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DEL POPOLO IL TEMA DEL MESE La caccia alle foche Anche quest anno, puntuale come un rito, sta per inaugurarsi in Canada la stagione di caccia alle foche, il più grande e crudele massacro di mammiferi marini nel mondo. Una violenza autorizzata dal Dipartimento della pesca e delle politiche marine canadese (Department of Fisheries and Ocean) che negli ultimi anni ha comportato l uccisione di oltre un milione e trecentomila animali. La caccia comporterà l abbattimento dei cuccioli nati in queste settimane, vittime preferite dai cacciatori sia per la morbidezza del manto sia per la facilità di cattura. La morte a cui vanno incontro questi animali è per molti versi la più violenta e crudele. Per il governo canadese (ma non solo) questi animali vengono uccisi in maniera umanamente accettabile, tuttavia qualcosa sembra cambiare e in futuro le autorità di Ottawa fisseranno modalità assai più rigorose per quanto concerne le tecniche di abbattimento degli animali. Dovrebbe diminuire anche il numero dei capi che sarà permesso cacciare. Stando a quanto indicato sul sito www.amb-norvegia.it, la caccia alle foche rappresenta uno dei tradizionali mezzi di sussistenza per le popolazioni che vivono intorno al Mar Glaciale Artico e all Oceano Atlantico settentrionale. Per quanto riguarda la Norvegia, la caccia si concentra principalmente sulla foca della Groenlandia, la cui popolazione risulta in aumento e non a rischio di estinzione. Le quote norvegesi sono stabilite sulla base delle indicazioni di carattere scientifico che arrivano dal Consiglio internazionale per l esplorazione del mare (ICES), l Organizzazione dei pescatori dell Atlantico nord-occidentale (NAFO) e dall Istituto per la ricerca marina norvegese. Queste indicazioni vengono usate per pianificare un regime di gestione delle diverse colonie, che tenga conto, per esempio, di come le foche cacciate possano influenzare la sopravvivenza delle altre specie. Nell Oceano Atlantico settentrionale ci sono in tutto circa otto milioni di foche, di cui tre milioni vivono nelle zone dove vengono cacciate dai norvegesi. Le colonie di foche sono in aumento e per mantenerle a un giusto livello, è necessario contenerne lo sviluppo. Il fabbisogno energetico giornaliero di una foca della Groenlandia equivale a tre chilogrammi di aringhe e capelan. Le numerose colonie di foche esistenti stanno danneggiando gravemente la presenza di parecchie specie ittiche, tra le quali alcune usate per il consumo. Nell Atlantico nord-occidentale le foche della Groenlandia mangiano da sole un quantitativo di aringhe pari a quello pescato dall intera flotta di pescherecci norvegese. La Norvegia ha una legislazione molto severa e dettagliata per quanto riguarda la caccia alle foche, che include le date per la stagione di caccia, le quote, i metodi di cattura e di uccisione, i corsi obbligatori per i cacciatori di foche, l omologazione delle imbarcazioni e i controlli. Secondo questa legislazione, gli animali devono essere uccisi nel modo più veloce, umano e indolore possibile. Gli unici tipi di attrezzature che i cacciatori norvegesi di foche possono usare sono i fucili e l hakapik, una specie di fiocina. Le foche adulte vengono uccise con il fucile, mentre per i cuccioli vengono usati sia il fucile che l hakapik, uno strumento che può sembrare primitivo, ma che di fatto è molto efficace perché tramortisce immediatamente l animale e lo uccide velocemente. La legge norvegese non permette la cattura di cuccioli ancora in fase di allattamento, in altre parole che non sono stati abbandonati dalle proprie madri. Ogni anno i cacciatori di foche devono seguire un corso e superare un test di precisione al tiro prima di ogni stagione di caccia. Ogni imbarcazione abilitata deve avere a bordo un ispettore, che ha qualifiche pari a quelle di un veterinario o analoghe, e che dipende direttamente dalle autorità responsabili della pesca. (kb) www.edit.hr/lavoce IL RUGGITO di Krsto Babić animali Anno II n. 3 I bambini e gli automobilisti Non molti giorni fa stavamo trascorrendo il tempo libero seduti su una panchina in un parco non lontano da casa. Non distante da noi un gruppo di sei ragazzini si stava divertendo giocando a pallone. Terminata la partita i ragazzi presero a inseguire un malcapitato gatto. L animale visibilmente impaurito dopo aver percorso in lungo e in largo il parco e dopo aver incassato una notevole serie di calci era riuscito a trovare rifugio sui rami di un grosso pino. Pur di farlo scendere i ragazzi gli scagliarono addosso una pioggia di sassi. A nulla valsero le proteste dei passanti che li esortavano a smettere di maltrattare l animale. I bambini non si fermarono fino a quando l animale non cadde al suolo. A quel punto tentarono di afferrarlo per poter continuare a torturarlo. Tuttavia capitò qualcosa di imprevisto. L animale riuscì a sfuggire all assedio dei suoi aguzzini, ma nel tentativo di attraversare la strada fu travolto da un grosso camion di passaggio. Subito dopo essersi accorti di ciò che era capitato al micio, i bambini, tutti di età compresa tra i sette e i dodici anni, iniziarono a piangere. Nel frattempo era intervenuta un anziana signora che imprecando contro i ragazzi si premurò di gettare la carcassa dell animale in un cassonetto della spazzatura, prima che il medesimo venisse completamente schiacciato dalle auto di passaggio. Dobbiamo ammettere che ci sentimmo in colpa per non essere intervenuti in difesa del gatto, ma sapevamo che le nostre proteste non avrebbero dissuaso i ragazzi dal loro intento. Non possiamo negare che anche noi alla loro età ci divertivamo a dare fastidio agli animali. Il nostro passatempo preferito consisteva nell osservare le lucertole mentre si dimenavano nell intento di evadere da bottiglie colme d acqua. Oppure nello scrutare le api e le vespe che si davano battaglia dopo essere state rinchiuse assieme in sacchetti di plastica trasparente. È difficile da comprendere come mai molti bambini e adolescenti si divertano a maltrattare gli animali (e non solo loro purtroppo). Probabilmente ciò è dovuto ai residui dei nostri istinti predatori e non al fatto che siamo cattivi di natura. Infatti, i ragazzi di prima, dopo aver causato la morte del gatto al quale stavano dando la caccia si sono pentiti e nei giorni successivi si misero a distribuire agli automobilisti dei volantini con i quali li pregavano di fare attenzione durante la guida, per evitare di travolgere altri animali. Loro forse la lezione l hanno capita. Gli automobilisti, persone adulte, purtroppo no. Infatti, tutti i volantini sono finiti per terra, eventualmente nel bidone dei rifiuti.

2 animali ORNITOLOGIA L ordine degli Anseriformi Le mille virtù delle oche A cura di Valentino Pizzulin Gli Anseriformi sono uccelli acquatici e generalmente ottimi volatori. Le varie specie presentano alcuni aspetti morfologici comuni. Il becco, più o meno depresso è largo e provvisto di lamelle trasversali per filtrare l acqua e la melma durante la ricerca del cibo. Il piumaggio è fitto con copertura continua di piume sotto le penne. Questi animali sono provvisti di una ghiandola per la secrezione del grasso necessario a rendere impermeabile il piumaggio. Molte specie sono migratorie, amano la vita di gruppo e si adattano alle diverse condizioni ambientali e alimentari. Gli Anseriformi comprendono quasi 150 specie suddivise in due famiglie distinte: gli Animidi e gli Anatidi. L uomo ha determinato in questi animali alcune mutazioni ormai fissate. Per questo motivo non è possibile indicare con precisione il numero delle specie. Alcuni studiosi considerano, infatti, specie autonome anche quelle create dall uomo; altri, invece, le reputano sottospecie di quelle da cui derivano. Alla famiglia degli Animidi appartengono solo tre specie (taglia 70-90 centimetri) tutte originarie dell America del Sud (due generi: Anhima e Chauna). Hanno forma compatta e sono dotati di becco simile a quello dei polli. Le zampe si presentano carnose, lunghe e con le dita semipalmate. Formano coppie fisse, con entrambi i genitori che covano le uova. La famiglia degli Anatidi comprende circa 145 specie distribuite in tutto il mondo, di taglia molto variabile (dai 30 ai 160 centimetri) e con abitudini di vita molto diverse. Le specie maggiormente allevate presentano un notevole dimorfismo sessuale. Molte specie compiono lunghe migrazioni. A questa famiglia appartengono anatre, oche e cigni. Quasi tutte le specie di Anatidi sono monogame in libertà, mentre in cattività è necessario abbinare più femmine con ciascun maschio. Le coppie sono legate da grande affetto. Costruiscono i nidi all asciutto, nel fitto dei cespugli. Di solito la cura della prole è a carico della femmina, anche se spesso il maschio collabora. Si cibano di tutto ciò che riescono a filtrare nell acqua e nella melma, oltre che di erba e di bacche acquatiche. Le oche domestiche I generi di oche interessati per l allevamento sono essenzialmente due. Anser e Cygnopsis. L allevamento dell oca è in uso fin dall antichità in Mesopotamia e in Egitto (Oca selvatica Anser anser) e nell Asia orientale (Oca cignoide Cygnopsis cygnoides). Rispetto all anatra, l oca è più pesante e goffa con piumino più abbondante e morbido. Il verso che produce è rauco e sgradevole. La testa e gli occhi dell oca sono minuscoli, il becco è lungo, robusto e munito nella mandibola superiore di lamelle distanziate e sporgenti. Il collo è lungo e tozzo. Le ali sono lunghe e portate in alto. Le zampe sono robuste e lunghe. Le tre dita anteriori sono riunite da una membrana non molto ampia e il dito posteriore è libero. Priva di dimorfismo sessuale. Il maschio di oca è più aggressivo e la sua voce più alta e acuta di quella della femmina. L oca comune pesa in media dai 5 ai 6 chilogrammi, che possono diventare 8 o 10 al termine dell ingrasso. In alcune razze da carne e da fegato gli adulti arrivano a pesare anche 15 chilogrammi al termine dell ingrasso. Le oche possono essere classificate in due grandi gruppi: selvatiche e prevalentemente ornamentali; oppure domestiche da reddito. L allevamento Le oche utilizzano molto bene il pascolo (tanto da poter essere definite erbivore ) e anche mais foraggero, bietole, carote ed altre radici. Questa caratteristica è sfruttata negli allevamenti di tipo familiare o semi intensivo. I branchi di oche sono formati da un quarto di maschi e tre quarti di femmine. Non mancano, però, anche allevamenti intensivi in cui le oche, soprattutto da riproduzione, sono rinchiuse in aree all aperto dotate di semplici tettoie, chiuse su tre lati e dotate di un adeguata zona di pascolo ed anche di un piccolo specchio d acqua. Per favorire la riproduzione, i gruppi sono formati da un maschio e 5-6 femmine per le razze leggere e da un maschio e 2-3 femmine perle razze pesanti. In questi tipi di allevamento, con adeguato pascolo, l oca può soddisfare gran parte dei propri fabbisogni alimentari, per cui basterà somministrare, la sera solo un po di granaglie o di mangime (200-250 grammi a capo). Nell allevamento intensivo per l ingrasso l oca non può disporre di pascolo: occorre allora provvedere a somministrare erba, mais da foraggio e radici in aggiunta ai mangimi. Le oche sono allevate in aree con pavimento listellato e sopraelevato da terra. In genere il numero di uova deposte dall oca non è molto elevato, a parte alcune razze, come la Romagnola, che può deporre 100-110 uova all anno. L oca da arrosto (oca broiler) viene macellata a 10 12 settimane, quando presenta una carcassa sviluppata ma priva di grasso. Le oche vengono sottoposte ad ingrassamento forzato per la produzione del fegato grasso. Al fine di accelerare il procedimento gli allevatori sono soliti somministrare agli uccelli pastoni molto energetici. Infine, le oche vengono poste in gabbia senza possibilità di movimento per circa 3-4 settimane e sottoposte a ingozzamento facendo loro assumere pastoni in quantità massive. Tale trattamento provoca l ipertrofia del fegato per infiltrazioni di grasso che può raggiungere anche il peso di un chilogrammo. La carne e il fegato non sono l unico prodotto dell allevamento delle oche: sono molto quotate pure le loro piume e le pelli conciate. Il folto e soffice strato di piume che ricopre il corpo dell oca è molto ricercato per la confezione di piumoni copriletto, cuscini, giacconi, ecc. Per questo si praticano due spiumature sull animale vivo ed infine una sul corpo dell animale ucciso, ancora caldo. La spiumatura deve essere fatta in prossimità delle mute naturali, quando la penna è matura e togliendola non si provoca emorragia. Inoltre, non deve essere praticata sui soggetti da riproduzione perché altrimenti le femmine resterebbero infeconde e i maschi debilitati. ERPETOLOGIA La salamandra L animale che sfidò le fiamme A cura di Igor Kramarsich Uno degli animaletti tra i più ammirati che si possono incontrare nei nostri boschi è senz altro la salamandra che, con i suoi magnifici colori nero e giallo, attira subito l attenzione. Quel suo buffo camminare ondeggiante ci fa sorridere e allora perché non cercare di conoscerla meglio così da rendere più duraturo il ricordo. Coloro che la incontrano spesso sono i cercatori di funghi e di castagne che, soprattutto in autunno, dopo una giornata di pioggia, la possono scorgere tra le foglie umide. La salamandra appartiene alla classe degli anfibi caudati, della famiglia dei salamandridi, rappresentato prevalentemente nelle regioni temperate del pianeta. In Europa sono diffuse nella zona settentrionale del bacino del Mar Mediterraneo. Le salamandre sono di abitudini prevalentemente terricole e prediligono habitat umidi e boschivi. Caratteristiche fisiche A differenza delle rane e dei rospi, che hanno subito una notevole trasformazione nel corso dell evoluzione, le salamandre hanno conservato una struttura abbastanza simile a quella degli anfibi ancestrali, con corpo sottile, coda lunga e arti in genere ben sviluppati. Affini ai tritoni, che pure appartengono al sottordine salamandridi, i membri del ordine Salamandra se ne distinguono per la disposizione dei denti a S (nei tritoni è a V ) e per la forma della coda, che è approssimativamente cilindrica, e non compressa lateralmente. Per scoraggiare i numerosi predatori (serpenti, uccelli, mammiferi), le salamandre hanno sviluppato diversi adattamenti con funzione difensiva. Alcune di esse sono dotate di ghiandole cutanee che secernono sostanze nocive o sgradevoli; queste si accompagnano di frequente alle cosiddette colorazioni di avvertimento, che segnalano ai predatori il pericolo della presenza di sostanze tossiche. Inoltre, in caso di necessità (ad esempio quando vengono afferrate per l estremità posteriore), alcune salamandre possono perdere la coda e rigenerarla in seguito. Riproduzione e sviluppo Le salamandre presentano un particolare tipo di fecondazione interna: al termine di un complesso rituale di corteggiamento, il maschio depone a terra una spermatofora che la femmina raccoglie e inserisce nelle proprie vie genitali. Concluso il periodo di incubazione, la femmina depone in acqua le uova, che generalmente si schiudono subito, lasciando uscire le larve. Queste conducono una vita acquatica e sono piuttosto simili agli adulti, ma sono prive di arti e posseggono un ciuffo vistoso di branchie esterne, destinate a scomparire dopo la metamorfosi. In alcuni casi lo sviluppo si compie quasi completamente nel corpo materno, cosicché, al momento della deposizione, nascono giovani individui già molto simili agli adulti. Come tutti gli anfibi anche la Salamandra rischia di scomparire in molte zone a causa della progressiva antropizzazione. In molte aree è praticamente estinta a causa soprattutto dei pesticidi usati in agricoltura. Le salamandre, alle quali nell antichità si attribuiva la facoltà di poter passare indenni attraverso il fuoco, sono animali inoffensivi Specie rappresentative Nella nostra zona sono presenti due specie del genere Salamandra: la salamandra nera e la salamandra gialla. La prima, Salamandra atra, vive nei boschi e nei pascoli alpini fino a 3000 metri di altitudine; è una delle specie in cui la metamorfosi avviene all interno del corpo della madre: la femmina partorisce due piccoli, già muniti di polmoni per la respirazione aerea. La salamandra gialla (Salamandra salamandra) è una delle specie di dimensioni maggiori: gli esemplari europei raggiungono una lunghezza di circa venti centimetri. È caratterizzata da una colorazione nera a macchie gialle sul dorso, è piuttosto diffusa sulle colline e in generale ad alta quota.

animali 3 FELINI I leoni, le loro caratteristiche e abitudini Il re degli animali e la sua corte A cura di Sabrina Ružić Il leone (Panthera leo) è un carnivoro della famiglia dei Felidi. Dopo la tigre, è il più grande dei quattro grandi felini del genere Panthera. Il suo territorio, esteso in tempi storici a gran parte dell Eurasia e dell'africa, e in tempi preistorici anche all'america del Nord, è oggi ridotto quasi esclusivamente all'africa subsahariana; il continuo impoverimento del suo habitat naturale e la caccia di frodo ai suoi danni ne fanno una specie vulnerabile. Le caratteristiche Il leone è uno dei felidi più imponenti. Il maschio può pesare dai 180 ai 250 chilogrammi, mentre il peso delle femmine varia dai 120 ai 150 chilogrammi. La lunghezza del corpo varia da 170 a 250 centimetri nei maschi e da 140 a 175 centimetri nelle femmine; l altezza media al garrese è intorno ai 120 centimetri per i maschi e ai 100 centimetri per le femmine. La coda ha una lunghezza compresa fra 70 e 100 centimetri. Fatto unico per i Felidi, la coda termina con un ciuffo peloso che nasconde una punta ossea di circa 5centimetri di lunghezza, la cui funzione non è nota. Oltre alla differenza di stazza, il più evidente dimorfismo sessuale è rappresentato dalla folta criniera, di cui solo i maschi sono dotati. Il colore della pelliccia varia sui toni del giallo, rossiccio e ocra, più chiaro nelle parti inferiori del corpo. La criniera varia in colore dal biondo al marrone scuro; il ciuffo al termine della coda è invariabilmente nero. La criniera dei maschi è un tratto che i leoni hanno acquisito nelle fasi più recenti della loro evoluzione, e che aveva probabilmente la funzione originaria di protezione dal freddo. In seguito, la massa della criniera divenne un fattore di selezione sessuale, cosa che contribuì a farne aumentare il volume a scapito della funzionalità: leoni con criniere particolarmente grandi, infatti, hanno talvolta problemi di termoregolazione. In ogni caso, quale sia lo scopo della criniera del leone è ancora un argomento dibattuto; secondo alcuni potrebbe avere anche una funzione difensiva, a protezione della zona vulnerabile della gola. In passato si credette che differenze nella morfologia della criniera potessero essere usate come tratto discriminante nella definizione di sottospecie di Panthera leo, come il leone berbero, il leone del Capo o il leone abissino. In seguito, venne dimostrato che il colore e le dimensioni della criniera sono influenzate da numerosi fattori ambientali, come la temperatura. In particolare, le temperature fredde di alcuni zoo europei e nordamericani contribuiscono allo sviluppo di grandi criniere. A parità di condizioni ambientali, la morfologia della criniera è determinata da fattori genetici, dal livello di maturità sessuale e dalla produzione di testosterone. Hanno criniere di dimensioni ridotte, per esempio, i maschi castrati o quelli appartenenti a popolazioni in cui ci sono stati numerosi accoppiamenti fra consanguinei, con conseguente impoverimento genetico. L alimentazione I leoni, come si sa, sono carnivori; il fabbisogno giornaliero di carne si aggira sui 5 chilogrammi per le femmine adulte e i 7 chilogrammi per i maschi. Si nutrono principalmente di grandi mammiferi come antilopi, zebre, facoceri, gnu e bufali, ma all occorrenza non disdegnano prede di taglia più piccola come lepri e uccelli. I leoni sono comunque in grado di apprendere nuove tecniche di caccia e acquisire una prede. I leoni preferenza non istintiva per certi tipi di della zona del fiume Savuti (Botswana), ad esempio, sono specializzati nella caccia ai piccoli di elefante, e quelli che vivono presso il fiume Cuando (Botswana) si nutrono soprattutto di ippopotami. In genere, l attacco a prede di specie insolite è inizialmente giustificato dalla scarsa disponibilità di cibo, ma può in seguito consolidarsi come abitudine. In alcune occasioni, comportamenti acquisiti di questo tipo hanno trasformato i leoni in cacciatori di uomini. Il comportamento I leoni vivono generalmente in branchi stanziali, formati da femmine imparentate, dai loro cuccioli, e da un maschio adulto o da una cosiddetta coalizione di maschi adulti (fino a un massimo di 8 o 9 esemplari). I maschi che raggiungono la maturità vengono scacciati dal branco, e in genere vagano alla ricerca di un altro gruppo nel quale imporsi sconfiggendo il maschio o i maschi dominanti. Un maschio che non riesca a imporsi su un branco diventa solitamente nomade e vagabonda anche su grandi distanze, da solo o insieme ad altri maschi. Nei branchi, vi è una ripartizione dei ruoli molto più marcata che in altre specie. Se da un lato l attività della caccia è appannaggio quasi esclusivo delle femmine, i maschi hanno un ruolo ugualmente importante. A loro spetta l incarico di perlustrare il territorio, difendere le prede catturate e proteggere il branco, specialmente i cuccioli. Questo li espone costantemente a scontri diretti contro altri leoni, iene, leopardi e ghepardi, facendo dei leoni maschi dei combattenti perfetti, modellati dalla selezione naturale. I giovani maschi, con la criniera relativamente corta, sono discreti cacciatori, anche se non validi quanto le leonesse, mentre i maschi adulti partecipano occasionalmente a battute di caccia se la preda è un animale particolarmente vigoroso, come un bufalo o una giraffa. La riproduzione Questi Felidi non hanno una specifica stagione degli amori; piuttosto, le coppie hanno periodi di accoppiamento, in cui spesso le femmine si astengono dalla caccia per copulare dalle 20 alle 40 volte al giorno con i maschi della coalizione. La gestazione dura tra i 100 e i 120 giorni. Solitamente la femmina partorisce non più di 4 cuccioli per volta e non tutti necessariamente concepiti con lo stesso padre. Le femmine di un branco sincronizzano i loro cicli riproduttivi, in modo da cooperare nell allevamento e nell allattamento dei giovani, che si nutrono indiscriminatamente da qualunque femmina. I cuccioli sono svezzati dopo 6-7 mesi. In natura, a causa della feroce competizione per il cibo, l 80 p.c. dei cuccioli muore entro i 2 anni di vita. Distribuzione Oggi, la maggior parte dei leoni vive nelle riserve naturali dell Africa subsahariana. Una popolazione di poche centinaia di leoni asiatici sopravvive nella Parco nazionale del Sasan-Gir, nello stato dei Gujarat (India). Al fine di proteggere questa minuscola popolazione da epidemie e altri rischi ambientali, è in corso un programma di reintroduzione del leone asiatico anche nel Palpur-Kuno Wildlife Sanctuary, una riserva naturale nel vicino stato del Madhya Pradesh. Il numero complessivo dei leoni in natura viene oggi stimato tra i 16mila e 30mila esemplari. Questi numeri evidenziano un calo drammatico dagli anni 90, quando la popolazione di leoni veniva calcolata intorno ai 100mila esemplari. Le popolazioni rimanenti sono spesso isolate geograficamente dalle altre, cosa che aumenta ulteriormente le difficoltà di conservazione della specie.

4 5 I molossi sono una delle famiglie canine più antiche. Questi animali furono selezionati per servire l uomo in tutti quei compiti che richiedono forza e resistenza. Sono cani per lo più grossi, potenti, robusti, con un carattere deciso e con un forte attaccamento al padrone. I molossi, comprendono un grande ventaglio di razze, che si possono suddividere in almeno tre grandi tipologie. I cani da montagna sono utilizzati per la difesa del gregge, ma anche come cani da utilità (Pastore del Caucaso, Cane di Terranova, Cane di San Bernardo). I mastini sono cani da difesa e guardiani di proprietà (Mastino napoletano, Alano, Fila Brasileiro, Dogue de Bordeaux). Ci sono poi i molossoidi di piccola taglia, generalmente utilizzati come cani da compagnia (Carlino, Bouledogue). Secondo una teoria ancora da verificare tutti i molossi discendono da un antenato comune, identificabile con un grosso cane dell Asia centrale adibito alla difesa del gregge ai tempi della primitiva pastorizia. Gli esperti valutano che la razza che potrebbe aver conservato maggiormente le caratteristiche dell antenato comune, grazie al relativo isolamento, sia il Mastino del Tibet. L antico molossoide si deve essere evoluto adattandosi ai vari climi ed ambienti geografici nei quali si trovò ad operare, dando il via alla formazione delle molteplici razze locali. Un altra importante spinta evolutiva fu quella data da nuovi impieghi lavorativi: guardiani di proprietà, guardie del corpo, ausiliari nella caccia alla grossa selvaggina, cani da guerra, combattenti nelle arene, bovari ecc. Un antico mastino da guerra, di enormi dimensioni, è raffigurato in una tavoletta risalente all 850 a.c. ritrovata presso Ninive e conservata al British Museum. Celebri nel mondo antico furono i cani di una popolazione dell Epiro (i molossi appunto), famosi per la loro mole e la ferocia con cui difendevano il gregge e combattevano in battaglia a fianco dei loro padroni. Partendo da cani importati dall Epiro e dal Medio oriente, gli antichi romani selezionarono una loro razza di molosso, il Molosso romano, o Canis pugnax, adatto alla guardia delle masserie, al combattimento e usato anche come cane da guerra al seguito delle legioni. Il Canis pugnax è oggi estinto, ma la sua eredità sopravvive in molte razze di molossi moderni, di cui è progenitrice: quella che per forma fisica gli si avvicina di più è il Mastino napoletano (o forse la sua variante leggera, rappresentata dal Cane Corso). Diversi autori dell epoca imperiale (ricordiamo Gratius Falsicus nella sua opera intitolata Cinegetica ) testimoniano però di come i legionari furono impressionati dall incontro con i cani delle isole britanniche i Pugnaces Britanniae, i progenitori dell odierno Mastiff. Alcuni ritengono che tali molossi furono portati oltremanica cinque o sei secoli prima dell invasione romana dai mercanti fenici, che li avevano avuti dagli assiri, mentre secondo un altra ipotesi i mastini sarebbero giunti nell odierna Inghilterra assieme alle popolazioni celtiche, attorno al primo millennio a.c. Tuttavia, anche in questo caso i cani sarebbero stati reperiti grazie agli scambi commerciali con il Medio Oriente. Inizialmente impiegati come temibili ausiliari in battaglia, ma anche nella caccia alla grossa selvaggina, vennero poi portati sino a Roma a combattere nei circhi e apprezzati al punto da affidare a un apposito ufficiale (Procurator Cynegii) il compito di reperirli. Lo standard essenziale Dimensioni: i maschi raggiungono al garrese un altezza compresa tra i 65 e i 75 centimetri. Le femmine sono più piccole e la loro statura raramente supera i 68 centimetri, ad ogni modo quella minima non dovrebbe essere inferiore ai 60 centimetri. Il peso degli esemplari maschi oscilla tra i 60 e i 70 chilogrammi e dai 50 ai 60 chilogrammi nelle femmine. Testa e muso: la testa è molto larga con abbondanza di pliche e rughe. Deve avere una forma cubica e con gli assi longitudinali superiori paralleli a quelli del muso. Pelle: abbondante in tutte le parti del corpo, ma non in eccesso, tranne nella parte inferiore del collo dove forma una giogaia. Arti: sia i posteriori che gli anteriori devono essere in appiombo con ossatura robusta e sempre ben proporzionata. Muscolatura: ben sviluppata ed evidente. Proporzioni: la lunghezza del tronco deve essere del 10 p.c. superiore all altezza; la lunghezza totale della testa deve essere pari ai 3/10 dell altezza al garrese; il rapporto tra cranio e muso deve essere di 2 a 1. Pelo: di uguale lunghezza in tutto il corpo; sempre liscio. Colori ammessi: grigio piombo, nero, fulvo e mogano (molto raro). CINOFILIA Storia e gloria di un antica stirpe di animali che incute rispetto e ammirazione Gli eredi delle «guardie del corpo» dei legionari Lo «scugnizzo napoletano» Il Mastino napoletano, per molti versi sinonimo di Mastino italiano, è un cane di grossa taglia generato da tremila anni di selezione sia naturale sia dettata dall uomo. Secondo diverse fonti, il progenitore di questo mastino è un cane di origine tibetana che influenzò direttamente il fenotipo del mastino dei persiani, usato in battaglia dal re Poro contro l esercito di Alessandro il Grande. Fu proprio Alessandro il Grande che ammaliato dalla forza di questi cani li portò con se in Grecia, dove continuarono ad essere allevati anche dopo la sua morte in una regione dell Epiro denominata Molossia (da cui deriva il termine di Molosso usato dai Romani per descrivere questo cane). L imperatore romano Paolo Emilio, al suo ritorno trionfale in Roma dopo una campagna militare condotta in Grecia portò un centinaio di questi cani come bottino di guerra. Sulla base della testimonianza di Quinto Aurelio Simmaco, i Romani impiegarono ampiamente questo cane per i loro giochi di combattimento al Colosseo (giochi circensi). All epoca di Caio Giulio Cesare, lo stipite di origine greca fu verosimilmente incrociato con molossoidi incontrati durante la campagna militare in Britannia (l'attuale Gran Bretagna) probabilmente arrivati lì per opera dei fenici. Lo stato di questa razza ancestrale in seguito al declino dell impero romano è meno chiaro, tuttavia il cane sopravvisse fortunosamente all epoca medievale come testimoniato da diversi autori di quel periodo, che lo citarono nei propri scritti. Durante il Medio evo i cani molossi furono adibiti alla guardia di fortezze e per la caccia al cinghiale. Un passaggio cruciale per la selezione dell attuale fenotipo del Mastino napoletano venne sicuramente dal contributo del Perro de presa spagnolo il quale, se non altro, rinsanguò il molosso autoctono all epoca della dominazione spagnola nel meridione d Italia (Regno delle due Sicilie) attorno alla metà del quindicesimo secolo. Questo cane divenne allora in voga tra i regnanti così come per i loro sottoposti nella regione dominata dagli Aragona prima e dai Borboni poi. Nei secoli successivi la dominazione spagnola in Italia, la razza sopravvisse nelle campagne attorno a Napoli grazie alla devozione di individui invaghiti dalla forza, dal carattere e dalla lealtà di questo cane. Il soprannome attribuito a tali individui ( i mastinari ) è tutt oggi utilizzato dagli allevatori nel sud d'italia. Tuttavia, il contributo di tali persone sarebbe rimasto nell ombra senza l iniziativa di un altro appassionato: lo scrittore ticinese Piero Scanziani. Questi, dopo la Seconda guerra mondiale collezionò alcuni soggetti dalle campagne del napoletano e li allevò presso lo Zoo di Roma. Il Molosso nella letteratura La apparenza impressionante di questo cane, unitamente al suo naturale istinto guardiano, hanno sempre attratto l interesse di artisti di ogni tipo, sin dalla sua prima apparizione circa quattromila anni or sono (allorché la prima icona fedelmente rappresentante questo cane fu prodotta). La sua presenza nella letteratura, a parte la testimonianza scritta di Plinio il Vecchio, si ritrova nei lavori di Aristotele, Lucrezio, Orazio, Ovidio, Virgilio e Columella. Anche Boccaccio cita i mastini nel suo capolavoro il Decamerone. Quasi mezzo secolo fa, anche Gabriele D Annunzio e Pirandello ne fecero menzione nei rispettivi lavori. La più recente e vivida citazione del molosso nella letteratura è dovuta allo scrittore latino-americano Daniel Chavarria, il quale, nella sua novella El Ojo Dindimenio (tradotto in italiano col titolo L occhio di Cibele ), ambientata nella magnifica Atene di Pericle, fornisce una splendida descrizione di questo cane. Nel primo capitolo (dal titolo I Molossi ) Chavarria così recita: uno schiavo giovane valeva 200 dracne mentre un molosso ben addestrato ne valeva 500. Poi chiarisce che..ben addestrato era il molosso che addentasse lo schiavo fuggitivo alle natiche e che..lo concedesse vivo e senza fratture ossee. Con un singolo morso essi potevano mozzare il polso di un uomo. Essi erano più grandi e molto più massicci dei lupi ; inoltre i lupi, che vivevano nello stesso territorio in branco, rifuggivano sempre un molosso solitario. Il Mastino dei Pirenei Come tutti i molossi, pure il Mastino dei Pirenei (Mastìn del Perineo - Matin des Pyrénées) discende da cani asiatici giunti in Europa diversi secoli fa. Per la precisione, deriva dai molossi provenienti dalla zona sudoccidentale del continente europeo. Lo standard di razza fu approvato appena nel 1946. Prima di allora la razza era stata completamente ignorata dalla cinofilia ufficiale. Tuttavia, questo cane, la cui paternità è attribuita alla Spagna, era impiegato da secoli per difendere le greggi dagli attacchi di predatori quali potevano essere i branchi di lupi e persino dagli orsi. Attualmente la razza è soggetta ad una cosiddetta fase di ricostruzione e non è ancora molto diffusa nel circuito delle esposizioni. Una misura adottata dai principali allevatori spagnoli, intenzionati ad attendere una produzione media più omogenea. Alcuni dei soggetti più rappresentativi di questa razza fanno parte di allevamenti italiani. Si tratta di un cane di grande taglia, brachicefalo e mesomorfo. È ben proporzionato, possente e muscoloso. Nonostante la mole, non deve essere pesante né flaccido. Oggi è considerato un ottimo custode della casa, mentre in passato gli si attribuivano eccellenti doti di guardiano delle greggi. Questo grande cane non è aggressivo, ma può diventare davvero temibile se decide di attaccare nell intento di difendere il proprio territorio o il padrone. Pare consapevole della propria forza. Con i bambini è molto dolce e tollerante, anche se può creare loro, senza volerlo, problemi a causa della propria mole ingombrante. È molto robusto in età adulta, ma deve essere seguito attentamente durante la crescita. Fino a quando non compie un anno d età, non deve essere sottoposto a sforzi eccessivi. Come la maggior parte dei cani di grandi dimensioni, non è molto longevo. La sua collocazione ideale è il giardino. Necessita di periodici contatti con il proprio padrone. Lo standard minimo L altezza (al garrese) minima richiesta agli esemplari maschi ammonta a 77 centimetri. Per le femmine la soglia minima d altezza è fissata a 72 centimetri. Non esiste un limite massimo. È auspicabile che i soggetti di questa razza siano quanto più grandi. Il peso varia secondo le dimensioni e oscilla tra i 45 e i 70 chilogrammi. Il tronco è assai robusto e molto muscoloso. Il pelo è folto e abbastanza lungo (la media ideale va dai sei ai nove centimetri); più lungo sulle spalle, sul collo e sotto il ventre. Deve essere ruvido ma non lanoso. Il mantello è di colore bianco, con maschera ben definita. Eventualmente possono manifestarsi sul corpo macchie dello stesso colore della maschera, di forma irregolare ma nitide. I colori preferiti per la maschera e le macchie sono: grigio medio, fulvo dorato intenso, bruno, nero, grigio argento. La punta della coda e l estremità degli arti sono obbligatoriamente bianche.

6 animali RACCONTI Il noce misterioso Beh, devo dire che il noce che cresceva accanto alla nostra casa era un albero degno di rispetto: chi l avesse piantato non si sapeva, nostro padre affermava che quando il nonno un secolo prima aveva costruito la casa, il noce c era già bello grosso e poi, crescendo ancora altissimo, con la sua chioma verde aveva coperto quasi l intero tetto. Era così possente che per abbracciarlo nei nostri giochi, noi ragazzini dovevamo metterci in due, anzi in tre. E devo dire che aveva anche un altra particolarità: a metà tronco un suo poderoso ramo era stato tagliato perché nelle giornate di bora non sbattesse sui muri e non scompigliasse le tegole. Ed era così accaduto che, pian piano, al posto di quel ramo, s era allargato un buco largo dovuto certamente al marcire del legno rinsecchito. Noi ragazzi pensavamo che quella fosse la tana di qualche velenosissimo serpente o il nido di un uccellaccio rapace e ci tenevamo rispettosamente alla larga. Quell anno nostro padre, soffregandosi le mani, calcolò che di noci ne avrebbe ricavato un sacco e più, tante ce n erano tra le foglie. Quando coi primi freddi i gusci s erano aperti e qualche frutto era caduto, presa una lunga pertica s era dato da fare per sbatterli giù ma con pochi risultati: mezzo sacco appena appena. Si consolò pensando che con la prima bora di noci ne sarebbero cadute molte altre. Aspettammo dunque la bora e la bora venne ma non ci fu nessun tappeto di quei frutti legnosi sotto il grande albero. Certo, qualcuno ce ne fu, li sentimmo schioccare sulle tegole del tetto, ma fu comunque una vera delusione. E nostro padre, piuttosto arrabbiato, non si poteva capacitare, gli pareva impossibile che tanti frutti fossero spariti nel nulla, in quanto si trattava davvero di una sparizione: a guardar bene, tra le foglie ormai ingiallite, si potevano vedere i gusci aperti ma vuoti, tutti irrimediabilmente vuoti. Poi ci fu il fattaccio: la temperatura ebbe un abbassamento improvviso e la bora arrivò di nuovo dai lontani monti coperti di neve e questa volta fu davvero violentissima. Dal letto la sentivamo come ululava nel buio della notte squassando il grande vecchio noce che gemeva poveretto, con tutti i suoi rami. Poi, terribile, uno schianto, un tonfo, uno sfasciarsi assordante ci svegliò d improvviso. Sentimmo il babbo brontolare, spalancare la finestra della sua camera, correre mezzo nudo fuori inseguito dai rimproveri di nostra madre. La bora aveva spaccato l albero, il vecchio tronco non aveva resistito alle folate, un enorme ramo era caduto, fortunatamente senza danneggiare il tetto della nostra casa. E fu per questo disastro che il giorno dopo scoprimmo il mistero della sparizione delle tante noci. Infatti quando quel mattino ci alzammo, naturalmente più presto del solito, in fretta e furia ci vestimmo e andammo ad aiutare nostro padre a ripulire il cortile da quella caterva di rami e rametti, devo dire che rimanemmo piuttosto tristi davanti a quello spettacolo insolito: il tronco monco aveva in un attimo cambiato tutto il panorama attorno. Tutto pareva più vuoto. Però quando mi avvicinai per osservare meglio lo spacco, mi accorsi che la luce del primo sole entrava ad illuminare il misterioso buco. E fu allora che vidi una pallottolina di pelo rossiccio rintanata sul fondo. Mi ritrassi intimorito e cominciai a gridare: accorsero tutti i fratelli, la mamma, il babbo che subito depose la mannaia lustra con la quale stava abbattendo i rami, allungò una mano e tirò fuori un cosino graziosissimo, buffo e piuttosto arrabbiato perché si divincolava come un ossesso tentando anche di mordere le dita di nostro padre con certi suoi dentacci davvero prominenti: uno scoiattolo! E sotto, cosa c era sotto in quella sua tana? Le noci! Noci e noci! Il vecchio tronco era cavo e lo scoiattolo l aveva scelto a magazzino per la sua provvista invernale. Come andò a finire? All inizio tenemmo la bestiola in una gabbietta ma era sempre appallottolato e così triste che alla fine decidemmo di lasciarlo andare. E nostro padre, forse per premiare il suo lavoro di raccolta, lasciò aperto un buco nel fienile e ogni giorno ci mise accanto qualche noce, una crosta di pane o una castagna. Così lo scoiattolo rimase nostro ospite fino alla primavera. Il vecchio noce invece, poveraccio, venne abbattuto. Ormai il suo tronco vuoto e mutilato non avrebbe più potuto affrontare i refoli della bora e sarebbe stato una continua minaccia per la nostra casa. Al suo posto nostro padre ne piantò un altro, ma fu poca cosa e ci fece rimpiangere quel nostro vecchio e caro amico sotto il quale avevamo tanto giocato. Mario Schiavato MOSTRE La personale di Vladimir Pfeifer «Ars naturae monumenta croatica fauna & flora» di Krsto Babić ABBAZIA Vladimir Pfeifer è un grande amante della natura, della quale possiede una vasta conoscenza. Un sapere che Pfeifer ha accumulato nel corso di quasi quattro decenni trascorsi ad osservare l ambiente, immortalando con la propria macchina fotografica gli istanti più suggestivi ai quali gli è capitato di assistere. Nel corso degli anni questo arzillo giovanotto settantenne ha creato un archivio fotografico impressionante, un vero e proprio scrigno di tesori nascosti, a testimonianza del patrimonio floreale, faunistico e paesaggistico della Croazia. Il grande pubblico ha avuto l opportunità di conoscere il lavoro del noto fotografo ambientalista grazie a un ciclo di 76 mostre organizzate nel corso degli anni e intitolato Ars naturae monumenta croatica fauna & flora. L ultima mostra in ordine di tempo (si è conclusa il 15 marzo scorso) è stata allestita al Padiglione artistico Juraj Šporer di Abbazia, in collaborazione con il Museo croato di storia naturale e il Museo croato del turismo. Vladimir Pfeifer appartiene a quella schiera di persone che non si accontentano di stare a contatto con la natura incontaminata per scoprirne i segreti. Lui gode soprattutto quando è messo nelle condizioni di poter trasmettere agli altri le sue sensazioni e in particolare il rispetto per l ambiente. Pfeifer, che è un maestro d armi, ma anche un fotografo provetto si è dedicato nel corso degli anni a immortalare gli animali selvatici, un operazione tutt altro che semplice. Un lavoro che richiede molta pazienza, riflessi pronti e anche un po di fortuna. Quando però questi fattori si combinano si riescono ad ottenere risultati che sono qualcosa di eccezionale. Molto spesso Pfeifer è costretto ad appartarsi nella foresta per lunghi periodi, rimanendo immobile per ore prima di riuscire a scattare anche una sola ripresa. La sua tenacia è stata però ripagata. Pfeifer è l autore di fotografie che oseremmo definire da antologia. Chi ha avuto la possibilità di ammirare i lavori di Pfeifer potrà testimoniarvi che sono talmente espressivi da non avere bisogno di essere accompagnati da nessun tipo di commento scritto. Osservando le gigantografie esposte ad Abbazia sembrava quasi che gli scatti fossero stati fatti in Africa e non in Europa, un ulteriore prova dell immenso patrimonio naturale esistente in Croazia. Una ricchezza della quale troppo spesso non siamo neppure coscienti. In pochi sanno che le specie animali e vegetali catalogate nella sola area del Parco nazionale del Velebit sono più numerose di tutte quelle esistenti ad esempio sull intero territorio della Gran Bretagna. Le iniziative volte a sensibilizzare l opinione pubblica in merito alle risorse e alle possibilità che ci vengono offerte dalla natura che ci circonda sono ancora troppo poche e il più delle volte passano inosservate. Ciò è spesso dovuto al luogo comune, che per ottenere grandi risultati sia necessario investire somme ingenti. In realtà ciò non è affatto vero, il più delle volte per aiutare la natura è sufficiente compiere gesta molto semplici che non richiedono né particolari sforzi né tanto meno eccessivi investimenti di denaro. La mostra di Pfeifer ne è la prova. Inoltre, questa meravigliosa esposizione ha il merito di averci impartito un ulteriore lezione: per salvare la natura non bisogna nasconderla, bensì esporla a tutti, in modo che chiunque se ne possa innamorare.

animali 7 SCIENZA Quando la ricerca non è fonte di progresso L inutilità della vivisezione La sperimentazione animale - sinonimo di vivisezione - trasferisce all uomo i risultati ottenuti sugli animali a scopo di ricerca. Permette l immissione sul mercato di nuovi farmaci e di prodotto cosmetici molto lucrosi per chi li produce. Non tutti sanno, però, che in poco più di un decennio, nella sola Italia sono stati ritirati per inidoneità o perché pericolosi oltre 25mila prodotti farmaceutici la cui validità era stata garantita dalla sperimentazione animale, una prassi crudele, inutile e dannosa. In molti casi gli esperimenti sugli animali possono fuorviare i ricercatori o addirittura rischiano di essere la causa dell insorgere di malattie o dei decessi di pazienti, non essendo idonei a far prevedere gli effetti tossici che i farmaci possono avere sull uomo. Non di rado è accaduto che la vivisezione rallentasse i progressi in campo medico. L insulina provoca malformazioni in galline, topi e conigli. Il vaiolo e la febbre gialla sono normalmente sconosciute tra gli animali. Una dose di fosfati organici sufficiente a uccidere un uomo è innocua per i piccoli topi, analogamente il porcospino può ingoiare, in un solo colpo, tanto oppio quanto un drogato ne può fumare in un mese o tanto acido prussico quanto ne basterebbe per avvelenare un intero reggimento. L arsenico non è velenoso per la pecora e la cicuta non lo è per i cavalli, capre e topi. L aspirina è teratogena per gatti e topi, ma non per l uomo. La Nomifensina, un antidepressivo con tossicità minima nei ratti, nei conigli, nei cani e nelle scimmie, ha provocato negli esseri umani tossicosi epatica e anemia, effetti rari ma gravi, talvolta fatali, che hanno costretto il produttore a ritirare il farmaco dal commercio. Per valutare bisogna conoscere, anche se la realtà si rivela assurda e mostruosa. Al mondo ci sono molti, troppi, scienziati che sfruttano l impossibilità di difendersi degli animali per ottenere ingenti e sprecati finanziamenti, per realizzare fumose pubblicazioni e talvolta per sfogare impunemente il proprio sadismo represso. Ogni anno nel mondo milioni di animali soffrono e muoiono nei laboratori di ricerca per sperimentare farmaci e cosmetici. Molti dei prodotti che la maggior parte di noi usa ogni giorno sono nati da violenza e sofferenze. Le sostanze testate vengono iniettate negli occhi dei conigli, spalmati sulla carne viva del dorso delle cavie, ficcati a forza nella gola dei ratti e somministrati a cani e gatti. Le conseguenze sono ulcerazioni, vomito, emorragie e, da ultimo, la morte liberatrice. Questi test non sono scientificamente validi e la maggior parte dei cosmetici provati sugli animali è nociva all uomo. Molte industrie cosmetiche hanno rifiutato questo genere di test inattendibili e crudeli, sostituendoli con sperimentazioni più rigorose, che vengono svolte ricorrendo a colture cellulari o ad altri modelli sperimentati in vitro. Attenzione però: molti produttori giocano sull ambiguità, dichiarando di non sperimentare i propri prodotti cosmetici sugli animali, ma non dicono né dove né come vengono testati e tanto meno specificano l origine delle materie prime da loro utilizzate. È importante usare articoli di ditte che forniscano cosmetici non sperimentati sugli animali e che diano al contempo garanzie in termini di qualità e sicurezza. Esistono ormai diversi prodotti non sperimentati sugli animali. L invito rivolto a tutti e non solo al pubblico femminile, è pertanto quello di prestare la massima attenzione proprio nel momento della scelta e preferendo quei prodotti (sia cosmetici che detergenti) che riportano sull etichetta la dicitura Non sperimentato su animali. Se la scritta in questione non è indicata sull etichetta, con ogni probabilità il prodotto è stato sperimentato sugli animali. È bene, inoltre, fare attenzione agli ingredienti di creme e shampoo: evitiamo i prodotti che contengono collagene, placenta, cheratina, midollo di bue, zibetto, timo bovino, spermaceti (dalla balena), ambra, reticolina, e le perle da bagno, che contengono ingredienti ottenuti dall uccisione di animali. (nv) Contribuiamo a salvaguardare l ambiente La Croazia è l «Eldorado» della natura La Croazia è uno dei Paesi europei che meglio è stato in grado di tutelare la propria biodiversità. Grazie alla varietà di ambienti presenti sul suo territorio (foreste, aree carsiche, paludi, zone fluviali ) la Croazia è stata scelta come zona di nidificazione e di riproduzione di numerosissime specie animali. In Croazia si possono ancora ammirare specie animali ormai scomparse nella maggior parte del Vecchio continente. Paradossalmente l infelice situazione economica, più correttamente l assenza di grandi poli industriali ha agevolato la salvaguardia della natura, che tuttavia, soprattutto negli ultimi anni sta venendo messa a dura prova specialmente dall urbanizzazione selvaggia e dall agricoltura intensiva. Per aiutare a salvaguardare uno dei nostri patrimoni più importanti basta adottare delle semplici, ma allo stesso tempo, fondamentali regole. Ad esempio evitate di portare a casa animali trovati in natura. Se credete che l animale sia in difficoltà, perché ammalato o ferito premuratevi di avvisare le guardie forestali, oppure l ambulatorio veterinario più vicino. Non prendete iniziative per conto vostro. In tale modo rischiate di mettere a repentaglio sia la vostra sicurezza sia la sopravvivenza dell animale che desiderate aiutare. Ricordatevi che sottraendo gli animali selvatici al loro habitat rischiate di compromettere gli equilibri naturali. Diminuite le possibilità di sopravvivenza della specie e quasi certamente condannate l animale soccorso a una vita in cattività. I metodi per aiutare gli animali e la natura in generale esistono e sono tanti. Spesso si tratta di accorgimenti molto banali. Quando visitate i boschi non vi allontanate dai sentieri predisposti per le escursioni e non gettate la spazzatura. Evitate di avvicinarvi ad animali scorti allo stato brado, potrebbero ferirvi. Se vi capita di imbattervi nel cucciolo di un animale selvatico lasciatelo stare, allontanatevi il più velocemente possibile e ricordatevi che anche se è rimasto orfano gli rimangono ottime possibilità di rimanere vivo. Un discorso analogo vale per la detenzione in casa di animali esotici. Se proprio non potete fare a meno della compagnia di rettili, anfibi o uccelli d importazione perlomeno abbiate il buonsenso di acquistarli da negozianti seri e affidabili. Tenete presente che acquistando l animale da persone sconosciute rischiate di mettervi in seri guai con la legge. L animale acquistato, infatti, potrebbe appartenere a specie protette o in via d estinzione la cui detenzione è severamente proibita dalla legge croata e dalle norme internazionali. Per scoprire quali sono le specie protette potete consultare il sito Internet del Ministero della cultura (www.min-kulture.hr) cliccando sul link della Direzione per la tutela della natura. Gli animali esotici possono inoltre essere fonte di numerose malattie, ad esempio la malaria o addirittura la peste. Nah Valić

8 animali CONCORSO In Più Animali ti premia Scatta una fotografia, scrivi una poesia, fai un disegno (su foglio A4) o dedica un racconto ad un animale, vero o immaginario, al quale sei particolarmente legato e invialo in busta chiusa a La Voce del Popolo In più Animali (Via Re Zvonimir 20a Fiume (Rijeka) 51000 Croazia). Nella busta inserisci un biglietto con su scritti il tuo nome, recapito telefonico, indirizzo ed età. Ogni mese saranno pubblicati i lavori più belli. Tra le opere pubblicate ne sarà scelta una, al cui autore andrà in premio un libro della casa editrice EDIT di Fiume. I testi, che non devono superare le 3.600 battute (spazi compresi), le foto e i disegni, se in formato digitale, possono essere inviati anche all indirizzo di posta elettronica inpiuanimali@edit.hr (le foto scattate con il cellulare non sono idonee alla pubblicazione). I testi, i disegni e le foto non saranno restituiti. Lili e Nora AGENDA Associazioni Snoopy - Pola: Gsm: 0989230461 e-mail: roberta.miletic@otpbanka.hr Canile di Pola Telelefono: 052/541100 Gsm: 098855066 Società per la potezione degli animali di Fiume GSM: 098649939 Web: www.azil.org Lunjo i Maza - Laurana Gsm: 0917638892 Associazione per il benessere e la tutela dei gatti Mijau Gsm: 0915435819 Associazione amici degli animali Capica - Fiume Tel/fax: 051262968 e 051227266 Gsm: 098264892 Gruppi cinofili Società cinofila OPATIJA Casella postale 12, 51410 Abbazia Tel: 051250555 Società cinofila RIJEKA Via dei combattenti di Valscurigne 2a, 51000 Fiume Tel: 051216030 Gsm: 0915634460 E-mail: marin.paravic@inet.hr Club di cinofilia sportiva RIJEKA Via Kumičić 38, 51000 Fiume Tel: 051421457 Gsm: 0911208975 E-mail: stonedale@set.hr Associazione cinofila BUZET Piazza Fontana 7, 52420 Pinguente Tel: 052 773 654 Gsm: 098 207 689 E-mail: silvija.medica@pu.t-com.hr Associazione cinofila LABIN Vines, Casa di cultura s.n., 52220 Albona Gsm: 098610801 E-mail: dalibor.kvaternik@inet.hr Società cinofila POREČ Via Mauro Gioseffi s.n., 52440 Parenzo Tel: 052431530 Società cinofila PULA Via Marulić 4/I, 52100 Pola Tel: 052535041 Società cinofila ROVINJ Via della 43.esima divisione istriana 34, 52210 Rovigno Tel: 052829041 Gsm: 0915682781 E-mail: sandro.rudan@jadran.tdr.hr Club ISTARSKI GONIČ Via Albona s.n., 52470 Umago Tel: 052756006, 052742101 e 052742019 Società cinofila PAZIN 52000 Pisino Tel: 052624361 Gsm: 0916247210 Società cinofila ISTARSKI GONIČ Via dell Istria 36, 52460 Buie Tel: 052742884 Gsm: 0912528165 Appuntamenti CAC ĐAKOVO Svolgimento: 27 aprile 2008 Per informazioni rivolgersi ai seguenti recapiti: Telefono: +385 01 48 46 124 Fax: +385 01 48 15 356 CACIB ZARA Svolgimento: 3 e 4 maggio 2008 Le iscrizioni sono aperte fino al 4 aprile 2008 Per informazioni rivolgersi ai seguenti recapiti: Telefono. +385 01 48 46 124 Fax: +385 01 48 15 356 Programmi televisivi Sabato ore 10.30 TVC2: Beniamini domestici Da lunedì al venerdì ore 17.50 Raitre: Geo&Geo Lili e Nora sono due cagnoline, piccole e biricchine. A loro piace giocare, e sull erba saltare. Vivono insieme e si vogliono bene. LA FOTO DEL MESE Il «cane» di mare Laura Burolo AVVISO È tempo di vaccinazioni Rabbia silvestre Sta per concludersi la campagna di vaccinazione antirabbica in corso in Croazia. Entro il 31 marzo tutti i proprietari di cani con più di tre mesi di vita devono sottoporre i propri animali all antirabbica. Ai cani che si vaccinano per la prima volta dovrà essere applicato un chip sottocutaneo d identificazione. La protesi in questione è obbligatoria per tutti gli animali nati dopo il primo ottobre del 2007. Il vaccino può essere somministrato esclusivamente dai veterinari. Fino alla fine del mese il prezzo dell intervento ammonterà a 118 kune. Nel prezzo della vaccinazione è compreso anche il trattamento antiparassitario in pastiglie. Dal VIVARO Gli animalisti si schierano contro il Comune di Vivaro (Pordenone). Deplorazione è stata espressa in una nota diffusa il 5 marzo scorso dall Ente nazionale per la protezione degli animali (Enpa), in seguito alla richiesta del Comune di Vivaro di poter abbattere i cani randagi custoditi da più di un anno nei canili, senza che siano stati adottati. La proposta - precisa la nota - arriva dal gruppo consiliare di minoranza, che ritiene eccessiva la spesa di diecimila euro all anno per il mantenimento del canile. La Protezione animali aggiunge di essere pronta a mobilitarsi e a dar battaglia in tutte le sedi opportune. È dal 1991 - afferma Carla Rocchi, presidente dell Enpa - che in Italia è proibito sopprimere i cani. Chiedere l uccisione di animali d affezione solo per risparmiare qualche euro è assolutamente disdicevole, oltre che un provvedimento barbaro è anche palesemente illegale. Non vedo, infatti, come la Regione possa pensare di violare la legge italiana e le direttive europee emanate a tutela degli animali. Nella notte tra il 5 e il 6 marzo scorsi, gli attivisti dell associazione 100% animalisti hanno tappezzato il municipio di Vivaro con manifesti di protesta. Ironicamente, è stata anche modificata la toponomastica, trasformando Vivaro in Mortaro, mentre il capogruppo di maggioranza, Walter D Agnolo, primo firmatario 1.mo aprile il prezzo della profilassi antirabbica aumenterà a 130 kune. La spesa per l applicazione del chip sottocutaneo è di 162 kune. I trasgressori possono essere sanzionati con una multa il cui importo varia dalle 1.000 alle 3.000 kune. Sebbene la misura non sia obbligatoria, le autorità invitano a vaccinare anche i gatti. CRONACA I friulani in soccorso dei randagi della proposta di modifica della legge regionale, è stato definito il Pol Pot del Tagliamento. Indagini sull accaduto sono condotte dai carabinieri di Maniago. Il sindaco di Vivaro, Ezio Casaratto, unico ad essersi astenuto sul documento consiliare, ha definito il medesimo una semplice provocazione. ABBAZIA Solitamente per indicare un marittimo esperto si usa il termine lupo di mare. La scorsa settimana, ad Abbazia abbiamo avuto modo di scoprire che anche i cani possono vantare un invidiabile confidenza con l arte della navigazione. (kb) Anno II/ n. 3 19 marzo 2008 LA VOCE DEL POPOLO - Caporedattore responsabile: Errol Superina IN PIÙ Supplementi a cura di Errol Superina Progetto editoriale di Silvio Forza / Art director: Daria Vlahov Horvat edizione: ANIMALI / e-mail: inpiuanimaliedit.hr Redattore esecutivo: Krsto Babić / Impaginazione: Denis Host-Silvani Collaboratori: Igor Kramarsich, Valentino Pizzulin, Sabrina Ružić, Mario Schiavato e Nah Valić / Foto d archivio La pubblicazione del presente supplemento viene supportata dall Unione Italiana grazie alle risorse stanziate dal Governo italiano con la Legge 193/04, in esecuzione al Contratto N 83 del 14 gennaio 2008, Convezione MAE-UI N 2724 del 24 novembre 2004