Collaborazioni familiari gratuite legittime anche per i verificatori

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CIRCOLARE A.F. N. 103 del 21 Giugno 2013 Ai gentili clienti Loro sedi Collaborazioni familiari gratuite legittime anche per i verificatori Gentile cliente con la presente intendiamo informarla che il Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali, con la lettera circolare n. 10478 del 10.06.2013, ha fornito alcuni chiarimenti in riferimento alle prestazioni gratuite fornite dai familiari nelle attività del settore artigianato, agricoltura e commercio. Secondo le istruzioni impartite dal Ministero ai verificatori, l ispettore non può pretendere l instaurazione di un rapporto di lavoro né l iscrizione dell aiutante presso enti previdenziali nell ipotesi di collaboratore familiare già impiegato a tempo pieno o pensionato. In ogni altra occasione, invece, la collaborazione è occasionale quando viene prestata al massimo: i) per 90 giorni in un anno; ii) per 720 ore in un anno solare. Le indicazioni risultano particolarmente utili per coloro che gestiscono negozi e botteghe, in quanto ora possono ricorrere all aiuto dei familiari (intendendo per tali coniugi, parenti e affini) secondo criteri precisi. Premessa Con la lettera circolare n. 10478 del 10.06.2013 il Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali ha fornito precisazioni relativamente all utilizzo senza compenso di collaboratori familiari nelle attività del settore artigianato, agricoltura e commercio. Il Ministero, nel dettaglio, ha fornito alcune istruzioni operative ai verificatori nel caso in cui il soggetto sottoposto a verifica ricorra a parenti, affini o al coniuge per svolgere la propria attività. 1

Pur fissando dei paletti relativamente all occasionalità della collaborazione, viene precisato che l utilizzo di collaboratori già occupati a tempo pieno oppure pensionati non comporta, in caso di verifica, l automatica instaurazione di un rapporto di lavoro. Collaborazione familiare: obbligazione contrattuale o morale? Prima di illustrare i chiarimenti, bisogna evidenziare che il Ministero del Lavoro riconosce che nella maggior parte dei casi, la collaborazione prestata all'interno di un contesto familiare viene resa in virtù di una obbligazione di natura "morale", basata sulla cd. affectio vel benevolentiae causa, ovvero sul legame solidaristico ed affettivo proprio del contesto familiare, che si articola nel vincolo coniugale, di parentela e di affinità e che non prevede la corresponsione di alcun compenso. Quando la collaborazione è occasionale? La circostanza che il lavoro sia reso da un familiare contribuisce a determinare in molti casi la natura occasionale della prestazione lavorativa, così da escludere l'obbligo di iscrizione in capo al familiare. Si ritiene sussistente il carattere occasionale della prestazione, innanzitutto, in riferimento alle prestazioni rese da pensionati, i quali verosimilmente non possono garantire al familiare che sia titolare o socio dell'impresa un impegno con carattere di continuità. Alla luce di tali osservazioni, il personale ispettivo considererà le prestazioni rese dai pensionati, parenti o affini dell'imprenditore, quali collaborazioni occasionali di tipo gratuito, tali dunque da non richiedere né l'iscrizione nella Gestione assicurativa di competenza, né da ricondurre alla fattispecie della subordinazione. Analoga conclusione può adottarsi nell'ipotesi di prestazioni svolte dal familiare impiegato full time presso altro datore di lavoro, considerato il residuale e limitato tempo a disposizione per poter espletare altre attività o compiti con carattere di prevalenza e continuità presso l'azienda del familiare. Nei suddetti casi, dunque, la collaborazione del familiare si considera "presuntivamente" di natura occasionale e pertanto il personale ispettivo, solo ove non ritenga di accedere a tale impostazione per la presenza di precisi indici sintomatici di una "prestazione lavorativa" in senso stretto, dovrà comunque dimostrarne la sussistenza mediante puntuale e idonea documentazione probatoria di carattere oggettivo e incontrovertibile. 2

Si segnala che oltre a tali due fattispecie individuate dal Ministero del Lavoro esistono disposizioni di legge aventi l'obiettivo di affermare, al verificarsi di determinate condizioni, il carattere occasionale della prestazione lavorativa. Il riferimento è agli artt. 21 comma 6-ter DL n. 260/2003 (conv. da L. n. 326/2003) e 74. DLgs. n. 276/2003 concernenti, rispettivamente la disciplina delle prestazioni di natura occasionale rese dal familiare nell'ambito delle imprese appartenenti ai settori: dell'artigianato; dell'agricoltura. La prima delle due disposizioni stabilisce che "gli imprenditori artigiani iscritti nei relativi albi provinciali possono avvalersi, in deroga alla normativa previdenziale vigente di collaborazioni occasionali di parenti entro il terzo grado, aventi anche il titolo di studente per un periodo complessivo nel corso dell'anno non superiore a novanta giorni". La norma prosegue, inoltre, evidenziando che le collaborazioni debbano avere "carattere di aiuto, a titolo di obbligazione morale", ovvero senza corresponsione alcuna di compensi ed essere rese nel caso di temporanea impossibilità dell'imprenditore artigiano all'espletamento della propria attività lavorativa. Resta ferma, tuttavia, per tale settore, la necessaria iscrizione all'assicurazione obbligatoria contro gli infortuni sul lavoro e la malattie professionali. Con riferimento alle attività agricole, l'art. 74 DLgs. n. 276/2003 dispone, invece, che "non integrano in ogni caso un rapporto di lavoro autonomo o subordinato le prestazioni svolte da parenti e affini sino al quarto grado in modo meramente occasionale o ricorrente di breve periodo, a titolo di aiuto, mutuo aiuto, obbligazione morale senza corresponsione di compensi [ ]. Per quanto concerne il settore del commercio, pur non rinvenendosi un'espressa disposizione sulle collaborazioni occasionali dei familiari svolte a titolo gratuito, si può comunque richiamare l'art. 29. L. n. 160/1975, come modificato dalla L. n. 662/1996, ai sensi del quale l'obbligo di iscrizione alla gestione assicurativa degli esercenti attività commerciali, di cui alla L. n. 613/1966, sussiste solo per i titolari o gestori in proprio di imprese che a prescindere dal numero di dipendenti, siano organizzate o dirette prevalentemente con il lavoro proprio e dei componenti della famiglia, compresi i parenti e gli affini entro il terzo grado, ovvero i familiari, coadiutori preposti al punto vendita, che partecipino personalmente al lavoro aziendale con carattere di abitualità e prevalenza. 3

Prendendo le mosse dal summenzionato quadro normativo, il Ministero fornisce alcune precisazioni sulle condizioni che devono sussistere perché una collaborazione sia considerata a occasionale. Bisogna chiarire, innanzitutto, che per attività occasionale si intende quella caratterizzata dalla non sistematicità e stabilità dei compiti espletati, non integrante comportamenti di tipo abituata e prevalente nell'ambito della gestione e del funzionamento dell'impresa. Al di fuori delle fattispecie sopra declinate (familiare pensionato o lavoratore full time), viene definito un parametro di natura quantitativa di tipo convenzionale da poter utilizzare in linea generale al fine di uniformare l'attività di vigilanza in ordine all'accertamento delle collaborazioni "familiari" in questione. Tale parametro può essere utilmente desunto dalla disposizione di cui all'art. 21 comma 6- ter citato già previsto specificatamente per il settore dell'artigianato, che fissa in 90 giorni nel corso dell'anno il limite temporale massimo della collaborazione occasionale e gratuita prestata nel caso in cui il familiare sia impossibilitato al lavoro. Lo stesso può dunque essere ragionevolmente applicato agli artigiani, al commercio e al settore agricolo, in ragione dei comuni aspetti di carattere previdenziale. Si ricorda, infatti, che la norma considera collaborazioni occasionali, in deroga alla normativa previdenziale vigente, le prestazioni rese da parenti entro il terzo grado, aventi anche il titolo di studente per un periodo complessivo del corso dell'anno non superiore a novanta giorni. In tal senso, nei diversi contesti settoriali, appare opportuno legare la nozione di occasionalità al limite quantitativo dei 90 giorni, intesi come frazionabili in ore, ossia 720 ore nel corso dell'anno solare. Nel caso di superamento dei 90 giorni, il limite quantitativo si considera comunque rispettato anche laddove l'attività resa dal familiare si svolga soltanto per qualche ora al giorno, fermo restando il tetto massimo delle 720 ore annue. Trattandosi di parametro esclusivamente orientativo non si ritiene necessario, ai fini del rispetto dello stesso, che l'attività del collaboratore venga svolta "in sostituzione" del titolare dell'azienda. Nelle realtà imprenditoriali può sussistere l ipotesi in cui il familiare collaboratore sia inquadrato con differenti tipologie contrattuali, quali il contratto di natura subordinata, autonoma o mediante voucher. Nel rispetto della libere scelte imprenditoriali, nulla vieta, infatti, che il titolare 4

dell'azienda possa avvalersi dell'ausilio del collaboratore familiare, instaurando con lo stesso un vero e proprio rapporto di lavoro dietro corresponsione di un trattamento economico. In queste ipotesi, l'eventuale disconoscimento dei rapporti di lavoro posti in essere deve essere presidiato da analitica attività istruttoria basata su una puntuale acquisizione e verifica di elementi documentali e testimoniali, volti a suffragare le soluzioni adottate. Quando il vincolo di parentela è rilevante? Per quanto attiene al riscontro del vincolo di parentela, si ritiene opportuno ricondurre in linea generale nell'ambito delle collaborazioni occasionali, escluse dagli adempimenti di carattere previdenziale, quelle instaurate tra il titolare dell'azienda, oltre che con il coniuge, con i parenti e gli affini entro il terzo grado, salva la specifica disposizione applicabile nel settore agricolo che contempla i rapporti di parentela e affinità fino al quarto grado. In proposito, si ricorda che sono parenti: PARENTELA E AFFINITA Grado 1 Genitori e i figli. Parenti Parentela 2 Nonni, i fratelli e sorelle, i nipoti intesi come figli dei figli. 3 Bisnonni e gli zii, nipoti intesi come figli di fratelli e sorelle, i pronipoti intesi come figli dei nipoti di secondo grado. Grado 1 Genitori e i figli. Affini Affinità 2 Nonni, i fratelli e sorelle, i nipoti intesi come figli dei figli. 3 Bisnonni e gli zii, nipoti intesi come figli di fratelli e sorelle, i pronipoti intesi come figli dei nipoti di secondo grado. Per quanto concerne il soggetto imprenditoriale al quale il vincolo coniugale, di parentela o affinità va riferito, in linea di massima vale la regola generale che l'obbligo contributivo compete all'imprenditore individuale o associato, sia in forma di società a carattere personale (SNC e in accomandita) sia di società a responsabilità limitata. Per quanto riguarda l'impresa artigiana, essa può essere esercitata in forma individuale e di società, a responsabilità limitata (INPS circ. n. 126/1997), in nome collettivo (INPS circ. n. 94/1987) e in accomandita semplice (INPS circ. nn. 126 e 179 del 1997), restando escluse le 5

società per azioni e in accomandita per azioni. Più complesse sono le disposizioni che individuano la figura dell'imprenditore agricolo e per tale motivo si rimanda in primo luogo alle specifiche norme su coltivatori diretti, coloni e mezzadri e imprenditori agricoli professionali. Alla luce di quanto sopra, si resta a disposizione per ogni qualsivoglia chiarimento in merito alle problematiche connesse a quanto argomentato. Cordiali saluti DOTTORESSA 6