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Pulitura delle superfici lapidee 1 La pulitura delle superfici lapidee delle facciate costituisce un tipo d intervento manutentivo molto impegnativo, sia sul piano tecnico sia su quello economico, che assume un livello di complessità anche maggiore quando è condotto su edifici e monumenti d interesse storico-artistico. La normativa tecnica (raccomandazione NORMAL 20/85) definisce la pulitura dei rivestimenti lapidei nel modo seguente: «Scopo della pulitura, dal punto di vista della conservazione, è la rimozione di quanto è dannoso per il materiale lapideo: sali solubili, incrostazioni scarsamente solubili e insolubili, stratificazioni di materiali vari applicati intenzionalmente e non idonei o non funzionanti, vegetazione infestante, deiezioni animali ecc., e a questo deve limitarsi, rispettando non solo policromie, patine naturali, ma anche lo strato più superficiale del materiale lapideo». Altre raccomandazioni NORMAL danno le seguenti definizioni delle alterazioni che possono interessare le superfici lapidee [fig. 1]: patina, alterazione strettamente limitata a quelle modificazioni naturali della superficie dei materiali non collegabili a Raccomandazioni NORMAL sono norme tecniche riguardanti gli edifici di interesse storicoartistico, pubblicate dall Istituto Centrale per il Restauro, con lo scopo di stabilire metodi unificati per lo studio delle alterazioni dei materiali lapidei naturali e artificiali e per il controllo dell efficacia dei trattamenti conservativi dei manufatti. manifesti fenomeni di degradazione e percepibile come una variazione del colore originario del materiale. La patina, in realtà, non costituisce di per sé un alterazione, ma è considerabile come una naturale evoluzione della pietra, che può anche migliorarne l aspetto; crosta, lo strato superficiale di alterazione di spessore variabile, consistenza dura e fragile, distinguibile dalle parti sottostanti per le caratteristiche morfologiche e, spesso, per il colore. Può distaccarsi anche spontaneamente dal substrato, che, in genere, si presenta disgregato e polverulento; pellicola, lo strato superficiale di sostanze coerenti fra loro ed estranee al materiale lapideo, di spessore molto ridotto, che può staccarsi dal substrato che in genere si presenta integro. Tecniche di pulitura Le tecniche di pulitura più frequentemente adottate sono raggruppabili in cinque categorie di interventi, alcuni dei quali richiedono operatori altamente specializzati e attrezzature sofisticate: sistemi basati sull impiego di acqua (idrolavaggi); sistemi basati sull impiego di polveri abrasive; sistemi basati sull impiego di prodotti chimici; sistemi pulenti a impacchi ; sistemi basati sull impiego del laser. approfondimento Trattamento antigraffiti L eliminazione delle scritte sui rivestimenti lapidei è possibile solo nel caso sia stato applicato un trattamento antigraffiti preventivo. L operazione viene effettuata mediante prodotti impregnanti che, senza alterare l aspetto superficiale, consentano la cancellazione con solventi adatti. Fig. 1 Alcuni tipi di alterazioni delle superfici lapidee: incrostazioni dovute ad aggressioni chimiche (a fianco); pellicole causate dai licheni e da prodotti lucidanti usati in passato (sopra).

Pulitura mediante acqua e polveri abrasive 2 Sistemi basati sull impiego di acqua Il cosiddetto idrolavaggio delle superfici lapidee, pur essendo una tecnica relativamente semplice, va eseguito con cautela per non correre il rischio di peggiorare la situazione creando danni maggiori dei benefici ottenuti: è in ogni caso assolutamente sconsigliabile l uso indiscriminato di getti d acqua. I sistemi attualmente messi a punto utilizzano acqua nebulizzata, acqua atomizzata, acqua in pressione o acqua a bassa pressione e vapore. Sistemi con impiego di acqua nebulizzata L acqua viene ridotta in piccolissime gocce di diametro compreso tra 80 e 120 μm e proiettata con una pressione di 2 4 bar per mezzo di ugelli nebulizzatori montati in batteria, in modo da eseguire una bagnatura uniforme della superficie da trattare. Sistemi con impiego di acqua atomizzata Mediante l impiego di apparecchi, detti atomizzatori, l acqua viene ridotta in gocce ancora più piccole di quelle che fuoriescono dai nebulizzatori. Si ottiene così un miglior effetto bagnante, con l impiego di minore quantità d acqua e con l assenza di qualsiasi azione meccanica. Si tratta, però, di una tecnica utilizzabile soltanto su piccoli elementi di facciata (cornici, bassorilievi ecc.). Sistemi di pulitura non controllati La pulitura avviene mediante l azione, a secco o a umido, di polveri grossolane, di sabbia silicea o di altri abrasivi, proiettate ad alta pressione da apposite apparecchiature. Sono normalmente impiegati nell edilizia comune, ma, a causa della scarsa possibilità di controllo delle fasi di applicazione, possono arrecare notevoli danni, specialmente se impiegati su elementi molto deteriorati. Sistemi di pulitura controllati Si discostano dai precedenti sia per la scelta del tipo e della granulometria dell abrasivo in base alle caratteristiche delle superfici da pulire, sia per l utilizzo di apparecchiature, che eseguono sabbiature a secco [fig. 2] oppure a umido (idropulitura), con una migliore regolazione degli effetti di abrasione. Sistemi di pulitura ad alta precisione Impiegano abrasivi particolari, quali polvere di allumina, silice, sferette di vetro ecc., di granulometrie inferiori ai 40 μm e con granuli di forma la più vicina possibile a quella sferica, nonché apparecchiature ad aria compressa molto sofisticate, che consentono di intervenire anche su superfici degradate senza pericolo di danneggiamenti. Comportano però lunghissimi tempi di esecuzione e costi molto elevati, che ne limitano l impiego soltanto a elementi di particolare pregio artistico. Sistemi con impiego di acqua in pressione L acqua viene proiettata mediante ugelli con pressioni variabili, che possono arrivare fino a 100 bar. Essa provoca quindi un energica azione solvente e un azione meccanica tanto più elevata quanto maggiore è la pressione utilizzata. Per evitare danni e ottenere migliori risultati è quindi importante che la pressione sia attentamente graduata. Sistemi con impiego di acqua a bassa pressione e vapore Il trattamento prevede la bagnatura con acqua, seguita dall applicazione di una miscela di acqua e vapore alla temperatura di 120 160 C. La pulitura avviene grazie all azione solvente del vapore e alla dilatazione termica prodotta sulle sostanze da eliminare, che ne favorisce il distacco dalla superficie lapidea. Si tratta di una tecnica non molto usata a causa della sua complessità e dei possibili danni che lo shock termico produce sui materiali. Sistemi basati sull impiego di polveri abrasive Esistono vari sistemi basati sull uso di polveri abrasive che si differenziano soprattutto in relazione alla maggiore o minore possibilità di controllo dell azione di pulitura. Nella prassi corrente sono distinti in: sistemi di pulitura non controllati, controllati e ad alta precisione. Fig. 2 Intervento di pulitura mediante un tipo di sabbiatura a secco, realizzato con cabina che consente di ridurre al minimo la dispersione dell agente abrasivo.

Pulitura per via chimica, a impacchi e con laser 3 Sistemi basati sull impiego di prodotti chimici I sistemi di pulitura basati sull impiego di prodotti chimici sono quelli che utilizzano soluzioni acquose di acidi, di basi, di sostanze detergenti o di formulati specifici, nonché di sostanze biocìde che consentono di eliminare la presenza di infestanti erbacei e di sterilizzare muschi e licheni. Interventi con soluzioni acide Vengono impiegate soluzioni di acido fluoridrico, di acido cloridrico oppure di acido acetico, scelte e applicate in base al tipo di pietra e alle incrostazioni da eliminare. A trattamento avvenuto, questi prodotti devono essere completamente rimossi perché la loro permanenza protratta nel tempo danneggerebbe il materiale lapideo. Interventi con soluzioni basiche Utilizzano soluzioni di soda caustica o di ammoniaca che agiscono efficacemente sulle sostanze grasse presenti nelle incrostazioni, ma che devono essere neutralizzate con trattamenti a base di acidi per evitare ulteriore degrado. Si tratta di un intervento che non tutti considerano consigliabile. Interventi con formulati specifici I formulati sono costituiti da soluzioni acide o alcaline con composizioni messe a punto da ditte specializzate. La loro scelta deve essere attentamente considerata a seconda delle situazioni d intervento per verificarne l innocuità rispetto ai materiali soggetti a trattamento. Sistemi pulenti a impacchi I sistemi a impacchi consistono nell applicazione di una pasta, o pappetta, formata da materiali inerti, eventualmente addizionati con prodotti attivi, impastati con acqua distillata. Si tratta di una tecnica particolarmente efficace, perché il contatto dell acqua con la superficie da pulire dura a lungo (anche su superfici verticali), senza però che avvenga un eccessiva imbibizione del supporto. A differenza di quanto accade con altre tecniche, la pasta non tende a trasferire le sostanze da eliminare verso gli strati più profondi, ma al contrario ne favorisce il distacco assorbendole nell impacco. Questi sistemi puliscono dunque il materiale lapideo mediante un processo blando, ben controllabile e privo di controindicazioni. Hanno tuttavia lo svantaggio di richiedere lunghi tempi di esecuzione e costo elevato. I sistemi a impacchi vengono distinti in impacchi attivi, ad azione assorbente e ad azione biologica, e in impacchi con resine a scambio ionico. Impacchi attivi Sono composti da materiali inerti, quali argille (costituite da silicati idrati di magnesio), che assorbono fino a una volta e mezza il loro peso in acqua senza subire aumenti di volume, e da prodotti attivi, scelti a seconda delle sostanze deturpanti da allontanare, tra i quali si segnalano il bicarbonato di ammonio e un particolare sale organico bisodico (EDTA). Impacchi ad azione assorbente Vengono effettuati con paste costituite di materiali inerti in grado di assorbire molta acqua, come le argille oppure la polpa di carta, che devono essere mantenute a contatto con le superfici da pulire per circa tre giorni, proteggendole in modo adeguato dall evaporazione. Sono particolarmente efficaci nel caso di croste nere di ridotto spessore, ma hanno lo svantaggio di richiedere tempi di esecuzione molto lunghi. Impacchi ad azione biologica In questo caso i materiali inerti vengono addizionati con una soluzione acquosa di urea e glicerina e lasciati in opera per almeno un mese. Consentono anche l asportazione di croste nere spesse. Impacchi con resine a scambio ionico L azione di pulitura avviene grazie alle particolari proprietà delle resine a scambio ionico, costituite da polimeri di sintesi con gruppi funzionali acidi o basici, che operano un trasferimento di ioni dalla resina alle sostanze che devono essere asportate. Sistemi basati sull impiego del laser Una tecnica recentemente introdotta, che si discosta completamente da quelle precedenti, è quella basata sull impiego del laser (Light Amplification by Stimulated Emission of Radiation). Essa opera una disincrostazione e un distacco delle sostanze deturpanti mediante un fascio di luce laser infrarossa di intensità regolabile, senza intaccare in alcun modo lo strato sottostante di materiali originari. In tal modo è possibile eseguire la pulitura salvaguardando al massimo, a differenza di quanto avviene con altre tecniche, gli elementi architettonici preesistenti e, per di più, agire anche su materiali in pessime condizioni di conservazione, senza che sia necessario adottare trattamenti di preconsolidamento che pregiudicherebbero la successiva pulitura. Trattandosi di raggi laser, è ovvio che devono essere prese opportune precauzioni per la sicurezza, come la schermatura delle zone di lavoro e l impiego di occhiali di protezione da parte degli operatori.

Consolidamento dei rivestimenti lapidei 4 I rivestimenti lapidei e i loro sistemi di ancoraggio alle pareti perimetrali degli edifici sono soggetti a deterioramenti per effetto degli agenti inquinanti presenti nell atmosfera. Il fenomeno è evidentemente più marcato sugli edifici posti in aree soggette a intenso traffico urbano o in quelle prossime a insediamenti industriali. In tali zone gli elementi del paramento superficiale (lastre, masselli) sono soggetti a deterioramenti che possono pregiudicare la loro stabilità in opera. Anche le tecniche di messa in opera impiegate in passato, in genere riconducibili all imbottitura, cioè all interposizione di malta sul retro del rivestimento e all ancoraggio dei bordi con zanche murate, possono risultare non più affidabili per deterioramenti conseguenti a infiltrazioni e aggressioni chimiche. In questo caso è necessario provvedere a quella che viene chiamata la messa in sicurezza dei rivestimenti lapidei, che richiede una progettazione specifica dell intervento e l impiego di tecniche di carattere particolare a seconda dei tipi di rivestimento e delle situazioni ambientali. La progettazione dell intervento deve essere basata su una fase iniziale di rilievi e di indagini, incentrata in particolare sui seguenti aspetti: definizione dei carichi statici e dinamici agenti sul rivestimento e dei conseguenti stati di sollecitazione dei materiali; determinazione delle caratteristiche dei materiali e del sistema di ancoraggio esistenti; individuazione dei tipi di degrado subìti dai materiali e delle loro cause generatrici. In base ai dati raccolti possono essere elaborate e sottoposte a verifica le ipotesi di intervento per la messa in sicurezza, cioè le soluzioni tecniche e i modelli dei sistemi di ancoraggio che dovrebbero essere utilizzati. Si tratta ovviamente di procedure piuttosto complesse che richiedono l impegno di tecnici esperti e di ditte qualificate [fig. 3]. Le tecniche di consolidamento comprendono un insieme di operazioni che vanno dal ripristino della sigillatura dei giunti (se necessaria), alle integrazioni più adeguate a garantire l affidabilità degli ancoraggi (dimensionamento degli elementi e frequenza dei punti di sostegno). Fig. 3 Consolidamento di un rivestimento lapideo, di dubbia efficacia, mediante inserimento di tasselli ancorati alla parete, muniti di vite a testa larga e rondella. È un intervento effettuato in grande economia che, a parte l aspetto discutibile, può essere più o meno affidabile e subordinato alla condizione che il supporto murario offra sufficienti garanzie. È in ogni caso criticabile il criterio con il quale sono stati individuati i punti di ancoraggio, che appaiono disordinati e che in alcuni casi sono stati scelti in modo da sostenere due lastre contigue (con scarsa efficacia): in qualche altro caso sembra, inoltre, che le stesse tensioni indotte dal fissaggio abbiano contribuito alla rottura delle lastre.

Ripristino degli intonaci 5 Gli intonaci, che costituiscono il tipo di rivestimento più comune per le pareti interne ed esterne, assolvono la funzione di finitura e di protezione delle murature. Nel caso di esposizione all esterno essi sono quindi soggetti per la loro stessa natura a un più o meno rapido degrado. La scelta delle modalità di ripristino più convenienti può essere dettata da varie considerazioni che vanno dal tipo di intonaco e dall entità del deterioramento, alla possibilità di eliminazione delle cause generatrici del degrado e, non da ultimo, alle disponibilità economiche. Gli interventi di ripristino possono essere limitati al solo rappezzo delle zone deteriorate oppure dare luogo al completo rifacimento delle superfici: entrambi i casi sono preceduti dallo spicconamento delle parti di intonaco deteriorate fino allo scoprimento del supporto. Nel ripristino degli intonaci per rappezzi occorre prima di tutto individuare e rimuovere le zone di intonaco che non sono più ancorate al supporto e che rischiano, prima o poi, di staccarsi e cadere. Queste zone sono facilmente individuabili grazie alla particolare sonorità riscontrabile con leggere percussioni. Nel rifacimento degli intonaci occorre scegliere caso per caso i leganti, le malte e gli eventuali additivi: tale scelta è particolarmente importante quando si opera un ripristino per rappezzo, perché è necessario impiegare un intonaco che abbia le stesse caratteristiche di quello originale. Esistono anche casi, soprattutto negli edifici di interesse storico-artistico, in cui il ripristino non avviene spicconando le parti fatiscenti, ma provvedendo al loro consolidamento al fine di conservare eventuali decorazioni o pitture presenti sulla superficie. Per esempio, nelle zone di intonaco distaccate, ma non cadute dal supporto (distacchi a cartella), si interviene inoculando apposite miscele con iniezioni praticate a mano con speciali siringhe (attraverso fori di pochi mm di diametro) che riempiono i vani tra intonaco e supporto e ne ripristinano l aggrappo riducendo al minimo i segni superficiali dell intervento [fig. 4]. Un caso del tutto particolare di intervento sugli intonaci è infine quello della rimozione di parti contenenti affreschi di pregio che si intendono trasferire altrove. La rimozione viene effettuata da restauratori specialisti con tecniche molto raffinate. Fig. 4 intonaco distacco a cartella iniezione Iniezione di una speciale miscela per ripristinare l aggrappo di una zona d intonaco distaccata dal supporto.

Ripristino delle tinteggiature 6 Gli interventi di ripristino delle tinteggiature (ritinteggiature) consistono nel trattamento con idonei prodotti coloranti delle parti intonacate delle facciate che si accompagnano molto spesso con il trattamento delle parti in legno e in ferro (serramenti, ringhiere ecc.). Questi interventi sono spesso considerati operazioni destinate soltanto a rinnovare l aspetto delle facciate. In realtà la finitura superficiale svolge anche un importante ruolo protettivo e di complementarietà funzionale delle pareti esterne, degli intonaci e degli elementi decorativi (cornici, modanature, fregi ecc.). Esiste un rapporto di mutua dipendenza tra le tinteggiature e i loro supporti murari: una buona tinteggiatura, realizzata con materiali adatti e compatibili, giova sicuramente alla funzionalità e alla durata del supporto e, viceversa, un buon supporto, la cui superficie è ben preparata per accogliere il prodotto verniciante, contribuisce di molto al buon esito della tinteggiatura. I deterioramenti delle pitturazioni esterne infatti sono spesso causati, oltre che da loro difetti intrinseci, da una insufficiente preparazione delle superfici e dalla incompatibilità tra i materiali del supporto (intonaci o tinte esistenti) e i prodotti vernicianti impiegati, spesso dotati di caratteristiche o di azioni di adesione molto diverse [fig. 5]. Per ottenere buoni risultati è quindi indispensabile procedere alle operazioni di tinteggia- Fig. 5 tura sulla base di un progetto che definisca le fasi di risanamento della parete, di preparazione del supporto (asportazione di pitture esistenti, lavatura, raschiettatura, scrostatura, stuccatura ecc.) e di applicazione della finitura, utilizzando i prodotti più appropriati in funzione della situazione specifica e della natura delle superfici da trattare. Distacco di una pittura causato da insufficiente consolidamento e preparazione del supporto. approfondimento I piani del colore I piani del colore, contenuti in molti Regolamenti edilizi, costituiscono l insieme delle prescrizioni tese a controllare la qualità dell ambiente urbano per quanto riguarda il colore della facciata degli edifici. Essi rappresentano una guida per le scelte di carattere cromatico relative a tutte le parti edilizie direttamente aggettanti sullo spazio pubblico (vie, strade, piazze ecc.) e semipubblico (corti, vicoli ecc.) o anche soltanto da esso visibili. A tal fine forniscono indicazioni sui materiali e sulle tinte da impiegare nella decorazione tramite cartelle cromatiche contenenti la gamma dei colori scelti dal piano (strumenti sistemici); forniscono inoltre le regole e le mappe contenenti i princìpi e le indicazioni sull impiego del colore alla scala urbana (strumenti generici) oppure, direttamente, i prospetti colorati (strumenti specifici). In questi ultimi anni, caratterizzati da un maggior interesse verso il recupero dei centri storici, i piani del colore hanno contribuito fortemente alle operazioni di ripristino delle caratteristiche originali degli ambienti architettonici: al recupero degli edifici si è così accompagnata un opera di restituzione cromatica che, dove è stata correttamente eseguita, ha consentito di conseguire ottimi risultati. I piani del colore sono il risultato di studi e ricerche sui documenti d archivio riguardanti la colorazione delle facciate, di rilievi in sito delle colorazioni degli strati di intonaco delle facciate nei diversi periodi storici, spesso con il ricorso a banche dati contenenti i colori delle antiche tinteggiature e con la ricognizione delle cave dalle quali venivano estratte le terre coloranti per la produzione delle tinte murali. Il primo piano di colorazione realizzato in Italia, sulla base di una precisa documentazione d archivio, è stato quello di Torino.