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SENTENZA DELLA CORTE (Sesta Sezione) 26 giugno 2001 «Inadempimento di uno Stato - Libera circolazione dei lavoratori - Divieto di discriminazione - Ex lettori di lingua straniera - Riconoscimento dei diritti quesiti» Nella causa C-212/99, Commissione delle Comunità europee, rappresentata dai sigg. P.J. Kuijper e E. Traversa, in qualità di agenti, con domicilio eletto in Lussemburgo, ricorrente, sostenuta da Regno Unito di Gran Bretagna e Irlanda del Nord, rappresentato dal sig. J.E. Collins, in qualità di agente, assistito dal sig. C. Lewis, barrister, con domicilio eletto in Lussemburgo, interveniente, contro Repubblica italiana, rappresentata dal sig. U. Leanza, in qualità di agente, assistito dal sig. G. Aiello, avvocato dello Stato, con domicilio eletto in Lussemburgo, convenuta, avente ad oggetto il ricorso diretto a far dichiarare che la Repubblica italiana, con riferimento alla prassi amministrativa e contrattuale posta in essere da alcune università pubbliche, prassi che si traduce nel mancato riconoscimento dei diritti quesiti degli ex lettori di lingua straniera, riconoscimento invece garantito alla generalità dei lavoratori nazionali, è venuta meno agli obblighi ad essa incombenti ai sensi dell'art. 48 del Trattato CE (divenuto, in seguito a modifica, art. 39 CE), LA CORTE (Sesta Sezione), composta dai sigg. C. Gulmann, presidente di sezione, J.-P. Puissochet, dalle sig.re F. Macken, N. Colneric e dal sig. J.N. Cunha Rodrigues (relatore), giudici, avvocato generale: L.A. Geelhoed cancelliere: sig.ra L. Hewlett, amministratore vista la relazione d'udienza, sentite le difese orali delle parti, svolte all'udienza dell'11 gennaio 2001, sentite le conclusioni dell'avvocato generale, presentate all'udienza del 20 marzo 2001, ha pronunciato la seguente 1. Sentenza Con atto depositato presso la cancelleria della Corte il 4 giugno 1999, la Commissione delle Comunità europee ha presentato, in forza dell'art. 226 CE, un ricorso diretto a far dichiarare che la Repubblica italiana, con riferimento alla prassi amministrativa e contrattuale posta in essere da alcune università pubbliche, prassi che si traduce nel mancato riconoscimento dei diritti quesiti degli ex lettori di lingua straniera, riconoscimento invece garantito alla generalità dei lavoratori nazionali, la Repubblica italiana è venuta meno agli obblighi ad essa incombenti ai sensi dell'art. 48 del Trattato CE (divenuto, in seguito a modifica, art. 39 CE).

2. 3. 4. Con ordinanza del presidente della Corte 16 dicembre 1999, è stato ammesso l'intervento del Regno Unito di Gran Bretagna e Irlanda del Nord a sostegno delle conclusioni della Commissione. Ambito normativo nazionale In seguito alle sentenze 30 maggio 1989, causa 33/88, Allué e Coonan (Racc. pag. 1591), e 2 agosto 1993, cause riunite C-259/91, C-331/91 e C-332/91, Allué e a. (Racc. pag. I-4309), e ad una prima procedura di infrazione (n. 92/4660) avviata dalla Commissione in forza dell'art. 169 del Trattato CE (divenuto art. 226 CE), la Repubblica italiana ha adottato la legge 21 giugno 1995, n. 236 (GURI del 21 giugno 1995, n. 143, pag. 9; in prosieguo: la «legge n. 236»), il cui obiettivo era la riforma dell'insegnamento delle lingue straniere nelle università italiane. La legge n. 236 ha stabilito quattro regole essenziali: a)la figura di lettore di lingua straniera è stata soppressa e sostituita da quella di «collaboratore ed esperto linguistico di lingua madre» (in prosieguo: il «collaboratore linguistico»); b)i collaboratori linguistici sono assunti dalle università con contratto di lavoro subordinato di diritto privato (e non più con contratto di lavoro autonomo), stipulato normalmente a tempo indeterminato e solo in casi eccezionali, per esigenze temporanee, a tempo determinato; c)l'assunzione dei collaboratori linguistici avviene per selezione pubblica, le cui modalità sono disciplinate dalle università secondo i rispettivi ordinamenti; 5. d)gli ex lettori di lingua straniera godono di un diritto di preferenza nell'assunzione e, inoltre, ai sensi dell'art. 4, terzo comma, della legge n. 236, conservano i diritti quesiti in relazione ai precedenti rapporti di lavoro. Tenuto conto dell'autonomia delle università italiane, lo status giuridico dei collaboratori linguistici è disciplinato attualmente dai seguenti atti: a)la legge n. 236 e, in generale, la legge 18 aprile 1962, n. 230, relativa alla disciplina del contratto di lavoro a tempo determinato (in prosieguo: la «legge n. 230»), la quale prevede all'art. 2 che: «Se il rapporto di lavoro continua dopo la scadenza del termine inizialmente fissato o successivamente prorogato, il contratto si considera a tempo indeterminato fin dalla data della prima assunzione del lavoratore»; b)il contratto collettivo di lavoro del settore universitario («Contratto collettivo di lavoro del comparto dell'università»); c)il contratto collettivo di ogni singola università («Contratto collettivo d'ateneo») e d)il contratto individuale di lavoro stipulato fra ciascuna università e il singolo collaboratore linguistico. 6. 7. Procedimento precontenzioso Dopo l'entrata in vigore della legge n. 236, la Commissione riceveva numerose denunce di ex lettori di lingua straniera, che lamentavano un preteso trattamento discriminatorio applicato da parte delle università italiane in sede di transizione verso il regime istituito dalla suddetta nuova normativa. In seguito a tali denunce, la Commissione avviava contro la Repubblica italiana un procedimento per inadempimento, inviandole, il 23 dicembre 1996, una lettera di addebiti. Il governo italiano rispondeva con lettera del 12 marzo 1997.

8. 9. 10. 11. 12. Non ritenendosi soddisfatta della risposta della Repubblica italiana, il 16 marzo 1997 la Commissione emetteva un parere motivato. In seguito ai chiarimenti e alle informazioni forniti dalle autorità italiane nella loro risposta del 21 agosto 1997, la Commissione trasmetteva al governo italiano, con lettera del 9 luglio 1998, una richiesta supplementare di osservazioni che mirava a chiarire e riformulare la sua censura relativa al mancato riconoscimento dei diritti quesiti dei collaboratori linguistici che avevano lavorato in alcune università italiane come lettori di lingua straniera prima del 1995. Vista la risposta delle autorità italiane in data 11 agosto e 11 dicembre 1998, il 28 gennaio 1999 la Commissione emetteva un parere motivato supplementare e invitava la Repubblica italiana ad adottare le misure necessarie per conformarvisi entro un mese a partire dalla sua comunicazione. Ritenendo che l'infrazione al Trattato continuasse a sussistere, la Commissione ha deciso di proporre dinanzi alla Corte il ricorso in esame. Nel merito Secondo la Commissione, nelle università della Basilicata, di Milano, di Palermo, di Pisa, di Roma «La Sapienza» e presso l'istituto Universitario Orientale di Napoli, ai collaboratori linguistici non è stata riconosciuta, in termini di trattamento economico e previdenziale, l'anzianità di servizio che avevano acquisito come lettori di lingua straniera prima dell'entrata in vigore della legge n. 236. La Commissione fa valere a tale riguardo che i contratti collettivi e i contratti individuali di lavoro di queste università non hanno previsto un riconoscimento deidiritti quesiti di ciascun ex lettore in relazione alla specifica esperienza professionale e personale maturata. Infatti: a)all'università della Basilicata i collaboratori linguistici che hanno svolto in precedenza la funzione di lettore di lingua straniera e i collaboratori linguistici di nuova assunzione percepirebbero lo stesso stipendio. Sebbene tale stipendio sia superiore a quello previsto nel contratto collettivo nazionale di lavoro, ciò non significa, secondo la Commissione, che l'università abbia tenuto in debito conto l'esperienza acquisita individualmente da ciascun ex lettore. b)all'università di Milano nessuna clausola del contratto collettivo dell'università menzionerebbe i diritti quesiti, e il trattamento economico degli ex lettori non differirebbe secondo l'anzianità di servizio. c)l'istituto Universitario Orientale di Napoli avrebbe concluso contratti di lavoro a tempo indeterminato con gli ex lettori solo a partire dal 1996. Esso avrebbe contemporaneamente imposto loro una riduzione di stipendio poiché, malgrado un aumento del trattamento annuo globale, il numero di ore annuo che i collaboratori linguistici sono tenuti a prestare sarebbe quasi triplicato. d)l'università di Palermo avrebbe assunto ex lettori senza prendere in considerazione gli anni di servizio prestati per determinare le condizioni di lavoro. Di conseguenza, trentotto collaboratori linguistici avrebbero contestato dinanzi al giudice del lavoro il livello di remunerazione proposto dall'università. e) All'università di Pisa la situazione sarebbe totalmente identica a quella dell'università della Basilicata, poiché i contratti di lavoro degli ex lettori e dei collaboratori linguistici di nuova assunzione prevederebbero lo stesso stipendio. f)all'università «La Sapienza» di Roma il contratto collettivo applicabile non conterrebbe nessuna clausola relativa alla salvaguardia dei diritti quesiti. Tale università avrebbe pertanto applicato, così come l'università di Pisa e della Basilicata, lo stesso trattamento economico di base agli ex lettori e ai collaboratori linguistici di nuova assunzione.

13. 14. 15. 16. 17. 18. 19. 20. La Commissione fa valere che il semplice fatto che la retribuzione percepita da alcuni collaboratori linguistici sia superiore a quella che essi percepivano precedentemente, in qualità di lettori di lingua straniera, o a quella dei collaboratori linguistici di nuova assunzione non è sufficiente a dimostrare che la loro esperienza professionale sia stata riconosciuta. Secondo la Commissione le situazioni discriminatorie persisterebbero fintantoché una clausola che preveda un riconoscimento dei diritti quesiti di ogni ex lettore, valutati infunzione della specifica esperienza professionale e personale maturata anteriormente all'assunzione in qualità di collaboratore linguistico, non sarà stata inclusa nei contratti collettivi e nei contratti di lavoro delle università interessate. La Commissione conclude che la Repubblica italiana si è resa responsabile di una discriminazione fondata sulla cittadinanza, discriminazione vietata dall'art. 48 del Trattato. Tale conclusione si basa, da una parte, sulla constatazione che tali università non hanno riconosciuto, nei contratti collettivi e nei contratti di lavoro applicabili ai collaboratori linguistici, gli anni di servizio compiuti precedentemente in veste di lettori di lingua straniera, malgrado la prescrizione dell'art. 4, terzo comma, della legge n. 236, e, dall'altra, sulla considerazione che la legge n. 230, applicabile alla generalità dei lavoratori nazionali il cui rapporto di lavoro è disciplinato da contratti di diritto privato, prevede in caso d'abuso, cioè se il rapporto di lavoro prosegue dopo la scadenza del termine inizialmente fissato, la conversione ope legis del contratto di lavoro a tempo determinato in un contratto di lavoro a tempo indeterminato «fin dalla data della prima assunzione del lavoratore». Nelle sue memorie il governo italiano sostiene innanzi tutto che il riconoscimento dei diritti quesiti degli ex lettori di lingua straniera è garantito dalle università interessate, dal momento che essi percepirebbero un trattamento economico più vantaggioso rispetto a quello attribuito ai collaboratori linguistici di nuova assunzione. In seguito, il governo italiano osserva che non è pertinente il riferimento della Commissione alla legge n. 230, utilizzata come parametro di raffronto per valutare il preteso carattere discriminatorio del trattamento applicato agli ex lettori. Infatti, contrariamente alla legge n. 230 relativa ai contratti a tempo determinato, che è applicabile alla generalità dei lavoratori nazionali, la legge n. 236 non prevederebbe, nel caso degli ex lettori di lingua straniera, una trasformazione automatica dei rapporti di lavoro, in quanto tali lettori potrebbero assumere le nuove funzioni di collaboratori linguistici soltanto qualora abbiano superato le prove di selezione. D'altronde, il governo italiano fa valere che il problema del riconoscimento dei diritti quesiti si iscrive in un contesto giuridico negoziale. Conseguentemente, un problema del genere non può essere risolto né in modo unilaterale da parte delle autorità pubbliche né a maggior ragione con le modalità proposte dalla Commissione. Infine, secondo il governo italiano, la Commissione ha fatto proposte relative al riconoscimento effettivo dei diritti quesiti di ogni collaboratore linguistico suggerendo «l'attribuzione di un livello di stipendio più alto di quello di base in quanto inclusivo di una specifica voce supplementare di stipendio (...) ovvero (...) il versamento, in un'unica soluzione, di una somma, a titolo di arretrati di stipendio, commisurata agli anni di servizio prestato come lettori», mentre tali scelte di politica legislativa rientrano in realtà nella sovranità di ogni Stato membro. Giudizio della Corte

21. 22. 23. 24. 25. 26. 27. 28. Occorre osservare a titolo preliminare che, quando un lavoratore il cui rapporto di lavoro è disciplinato dal diritto privato beneficia, in forza della legge n. 230, della conversione del suo contratto di lavoro a tempo determinato in contratto di lavoro a tempo indeterminato, tutti i suoi diritti quesiti sono garantiti fin dalla data della sua prima assunzione. Tale garanzia ha conseguenze non solo per quanto riguarda gli aumenti di stipendio, ma anche per l'anzianità e il versamento, da parte del datore di lavoro, dei contributi previdenziali. In tal modo, quando un lettore di lingua straniera, cittadino di un altro Stato membro, che è stato assunto con un contratto di lavoro a tempo determinato beneficia della trasformazione di tale contratto in un contratto a tempo indeterminato, del pari disciplinato dal diritto privato, le autorità italiane devono assicurarsi che gli siano riconosciuti tutti i suoi diritti quesiti fin dalla data della sua prima assunzione, a pena di incorrere in una discriminazione fondata sulla cittadinanza, incompatibile con l'art. 48 del Trattato. Infatti, come ha affermato la Corte al punto 12 della sentenza Allué e Coonan, citata, il fatto che soltanto il 25% dei lettori di lingua straniera abbiano la cittadinanza italiana ha come conseguenza che un provvedimento adottato nei confronti dei lettori riguarda essenzialmente lavoratori cittadini di altri Stati membri e può costituire pertanto, in assenza di giustificazione, una forma indiretta di discriminazione. Inoltre, secondo una giurisprudenza consolidata, il principio di parità di trattamento, di cui l'art. 48 del Trattato è una specifica espressione, vieta non soltanto le discriminazioni palesi, basate sulla cittadinanza, ma anche qualsiasi forma dissimulata di discriminazione, che, in applicazione di altri criteri di distinzione, conduca di fatto allo stesso risultato (v., in particolare, sentenze 15 gennaio 1986, causa 41/84, Pinna, Racc. pag. 1, punto 23, e 23 maggio 1996, causa C-237/94, O'Flynn, Racc. pag. I-2617, punto 17). Ne consegue che la legge n. 230, applicabile alla generalità dei lavoratori nazionali il cui rapporto di lavoro è disciplinato da contratti di diritto privato, deve esser assunta come punto di riferimento per verificare se il nuovo regime applicabile alle persone che hanno svolto la funzione di lettore di lingua straniera sia analogo al regime generale dei lavoratori nazionali o se, al contrario, attribuisca loro un livello di tutela minore. E' necessario ricordare, a tale proposito, che, al punto 19 della sentenza Allué e Coonan, citata, la Corte ha dichiarato che una disposizione di diritto nazionale che limiti la durata del rapporto di lavoro tra le università e i lettori di lingua straniera era in contrasto con il diritto comunitario, in quanto tale limitazione non esisteva, in via di principio, riguardo agli altri lavoratori. La Corte si pronunciava in tal modo sulla domanda del Pretore di Venezia che le chiedeva, in particolare, se una siffatta misura applicabile esclusivamente ai lettori fosse compatibile con l'art. 48 del Trattato «mentreper gli altri lavoratori dello Stato viene garantita in generale la stabilità attraverso la legge 18 aprile 1962, n. 230». Una delle questioni su cui la Corte si è pronunciata nella sentenza Allué e a., citata, analoga nei contenuti, si riferiva altresì alla legge n. 230. La legge n. 230 è stata così utilizzata, sia dai giudici del rinvio sia dalla Corte, come parametro di riferimento per verificare se la situazione professionale dei lettori di lingua straniera fosse discriminatoria rispetto a quella dei lavoratori nazionali. All'argomento del governo italiano secondo cui il riferimento alla legge n. 230 sarebbe privo di rilevanza in quanto quest'ultima stabilisce la conversione ope legis dei contratti contrariamente al regime istituito dalla legge n. 236, che prevede un nuovo procedimento di selezione pubblica per gli ex lettori di lingua straniera, occorre rispondere che è necessario considerare il contenuto e le finalità di questi due regimi giuridici piuttosto che i loro aspetti formali e le loro modalità. Soltanto un'analisi

29. 30. 31. 32. 33. 34. 35. focalizzata sul contenuto e non sull'aspetto formale di tali regimi giuridici consentirà di stabilire se la loro applicazione effettiva a diverse categorie di lavoratori, che si trovano in situazioni giuridiche analoghe, porti a situazioni compatibili o, al contrario, incompatibili con il divieto fondamentale di discriminazione fondata sulla cittadinanza. Ora, le leggi menzionate prevedono entrambe, allo scopo di tenere in considerazione l'esperienza professionale dei lavoratori, la trasformazione dei contratti di lavoro a tempo determinato in contratti di lavoro a tempo indeterminato, garantendo la conservazione dei diritti quesiti maturati nell'ambito dei rapporti di lavoro precedenti. Conseguentemente, se i lavoratori beneficiano, in forza della legge n. 230, della ricostruzione della loro carriera per quanto riguarda aumenti salariali, anzianità e versamento, da parte del datore di lavoro, dei contributi previdenziali fin dalla data della loro prima assunzione, gli ex lettori di lingua straniera, divenuti collaboratori linguistici, devono altresì beneficiare di una ricostruzione analoga con effetti a decorrere dalla data della loro prima assunzione. L'esame dell'ambito normativo nazionale fa emergere che, certo, l'art. 4, terzo comma, della legge n. 236 prevede esplicitamente la conservazione dei diritti quesiti da parte degli ex lettori di lingua straniera in relazione ai precedenti rapporti di lavoro. Tuttavia, una valutazione delle prassi amministrative e contrattuali poste in essere da alcune università pubbliche italiane consente di concludere nel senso dell'esistenza di situazioni discriminatorie. Risulta così che nelle università della Basilicata e di Roma «La Sapienza» gli ex lettori di lingua straniera, divenuti collaboratori linguistici, e i collaboratori linguistici di nuova assunzione percepiscono la medesima retribuzione, e che quindi non è stata tenuta in considerazione l'esperienza acquisita dagli ex lettori. Nelle università di Milano, Palermo e, dopo la decisione 27 luglio 1994, di Pisa, gli ex lettori, divenuti collaboratori linguistici, sono tutti inquadrati nel medesimo livello retributivo, indipendentemente dalla loro rispettiva anzianità di servizio. Trentotto ex lettoridell'università di Palermo hanno contestato tale livello retributivo dinanzi al giudice del lavoro, che ha accolto la loro istanza. Infine, benché lo stipendio degli ex lettori dell'istituto Universitario Orientale di Napoli sia stato aumentato, il numero di ore di lavoro da prestare annualmente è altresì aumentato, la qual cosa ha avuto l'effetto di ridurre il livello della loro retribuzione oraria. E' vero che l'istituto Universitario Orientale di Napoli prevede, dopo l'adozione della decisione 14 luglio 1999, tre tipi di anzianità per i suoi ex lettori, divenuti collaboratori linguistici, e che nelle università della Basilicata, di Palermo e di Roma «La Sapienza» le autorità universitarie hanno dichiarato la loro volontà di risolvere il problema dei diritti quesiti degli ex lettori. Tuttavia, secondo una giurisprudenza costante, la sussistenza di un inadempimento deve essere valutata alla scadenza del termine stabilito nel parere motivato (v., in particolare, sentenze 18 marzo 1999, causa C-166/97, Commissione/Francia, Racc. pag. I-1719, punto 18, e 14 febbraio 2001, causa C-219/99, Commissione/Francia, Racc. pag. I-1093, punto 7). Nel caso di specie, il parere motivato complementare emesso dalla Commissione il 28 gennaio 1999 fissava un termine di un mese a partire dalla sua comunicazione per conformarvisi. Occorre ancora ricordare che, conformemente a quanto dichiarato in diverse occasioni dalla Corte, uno Stato membro non può eccepire disposizioni, prassi o situazioni del proprio ordinamento giuridico interno per giustificare l'inosservanza degli obblighi derivanti dal diritto comunitario (v. in tal senso, in particolare, sentenze 18 marzo 1999, Commissione/Francia, citata, punto 13, e 15 marzo 2001, causa C-83/00, Commissione/Paesi Bassi, non ancora pubblicata nella Raccolta, punto 10). Da ciò risulta che deve essere respinta la giustificazione del governo italiano secondo cui, poiché il problema del riconoscimento dei diritti quesiti è di natura tipicamente contrattuale, esso non potrebbe essere risolto unilateralmente da parte degli enti pubblici interessati. Deve essere altresì respinto, a

36. 37. maggior ragione, l'argomento di tale governo secondo cui la mancanza di una normativa definitiva relativa al regime giuridico degli ex lettori di lingua straniera sarebbe dovuta alla particolare organizzazione dell'ordinamento universitario italiano. Tenuto conto di quanto precede, occorre dichiarare che la Repubblica italiana, non avendo assicurato il riconoscimento dei diritti quesiti agli ex lettori di lingua straniera, divenuti collaboratori linguistici, riconoscimento invece garantito alla generalità dei lavoratori nazionali, è venuta meno agli obblighi ad essa incombenti in forza dell'art. 48 del Trattato. Sulle spese Ai sensi dell'art. 69, n. 2, del regolamento di procedura, la parte soccombente è condannata alle spese se ne è stata fatta domanda. Poiché la Commissione ne ha fatto domanda, la Repubblica italiana, rimasta soccombente, va condannata alle spese. Aisensi dell'art. 69, n. 4, del regolamento di procedura, il Regno Unito, intervenuto nella controversia, sopporterà le proprie spese. Per questi motivi, LA CORTE (Sesta Sezione) dichiara e statuisce: 1) La Repubblica italiana, non avendo assicurato il riconoscimento dei diritti quesiti agli ex lettori di lingua straniera, divenuti collaboratori linguistici, riconoscimento invece garantito alla generalità dei lavoratori nazionali, è venuta meno agli obblighi ad essa incombenti in forza dell'art. 48 del Trattato (divenuto, in seguito a modifica, art. 39 CE). 2) La Repubblica italiana è condannata alle spese. 3) Il Regno Unito di Gran Bretagna e Irlanda del Nord sopporterà le proprie spese. GulmannPuissochetMacken ColnericCunha Rodrigues Così deciso e pronunciato a Lussemburgo il 26 giugno 2001. Il cancelliere R. Grass Il presidente della Sesta Sezione C. Gulmann 1: Lingua processuale: l'italiano.