Intervista a Di Giulio Anna sulla storia della sua famiglia 7 Maggio 2011

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Transcript:

Intervista a Di Giulio Anna sulla storia della sua famiglia 7 Maggio 2011 D: Parlami della tua famiglia Mio padre è morto nel 46 a 46 anni e mia mamma era del 1905. Dei miei fratelli, zio Peppino è morto nel 2 novembre del 72, aveva 46-47 anni, i maschi quattro ne erano e tutti e quattro sono morti, prima Giuseppe poi Luigi chiamato da tutti Giovanni perché la levatrice quando lo andò a dichiarare si imbrogliò con i nomi, zio Giovanni era del 33 e zia Giretta del 35, poi nacque una bambina Titina che morì neonata e poi nacque Titina la mia ultima sorella, nel 46 poco prima che morisse mio padre. Quindi ricapitolando: il più grande era Giuseppe, poi c ero io nel 1929, poi c era Luigi (Giovanni), poi c era Cira Giretta del 35, Carmine del 37 e Francesco nato nel 40 epoi Titina a giugno del 46. I maschi sono morti tutti giovani. Mia mamma è morta a 86 anni, Borriello Antonietta. Mio nonno si chiamava Borriello Luigi e la moglie Concetta ma non ricordo il cognome, mia nonna paterna si chiamava Anna Palmese, mio nonno Di Giulio Domenico come mio padre, una volta tutte le discendenze dei maschi portavano tutti lo stesso nome e cognome. Il padre di mio marito Luigi Pisani si chiamava Pisani Domenico, la mamma Rosa Antonucci. D: La tua famiglia dove ha vissuto? Eravate originari di San Giovanni a Teduccio, giusto? Si, eravamo di San Giovanni, mia nonna ( Concetta ) ha vissuto a Somma Vesuviana poi si trasferì perché la figlia Antonietta si sposò con uno che lavorava nell ATAN di San Giovanni a Teduccio, e lei andò a vivere con lei. Mio nonno non lo so dove è nato, io tante cose poi non me le ricordo più, della famiglia mia mi ricordo più cose, come dove sono nati i miei figli: Domenico, Rosario e Giannino e quella Antonietta che è morta sono nati tutti a San Giovanni a Teduccio; Dove sono nata io nello stesso palazzo nella stessa casa, perché quando mi sono sposata, nel 48, mia mamma aveva una casa libera, che poi era dove vivevo da piccola, cacciò l inquilina e mi mise a me. Poi ce ne siamo andati perché stavano costruendo queste case (le INA Casa nel Rione ATAN) e mio marito fece domanda per averne una, nel 57 ho avuto questa casa (dove vive attualmente). Rosanna è nata alla clinica della Fata a Capodimonte e qualche mese dopo avemmo questa casa, gli altri figli miei sono nati tutti alla clinica Santo Stefano. Poi mio marito ebbe un incidente mentre lavorava, cadde un albero sulla cabina del tram, gli venne un forte esaurimento e andò in pensione anticipata, a 35-36 anni. Poi si mise a comprare e vendere mobili, facendo il restauro, si aprì una bottega a via Piedigrotta. Poi fece la domanda per il Museo di San Martino, aveva 46 anni quando fece la domanda e per ogni figlio gli scalarono un anno, e così trovo questo posto dove ha lavorato 17 anni. A 65 anni andò in pensione e nel 90 è morto, si è riuscito a godere solo 4-5 anni di pensione. Però riuscì a diventare capo servizio del Museo di San

Martino, gli fecero anche una targhetta quando andò in pensione, perché sapeva le lingue, era stato in Grecia in Germania D: Che lavoro facevano i tuoi familiari? Mio padre lavorava al porto di Napoli, e mia mamma era macellaia, poi anche lui andò a lavorare con lei, si aprirono una macelleria a San Giovanni a Teduccio ai tempi della guerra, che poi esiste ancora questa macelleria, loro la vendettero alla famiglia Amendola. I miei fratelli sono cresciuti tutti nella Cirio facevano gli scaricatori dei camion, Peppino si occupava dei maiali, diciamo dove stavano gli animali. Poi facevano anche i viaggi fuori Napoli Peppino morì in uno di questi viaggi a Pontecorvo ebbe un dolore in petto, era un infarto. Carminiello pure lavorava da Cirio, portava il latte Berna, che era della Cirio, ci sono ancora tutti i nipoti miei che portano il latte Berna, i figli di Carminiello. Poi si comprarono tutti i camion e facevano anche questo lavoro, anche se alcuni di loro non avevano neanche la patente (D), infatti si portavano Mimmo (il primogenito dell intervistata) che ce l aveva. Stavano sempre fuori Napoli. D: Tu andavi a scuola? Come no, durante la guerra, andavo a scuola che poi quando facevano i bombardamenti ci andavamo a ripararci nei rifugi, avevo 7-8 anni era il 40, quando iniziarono i bombardamenti dei tedeschi, degli americani, degli inglesi, noi andavo a scuola e dovevamo fuggire nei rifugi, non si capiva niente. Mi ricordo una volta colpirono una nave a Napoli, mori parecchia gente, per tutti le macerie saltate per aria. Abbiamo subito solo guerre quando ero piccola, poi quando avevo 18 anni conobbi mio marito Pisani Luigi che veniva a lavorare nel deposito di San Giovanni e si era fissato che mi voleva per forza sposare, era il 48 e nel 49 è nato Domenico, nel 52 è nato Rosario e nel 53 Gianni; Rosanna ( 56) è nata dopo che morì Antonietta ma non volli darle lo stesso nome così la chiamai Rosanna; poi la figlia dopo la chiamai Antonietta ( 57) la chiamai così perché mi pareva brutto non dare quel nome a nessuno; poi sono nati i gemelli Franco e Patrizia ( 59), Titnella ( 62), Marialuisa ( 64) e poi sono nati i tre maschi Peppino ( 68) Ugo ( 70) e Davide ( 72). D: Quindi i tuoi genitori lavoravano entrambi, i tuoi fratelli lavoravano tutti, ma tu e le tue sorelle lavoravate anche voi? No, eravamo tutte casalinghe, una volta non si andava a lavorare (da intendere riferito al genere femminile). Dopo la scuola dovevamo fare i servizi in casa, dovevamo stare in casa, perché poi in tempi di guerra vennero le guardie (la polizia) e ci dissero che ci dovevamo allontanare da San Giovanni perché dovevano scoppiare dei treni che stavano fermi sulla linea ferroviaria. Così dovette imo fuggire da San Giovanni, siamo stati due anni a Sarno da sfollati, perché qua a Napoli non si poteva stare, troppi bombardamenti. Poi siamo dovuti fuggire anche da Sarno

perché iniziarono i bombardamenti anche lì, prima a Salerno poi iniziarono anche a Sarno, e ce ne siamo dovuti tornare a piedi da Sarno fino a Napoli a piedi!!! Con tutti i sacchi in cui c erano le nostre cose addosso, peggio di questi migranti che vedi adesso in televisione. La guerra è stata tremenda. Quando ce ne tornammo da Sarno trovammo un amico di famiglia sul tragitto che disse a mio padre di non fare quella strada perché c erano i tedeschi che prendevano tutti i giovani, li mettevano su di un treno e li portavano in Germania, ma mio padre non voleva lasciare moglie e figli da soli durante il tragitto, così questo signore chiamò un suo amico che possedeva un carro con il cavallo e disse a mio padre che noi potevamo tornare a San Giovanni sul carro mentre lui doveva andarsene a Somma Vesuviana dove si trovavano i suoi parenti, i fratelli gli zii e i cugini, e così facemmo. Poi, neanche il tempo di arrivare a San Giovanni che ce ne siamo dovuti scappare di nuovo perché ci dissero che avrebbero bombardato un deposito nei pressi di casa nostra e così ce ne andammo a dormire in mezzo alle scale di un palazzo a Barra, c era tantissima gente che dormiva lì in mezzo alle scale. Eravamo tutti terrorizzati all idea che potessero venire i tedeschi per portarsi via le persone. Quello che abbiamo passato è stata una cosa tremenda. Non mi portò mai dimenticare, è la cosa che mi è rimasta più impressa della guerra, di quando hanno bombardato la famiglia Amendola, che adesso stanno nel partita comunista, e vedemmo tutti i nipoti a terra morti perché sotto le macerie del palazzo, e poi stavano tutti i soldati acchiappati dai tedeschi impiccati sotto agli alberi, mi devi credere, mi ricordo che avevano tutti pantaloni rotti e si vedeva il sangue che scendeva dalle gambe, ed avevano un cartello sul petto dove c era scritto: TRADITORI DEI TEDESCHI, i soldati nostri li chiamavano traditori. Questo è successo nei giardini che stanno di fronte il Comune di Sarno. Io avevo 10-11 anni e restavo a casa a guardare i miei fratelli quando mamma andava a Napoli a fare la spesa, perché a Sarno la roba era cara, mio nonno comprava le pecore e le capre per ucciderle e mangiarcele, mio nonno era giovane, era attivo diciamo che, durante la guerra, per quanto riguarda il cibo non ci è mancato niente però la guerra ci ha fatto paura. Mio nonno (Luigi Borriello) era macellaio, comprava gli animali li uccideva e poi li vendeva lo chiamavano il capraio proprio per il lavoro che faceva infatti quando era giovane aveva una macelleria, poi si fece anziano, morì la moglie e quelle tutte le mie zie Nanninella che penso sia morta qualche anno fa, zia Anna, zia Giovanna, zia Carmela come poi come fecero che uno zio andò un America che però la moglie non volle stare lì perché le case erano tutte di legno e se ne volle tornare subito a Napoli, la moglie di questo zio che si chiamava Borriello Giovanni un fratello di mio nonno, che poi lo chiamò anche per convincerlo a partire con lui per aprirsi una macelleria in America, ma mio nonno rifiutò perché non voleva separarsi dalla moglie e dai figli, invece lui si sposò là e fece i figli là e gli mise i nomi dei figli che teneva a Napoli: Borriello Giovanna, Borriello Anna, tutti nomi e cognomi uguali. Che poi una di queste mie zie è morta perché aveva problemi al fegato, si sposò a Sarno e fece anche due figli là dove sono rimasti.

Dal lato di mio padre invece c era solo una zia Antonietta che si sposò il capo servizio dell ATAN di San Giovanni e fecero parecchi figli. Si chiamava Di Matteo Francesco il marito di zia Antonietta a Bionda il padre di Tonino a Briachella che poi è morto, gli altri figli stanno tutti in Germania. Una si sposò e il marito partì per la Germania e poi lei lo raggiunse, dopo poco partì anche una sorella che in Germania conobbe un siciliano e lo sposò pure loro fecero un sacco di figli. All epoca non c erano tanti migranti in Germania e li trattavano bene, gli trovavano subito il lavoro, la casa. D: Che tipo di educazione hai ricevuto dalla tua famiglia? Mio nonno era così severo che dovevi camminare sempre su di una linea diritta, era molto rigido e così anche mia mamma e mio padre. Mio marito è stato un signore sbagliato dentro casa mia. Però devo dire la verità anche le figlie mie hanno avute tutte un ricca ciorta. D: Mi puoi parlare, per quello che ti ricordi, della famiglia di tuo marito? (L intervistata al riguardo è stata molto confusa e poco chiara e per ricostruire parzialmente questo ramo della famiglia è stato necessario l intervento di Pisani Domenico primogenito dell intervistata, quindi la sbobinatura che segue riassume il confronto che c è stato tra i due intervistati avvenuta proprio durante l intervista) La famiglia è originaria di Torre Annunziata, i fratelli di mio marito erano: zio Ciccio che è morto quasi a 90 anni aveva un figlio che si chiamava Antonino, che poi è quello che faceva il barbiere; Zio Aniello sposato con Giglia (con un figlio che si chiamava Peppino che non si è sposato)lavorava nei pastifici; Zia Carolina che ha un figlio in Brasile; zia Maria che è morta cieca, sposata con Raffaele Maresca,aveva un figlio che si chiamava Arturo (i figli stanno tutti nella polizia) e una figlia Antonietta; forse Raffaele Maresca era il figlio di Maria non il marito perché Maria era molto più vecchia di Luigi Pisani ma l intervistata ricorda che Raffaele era quasi coetaneo di Luigi, forse la moglie di Raffaele si chiamava Ninina ; D: Mi sai dire qualcosa di più riguardo la storia di Antonucci Rosa? La mamma di mio marito e di Zio Gennaro (nato nel 1904), il fratellastro di mio marito. La sua famiglia lavorava la terra di una famiglia ricca e lei si mise con il padrone delle terra che ogni anno andava a passare le vacanze lì a Cetrara, lui era molto più grande di lei, mi pare che fosse un capitano dell esercito, era gente per bene, altolocata. Quando lei uscì in cinta le proposero se lei volesse essere adottata o sposata, proprio perché lui era molto più grande di lei (dal racconto non si capisce se poi si sono sposati, ma sembra di si). Poi un giorno lui ebbe un malore e morì, ho avuto tante fotografie di quest uomo e del figlio, però ora non le ho più perché Rosa mi chiese di metter glie nella tomba quando fosse giunto il suo momento ed io così feci. Il figlio era riconosciuto ma una volta

quando uno di una famiglia ricca faceva un figlio con una persona estranea li riempivano di soldi, li acconciavano per tutta la vita. Tanto è vero che tanti i soldi che le diedero che quando poi conobbe il marito (Domenico Pisani) lei gli apri il salone da barbiere, perché poi lei venne a Napoli. Conobbe un dottore in treno mentre andava a trovare il figlio che stava in un collegio a Salerno, che poi ha avuto un figlio a Torre Annunziata, e parlando lei disse che lavorava in una casa dove si occupava di tutto: delle pulizie, della cura delle persone ecc.. così la moglie del dottore le propose di andare a lavorare per lei, e così andò a lavorare per questa famiglia a Torre Annunziata e lì conobbe Domenico (Pisani) che erano già grandi di età, si sposarono e il figlio di lei Gennaro andò a vivere con loro, anche se era già grande pure lui, infatti suonava la tromba nella banda, poi si sposò e se ne andò. Così gli aprì il salone nella piazza di Torre Annunziata. Quando poi Domenico morì, mio marito aveva 8 anni, era giovane aveva 46 anni. Quando rimase vedova non sapeva cosa fare con il salone allora se lo vendette, e inizio a campare un po così, con questo zio Raffaele (Maresca, cugino di Luigi Pisani) che le dava un piatto da mangiare, in cambio di qualche servizio in casa, e poi i parenti di mio marito iniziarono a portarselo a lavorare nei pastifici. Io percepisco una pensione di 21 euro al mese per quegli anni in cui mio marito bambino lavorava nei mulini. Poi ha lavorato lì fino a quando non è andato a fare il soldato a 18 anni. Pisani Domenico faceva il giovane di barbiere nel negozio del fratello, Ciccio, guadagnavano poco, poi quando si sposò con Antonucci Rosa lei gli aprì un salone di barbiere. Lui apriva alle 5 di mattina il negozio e quando passavano gli altri (i suoi fratelli) verso le 8 per andare ad aprire, lui li prendeva in giro perché diceva che in quelle tre ore già si era guadagnato la giornata, perché di mattina presto passavano da lì quello che vendeva la ricotta, quello che vendeva la mozzarella, quello che vendeva il latte, diciamo tutta la gente che andava a lavorare nei mercati, e Domenico si offriva di fargli la barba oppure una spuntatina ai capelli in cambio di qualche merce. Era nu figlio e n drocchia. Però aveva la brutta abitudine di bere molto vino, lo chiamavano briachella, vino e patate fritte questi erano i suoi vizi, però era proprio un brav uomo. Ma anche i suoi fratelli che si presero cura di mio marito portandoselo a lavorare soprattutto zio Aniello. Era proprio una famiglia piena di gente per bene, anche i figli di questi zii, i figli di zio Ciccio si aprirono una profumeria, Profumeria Pisani, a Torre Annunziata, si sono tutti sposati, qualcuno è un insegnante D: Ritornando a tuo marito, dicevi che partì per il soldato a 18 anni.. Si poi quando è tornato prese il posto nell ATAN, ed ha lavorato lì parecchi anni, poi ebbe l incidente e andò in pensione, poi fece la domanda per il Museo e visto che conosceva le lingue lo chiamarono e se lo presero. Conobbe anche Sgarbi quando lavorava al Museo, una volta guardando la tv c era Sgarbi e mio marito disse: Lo vedi a quello str----, al Museo è capitato che veniva da me e mi chiedeva informazioni sui quadri ed io come uno scemo gliele davo pure. Mio marito era un esperto

di quadri antichi, ma dove ha impara tutte quelle cose onestamente non lo so, ma sapeva un sacco di cose, lo chiamavano spesso per consulenze su quadri e mobili. Poi ha fatto 5 anni di militare è partito a 18 anni e tornato a 23, ha fatto la guerra. È stato in Grecia, in Germania e poi quando lo acchiapparono dopo che fuggì dal campo di concentramento lo riempirono di botte, mi diceva che c era un soldato che non aveva più di 16 anni che lo picchiava con il fucile e mio marito ha sempre detto che se mai un giorno l avesse rincontrato gli avrebbe staccato la testa dal collo. Lo rinchiusero per tre giorni, diceva che il suo pensiero in quel periodo di prigionia era che se fosse tornato a casa la prima cosa che avrebbe fatto era mangiare un guscio di pane pieno di lardo, in guerra hanno sofferto molto la fame, mangiavano solo rape. Poi tante cose orami non le ricordo più. Però la guerra lo ha segnato, ricordo che se qualcuno lo chiamava ad alta voce mentre lui era girato di spalle, saltava dalla paura. Lui era giovane per questo non lo uccisero, li mettevano a lavorare i giovani. Poi è stato pure in Belgio a lavorare nelle miniere, si fermò lì a lavorare durante il ritorno a casa, poi però la lontananza gli pesava, venne a sapere che stavano facendo dei concorsi per l ATAN e tornò a Napoli. Ci conoscemmo quando iniziò a lavorare nel deposito di San Giovanni, siamo stati fidanzati solo due mesi, lui volle affrettare i tempi per poter prendere un assegno che ci avrebbe permesso di avere una cosa di soldi da parte per comprare una casa, quindi ci sposammo prima in Comune e dopo il matrimonio noi non vivevamo neanche insieme perché non avevamo una casa, poi dopo 4-5 mesi si liberò la casa a San Giovanni e andammo a vivere là e ci sposammo in chiesa ed infatti poi ad ottobre del 49 nacque Mimì (Domenico primogenito dell intervistata). Facemmo tutto questo per avere l assegno, ma poi mio marito si pentì perché per fare in fretta andammo a vivere a San Giovanni, ma a lui non piaceva vivere là lui era un tipo tranquillo invece in quel palazzo c erano sempre casini con la mia famiglia, infatti diceva sempre che voleva andarsene, fino a quando un amico non gli disse che c era la possibilità di fare domanda per le INA Casa a Fuorigrotta e disse che a costo di dormire per strada ma se la sarebbe presa. (Guardando delle foto di gruppo) Questo è zio Giovanni mio fratello, ogni tanto ci veniva a trovare la domenica, anche quando c era la festa di Piedigrotta venivano tutti da noi, anche da Torre Annunziata, mamma mia quanta gente venivano tutti i cugini i nipoti volevano tutti bene a Giggino, anche se dovevano venire a fare un servizio a Napoli lui si metteva sempre a disposizione per accompagnarli per dargli consigli, poi quando è morto non è venuto più nessuno. D: Parlando con Pisani Domenico ho saputo che non avete vissuto solo a Fuorigrotta e San Giovanni, giusto? Si, infatti quando mio marito andò in pensione anticipata i soldi erano pochi allora fittammo la casa di Fuorigrotta ed andammo a vivere a Bosco Reale, era una casa grande, avevamo la campagna, il

vigneto, però per i ragazzi era dura stavano lontano da tutto, Domenico in quel periodo stava dalla nonna e i fratelli sentivano anche la sua mancanza, così decidemmo di cambiare casa e mio marito ne trovò una a Portici, ma il padrone di casa non voleva una famiglia numerosa così mentimmo sul numero dei figli dicemmo che ne avevamo solo tre, invece erano già 5 o 6. Infatti quando uscivamo di casa per le scale del palazzo dovevamo muoverci con attenzione senza fare troppi rumori per non farci scoprire.