1 0 7 1 8 / 1 5 REPUBBLICA ITALIANA In nome del Popolo italiano LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE TERZA SEZIONE PENALE Composta da Aldo Fiale Renato Grillo Silvio Amoresano Gastone Andreazza Aldo Aceto - Presidente - - Relatore - Sent. n. sez.?+,3 U.P. - 22/01/2015 R.G.N. 19190/2014 ha pronunciato la seguente SENTENZA sul ricorso proposto da : Melis Maria Elena, n. a Jerzu il 16/02/1951; avverso la sentenza della Corte d'appello di Cagliari in data 26/02/2014; udita la relazione svolta dal consigliere Gastone Andreazza; udite le conclusioni del Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore generale G. Mazzotta, che ha concluso per l'annullamento con rinvio; RITENUTO IN FATTO 1. Con sentenza del 26/02/2014 la Corte d'appello di Cagliari ha confermato la sentenza del Tribunale di Lanusei, di condanna di Melis Maria Elena per il reato di cui all'art. 181, comma 1 bis, del d. Igs. n. 42 del 2004 in relazione alla effettuazione di un intervento edilizio, consistente in plurime opere, in zona sottoposta a vincolo paesaggistico. 2. Ha presentato ricorso l'imputata.
2.1. Con un primo motivo lamenta la violazione degli artt. 521 e 522 c.p.p. per violazione del principio di correlazione tra contestazione e decisione atteso che, a fronte dell'imputazione della contravvenzione di cui agli art. 142 e 181 del d.lgs., n. 42 del 2004 il giudice di primo grado ha condannato l'imputata per il diverso delitto di cui all'art. 181 comma 1 bis previa riqualificazione dell'originaria imputazione. Né il riferimento in imputazione al d.m. 27/08/1980 poteva certo consentire all'imputata di valutare ed apprezzare consapevolmente la reale portata dell'accusa. 2.2. Con un secondo motivo lamenta la mancanza contraddittorietà e illogicità della motivazione con riguardo alla attribuibilità delle esecuzione delle opere avendo la Corte trascurato di considerare le testimonianze dei vigili urbani che, pur avendo frequentato con continuità i posti, hanno riferito di non avere mai visto ivi l'imputata. Né poteva essere valorizzata la domanda di concessione, contrastante con l'intenzione di edificare abusivamente, e l'interesse alla costruzione, atteso che le opere realizzate, ovvero una cabina pozzo e un deposito di attrezzi, erano completamente diverse da quelle richieste in concessione. Parimenti irrilevante sarebbe la mancata reazione all'ordine di demolizione, dimostrativa anzi, semmai, del disinteresse della stessa. Così come non valorizzabile sarebbe il silenzio serbato dall'imputata. Richiama poi di non avere richiesto la revoca della subordinazione alla demolizione della sospensione condizionale ma di avere prospettato l'impossibilità, per chi è estraneo ai fatti, di demolire le opere nel possesso di terzi. CONSIDERATO IN DIRITTO 3. Il primo motivo di ricorso, assorbente del secondo, va accolto essendo fondata la eccezione di nullità della sentenza di primo grado, tempestivamente formulata, conseguente alla violazione della disciplina dettata dal codice di rito con riferimento al principio di necessaria correlazione tra fatto contestato e fatto ritenuto. Dalla lettura degli atti accessibili a questa Corte in ragione della natura processuale della violazione di legge lamentata, si desume che nel decreto di citazione a giudizio era stata contestata all'imputata la commissione, oltre che, al capo a) dell'imputazione, del reato di cui all'art. 44, comma 1, lett. c) del d.p.r. n. 380 del 2001, al capo b), del reato "di cui agli artt. 142 e 181 D. Lvo 2
22.1.2002 n. 42, per avere eseguito l'intervento di cui al capo a) in zona sottoposta a vincolo paesaggistico ai sensi del D.M. 27/08/1980". E' poi incontroverso che, all'esito del giudizio di primo grado, l'imputata venne condannata, come desumibile dalla motivazione, per avere effettuato i lavori su area dichiarata di notevole interesse pubblico, in tal modo qualificato infatti, in dispositivo, il reato ai sensi dell'art. 181 del d. Ivo n. 42 del 2004. 4. Ciò posto, va osservato che in tanto può procedersi alla riqualificazione giuridica del fatto contestato in quanto lo stesso resti inalterato; laddove, invece, il fatto per cui è condanna sia diverso da quello contestato, il giudice deve disporre con ordinanza la trasmissione degli atti al P.M. a norma di quanto disposto dall'art. 521, comma secondo, c.p.p.. Nella specie deve allora ritenersi, in adesione a quanto già affermato da questa Corte con riferimento ad analoga fattispecie (cfr., Sez. 3, n. 30909 del 03/06/2014, Fadda, Rv. 260265) che il fatto per il quale l'imputata è stata condannata in primo grado sia diverso da quello a suo tempo contestatole. Va infatti ribadito che essenziale elemento discriminante tra la fattispecie del comma 1 e quella del comma 1 bis dell'art. 181 del d. Igs. n. 42 del 2004, tanto da determinare la "commutazione" in delitto della contravvenzione di cui al medesimo comma 1, è quello della inclusione della zona interessata dai lavori non autorizzati in "area dichiarata di notevole interesse pubblico". Questa Corte ha in particolare specificato che i caratteri distintivi, in senso di maggiore gravità, della previsione penale di cui all'art. 181, comma 1 bis, cit., introdotta dalla I. 15 dicembre 2004, n. 308, hanno inciso così pesantemente sulla struttura originaria dell'art. 181, comma 1, da determinare un aggravamento quantitativo e qualitativo della pena, che è sfociato nella diversa qualificazione del reato da contravvenzione a delitto. Questo dato assume, dunque, natura dirimente tenuto anche conto del correlativo mutamento dell'elemento soggettivo richiesto ai fini dell'integrazione del reato; come tale, è pertanto idoneo a recidere ogni collegamento con un reato-base di diversa natura sì che deve appunto escludersi la possibilità di qualificare come reato circostanziato la fattispecie di cui all'art. 181, comma 1 bis (cfr. Sez. 3, n. 7215 del 17/11/2010, Buono e altro, Rv. 249522; Sez. 3, n. del 22/04/2010, Vascellari ed altro, inedita). Nella specie, l'originaria contestazione non riportava, come visto, alcun indice che consentisse di ritenere formulato l'addebito del delitto in oggetto atteso che, da un canto, il riferimento normativo veniva effettuato al generale art. 181 e, dall'altro, nessun espresso riferimento all'elemento caratterizzante la figura di 3
reato in questione, ovvero appunto alla dichiarazione di notevole interesse pubblico, era contenuta nel capo d'imputazione, con la conseguenza che la successiva inserzione del "comma 1 bis", lungi dal rappresentare riduttivamente, come inteso dai giudici di merito, una mera "precisazione" dell'addebito, era tale da dovere rivelare invece il passaggio dalla contravvenzione al delitto con conseguente applicazione dei meccanismi processuali di garanzia contemplati dagli artt. 516 e ss. c.p.p., nella specie, invece, non posti in essere. Anche il riferimento al D.M. del 27/08/1980, valorizzato dalla Corte cagliaritana a fondamento del proprio assunto, non appare in realtà dirimente nel senso della contestazione del delitto di cui all'art. 181, comma 1 bis, essendo un tale riferimento stato espressamente operato, nella struttura dell'imputazione, come chiaramente risultante dalla sua lettura, al vincolo paesaggistico, elemento, quest'ultimo, a ben vedere, intrinseco anche alla contravvenzione di cui al comma 1. Infine, l'argomentazione residua della sentenza impugnata volta a valorizzare, nel senso della conoscibilità, sin dall'inizio, dei presupposti fondanti l'addebito del comma 1 bis cit., il contenuto degli atti acquisiti durante le indagini, oltre ad attenere, ancora una volta, a ad un elemento comune ad entrambe le ipotesi di reato, pare confondere il piano del legittimo affidamento dell'interessato a quanto e solo a quanto risultante dalla contestazione con quello della rappresentazione, in astratto, di eventuali e non prefigurabili ipotesi di reato di fatto non contestate. Vale la pena, anzi, di aggiungere, con riferimento a tale ultimo profilo, che una rigorosa interpretazione della disciplina della necessaria corrispondenza tra fatto addebitato e fatto per cui è condanna tanto più pare imporsi in quanto la Corte edu ha, come noto, richiesto, con plurime decisioni, che l'imputato debba essere posto a conoscenza anche solo della possibile diversa qualificazione del fatto originariamente contestatogli, pur rientrando una simile evenienza nel novero dei possibili accadimenti legati allo sviluppo del processo, pena, diversamente, la violazione dell'art. 6 della Convenzione edu, che prevede che ogni accusato ha diritto tra l'altro ad essere informato in un modo dettagliato della natura e dei motivi dell'accusa elevata a suo carico (cfr., tra tutte, Corte edu, n. 25575/04 del 11/12/2007, Drassich); in altri termini, è diritto dell'imputato quello di essere informato, in tempo utile, non soltanto dei fatti materiali posti a suo carico, ma anche, e in modo dettagliato, della qualificazione giuridica data a questi fatti. Tale indirizzo comporta, di fatto, la necessità di interpretare l'art. 521 c.p.p, pur rimasto formalmente invariato, nel senso di assicurare appunto all'imputato la garanzia del contraddittorio a fronte della eventualità di una diversa 4
qualificazione giuridica del fatto (Sez. 6, n. 36323 del 2009, Rv. 244974), pena, diversamente, la nullità a regime intermedio della sentenza (cfr. Sez. 1, n. 18590 del 2011, Rv. 250275; Sez.5, n. 6487/12 del 2011, Rv. 251730). Infatti, esclusa la rinvenibilità, nell'attuale disciplina, di profili di possibile incostituzionalità rispetto all'art. 117 Cost., questa Corte ha già affermato la necessità di dare all'art. 521, comma 1, c.p.p. una interpretazione adeguata, in particolare, all'art.111 Cost. (Sez. 6, n. 45807 del 2008, Rv. 241754). Ed allora, in definitiva, se, come sostenuto dalla Corte edu, anche una mera riqualificazione giuridica è tale da incidere sul diritto di difesa dell'imputato attenendo, nella sostanza, alla "accusa" come intesa dall'art.6, comma 3, lett. a) della Convenzione, a maggior ragione la "informazione" dell'imputato assente deve pretendersi allorquando, come nella specie, la contestazione originaria rappresenti un fatto i cui connotati non consentono, in termini di ragionevole prevedibilità, una dilatazione interpretativa tale da comportare un passaggio da una fattispecie di reato contravvenzionale ad altra delittuosa. 5. In definitiva, sia la sentenza di primo grado che quella impugnata, affette da nullità propagatasi per effetto della violazione processuale posta in essere, devono essere annullate senza rinvio con trasmissione degli atti al P.M. presso il Tribunale di Lanusei. P.Q.M. Annulla senza rinvio la sentenza impugnata nonché la sentenza del 26/02/2013 del Tribunale di Lanusei e dispone la trasmissione degli atti al P. M. presso il Tribunale di Lanusei. Così deciso in Roma, il 22 gennaio 2015 Il Consi re :stensore Il Presidente Aldo Fiale