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Giovanni Villani Un poco più giovane di Dante e di Dino Compagni, figlio di Villano di Stoldo di Bellincione, Giovanni Villani nacque a Firenze intorno al 1276 da una famiglia mercantile, ed esercitò l attività di mercante e di banchiere. In qualità di socio dei Peruzzi, assolse per conto della banca importanti incarichi di rappresentanza a Roma ed a Bruges acquisendo un esperienza dell ambiente mercantile e finanziario che si rivelerà assai utile nella stesura della sua Cronica. Terminato il sodalizio con i Peruzzi (tra il 1308 e il 1310) Villani avviò la collaborazione con la società dei Buonaccorsi 1 e, ritornato definitivamente a Firenze, partecipò attivamente alla vita pubblica: fu ufficiale della moneta (1317), tre volte priore (dal dicembre 1316 al febbraio 1317; dal dicembre 1321 al febbraio 1322; dall agosto 1328 all ottobre dello stesso anno), sovrintendente alla costruzione delle nuove mura nel 1324, membro di una commissione sull estimo nel 1327, sovrintendente alla moneta d'oro e d'argento nel 1327-28, tra i magistrati incaricati di prendere provvedimenti per fronteggiare la carestia tra il 1329 ed il 1330, ambasciatore a Bologna presso il cardinal legato Bertrando del Poggetto, visitatore delle fortificazioni fiorentine presso Montecatini nell'aprile 1330, infine delegato a trattare la resa di Lucca. Nel 1331 cominciò il suo declino dalla scena politica, quando, alla scadenza del mandato di camerlengo del comune per la nuova cinta di mura, fu accusato di malversazioni. Da tali accuse si scagionò, ma a fatica, e da allora ebbe poche e modeste occasioni di imporsi nella vita politica. Nel 1341 fu ostaggio di guerra nelle mani di Mastino della Scala e nel 1342 ebbe un altro durissimo colpo: la compagnia dei Buonaccorsi fallì, andando incontro ad una sorte infausta che non avrebbe risparmiato di lì a poco le grandi famiglie dei mercanti banchieri come Bardi, Peruzzi e Acciaioli. Travolto dal fallimento, Villani fu costretto anche ad un periodo di prigionia nel carcere fiorentino delle Stinche (attorno al 1346, in quanto considerato fuggitivo). È a quest epoca che risale un cambiamento di residenza della famiglia di Villani: abbandonata la casa ereditata da Villano di Stoldo nel popolo di San 1 Solo a cominciare dal 1322 Giovanni Villani risulta direttamente cointeressato alla compagnia dei Buonaccorsi, con tutto che la sua famiglia vi fosse già da tempo inserita.

Procolo, Giovanni e i suoi parenti si trasferirono nel popolo di San Pier Maggiore nel quale abitava la famiglia di origine della seconda moglie di Giovanni, quella dei Pazzi. Uscito dal carcere, morì di peste nera nel 1348. Se Dino Compagni aveva offerto la testimonianza di un appassionato e polemico settario intervento di un vinto nel resoconto delle vicende della Firenze a cavallo tra Due e Trecento, l opera storica del Villani, al contrario, si presenta con i caratteri della versione ufficiale, accreditata dal consenso della parte vittoriosa di quelle stesse vicende: cronaca, dunque, la sua, opposta nello spirito, nelle intenzioni, nell esito stilistico stesso a quella del Compagni; e quanto l una è risulta appassionata e faziosa, tanto l altra appare impassibile, distaccata e trionfalmente sicura. La Nuova cronica, come l autore volle chiamarla, fu concepita nel 1300 2, mentre il Villani si trovava a Roma per il Giubileo; ma, quasi certamente, venne poi incominciata diversi anni più tardi, e comunque non prima del 1308. Essa è articolata in tredici libri e dal punto di vista formale altro non è che è un enorme resoconto che, partendo dalla torre di Babele, giunge a narrare gli eventi fino al 1346. Nei primi sei libri, com era abitudine dei repertori cronachistici medievali, l autore spazia acriticamente nell ambito delle origini universali e fiorentine, saccheggiando i testi più disparati, dalla Bibbia al Milione di Marco Polo. La parte più interessante, dunque, e storicamente più attendibile della Cronica è quella che comprende i libri dal VII al XII, nei quali vengono esposti gli ultimi vent anni della storia fiorentina. Lo scopo che si ripromette il Villani nella sua narrazione è duplice: da una parte vi è il desiderio di offrire un impassibile referto che nella sua oggettività attesti la ricchezza ed il benessere di Firenze; dall altra, un dichiarato fine pedagogico, cioè quello di dare «esemplo a quegli che saranno delle mutazioni e delle cose passate, e le cagioni, e perché; acciò ch'eglino si esercitino adoperando le virtudi e schifino i vizii, e l'aversitadi sostegnano con forte animo a bene e stato della nostra repubblica». L intenzione rigidamente documentaria ed informativa della sua narrazione si riflette anche nel metodo di scrittura impersonale, spassionato e persino scialbo, povero nel lessico e nella struttura sintattica, che tanto spiacque al De Sanctis. Ma, come è stato giustamente notato, l impassibilità della sua pagina, che la fa sembrare quasi un inventario, pare quasi il frutto di una scelta consapevole, di un volontaria rinunzia all arte in favore della pura e semplice testimonianza dei fatti. Al di là dei limiti innegabili dello 2 Questo se si vuole dare credito alla testimonianza del Villani stesso.

scrittore, alla base di questo linguaggio piatto e incolore, che banalizza e contrae le strutture convenzionali narrative e stilistiche, vi è dunque una scelta di prudenza e distacco nel presentare gli eventi, ma forse anche la brillante intuizione di sottrarre la prosa agli espedienti retorici e formali dell arte (che nella tradizione mediolatina autorizzavano l assimilazione delle cronache in un genere narrativo indiscriminato) per renderla specificamente storica, in senso scientifico e professionale. Il Villani, nel descrivere gli eventi della storia fiorentina, «non esce dal quadro di una visione provvidenziale e finalistica del mondo (il che lo lega ancora saldamente al Medioevo), ma cerca costantemente di indagare le cause che sono a fondamento dell agire umano, il che ne fa in qualche modo un precursore della storiografia umanistica. Il villani giudica uomini e cose alla luce di un sentimento morale che nasce dalla consapevolezza profonda della crisi della civiltà mercantile. La sua funzione di scrittore finisce così per confondersi con quella del censore delle colpe e dei vizi degli uomini del suo tempo e del suo ceto: il successo mercantile a tutti i costi, la cupidigia del guadagno, il desiderio del lusso. Proprio lui che era stato accusato di baratteria, che aveva sempre impiegato tutti i cavilli giuridici per sottrarsi agli impegni più pressanti, che aveva finanche conosciuto la vergogna del carcere per attività fraudolenta. Non si tratta tuttavia di sdoppiamento. Il moralismo che pervade soprattutto gli ultimi libri nasce dal senso del fallimento dei valori su cui anche il Villani aveva costruito la propria vita: un modo per ridimensionare, una volta vestiti i panni del cronista, i valori di una civiltà splendida ma effimera, valori che egli aveva ampiamente condiviso. Ma non è certo per questa componente moralistica che la Nuova Cronica del Villani oggi appare come il corpus cronachistico medievale di maggior interesse per lo storico moderno, quanto piuttosto per la quantità di informazioni e di dati che in essa sono reperibili e che non ha pari in nessun altra opera medievale del genere» 3. Alla morte di Giovanni l opera rimase interrotta ed il fratello Matteo, quasi si trattasse si un libro di famiglia, vi aggiunse altre undici libri, giungendo con la sua narrazione fino al 1363, anno in cui anche lui fu vittima della peste. Il figlio di Matteo, Filippo 4, volle completarla, ma non andò oltre gli eventi del 1364. Entrambi, però, non avevano lo stesso scrupolo di documentazione di Giovanni, né la stessa attenzione agli 3 Pasquale Stoppelli, Il Trecento minore, in Storia generale della letteratura italiana, a cura di Nino Borsellino e Walter Pedullà, Vol. II, Federico Motta Editore, Milano, 2004 pag. 593-594. 4 Filippo Villani (Firenze 1325-1407), pubblico lettore di Dante, scrisse un commento latino al primo canto della Commedia e il Liber de origine civitatis Florentiae et eiusdem famosis civibus, dedicato alle origini di Fiesole e Firenze e ad una serie di personaggi di spicco della storia fiorentina.

aspetti cronologici e statistici. Queste appendici, dunque, da un punto di vista strettamente storiografico, sono assai meno interessanti, sebbene certe pagine possano essere apprezzate per le discrete capacità narrative dei due autori.

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