RELAZIONE. L articolo 1 prevede talune modifiche al codice di procedura penale.

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RELAZIONE Il decreto legislativo si propone di dare attuazione alla delega normativa conferita al governo dalla legge 6 agosto 2013, n. 96, in particolare dall articolo 1 nonché dall allegato B, con riferimento alla direttiva 2012/29/UE che istituisce norme minime in materia di diritti, assistenza e protezione delle vittime di reato. Il predetto provvedimento si colloca nel più ampio contesto della legislazione dell Unione dedicata alle vittime: tra le molte, la direttiva 2004/80/CE sulla tutela delle vittime di reati intenzionali violenti e la direttiva 2011/36/UE, che sostituisce la Decisione quadro del Consiglio 2002/629/GAI, stabilendo norme minime relative alla definizione dei reati e delle sanzioni nell'ambito della tratta di esseri umani nonché introducendo disposizioni comuni per i vari Stati membri dell'unione europea. Il diritto interno, già fortemente orientato a garantire diritti, assistenza e protezione alle vittime di reato, viene modificato solo marginalmente dal decreto, ritenendosi, all esito di un capillare lavoro di analisi e di verifica della relativa concordanza, che molte delle disposizioni di tutela previste dalla Direttiva siano già presenti e che, per l effetto, l ordinamento sia sostanzialmente conforme, fatte salve le specifiche disposizioni introdotte. Quanto sopra dà conto e ragione della snella natura del decreto che consta di soli due articoli recanti modifiche dell ordinamento interno, il primo dei quali contiene modifiche al codice di procedura penale. L articolo 1 prevede talune modifiche al codice di procedura penale. In particolare, il comma 1, lettera a), introduce una specifica disposizione che impone al giudice, in caso di dubbio sulla maggiore o minore età della persona offesa, di procedere ad accertamento tecnico, sancendo al contempo che, ove il dubbio permanga pur all esito della verifica disposta, si presuma la minore età ai soli fini della applicazione delle norme processuali (di garanzia). Evidente l analogia con la disposizione contenuta nell articolo 8 D.P.R. 22 settembre 1988, n. 448, volta, però, a disciplinare l ipotesi di dubbio sull età dell imputato. Inoltre, in attuazione della disposizione di cui all articolo 2, lettera b), della direttiva che impone di includere nella nozione di familiari, oltre al coniuge, la persona che convive con la vittima in una relazione intima, nello stesso nucleo familiare e in modo stabile e continuo, viene previsto che, qualora la persona offesa sia deceduta in conseguenza del reato, le facoltà e i diritti previsti dalla legge sono esercitati, oltreché dal coniuge, dalla persona alla medesima legata da relazione affettiva e con essa stabilmente convivente. L articolo 1, comma 1, lettera b), introduce nel codice di rito tre disposizioni. In primo luogo, l articolo 90-bis, rubricato Informazioni alla persona offesa : la norma recepisce talune disposizioni della direttiva, la cui ratio è quella di consentire alla persona offesa, sin dal primo contatto con l autorità, di ricevere, in lingua a lei comprensibile, una serie di informazioni utili ad orientarla durante lo svolgimento delle indagini e nell eventuale fase processuale. In particolare, tali informazioni riguardano: le modalità di presentazione degli atti di denuncia o querela, il ruolo che assume nel corso delle indagini e del processo, il diritto ad avere conoscenza della data, del luogo del processo e della imputazione e, ove costituita parte civile, il diritto a ricevere notifica della sentenza, anche per estratto; la facoltà di ricevere comunicazione dello stato del procedimento e delle iscrizioni di cui all articolo 335, commi 1 e 2; la facoltà di essere avvisata della richiesta di archiviazione; la facoltà di avvalersi della consulenza legale e del patrocinio a spese dello Stato; le modalità di esercizio del diritto all interpretazione e alla traduzione di atti del procedimento; le eventuali misure di protezione che possono essere disposte in suo favore; i diritti riconosciuti dalla legge nel caso in cui risieda in uno Stato membro dell Unione europea diverso da quello in cui è stato commesso il reato; le modalità di contestazione di eventuali violazioni dei propri diritti; le autorità cui rivolgersi per ottenere informazioni sul procedimento; le modalità di

rimborso delle spese sostenute in relazione alla partecipazione al procedimento penale; la possibilità di chiedere il risarcimento dei danni derivanti da reato; la possibilità che il procedimento sia definito con remissione di querela di cui all articolo 152 del codice penale, ove possibile, o attraverso la mediazione. L area della mediazione penale non ha, allo stato, contorni nettamente definiti e in essa rientrano istituti eterogenei tra loro accomunati da formule conciliative e riparative di definizione del procedimento. Può farsi, ad esempio, richiamo alla definizione del procedimento dinanzi al giudice di pace per estinzione del reato conseguente a condotte riparatorie, o anche alla definizione del procedimento ordinario per il buon esito della messa alla prova, che presuppone la riparazione del danno causato alla vittima. Deve comunque considerarsi che le tendenze riformatrici sono orientate all arricchimento degli istituti di mediazione penale e ciò dà conto dell uso, nella disposizione ora in esame, di una clausola ampia e generale quale è quella di mediazione. Oggetto di informazione risultano essere, altresì, le facoltà spettanti nei procedimenti in cui l imputato formula richiesta di sospensione del procedimento con messa alla prova o in quelli in cui è applicabile la causa di esclusione della punibilità per particolare tenuità del fatto, quest ultima informazione inserita in accoglimento dell osservazione formulata dalla II Commissione (Giustizia) della Camera; le strutture sanitarie presenti sul territorio, le case famiglia, i centri antiviolenza e le case rifugio. In secondo luogo, viene data attuazione all articolo 6, paragrafo 5, della Direttiva che obbliga gli Stati membri a garantire alla vittima la possibilità di essere informata senza ritardo della scarcerazione o dell evasione della persona indagata, imputata o condannata. Si inserisce, a tale scopo, nel codice di rito l articolo 90-ter, rubricato Comunicazioni dell evasione e della scarcerazione, che integra l attuale regime delle comunicazioni di cui all articolo 299, commi 1- bis e 1-ter, del codice di procedura penale prevedendo che «fermo quanto previsto dall articolo 299, nei procedimenti per delitti commessi con violenza alla persona sono immediatamente comunicati alla persona offesa che ne faccia richiesta, con l ausilio della polizia giudiziaria, i provvedimenti di scarcerazione e di cessazione della misura di sicurezza detentiva, ed è altresì data tempestiva notizia, con le stesse modalità, dell evasione dell imputato in stato di custodia cautelare o del condannato, nonché della volontaria sottrazione dell internato all esecuzione della misura di sicurezza detentiva». Sempre conformemente alla direttiva, in tema di comunicazioni dell evasione e della scarcerazione alla persona offesa che ne faccia richiesta, si è introdotto l inciso «salvo che risulti, anche nella ipotesi di cui all articolo 299, il pericolo concreto di un danno per l autore del reato» che costituisce per il giudice motivo ostativo al compimento di tali comunicazioni qualora emergano concreti elementi da cui con evidenza desumere la possibilità di azioni ritorsive contro l imputato, il condannato o l internato in stato di libertà. In terzo luogo, in accoglimento della osservazione formulata dalla II Commissione (Giustizia) della Camera, in un ottica di rafforzamento della posizione delle vittime di reato nonché di salvaguardia delle stesse rispetto a fenomeni di vittimizzazione secondaria, si è introdotta, con l articolo 90- quater, l espressa definizione della condizione di vulnerabilità. In particolare, si è ritenuto che, agli effetti delle disposizioni del presente codice, la condizione di particolare vulnerabilità della persona offesa è desunta, oltre che dall età e dallo stato di infermità o di deficienza psichica, dal tipo di reato, dalle modalità e circostanze del fatto per cui si procede. Per la valutazione della condizione si tiene conto se il fatto risulta commesso con violenza alla persona o con odio razziale, se è riconducibile ad ambiti di criminalità organizzata o di terrorismo, anche internazionale, o di tratta degli esseri umani, se si caratterizza per finalità di discriminazione, e se la persona offesa è affettivamente, psicologicamente o economicamente dipendente dall autore del reato. L articolo 1, comma 1, lettera c), in accoglimento dell osservazione formulata dalla II Commissione (Giustizia), introduce una modifica, del comma 4 dell articolo 134 del Codice di procedura penale che estende l obbligatorietà della riproduzione audiovisiva delle dichiarazioni della persona offesa in condizione di particolare vulnerabilità, anche al di fuori delle ipotesi di assoluta indispensabilità.

L articolo 1, comma 1, lettera d), sempre con la finalità di accrescere il diritto di partecipazione e le aspettative di tutela delle vittime di reati, interviene sulla materia dell interpretariato e della traduzione, dettando specifiche disposizioni che integrano quelle recentemente modificate in sede di decreto legislativo 4 marzo 2014, n. 32, di attuazione della direttiva 2010/64/UE sul diritto all'interpretazione e alla traduzione nei procedimenti penali. La citata novella ha introdotto disposizioni specificatamente rivolte a tutelare l imputato, mentre il decreto oggi proposto ha lo scopo di consentire al giudice di nominare interpreti e traduttori al fine di permettere anche alla vittima una adeguata e consapevole partecipazione al procedimento penale, tanto in fase investigativa che nella fase propriamente processuale. Il decreto introduce nel codice di procedura penale l articolo 143-bis, rubricato Altri casi di nomina dell interprete. Il primo comma di tale nuova disposizione riproduce il vecchio testo dell articolo 143 del codice di procedura, prevedendo che l autorità procedente nomina un interprete quando occorre tradurre uno scritto in lingua straniera o in un dialetto non facilmente intellegibile ovvero quando la persona che vuole o deve fare una dichiarazione non conosce la lingua italiana. Si prevede altresì, al secondo comma, che l autorità procedente nomina, anche d ufficio, un interprete quando occorre procedere all audizione della persona offesa che non conosce la lingua italiana, nonché nei casi in cui la stessa intenda partecipare all udienza e abbia fatto richiesta di essere assistita dall interprete. Per rispondere alle esigenze di celerità e di immediatezza, si consente che l assistenza dell interprete possa essere assicurata, ove possibile, anche mediante l utilizzo delle tecnologie di comunicazione a distanza, sempreché la presenza fisica dell interprete non sia necessaria per permettere alla persona offesa di esercitare correttamente i suoi diritti o comprendere il procedimento. Infine, si prevede che l autorità procedente nomina un interprete se la persona offesa, che non conosce la lingua italiana, richiede la traduzione, anche per estratto, di atti o parti di atti del procedimento essenziali per l esercizio dei suoi diritti, inclusa l attestazione della presentazione della denuncia o della querela. Di fondamentale importanza la disposizione per la quale, in tale caso, la traduzione è disposta in forma orale se il giudice ritiene che non ne derivi pregiudizio ai diritti della persona offesa. L articolo 1, comma 1, lettere da e) ad h), in accoglimento delle osservazioni formulate dalla II Commissione (Giustizia) della Camera, consente al giudice di estendere alle persone offese particolarmente vulnerabili (in ragione della minore età, della infermità di mente o della natura del reato per cui si procede) le particolari cautele oggi previste solo per i procedimenti penali relativi a specifiche tipologie di reato, oggetto di preventiva elencazione da parte del legislatore. Le diposizioni introdotte consentono, in particolare, di adeguare l ordinamento interno alle previsioni di cui all articolo 23 della direttiva. La lettera e) estende anche alla persona offesa che si trovi in condizione di particolare vulnerabilità le tutele contenute nell articolo 190-bis, pertanto, nel caso di esame di un testimone che abbia già reso dichiarazioni in sede di incidente probatorio o in dibattimento nel contraddittorio con la persona nei cui confronti le dichiarazioni medesime saranno utilizzate ovvero dichiarazioni i cui verbali sono stati acquisiti, l'esame è ammesso solo se riguarda fatti o circostanze diversi da quelli oggetto delle precedenti dichiarazioni ovvero se il giudice o taluna delle parti lo ritengono necessario sulla base di specifiche esigenze. Le lettere f) e g) estendono l ausilio psicologico ai casi in cui è necessario assumere sommarie informazioni da una persona offesa, anche maggiorenne, in condizione di particolare vulnerabilità. In ogni caso si assicura che la persona offesa particolarmente vulnerabile, in occasione della richiesta di sommarie informazioni, non abbia contatti con la persona sottoposta ad indagini e non sia chiamata più volte a rendere sommarie informazioni, salva l assoluta necessità per le indagini. La lettera h) prevede che, in ogni caso, quando la persona offesa versa in condizione di particolare vulnerabilità, il pubblico ministero, anche su richiesta della stessa, o la persona sottoposta alle

indagini possono chiedere che si proceda con incidente probatorio all assunzione della sua testimonianza. L articolo 1, comma 1, lettere i) ed l), novella le diposizioni del codice di rito in materia di acquisizione delle deposizioni testimoniali in sede di incidente probatorio e di esame dibattimentale, rispettivamente articoli 398 e 498 del codice di procedura penale. L articolo 2 del decreto reca le modifiche alle disposizioni di attuazione, coordinamento e transitorie al codice di procedura penale. In particolare, viene inserito l articolo 107-ter disp. att. che prevede specificamente, in favore della persona offesa che non conosce la lingua italiana, la facoltà di presentare la denuncia o proporre la querela utilizzando una lingua a lei conosciuta, sempre che presentazione o proposizione avvengano dinnanzi alla procura della Repubblica presso il tribunale del capoluogo del distretto. La direttiva, di cui si dà attuazione, contempla infatti l obbligo di assicurare una tale facoltà, senza però escludere che l esercizio della predetta, in ragione degli oneri organizzativi e finanziari che comporta, possa essere regolato in maniera tale da selezionare gli uffici giudiziari maggiormente capaci sul territorio di dotarsi della necessaria traduzione in lingua italiana. Inoltre, si inserisce la previsione secondo la quale, negli stessi casi e previa richiesta, la persona offesa, ha diritto di ottenere gratuitamente la traduzione in una lingua a lei conosciuta, dell attestazione dell avvenuta presentazione di una denuncia o della querela. Al fine di dare attuazione alla previsione di cui all articolo 17, paragrafo 3, della Direttiva, che espressamente impone agli Stati membri di provvedere affinché l'autorità competente dinanzi alla quale la vittima presenta la denuncia la trasmetta senza indugio all'autorità competente dello Stato membro in cui è stato commesso il reato, qualora la competenza ad avviare il procedimento non sia esercitata dallo Stato membro in cui è stata presentata la denuncia, l articolo 2, comma 1, lettera b), stabilisce che, dopo l articolo 108-bis disp. att., sia inserito l articolo 108-ter, secondo il quale, quando la persona offesa denunciante o querelante sia residente o abbia il domicilio nel territorio dello Stato, il procuratore della Repubblica trasmette al procuratore generale presso la Corte di appello le denunce o le querele per reati commessi in altri Stati dell Unione europea, affinché ne curi l invio all autorità giudiziaria competente. L articolo 3 reca le disposizioni finanziarie. All esito dell esame delle osservazioni formulate dalle competenti Commissioni parlamentari (XIV, V e II della Camera dei deputati e 2 a del Senato), si è ritenuto di accoglierne gran parte, in specie quelle relative: - ad una più puntuale articolazione della nozione di vulnerabilità ; - alla possibilità di far ricorso alle riprese audiovisive; - alle informazioni sulle condotte transattive e sulle facoltà esercitabili in caso di sospensione del procedimento con messa alla prova ovvero in caso di applicabilità della causa di esclusione della punibilità per particolare tenuità del fatto; - al rafforzamento delle modalità di audizione protetta per i soggetti che versano in condizione di vulnerabilità; - all utilità delle informazioni per l esercizio dei diritti in tema di ricorso alla traduzione gratuita; È stata, inoltre, accolta la condizione posta dalla V Commissione (Bilancio) della Camera, contenente una modifica dell articolo 3 relativo alle disposizioni finanziarie.

Non sono state, invece, favorevolmente valutate alcune altre osservazioni, per le ragioni che di seguito si espongono. - In ordine alla osservazione che mira alla introduzione nel tessuto normativo processuale del provvedimento dichiarativo dello stato di vulnerabilità, se ne ritiene la superfluità, ben potendo l autorità giudiziaria che procede, sì come previsto dallo schema di decreto legislativo, apprezzare lo stato di vulnerabilità ai fini specifici dell atto da compiere, senza che l emissione anticipata di un provvedimento dichiarativo della particolare vulnerabilità possa accrescere le potenzialità di tutela. Si rischierebbe, anzi, di doversi misurare con il problema dell eventuale impugnabilità del decreto e con le conseguenti connesse problematiche relative alla durata del procedimento e ad una possibile maggiore macchinosità delle azionate procedure. - Non si sono estesi i presidi di tutela a favore delle vittime di reato anche ai testimoni c.d. vulnerabili, dal momento che la direttiva, a cui si dà attuazione, non affronta il tema del testimone c.d. vulnerabile, limitandosi alla tematica, già ampia, della vittima dei reati. - Non si è accolto il rilievo sull estensione della notifica dell avviso della conclusione delle indagini preliminari di cui all articolo 415 bis del codice di procedura penale a tutte le vittime di reato, quale che sia il titolo di reato, non risultando ciò espressamente imposto dalla direttiva. Essa si limita a menzionare il diritto alle informazioni che consentono alla vittima di essere al corrente dello stato del procedimento, il che non implica, per necessità, la previsione della notifica dell avviso di conclusione delle indagini preliminari. Può essere sufficiente la previsione del diritto di ottenere informazioni sulle iscrizioni delle notizie di reato e sui connessi aggiornamenti, oltre che il diritto a ricevere l informazione di garanzia di cui all art. 369 c.p.p. - Per quel che attiene all osservazione della 2 a Commissione (Giustizia) del Senato, di distinguere in modo più chiaro le ipotesi di interpretazione da quelle di traduzione all interno dell articolo 143-bis c.p.p., di nuovo conio, si rileva che si è avuto come modello di riferimento il precedente articolo 143, che si occupa, in unico contesto, sia di interpretariato che di traduzione. - Quanto, poi, all osservazione di estendere il diritto della persona offesa ad essere informata anche nei casi di concessione della semilibertà o di permessi, si rileva che, a voler seguire le indicazioni parlamentari, occorrerebbe ampliare il catalogo delle misure penitenziarie che consentono un attenuazione del regime di detenzione intramurario. Può, invece, intendersi in senso ampio il termine scarcerazioni, in modo da affidare alla giurisprudenza l adattamento del concreto esercizio di questo servizio informativo a tutte le ipotesi che si connotano per un allentamento del vincolo carcerario. - Non si è previsto il c.d. sportello delle vittime presso i tribunali, non essendo puntualmente imposto dalla direttiva e richiedendo, peraltro, detto adempimento una sinergia fra diverse amministrazioni, con conseguenti valutazioni di impegno economico, non componibile in sede di adozione del presente decreto.