Cessazione della qualifica di rifiuto anche il mero controllo dei rifiuti deve essere svolto da un soggetto autorizzato alle attività di recupero

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www.dirittoambiente.net Cessazione della qualifica di rifiuto anche il mero controllo dei rifiuti deve essere svolto da un soggetto autorizzato alle attività di recupero Nota a Cassazione Penale - Sez. III - sentenza del 15 aprile 2014, n. 16423: confermata la tesi sostenuta da Diritto all ambiente A cura della Dott.ssa Valentina Vattani Con la sentenza del 15 aprile 2014, n. 16423 la Cassazione Penale Sez. III affronta finalmente la questione relativa alla cessazione della qualifica di rifiuti (ex materie prime secondarie) la cui disciplina è delineata dal nuovo art. 184 ter del D.Lgs. n. 152/06 (come riscritto dal D.Lgs. n. 205/2010) con riferimento in particolare a quanto stabilito dal comma 2 del citato articolo, ove si prevede che l'operazione di recupero possa consistere semplicemente nel controllare i rifiuti per verificare se soddisfano i criteri per la cessazione della qualifica di rifiuto. Su questo particolare aspetto della disciplina di settore, all indomani dell entrata in vigore del testo riformato della Parte Quarta del D.Lgs. n. 152/06, ricordiamo come si siano aperti ampi dibattiti ed esposte anche teorie tra loro contrastanti su come dovesse essere inteso tale mero controllo e da chi potesse essere esercitato. A fronte di chi sosteneva che bastasse un mero controllo in azienda da parte dello stesso produttore per accertare la conformità del rifiuto ai criteri stabiliti dalla legge, noi come voce opposta ritenevamo, invece, fin dal primo momento (in ogni sede seminariale ed editoriale) che fosse comunque necessario che tale controllo venisse svolto da un soggetto autorizzato al recupero di rifiuti 1. 1 Dal volume Tecnica di Polizia Giudiziaria Ambientale edizione 2014 di Maurizio Santoloci e Valentina Santoloci - Diritto all'ambiente - Edizioni www.dirittoambientedizioni.net: ( ) pag. 340: ( ) Va precisato che questa ipotesi del comma 2 dell art. 184- ter, e cioè il semplice controllo di verifica, potrebbe essere attuata oltre che in proprio dall azienda che produce i rifiuti, anche presso un centro di recupero. Ed anzi, si ritiene che tale ipotesi sia in realtà quella più corretta ed in linea con quanto indicato dalla stessa legge. Infatti se, come viene indicato dal comma 2 dell art. 184 ter in commento, l attività di controllo dei rifiuti è comunque un operazione di recupero Copyright riservato www.dirittoambiente.com - Consentita la riproduzione integrale in fotocopia e libera circolazione senza fine di lucro con logo e fonte inalterata E vietato il plagio e la copiatura integrale o parziale di testi e disegni a firma degli autori - a qualunque fine - senza citare la fonte - La pirateria editoriale è reato (legge 18/08/2000 n 248)

www.dirittoambiente.net La Cassazione ora, in occasione della pronuncia della sentenza in oggetto, ripercorre l evoluzione normativa delle ex materie prime secondarie (ora c.d. rifiuti cessato ) e conclude sottolineando che sulla base dell attuale disciplina anche il semplice controllo dei rifiuti, per verificare se soddisfano i criteri per la cessazione della qualifica di rifiuto, rientra tra le operazioni di recupero, ed è quindi necessario che venga effettuato da un soggetto autorizzato. Ma andiamo a leggere le motivazioni in fatto ed in diritto dei Giudici della Suprema Corte - IL FATTO: riguarda il sequestro preventivo - disposto dal GIP - di un mezzo con cui si stava trasportando materiale ferroso e non ferroso, da qualificarsi come rifiuto speciale non pericoloso, senza alcuna autorizzazione e senza indicare una precisa destinazione. Il ricorrente ha contestato l erronea attribuzione della qualità di rifiuto alla merce tra- sportata, che - a suo giudizio - doveva essere qualificata come materia prima secondaria di cui all'art. 184- ter d.lgs. 152/06, rappresentando che non si trattava di generico ed indistinto materiale ferroso, bensì di rame e ferro, tra loro ben separati, selezionati ed esenti da materiali estranei, notoriamente oggetto di un mercato redditizio. - LA MOTIVAZIONE IN GIUDIZIO: il ricorso è stato ritenuto infondato. Ricorda la Cassazione - in premessa - come la nozione di materia prima secondaria (MPS) sia stata soppressa con la riforma del 2010 e sostituita con quella di cessazione della qualifica di rifiuto : «il d.lgs. 3 dicembre 2010, n. 205 che ha, altresì, definitivamente espunto dall ambito definitorio dell art. 183 le materie prime secondarie ed ha introdotto, nel d.lgs. 152/2006, il nuovo art. 184- ter, intitolato cessazione della qualifica di rifiuto». ( L operazione di recupero può consistere semplicemente nel controllare i rifiuti... ) tale attività deve essere dunque svolta da un soggetto abilitato al recupero. In quest ultimo caso, in sede di controllo, si tornerebbe alla prima ipotesi esaminata all inizio di questo paragrafo perché comunque in tal caso, i materiali uscendo da un centro di recupero, dovrebbero comunque essere assistiti da apposita documentazione rilasciata dal centro di recupero. In via generale, in sede di controllo è richiesto un esame approfondito del fatto che non siano necessari ulteriori trattamenti per l impiego di dette sostanze, materiali o prodotti secondari. Inoltre il recupero nella sua effettività ed oggettività va sempre provato in modo concreto, inequivocabile e sostanziale nei tempi e nelle forme previsti dall impresa. In caso contrario, è ovvio, che oggi (come ieri) scattano le ordinarie sanzioni per la gestione illegale dei rifiuti ( ). Copyright riservato www.dirittoambiente.com - Consentita la riproduzione integrale in fotocopia e libera circolazione senza fine di lucro con logo e fonte inalterata E vietato il plagio e la copiatura integrale o parziale di testi e disegni a firma degli autori - a qualunque fine - senza citare la fonte - La pirateria editoriale è reato (legge 18/08/2000 n 248)

www.dirittoambiente.net Da parte nostra, sempre in ogni sede seminariale ed editoriale, abbiamo messo in evidenza questo aspetto, che pur potendo apparire di secondaria importanza, è invece un elemento sostanziale perché segna il confine tra la vecchia e l attuale disciplina 2. La Cassazione, poi, riporta il testo integrale dell art. 184 ter D.Lgs. n. 152/06 che così recita: «1. Un rifiuto cessa di essere tale, quando è stato sottoposto a un'operazione di recupero, incluso il riciclaggio e la preparazione per il riutilizzo, e soddisfi i criteri specifici, da adottare nel rispetto delle seguenti condizioni: a) la sostanza o l'oggetto è comunemente utilizzato per scopi specifici; b) esiste un mercato o una domanda per tale sostanza od oggetto; c) la sostanza o l'oggetto soddisfa i requisiti tecnici per gli scopi specifici e rispetta la normativa e gli standard esistenti applicabili ai prodotti; d) l'utilizzo della sostanza o dell'oggetto non porterà a impatti complessivi negativi sull'ambiente o sulla salute umana. 2. L operazione di recupero può consistere semplicemente nel controllare i rifiuti per verificare se soddisfano i criteri elaborati conformemente alle predette condizioni. I criteri di cui al comma 1 sono adottati in conformità a quanto stabilito dalla disciplina comunitaria ovvero, in mancanza di criteri comunitari, caso per caso per specifiche tipologie di rifiuto attraverso uno o più decreti del Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, ai sensi dell'articolo 17, comma 3, della legge 23 agosto 1988, n. 400. I criteri includono, se necessario, valori limite per le sostanze inquinanti e tengono conto di tutti i possibili effetti negativi sull'ambiente della sostanza o dell'oggetto. 2 Dal volume Tecnica di Polizia Giudiziaria Ambientale, cit., pag. 338: ( ) a seguito dell intervento riformatore del D.Lgs. n. 205/2010 sparisce il termine materie prime secondarie dal testo normativo. La normativa non accenna esplicitamente né offre una definizione di materie prime secondarie, ma vengono indicate le condizioni che dovranno essere soddisfatte per determinare i criteri volti a definire quando un rifiuto cessa di essere tale (e, dunque, diventa quello che noi abbiamo definito come rifiuto cessato ). Ricordiamo come la categoria delle materie prime secondarie fosse stata introdotta dal D.Lgs. 152/2006 al fine di escludere dalla disciplina dei rifiuti quelle sostanze e materie che, dopo adeguate operazioni di recupero, presentavano specifiche caratteristiche tecniche, fissate con decreto ministeriale, e fossero idonee ad essere usate in un processo produttivo industriale o ad essere commercializzate. Con il nuovo art. 184 ter D.Lgs. n. 152/2006 si parla ora di Cessazione della qualifica di rifiuto ( ). Copyright riservato www.dirittoambiente.com - Consentita la riproduzione integrale in fotocopia e libera circolazione senza fine di lucro con logo e fonte inalterata E vietato il plagio e la copiatura integrale o parziale di testi e disegni a firma degli autori - a qualunque fine - senza citare la fonte - La pirateria editoriale è reato (legge 18/08/2000 n 248)

www.dirittoambiente.net 3. Nelle more dell'adozione di uno o più decreti di cui al comma 2, continuano ad applicarsi le disposizioni di cui ai decreti del Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio in data 5 febbraio 1998, 12 giugno 2002, n. 161, e 17 novembre 2005, n. 269 e l art. 9-bis, lett. a) e b), del decreto-legge 6 novembre 2008, n. 172, convertito, con modificazioni, dalla legge 30 dicembre 2008, n. 210. La circolare del Ministero dell ambiente 28 giugno 1999, prot. n. 3402/V/MIN si applica fino a sei mesi dall entrata in vigore della presente disposizione. 4. Un rifiuto che cessa di essere tale ai sensi e per gli effetti del presente articolo è da computarsi ai fini del calcolo del raggiungimento degli obiettivi di recupero e riciclaggio stabiliti dal presente decreto, dal decreto legislativo 24 giugno 2003, n. 209, dal decreto legislativo 25 luglio 2005, n. 151, e dal decreto legislativo 20 novembre 2008, n. 188, ovvero dagli atti di recepimen-to di ulteriori normative comunitarie, qualora e a condizione che siano soddisfatti i requisiti in materia di riciclaggio o recupero in essi stabiliti. 5. La disciplina in materia di gestione dei rifiuti si applica fino alla cessazione della qualifica di rifiuto». Sulla base del dispositivo normativo qui sopra richiamato in premessa, i Giudici della Suprema Corte affermano che: «Perché dunque un rifiuto cessi di esser tale è necessario che sia sottoposto ad un operazione di recupero, incluso il riciclaggio e la preparazione per il riutilizzo, e soddisfi i seguenti criteri specifici da adottare nel rispetto delle seguenti condizioni: 1) la sostanza o l'oggetto sia comunemente utilizzato per scopi specifici; 2) sussista un mercato e una domanda del materiale recuperato; 3) la sostanza o l'oggetto soddisfi i requisiti tecnici per gli scopi specifici e rispetti la normativa e gli standard esistenti applicabili ai prodotti; 4) l'utilizzo della sostanza o dell'oggetto non comporti impatti complessivi negativi sull'ambiente o sulla salute umana. Le evidenti novità rispetto alla precedente definizione consistono: 1) nella modifica della terminologia, non esistendo più le «materie prime secondarie» ma solo prodotti che cessano di essere rifiuti (cd. «end of waste»); 2) nella sufficienza della sola esistenza di un mercato e di una domanda per il prodotto, non essendo più ritenuto necessario anche il valore economico del prodotto; Copyright riservato www.dirittoambiente.com - Consentita la riproduzione integrale in fotocopia e libera circolazione senza fine di lucro con logo e fonte inalterata E vietato il plagio e la copiatura integrale o parziale di testi e disegni a firma degli autori - a qualunque fine - senza citare la fonte - La pirateria editoriale è reato (legge 18/08/2000 n 248)

www.dirittoambiente.net 3) nel fatto che l'operazione di recupero può consistere nel controllo dei rifiuti per verificare se soddisfano i criteri elaborati conformemente alle predette condizioni.». Pertanto la Cassazione conclude affermando che: «Non è venuta meno, però, la necessità che il rifiuto sia sottoposto ad operazione di recupero perché possa essere definitivamente sottratto alla disciplina in materia di gestione dei rifiuti. Anche a seguito delle modifiche introdotte con il d.lgs. 205/2010, infatti, la cessazione della qualifica di rifiuto deriva da una pregressa e necessaria attività di recupero. E' una costante che percorre, trasver- salmente, tutte le definizioni e modifiche legislative sopra riportate. L'attività di recupero, come definita dall'art. 183, comma 1, lett. t), d.lgs. 152/2006 e come articolata nelle operazioni elencate, ancorché in modo dichiaratamente non esaustivo, dall'allegato C alla parte quarta del T.U. amb., nonché disciplinata, per quanto riguarda i rifiuti non pericolosi, dal D.M. 5 febbraio 1998, costituisce, a sua volta, una fase della gestione del rifiuto, che deve in ogni caso essere posta in essere da soggetto a ciò autorizzato (artt. 208, 214, e 216, d.lgs. 152/2006). La necessità che risulti dimostrata la intervenuta effettuazione di attività di recupero (condotta nel rispetto di quanto previsto dai decreti ministeriali 5 febbraio 1998, 12 giugno 2002, n. 162 e 17 novembre 2005, n. 269) da parte di un soggetto autorizzato a compiere le relative operazioni, è stata più volte ribadita da questa Suprema Corte (Sez. 3, n. 17823 del 17/01/2012, Celano; Sez. 3, n. 25206 del 16/05/2012, Violato). È vero che l'art. 184- ter, comma 2, d.lgs. 152/2006, estende l operazione di recupero dei rifiuti anche al solo controllo per verificare se soddisfano i criteri elaborati conformemente alle condizioni indicare nel comma 1, tuttavia, a prescindere dalla immediata precettività o meno di tale indicazione (questione priva di rilevanza nel caso concreto), si tratta pur sempre di operazione di recupero che, in quanto tale, è comunque necessario che venga effettuata da soggetto autorizzato». Nel caso oggetto del giudizio, si è dunque evidenziato come non risultasse che il materiale trasportato fosse stato sottoposto a preventiva operazione di recupero, riciclaggio e preparazione per il suo utilizzo, tantomeno che ciò fosse avvenuto ad opera di soggetto autorizzato. Copyright riservato www.dirittoambiente.com - Consentita la riproduzione integrale in fotocopia e libera circolazione senza fine di lucro con logo e fonte inalterata E vietato il plagio e la copiatura integrale o parziale di testi e disegni a firma degli autori - a qualunque fine - senza citare la fonte - La pirateria editoriale è reato (legge 18/08/2000 n 248)

www.dirittoambiente.net In mancanza di queste preliminari e necessarie operazioni, i Giudici della Suprema Corte hanno concluso affermando che il materiale trasportato dal ricorrente non avesse mai cessato la sua qualifica di rifiuto, rendendo penalmente rilevante il suo trasporto senza autorizzazione. Valentina Vattani Pubblicato il 29 maggio 2014 In calce si riporta il testo integrale della sentenza in commento - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - Copyright riservato www.dirittoambiente.com - Consentita la riproduzione integrale in fotocopia e libera circolazione senza fine di lucro con logo e fonte inalterata E vietato il plagio e la copiatura integrale o parziale di testi e disegni a firma degli autori - a qualunque fine - senza citare la fonte - La pirateria editoriale è reato (legge 18/08/2000 n 248)

16423/14 REPUBBLICA ITALIANA In nome del Popolo Italiano LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE TERZA SEZIONE PENALE Composta da Aldo Fiale - Presidente - Sent. n. sez. (A4-0 Vito Di Nicola CC- 20/02/2014 Chiara Graziosi R.G.N. 43084/2013 Gastone Andreazza Aldo Aceto - Relatore - ha pronunciato la seguente SENTENZA sul ricorso proposto da Di Procolo Luigi, nato a Pozzuoli il 24/01/1965; avverso l'ordinanza del 17/09/2013 del Tribunale di Napoli; visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso; udita la relazione svolta dal consigliere Aldo Aceto; udito il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore generale Aldo Policastro, che ha concluso chiedendo il rigetto del ricorso. RITENUTO IN FATTO 1.Con ordinanza del 17/09/2013 il Tribunale di Napoli ha rigettato l'istanza di riesame proposta dal sig. Di Procolo avverso il decreto del 31/05/2013 con il quale il Giudice per le indagini preliminari presso quello stesso Tribunale, ritenuta la sussistenza indiziaria del reato di recupero e trasporto illecito di rifiuti di cui all'art. 256, comma 1, lett. a), d.lgs. 3 aprile 2006, n. 152 (ritenuto astrattamente configurabile sul rilievo che il Di Procolo stava trasportando mc. 3 di materiale ferroso e non ferroso, classificato come rifiuto speciale non pericoloso, e

non aveva fornito alcun principio di prova in ordine alla diversa destinazione del materiale), considerato che la libera disponibilità del bene da parte dell'indagato potesse aggravare le conseguenze del reato stesso, aveva disposto il sequestro preventivo dell'autocarro Fiat Iveco, tg. BGB89243, di proprietà dell'odierno ricorrente, bene in ogni caso confiscabile a norma dell'art. 259, d.lgs. 152/2006 cit.. 2.Ricorre per Cassazione il Di Procolo Luigi chiedendo, per il tramite del difensore di fiducia, l'annullamento dell'ordinanza (con conseguente revoca del decreto di sequestro) e articolando, a sostegno, due motivi di doglianza. Con il primo motivo, eccepisce erronea applicazione degli artt. 256, comma 1, lett. a), 259, d.lgs. 3 aprile 2006, n. 152, 321 cod. proc. pen. e inosservanza o erronea applicazione dell'art 184-ter, d.lgs. 3 aprile 2006, n. 152. Con il secondo motivo eccepisce mancanza, contraddittorietà ed illogicità manifesta della motivazione del provvedimento impugnato. Il ricorrente, alle luce di quanto stabilito dalla direttiva 2008/98/CE del 19/11/2008 (sui cui contenuti e finalità si sofferma a lungo) e delle conseguenti modifiche introdotte al d.lgs. 3 aprile 2006, n. 152 dal d.lgs. 3 dicembre 2010, n. 205, contesta l'erronea attribuzione della qualità di «rifiuto» alla merce trasportata, che, a suo giudizio, dovrebbe piuttosto essere qualificata come «materia prima secondaria» di cui all'art. 184-ter, d.lgs. 3 aprile 2006, n. 152 (norma appunto inserita dall'art. 12, d.lgs. 205/2010 cit.). Diversamente da come affermato dai primi giudici, infatti, non si trattava di generico ed indistinto materiale ferroso, bensì di rame e ferro, tra loro ben separati, selezionati ed esenti da materiali estranei, notoriamente oggetto di un mercato redditizio. Tale natura, soggiunge, non è sfuggita allo stesso tribunale che, cadendo in un lapsus freudiano, ha definito «beni» le cose sequestrate. CONSIDERATO IN DIRITTO 3.11 ricorso è infondato. Non è oggetto di contestazione, in fatto, che il ricorrente effettuasse attività di trasporto di materiale, ferroso e non ferroso (rame nello specifico), per una quantità pari a circa 3 mc.. Non è altresì in discussione che egli fosse privo di qualsiasi autorizzazione al recupero ed al trasporto di rifiuti. E' in contestazione, in diritto, la qualifica di "rifiuto" del materiale trasportato che il ricorrente ritiene essere "materia prima secondaria". Osserva la Corte quanto segue. 2

L'art. 183, comma 1, lett. q), d.lgs. 3 aprile 2006, n. 152 (nella versione vigente fino al 12 febbraio 2008), definiva «materia prima secondaria» la sostanza o la materia avente le caratteristiche stabilite ai sensi dell'articolo 181. L'art. 181, a sua volta, non forniva una definizione diretta di «materia prima secondaria» ma demandava a fonti di normazione secondaria il compito di individuare le procedure ed i metodi di recupero dei rifiuti utilizzati per ottenerla, affermando che: «La disciplina in materia di gestione dei rifiuti si applica - recitava il comma 12 - fino al completamento delle operazioni di recupero, che si realizza quando non sono necessari ulteriori trattamenti perché le sostanze, i materiali e gli oggetti ottenuti possono essere usati in un processo industriale o commercializzati come materia prima secondaria, combustibile o come prodotto da collocare, a condizione che il detentore non se ne disfi o non abbia deciso, o non abbia l'obbligo, di disfarsene». Il successivo comma 13 precisava: «La disciplina in materia di gestione dei rifiuti non si applica ai materiali, alle sostanze o agli oggetti che, senza necessità di operazioni di trasformazione, già presentino le caratteristiche delle materie prime secondarie, dei combustibili o dei prodotti individuati ai sensi del presente articolo, a meno che il detentore se ne disfi o abbia deciso, o abbia l'obbligo, di disfarsene». Il comma 14, così concludeva: «I soggetti che trasportano o utilizzano materie prime secondarie, combustibili o prodotti, nel rispetto di quanto previsto dal presente articolo, non sono sottoposti alla normativa sui rifiuti, a meno che se ne disfino o abbiano deciso, o abbiano l'obbligo, di disfarsene». Nella more di adozione di futuri regolamenti, il comma 6 dell'articolo in questione affidava ai preesistenti, e già vigenti, decreti ministeriali 5 febbraio 1998 e 12 giugno 2002 il compito di indicare le caratteristiche, che attraverso specifici metodi di recupero, le materie prime secondarie avrebbero dovuto possedere per poter esser ritenute tali. Detti decreti individuavano (ed ancor oggi individuano) gli specifici rifiuti, non pericolosi (D.M. 5 febbraio 1998) e pericolosi (D.M. 12 giugno 2002, n. 161), che, in considerazione delle loro caratteristiche, della loro provenienza, e delle procedure di recupero previste per ciascuna tipologia, davano luogo alle materie prime descritte in base alle loro caratteristiche intrinseche. A seguito delle modifiche introdotte con d.lgs. 16 gennaio 2008, n. 4, l'art. 183, comma 1, lett. q), nel definire le materie prime secondarie ha rimandato all'art. 181-bis, di nuova introduzione, che, a sua volta, ha così diversamente disciplinato la materia: «Non rientrano nella definizione di cui all'articolo 183, comma 1, lettera a), le materie, le sostanze e i prodotti secondari definiti dal decreto ministeriale di cui al comma 2, nel rispetto dei seguenti criteri, requisiti e condizioni: a) siano prodotti da un'operazione di riutilizzo, di riciclo o di recupero di rifiuti; b) siano individuate la provenienza, la tipologia e le caratteristiche dei rifiuti dai quali si possono produrre; c) siano individuate le operazioni di riutiliz- 3

zo, di riciclo o di recupero che le producono, con particolare riferimento alle modalità ed alle condizioni di esercizio delle stesse; d) siano precisati i criteri di qualità ambientale, i requisiti merceologici e le altre condizioni necessarie per l'immissione in commercio, quali norme e standard tecnici richiesti per l'utilizzo, tenendo conto del possibile rischio di danni all'ambiente e alla salute derivanti dall'utilizzo o dal trasporto del materiale, della sostanza o del prodotto secondario; e) abbiano un effettivo valore economico di scambio sul mercato. 2. I metodi di recupero dei rifiuti utilizzati per ottenere materie, sostanze e prodotti secondari devono garantire l'ottenimento di materiali con caratteristiche fissate con decreto del Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, ai sensi dell'articolo 17, comma 3, della legge 23 agosto 1988, n. 400, di concerto con il Ministro della salute e con il Ministro dello sviluppo economico, da emanarsi entro il 31 dicembre 2008. 3. Sino all'emanazione del decreto di cui al comma 2 continuano ad applicarsi le disposizioni di cui ai decreti ministeriali 5 febbraio 1998, 12 giugno 2002, n. 161, e 17 novembre 2005, n. 269». L'art. 181-bis è stato successivamente abrogato dal d.lgs. 3 dicembre 2010, n. 205 che ha, altresì, definitivamente espunto dall'ambito definitorio dell'art. 183 le materie prime secondarie ed ha introdotto, nel d.lgs. 152/2006, il nuovo art. 184-ter, intitolato <<cessazione della qualifica di rifiuto>>, che così recita: <<1. Un rifiuto cessa di essere tale, quando è stato sottoposto a un'operazione di recupero, incluso il riciclaggio e la preparazione per il riutilizzo, e soddisfi i criteri specifici, da adottare nel rispetto delle seguenti condizioni: a) la sostanza o l'oggetto è comunemente utilizzato per scopi specifici; b) esiste un mercato o una domanda per tale sostanza od oggetto; c) la sostanza o l'oggetto soddisfa i requisiti tecnici per gli scopi specifici e rispetta la normativa e gli standard esistenti applicabili ai prodotti; d) l'utilizzo della sostanza o dell'oggetto non porterà a impatti complessivi negativi sull'ambiente o sulla salute umana. 2. L'operazione di recupero può consistere semplicemente nel controllare i rifiuti per verificare se soddisfano i criteri elaborati conformemente alle predette condizioni. I criteri di cui al comma 1 sono adottati in conformità a quanto stabilito dalla disciplina comunitaria ovvero, in mancanza di criteri comunitari, caso per caso per specifiche tipologie di rifiuto attraverso uno o più decreti del Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, ai sensi dell' articolo 17, comma 3, della legge 23 agosto 1988, n. 400. I criteri includono, se necessario, valori limite per le sostanze inquinanti e tengono conto di tutti i possibili effetti negativi sull'ambiente della sostanza o dell'oggetto. 3. Nelle more dell'adozione di uno o più decreti di cui al comma 2, continuano ad applicarsi le disposizioni di cui ai decreti del Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio in data 5 febbraio 1998, 12 giugno 2002, n. 161, e 17 novembre 2005, n. 269 e l' art. 9-bis, lett. a) e b), del decreto-legge 6 novembre 2008, n. 172, convertito, con modificazioni, dalla legge 30 4

dicembre 2008, n. 210. La circolare del Ministero dell'ambiente 28 giugno 1999, prot. n. 3402/V/MIN si applica fino a sei mesi dall'entrata in vigore della presente disposizione. 4. Un rifiuto che cessa di essere tale ai sensi e per gli effetti del presente articolo è da computarsi ai fini del calcolo del raggiungimento degli obiettivi di recupero e riciclaggio stabiliti dal presente decreto, dal decreto legislativo 24 giugno 2003, n. 209, dal decreto legislativo 25 luglio 2005, n. 151, e dal decreto legislativo 20 novembre 2008, n. 188, ovvero dagli atti di recepimento di ulteriori normative comunitarie, qualora e a condizione che siano soddisfatti i requisiti in materia di riciclaggio o recupero in essi stabiliti. 5. La disciplina in materia di gestione dei rifiuti si applica fino alla cessazione della qualifica di rifiuto». In parziale attuazione della norma è stato emesso il Regolamento recante disciplina della cessazione della qualifica di rifiuto di determinate tipologie di combustibili solidi secondari (CSS), ai sensi dell'articolo 184-ter, comma 2, del decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152, e successive modificazioni, di cui al decreto ministeriale 14 febbraio 2013, n. 22. Per le altre tipologie di rifiuto restano in vigore, e continuano ad applicarsi, i precedenti decreti ministeriali sopra citati. Perché dunque un rifiuto cessi di esser tale è necessario che sia sottoposto ad un'operazione di recupero, incluso il riciclaggio e la preparazione per il riutilizzo, e soddisfi i seguenti criteri specifici da adottare nel rispetto delle seguenti condizioni: 1) la sostanza o l'oggetto sia comunemente utilizzato per scopi specifici; 2) sussista un mercato e una domanda del materiale recuperato; 3) la sostanza o l'oggetto soddisfi i requisiti tecnici per gli scopi specifici e rispetti la normativa e gli standard esistenti applicabili ai prodotti; 4) l'utilizzo della sostanza o dell'oggetto non comporti impatti complessivi negativi sull'ambiente o sulla salute umana. Le evidenti novità rispetto alla precedente definizione consistono: 1) nella modifica della terminologia, non esistendo più le «materie prime secondarie» ma solo prodotti che cessano di essere rifiuti (cd. «end of waste»); 2) nella sufficienza della sola esistenza di un mercato e di una domanda per il prodotto, non essendo più ritenuto necessario anche il valore economico del prodotto; 3) nel fatto che l'operazione di recupero può consistere nel controllo dei rifiuti per verificare se soddisfano i criteri elaborati conformemente alle predette condizioni. Non è venuta meno, però, la necessità che il rifiuto sia sottoposto ad operazione di recupero perché possa essere definitivamente sottratto alla disciplina in materia di gestione dei rifiuti. Anche a seguito delle modifiche introdotte con il d.lgs. 205/2010, infatti, la cessazione della qualifica di rifiuto deriva da una pregressa e necessaria attività di recupero. E' una costante che percorre, trasversalmente, tutte le definizioni e modifiche legislative sopra riportate. 5

L'attività di recupero, come definita dall'art. 183, comma 1, lett. t), digs. 152/2006 e come articolata nelle operazioni elencate, ancorché in modo dichiaratamente non esaustivo, dall'allegato C alla parte quarta del T.U. amb., nonché disciplinata, per quanto riguarda i rifiuti non pericolosi, dal D.M. 5 febbraio 1998, costituisce, a sua volta, una fase della gestione del rifiuto, che deve in ogni caso essere posta in essere da soggetto a ciò autorizzato (artt. 208, 214, e 216, d.lgs. 152/2006). La necessità che risulti dimostrata la intervenuta effettuazione di attività di recupero (condotta nel rispetto di quanto previsto dai decreti ministeriali 5 febbraio 1998, 12 giugno 2002, n. 162 e 17 novembre 2005, n. 269) da parte di un soggetto autorizzato a compiere le relative operazioni, è stata più volte ribadita da questa Suprema Corte (Sez. 3, n. 17823 del 17/01/2012, Celano; Sez. 3, n. 25206 del 16/05/2012, Violato). E' verto che l'art. 184-ter, comma 2, d.lgs. 152/2006, estende l'operazione di recupero dei rifiuti anche al solo controllo per verificare se soddisfano i criteri elaborati conformemente alle condizioni indicare nel comma 1, tuttavia, a prescindere dalla immediata precettività o meno di tale indicazione (questione priva di rilevanza nel caso concreto), si tratta pur sempre di operazione di «recupero>> che, in quanto tale, è comunque necessario che venga effettuata da soggetto autorizzato. Nel caso di specie, come incontestabilmente (ed esattamente) affermato dal tribunale del riesame, non risulta che il materiale trasportato dal ricorrente fosse stato sottoposto a preventiva operazione di recupero, riciclaggio e preparazione per il suo utilizzo, tantomeno che ciò sia avvenuto ad opera di soggetto autorizzato. In mancanza di queste preliminari (e necessarie) operazioni il materiale trasportato dal ricorrente non ha mai cessato la sua qualifica di rifiuto (art. 184-ter, u.c., cit.), rendendo penalmente rilevante il suo trasporto senza autorizzazione. Il ricorso deve, dunque, essere respinto ed il ricorrente condannato al pagamento delle spese processuali. P.Q.M. rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processua- Così deciso il 20/02/2014 Il Consigliere estensore Aldo Aceto Il Presidente Aldo Fiale,29/cdf,D «11, 6