Il dovere di riservatezza nel processo di mediazione



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Il dovere di riservatezza nel processo di mediazione Con il d.lgs. n. 28/2010 il Governo ha cercato di recepire gli esiti di un dibattito scientifico che ha preso le mosse negli anni 70 negli Stati Uniti, introducendo un articolato procedimento di mediazione avente lo specifico obiettivo di ridurre il peso del contenzioso e diminuire i tempi del processo civile, sgravato senz altro in prospettiva da una rilevante quota di contenzioso tributario. Dopo più di un anno dalla sua pubblicazione il tema delle Alternative Dispute Resolution è divenuto ormai maturo e grazie anche ai vari contributi, anche di natura monografica avuti nel nostro Paese, è stato possibile chiarire le potenzialità e i limiti insiti nella mediazione 1. Aspetti generali Prima di entrare nel vivo della tematica di cui si intende discutere in questa sede, si ritiene utile accennare al significato dei termini utilizzati dal legislatore, in parte innovativi rispetto alla nostra tradizione giuridica. Secondo l art. 1 del suddetto d.lgs. con mediazione si intende «l attività svolta da un terzo imparziale e finalizzata ad assistere due o più soggetti sia nella ricerca di un accordo amichevole per la composizione della controversia, sia nella formulazione di una proposta per la risoluzione della stessa»; per altro verso, la conciliazione è la «composizione di una controversia a seguito dello svolgimento della mediazione». Il termine mediazione, pertanto, indica quel procedimento tramite il quale si giunge, qualora sia possibile, alla conciliazione. Tra gli argomenti maggiormente dibattuti su quello che si può definire, quindi, il procedimento per eccellenza di risoluzione extra-giudiziale delle controversie, ormai obbligatorio dallo scorso 21 marzo, vi è il diritto o, se lo si vede dal lato del mediatore, si può dire il dovere di riservatezza. Ci si chiede cioè, se si riuscirà davvero a rispettare il diritto alla riservatezza che spetta alle parti e quali saranno le modalità con cui lo stesso verrà ad essere tutelato. Un procedimento, quello di mediazione, che nonostante non possa sforare i quattro mesi 2 come durata massima, termine che decorre dalla data di deposito 1 C. ULLOA, La conciliazione. Modelli di composizione dei conflitti, Padova, 2008, 49 e ss, e letteratura citata. Per una completa ricostruzione storica sull argomento si veda F. SANTAGADA, La conciliazione delle controversie civili, Bari, 2008. Per quanto riguarda i contributi stranieri si veda V. VARANO, L altra giustizia. I metodi alternativi di risoluzione delle controversie nel diritto, Milano, 2007. 2 Tale termine si prevede sia nel caso della mediazione obbligatoria che di quella facoltativa. Le parti potranno in entrambi i casi, proporre, senza ulteriore attesa, la domanda giudiziale una volta decorsi i quattro mesi. Nei casi di mediazione facoltativa, casi aventi ad oggetto diritti disponibili (art. 2 comma 1 d.lgs. 28/2010) non rientranti nell art. 5

della domanda di mediazione o dalla scadenza di quello fissato dal giudice per il deposito della stessa nel caso in cui il tentativo di mediazione non sia stato ritualmente esperito prima dell inizio della controversia, e nonostante la sua apparente semplicità, presenta in sé diversi interrogativi. Gli artt. 9 e 10 del d.lgs. n. 28/2010 3, anche se apparentemente secondari, sono in realtà i principali riferimenti normativi nella disciplina riservata a tutto il procedimento di mediazione. Le questioni sulla privacy possono sollevarsi in merito a controversie di qualunque genere come quelle condominiali, di eredità, locazione, risarcimento del danno dalla circolazione di veicoli e natanti, diffamazione a mezzo stampa, contratti assicurativi, bancari e finanziari, contratti di comodato, affitto di aziende, risarcimento del danno derivante, da responsabilità medica e da diffamazione con il mezzo della stampa o con altro mezzo di pubblicità. del decreto del 2010, la scelta di ricorrere alla mediazione è rimessa alla libera determinazione delle parti in conflitto. Che potranno anche in qualunque momento proporre domanda giudiziale. Quest ultimo comportamento, però, secondo D. LOTARIO, Il procedimento di mediazione nel d.lgs. 28 del 4 marzo 2010, su http://people.unica.it «sarebbe assai poco coerente con l espletamento del tentativo volontario». Per le dodici materie tassativamente elencate all art. 5, il procedimento di mediazione costituisce una condizione di procedibilità della domanda giudiziale. Si parla in questi casi, infatti, di mediazione obbligatoria. Il legislatore, accanto a tali tipi di procedimenti di mediazione, prendendo spunto dalla richiamata direttiva n. 52/2008, ha inserito un tertium genus di procedimento di mediazione: la c.d. mediazione delegata dal Giudice. L art. 5, comma 2, in merito stabilisce che «fermo quanto previsto dal comma 1 e salvo quanto disposto dai commi 3 e 4, il giudice, anche in sede del giudizio di appello, valutata la natura della causa, lo stato dell istruzione e il comportamento delle parti, può invitare le stesse a procedere alla mediazione». L invito fatto dal giudice deve essere rivolto alle parti prima dell udienza di precisazione delle conclusioni ovvero, quando tale udienza non è prevista, prima della discussione della causa. In tali casi il giudice, se entrambe le parti aderiscono all invito, fissa la successiva udienza dopo la scadenza del termine di cui all art. 6 (i quattro mesi di cui si è detto), senza sospendere il processo. Nell ipotesi di mediazione delegata, a parere di chi scrive, è necessario che l accordo conciliativo riportato nel verbale di conciliazione venga omologato, non già dal Presidente del Tribunale ove ha sede l Organismo di conciliazione, così come previsto dall art. 12, comma 1 del suddetto decreto, ma dallo stesso giudice della causa. La previsione di cui si sta accennando presenta l indubbio vantaggio di realizzare la separazione delle funzioni conciliative da quelle di decisione della causa. Così facendo l imparzialità del giudice non rischia di essere appannata in vista di un eventuale decisione della causa. A questi spetta solo il potere di promuovere il procedimento di mediazione e non già di svolgere in ambito endoprocessuale le funzioni conciliative. 3 Con tale decreto, com è noto, si è dato attuazione all art. 60 della legge del 18 giugno 2009 n. 69. In proposito si veda F. P. LUISO, La delega in materia di mediazione e conciliazione, in Riv. Dir. Proc., 2009, 1257 e ss, e I. LOMBARDINI, Considerazioni sulla legge delega in materia di mediazione e conciliazione nelle controversie civili e commerciali, in Studium juris, 2010, 8 e ss.

Con gli artt. 9 e 10 4 del decreto si disciplinano rispettivamente il dovere di riservatezza da una parte e la inutilizzabilità delle informazioni e dichiarazioni, nonché il segreto professionale dall altra. Invero, affinché la parti possano esperire liberamente e senza alcuna remora il tentativo di mediazione, è essenziale che siano realmente certe che le informazioni rese in tale sede non vengano in alcun modo utilizzate nel corso della possibile successiva fase contenziosa. Tali dichiarazioni e informazioni che il mediatore riceve dalle parti durante il procedimento, pertanto, solo dietro esplicito consenso delle parti possono essere utilizzate in sede processuale. In caso contrario il mediatore è tenuto al segreto professionale su di esse. L obbligo di riservatezza, tra l altro, si estende alle dichiarazioni che il mediatore ha acquisito nel corso delle sessioni separate. È, infatti, espressamente ammessa nel procedimento la possibilità di sentire separatamente le parti ed al mediatore è data possibilità però, di utilizzare tali informazioni al fine di redigere la finale proposta di conciliazione. «Le dichiarazioni rese o le informazioni acquisite nel corso del procedimento di mediazione non possono essere utilizzate nel giudizio avente il medesimo oggetto anche parziale, iniziato, riassunto o proseguito dopo l insuccesso della mediazione» 5. L unica possibilità di deroga a questo principio è, come si è detto, il consenso della parte dichiarante o dalla quale comunque, provengono le informazioni. Da ciò consegue che l eventuale proposta di conciliazione, che verrebbe depositata successivamente dinanzi al giudice, non potrà indicare le ragioni della proposta stessa, rimanendo in tal modo priva di una formale e pubblica motivazione, che sarà sconosciuta anche ad una delle parti nel caso in cui il mediatore abbia appreso in sede separata e segreta i dati forniti dalla controparte. 4 «Art. 9 -Dovere di riservatezza- 1. Chiunque presta la propria opera o il proprio servizio nell'organismo o comunque nell'ambito del procedimento di mediazione è tenuto all'obbligo di riservatezza rispetto alle dichiarazioni rese e alle informazioni acquisite durante il procedimento medesimo. 2. Rispetto alle dichiarazioni rese e alle informazioni acquisite nel corso delle sessioni separate e salvo consenso della parte dichiarante o dalla quale provengono le informazioni, il mediatore è altresì tenuto alla riservatezza nei confronti delle altre parti. Art. 10 -Inutilizzabilità e segreto professionale- 1. Le dichiarazioni rese o le informazioni acquisite nel corso del procedimento di mediazione non possono essere utilizzate nel giudizio avente il medesimo oggetto anche parziale, iniziato, riassunto o proseguito dopo l'insuccesso della mediazione, salvo consenso della parte dichiarante o dalla quale provengono le informazioni. Sul contenuto delle stesse dichiarazioni e informazioni non è ammessa prova testimoniale e non può essere deferito giuramento decisorio. 2. Il mediatore non può essere tenuto a deporre sul contenuto delle dichiarazioni rese e delle informazioni acquisite nel procedimento di mediazione, né davanti all'autorità giudiziaria né davanti ad altra autorità. Al mediatore si applicano le disposizioni dell'articolo 200 del codice di procedura penale e si estendono le garanzie previste per il difensore dalle disposizioni dell'articolo 103 del codice di procedura penale in quanto applicabili». 5 Così è ai sensi dell art. 10 del d.lgs. n. 28.

Il mediatore tra l altro, non può essere chiamato neanche a deporre in giudizio su quanto rivelato dalle parti. Gode, in tal caso, della protezione riservata e assicurata al difensore, in base a quanto disposto dagli artt. 103 e 200 c.p.p. Il testo dell art. 10, primo comma, non ammette poi sul contenuto delle stesse dichiarazioni e informazioni né la prova testimoniale né il giuramento decisorio 6. Il riferimento al giuramento decisorio è stato aggiunto in sede di redazione finale del decreto del 2010 dietro suggerimento della Commissione Giustizia della Camera dei Deputati. Molti in dottrina ritengono che si sia confuso il giuramento decisorio con l interrogatorio formale. La parte, infatti, in tal modo potrebbe ottenere la prova della confessione stragiudiziale resa dalla controparte durante il tentativo di mediazione 7. In merito al dovere di riservatezza non può non richiamarsi la direttiva 2008/52/CE, che è stata tra i primi strumenti a livello europeo a proteggere e tutelare i dati sensibili delle parti nel procedimento di mediazione. Al suo sedicesimo e ventitreesimo punto di considerazioni iniziali ne ha ribadito l importanza fondamentale ed ha guidato gli Stati dettando i principi base per la formazione dei mediatori anche su questo aspetto 8. Successivamente, la stessa direttiva dedica l intero art. 7 alla riservatezza nella mediazione affermando chiaramente che il procedimento di mediazione deve avere luogo in modo da rispettare la riservatezza, e che gli Stati membri devono intervenire al fine di garantire che, «a meno che le parti non decidano diversamente, né i mediatori né i soggetti coinvolti nell amministrazione del procedimento di mediazione siano obbligati a testimoniare nel procedimento giudiziario o di arbitrato in materia civile e commerciale riguardo alle informazioni risultanti da un procedimento di mediazione o connesse con lo stesso». Tale 6 Così ancora D. LOTARIO, Il procedimento di mediazione nel d.lgs. 28 del 4 marzo 2010, cit., 23 e ss., e letteratura ivi citata. 7 Con il giuramento decisorio, che come si ricorderà, secondo l art. 2736, primo comma, c.c., è «quello che una parte deferisce all altra per farne dipendere la decisione totale o parziale della causa», sarebbe inammissibile l iniziativa della parte che deferisse alla propria controparte il giuramento sulle dichiarazioni a questa favorevoli e non quindi, sui fatti oggetto di dichiarazione in sede di mediazione. In merito si veda anche M. F. GHIRGA, Strumenti alternativi di risoluzione della lite: fuga dal processo o dal diritto? (Riflessioni sulla mediazione in occasione della pubblicazione della Direttiva 2008/52/CE), in Riv. Dir. Proc., 2009, 357 e ss. 8 «(16) Al fine di garantire la fiducia reciproca necessaria in relazione alla riservatezza, all effetto sui termini di decadenza e prescrizione nonché al riconoscimento e all esecuzione degli accordi risultanti dalla mediazione, gli Stati membri dovrebbero incoraggiare, in qualsiasi modo essi ritengano appropriato, la formazione dei mediatori e l introduzione di efficaci meccanismi di controllo della qualità in merito alla fornitura dei servizi di mediazione». «(23) La riservatezza nei procedimenti di mediazione è importante e quindi la presente direttiva dovrebbe prevedere un grado minimo di compatibilità delle norme di procedura civile relative alla maniera di proteggere la riservatezza della mediazione in un successivo procedimento giudiziario o di arbitrato in materia civile e commerciale».

tutela ovviamente non viene riservata anche ai casi in cui la deposizione di soggetti sopra indicati sia indispensabile per tutelare esigenze di ordine pubblico dello Stato membro interessato o per assicurare la protezione degli interessi superiori di minori o per scongiurare un danno all integrità fisica o psicologica di una persona. Gli Stati, inoltre, qualora lo ritenessero necessario, potrebbero comunque adottare in ogni momento misure restrittive per tutelare la riservatezza nella mediazione 9. Interventi dell Autorità Garante della Privacy Il 3 maggio 2011 sulla Gazzetta Ufficiale n. 101 sono state pubblicate due autorizzazioni generali 10 ed un provvedimento emanati dal Garante della Privacy, con le quali si è inteso intervenire sull argomento proprio al fine di chiarire il trattamento e la tutela dei dati sensibili e giudiziari che verranno inevitabilmente ad essere trattati nel corso dei procedimenti di mediazione. Il Garante, avvalendosi della possibilità prevista dagli articoli 26 e 27 del Codice della privacy, ha dimostrato l affidabilità dell istituto di mediazione nel rilasciare autorizzazioni generali per il trattamento dei dati sensibili 11 e giudiziari 12. In realtà, tenendo conto di quanto previsto dal d.lgs. 28/2010 e dal D. M. Giustizia n. 180/2010, nulla di preciso si dice circa la tipologia dei dati e le operazioni eseguibili. È proprio per questo che l Autorità Garante ha anticipato i tempi ed ha predisposto un terzo atto 13 di concerto con il Ministero della Giustizia. Si tratta di un regolamento tipo che può essere utilizzato dagli Organismi di mediazione per il trattamento dei dati sensibili idonei a rivelare lo stato di salute, la vita sessuale, l origine razziale o etnica, le convinzioni religiose ed anche le informazioni di carattere giudiziario, senza dover necessariamente attendere il via libera dell Authority, che sarebbe invece necessario in caso di presentazione di un proprio regolamento. Tutti questi dati potranno ovviamente essere utilizzati solo limitatamente 9 Direttiva 2008/52/CE del Parlamento e del Consiglio del 21 maggio 2008 relativa a determinati aspetti della mediazione civile e commerciale, art. 7, secondo comma. 10 Si tratta delle autorizzazioni generali n. 161 e 162 del 21 aprile 2011. 11 Autorizzazione n. 161. 12 Autorizzazione n. 162. 13 Deliberazione n. 160.

all ambito delle attività della mediazione obbligatoria. Nel momento in cui il mediatore svolge sessioni separate con le singole parti, non può rivelare alcuna informazione acquisita all altra parte in causa. Finalità di tale previsione, propria di tutte le esperienze comparate a livello internazionale, consente alle parti di svelare ogni dato utile al compromesso, senza dover avere timore che quanto detto possa essere oggetto di un uso contro la parte medesima. I soggetti coinvolti si sentiranno così liberi di manifestare i loro reali interessi davanti a un soggetto che dovrà essere dotato di un elevata professionalità per comporli 14. Con gli atti sopra indicati il Garante ha agevolato il compito degli Organismi di mediazione, semplificandone gli adempimenti previsti, pur mantenendo un opportuno controllo a tutela dei diritti delle parti coinvolte. L Authority ha, infatti, previsto una scadenza temporale per le due deliberazioni, che rimarranno valide fino al 30 giugno 2012, insieme alla possibilità di operare eventuali variazioni qualora dovessero intervenire modifiche alla vigente normativa di riferimento. Il presidente dell Autorità, Francesco Pizzetti, nella sua relazione del 2010, ha spiegato l utilizzo dei dati personali che viene attuato con la mediazione 15. Con la deliberazione n. 161 del 2011 gli organismi di mediazione e conciliazione privati sono stati autorizzati all uso delle informazioni sensibili di cui vengono a conoscenza durante i procedimenti per il componimento della controversia, o nel caso in cui l accordo non si dovesse riuscire a raggiungere, nella formulazione della proposta risolutiva. La deliberazione n. 162 del 21 aprile 2011, invece, viene riservata al trattamento dei dati giudiziari richiesti dalle norme sulla conciliazione a soci, associati, amministratori e rappresentanti degli enti e organismi e ai singoli mediatori. Anche questo tipo di dati possono essere utilizzati dagli organismi di mediazione, pubblici o privati che siano, gli enti di formazione e il ministero della Giustizia. Come si è detto, entrambe le deliberazioni sono 14 Il presidente dell Autorità Garante per la Privacy dal 18 aprile 2005, ha spezzato una lancia a favore della mediazione, rendendo di fatto possibile procedere al regolare svolgimento delle mediazioni che «avrebbero potuto, in caso d inerzia, trovare un ostacolo nei vincoli previsti in occasione del trattamento di informazioni tutelate dalla normativa in materia di privacy. Basti pensare ad esempio alle informazioni sullo stato di salute di alcuni soggetti coinvolti nella mediazione in caso di risarcimento del danno per colpa medica, oppure alle sentenze sulla base delle quali sia possibile chiedere un ristoro ricorrendo alla conciliazione»., così su www.ilsole24ore.it. Per ulteriore approfondimenti sul discorso tenuto dal Presidente si veda http://www.garanteprivacy.it/garante/document? ID=1819636. 15 Si parla, come si è detto, di dati anche di tipo sensibile, come avviene nelle richieste di risarcimento danno da responsabilità medica o diffamazione, oppure di tipo giudiziario, come i dati relativi a sentenze di condanna penale in base alle quali può chiedersi il risarcimento.

valide fino al 30 giugno 2012, considerato che il Garante si è riservato la possibilità di procedere a modifiche in relazione all eventuale mutamento della normativa di riferimento. Tutti questi accorgimenti che il Garante ha fissato per la mediazione civile sono risultati indispensabili per mantenere elevate le garanzie per i dati sensibili e giudiziari delle parti, nonché per i diritti e le libertà fondamentali delle stesse nella procedura di mediazione. Oltre ad un esigenza di semplificazione nella procedura, l intervento del Garante si è reso necessario proprio per tutelare il diritto alla riservatezza dei soggetti coinvolti 16. I soggetti pubblici che intendano costituire un organismo di mediazione, per essere in regola con la normativa, dovranno, quindi, rispettare la normativa sulla privacy e aggiungere al proprio regolamento per il trattamento dei dati sensibili e giudiziari un documento predisposto dall Autorità. In esso dovranno essere individuati i tipi di dati 17 e le operazioni eseguibili 18. Una volta completato il regolamento integrato dal documento non dovrà essere necessariamente sottoposto ancora al parere del Garante. Con quest ultimi contributi del Garante della privacy si rimane fiduciosi che il diritto-dovere di riservatezza dei dati sensibili delle parti coinvolte nel procedimento di mediazione e conciliazione possa essere garantito sempre dalla professionalità, formazione e preparazione continua e sempre più specifica dei mediatori. Gran parte del successo di tale strumento alternativo di risoluzione delle controversie dipenderà proprio dal rispetto dei princìpi suddetti 19. Avv. Lucia Lorenzini 16 Riepilogando, quindi, mentre il primo provvedimento autorizza gli organismi di mediazione privati al trattamento dei dati sensibili, il secondo dà l'ok in pratica a tutti i soggetti coinvolti organismi di mediazione, pubblici o privati, enti di formazione e ministero della Giustizia a trattare i soli dati giudiziari relativi ai requisiti di onorabilità richiesti dalle norme sulla conciliazione a soci, associati, amministratori e rappresentanti degli enti e organismi e anche ai singoli mediatori. 17 Ad esempio lo stato di salute, vita sessuale, convinzioni politiche, condanne, ed altro. 18 Come la raccolta presso l'interessato o presso terzi, l elaborazione in forma cartacea o automatizzata, etc. si vedano gli artt. 20, comma 2, 21, comma 2, e 154, lett. g) del Codice ed il documento riportato in allegato. 19 Per un approfondimento sui criteri che il mediatore dovrebbe rispettare durante il procedimento si veda M. SCLAVI, Ascolto attivo e seconda modernità. Sul discutere i pro e i contro e sulla gestione creativa dei conflitti, Milano, 2009.

Lucia Lorenzini, avvocato del Foro di Reggio Calabria, Mediatore civile e Conciliatore Societario professionista. Dottore di ricerca in Economia Pubblica. Esperta in problematiche fallimentari e relative alla tutela dei minori.