prima Parte: Lettera aperta al soldato semplice Fred Perlès 1 (Scritta nel 1941: mai spedita) Caro Fred, ti scrivo da New York, richiamato a casa da un telegramma che annunciava la morte imminente di mio padre. La notizia mi ha trovato a Natchez, Mississippi, con fondi 1. «Nella bellezza di un fiorellino c è una forza vitale nascosta, più potente di un fucile Maxim. Io credo che nelle note di un uccello la natura si esprima con una forza più grande di quella che si rivela nel rombo assordante delle cannonate. Io credo ci sia un ideale che si libra sulla terra: un ideale di quel paradiso che non è un semplice prodotto dell immaginazione, ma la realtà ultima cui tendono tutte le cose. Io credo che questa visione di paradiso debba contemplarsi alla luce del sole, nella bellezza della primavera e nella quiete di un mattino di inverno. Ovunque, su questa terra, lo spirito del paradiso è sveglio e manda la sua voce. Noi siamo sordi al suo richiamo; lo dimentichiamo, ma la voce dell eternità zampilla come le note di un organo possente e tocca con la sua musica il centro più intimo del nostro essere». (Dal discorso di Rabindranath Tagore a Tokyo) [ 31 ]
henry miller insufficienti, come al solito. Sono arrivato a New York due ore troppo tardi. Mio padre è morto solo, in un ospedale ebraico, durante un sonno tranquillo. Poche ore dopo la morte era già stato imbalsamato e giaceva nel salotto di casa nostra avvolto in un lenzuolo. L espressione del suo viso era di completa serenità, dovuta in parte, senza dubbio, all abilità dell imbalsamatore. È stato mentre questi rivestiva il corpo di mio padre di un paio di mutande di lana che avevo portato dalla Grecia, che ho dato una prima rapida occhiata alla tua lettera. Era successo che con la stessa posta avevo ricevuto una lunga lettera da Moricand, che è ancora a Parigi, e una da Durrell, che allora si trovava ad Atene. Era uno strano momento per aprire queste lettere preziose, che devo confessare di aver dovuto leggere di nascosto. Durante la lettura sono stato interrotto due volte, la prima dall imbalsamatore, che voleva sapere se avevamo trovato la parte inferiore della dentiera di mio padre; e la seconda da mia madre, che insisteva perché corressi alla lavanderia cinese per far rilavare e stirare la camicia bianca di mio padre. Quando sono tornato dalla lavanderia hanno cominciato ad arrivare amici e parenti, e da quel momento fino all indomani del funerale non ho avuto tempo di riprendere in mano le lettere. Sono appena tornato dal cimitero, dove sono andato a dare un altra occhiata alla tomba. È un luogo squallido e freddo, e i fiori che sono ammucchiati a profusione sulla sua lapide hanno un aria desolata. Mia madre m informa che c è un posto riservato a me nello stesso campo, ma qualcosa mi dice che non l occuperò mai. Ho la precisa convinzione che morirò in terra straniera, in una località molto, molto remota, e che i miei resti non saranno mai trovati. E questo mi riporta alla tua lettera, e prima di [ 32 ]
ricordati di ricordare tutto a quella frase in cui accenni alla mia iniziativa di un giro per gli Stati Uniti con lo scopo dichiarato di scrivere un libro di viaggi. Devo spendere qualche parola su questo argomento prima di affrontare il nocciolo della tua lettera. Ricorderai, forse, che ogniqualvolta abbiamo parlato dell America ti ho sempre detto che se fossi mai stato costretto a tornare sapevo che non ci sarei rimasto a lungo. Questo viaggio, che avevo progettato parecchi anni addietro, doveva essere, come ti ho detto spesso, qualcosa di simile a un ultima occhiata alla mia terra natia. Ho cercato di chiarire a te e ad altri che sapevo di non poter più riprendere la mia vita in America, che si era conclusa in modo ben preciso, e che il mio viso era rivolto all Oriente. Quando arrivai in Grecia compresi di aver chiuso anche con l Europa: credo di avertelo detto, nelle mie lettere. Il fatto che io abbia firmato un contratto per scrivere un libro di impressioni sull America è di secondaria importanza. Avrei fatto il viaggio e scritto il libro anche se non avessi ricevuto l offerta dell editore. Ricorderai senza dubbio che avevo abbozzato titolo e schema del libro almeno tre anni fa, prima ancora della crisi di Monaco. È una parte della storia della mia vita che non cesserò mai di scrivere, immagino. Perché sia così importante per me fare questo pellegrinaggio, è una cosa che io stesso non afferro del tutto; ma di certo non è uno scherzo, né un viaggio di piacere. È una cosa che mi sento costretto a fare, una cosa legata al disegno del mio destino. Non dubito che comprenderai tutto ciò; ma che mi senta pronto a farlo ora, in questo momento, quando il mondo intero è diviso e in armi, è una cosa che deplori. Tu critichi il mio «distacco», lo confondi col distacco degli [ 33 ]
henry miller indifferenti. Eppure dovresti conoscermi. Il distacco che condanni, abbastanza giustamente, non è vero distacco ma un volontario rifiuto di guardare le cose in faccia. Con esso l individuo di solito nutre la vana speranza che gli sia risparmiato il fato di coloro che lo circondano. È in sé significativo che parli di fato e non di destino. Nel caso mio, si consideri il mio distacco criticabile o no, una cosa è certa: non mi sono mai rifiutato di guardare in faccia la realtà. A essere sincero, come altre persone intelligenti che presero in seria considerazione la situazione mondiale, previdi la débâcle molti anni fa. Ricordo le volte a Parigi in cui tu e soprattutto Fraenkel solevate prendermi in giro per le mie stravaganti riflessioni sulla «morte del mondo occidentale». Non avrei mai potuto scrivere i libri che ho scritto se non fossi stato imbevuto dell assoluta convinzione dell imminenza della fine. In qual modo il crollo del nostro mondo avrebbe potuto colpire me come individuo, io naturalmente non riuscivo a immaginarlo, ma tu puoi ricordare che manifestai spesso l idea che, anche se fosse stata la fine di un periodo o di un epoca, o addirittura di un intera cultura o civiltà, non sarebbe stata la mia fine. Avevo cessato da un pezzo di identificarmi con un gruppo o una nazione o una causa o un ideologia qualsiasi: in una parola, proprio con questa civiltà che adesso sta andando in malora sotto i nostri occhi. Voglio tu sappia che ti scrivo non come un cittadino di quella «fiacca America» che ha finalmente destato il tuo sdegno, ma semplicemente come un essere umano: non ho mai voluto essere qualcosa di più. E da essere umano che si rivolge a un altro, desidero aggiungere immediatamente che ho soltanto ammirazione per il ruolo che hai scelto. Ogni uomo ha la sua parte da sostenere, e dicendo questo voglio comprendere il crimi- [ 34 ]
ricordati di ricordare nale, il tiranno, il demente e il malvagio. Fortunatamente o sfortunatamente, questi tipi occupano ben poco posto al mondo: la vasta maggioranza dell umanità è ignorante o illusa, o tutt e due. Il grande peccato, credo ne converrai, è l ignoranza. E a produrre la tragedia (sempre travestita da Fato) è, come sottolinei tu stesso, l inerzia. In questo particolare momento del grande dramma in corso di rappresentazione è difficile, quasi impossibile anzi, per gran parte della gente cioè per coloro che sono sempre costretti ad agire in un modo o in un altro vedere nell inazione virtù o saggezza di sorta. Oggi coloro che vivono sotto un governo democratico non hanno più libertà di scelta, in questa faccenda dell agire o non agire, di coloro che vivono sotto il giogo comunista o fascista. In nome della libertà ognuno viene obbligato a tenersi pronto alla linea di partenza; l assunto è che quando avremo vinto la guerra (stiamo solo oscuramente cominciando a renderci conto che ci siamo già dentro) riavremo la nostra libertà, una libertà, sia detto tra parentesi, che non abbiamo mai posseduto sul serio. [ 35 ]