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REPUBBLICA ITALIANA In nome del popolo italiano LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE PRIMA SEZIONE CIVILE Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati: dott. Aldo Cecdheì. ini Presidente k. b Udienza pubblica in data 26/11/2015 OGGETID Azione revocatoria fallimentare R.G.N.23370/2009 cron.ge_ Rep. dott. Aniello Nappi dott. Rosa Maria Di Virgilio dott. Andrea Scaldaferri dott. Guido Mercolino Consigliere Consigliere Consigliere Consigliere ha pronunciato la seguente sul ricorso proposto da SENTENZA Intesa San Paolo s.p.a., rappresentata e difesa dal prof. avv., come da mandato a margine del ricorso - ricorrente - Contro Fallimento Geni s.p.a., domiciliato in Roma, via, come da mandato in calce al controricorso - controricorrente - \45CtIA avverso

la sentenza n. 531/2009 della Corte d'appello di Salerno, depositata il 10 marzo 2009 Sentita la relazione svolta dal Consigliere dott. Aniello Nappi udito il difensore del fallimento controricorrente, avv. Pierfrancesco Pomilio, delegato. Udite le conclusioni del P.M., dr. Luigi Salvato, che ha chiesto dichiararsi inammissibile o in subordine rigettarsi il ricorso. Svolgimento del processo Con la sentenza impugnata la Corte d'appello di Salerno ribadì la dichiarazione di inefficacia ex art. 67 legge fall. del trasferimento operato dal Banco di Napoli della somma di e. 1.792.712,77 dal conto corrente n. 27/16221 intestato alla Geni s.p.a., ancora aperto e attivo, al conto corrente n. 08/527, chiuso e fortemente passivo, intestato alla medesima società, successivamente dichiarata fallita. Ritennero i giudici del merito che il giroconto era stato utilizzato per un pagamento anomalo; e che la banca fosse comunque consapevole dello stato di insolvenza della Geni s.p.a. Contro la sentenza d'appello la Intesa San Paolo s.p.a., incorporante del Banco di Napoli, ha propo-

3 sto ricorso per cassazione affidato a due motivi d'impugnazione, cui resiste con controricorso il fallimento Geni s.p.a. Motivi della decisione 1. Con il primo motivo d'impugnazione la ricorrente deduce violazione dell'art. 1853 c.c., lamentando che i giudici del merito abbiano erroneamente confuso la disciplina delle annotazioni relative a un unico conto corrente con la compensazione legale ammessa tra i saldi, attivi e passivi, di due conti correnti aperti da uno stesso soggetto presso un'unica banca. Con il secondo motivo la ricorrente lamenta che i giudici del merito abbiano omesso di motivare con riferimento all'art. 1853 c.c., applicabile nel caso in esame. 2. Il ricorso è fondato. In realtà è controverso in giurisprudenza se la compensazione legale prevista dall'art. 1853 c.c. possa operare anche quando i rapporti di conto corrente siano entrambi ancora in corso, come si è talora affermato (Cass., sez. I, 17 luglio 1997, n. 6558, m. 506086), ovvero presupponga invece che entrambi i conti siano chiusi, come s'è ritenuto più di recente (Cass., sez. I, 3 maggio 2007, n. 10208,

, m. 597407). Sembra tuttavia indiscutibile che la compensazione esiga almeno che il saldo attivo o. passivo di un conto risulti esigibile in un momento. in cui sia già in corso, o sia tuttora in corso, un distinto rapporto di conto corrente, nel quale la posta attiva o passiva proveniente dall'altro conto possa essere annotata (Cass., sez. I, 11 maggio 1998, n. 4735, m. 515308). Ciò che rileva dunque non è che entrambi i conti siano chiusi, ma piuttosto che ne siano esigibili i contrapposti crediti. Infatti, secondo quanto prevedono gli art. 1823 coma l e 1852 c.c., il contratto di conto corrente obbliga le parti solo all'annotazione dei crediti derivanti dalle reciproche rimesse. Ciascun rapporto di conto corrente unifica così tutte le ragioni di reciproco credito delle parti, escludendo che possano essere considerate come effetto di successive compensazioni le riduzioni o gli accrescimenti del credito disponibile per il correntista (Cass., sez. I, 1 luglio 2008, n. 17954, m. 604035). E l'art. 1853 c.c. ammette la possibilità di una compensazione, salvo patto contrario, solo tra i saldi attivi e passivi della pluralità di conti eventualmente esistenti tra la banca e il correntista. Ma il saldo di ciascun conto è solo il risultato delle

5 annotazioni delle singole poste attive e passive di un rapporto unitario. E la sua annotazione come posta di un conto distinto presuppone non solo che sia in corso tra le stesse parti il conto nel quale l'annotazione debba essere effettuata, ma anche che il relativo credito sia esigibile. Infatti, se ad esempio uno dei conti è assistito da apertura di credito, il credito della banca diventa esigibile, e quindi compensabile con i saldi attivi di altri conti dello stesso cliente, soltanto alla scadenza del termine o del preavviso previsti dall'art. 1845 c.c.; benché la chiusura del conto corrente possa essere considerata segno inequivocabile della risoluzione del relativo contratto di apertura di credito (Cass., sez. I, 5 febbraio 2009, n. 2801, m. 606643). Ma se l'apertura di credito è ancora operante, e non ne sia superato il limite di affidamento, il credito della banca accreditante non potrà essere compensato con il suo debito verso il cliente accreditato risultante da altro conto corrente, il cui attivo è invece immediatamente disponibile dal correntista, salvo patto contrario (art. 1852 c.c.). L'art. 1853 c.c. presuppone dunque soltanto che entrambi i crediti siano esigibili: sia il credito

6 vantato dalla banca per il conto scoperto, sia il credito vantato dal correntista su altro conto attivo. Tuttavia, come s'è detto, è possibile che sia inesigibile sia il credito della banca per il conto passivo (art. 1842 e s. c.c.) sia il credito del correntista per il conto attivo (art. 1852 c.c.). Sicché è solo un'eventualità che entrambi i crediti siano esigibili; e a tale eventualità risulta riferibile l'art. 1853 c.c. L'interpretazione che esige la previa chiusura di entrambi i conti correnti risulterebbe in realtà abrogativa dell'art. 1853 c.c., che in tanto ha un significato normativo in quanto ammetta la possibilità di una compensazione destinata a incidere su almeno un conto non estinto. Nel caso in esame è certo che, come si desume anche dal controricorso, il contratto di apertura di credito relativo al conto n. 08/527 era stato risolto sin dal 31 dicembre 1992; e che il conto era già "congelato" quando il 21 gennaio 1993 e il 16 aprile 1993 vi furono trasferiti i fondi provenienti dal conto corrente n. 27/16221 per estinguerne il saldo negativo. Sicché è indiscusso che con quelle operazioni, poi revocate con le decisioni di merito, furono estinti crediti liquidi ed esigibili

vantati dalla banca nei confronti della società poi fallita. Ma tale estinzione avvenne, in applicazione dell'art. 1853 c.c., per compensazione con il, credito vantato dalla Geni s.p.a. nei confronti della stessa banca per l'importo del saldo attivo del conto n. 27/16221; e l'art. 56 c.c. riconosce ai creditori il «diritto di compensare coi loro debiti verso il fallito i crediti che essi vantano verso lo stesso». In accoglimento del ricorso la sentenza impugnata va pertanto cassata; ma senza rinvio, perché, non essendo necessari ulteriori accertamenti di fatto, questa corte può decidere nel merito, rigettando la domanda del fallimento. P.Q.M. La Corte accoglie il ricorso, cassa la sentenza impugnata e, decidendo nel merito, rigetta la domanda proposta dal Fallimento Geni s.p.a., che condanna al rimborso delle spese in favore della Intesa San Paolo s.p.a., liquidando quelle del giudizio di primo grado in complessivi E. 22.153, di cui C. 21.102 per diritti e onorari, quelle del giudizio d'appello in complessivi C. 21.600, di cui C. 20.600 per diritti e onorari, quelle del giudizio di legittimità in complessivi E. 25.200, di cui C.

8 25.000 per onorari, oltre spese generali e accessori come per legge. Roma, 26 novembre 2015 ente Il consigliere rel e (dr. Aniello.ppi) DEP0a3ITATO IN CANCELLERIA 14 GEN 2016 9 egiummtio [ir e a