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cerca... Home Le legislazioni e i tribunali dell'ue stanno prestando maggiore attenzione allo. Questo tema è oggetto di particolare preoccupazione in Italia, patria di alcuni dei marchi più prestigiosi al mondo nel campo della moda e del design. Il quadro giuridico dell'ue e quello dell'italia in materia di marchi d'impresa famosi e rinomati sono strettamente allineati con quello della comunità giuridica internazionale su questo tema delicato, principalmente (seppur non in via esclusiva) nell'ambito della e dell'accordo sugli aspetti commerciali dei diritti di proprietà intellettuale ( ), operante sotto il controllo dell'organizzazione mondiale del commercio. Ai sensi dell'art. 6bis della Convenzione di Parigi, che stabilisce che un marchio d'impresa può essere conosciuto in un territorio, con riferimento a determinati prodotti, anche se non è registrato, la domanda di registrazione di un marchio simile per prodotti affini andrebbe respinta laddove vi sia prova del rischio di confusione. Inoltre, ai sensi dell'art. 16(3) del TRIPs, l'art. 6bis si applica anche a prodotti e servizi non affini laddove: l'uso del marchio d'impresa successivo indichi un legame con il titolare del marchio rinomato; vi sia la probabilità di ledere gli interessi del titolare del marchio rinomato. Analogamente, l'art. 5(2) della direttiva UE sui marchi d'impresa (89/104/CEE, ora, abrogata a sua volta dalla a decorrere dal 15 gennaio 2019) prevede una protezione particolare contro la diluizione dei marchi d'impresa per effetto di un utilizzo non autorizzato da parte di terzi o di un tentativo di ottenere la registrazione di marchi d'impresa " " a un marchio dell'ue. Gli artt. 12(1)(e) e (f) del Codice della proprietà industriale italiano sanciscono che un marchio d'impresa è privo di novità laddove sia simile a un marchio già notoriamente conosciuto ai sensi dell'art. 6bis della Convenzione di Parigi per prodotti o servizi anche non affini quando l'uso del marchio successivo senza giusto motivo trarrebbe indebitamente vantaggio dal carattere distintivo o dalla rinomanza del segno anteriore o recherebbe pregiudizio agli stessi.

Più precisamente, l'art. 20(1)(c) del codice stabilisce che il titolare di un marchio d'impresa ben noto registrato ha il diritto di vietare ai terzi, salvo proprio consenso, di usare nell'attività economica un segno identico o simile al marchio ben noto per prodotti o servizi anche non affini, se la denominazione successiva consente di trarre indebitamente vantaggio dal carattere distintivo o dalla rinomanza del marchio o reca pregiudizio agli stessi. Il primo caso in cui la Corte di giustizia dell'unione europea (CGUE) e successivamente numerosi tribunali italiani ha trattato questo argomento è stato ( ). ha definito un concetto di notorietà così ampiamente condiviso da essere ancora applicato a 20 anni di distanza: " 375/97, par. 20). " (Causa C- In ( ), la CGUE ha aggiunto argomentazioni più complete relativamente alla più ampia protezione dei marchi riguardanti prodotti o servizi non simili: Queste due decisioni costituiscono il punto di origine di un approccio più strutturato a livello dell'ue e a livello nazionale, anche da parte delle corti italiane. Ad esempio, in ( ) si afferma: " " [Occorre altresì sottolineare che taluni marchi possono avere acquisito notorietà ben oltre il pubblico interessato ai prodotti o ai servizi per i quali essi sono stati registrati e che, in tale eventualità, è possibile che il pubblico interessato ai prodotti o ai servizi per i quali è registrato il marchio posteriore associ i marchi in questione l'uno all'altro anche ove detto pubblico sia completamente diverso dal pubblico di riferimento per i prodotti o i servizi per i quali è stato registrato il marchio anteriore] (par. 68). Le corti italiane applicano tuttora tali nozioni cosicché le sentenze emesse corrispondono perfettamente alle summenzionate decisioni della CGUE oppure contengono citazioni da esse nelle rispettive argomentazioni.

In ( ), il Tribunale di Milano si è concentrato sull'elemento VERSACE del marchio in questione: " ". La giurisprudenza italiana fornisce ampie interpretazioni delle decisioni della CGUE. In particolare, si afferma che: " Il medesimo concetto è stato affermato anche dal Tribunale di Roma in ( ), in cui il giudice ha rilevato che: " "." Ai sensi del quadro normativo e delle decisioni di cui sopra, appare chiaro come la giurisprudenza italiana sia allineata con le decisioni della CGUE e di altre corti nazionali dell'ue in materia di protezione di marchi d'impresa famosi e rinomati.

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