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GIORGIO TANI (2008) INTERVISTA AD ANTONIO MANTA Chi è Antonio Manta? Ormai conosciutissimo, è un ottimo fotografo di reportage che, da qualche anno, assieme alla compagna Linda, ha aperto un laboratorio professionale di stampa digitale ink jet, fine art. Anche nel suo caso ritengo che l esperienza di fotografo sia importantissima per interpretare appieno il rapporto di correlazione che c è tra lo scatto inteso come file e la stampa finale. L altro rapporto essenziale è la conoscenza dell autore e l interpretazione della sua personalità fotografica. Qui è la chiave del suo successo. Antonio Manta è diventato uno degli stampatori più importanti d Italia. Ci piacerebbe sapere come hai cominciato ad entrare in questa professione. Ci sono entrato nel 2002, dopo avere deciso di cambiare lavoro. Anche se era più di venti anni che io stampavo in camera oscura, ho sentito la necessità di rinnovarmi e trovare nuove soluzioni per la stampa. Insieme alla mia compagna Linda abbiamo fatto, all inizio, molta ricerca sulla stampa digitale a getto d inchiosstro. Quali difficoltà hai dovuto superare? Capire come funzionavano i materiali, se si potevano rapportare alla camera oscura. Volevo dei risultati pari alla camera oscura e quindi ho cercato i materiali migliori, carta e tipi di inchiostri. Una grossa difficoltà è stata la diffidenza da parte di tutti verso questa nuova tecnologia. Però i miei migliori clienti tradizionali sono ora ugualmente i migliori clienti nella stampa digitale. Le due tecniche di stampa non devono essere paragonate, sono diverse con gli stessi risultati ottimi. Uno dei problemi della stampa digitale era la durata nel tempo. E stato superato? All inizio, si è vero, c erano molti dubbi. Le mie stampe comunque sono stata fatte con una tecnologia in ink jet ai pigmenti di carbone. Questo nel bianconero. Chimicamente sono eterni nel tempo. Poi ho scelto la via un po più difficile e più costosa come sperimentazione: usare tutte carte cotone che permettono una lunga durata nel tempo. Abbiamo manoscritti del 1400 fatti su carta cotone. Per i pigmenti colore c è stata una grande evoluzione da parte della produzione industriale e garantiscono una buona durata. Sempre superiore a quella analogica perché se ricordiamo bene quelle stampe duravano dai cinque ai dieci anni. Tutto quello che è esposto alla luce decade nel tempo. Le case produttrici, Epson, Hp, ecc. dichiarano durate oltre gli 80 anni. Antonio, quali sono i tuoi successi maggiori nel metodo di stampa che hai sperimentato e portato avanti?

Insieme a Linda abbiamo fatto tantissimi test. Il più grosso successo è riuscire ad accontentare i tanti fotoamatori che passano dal mio laboratorio e con loro riuscire a vedere il lavoro da fare e costruirlo in modo che il risultato sia apprezzato da tutti. Un successo per me è stato poter stampare per grossi autori quali Nino Migliori, aver stampato la mostra di Roiter e di Cei per il Congresso FIAF di Chiavari 2008. Stampare per te, per Giorgio Tani, che quando ero ragazzino eri un mito della fotografia. Hum. Hum. (timida tosse di incredula soddisfazione). Va be! Giorgio Tani, Pepi Merisio, erano tutti nomi per noi inarrivabili. Il successo maggiore è dare ciò che il fotoamatore o il professionista, io non faccio distinzioni perché l uno e l altro sono fotografi, però riuscire ad accontentarli è il nostro successo in assoluto. La conferma viene da tantissimi concorsi vinti con foto stampate da noi, forse grazie anche alle nostre stampe. Giuliana Traverso dice che il 50% di una foto lo fa lo stampatore, come lo dice anche Nino Migliori. Abbiamo avuto riconoscimenti come migliore stampa nel professionale a Orvieto Fotografia, grandi mostre nazionali e internazionali e in ultimo essere chiamato come stampatore del Circuito Off ad Arles per le gallerie francesi. Anche in Francia, dove la fotografia è molto molto considerata, il nostro lavoro è stato apprezzato. Ora sono curioso, conoscendo le esigenze di noi fotoamatori di sapere come si svolge il rapporto personale tra te i tuoi clienti. Ovvero con il cliente evoluto che ti chiede delle stampe particolari perché ha esigenze particolari. L impostazione del nostro lavoro è molto diversa da quella di tanti altri laboratori. Siamo un piccolissimo laboratorio dove il fotografo rimane a contatto con noi stampatori perché e necessario capire di cosa ha bisogno. Il fotografo viene qui ci mostra il lavoro, molte volte ci chiede consiglio su come è impostato, se è da stampare. Noi vedendo le fotografie, conoscendo la persona, consigliamo il tipo di stampa idoneo. Noi abbiamo sperimentato e usiamo carte di altissimo livello, però ogni carta ha la sua particolarità, quindi secondo il tipo di esposizione che deve fare e secondo l ambiente dove espone andiamo anche a fare sopralluoghi, noi consigliamo ai nostri clienti e amici il tipo di stampa. Chiedo agli autori di portare tutto il materiale anche quello che loro non ritengono idoneo, perché molte volte quello che noi riusciamo a vedere, non nello scatto, non abbiamo questa presunzione, ma nelle potenzialità di stampa è diverso E accaduto che dagli scarti di una serie di scatti abbiamo tirato fuori una delle più belle mostre. C erano problemi di sotto esposizione, di alte luci bucate. Con un po di lavoro abbiamo tirato fuori una mostra incredibile. Questo è il nostro modo di lavorare. Confrontarsi con l autore, fare una serie di provinature e vedere se tutto è al meglio.. E un lavoro lungo e per questo abbiamo un bacino di clienti da accontentare, esigente ma limitato. Non stampiamo a distanza se non conosciamo il fotografo, se non abbiamo contatti con lui, altrimenti non potremmo dare nella stampa l impronta personale del fotografo. Molti stanno due o ter giorni presso il nostro laboratorio proprio per fare le provinature insieme e capire ciò che lui voleva esprimere. Ho bisogno che l artista mi trasmetta le sue sensazioni. Questo è importante perché riporta l originalità del pensiero dell autore anche in opere stampate da terzi. Così raggiungi un rapporto autorestampatore che in passato pochi autori potevano permettersi. Tutti

possono riconoscere la mano e lo stile dell autore anche in opere stampate da te.tu sei anche un fotografo. Conosco molto bene alcuni tuoi complessi di immagini. Come fotografo a che punto ti senti? Mi sento agli inizi. Penso di avere ancora molta strada da fare, ho molte cose da imparare. Non ho voluto metter la mia fotografia come lavoro primario perché per me deve rimanere un grosso divertimento. Ho fatto, con altri amici fotografi, ultimamente, quattro libri fotografici per scopi umanitari. Se dovessi fotografare come professione avrei certamente degli obblighi che per carattere non mi sentirei di poter sostenere. Hai parlato di libri fotografici. Di che genere? Qual è stata la committenza? Quale lo scopo che ti ha condotto, in compagnia di altri a fotografare per quelle pubblicazioni? L idea nasce da me e Linda ed è la volontà di dedicare una parte del nostro lavoro a scopi umanitari. Parlando tra di noi ci siamo chiesto, cosa sappiamo fare? Poco, e quel poco è fotografare e stampare, volevamo metterlo a disposizione di chi aveva sicuramente bisogno di qualcosa. E nato il primo libro Enfant Togo nel 2004. Tutto sovvenzionato da noi. Abbiamo trovato poi le aziende che al posto di pagare il nostro lavoro professionale, si sono impegnate a fare un operazione umanitaria. L impegno, a parte due grossi sponsor, è stato di costruire una scuola in Togo, nel villaggio di T.. L esperienza ci è piaciuta e abbiamo ripetuto l anno successivo con l Armenia, e poi Saharawi, ed ora l ultimo sull Uganda fatto nel 2007. Siamo riusciti ad aiutare qualcuno mettendo a disposizione le nostre foto. Organizzi anche mostre fotografiche qui nella tua zona? Si, organizzo diversi eventi durante l anno. Il sindaco di Terranova Bracciolini, sapendo la mia esperienza in Togo, mi aveva offerto di fare una mostra nella sala consiliare, che è straordinaria. Siccome a me piace condividere queste esperienze con gli amici fotografi, ho chiamato quelli più vicini a me in quel momento e abbiamo dato il via a questa iniziativa. Ora ti chiedo qualcosa che interessa proprio tutti. Quali sono i consigli da dare ad un fotografo che voglia fare stampe digitali da se? Il primo consiglio in assoluto è di non fare un paragone con la stampa analogica Sono tecnologie diverse che danno entrambe buoni risultati. Paragonare le carte baritate con le stampe a inchiostro è l approccio più sbagliato. La tecnologia digitale è andata avanti ed ha superato il confronto. Prima una stampa 90x130 senza grana era impossibile, ora da una macchinetta abbastanza modesta facciamo degli ingrandimenti in assenza di grana. Probabilmente si siamo scordati la grana che veniva già sul 30x40. Poi anche la velocità di lavorazione ora è molto più semplice anche se è vero che la tecnologia digitale ha portato tanti controlli in più. Persone che si accingono a fare stampe devono avere conoscenze tecniche molto maggiori di prima. Non è vero che prendi la foto digitale, la lanci nel computer e stampi, non viene mai quello che si vede. Io consiglio di documentarsi molto bene sulle procedure di stampa che sono molto più complesse di una volta. Fare dei piccoli corsi o workshop con docenti competenti e tenere nella giusta considerazione l offerta pubblicitaria. Forse chi ha avuto esperienza di stampa analogica si trova avvantaggiato, comunque non bisogna avere paura di un mezzo nuovo, magari criticandolo. Direi di entrare piano piano nella mentalità del

processo di post-produzione. Chi stampa ora deve avere molte più conoscenze: teoria del colore, come si comportano gli inchiostri e soprattutto avere sensibilità di stampa. Ecco, ci sono stati incontri illustrativi fatti dalle case madri sui loro prodotti specifici, stampanti in particolare. Tu, invece hai fatto scuola andando come un pellegrino per tanti circoli non solo della toscana, ma anche di tante altre regioni, ebbene quanto è importante che il fotografo, una volta scattata, elabori l immagine per renderla consona al suo modo di essere e quindi stamparla o dare il file allo stampatore? Le case costruttrici dei sofftwer danno manuali di lavorazione della post produzione a livello fotografico, però sono letti normalmente in modo troppo tecnico. L approccio che mi sono imposto è stato trovare una soluzione che mi facesse passare dalla camera oscura alla camera chiara, come viene chiamata ora, mantenendo l idea della mia camera oscura. Ho letto i manuali ed ho cercato di piegarli al mio volere. I manuali indicano lo strumento per fare una cosa, oppure danno un dato matematico. Ma è una indicazione che l autore deve interpretare e cambiare per dare sfogo alla propria creatività. Occorre sperimentare, l autore deve metterci del suo, oltre le indicazioni del manuale. E bello pensare ed esprimere senza fare azioni casuali. Ricerca e sperimentazione senza lasciare tutto alla macchina Io sento dire a giro molte cose: io apro in row, però non sanno cos è, non sanno cos è una temperatura colore, non conoscono la differenza tra un profilo di colore ed un altro è una materia complessa. Io vorrei far capire che il fotografo deve sapere che tecnologie si possono applicare. Questo per poterle chiedere allo stampatore. La funzionalità dei corsi non è mettere in grado in due o tre giorni di eseguire una prassi di lavoro che noi eseguiamo per 10, 11 ore al giorno e ci studiamo sopra, ma avere un idea chiara di cosa si può o non si può fare. A quel punto diventa una sinergia tra fotografo e stampatore molto valida. Ho l esperienza del lavoro con Nino Migliori. Non usa i calcolatori. Però sa quello che chiedermi. Con lui, con la sua idea e la sua conoscenza del colore abbiamo sviluppato tecniche di stampa molto diverse. Questo a livello professionale, Ora io vorrei sapere da te, a livello di fotoamatore che inizia, che si appassiona e vuole entrare nel meccanismo fino alla stampa finale sia a colori che in bianconero, che cosa consigli di avere come macchinario in casa? Non esiste per me la differenza tra fotoamatore e professionista. E vero si, il professionista, per lavoro, può permettersi tante cose in più, però io vedo tanti fotoamatori che possiedono macchine che i professionisti manco si sognano. Quindi è meglio ripartire la spesa in tutta la filiera di quanto è necessario. E bene avere anche un monitor decoroso per poi stampare quello che si vede veramente. Quindi: un computer medio, un monitor ottimo, tarabile in modo da vedere effettivamente come è il file. E normale sentirsi dire, io la vedo buona nel monitor, la stampo e non è uguale. Come stampanti ho usato stampanti amatoriali. Ora ho qualche plotter Non è macchinario irraggiungibile per un fotoamatore. Bisogna avere una filiera coordinata e applicarsi per fare il meglio possibile. Nei miei corsi cerco di non far ripetere gli errori che ho fatto io. La stampante che uso io, ha già sette anni. Quelle di nuova generazione hanno caratteristiche superiori, però guarda caso tutti mi chiedono stampe fatte con quella

stampante. Sono migliorati tanti parametri ma per qualità siamo alti anche con stampanti di qualche anno fa, non costose. Consigli al fotografo di stampare colore e bianconero con la stessa stampante? Oggi si può raggiungere ottimi risultati con una sola stampante ma del genere 3800 Epson o simili, altrimenti, meno costoso, una stampante per il colore e un altra dedicata al bianconero con inchiostri piezo ai pigmenti di carbone. Che cosa pensi della fotografia attuale? Ci sono novità perché con il cambiare della metodologia grazie a voi che fate lettura portfolio, il livello qualitativo dei fotografi italiani, professionisti o no, si è elevato moltissimo. Gli autori tentano un ragionamento più complesso, magari a discarico della parte estetica, bellissima e cercata in particolare nella foto singola. Ci tengo a sottolineare che le letture di portfolio preferirei vederle come consiglio e non come gara. Il lettore da una sua interpretazione e probabilmente corregge degli errori, però arrivare prima o dopo di un altro ha poca importanza, perché lo scopo è far crescere e raffinare i tipi di linguaggio. Questo tipo di incontri, che ora avvengono più spesso, aiutano a sciogliere l autore e si vedono lavori, probabilmente meno estetici perché reggere il tutto in 12 o 15 fotografie eccezionali perso sia possibilità di pochi, però più complessi e più profondi. Si, condivido questa tua analisi. (Terranova Bracciolini 14/7/2008).