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Corte Conti, Sez. I Giur. Centr. Appello, 13.01.2015 n. 28 Materia: irripetibilità somme pensionistiche REPUBBLICA ITALIANA IN NOME DEL POPOLO ITALIANO CORTE DEI CONTI SEZIONE PRIMA GIURISDIZIONALE CENTRALE DI APPELLO Composta dai seguenti magistrati: Dott.ssa Piera MAGGI Dott. Nicola LEONE Dott.ssa Rita LORETO Dott.ssa Emma ROSATI Dott.ssa Giuseppa MANEGGIO Presidente Consigliere Consigliere relatore Consigliere Consigliere Ha pronunziato la seguente SENTENZA Nel giudizio pensionistico di appello in materia di pensioni militari, iscritto al n. 44176 del Registro di Segreteria, proposto dall INPS Gestione ex INPDAP, in persona del legale rappresentante pro-tempore, rappresentato e difeso dall Avv. Maria Morrone, elettivamente domiciliato in Roma, alla Via Cesare Beccaria n. 29; avverso la sentenza n. 29/2012 depositata in data 15.02.2012, della Sezione Giurisdizionale della Corte dei conti per la regione Friuli Venezia Giulia; e nei confronti di M. G., rappresentato e difeso dall Avv. Diego Modesti ed elettivamente domiciliato in Roma, Via Nomentana n. 251, presso lo studio dell Avv. Francesca Sgarrella; Visti gli atti e documenti della causa;

Uditi, nella pubblica udienza dell 8 luglio 2014, il Consigliere relatore dott.ssa Rita Loreto, l Avv. Piera Messina, in delega, per l INPS, e l Avv. Domenico Barboni su delega dell Avv. Diego Modesti per la parte appellata; FATTO Con la sentenza impugnata, il giudice di primo grado ha accolto il ricorso dell'interessato, dichiarando l'irripetibilità delle maggiori somme indebitamente corrisposte sul trattamento pensionistico al sig. M. G., già Sottufficiale dell Esercito in quiescenza, cessato dal servizio il 1.04.1996. L indebito, pari ad euro 3.861,40, è stato determinato a titolo di conguaglio fra pensione provvisoria, corrisposta dal 1.04.1996 dall Amministrazione di appartenenza, e pensione definitiva attribuita di cui al decreto adottato in data 3.09.2007. La comunicazione dell indebito e del recupero della citata somma è stata effettuata solo il 18.10.2010. Il giudice di primo grado ha, altresì, disposto il conseguente diritto del sig. M. alla restituzione degli importi già recuperati, maggiorati degli interessi legali ed ha respinto le istanze di integrazione del contraddittorio e di rivalsa nei confronti del Ministero. La sentenza è stata impugnata dall INPDAP (ora INPS) che ha eccepito la violazione e falsa applicazione degli articoli 162 e 206 del D.P.R. n. 1092/1973, dell art. 1, comma 136, della legge n. 311/2004 e dell art. 2033 c.c.. In particolare ha dedotto l Istituto appellante che la possibilità di agire per il recupero di quanto indebitamente corrisposto in sede di trattamento di quiescenza provvisorio, ex art. 162 del citato d.p.r. n. 1092/1973, costituisce espressione di un principio generale, incondizionato, che non può recedere in presenza di altri fattori, siano essi oggettivi o soggettivi, quali il decorso del tempo o la buona fede del percipiente. Quanto statuito dall art. 206 del medesimo d.p.r., cioè l irripetibilità degli importi corrisposti indebitamente in sede di trattamento definitivo, invece, costituisce una deroga che, in quanto tale, non è certo suscettibile né di interpretazione estensiva e/o analogica.

L INPS ha quindi rammentato che, da ultimo, le SS.RR. di questa Corte, con la sentenza n. 7/2011, hanno escluso che si possa equiparare il trattamento provvisorio di pensione a quello definitivo, giungendo nella sostanza a ribadire la piena vigenza delle norme che consentono all Amministrazione il recupero dei pagamenti non dovuti. Con ulteriore motivo di gravame, l INPS ha dedotto la violazione, da parte del giudice di primo grado, delle norme in materia di riparto di giurisdizione con riferimento alla domanda di integrazione del contraddittorio e di rivalsa contro il Ministero della Difesa. Ritiene infatti l appellante che l Ente datore di lavoro sia un litisconsorte necessario laddove si controverta in materia di indebito a seguito di conguaglio fra trattamento provvisorio e definitivo. Ha quindi contestato la pronuncia di difetto di giurisdizione sulla domanda di rivalsa, citando il favorevole orientamento della Corte di Cassazione. L Istituto appellante ha chiesto: a) in via principale, la riforma della sentenza nei capi sfavorevoli all'inpdap, dichiarando per l'effetto corretta e dovuta l'azione restitutoria ed il relativo recupero ai sensi dell'articolo 162 del d.p.r.1092/1973, con conseguente diritto dell Istituto a ripetere tutte le somme indebitamente percepite dal pensionato; b) in via subordinata, annullare l'impugnata sentenza nella parte in cui ha dichiarato l inammissibilità dell integrazione del contraddittorio nei confronti del Ministero della Difesa al fine della richiesta di rivalsa, con conseguente rimessione della causa al primo giudice ex art. 354 c.p.c. al fine di ottenere la condanna diretta del Ministero o, in ulteriore subordine, l annullamento della sentenza nella parte in cui ha disposto la restituzione delle somme maggiorate degli interessi legali. Con memoria in data 12.06.2014 si è costituito il signor M., con il patrocinio dell Avv. Diego Modesti, il quale ha insistito per la conferma della impugnata sentenza. In occasione dell'odierna udienza, udito il relatore, le parti hanno richiamato gli atti scritti. DIRITTO Il Collegio ritiene di dover preliminarmente esaminare le censure dell INPS in ordine all asserita insussistenza di giurisdizione di questa Corte sull azione di rivalsa nei confronti dell Amministrazione.

La motivazione adottata dal primo giudice, infatti, nega la giurisdizione sulla rivalsa, nella considerazione che l Amministrazione costituisca un unicum e che la questione avrebbe, quindi, mero carattere organizzatorio interno. La motivazione, così come descritta, non esclude, peraltro, la giurisdizione, ma, semmai, nega, condivisibilmente, che, per il giudizio di rivalsa, in ragione della diversità di petitum e causa petendi, sussista un litisconsorzio necessario con l Amministrazione nel giudizio sulla ripetibilità nei confronti del pensionato e che sia, quindi, necessaria la contestualità, ma ciò non si ritiene sufficiente a negare la giurisdizione sulla diversa azione di cui si tratta atteso che siffatti giudizi di riparto degli oneri sono stati attribuiti, dalla giurisprudenza costante della Cassazione, a questa Corte (ex multis Cass. Sez. U, Sentenza n. 23731 del 16/11/2007; Sez. U, Sentenza n. 920 del 21/12/1999; Sez. U, Sentenza n. 920 del 21/12/1999; Sez. U, Sentenza n. 28818 del 27/12/2011). Peraltro, nella considerazione che l'amministrazione interessata non è stata parte del presente giudizio neppure in primo grado e che quindi non si sia costituito nei suoi confronti alcun rapporto processuale, questo Collegio ritiene di non dover accogliere l'istanza di restituzione degli atti al giudice di primo grado ai fini dell'integrazione del contraddittorio, potendosi comunque dirimere la vicenda in eventuale altro giudizio che l'istituto previdenziale vorrà intentare. Va quindi respinta la richiesta di integrazione del contraddittorio dell'istituto nei confronti del Ministero della Difesa. Passando al merito, la fattispecie in esame concerne la legittimità o meno del recupero effettuato dall'inpdap nei confronti di un pensionato che, per circa quattordici anni, si è visto corrispondere maggiori somme a titolo di trattamento pensionistico provvisorio. La successiva rideterminazione del dovuto ha dato luogo a seguito del conguaglio effettuato ad un credito erariale di 3.184,91 per somme indebitamente percepite dall interessato. Al riguardo appare opportuno sottolineare che sul citato argomento si sono pronunciate di recente le Sezioni Riunite di questa Corte (sentenza n. 2/QM/2012) affermando il seguente principio di

diritto: lo spirare di termini regolamentari di settore per l adozione del provvedimento pensionistico definitivo non priva, ex se, l Amministrazione del diritto-dovere di procedere al recupero delle somme indebitamente erogate a titolo provvisorio; sussiste, peraltro, un principio di affidamento del percettore in buona fede dell indebito che matura e si consolida nel tempo, opponibile dall interessato in sede amministrativa e giudiziaria. Tale principio va individuato attraverso una serie di elementi quali il decorso del tempo, valutato anche con riferimento agli stessi termini procedimentali, e comunque al termine di tre anni ricavabili da norme riguardanti altre fattispecie pensionistiche, la rilevabilità in concreto, secondo l ordinaria diligenza, dell errore riferito alla maggior somma erogata sul rateo di pensione, le ragioni che hanno giustificato la modifica del trattamento provvisorio e il momento di conoscenza, da parte dell Amministrazione, di ogni altro elemento necessario per la liquidazione del trattamento definitivo. Sostanzialmente, quindi, le Sezioni Riunite hanno inteso dare soluzione alla problematica in questione attraverso il richiamo ad una serie di elementi, tutti rilevanti e tutti relativi al principio del legittimo affidamento, valutando i quali il giudice può orientare il proprio convincimento ritenendone o meno la decisività con riferimento alla fattispecie di causa. Le Sezioni Riunite hanno ritenuto, infatti, che il legittimo affidamento del percettore in buona fede dell indebito matura e si consolida con il protrarsi del tempo, ed è opponibile dall interessato, a seconda delle singole fattispecie, sia in sede amministrativa che giudiziaria. Tale legittimo affidamento, caratterizzato dalla buona fede, va individuato attraverso una serie di elementi oggettivi e soggettivi: a)--il decorso del tempo, valutato anche con riferimento agli stessi termini procedimentali, e comunque con riferimento al termine di tre anni ricavabile da norme riguardanti altre fattispecie pensionistiche; b)--la rilevabilità in concreto, secondo l ordinaria diligenza, dell errore riferito alla maggior somma erogata sul rateo di pensione (così, ad esempio, non sarà ravvisabile alcun affidamento nella ipotesi in cui il rateo della pensione provvisoria sia addirittura maggiore rispetto al rateo dello stipendio che l interessato percepiva in servizio); c)--le ragioni che hanno giustificato la modifica del trattamento provvisorio e il momento di conoscenza, da parte dell Amministrazione, di ogni altro elemento necessario per la liquidazione del

trattamento definitivo, sì che possa escludersi che l Amministrazione fosse già in possesso, ab origine, degli elementi necessari alla determinazione del trattamento pensionistico. Riguardata la fattispecie alla luce dei menzionati principi, che questa Sezione non può non condividere, va osservato che il giudice di primo grado (pagg. 4-10 della sentenza) si è già pronunciato sulla sussistenza dell affidamento incolpevole del pensionato, che non ha in alcun modo contribuito all'insorgenza del credito erariale; tale assunto che peraltro costituisce questione di fatto, insindacabile in appello ex art. 1, c. 5, L. n. 19/1994 è comunque da condividere: l interessato aveva fatto legittimo affidamento sul trattamento pensionistico nella misura percepita dal 1997 al 2011, anche perché la stessa misura dell indebito - poco più di 3.000 euro nell arco di quattordici anni - era tale da non avere potuto obiettivamente destare, nel percipiente, sospetti di errori. Infine, non può non essere evidenziato il comportamento dell amministrazione, che perviene alla definizione della pensione definitiva dopo un periodo inaccettabilmente lungo, oltre ogni ragionevole limite e senza alcuna giustificazione. Per le suesposte considerazioni, ed alla luce della riportata giurisprudenza, può tranquillamente essere affermata, nel caso di specie, l illegittimità dell'azione di recupero esercitata dall INPS ferma restando, occorre ribadire, la legittimità e doverosità della correzione apportata al trattamento pensionistico. Da quanto premesso consegue l obbligo di restituzione all'interessato degli importi medio tempore recuperati dall'amministrazione, senza tuttavia maggiorazione di interessi, trattandosi, nella specie, di mera reintegrazione patrimoniale e non di credito previdenziale. Entro tali limiti l appello dell INPS va parzialmente accolto. Non è luogo, infine, a provvedere sulle spese di giudizio, in relazione al principio di gratuità posto, per le cause previdenziali, dall art. 10 della 10 della legge 11 agosto 1973, n. 533 (v., ex multis, Corte dei conti, Sezione I app., 18 novembre 2009, n. 642). Le spese legali, invece, vanno compensate tra le parti, stante il complesso iter interpretativo che ha caratterizzato la materia in esame.

P.Q.M. La Corte dei Conti - Sezione Prima Giurisdizionale Centrale d'appello - definitivamente pronunciando, in parziale riforma della sentenza impugnata, - ACCOGLIE PARZIAMENTE, nei sensi di cui in motivazione, l appello in epigrafe, proposto dall INPS Gestione ex INPDAP avverso la sentenza n. 29/2012 della Corte dei conti, Sezione giurisdizionale per la regione Friuli Venezia Giulia, depositata il giorno 15.02.2012. Spese legali compensate. Nulla per le spese di giudizio. Così deciso in Roma, nella camera di consiglio dell 8.07.2014