ABBANDONO DI RIFIUTI: LE CONDOTTE SANZIONATE PENALMENTE

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www.dirittoambiente.net ABBANDONO DI RIFIUTI: LE CONDOTTE SANZIONATE PENALMENTE Nota a Cassazione Penale - Sez. III - sentenza del 10 giugno 2016, n. 24330 A cura della Dott.ssa Valentina Vattani In una recente sentenza la Cassazione Penale - Sezione III (sentenza del 10 giugno 2016, n. 24330) si è pronunciata su un caso di trasporto abusivo e abbandono di rifiuti, andando a tracciare un utile confine applicativo tra le fattispecie sanzionatorie di cui agli artt. 255 e 256 D.Lgs. n. 152/2006. Ricordiamo che l art. 192 del D.Lgs. n. 152/06 riporta il principio-cardine del divieto di abbandono e di deposito incontrollato di rifiuti sul suolo e nel suolo e di immissione di rifiuti di qualsiasi genere allo stato solido o liquido nelle acque superficiali e sotterranee. Si tratta di un principio-base genetico di tutta la normativa di settore che è, sostanzialmente, finalizzata ad impedire l abbandono, anche minimo, dei rifiuti in ambienti urbani e naturali ed a garantire che gli stessi vengano invece destinati verso attività di recupero/smaltimento legali e sicure. Il connesso sistema sanzionatorio è dato nel D.Lgs. n. 152/06 dall art. 255 (se l azione è posta in essere da soggetto privato) e dall art. 256 (se l azione è posta in essere da titolare d impresa o responsabile d ente). Ma attenzione, tale differenziazione non va vista solo con riferimento al soggetto che compie materialmente l atto, ma deve essere valutata anche la natura realmente domestica o meno dei rifiuti abbandonati. E dunque come è stato sottolineato altresì dalla dottrina 1 anche il privato cittadino che abbandona rifiuti prodotti nell esercizio di un impresa di fatto andrà incontro alla sanzione penale di cui all art. 256, comma 2, D.Lgs. n. 152/06. La Suprema Corte ha evidenziato come la ratio della fattispecie incriminatrice, invero, è quella di delimitare le condotte penalmente rilevanti di abbandono di rifiuti escludendo solo le ipotesi di carattere assolutamente occasionale, concernente modesti quantitativi di rifiuti di provenienza domestica o personale. Per cui: con riferimento al reato di abbandono, di cui 1 Si veda M. SANTOLOCI - V. SANTOLOCI Tecnica di Polizia Giudiziaria Ambientale. Ed. 2016 Diritto all ambiente Edizioni. Pagg. 498 ss. Copyright riservato www.dirittoambiente.net - Consentita la riproduzione integrale in fotocopia e libera circolazione senza fine di lucro con logo e fonte inalterata E vietato il plagio e la copiatura integrale o parziale di testi e disegni a firma degli autori - a qualunque fine - senza citare la fonte - La pirateria editoriale è reato (legge 18/08/2000 n 248)

www.dirittoambiente.net al comma 2 dell art. 256 d.lgs. 152 del 2006, la soggettività ristretta richiesta per l integrazione della fattispecie ( titolari di imprese e responsabili di enti ) non richiede una veste formale, ma una concreta attività diretta all abbandono di rifiuti; in tal senso, è stato affermato che il reato di cui all art. 256, comma secondo, D.Lgs. 3 aprile 2006, n. 152, è configurabile nei confronti di qualsiasi soggetto che abbandoni rifiuti nell esercizio, anche di fatto, di una attività economica, indipendentemente dalla qualifica formale sua o dell attività medesima (Sez. 3, n. 38364 del 27/06/2013, Beltipo, Rv. 256387). La giurisprudenza della Cassazione, pertanto, privilegia una lettura della norma non formale ma sostanziale, e dunque ciò che conta non è la qualifica formale del soggetto attivo ma il tipo di attività da cui sono derivati i rifiuti oggetto di abbandono. Nel caso di specie la responsabilità del ricorrente è stata affermata sulla base della condotta, accertata in quanto percepita de visu dagli agenti, di concorso nel trasporto e nello sversamento, nei pressi di un ponte, di rifiuti (mattoni, mattonelle, tufo, materiale vario derivante da demolizione) raccolti e trasportati nell ambito di un attività - di fatto - imprenditoriale, come si è evinto dalla predisposizione di un veicolo idoneo, dalla quantità dei rifiuti (raccolti in 10 tini), incompatibile con l abbandono occasionale di un rifiuto proprio, e dalle concrete circostanze dell azione. Valentina Vattani Pubblicato il 21 giugno 2016 In calce la motivazione integrale della sentenza della Cassazione ---------------------------------------------------------------------------------------------------- Copyright riservato www.dirittoambiente.net - Consentita la riproduzione integrale in fotocopia e libera circolazione senza fine di lucro con logo e fonte inalterata E vietato il plagio e la copiatura integrale o parziale di testi e disegni a firma degli autori - a qualunque fine - senza citare la fonte - La pirateria editoriale è reato (legge 18/08/2000 n 248)

24330/ 16 REPUBBLICA ITALIANA In nome del Popolo Italiano LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE TERZA SEZIONE PENALE Composta da Luca Rannacci Angelo Matteo Socci Giovanni Liberati Alessio Scarcella Giuseppe Riccardi - Presidente - - Relatore - Sent. n. sez. UP - 11/02/2016 R.G.N. 26256/2015 ha pronunciato la seguente SENTENZA sul ricorso proposto da Marra Gianluca, nato a Brindisi il 30/12/1992 avverso la sentenza del 20/01/2015 del Tribunale di Brindisi visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso; udita la relazione svolta dal consigliere Giuseppe Riccardi; udito il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore generale Sante Spinaci, che ha concluso chiedendo il rigetto del ricorso; udito il difensore, avv. Giacomo Serio, che ha concluso chiedendo l'accoglimento del ricorso. RITENUTO IN FATTO 1. Con sentenza del 20 gennaio 2015 il Tribunale di Brindisi ha condannato Marra Gianluca alla pena di C 3.000,00 di ammenda, con sospensione condizionale, per il reato di trasporto abusivo e di abbandono di

rifiuti speciali non pericolosi, di cui all'art. 256, commi 1, lett. a), e 2, d.lgs. 152 del 2006. 2. Avverso tale provvedimento il difensore dell'imputato, Avv. Giacomo Serio, ha proposto ricorso per cassazione, articolando un unico motivo di gravame. Deduce il vizio di violazione di legge, in quanto la sentenza impugnata ha condannato l'imputato per il reato di abbandono incontrollato di rifiuti, pur non essendo questi titolare di impresa, ma mero privato che aveva aiutato il coimputato a riversare i calcinacci sul bordo della strada; in assenza di tale qualifica, dunque, avrebbe dovuto rispondere soltanto per l'illecito amministrativo di cui all'art. 255 T.U. amb.. CONSIDERATO IN DIRITTO 1. Il ricorso è inammissibile. 2. Il motivo di ricorso è manifestamente infondato, in quanto, come si evince dall'imputazione, i reati contestati erano il trasporto abusivo e l'abbandono di rifiuti speciali non pericolosi, di cui ai commi 1 e 2 dell'art. 256 d.lgs. 152 del 2006. In tal senso, del resto, si esprime, seppur con lessico incerto, la sentenza impugnata, che "ritiene integrati gli estremi del reato di cui al comma 2 dell'art. 256 (...) avendo il Marra in concorso con il Chionna effettuato il trasporto non autorizzato di rifiuti speciali non pericolosi, in assenza di qualsivoglia autorizzazione". La sentenza, dunque, afferma la responsabilità penale (anche) dell'odierno ricorrente per il trasporto abusivo, previsto dal comma 1 dell'art. 256, pur richiamando erroneamente il comma 2, e senza pronunciarsi sul concorso di reati contestato; lacuna non emendabile, in assenza di impugnazione del P.M.. In tal senso, la responsabilità di Marra Gianluca è stata affermata sulla base della condotta, accertata in quanto percepita de visu dagli agenti, di concorso nel trasporto e nello sversamento dei rifiuti (mattoni, mattonelle, tufo, materiale vario derivante da demolizione) nei pressi di un ponte. Al riguardo, in ordine alla pretesa irrilevanza penale della condotta, in ragione della assenza di qualifica soggettiva dell'agente, va rammentato che la giurisprudenza di questa Corte ha da tempo ribadito che la fattispecie di 2

R.:. gestione abusiva di rifiuti è un reato comune; sul punto, di recente, è stato chiarito che ai fini della configurabilità del reato di gestione abusiva di rifiuti, non rileva la qualifica soggettiva del soggetto agente bensì la concreta attività posta in essere in assenza dei prescritti titoli abilitativi, che può essere svolta anche di fatto o in modo secondario, purché non sia caratterizzata da assoluta occasionalista (Sez. 3, n. 5716 del 07/01/2016, Isoardi, Rv. 265836: nella specie il carattere non occasionale della condotta è stato desunto dall'esistenza di una minima organizzazione dell'attività, dal quantitativo dei rifiuti gestiti, dalla predisposizione di un veicolo adeguato e funzionale al loro trasporto, dallo svolgimento in tre distinte occasioni delle operazioni preliminari di raccolta, raggruppamento e cernita dei soli metalli, dalla successiva vendita e dal fine di profitto perseguito dall'imputato). Pertanto, non rileva la carenza di qualifica imprenditoriale del ricorrente ai fini della configurabilità del reato di trasporto abusivo accertato. Ma anche con riferimento al reato di abbandono, di cui al comma 2 dell'art. 256 d.lgs. 152 del 2006, la soggettività ristretta richiesta per l'integrazione della fattispecie ("titolari di imprese e responsabili di enti") non richiede una veste formale, ma una concreta attività diretta all'abbandono di rifiuti; in tal senso, è stato affermato che il reato di cui all'art. 256, comma secondo, D.Lgs. 3 aprile 2006, n. 152, è configurabile nei confronti di qualsiasi soggetto che abbandoni rifiuti nell'esercizio, anche di fatto, di una attività economica, indipendentemente dalla qualifica formale sua o dell'attività medesima (Sez. 3, n. 38364 del 27/06/2013, Beltipo, Rv. 256387). La ratio della fattispecie incriminatrice, invero, è quella di delimitare le condotte penalmente rilevanti di abbandono di rifiuti escludendo le ipotesi di carattere assolutamente occasionale, concernente modesti quantitativi di rifiuti di provenienza 'domestica' o 'personale'; in tal senso va letta la giurisprudenza, pure richiamata dal ricorrente, secondo la quale in materia di rifiuti, il soggetto privato, non titolare di una attività di impresa o responsabile di un ente, che abbandoni in modo incontrollato un proprio rifiuto e che, a tal fine, lo trasporti occasionalmente nel luogo ove lo stesso verrà abbandonato, risponde solo dell'illecito amministrativo di cui all'art. 255 del D.Lgs. n. 152 del 2006 per l'abbandono e non anche del reato di trasporto abusivo previsto dall'art. 256, comma primo, del D.Lgs. cit., in quanto il trasporto costituisce solo la fase preliminare e preparatoria rispetto alla condotta finale di abbandono, nella quale rimane assorbito (Sez. 3, n. 41352 del 10/06/2014, Parpaiola, Rv. 260648, riguardante il trasporto di rifiuti personali, in quanto

provenienti da demolizione 'domestica', abbandonati in seguito a ribaltamento del veicolo). Nel caso in esame, a prescindere dalla circostanza che la sentenza impugnata ha omesso di considerare il concorso con il reato di abbandono di rifiuti, non risulta che lo sversamento abbia riguardato rifiuti propri, e non già altrui, raccolti e trasportati nell'ambito di un'attività, anche di fatto, imprenditoriale, come si evince dalla predisposizione di un veicolo idoneo, dalla quantità dei rifiuti (raccolti in 10 tini), incompatibile con l'abbandono occasionale di un rifiuto proprio, e dalle concrete circostanze dell'azione. 3. Al rigetto del ricorso segue la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali. P.Q.M. Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali. Così deciso in Roma il 11/02/2016 Il Consigliere estensore Giuseppe Riccardi g P.3 ce,c1a4) pp