DUE GAY CON FIGLIA FAMILY LIFE Per Stassa sono papa e daddy, i suoi genitori. Oggi, in Spagna, dove si sono sposati e hanno scelto di vivere, Will e U.B. crescono la loro bambina adottata in California «in una famiglia come tante». Con molto amore, e senza (per ora) troppe spiegazioni. Basta sapere che «noi siamo qui per lei, e lei per noi». Intanto la loro quotidianità, raccontata in questo servizio fotografico, ha vinto il World Press Photo 2009 di Luca Tancredi Barone Foto di Mattia Insolera D 74 28 FEBBRAIO 2009
Normalità quotidiana: Stassa e daddy U.B. preparano un regalo per un suo compagno della scuola materna; al pomeriggio torna dall asilo con papa Will; la dome nica mattina Will la veste per portarla al parco dopo che si è lavata e fatta carina sotto la supervisione di U.B. Stassa con i genitori e il cane Frida. Nelle due foto al centro, la bambina durante la festa di matrimonio di papa e daddy e mentre esce di casa per andare alla ce rimonia. Nell ultima immagine, Stassa osserva Will prepararsi per il matrimonio. Questa foto ha vinto il 2 premio nella categoria Daily Life del World Press Photo 2009. Già vestita per la festa, Stassa sistema la cravatta di Will; la bambina assiste al matrimonio dei genitori celebrato al Mies van Der Rohe Pavilion di Barcellona. Foto di famiglia prima dell inizio della cerimonia e gli sposi che aprono le danze al wedding party. Poi partiranno tutti e tre per il viaggio di nozze: a Venezia.
Non era certo così che speravo di diventare famoso», confessa Will Shank, artista e conservatore capo del museo di arte moderna di San Francisco fino al 1999. Will abita da qualche anno a Barcellona con U.B. Morgan, artista con studio nel quartiere del Raval. Con loro vivono il cane Frida e, soprattutto, la luce dei loro occhi, Stassa (Anastasia), la bimba di cinque anni a loro affidata legalmente in California appena nata. Paradossalmente, per Will e U.B. è stato assai più difficile sposarsi che adottare la figlia. In California, dove entrambi vivevano fino a qualche anno fa, è Stassa ha 5 anni e frequenta una scuola steineriana che valorizza la creatività e coltiva la tolleranza. Con i genitori parla inglese ma conosce lo spagnolo, il catalano (lo parla con gli amichetti) e un po di greco («adoriamo la Grecia, ci passiamo spesso l estate», dice Will). possibile infatti per una coppia di fatto - quale che sia il sesso dei genitori - adottare. E non basta: una madre che intenda dare in adozione un figlio o una figlia può anche scegliere, ancora prima che nasca, quali vuole siano i genitori affidatari. «La donna che ha partorito Stassa», spiega U.B., «ci ha scelti. L abbiamo incontrata un paio di volte. Le siamo piaciuti. Voleva per la figlia un ambiente aperto e stimolante, e l idea che fossimo artisti e gay le pareva fantastica». Ma non è completamente scomparsa: «Ci scriviamo una volta all anno per darle notizie della bimba», racconta Will, «quando Stassa vorrà conoscerla e ci sembrerà matura per farlo, naturalmente potrà farlo. Non ci sentiamo minacciati: i suoi genitori siamo noi, e nostra figlia lo sa». Will e U.B., rispettivamente 57 e 45 anni, si conobbero in un luminoso weekend di marzo del 1997 al porto di Sausalito, vicino a San Francisco. Fu amore a prima vista. Un anno dopo già vivevano assieme. La decisione che avrebbe cambiato la loro vita avvenne nel 2003: si sentivano felici e pronti per adottare quella bambina che fin da piccola era molto vivace. E, proprio come per qualsiasi genitore di questa terra, sono iniziate le gioie, molte. E alcuni dolori: «Ho scoperto di possedere una riserva di pazienza insperata», dice sorridendo Will, mentre Stassa salta sul divano, si getta fra le braccia dei genitori e gioca con Frida. «Per fare duecento metri qui sulla Rambla possiamo anche impiegare mezz ora», racconta invece U.B., «perché lei si ferma a ogni passo e vuole sapere tutto. Certe volte fa delle domande che sono una vera sfida: un giorno, a due anni e mezzo, mi chiese com era fatto un seme. Sapeva che un albero nasceva da un seme, ma il seme? Era una bella domanda, no?». «Se Stassa vorrà conoscere la madre, e ci sembrerà matura per farlo, potrà farlo» La storia del matrimonio di Will e U.B. è tormentata. Come tutti, volevano coronare il proprio amore con una celebrazione che riunisse le persone care per dire loro quanto erano felici di volersi bene. L occasione si presentò all improvviso il 12 febbraio 2004: il sindaco di San Francisco Gavin Newsom, sfidando la legge, decise di dare il permesso anche alle coppie gay di sposarsi in comune. Fino all 11 marzo quasi 4.000 coppie gay da tutti gli Stati Uniti vennero a sposarsi a San Francisco. Fra questi, il 13 febbraio, anche Will e U.B., che in un paio d ore decisero che non volevano perdere l occasione e si misero in fila con altre centinaia di persone. Ma, il 12 agosto di quell anno, la batosta: la Corte Suprema della California stabilì che il sindaco non aveva il potere di aggirare la legge dello Stato, e annullò con un tratto di penna tutti i matrimoni. Tre mesi dopo Bush venne rieletto, e i due decisero che era troppo, e che volevano andarsene. Will aveva vinto il Roma Prize dell American Academy di Roma per la sua ricerca su come preservare i murales contemporanei. A Will i legami con l Italia non mancano: laureato in lingua e letteratura italiana, la sua passione originaria era il restauro degli affreschi del Quattrocento, anche se poi ha finito per occuparsi di conservazione dell arte moderna. «La vita è strana, a volte», sorride. Grazie al premio, i tre hanno vissuto per sei mesi a Roma nel 2005. «A parte le mamme italiane che, prendendoci per mariti impacciati lasciati soli da mogli irresponsabili, ci sgridavano dicendo che non coprivamo abbastanza la bimba, non abbiamo mai vissuto episodi di esplicita intolleranza. Soprattutto per- D 78 28 FEBBRAIO 2009
BUONI GENITORI Il figlio di una coppia gay crescerà bene? Pochi di noi sono disposti ad accettare questa idea. Lo psichiatra e psicanalista Vittorio Lingiardi, docente all università di Roma La Sapienza e autore del libro Citizen gay (Il Saggiatore, in questi giorni in ristampa) però non ha dubbi: «Se questi genitori saranno capaci di amarlo sicuramente sì. Al di là di ideologie e pregiudizi, ho passato in rassegna tutta la letteratura scientifica che ha studiato i Paesi dove la genitorialità omosessuale è permessa, confrontando le ripercussioni sul benessere psicologico, sulla personalità e sull orientamento sessuale dei figli delle famiglie gay paragonate ai figli delle famiglie eterosessuali. E non è mai stata evidenziata alcuna differenza. È la capacità di accudire e di essere vicini ai bisogni del piccolo a fare di un genitore un buon genitore». Ma i figli di famiglie arcobaleno non potrebbero essere vittime di pregiudizi? «Dipende dal contesto. Indubbiamente in alcuni casi i bambini saranno oggetto di comportamenti discriminatori, come potrebbe accadere a tutti. Ma l esperienza narrata dai genitori omosessuali italiani è quella di una accoglienza nelle scuole che lentamente si stempera in una positiva indifferenza». Chiamerebbe coraggiosi questi genitori? «Costruire una famiglia gay richiede un certo coraggio in un Paese come l Italia dove non è stata mai approvata una legge contro l omofobia. Ma, come tutti sappiamo, la storia e la trasmissione dei valori positivi non possono procedere se non attraverso le scelte coraggiose di alcuni». ché a nessuno veniva in mente che potessimo essere i genitori». Di intolleranza, quella vera, ne hanno incontrata poca. «Una volta», racconta U.B., «all aeroporto delle Hawaii un assistente di volo ci disse che eravamo coraggiosi. Noi non capimmo cosa intendesse dire, e lei ci spiegò che andarsene in giro con una bimba piccola senza le nostre mogli era una sfida per noi. Quando le spiegammo come stavano le cose, ci guardò disgustata. Ma questo davvero è l unico caso che ci viene in mente». E in fondo, poi, che importa: oggi, dopo aver cercato un Paese europeo accogliente («l Italia, troppo omofoba, non è mai stata in lizza»), vivono in Spagna, in una città aperta dove la figlia frequenta una scuola steineriana che valorizza la creatività dei bambini e coltiva la tolleranza. Stassa, una forza della natura, parla spagnolo, catalano con gli amici («una lingua segreta che noi non parliamo») e inglese con i genitori. Ma anche greco («adoriamo la Grecia e ci passiamo molte estati») e un po di italiano. «Casi di intolleranza? No, anche perché a nessuno viene in mente che possa essere nostra figlia» La vita, in casa, è come quella di qualsiasi altra famiglia. «La mattina alle 9 c è il treno per arrivare a Bellaterra, il paesino a nord di Barcellona dove sta la scuola di Stassa. Chi di noi due non l ha accompagnata la mattina, la va a prendere il pomeriggio alle 4 per riportarla a casa. Poi dedichiamo un po di tempo allo stare insieme, e naturalmente si cena presto: Stassa deve andare a dormire alle 8.30». Compiti a casa Stassa non ne ha ancora: ma spesso, con U.B., costruiscono i regali per i compagni di scuola, di solito delle marionette. «Con lei prepariamo soprattutto la creta per la testa», spiega U.B., «poi io le preparo il vestito, che è la mia specialità, e insieme glielo mettiamo». «Una volta, un compagno di scuola di Stassa ci ha affrontato: dov è la mamma di Stassa? E noi gli abbiamo detto: Stassa ha due papà, hai visto che fortuna? E lui se n è tornato a giocare». E Stassa che dice? «Be, lei sa che è una bambina adottata, e che non è venuta dalla pancia di nessuno di noi due. Sa che chi l ha partorita ci ha scelto. Per ora cerchiamo di fare come fanno tutti i genitori adottivi: le prepariamo un background che lentamente possa scoprire, così che quando vorrà sapere di più potrà farlo senza spaventarsi. Ma siamo tranquilli: per lei siamo papa (Will) e daddy (U.B.). Sa che siamo qui per lei, e lei per noi». Qui, adesso, è Barcellona. La città che l anno scorso ha finalmente dato a Will e U.B. la possibilità di suggellare formalmente il loro rapporto. Dopo mesi di preparativi, hanno invitato gli amici più cari nel Padiglione di Mies van der Rohe e si sono sposati, concludendo D 80 28 FEBBRAIO 2009
con una torta con due sposini in cima la festa che la Corte Suprema gli aveva rovinato quattro anni prima. Nel suo libro Una famiglia normale (ed. Sonda), Stefano Bolognini racconta di come persino una qualunque famiglia italiana tradizionalista possa convivere (quasi) serenamente con l omosessualità. Anche Will e U.B. si sentono una famiglia normale : «Alla fine siamo una coppia di genitori come gli altri. Tutta questa curiosità un po ci ha stancato. E allora?, ci viene da dire quando ci intervistano. Ma poi abbiamo capito. Qualche settimana fa, dopo che eravamo comparsi in un programma tv, siamo usciti con degli amici e con Stassa. Per strada, un ragazzo ci ha riconosciuti, ha riempito di complimenti la bimba. Poi ci ha detto: L altra sera, quando vi abbiamo visti in tv, io e il mio ragazzo ci siamo detti che anche noi, un giorno, vogliamo diventare come voi. Ecco, questo ci ha restituito il senso di quello che facciamo. Vogliamo che altre coppie di gay ci guardino e dicano: è possibile. Anche noi possiamo avere una vita come tutti gli altri». (Fotografie dell agenzia G. Neri) I BIMBI DELLA TRIBÙ ARCOBALENO Secondo i sociologi Marzio Barbagli e Asher Colombo, che hanno pubblicato l indagine più approfondita e documentata sul mondo gay italiano (Omosessuali moderni, Il Mulino), in Italia il 10% delle coppie di uomini di più di 35 anni ha dei figli, e il 40% vorrebbe averne, mentre ben il 20% delle coppie femminili della stessa classe di età li ha già, e al 30% piacerebbe farli. In Italia non solo è vietato adottare figli per single o coppie gay, ma per due omosessuali è anche vietato sposarsi e non esiste una forma di riconoscimento legale di una coppia di fatto. Un limbo giuridico che non impedisce però che esistano molte famiglie arcobaleno, con figli frutto di matrimoni precedenti, o magari ottenuti all estero, dove le norme sono più ragionevoli (inseminazione artificiale, uteri in affitto, adozioni a single o coppie gay). L associazione Famiglie Arcobaleno ne riunisce circa 150, di cui metà già hanno figli, e l altra metà vuole averli e sta cercando di trovare il modo per farli (principalmente rivolgendosi a Spagna, Danimarca, Olanda, Inghilterra, Belgio per le donne, e Usa e Canada per gli uomini). Una di queste coppie è quella di Giorgia e Valeria, trentenni. Assieme al loro bimbo di due anni vivono in un paesino della provincia di Napoli. Come tutte le coppie in questa condizione, non si sentono eccezionali: sono una famiglia e basta, non una famiglia gay. «Stiamo insieme da sette anni. Abbiamo scelto la procreazione assistita in Olanda con donatore anonimo conoscibile dal bambino a 16 anni. Per noi sarebbe stato immorale farsi mettere incinta per avere questo figlio», dice Valeria. Problemi? «I soliti di tutte le coppie omosessuali. Se ricoverano la tua compagna in ospedale possono lasciarti fuori e non farti prendere decisioni sulla sua salute. Non godiamo delle agevolazioni fiscali e lavorative per i familiari. Il figlio formalmente poi è solo mio: lo cresciamo insieme, ma per la legge Giorgia non è nessuno». Discriminazioni? «Non vere e proprie. Ma disagio, a volte. Dal medico per esempio, quando ti dicono certamente lei sa quali malattie ha il padre e tu devi spiegare. O dal parrucchiere, quando ti dicono Biondo come il papà, vero?. E all asilo? «È un asilo pubblico, le maestre sono brave, ma spesso impreparate a queste situazioni. Che bisogno c è di far fare il lavoretto per la festa del papà? Quanti bambini non hanno un padre? E poi sono così piccoli, il lavoretto lo fanno le maestre. Non capisco il senso didattico. Comunque, presto il nido finirà e dovremo affrontare la scuola vera: siamo serene, ma certo arriveranno momenti difficili». Come reagiscono in paese? «I rapporti umani sono buoni, tutti sanno. Ma c è tanta ignoranza. Mi trovo dal parrucchiere a dover spiegare che in questo Paese una coppia omosessuale non ha il diritto di adottare. La gente mi guarda e si sorprende: Davvero?. Forse le persone sono più avanti della politica». D 82 28 FEBBRAIO 2009