TRASDUTTORI DI PROSSIMITA'



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TRASDUTTORI DI PROSSIMITA' I trasduttori di prossimità (chiamati anche proximity) sono in grado di percepire ed indicare la presenza di un oggetto all'interno di un determinato campo, in prossimità del sensore stesso, senza che vi sia un effettivo contatto fisico. La distanza entro cui questi sensori rilevano oggetti è definita distanza di rilevamento nominale. Alcuni modelli dispongono di un sistema di regolazione per poter calibrare la distanza. L'assenza di meccanismi d'attuazione meccanica, e di un contatto fisico tra sensore e oggetto, fa sì che questi sensori presentino un'affidabilità elevata. Segnale d'uscita Normalmente, i proximity rilevano solamente la presenza o l'assenza di un oggetto all'interno della loro portata nominale. Conseguentemente, il segnale elettrico d'uscita sarà di tipo on/off, in quanto deve rappresentare solo gli stati assenza/presenza. Il circuito che genera il segnale d'uscita può essere realizzato secondo diversi standard: come contatto puro, del tipo di quello che si presenta ai capi di un interruttore chiuso; tipo PNP, dove viene generato un segnale in tensione in grado di alimentare piccoli carichi; tipo NPN (chiamato anche open collector), dove l'uscita viene portata a massa, dando la possibilità di chiudere un circuito esterno. L'uscita è normalmente progettata per trattare segnali a bassa tensione (fino a 48V) e basse correnti (fino 200 ma), non adatte per comandare direttamente attuatori (elettrovalvole, teleruttori, motori, ecc.), ma adatte ad alimentare ingressi di schede di controllo, PLC o CNC. I sensori PNP o NPN dispongono spesso di circuiti di protezione, per ridurre la possibilità di danneggiamento in presenza di cortocircuiti o errori di cablaggio. Un sensore di prossimità può anche essere predisposto per misurare distanze: il sensore produce un segnale continuo (anziché on-off) proporzionale alla distanza. Mediante più misure lineari a direzioni diverse si possono poi agevolmente determinare posizioni ed orientamenti di pezzi semplici e complessi. Principio di funzionamento I proximity possono essere realizzati basandosi su diversi tipi di tecnologie: a sensori induttivi; a sensori capacitivi; a sensori ottici; a sensori ad ultrasuoni; a sensori magnetici. Applicazioni Questi trasduttori, per la loro vastissima gamma di modelli e caratteristiche, sono validamente applicati in tutto il mondo su controlli di processo industriale, robot industriali, macchine utensili, strumenti di misura, linee di montaggio, e così via. Sensori a principio induttivo I sensori elettronici di prossimità a principio induttivo sfruttano il fenomeno dello smorzamento di un campo elettromagnetico per effetto delle correnti indotte (correnti di Foucault) in materiali conduttori posti nelle loro vicinanze. La bobina di un circuito oscillante genera un campo elettromagnetico ad alta frequenza che induce, in azionatori metallici vicini, correnti parassite. 1

Queste correnti provocano una perdita di energia nell'oscillatore, smorzando l'ampiezza del segnale. La riduzione dell'ampiezza dell'oscillazione è rilevata da un amplificatore di soglia con isteresi che, a sua volta, comanda uno stadio amplificatore finale per l'azionamento di un carico esterno. La distanza di intervento dipende dal tipo di metallo. Infatti: Distanza di rilevamento = (distanza di rilevamento nominale) x (fattore di correzione) Materiale Fattore di correzione approssimativo Acciaio dolce 1,0 Acciaio inox 0,85 Ottone 0,5 Alluminio 0,45 Rame 0,40 I sensori a principio induttivo si suddividono in due categorie: autoamplificati e non amplificati. - I sensori autoamplificati si dividono a loro volta in sensori a corrente continua e sensori a corrente alternata. - I sensori non amplificati sono costituiti da un oscillatore e vengono utilizzati per ottenere segnali a basso livello atti a comandare un amplificatore separato. L'assenza di contatto meccanico fra azionatore e sensore consente, unitamente alle precedenti caratteristiche, una durata ed un numero di operazioni illimitate rispetto ad altri tipi di interruttori di prossimità, riducendo altresì ogni problema di manutenzione. I sensori induttivi rappresentano senza dubbio i sensori di prossimità più diffusi su macchine automatiche e sono gli unici che, grazie alla maturità raggiunta dalla tecnologia, godono di una normalizzazione a livello internazionale (CENELEC). 2

Sensori a principio capacitivo I sensori di prossimità a principio capacitivo, o sensori capacitivi, sfruttano la variazione di capacità parassita che si crea tra sensore ed oggetto da rilevare. In corrispondenza di una determinata distanza dell'oggetto dalla faccia sensibile del sensore, entra in oscillazione un circuito e l'insorgere o il cessare di tale oscillazione viene sentito da un rilevatore di soglia che comanda un amplificatore per l'azionamento di un carico esterno. E' evidente che, dato il principio di funzionamento descritto, un sensore di prossimità capacitivo può essere utilizzato come rilevatore di oggetti metallici e non metallici come legno, liquidi, materiali plastici. La capacità della sonda viene determinata in base alle dimensioni dell'oggetto, dalla costante dielettrica e dalla distanza tra sonda e oggetto. La capacità aumenta all'aumentare della costante dielettrica e delle dimensioni dell'oggetto ed aumenta quanto più si avvicina la sonda all'oggetto. Impieghi tipici si hanno per esempio nei dispositivi contapezzi, nei controlli di livello in recipienti, ecc. I parametri sono simili a quelli dei sensori induttivi mentre le distanze di intervento per i tipi cilindrici di diametro 18-30 mm., molto diffusi nell'industria, sono nel campo 8-20 mm. Sensori fotoelettrici (o sensori ottici) In questa categoria di sensori si possono annoverare dispositivi assai diversi per concezione, frequenza della radiazione usata e quindi per settore d'impiego. I primi sensori ottici funzionavano con luce visibile. Essi impiegavano generalmente come sorgenti lampade a filamento e rilevatori di tipo a fotoresistenza. Questi dispositivi comportavano tuttavia alcuni inconvenienti fra i quali la durata limitata della sorgente (alcune migliaia di ore) e la velocità di risposta modesta. Prestazioni nettamente superiori sono state ottenute impiegando emettitori a LED (per esempio ad arseniuro di gallio) e rivelatori al silicio (fotodiodo o fototransistor). I moderni sensori ottici si suddividono in tre grandi famiglie: - sensori di prossimità a barriera - sensori di prossimità reflex - sensori di prossimità a diffusione. I sensori a barriera sono costituiti da un trasmettitore (emettitore) e da un ricevitore (rivelatore) separati tra di loro. Qualunque oggetto non trasparente interposto interrompe il raggio luminoso (light beam) e viene pertanto rilevato. Questo tipo di sistema è generalmente impiegato dove sono richieste elevate distanze d'intervento. I sistemi di funzionamento reflex, adatti per medie distanze di intervento, hanno il trasmettitore e il ricevitore integrati nello stesso contenitore. Viene usato un riflettore prismatico il quale riflette il raggio trasmesso e pertanto viene rilevato. Questo sistema viene utilizzato per piccole o medie distanze oppure laddove è impraticabile l'impiego di un trasmettitore e un ricevitore separati. Naturalmente non può essere utilizzato per rilevare oggetti molto riflettenti come metalli levigati. 3

I sensori di prossimità a diffusione sono analoghi a quelli reflex, ma non richiedono l'impiego di un riflettore. La potenza emessa, infatti, è molto bassa ed è lo stesso oggetto da rilevare che riflette il raggio verso il ricevitore. La distanza d'intervento, per questi tipi di sensori, è naturalmente strettamente legata alle caratteristiche superficiali dell'oggetto da rivelare. Pertanto i costruttori normalmente equipaggiano tali sensori a diffusione con un regolatore di sensibilità per permettere agli utilizzatori di poterli adattare allo specifico impiego. Questi modelli vengono impiegati solo per piccole distanze (fino a qualche decina di cm). I vantaggi principali dei sensori ottici sono rappresentati dalla elevata distanza d'intervento. D'altra parte, come si è visto, le caratteristiche d'intervento sono fortemente legate al tipo di superficie dell'oggetto da rilevare. Tale caratteristica, negativa per molte applicazioni, si rivela interessante per esempio per discriminare oggetti di colore diverso (per esempio rivelare la presenza di una etichetta su un contenitore). L'introduzione di fibre ottiche ha permesso di risolvere problemi particolari di rilevamento ed i costruttori più evoluti forniscono infatti, oltre ai sensori, anche numerosi tipi di fibre ottiche da applicare ai sensori stessi. Sensori a ultrasuoni I sensori di prossimità a ultrasuoni sfruttano l'emissione di impulsi sonori a frequenza elevata (40-200 KHz) per rilevare la presenza di oggetti posti nelle loro vicinanze grazie all'eco dovuta alla riflessione degli ultrasuoni da parte degli oggetti stessi. Il segnale emesso è costituito in genere da un treno di impulsi viaggianti alla velocità del suono nell'aria (340 m/s circa). L'emissione avviene tramite un apposito trasduttore elettroacustico di tipo piezoceramico. L'onda riflessa è rilevata da un analogo trasduttore la cui funzione è quella di riconvertire i segnali acustici in segnali elettrici. 4

Nelle applicazioni dei sensori di prossimità interessa rilevare la presenza di un oggetto (azionatore) in un certo campo di rilevamento prefissato ed eventualmente programmabile in ampiezza dall'utilizzatore. Pertanto il tempo di ritardo, cioè il tempo che intercorre fra l'istante di emissione di un impulso e l'istante di ricezione dello stesso, essendo proporzionale alla distanza azionatore/sensore, permette al sensore di stabilire se l'azionatore è o meno in campo. L'impiego della tecnologia a ultrasuoni nel campo dei sensori di prossimità permette di ottenere distanze di intervento massime di ordine nettamente superiore rispetto a quelle ottenibili con la tecnologia induttiva o capacitiva a parità di dimensione geometrica del sensore. Il sensore ad ultrasuoni rappresenta dunque una vantaggiosa alternativa nei confronti dei sensori ottici, comunemente utilizzati per rilevare oggetti distanti; infatti le caratteristiche di rilevamento di un sensore a ultrasuoni non dipendono dalle caratteristiche cromatiche superficiali dell'oggetto da rilevare e possono essere sentite anche superfici trasparenti. Sensori magnetici a contatti reed I sensori di prossimità magnetici a reed sono costituiti da due lamine di materiale ferromagnetico (ferro-nichel), all interno di un contenitore in atmosfera di gas inerte. Le lamine sono rivestite con un materiale che migliora la conduttività e indurisce la superficie, per prevenire la formazione di microsaldature e microcrateri nel punto di contatto. Le lamine sono posizionate ad una piccola distanza fra loro. Quando la forza di attrazione tra le lamine supera la resistenza elastica delle lamine stesse, queste si flettono l'una verso l'altra, realizzando un contatto elettrico. La distanza di intervento è funzione della sensibilità del reed, della intensità del campo magnetico e anche della sua forma nel caso in cui non è uniforme (per es. nei cilindri con pistone magnetico). I materiali non ferrosi o ferrosi amagnetici, interposti tra sensore e magnete, non alterano il funzionamento del reed perché il campo magnetico attraversa queste pareti. Bisogna invece prestare particolare attenzione a materiali ferrosi o altri magneti posti a pochi centimetri dal campo magnetico (per es. trucioli di ferro, supporti, viti di fissaggio, cilindri con pistone magnetico) perché possono influenzare il campo e farlo deviare. Tali campi, generati da magneti permanenti o da bobine percorse da corrente, producono sulle lamine, per il fenomeno di induzione magnetica, polarità di segno opposto. Questi interruttori di prossimità (reed o a effetto Hall) sono principalmente usati per determinare la posizione del pistone magnetico in un cilindro pneumatico ed idraulico. Il loro utilizzo è consigliato per sostituire interruttori meccanici a leva o a pulsante, ad esempio, per motivi di sicurezza, per impedire l'azionamento manuale di un interruttore. 5

Disponibilità di varie versioni e modelli: normalmente aperto o normalmente chiuso, con o senza connettore. La chiusura dei contatti dipende dalla sensibilità del reed e dalla forza del magnete nella fase di avvicinamento. Le superfici di contatto delle lamine dei reed sono rivestite con materiale pregiato (oro, rodio, tungsteno) che le rendono adatte a comandare circuiti a basse correnti e a forti carichi induttivi. Rispetto ai contatti tradizionali ad azionamento meccanico si possono annoverare diversi vantaggi: - la chiusura ermetica in gas protegge i contatti dalla polvere, dall'ossidazione e dalla corrosione - l'azionamento dei contatti avviene senza complicati ed ingombranti meccanismi, sfruttando l'influenza di un campo magnetico - alta velocità di funzionamento, fino a 300 Hz per alcuni tipi; breve tempo di attrazione (1,5-3 m/s, compresi i rimbalzi) - la particolare concezione costruttiva e l'alta qualità dei materiali impiegati assicurano ai contatti una lunga vita (107-108 operazioni) - assenza di manutenzione e ridottissimo ingombro. Bibliografia Rapisarda D., Automazione industriale (http://sair.arezzo.ing.unisi.it/downloads/dcai.pdf) Catalogo Allen-Bradley 6