei propri misfatti. Un frate gli andò incontro, preoccupato. Appena lo vide, il bravo pregò l'uomo di potersi confessare. Era così insistente che il religioso non poté rifiutare. Insieme sfilarono mesti lungo la navata sinistra, fino a raggiungere il confessionale. - Caro fratello, da quanto non ti confessi?- - Da molto tempo... così tanto che non ricordo neanche quanto...- - Cos'è che ti affligge? Cosa ti porta qui?- - Oh, brav'uomo, i motivi son tanti. Il fatto è che non ce la faccio più a vivere così. - - Spiegati meglio, fratello.- - Io e i miei compagni riusciamo a guadagnarci il pane solo perché lavoriamo per Don Rodrigo. Compiamo azioni ignobili nei confronti di così tanti buoni diavoli per assicurarci la NOSTRA sopravvivenza. Ora però io mi sento male al cuore: questa non è vita! - sbottò infine con un velo di commozione nella voce. - Ogni giorno il nostro signore e padrone ci racconta un suo problema, e poi ci ordina di andare in un certo posto a una certa ora, per minacciare cristiani che, la maggior parte delle volte, son servi del comune e che non possono o hanno troppa paura di farsi giustizia da soli. - - Fratello, è la Provvidenza che ti ha condotto fin qui. La fede ti sosterrà nel difficile cammino che ti aspetta.- - Voglio cambiare perché odio quest' abito e la mia pessima reputazione. La gente mi evita, quasi fossi un appestato! - - Ma se non sopporti questa situazione, come mai sei diventato un bravo? Cos'è successo?- - Tutto è iniziato quand'ero piccolo, ancora un ragazzo. Mio padre era un piccolo falegname e non riusciva a pagare tutto l'affitto della casa preteso da Don Rodrigo. Un giorno quest ultimo venne da noi e tuonò la sua sentenza: ''Se non potete pagarmi col denaro, mi pagherete con un uomo''. All epoca avevo sedici anni e il mio destino era già segnato. - Fratello, se lo desideri la Chiesa può darti protezione, finché non trovi un modo per fuggire dalla tua triste condizione.- - Oh, il Signore è grande. Ora sono libero. Voglio gridarlo a tutti! - Affacciatosi sulla soglia della chiesa, sentì uno scalpiccio di zoccoli che si avvicinavano rapidamente. A un certo punto li riconobbe: erano due uomini a cavallo, sul capo il caratteristico cappello con la piuma. Lo accerchiarono e lo braccarono. Impossibile fuggire. E. Babici, revisione di T. Cante, A. Cechini, C. Marcucci, A. Pizzo, cl. IIC Dal diario di Don Abbondio: Questo matrimonio non s ha da fare! 7 novembre 1628 Carum diarum, oh, che disgrazia! Oh, che disgrazia che m è capitata Sapessi che sciagura, che immensa catastrofe Come potevo solo immaginare che qualcuno voleva uccidermi? D accordo: forse uccidermi proprio no, ma mi avrebbero stritolato le membra, strappato il capillum, mi avrebbero imbottito di piombo e poi e poi niente, basta così con le torture. E io che cosa c entro? Cos ho fatto di male a questa società ingrata, a quei figuri che si appostano dietro agli alberi e saltano fuori, quando meno te lo aspetti, con una balestra in mano? Mi voglio morto ogni giorno di più! Ecco, stavo tornando alla mia umile dimora, camminavo, mettevo un calzone davanti all altro e tiravo avanti; con un piede calciavo le pietre che erano d impiccio sul cammino e intanto pregavo di avere sempre una vita tranquilla, libera dalle inutili preoccupazioni. Osservavo il paesaggio, i cespugli carichi di bacche succose, rosse e rilucenti come rubini. Quest anno forse avremo un buon raccolto... Il muricciolo di pietre bianche, che costeggia il viottolo, in alcuni punti aveva ceduto e a questo proposito devo ricordarmi di dire a Sisto che ci metta le mani: è un buono a nulla e deve pur far qualcosa. E che mi venga un colpo, a un certo punto vedo due loschi figuri, uno a cavalcioni dello stesso muretto e l altro appoggiato sguaiatamente. Mi guardavano, io li guardavo. Indossavano entrambi, sul capo, una reticella verde che terminava in una gran nappa. Avevano al collo un corno per la polvere da sparo; un coltellaccio spuntava dalla giacca con aria minacciosa, un grosso spadone pendeva dal fianco destro. Li guardai meglio, il loro sguardo inciampò sul mio e in quel momento seppi d esser io lo sciagurato che aspettavano. Avevano un espressione garbata, che celava, però, un messaggio tutt altro che rassicurante: Non sei il primo che uccido, e non sarai neanche l ultimo. Avrei tanto voluto essere uno struzzo, nascondere la testa sotto la terra e rimanere lì finché ce ne fosse stato il bisogno. Certo era un po difficile che Nostro Signore mi trasformasse dall oggi al domani... ma se almeno mi avesse fatto diventare un colombo, avrei potuto svolazzare via Purtroppo rimasi solo un povero curato che doveva affrontare le ingiustizie tutto da solo. Sapevo già che non c erano vie di fuga: niente. Niente portoni in cui immettersi, non un anima che potesse prestare soccorso a questo pover uomo. Certo avrei potuto arrampicarmi sul muretto e buttarmi giù: in quel caso sarei sfuggito ai bravi, ma sarei morto comunque. Se Dio vuole così, così sia. Io arrivo lì e quei due galantuomini starnazzano di matrimoni, di terrificanti punizioni, di Lucia, di Renzo e di Don Rodrigo, il signorotto più importante e potente del paese!!! Ancora un po e morivo lì senza neanche aver raccomandato a Perpetua di preparare il cappone per la festa di San Martino; morivo lì senza aver potuto assaggiare il petto d anatra che a Perpetua riesce così bene. Non conoscevano ragioni, non ascoltavano alcuna mia proposta. Nel frattempo pensavo e ripetevo a me stesso: Che sciagura! Perché doveva succedere proprio a me? Perché proprio Don Rodrigo ha deciso di rovinare il matrimonio di quei due ingenui giovincelli?. Durante la conversazione i due gaglioffi pronunciarono di nuovo il nome di Don Rodrigo e rimasi nuovamente impietrito: ancora un po e svenivo lì sul posto. Questo nome attraversò i miei pensieri come un fulmine a ciel sereno. Feci una faccia da bravo puer, che ha capito esattamente come deve comportarsi, che per nulla al mondo celebrerà un matrimonio, mai, mai, mai. C era solo un piccolo problema: in quel momento il puer doveva fuggire, non poteva trattenersi perché aveva molti, troppi affari da sbrigare. Me ne andai a gambe levate. Torno a casa tutto tremolante e Perpetua, come un avvoltoio, mi salta addosso gracchiando: Che succede qui? Che succede qui? Che succede qui? Avrei tanto voluto darle una mazzata in testa con il primo oggetto contundente a portata di mano, ma il Nostro Signore non mi avrebbe perdonato. E chi avrebbe perdonato Perpetua per la sua insistente curiosità, se non il povero curato buono e giusto? Perpetua continuava a darmi da bere in modo che diventassi brillo e le raccontassi ogni cosa. Ma invece no, non devo parlare, e non parlerò. Non sono quel genere di persona che non ascolta i buoni consigli, soprattutto se ne va di mezzo la propria vita! Oh, se solo Renzo fosse il più potente, non ci sarebbero problemi: mi metterei sotto la sua protezione, mi nasconderei sotto la sua ala avvolgente e sarei al riparo! E invece quel Tramaglino è solo un pollastro da spiumare e quanto a me, sto per affrontare una notte da incubo. La prima di una lunga serie. Dal diario di un uomo solo a cui capitano tutte le disgrazie del mondo. Don Abbondio C. Cesario, M. Pierazzi e A. Pizzo, cl. II C. Invito a nozze Eccomi qui, sono arrivato, finalmente, a casa di Lucia. Che festa! Che gioia! Sono molto felice per Renzo: ieri sera l avevo visto saltellare e cantare allegramente per le strade di Lecco. Mi ricordo che da piccolo giocavo sempre con lui: eravamo vicini di casa e sua madre era tenerissima con me. Davanti alla casa di Lucia mi appare un enorme muro di pietra grezza con al centro una grandissima porta di legno massello. Ai lati scorgo due cesti colmi di candide rose bianche. Le colonne del portico sono coperte d edera che sale e raggiunge la finestra della sposa. Nel cortile donne e uomini assiepati confabulano tra loro. I bambini intonano stornelli. Lucia è splendida, sembra un angelo con l abito nuziale. I suoi occhi azzurri ti ammaliano, i suoi capelli castani, intrecciati sulla nuca, risplendono al sole timido del mattino. È proprio come me la ricordavo: sempre magra, sempre alta e col sorriso stampato sulle labbra di rosa. Osservo il suo profilo e riconosco i tratti del padre buonanima. Io lo conoscevo bene: un uomo tarchiato, muscoloso, dall aria fiera. Un pezzo di pane. Peccato che sia partito in guerra con gli Spagnoli. A casa di Lucia noto ben undici comari che ballano e cantano. L atmosfera è allegra e leggera. Beh, in fondo è un matrimonio. Ma d un tratto l incanto si rompe. Ecco che arriva di corsa, grondante di sudore, Renzo. Sembra infuriato come un cane quando gli pesti la coda e allo stesso tempo triste come chi ha perso qualcosa di importante. Agnese si fa largo tra la folla: con quel vestito azzurrino, ricamato ai bordi, sembra quasi una regina. La piccola Bettina sussurra qualcosa all orecchio di Lucia, che impallidisce immediatamente. Dopo qualche minuto raggiunge il suo fidanzato e cade fra le sue braccia come cade un albero, silenziosamente. Intuisco che qualcosa è cambiato. Dopo qualche secondo arriva la conferma: il matrimonio non si farà. P. De Rogatis, A. Fanni Canelles, P. V: Guidastri, S. Valente, cl. II C Immagini: C. Smrekar (Bravo)cl. IIC, P. Dell Erba cl. IC (Don Abbondio).

LA VOCE DI LECCO Il Seicento tra parodia e verità Spettatori consapevoli presentano il grande protagonista del romanzo e fanno luce su un secolo in crisi 15 Novembre 1628 Lombardia, terra d ingiustizie prevaricazioni Ennesimo caso di aggressione da parte di due bravi Le parole di economisti ed esperti sulla crisi del nostro tempo «Sì, sì, ho assistito alle minacce di quei bravacci contro il povero curato! Non sapevo se aiutarlo o scappare via, perché avevo troppa paura!». Queste sono le parole di un testimone dell incresciosa vicenda di cui è stato vittima l altra sera don Abbondio. Di ritorno dalla sua passeggiata quotidiana, il noto curato di Lecco è stato atteso all'incrocio del tabernacolo, da due malviventi che l hanno minacciato di morte, intimandogli di non celebrare il matrimonio tra due nostri concittadini Renzo Tramaglino e Lucia Mondella, onesti filatori di seta e contadini. Non è la prima volta che questi criminali perseguitano degli innocenti, per soddisfare i capricci di un signorotto. Si sono verificati molti episodi simili per le strade delle città lombarde. Da quando quel castello ha l onore di alloggiare un comandante, i soldati spagnoli vanno a insegnare la modestia alle fanciulle, accarezzano le spalle ai mariti e alla fine dell'estate alleggeriscono ai contadini le fatiche della vendemmia, precisa un po ironico, un milanese dall eloquenza piuttosto fiorita. «Hanno disonorato mia figlia, sono affranto! Ho cercato di proteggerla ma sono stato aggredito anch'io, parla la disperazione di Antonio, un padre esasperato. Rubano nelle vigne, sequestrano i sacchi di grano, ci depredano dei nostri viveri. Questo è il potere dei vicerè e dei suoi funzionari!. Tante sono le voci del popolo che lamentano il continuo malgoverno. Ormai si sa che i dominatori spagnoli non hanno portato un grosso vantaggio alla nostra Lombardia, anzi l hanno impoverita sempre di più, soffocando le sue risorse e danneggiando soprattutto le fasce più deboli della popolazione. Purtroppo, in questa situazione solo uomini disonesti e corrotti riescono a trarre il loro utile, sostenendo con la loro autorità il potere di questi stranieri. Mala cosa nascer poveri! Casi ben più gravi si stanno verificando nell'italia meridionale, dove vengono imposte tasse ancora più pesanti e inique che distruggono l economia già fragile di quelle terre. Ecco quanto ci dichiara il celebre economista e cronista Federico Monetin: Numerosi sono i motivi che hanno portato alla decadenza del nostro Paese. Innanzitutto va considerato che l asse commerciale si è spostato dal Mediterraneo all Atlantico, riducendo l attività dei nostri porti e delle nostre navi, tecnicamente inadatte a reggere la competizione con le altre flotte. Si sono ridotte così le esportazioni di tessuti e dei prodotti dell artigianato, che invece sono aumentati in Inghilterra, Olanda, Francia, paesi incredibilmente ricchi e favoriti dalla posizione geografica. Contadini e artigiani sono stati costretti, quindi, all emigrazione e ciò ha comportato un vistoso calo della popolazione. Un altro dato preoccupante è che i dominatori spagnoli, proteggono l aristocrazia e impediscono ai borghesi, i ceti produttivi, di svilupparsi. Questo porta il mercato italiano a una perdita di dinamismo e di efficienza. Si ricordi, inoltre, che le nostre terre, sono scenario di una guerra che ci opprime dal 1618, e che probabilmente continuerà ancora per molto tempo (chissà trent anni?), provocando ancora carestie e riducendo ulteriormente la popolazione. In più, temiamo un probabile arrivo dei Lanzichenecchi, terribili mercenari protestanti, il cui passaggio porterà solamente saccheggi, violenze e miseria. È prevedibile purtroppo, che i movimenti di questi soldati, possano aggravare la situazione con epidemie magari anche della terribile peste bubbonica! Ma c è chi, con un mentalità differente, affronta la crisi da un altro punto di vista. Crisi? Quale crisi? El paese de l Italia es en crisi, ma non l España!, vuole precisare l illustrissimo economista don Aleandro Azzeccadineros, in un italiano non molto sciolto. Todos los persones pensa che el mio paese spende troppo, che importa eccessivamente e che non investe nada, tranne nelle speses militari, ma non comprendono! Riempirsi de debiti e spendere el dinero es una virtù: chi risparmia non tiene stile! Infatti chi lo fa sono los contadinos et los borgheses gente umile! Noi Españoli, è vero, produciamo poco, ma Madrid, la Grande Regina, non ha bisogno di produrre: non ci abbasseremo a un tale livello de vita!. Senza dubbio poco lungimiranti, ma sicuramente sincere, le parole di chi, tra pochi, ha il coraggio di ammettere l evidentissima decadenza della Grande Regina. Considerata dunque la grave crisi in cui versa il nostro Paese, possiamo purtroppo capire come il fenomeno dei bravi sia cresciuto, nonostante le numerose grida emanate dal governo per arginare tale piaga. Per coloro che non avessero ancora avuto occasione d incontrarli, ricordiamo il loro inconfondibile aspetto: capelli raccolti da una reticella verde, ciuffo sugli occhi per nascondere la propria identità, baffi lunghi e folti arricciati in punta, cintura lucida di cuoio da cui penzolano due pistole, calzoni gonfi, spadone con gran guardia traforata a lamine d ottone. La redazione de La voce di Lecco invita i cittadini a segnalare episodi di violenze e intimidazioni, scrivendo direttamente al nostro giornale: solamente insieme potremo frenare l intollerabile miseria in cui è caduta la nostra società. La redazione de La voce di Lecco G. Riolo, M. Tattoni, R. De Monte, G. Zuccato, E. Ferrante, A. Capaldo, cl. IID LETTERE DI SEGNALAZIONE TITOLI O MERITI? Cari cittadini di Lecco, approfitto di questo spazio per farvi riflettere sull incresciosa vicenda avvenuta ieri sera, in Via degli Untori. Ecco i fatti: un ragazzo, noto come Lodovico, figlio di un importantissimo mercante che aveva fatto fortuna grazie al suo lavoro e alle sue doti, stava percorrendo una strada insieme ad altri due suoi coetanei. Nel senso opposto, invece, si dirigeva, con aria superba, un nobile seguito dai suoi quattro bravi dal cuore di pietra. Giunti fronte a fronte, gli sguardi si sono incrociati in modo tagliente e la frase fatidica si è liberata, uscendo secca dalla bocca sprezzante del nobile: -Fate luogo!-. L'altro replicava, rispondendo alle provocazioni: - Lasciateci passare voi. Secondo la legge, la diritta è nostra!- Ma il nobile non si dava per vinto e pretendeva la precedenza, citando con sussiego il titolo nobiliare del suo casato e l articolo di legge che gli garantiva tale diritto. Dalle parole si è passati subito ai fatti: i due, con un rapido movimento, hanno sguainato spade affamate di morte. Lo scontro si è fatto sempre più cruento, mentre nell'aria vibrava il suono ghiacciato delle lame incrociate e rivoli di sangue scorrevano sulla faccia di Lodovico che giocava in difesa. Improvvisamente il nobile ha atterrato Lodovico. Cristoforo, vedendo il suo amico in grave pericolo, è corso verso di lui per proteggerlo, determinato a sacrificarsi. Ditemi voi, cari lettori, se questo non è un gesto eroico di amicizia fedele! Lodovico, infuriato, è scattato come una molla e, perdendo il controllo, ha lanciato il pugnale, trafiggendo il nobile e facendolo accasciare al suolo. Ebbene, ogni giorno, ahimè, assistiamo a duelli tra nobili e borghesi. Litigi scoppiati per futili motivi che si concludono in tragedie: perché tanti conflitti tra due classi sociali? Chi sono i nobili? Siamo stufi di questi benestanti che ci rubano i soldi dalle tasche e l'onore dall'anima; si divertono tra banchetti, cerimonie e cacce, vantano diritti e privilegi, sono esentati dalle tasse, vivono di rendite e titoli ereditati senza muovere un dito, disprezzano il lavoro, mentre noi borghesi ci spacchiamo la schiena per sopravvivere a questa società ingiusta. Questi presunti gentiluomini ci sfidano in duelli di cappa e spada per assurdità: la precedenza, una parola equivocata, un gesto mal interpretato ed esibiscono i loro blasoni per pretendere l onore. Non siamo forse anche noi uomini come loro? Certo non siamo nati protetti dalla ricchezza e dal nome di un casato, ma abbiamo guadagnato la fortuna e la vita da soli, con il nostro lavoro: abbiamo rischiato, accumulato capitali, investito, studiato e siamo diventati la spina dorsale di un economia che permette loro una vita nel lusso e nei privilegi. Perché misurare il valore di un uomo in base ai suoi titoli anziché ai suoi meriti? Perché coprirsi di boriosi issimi facendo precedere il proprio nome dal vuoto prestigio di un eccellentissimo o di un illustrissimo? I tempi non sono ancora maturi per ottenere eguaglianza, libertà, fratellanza, ma verrà una nuova era verrà il giorno Un borghese S. Fanni Canelles, B. Modugno, L. Rocchi, L. Cannata cl. IID Immagini: S. Kravina (uomo del Seicento), S. Kravina, A. Trost (mappamondo), G. Riolo, A. Savarese (duello), cl. IID Salvate il curato Cari lettori, mi presento: sono Perpetua, serva fedelissima di don Abbondio, in pratica, il suo cane da caccia. Scrivo con le mie parole rozze e semplici, per raccontare ai lettori che cosa è successo al mio povero padrone ieri sera, sulla stradina del tabernacolo, vicino al lago. Stavo preparando le patate per la cena, quando lui arriva, tutto trafelato, urlando e facendo un terribile schiamazzo: - Perpetua, Perpetua! Muoviti! Misericordia che giornataccia! Io, stupita e innervosita allo stesso tempo, per i suoi insoliti modi, gli rispondo di aspettare un attimo. Ma poverino, lui ha sempre bisogno di sfogarsi con la mammina che gli fa tutto. Se non ci fossi io, Dio solo sa dove andrebbe a finire! Aveva l aria di un vestito spiegazzato e sgualcito, ma cercava in tutti i modi di non darlo a vedere: un sorriso forzato si stirava sul suo volto e gli occhi spenti cercavano di accendersi. Caro mio, si vedeva nero su bianco: quella non era stata una giornata come le altre. Ma io che son furba -che Dio mi perdoni- e lo so osservare, capisco subito quando non è del suo solito umore. A rivelarmelo sono i suoi movimenti tremolanti, il suo viso terrorizzato e scolorito, la sua voce che talvolta si fa più forte, come quando, dopo aver subito un sopruso, da uccellino diventa aquila con i più deboli. Sì, con quelli che non hanno colpa. Se la prende sempre con gli indifesi che non c entrano niente con i suoi affari segreti. Bah! Allora, gli chiedo preoccupata cosa gli sia accaduto, lui cerca di scansare il colpo, ma so come fargli sputare il rospo e mi rivela quello di cui tutta Lecco è ormai a conoscenza. Quei ragazzacci! Banditi! Malviventi! Bruti! Sarebbero capaci di mettersi armi perfino sui capelli! Una vita sprecata in loschi affari! Con quel ciuffo nella retina verde! Dovrebbero essere banditi per sempre dalla città. Quanto al mio padrone, è vero, è diventato prete più per quiete che per interesse, ma è forse colpa sua se non è nato con un cuor di leone? Se non è elefante bensì topino? Se davanti alle minacce è sempre pronto a calar le braghe e a prendersela con gli innocenti? Poverino, però, con questa società violenta, dobbiamo capirlo! Che Dio lo benedica! Si vuole difendere ma non ci riesce! Aiutatemi voi, cari lettori e cittadini di questo nostro tormentato paese! Siate comprensivi con lui e perdonatelo, accettandolo per com è. Vorrei rivedere il nostro curato con il suo semplice sorriso, vorrei che potesse passeggiare com è abituato a fare, per le stradicciole del nostro borgo, così, chiudendo il breviario per ogni uffizio che recita, mettendo l indice della mano destra come segnalibro e calciando verso il muro i ciottoli che intralciano il suo sentiero. Perpetua B. Modugno, L. Rocchi, C. Beltrame cl. II D

Lettera urgente da un avvocato ingarbugliato 8 novembre 1628 Carissimo, Illustrissimo et Eccellentissimo Signor di Queste Terre Don Rodrigo, Vi invio questa epistola per annunciarvi un fatto alquanto s p i a c e v o l e a c c a d u t o i e r i all imbrunire. Al mio cospetto e a quello della legge si presentò un giovincello, che disse di chiamarsi Renzo Tramaglino e chiedeva se ci fosse pena, nel caso qualsivoglia persona avesse minacciato un curato di non fare un matrimonio. In lui mi sembrò di riconoscere le fattezze di un bravo senza ciuffo, invece era semplicemente un villano in cerca di guai. Quando mi fece il Vostro nome nobilissimo, tutto mi fu chiaro: era un impostore sfrontato. Indagando un po più a fondo sulla faccenda, scoprii che era il promesso sposo di Lucia Mondella e che il curato che avrebbe dovuto mmaritarli si finse alato il giorno del matrimonio. Imperciocchè, essendo cosa evidente, e da verun negata, che Voi non avete colpa alcuna in questo lungo intreccio, posso osare chiedervi spiegazioni? All avvocato bisogna raccontare le cose chiare: a noi tocca poi imbrogliarle. La gente del paese mormora che la notte scorsa il parroco ha avuto incubi terribili. Si dice che sia stato intimidito, minacciato, offeso. Che oscura vicenda è accaduta? Vi interpello nella speranza che riusciate a darmi una risposta convincente. Non ho dubbi, visto che Voi vegliate su queste terre e sui loro miseri abitanti: sapete tutto di tutti, avete orecchie e occhi dappertutto. Spero che possiate farmi al più presto un resoconto di questa strana vicenda nei suoi più minuziosi particolari. Nel caso foste voi l ardito galantuomo che decise di ostacolare il matrimonio tra codesti personaggi del vulgo, e qualora sopraggiungesse qualche seccatura, io ambirei, se Vi comoda, a prendervi sotto la mia tutela legale. Sarebbe un grandissimo onore per me potervi rappresentare e prestare il mio modesto sapere ai vostri servigi. Entrambi abbiamo a cuore la giustizia. Farò ciò che è in mio potere perché siano eseguite le Vostre volontà: Vostra Eccellenza è degna di esser obbedita da ognuno. Fedelissimo et disposto sempre all ubbidienza. Azzecca-Garbugli TRISTEZZA E CORAGGIO DI UNA PROMESSA SPOSA 15 Novembre 1628 Caro diario, porto ancora lo stretto busto di broccato mentre le due trecce che avevo raccolto con gli spilloni d argento, ora scivolano sciolte lungo le mie spalle e sembrano dissolversi come tutti i sogni che avevo immaginato sul mio matrimonio. Nel mio futuro vedevo la luce, vedevo un verde fiammeggiante, vedevo Renzo! Era così elegante con il suo cappello di piume e quel vestito di gran gala. La mia immagine si riflette nello specchio: l unica parte magnifica di tutte le cianfrusaglie che mia madre mi ha obbligato a indossare, per tradizione, è il vestito. Sai, cara Lucia, questo braccialetto è un po rovinato, ma è da molte generazioni che le spose di questa famiglia lo portano - mi diceva mia madre trattenendo a stento le lacrime e immaginandomi già sposa e m infliggeresti un forte colpo al cuore se non facessi come ti dico. E per fortuna che mia zia Rosalina si trova a Mantova, se no, chissà come mi avrebbe conciato! Oh, diario adoro il mio vestito candido come il foglio su cui sto scrivendo e leggermente scollato, il pizzo alla fine delle maniche che arriva fino alle dita, la gonna stretta sui fianchi e lunga fino alle caviglie, le splendide scarpette, sempre bianche, il fiorellino sulle punte i migliori soldi spesi di tutta la mia vita. Mentre mi guardo allo specchio, riconosco la persona che cercavo di diventare da quando pensavo al matrimonio. Quante illusioni! Da come quell uomo sfacciato insisteva, forse avrei dovuto intuire che questo sarebbe stato il mio futuro. Avrei dovuto dirlo a Renzo? Si sarebbe arrabbiato? Nella mia mente ci sono un milione d idee, non capisco più cosa voglio! La mia fede e mia madre mi sostengono ma, allo stesso tempo, sono triste e addolorata: il foglio che prima era bianco e candido è diventato scolorito e pallido. Dalla finestra intravedo l immensa luna che passeggia lentamente verso le stelle lontane e luminose; come una di loro io dovrò trovare la forza per continuare a brillare fino a che la giustizia prevarrà! Lucia C. Beltrame, M. Fulvio e S. Kravina, cl. IID Al palazzo di Don Rodrigo Un duello a parole raccontato da un umile servo F. Zanin, cl. II C Era quasi l ora di pranzo e il sole faceva capolino dalle finestre del castello di Don Rodrigo, nel vano tentativo di illuminare questo luogo funebre e tetro; spiava, pronto a svelare la polvere sui mobili di legno massiccio che a fatica cercavo di tenere puliti e luccicanti. Ah, quanto devo lavorare ogni giorno! Avevo preparato un pranzo con i fiocchi per il mio padrone Don Rodrigo e per i nobili ospiti: i bravi, il Griso, il conte Attilio, i signorotti e Azzecca-garbugli. Avevo servito del vino di qualità, che aveva fatto sorridere d orgoglio l illustrissimo Don Rodrigo, quando ebbi l occasione di osservare una strana immagine, tutta incappucciata, che bussava alla porta con una certa esitazione, ma con fierezza e dignità. Ora l avevo riconosciuto! Era Fra Cristoforo, un tempo ricco borghese, difensore dei deboli e delle persone in difficoltà. Secondo una lettera inviatami da un mio parente, questo frate aveva un singolare passato: coinvolto in una lite con un nobile prepotente, non aveva saputo frenare la sete di vendetta e si era macchiato di omicidio. Fu la scelta della fede e del saio, a lavare i suoi peccati e ora il cappuccino vive per sostenere i deboli. Ahimè! Fra Cristoforo ed io siamo uguali: entrambi senza alcun privilegio e costretti a tenere a bada i potenti! Chissà cosa mai voleva alla nobile dimora dell illustrissimo signor Don Rodrigo! Lo guidai per i lunghi corridoi che si snodano come un labirinto, fino ad arrivare nella stanza dove Fernando e Don Rodrigo stavano lietamente pranzando. Intanto alla tavola dei nobili aleggiava un atmosfera frizzantina: gli ospiti ridevano e scherzavano, brindavano alla loro ricchezza, alla carestia e alla fame. Fra Cristoforo fu invitato alla mensa. Poi, a un certo punto, ecco allontanarsi Don Rodrigo e il padre, il diavolo e il santo. II frate, con tono garbato e gentile, iniziò la conversazione, ma non tutte le parole gli uscivano spontaneamente di bocca: ogni tanto tendeva a bloccarsi, fingendo uno starnuto o un colpo di tosse, per trovare le formule adeguate, incassando i pesanti insulti del tiranno. A un tratto i suoi occhi da calmi e timidi diventarono due perle lucenti che brillavano e s infiammavano. Nessuno aveva mai messo alle strette Don Rodrigo! Sembrava un duello; un duello combattuto a parole, un duello in cui Rodrigo mirava a stoccare, mentre Cristoforo s impegnava nella parata. Dopo aver esposto il suo discorso quasi completamente, il frate venne interrotto da una contro parata del mio permaloso padrone. Nonostante fosse stato provocato più volte, fra Cristoforo stringeva i denti. Ma per quanto sarebbe riuscito a trattenere il vulcano di parole che bollivano nella sua mente? Poi, all improvviso, tre parole minacciose tuonarono nella sala, potenti come il boato di un temporale di agosto: Verrà un giorno Lo scontro, finora con tanta fatica evitato, esplose, le due spade che non avevano osato sfiorarsi, si toccarono. L incontro si era concluso, la porta si era aperta. Fra Cristoforo abbandonava la sala: i suoi passi tornavano a essere dimessi, sul viso si leggeva l espressione sconsolata e rassegnata di chi vestiva di nuovo l umiltà. A. Capaldo, L. Castigliego, T. Lagovini, L. Legovini, D. Sulini, cl. IID La festa del perdono L immensa felicità della vera e fraterna riconciliazione raccontata in una lettera Caro cugino, come state? Vi siete ripreso dalla vostra indisposizione? Mi dispiace molto non avervi visto alla grande festa, organizzata pochi giorni fa, dal nostro illustrissimo zio, in occasione della richiesta di perdono inoltrata da Fra Cristoforo, per l uccisione di uno dei nobili membri del nostro casato. Sento la gioia e il bisogno di esprimervi quanto sono cambiato in una sola giornata. Vi parlerò del prima e del dopo, di quello che ero e di quello che sono diventato! Aspettavo con ansia e trepidazione questo avvenimento. Avevo scelto con cura i miei abiti, per sfoggiare, con eleganza e lusso, tutto il prestigio del nostro nobile lignaggio. La rigorosa moda spagnola mi stava d incanto. Avevo indossato il vestito più costoso della mia sontuosa collezione, fatto di seta pregiatissima, acquistata dal commerciante più importante della Lombardia. A impreziosire l austerità e la fierezza dell abito, ostentavo dei magnifici stivali in pelle lavorati dagli artigiani più richiesti di Como, e la mia bellissima gorgiera che, se ben inamidata, conferisce a chi la porta un aspetto di rispettosa alterigia. Ero al massimo dell euforia per la soddisfazione, che avrei di lì a poco ottenuto. Si sarebbe compiuto ciò che attendevo più di ogni altra cosa: assistere alla pubblica umiliazione di Lodovico. Nel momento in cui feci il mio ingresso nel palazzo, un immensa folla d invitati, superbi nelle loro cappe, nei loro gioielli e nei loro strascichi pesanti, attendevano quell ospite speciale il cui pentimento e ufficiale perdono avrebbero riscattato l onore del nostro blasone. Caro cugino, forse non sapete che il padre di Lodovico, in passato, era un ricco mercante che soffriva molto delle sue umili origini e che, per non far passare le stesse pene al figlio, aveva deciso d istruirlo come un nobile, educandolo a parlare e comportarsi come noi. La stessa sofferenza aveva comunque provato anche il figlio che si era sentito escluso da una classe sociale che non lo riconosceva. Che presunzione mi era apparsa allora la sua volontà di diventare qualcosa che non era! All improvviso, nel grande palazzo, calò il gelo di un silenzio di pietra, ed egli entrò. Fu tutto un bisbigliare e un lanciarsi occhiate di curiosità e sdegno. Fra Cristoforo, avvolto nel suo semplice saio, si diresse umilmente e con il capo abbassato al centro del salone, mentre gli invitati gli facevano largo, creando un varco per farlo passare. S inginocchiò davanti a nostro zio. Gli invitati, sorpresi dal nobile, quanto inaspettato gesto del frate, tacquero nuovamente e io con loro. Si capiva che non veniva per timore, ma spinto da un sincero pentimento. Aveva espresso il suo dolore e furono le sue semplici parole, i suoi occhi profondi e i suoi gesti umili a far nascere nel cuore di tutti un sentimento di pietà e di rispetto. Spero che abbiate capito il mio radicale cambiamento. Ero andato alla festa convinto che il perdono si ottenesse con l umiliazione di un uomo, ma sono ritornato a casa, ricco di una nuova idea, di una nuova gioia: l immensa felicità che solo la vera e fraterna riconciliazione fra gli uomini può dare. Vostro affezionatissimo Egidio F. Grison, L. Soave, A. Visintin, C. Maniori, cl. III D Immagini: C. Cesario (Azzecca - Garbugli), E. Babici (Padre Cristoforo a spasso), A. Cechini (Lucia), cl. IIC, M. Fonda (Fra Cristoforo in ginocchio) cl. IID,