URBANISTICA E ATTIVITÀ NOTARILE NUOVI STRUMENTI DI PIANIFICAZIONE DEL TERRITORIO E SICUREZZA DELLE CONTRATTAZIONI Bari 11 giugno 2011



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URBANISTICA E ATTIVITÀ NOTARILE NUOVI STRUMENTI DI PIANIFICAZIONE DEL TERRITORIO E SICUREZZA DELLE CONTRATTAZIONI Bari 11 giugno 2011 Prof. Avv. Paolo Urbani Ordinario di diritto amministrativo DISCIPLINA REGIONALE CONCORRENTE IN MATERIA DI GOVERNO DEL TERRITORIO E PRINCIPIO PEREQUATIVO NEL PIANIFICAZIONE URBANISTICA COMUNALE 1. Premessa generale. E noto che l ultimo intervento legislativo organico nella disciplina della materia urbanistica risalga alla l.10/77 ovvero quasi trentacinque anni fa e che l obiettivo fosse quello di introdurre nel sistema della pianificazione urbanistica elementi di solidarietà da parte degli interessi privati premiati dalla edificabilità dei propri immobili attraverso la corresponsione degli oneri di costruzione. S introduceva cosi per la prima volta, il principio fondamentale dell onerosità delle trasformazioni in funzione della cattura di valore da parte del potere pubblico nei confronti della proprietà fondiaria ed edilizia. Quel principio fondamentale si affianca ad altri principi della materia desumibili dalla legislazione vigente e più volte declinati dalla dottrina e dalla giurisprudenza costituzionale quali quello della pianificazione, della garanzia degli standards urbanistici ed edilizi, della salvaguardia in assenza della pianificazione, delle sanzioni penali ed amministrative nel caso di illeciti urbanistici. La materia urbanistica facente parte del più ampio settore del governo del territorio secondo il nuovo Titolo V Cost. rientra nella paolourbani@tin.it www.pausania.it

disciplina legislativa concorrente secondo la quale spetta al legislatore statale fissare i principi fondamentali della materia rintracciabili nella disciplina vigente ma con potestà di individuarne anche di nuovi, cui debbono attenersi le regioni nell adattare la legislazione regionale alle esigenze e caratteristiche dei propri territori. La legge di principi in materia di governo del territorio cui dovrebbe spettare di disciplinare i contenuti delle materie concorrenti rientranti nel concetto di governo del territorio (urbanistica, controllo dell attività edilizia, normativa tecnica in materia edilizia, e per certi aspetti anche la difesa del suolo e i lavori pubblici) manca ed i progetti di legge in materia ripresentati anche in questa legislatura non solo sono assolutamente inadeguati nei loro contenuti ma toccano solo l aspetto della pianificazione eludendo tra l altro anche i profili relativi alla disciplina della proprietà nei suoi molteplici profili (fiscali, dei diritti edificatori, ad es.) che ben potrebbero essere ricompresi in tale legge di riforma anche se afferenti alle competenze legislative esclusive statali. In questo scenario il tema che mi è stato chiesto di trattare è quello delle innovazioni apportate dal legislatore regionale, anche in mancanza di una legge di principi, alle tecniche di conformazione dei suoli proprie del piano regolatore generale comunale attraverso modalità di esercizio del potere amministrativo che si muovono nell ottica del cosiddetto sistema perequativo/compensativo. E la domanda cui si cercherà di rispondere è se esista già un principio perequativo desumibile dalla legislazione vigente cui le regioni abbiano fatto riferimento o ci si trovi invece di fronte a profili di incostituzionalità della disciplina regionale lì dove si siano introdotte nuove tecniche perequative nel piano regolatore anche sotto il profilo della riserva di legge statale in materia di disciplina della proprietà. Dirò subito, come vedremo, che tali profili non hanno sostanziale rilievo ma, per poter meglio argomentare, è necessario ripercorrere l itinerario politico giuridico e amministrativo che ha portato non solo il legislatore regionale ma anche molti comuni, in regioni nelle quali non vige alcuna disciplina regionale in materia, a 2

modificare profondamente il processo di formazione della volontà politica nel determinare l assetto pianificatorio dei territori comunali. 2. Le ragioni della perequazione. La fortuna recente del sistema perequativo, in ossequio al principio della giustizia redistributiva applicato alla pianificazione urbanistica, è da attribuire a due fattori di particolare rilievo che hanno assunto nel tempo grande rilevanza. Il primo è costituito dall insoddisfacente tecnica dello zoning che seppure ha costituito il principio di razionalizzazione della ordinata distribuzione degli interessi pubblici e privati sul territorio ai sensi dell art.7 della legge urbanistica fondamentale del 1942 e del DM 1444 del 1968 non risponde più, in molti casi, alle esigenze dello sviluppo e della riqualificazione delle città che richiedono, in molti casi, l uso integrato della plurifunzionalità delle attività di trasformazione dei suoli. La rigidità di tale tecnica si è rivelata da tempo controproducente rispetto alla soddisfazione delle sopravvenienti e continue esigenze dello sviluppo e del rinnovo urbano. Il secondo è legato alla disciplina risalente dei vincoli urbanistici necessari a garantire gli standards urbanistici destinati a dotare le aree urbane in trasformazione di beni e servizi collettivi. Disciplina come è noto, unica nei paesi almeno europei per i suoi effetti reiterativi di durata, tendente a discriminare tra proprietari il godimento della proprietà, in presenza di beni immobili determinati aventi potenzialmente identica capacità edificatoria, attraverso la previsione espropriativa per pubblica utilità delle aree incise dai vincoli. Con la sentenza della Corte Cost. 348/2007, in ossequio alla giurisprudenza della CEDU, l indennizzo espropriativo va ora rapportato al valore venale del bene. La legge finanziaria per il 2008 (l.244/07) art. 2 co 89-90 ha colmato il vuoto legislativo determinato dalla decisione stabilendo, tra l altro, che l indennità di espropriazione di un area edificabile è commisurata al 3

valore venale del bene, (mentre quando l espropriazione è finalizzata ad attuare interventi di riforma economico-sociale l indennità è ridotta del 25%). Questo rende difficilmente ancora percorribile data la crisi fiscale dei comuni la via della pianificazione attraverso i vincoli urbanistici il cui indennizzo espropriativo si rivela ormai proibitivo. 3. L adozione dei sistemi perequativi come criterio di giustizia redistributiva. A fronte di questi due accadimenti il ricorso alla perequazione urbanistica, all interno dei piani regolatori, non sembra più un opzione ma diviene atto necessitato derivante dalla duplice esigenza di assicurare contemporaneamente all edificazione, nelle aree di trasformazione o riqualificazione, adeguate dotazioni territoriali e di prevedere al loro interno la mixitè delle funzioni. La perequazione urbanistica si è affermata attraverso una corrente di pensiero mutuata dall esperienza di altri paesi (Stati Uniti, Spagna, Portogallo) che si è mossa sulla base di un obiettivo: quello di introdurre nel piano urbanistico il principio della perequazione che mira a redistribuire tra tutti i proprietari delle aree oggetto di trasformazione sia i vantaggi dell edificazione sia gli oneri pubblici delle urbanizzazioni. 1 1 Sul tema della perequazione vi è ormai una notevole letteratura. Per gli scritti degli urbanisti: S. Pompei, Il piano regolatore perequativo, Hoepli, Milano 1998; Id., Cinque nodi lungo la via della perequazione in Italia, in «Urbanistica», 1997; C. A. Barbieri e F. Oliva (a cura di), Le prospettive perequative per un nuovo regime immobiliare e per la riforma urbanistica, «Urbanistica. Quaderni», 1995, n. 7; A. Dal Piaz e F. Forte (a cura di), Piano urbanistico. Interessi fondiari, regole perequative, Clean, Napoli 1995; F. Forte, Perequazione urbanistica e attuabilità del piano comunale, relazione alla Giornata di studio e convegno di Piacenza, 12-13 marzo 1998, I nuovi strumenti dell urbanistica comunale; E. Micelli, Perequazione urbanistica. Pubblico e privato per la trasformazione della città, Marsilio, Venezia 2004; Id., La perequazione urbanistica per l equità e l efficacia del piano, relazione al Convegno di Trapani, 28 novembre 2008, Perequazione urbanistica e nuovi scenari per il governo del territorio; Id., Le forme possibili della perequazione. Due casi di studio a confronto, relazione alla Giornata di studio e convegno di Piacenza, 12-13 marzo 1998 cit.; F. Oliva, Il nuovo piano, relazione al Congresso nazionale INU di Ancona, 18 aprile 2008, Il nuovo piano; P. Fusero, Il modello perequativo morfologico, in www.esproprioonline.it. Per gli scritti dei giuristi: E. Boscolo, Le perequazioni e le compensazioni, in «Rivista giuridica di urbanistica», 2010, n. 1, pp. 104 sgg.; S. Perongini, Profili giuridici della 4

Corollario di questa impostazione è superare la zonizzazione che di per sé è discriminatoria. In breve, se la zonizzazione parcellizza e quindi settorializza tra destinazioni d uso e vocazioni edificatorie, la perequazione dovrebbe rendere indifferenti i proprietari rispetto alle scelte di pianificazione pur necessarie poiché comunque essi ricavano dalle aree di proprietà un quantum di vantaggi edificatori. pianificazione urbanistica perequativa, Giuffrè, Milano 2005; L. Piscitelli, Perequazione e integrazione tra zone, in AA.VV., L uso delle aree urbane e la qualità dell abitato cit., pp. 165 sgg.; P. L. Portaluri, Poteri urbanistici e principio di pianificazione, Jovene, Napoli 2003; M. A. Quaglia, Pianificazione urbanistica e perequazione, Giappichelli, Torino 2000; G. Sabbato, La perequazione urbanistica, relazione al Convegno di studi di Salerno, 20 novembre 2009, Attività edilizia fra governo del territorio e tutela paesaggistica e ambientale; A. Travi, Accordi fra proprietari e comune per modifiche al piano regolatore e oneri esorbitanti, in «Il Foro italiano», 2002, pp. 274 sgg.; P. Urbani, La perequazione tra ipotesi di riforma nazionale e leggi regionali, in «Edilizia e territorio. Commenti e norme», 2008, n. 30; Id., voce Urbanistica, in Enciclopedia Giuridica Treccani, Aggiornamento XVII, 2009; Id., Urbanistica consensuale cit.; Id., Concertazione e perequazione urbanistica, in Atti del Convegno di Lisbona sulla perequazione urbanistica 15-18 giugno 2008, in www.pausania.it; Id., Ancora sui principi perequativi e sulle modalità di attuazione dei piani urbanistici, in «Rivista giuridica di urbanistica», 2004, pp. 509 sgg.; Id., I problemi giuridici della perequazione urbanistica, ivi, 2002, pp. 587 sgg.; F. Varone, Trasferimento di edificabilità, così negli Stati Uniti si induce il privato a tutelare beni e aree, in «Edilizia e territorio. Commenti e norme», 2010, n. 10, pp. 15 sgg.; B. Graziosi, Figure polimorfe di perequazione urbanistica e principio di legalità, in «Rivista giuridica dell edilizia», 2007, n. 4-5, pp. 147 sgg.; S. Vasta, Perequazione urbanistica e giustizia distributiva, in «Rivista giuridica di urbanistica», 2009, pp. 356 sgg.; A. Gambaro, Compensazione urbanistica e mercato dei diritti edificatori, in «Rivista giuridica dell edilizia», 2010, n. 1, parte II, pp. 3 sgg.; P. Urbani, Sistemi di pianificazione urbanistica perequativa e principio di legalità dell azione amministrativa dopo le decisioni del Consiglio di Stato sul PRG di Roma, in www.giustamm.it, pubblicato il 2 agosto 2010; A. Police, Gli strumenti di perequazione urbanistica. Magia evocativa dei nomi, legalità ed effettività, in «Rivista giuridica dell edilizia», 2004, n. 1, parte II, pp. 3 sgg.; P. Stella Richter, La perequazione urbanistica, ivi, 2005, n. 2, pp. 169 sgg. Per quanto riguarda il caso comparato le esperienze-pilota si devono alla Spagna, Portogallo, ma soprattutto ad alcuni stati federali degli Stati Uniti: A. Nelson, La nuova generazione di oneri urbanizzativi negli Stati Uniti, in F. Curti (a cura di), Urbanistica e fiscalità locale. Orientamenti di riforma e buone pratiche in Italia e all estero, Maggioli, Rimini 1999, pp. 95-134; M. Porter, Il vantaggio competitivo delle nazioni, in «Harvard Espansione», 1990, n. 48; R. Pruetz, Putting Transfer of Development Rights to Work in California, Solano, Point Arena 1993; V. Renard, Imposte sulla proprietà, fornitura di servizi pubblici e politica dei suoli in Francia, in Curti (a cura di), Urbanistica e fiscalità locale cit., pp. 95-134; D. Isaac, Property Development. Appraisal and Finance, Macmillan, London 1996; G. Terny e R. Prud homme (a cura di), Le financement des équipements publics de demain, Economica, Paris 1986. 5

Se mi è permesso usare un immagine, dalle camere stagne della zonizzazione si passa a un sistema perequativo di vasi comunicanti che permette oltre al riconoscimento dell edificabilità virtuale anche la circolazione di tale edificabilità su tutto il territorio trasformabile. 2 Non più proprietari premiati o sconfitti dal piano 3 si afferma ma un sistema che tende alla ricomposizione effettiva degli interessi tra proprietari e all abbattimento delle rendite di posizione o marginali. Qual è il vantaggio per la città pubblica? Mettere in moto un meccanismo per cui la trasformazione urbana è ancorata necessariamente alla realizzazione delle opere di urbanizzazione e alla cessione delle aree relative man mano che gli ambiti (non più le zone) di perequazione vanno in attuazione. Tuttavia, se questa è la filosofia generale la sua applicazione sul territorio non è così scontata. Perequare rendere uguali, pareggiare ovvero rendere indifferenti i proprietari rispetto alle scelte di pianificazione? Che significa indifferenti? Significa che le scelte di pianificazione non discriminano tra proprietari? Sono cioè le proprietà trattate tutte nello stesso modo? È proprio vero che si possa raggiungere una situazione di totale eguaglianza? È evidente che ciò è impossibile per vari motivi che attengono a due profili essenziali: al fatto che la situazione territoriale delle varie proprietà è diversa sia per localizzazione, urbanizzazione ecc. 4 sia perché il potere di pianificazione del comune comporta necessariamente una differenziazione del regime edificatorio rispetto alla soddisfazione dei numerosi interessi in campo: residenziali, produttivi terziari, agricoli ecc. D altronde, è bene ricordare che è costante nella giurisprudenza amministrativa il richiamo al fatto che una certa dose di 2 «Secondo la legge chimico-fisica dei vasi comunicanti, in ogni sistema globalmente comunicante il liquido tende a disporsi in tutti i punti del sistema allo stesso livello obbedendo all azione della pressione atmosferica». Riprendo questa definizione riferita a tutt altro tema da E. Scalfari, La vera storia del caso Marchionne, in «la Repubblica», 25 luglio 2010. 3 Secondo le immaginifiche prospettazioni dei sociologi che distinguono tra proprietari la cui proprietà è soggetta a uso agricolo o edificabile. 4 Riemerge qui il problema della rendita di posizione o differenziale degli immobili al cui ridimensionamento dovrebbero provvedere proprio i meccanismi perequativi. 6

«diseguaglianza» è connaturale alla pianificazione urbanistica (ex multis Consiglio di stato, sez. IV, 14 aprile 1981, n. 367) ché altrimenti verrebbe meno la stessa possibilità di differenziare, attraverso tale tecnica, le forme di utilizzazione, di trasformazione e di tutela del territorio. Quindi un primo punto: la perequazione allevia o riduce le sperequazioni tra le vocazioni edificatorie delle diverse proprietà ma non le annulla. D altronde anche nella perequazione delle retribuzioni salariali l obiettivo è mitigare le differenze non di annullarle. La perequazione è un «mezzo» e non un fine diretto a correggere due caratteristiche della pianificazione tradizionale: da un lato, la sperequazione «relativa» derivante dalla zonizzazione per cui beni immobili pur destinati allo sviluppo edilizio e versanti nelle medesime condizioni in quanto a ubicazione, morfologia ed estensione sono oggetto di differenziazione nei diritti edificatori riconosciuti; dall altro, la sperequazione «assoluta» derivante dalla descritta vicenda dei vincoli urbanistici tendente a destinare le stesse aree a servizi pubblici. Dunque, quello della distribuzione del plusvalore fondiario legato alle possibilità di trasformazione urbanistica derivanti dalle scelte pianificatorie costituisce uno dei nodi principali del governo delle trasformazioni urbane che, una volta che si acceda a una prospettiva perequativa, si traduce nell obiettivo di conseguire l equità «catturando» tale plusvalore e redistribuendolo alla collettività per riequilibrare il costo sociale della trasformazione stessa. Con riferimento al nodo principale dell equità di valori fondiari discendenti dalla pianificazione, nelle elaborazioni concettuali dei diversi approcci di perequazione urbanistica, si sono prospettate differenti impostazioni risolutive. La prima consiste in quella serie di differenti misure che gli interpreti identificano come «perequazione di valori». In sintesi, l idea-base ruota intorno a una più o meno generalizzata monetizzazione dei diritti edificatori, unita a un gioco di trasferimenti (di natura finanziaria o parafiscale) compensativi delle disparità di valore nelle rendite fondiarie derivanti dalla 7

pianificazione. 5 L altro approccio è quello che comunemente viene identificato come di «perequazione urbanistica» o di «volumi», con ciò intendendosi porre in primo piano l esigenza di redistribuire reali quantità urbanistiche e a priori, ossia al momento stesso della formazione della scelta di governo territoriale, piuttosto che tentare di rimediare a posteriori con compensazioni monetarie di incerta applicazione. Il principio della perequazione come si ripete talvolta non è quello di creare l indifferenza tra proprietari rispetto alle scelte di pianificazione che non è possibile, ma quello di riconoscere ai proprietari un valore alle proprietà commisurato alla tipologia, alla localizzazione, all urbanizzazione, alla classificazione delle aree rispetto al contesto territoriale nel quale si collocano, cosa ben diversa dal criterio della zonizzazione. È, in breve, un principio che riflette il «merito» delle aree, che non può prescindere dalla loro natura. Se da un lato quindi le teorie perequative mirano positivamente ad abbattere o a ridurre le posizioni di rendita almeno per la città futura, e a interpretare, nella chiave pianificatoria, il principio di uguaglianza di cui all art. 3 della Costituzione, il vero obiettivo della perequazione è quello di superare la frammentazione della copertura degli oneri urbanizzativi da parte dei privati e realizzare un sistema generalizzato che crei una equazione del tipo: trasformazione edilizia = città pubblica, lì dove le trasformazioni non solo concorrono alla copertura degli oneri urbanizzativi ma tendono a coprirli interamente. È evidente che questo secondo obiettivo, raggiungibile solo nel caso della perequazione generalizzata (cfr. infra), comporta un analisi molto attenta del rapporto tra volumetrie concesse e contributi a carico dei privati. Esso è complicato perché nel meccanismo perequativo, la cui attuazione ricalca in pieno quella originaria delle convenzioni urbanistiche dei primi anni del Novecento, il privato non solo si addossa la realizzazione delle opere di urbanizzazione primaria e secondaria, ma cede anche le aree ove si localizzano 5 Come tentò di fare il progetto di legge Sullo negli anni sessanta senza successo. 8

tali opere. Questo comporta una modifica profonda del meccanismo del piano regolatore che non può più limitarsi al piano disegnato ma lega strettamente le sue previsioni alla sua effettiva attuazione. Si tratta di una delle più complesse operazioni legate al calcolo del fabbisogno sia delle opere pubbliche sia delle aree necessarie in modo che man mano che il piano si attua non si verifichino carenze nel calcolo del carico urbanistico che i privati devono sostenere, in rapporto all edificabilità assegnata. Questo è uno dei motivi per cui il PRG di nuovo conio ovvero quello che in alcune regioni si divide in due procedimenti distinti strutturale e operativo è corredato dal cosiddetto «piano dei servizi» che svolge un attività ricognitiva, sui territori delle trasformazioni, delle opere pubbliche necessarie senza tuttavia localizzare, attraverso l apposizione dei vincoli urbanistici, le aree destinate alla garanzia degli standards urbanistici sulle quali occorrerà realizzare le opere di urbanizzazione. La quota di aree da cedere e la quantità di opere di urbanizzazione da realizzare saranno oggetto di negozi, ovvero di piani attuativi convenzionati. Man mano che il PRG viene attuato per ambiti di perequazione dovrebbe quindi aversi una corrispondenza tra volumetrie assentibili e opere pubbliche da realizzare comprensive della cessione delle aree relative. Ma questo disegno ordinatorio, se fosse ancorato al calcolo degli oneri di urbanizzazione della legge n. 10/1977, sarebbe destinato a fallire per le insufficienze di cui abbiamo già detto. 4.L introduzione dei modelli perequativi in funzione sociale: il comparto edificatorio e le sue varianti. Detto questo, occorre affrontare partitamente le teorie e le esperienze perequative in atto in molti comuni grazie anche al favor previsto per tale istituto da alcune leggi regionali. Tenendo conto, tuttavia, che molte di queste esperienze costituiscono le avanguardie e non la generalità e che quindi 9

quando parliamo di perequazione a parte la differenziazione dei modelli ci riferiamo al massimo a poche regioni ed a circa 500/1000 comuni sugli 8098 esistenti. Proveremo quindi ad esaminare le varie questioni partendo dai prodromi o meglio dall archetipo della perequazione urbanistica già prevista dall art.23 della legge urbanistica del 1942. Il modello classico che richiama l istituto del comparto é quello limitato a particolari zone nelle quali i diritti oggetto di distribuzione tra i proprietari coincidono con l edificabilità attribuita dal piano. La tecnica urbanistica comporta l assegnazione di un unico indice territoriale (al lordo quindi delle aree per servizi) che riguarda l intero comparto che si spalma sulle singole proprietà in rapporto alla loro estensione, ma tale edificabilità è solo virtuale poiché il meccanismo attuativo può prevedere che i proprietari sulla base delle previsioni del comparto non possano sempre spendere le volumetrie riconosciute nelle proprie aree, dovendo trasferirle in altre di proprietà di altri compartisti. In questo caso è bene sottolinearlo i valori oggetto di perequazione sono quelli che il piano attribuisce agli ambiti territoriali interessati. Si può parlare qui di perequazione parziale o a posteriori. In questo caso i diritti maturati all interno di ciascun comparto non possono essere trasferiti all esterno. La scarsa applicazione in passato del comparto pur previsto da più di 60 anni nel nostro ordinamento urbanistico può essere individuata nella politica di espansione delle aree urbane degli anni 60 ove l istituto della lottizzazione convenzionata si è mostrato di più duttile applicazione; nella previsione restrittiva che escludeva dall intervento edilizio le opere di urbanizzazione; nella scarsa propensione dei proprietari di staccarsi dal possesso del bene fondiario in funzione della valorizzazione della proprietà, ed infine nella rigidità estrema delle destinazioni d uso ammesse. Il diverso approccio e la sua crescente applicazione ha prevalso nella totalità delle esperienze di perequazione urbanistica, sia per effetto della giurisprudenza, 10

che ha ammesso la possibilità, prima esclusa, di ricomprendervi anche le aree e gli spazi pubblici per servizi (Cons. St., sez. V, 7 dicembre 1979, n. 772), sia per opera della legislazione regionale ma, soprattutto, ciò che ha fatto decollare l istituto perequativo in discorso è divenuta l esigenza sempre più impellente e conveniente per la proprietà della riqualificazione dell edificato nelle aree consolidate delle città e della necessaria dotazione di opere e servizi, anche rari, di cui quelle aree sono fortemente carenti, nonché il superamento della rigidità funzionale delle zone in funzione di quella che gli urbanisti chiamano mixitè. L utilità del ricorso ad una pianificazione per comparti si riscontra, infatti, soprattutto nei casi di aree già in parte edificate (di norma zone B) il cui completamento si coniuga con l esigenza di migliorarne i servizi collettivi e di riqualificare gl immobili esistenti anche attraverso demolizione e ricostruzione, nonché quello più importante di assorbire o rimuovere i vincoli urbanistici preesistenti in quelle aree a garanzia degli standards. In tal caso si recupera un equa distribuzione tra tutti i compartisti degli oneri e dei benefici superando la discriminazione tra proprietari e dotando effettivamente il comparto dei beni di uso collettivo. Nel rileggere oggi le disposizioni dell art.23 ci si rende conto che le mutate condizioni di applicazione dell istituto rendono ormai residuale l originaria disciplina che si basava essenzialmente sull autoritarietà dell azione amministrativa derivante dal rischio dell inerzia dei proprietari. La norma infatti prevede non solo che sono sufficienti il 2/3 dei proprietari, sulla base degli indici catastali, a costituire il consorzio, ma anche che i resistenti possano essere espropriati dal comune a favore dei compartisti consenzienti o che addirittura in caso di totale inerzia, l amministrazione proceda all esproprio totale delle aree redigendo un piano particolareggiato d iniziativa pubblica. Oggi non è più così poiché il comparto costituisce per i proprietari l occasione per valorizzare la proprietà che si giova anche di una certa libertà di progetto sotto il profilo della multidimensionalità delle destinazioni d uso, il 11

che comporta aumento di valore dei beni immobili ristrutturati o resi edificabili, specie considerando che tali interventi si situano in aree centrali della città. Inoltre, l urbanistica per comparti sembra decisamente agevolare le imprese di costruzione che spesso acquisiscono dai proprietari, che possono avere difficoltà ad assumere il ruolo di costruttori, interi immobili assicurandosi direttamente la maggioranza delle proprietà consortili, se non la totalità delle quote proprietarie. In tal modo si ottiene per di più una semplificazione del rapporto tra proprietà e comuni, riducendosi questa ad un diretto rapporto tra impresa e amministrazione comunale. A tale proposito, ed in rapporto alle specifiche situazioni territoriali da ricomprendere nei comparti di trasformazione, in molti casi l amministrazione rende flessibili, in sede di redazione del PRG, le delimitazioni dei comparti stessi, prevedendo che questi siano definiti attraverso un processo graduale di adesione dei diversi proprietari per facilitare il miglior assetto degli interessi in campo, pubblici e privati. S instaura qui un rapporto dinamico che presuppone la possibilità di modificare il contenuto della proposta di pianificazione perequata, prevedendosi accordi a geometria variabile 6 che meglio favoriscano l attuazione integrata del comparto. Ecco perché in molti casi, i teorici di questo modello perequativo, sulla base anche delle esperienze straniere, esaltano la figura del developer ovvero dello sviluppatore che ha il compito di mettere a punto il progetto urbanistico ed edilizio svolgendo la funzione di raccordo tra i diversi interessi. Quale ruolo migliore può essere svolto se non dalle imprese costruttrici assistite a volte anche dagli istituti di credito meglio di altri soggetti in grado di valutare i costi delle opere private, la loro destinazione d uso in funzione della domanda, e regolare i rapporti di scambio tra opere pubbliche ed edificabilità privata? Non di mera attuazione del comparto allora secondo l indice territoriale astrattamente individuato dal piano, ma di programma integrato d intervento di cui l elemento perequativo è il contenuto essenziale da parametrare sugli elementi dello scambio. In 6 Micelli La perequazione urbanistica op.cit. 12

questi casi, balza evidente che tendono a divenire recessivi i rapporti tra edificabilità delle aree ed oneri concessori, potendosi prefigurare modalità extra oneri od oneri esorbitanti che nulla hanno più a che fare con la base impositiva dei tradizionali oneri concessori della l.10/77. Il che ripropone come vedremo la questione dei limiti che incontra l amministrazione nell esercizio dei suoi poteri di pianificazione urbanistica in rapporto principio di legalità dell azione amministrativa. Più recentemente, si è affermata la tendenza per la quale i diritti edificatori previsti in un comparto possano liberamente transitare in altri comparti anche non contigui, sempre però che il piano urbanistico ne preveda la traslazione assegnando una maggiore edificabilità alle aree ospitanti. Si tratta, come vedremo esaminando i profili più strettamente giuridici, di introdurre meccanismi convenzionali più complessi che prevedano la disciplina dei rapporti tra il comune ed i diversi proprietari della aree tradens ed accipiens cosicchè l attuazione integrale degl interventi resta ancorata al consenso complessivo degli attori in campo. Questa variante al modello originario non si giustificherebbe se non vi fosse un vantaggio per l amministrazione misurabile in termini di politica urbanistica a favore della collettività rappresentata. Il modello, infatti, prevede che anche l edificabilità attribuita ad aree esterne al comparto (anche non contigue) possa concorrere alla trasformazione del comparto. In questo caso dietro cessione gratuita delle aree al comune l edificabilità convenzionale attribuita alle aree esterne di cui si richiede la conservazione viene spostata all interno del comparto, determinando una capacità edificatoria aggiuntiva mentre la perequazione degli oneri viene ripartita tra tutte le aree esterne o interne al comparto. In sostanza, l obiettivo è che tali comparti ospitino volumi edificatori transitati da aree esterne al comparto, cedute gratuitamente al comune in cambio del riconoscimento della volumetria da traslare nei comparti di atterraggio. Il caso di scuola più 13

volte richiamato è quello del PRG di Ravenna 7 mediante il quale il comune ha acquisito senza oneri un certo quantitativo di aree finalizzate alla costituzione di un green belt ovvero di una cintura verde attorno alla città, oltre alla possibilità di riqualificare la darsena. Si tratta della prima variante significativa al modello dell art.23 della legge urbanistica fondamentale, che costituisce il primo approccio importante a favore del declino della zonizzazione tradizionale del PRG, poiché l ampliamento del numero dei comparti nonché la possibilità che i diritti edificatori assegnati possano transitare da un comparto all altro precede di poco le tecniche perequative generalizzate e a priori che fanno strame della zonizzazione tradizionale. Va comunque qui sottolineato un punto è cioè che la perequazione per comparti identificati preventivamente dal piano urbanistico si giova ricorrendo a formule organizzatorie variamente configurate in dottrina e in giurisprudenza (consorzio tra privati, comunione tra proprietari etc.) che hanno la precisa funzione di garantire la realizzazione unitaria degli interventi sul territorio del comparto. Il modello attuativo prevede, quindi, il rinvio all autonomia dei privati che contrattualmente determinano il miglior assetto del territorio perequato, compatibile con le scelte del piano urbanistico generale, in base a quella che già un giurista del 900 Salvatore Pugliatti chiamava urbanistica relazionale, la cui attuazione è cioè basata sulle relazioni contrattuali che s instaurano tra i destinatari delle prescrizioni urbanistiche ed ove l amministrazione comunale svolge un ruolo di regista rispetto alla realizzazione delle scelte pianificatorie da parte degli attori privati. Si pensi ai meccanismi di cessione volontaria delle aree, alla copertura finanziaria degli interventi di realizzazione delle opere di urbanizzazione, alla localizzazione dei diritti edificatori in alcune aree e non in altre, alla necessità che le previsioni urbanistiche del comparto si leghino armonicamente con il contesto urbano nel quale è collocato. In sostanza, gli aspetti organizzativi ed 7 E.Micelli Perequazione urbanistica, op.cit. 14

i vincoli contrattuali tra le parti private, ovvero i profili reali, sono assolutamente inscindibili tenendo anche conto che l amministrazione si riserva sempre attraverso il rilascio delle singole concessioni edilizie (oggi permessi di costruire) il controllo preventivo della legittimità delle trasformazioni in rapporto al disegno ordinatorio del comparto. 8 5. Le compensazioni in caso di vincoli urbanistici espropriativi Il modello perequativo descritto ma soprattutto le sue varianti costituisce uno degli strumenti più utilizzati per disegnare la città futura nella quale come abbiamo visto i meccanismi perequativi consentono di dotare i comparti di servizi ed opere di urbanizzazione senza ricorrere al vincolo urbanistico a garanzia degli standards. Più recentemente si invece posto il problema di trovare un rimedio agli errori commessi nelle scelte di pianificazione precedenti nelle quali si è fatto largo uso della categoria del vincolo urbanistico, il cui superamento attraverso l esproprio delle aree da parte del comune è divenuto assai difficile, se non impossibile, per la previsione di un indennizzo al valore venale del bene, cui le amministrazioni locali non possono provvedere per mancanza di risorse finanziarie. Si è prospettata così l ipotesi di trovare soluzioni alternative all indennizzo espropriativo monetario, considerando anche che la reiterazione dei vincoli urbanistici non può più superare il quinquennio, dovendosi anche prevedere un indennizzo per la perdita di chance per il periodo in cui vige il vincolo 9, alla scadenza del quale la Corte Costituzionale ne ha vietato l ulteriore reiterazione. In questi casi, nelle zone ove i vincoli decadrebbero, prevalentemente nelle zone B di completamento ma non solo, verrebbe alterato quel rapporto tra aree già edificate ed aree per servizi, sbilanciando 8 L attuazione degli interventi può essere oggetto anche di una convenzione tra il consorzio dei proprietari e l amministrazione comunale nella quale sono regolati i rispettivi impegni delle parti. 9 Art. 39 TU 327/2001 15

così le previsioni di piano che si basano proprio sull equilibrio tra vuoti e pieni. La stessa Corte (n.179/99) con una decisione assai innovativa ha riconosciuto la legittimità della compensazione urbanistica in alternativa all indennizzo espropriativo monetario, previa cessione del bene, attraverso l attribuzione di quote di edificabilità da spendere in altre aree o la permuta con altre aree. I giudici hanno riconosciuto, cioè, la legittimità d istituti compensativi che non penalizzino i soggetti interessati dalle scelte urbanistiche che incidono su beni determinati, riconoscendo la conformità all ordinamento di moduli di compensazione anche a prescindere da specifiche previsioni normative. Si tratta, cioè, di rimedi che potremmo definire compensativi e che mirano a ripagare il proprietario inciso dal vincolo espropriativo del sacrificio da sopportare e che comporta la possibilità di un equo ristoro in termini di quote di edificabilità o di recupero di cubature in altre aree oppure della possibilità di permuta con altre aree di proprietà comunale o del soggetto espropriando ove trasferire i diritti edificatori riconosciuti, sempre che il piano ne preveda la localizzazione. L unico precedente legislativo era quello previsto dalla l.47/85 art.30 riguardo ad un caso specifico riguardante i piani di recupero urbanistico in presenza di aree lottizzate abusivamente alla data del 1 ottobre 1983 10. Ancora una volta, la giurisprudenza costituzionale ha così colmato un vuoto legislativo, tanto più grave considerando la crisi finanziaria dei comuni, teso a date soluzione alternativa all esproprio delle aree vincolate. Ed infatti a parte l art.30 della 47/85 che regola una fattispecie particolare, manca nella legislazione statale qualunque riferimento a tale istituto riferito alla pianificazione urbanistica, ne ve n è traccia nel recente TU sull espropriazioni successivo alla sentenza della 10 Sul punto P.Marzaro Gamba, Credito edilizio, compensazione e potere di pianificazione. iil caso della legge veneta, in RGU 2005 n.4 p. 645. 16

Corte cost. 11 La legge sul procedimento amministrativo 241/90 recentemente modificata ha previsto, tuttavia, la possibilità di ricorrere da parte della PA ad accordi sostitutivi di provvedimento per i quali non sussiste più il limite dei casi espressamente previsti dalla legge, legittimando quindi la facoltà del comune di trovare, tramite l accordo, quella compensazione tra aree cedute e modalità alternative all indennizzo monetario di cui la Corte ha parlato. La pratica delle compensazioni in luogo dell indennizzo espropriativo si è così diffusa in molti piani regolatori comunali ove è previsto, nei casi più sistematici, sulla base dell individuazione di ambiti compensativi, la rilocalizzazione delle volumetrie concesse ai proprietari espropriandi. Detta così, sembrerebbe soluzione razionale e facile da applicare. In realtà, si pongono numerosi problemi legati alla trasparenza dell azione amministrativa ed al rispetto del principio di legalità. Intanto, anche acquisita l area da parte del comune, resta la necessità di realizzare quelle opere di urbanizzazione secondaria, a carico del comune, che non possono più essere procrastinate poiché quest ultimo ha ora la piena disponibilità delle aree a standards. In secondo luogo, se il ristoro riguarda il riconoscimento di diritti edificatori per soddisfare le pretese del privato, ciò comporta un ulteriore consumo di suolo edificabile, non previsto dal vigente piano regolatore. In terzo luogo, isolato il procedimento di rimozione dei vincoli urbanistici dal contesto della pianificazione urbanistica generale, si pone necessariamente la necessità di variare il piano regolatore per ospitare il nuovo carico edificatorio. Ecco perché, come vedremo, soluzioni del genere non possono essere sganciate da un ripensamento parziale o generale delle scelte di pianificazione. In breve, il processo di eliminazione dei residuali vincoli urbanistici, comporta 11 TU 327//2001 e succ.mod. e int. 17

un nuovo atto di pianificazione. I sistemi compensativi attinenti ai vincoli urbanistici si coniugano, nelle esperienze più avanzate, con la perequazione sia parziale o a posteriori o con quella ben più impegnativa della perequazione generalizzata o a priori che riguardano la gran parte o l intero territorio comunale. Ma attenendoci per ora, al procedimento amministrativo di rimozione dei vincoli tramite compensazioni edificatorie che è il caso più comune giova qui ricostruire il percorso attraverso il quale l amministrazione comunale esercita il potere. Né le leggi regionali 12 che hanno introdotto nella disciplina la facoltà in discorso, né gli stessi piani regolatori, che prevedono tale meccanismo, regolano l esercizio trasparente dell azione amministrativa lasciando aperte le seguenti questioni giuridiche. Partendo dal generale, e facendo riferimento alla necessità che fattispecie uguali non possano ricevere una disciplina differenziata, pena il mancato rispetto del principio di uguaglianza dell art.3 Cost., si pone il problema di riconoscere a tutti i proprietari incisi dai vincoli urbanistici l accesso alla modalità compensativa, altrimenti ci potremmo trovare di fronte ad una discriminazione tra proprietari/compensati e proprietari/espropriati. Certamente questo processo di riconversione può essere procedimentalizzato stabilendo delle priorità temporali o per zone, ma la necessaria trasparenza dell azione amministrativa comporta che tutte le categorie di proprietari incisi siano prese in considerazione. Inoltre, non è prevista alcuna indicazione circa le forme e la natura giuridica che dovrà assumere l atto di offerta al privato; in quale fase del procedimento espropriativo, cioè, introdurre l offerta del ricorso all accordo sostitutivo di 12 L. r. Emilia Romagna, 24 marzo 2000; L. r. Basilicata, 11 agosto 1999, n. 23; L. r. Lazio, 22 dicembre 1999, n. 38; L. r. Puglia, 27 luglio 2001, n. 20; L. r. Calabria, 16 aprile 2002, n. 19; L.r. Campania, 22 dicembre 2004, n. 16; L. r. Veneto, 23 aprile 2004, n. 11; L.r. Lombardia, 11 marzo 2005, n. 12; L. r. Umbria, 22 febbraio 2005, n. 11; L. p. Trento, 11 novembre 2005, n. 16, poi sostituita dalla l.p. 4 marzo 2008, n. 1; L.r. Friuli V. G., 23 febbraio 2007, n. 20; L.p. Bolzano, 2 luglio 2007, n. 3, recante modifiche alla l.p. Bolzano 11 agosto 1997, n. 13, art. 55- bis. 18

provvedimento, con quali garanzie per il privato, quali conseguenze in caso di rifiuto della proprietà a seguito di proposta inadeguata, quali criteri economici per la determinazione del valore espropriativo del bene immobile da commutare in volumi edificatori o permuta con altre aree, quali tempi per la conclusione del procedimento 13. Ma non basta. Si pone qui il tema della responsabilità che assume il funzionario comunale che acceda al meccanismo compensativo, più onerosa per la collettività poiché questo comporta un nuovo sovraccarico di volumi sul territorio comunale, rispetto all ordinaria procedura espropriativa a carico delle finanze comunali. E evidente, che tra il dire e il fare c è di mezzo la necessità che l amministrazione si determini preventivamente attraverso l emanazione di atti regolamentari che assumano in sé la disciplina di tutti gli elementi ora richiamati, sia per garantire la trasparenza dell azione amministrativa sia per ricondurre l esercizio dell attività amministrativa discrezionale entro parametri di legittimità che tutelino la posizione dei privati. In sostanza l attuazione delle scelte pianificatorie richiede anche qui la fissazione di regole onde ridurre il rischio dell eccesso di potere o quello di irragionevolezza del comportamento della PA censurabile da parte del giudice amministrativo. Senza tralasciare il rispetto del principio di proporzionalità dell azione amministrativa rispetto al sacrificio imposto al privato anche in termini di compensazioni edificatorie. E qui si pone certamente il tema dell equilibrio tra indennizzo espropriativo e riconoscimento delle volumetrie soprattutto in riferimento al soddisfacimento per il privato, in tempi rapidi, del bene della vita. Né possono trascurarsi, restando sempre nella potestà dell amministrazione di procedere all esproprio dell area, le modalità attraverso le quali dal consenso si debba passare necessariamente all atto imperativo, in caso d inerzia o di resistenza dei proprietari. Poiché un dato è certo: il procedimento avviato rientra certamente all interno del processo di formazione della volontà politica 13 E.Boscolo, Le perequazioni e le compensazioni in RGU 1/2010 104. 19

dell amministrazione di operare una torsione rispetto all assetto urbanistico delle aree interessate al fine di migliorarne le dotazioni territoriali. Né si potrebbe escludere una forma di abuso di potere se non di violazione di legge nel caso in cui acquisita l area l amministrazione non proceda, in ossequio alla necessità di garantire i livelli essenziali delle prestazioni concernenti i diritti civili e sociali ai sensi dell art.117 2 lett. m) ad utilizzare l area acquisita per realizzarvi le opere di urbanizzazione necessarie per la zona interessata, o di trovare comunque soluzioni perequative, o addirittura la destini all edificazione privata, o infine il privato compensato non sia in grado di spendere la volumetria riconosciuta in altre aree del territorio comunale. E evidente che di fronte a tutte queste variabili, e alla mancanza di un chiaro indirizzo del governo locale, la tentazione dei comuni è quella, alla decadenza definitiva del vincolo espropriativo, di procedere più semplicemente, e direi talvolta subdolamente, alla trasformazione del vincolo da espropriativo in conformativo, con tutte le conseguenze d incerta garanzia della realizzazione delle dotazioni territoriali ad iniziativa dei privati e di legittimità dell imposizione del vincolo a tempo indeterminato. Lì dove, invece, i comuni decidano di procedere alla rimozione dei vincoli si assiste all emanazione di avvisi pubblici per categorie di aree e di proprietari attraverso i quali si fissano i termini perentori per la presentazione di offerte di cessione di aree vincolate a fini compensativi. L evidenza pubblica è preceduta da determinazioni della giunta comunale che fissano le modalità di scambio economico tra aree cedute ed volumi assegnati. Sempre nell ottica minimale pianificatoria, si prevedono, contemporaneamente, analoghi bandi pubblici destinati ad alcune categorie di proprietari disposti ad ospitare nelle loro aree i volumi edificatori compensati, a fronte del riconoscimento di una volumetria di cui le aree non dispongono, in molti casi perché a destinazione agricola. E evidente che in questi casi, raccolte le disponibilità di entrambe le categorie degli attori privati e fissati gli impegni convenzionali, l amministrazione procede alla variazione parziale del piano regolatore. 20

6. La perequazione a priori o generalizzata Con l esame di una delle fattispecie relative alle cosiddette compensazioni urbanistiche abbiamo aggiunto un altro tassello alla ricostruzione del mosaico che si riconnette al principio perequativo nella pianificazione urbanistica. Siamo, tuttavia, di fronte ad un menù di strumenti e di tecniche pianificatorie settoriali che le amministrazioni più intraprendenti utilizzano sia separatamente sia congiuntamente con l intento di correggere o di ridare coerenza alla crescita disordinata della città consolidata o delle sue periferie, favorendo processi di riqualificazione e di modernizzazione degli assetti di parti di città, senza tuttavia procedere ad un tentativo organico e generalizzato che miri a ripensare complessivamente l assetto ordinato del territorio comunale in una prospettiva di lungo periodo. In queste esperienze è chiaro l intento di usare del sistema compensativo/perequativo in modo misurato, lì dove può servire a correggere le distorsioni prodotte dalla pianificazione urbanistica vigente. Il metodo perequativo parziale e a posteriori è stato così oggetto di critiche da quanti sostengono che in tal modo la giustizia redistributiva si applicherebbe solo ad alcune categorie di aree e di proprietari, mantenendo così all esterno degli ambiti perequati, la stessa discriminazione tra proprietari e tra zone del tradizionale piano regolatore. L osservazione coglie nel vero ma a nostro avviso prova troppo, poiché come si è già detto non si può negare alla pianificazione una certa dose di discriminazione tra situazioni proprietarie, poiché se così non fosse si minerebbe alla radice il potere discrezionale della pubblica amministrazione nella cura degl interessi pubblici. Inoltre, da quanto emerso finora, e da quanto emergerà nel proseguo dell analisi delle più recenti esperienze perequative parziali, c è da domandarsi se i proprietari sperequati siano quelli fuori degli ambiti perequativi o quelli che vi rientrino a pieno titolo. Il nucleo forte del modello perequativo descritto finora, non sta infatti tanto nella valorizzazione 21

delle proprietà perequate quanto nei meccanismi della cattura di valore e nei connessi oneri esorbitanti che gravano sempre più su determinati modelli di comparto. Il che potrebbe non rivelarsi particolarmente vantaggioso per i proprietari perequati. Sul punto si possono qui fare già due considerazioni. La prima che mette in evidenza che per quanto si cerchi di sterilizzare la discriminazione insita nella pianificazione (superamento delle zone) il principio di differenziazione rimane e rimarrà sempre elemento intrinseco alle scelte urbanistiche. La seconda, che anche nella perequazione generalizzata o a priori il meccanismo dell indifferenza dei proprietari rispetto alle scelte di pianificazione è solo apparente, poiché l esercizio del potere di pianificazione produce comunque rapporti differenziati tra proprietà e poteri pubblici. Basti per ora, citare il fatto che i proprietari delle aree a destinazione agricola e quelli rientranti nel territorio del patrimonio edilizio esistente e consolidato non sono toccati dai meccanismi perequativi. Il territorio urbano è, in breve, pieno di buone pratiche ovvero d interventi puntuali che mirano a ridare senso a quartieri degradati o marginalizzati od a creare anche situazioni d eccellenza, ma tutto ciò manca di una prospettiva che introduca effettivamente su tutto il territorio comunale meccanismi perequativi generali che non solo affrontino in radice il fenomeno della rendita di posizione o differenziale ma che procedano all applicazione tendenziale del principio di uguaglianza tra proprietari che costituisce il mito della moderna urbanistica. I mentori della perequazione urbanistica generalizzata e a priori tra i quali spicca in Italia Stefano Pompei, un urbanista che tra i primi ha prospettato l applicazione in Italia di tale modello ne hanno rivendicato con forza l oggettività della tecnica scevra da contaminazioni di discrezionalità politicoamministrativa ed aliena dal ricorso alla contrattazione urbanistica tra pubblico e privato nell apposizione delle prescrizioni urbanistiche, propria del modello perequativo parziale o a posteriori. Si tratta tuttavia, alla luce delle esperienze dei modelli perequativi generalizzati in corso soprattutto in Lombardia di posizioni che in parte contraddicono tale assunto. Orbene, il modello della perequazione generalizzata o a priori si differenzia dai primi due poiché si tende ad attribuire alla perequazione un meccanismo 22

applicativo generalizzato esteso tendenzialmente ad una parte rilevante del territorio comunale riguardante le aree di espansione o di trasformazione. In questo caso è previsto il riconoscimento di parametri di edificabilità convenzionali normalmente piuttosto bassi uniformi per categorie di aree del territorio comunale, sulla base dello stato di fatto e di diritto esistente, classificate con criteri preventivi rispetto alle scelte di piano (che prescinde cioè dal piano in formazione) e soprattutto non correlati al carico urbanistico definito successivamente dal piano. Il complesso dei volumi così riconosciuti, in materia uniforme, a tutte le proprietà della stessa classe non coincide con il carico urbanistico effettivo previsto per il raggiungimento degli obiettivi del piano. In questo caso il meccanismo perequativo consente di individuare una maggiorazione di edificabilità che è dovuta esclusivamente alla pianificazione. Una parte di questa edificabilità aggiuntiva è gratuitamente riservata al comune, e coincide con le urbanizzazioni ed il fabbisogno di altri interventi pubblici, l altra resta ad appannaggio dell utilizzatore. Si può dire anzi che il riconoscimento a priori di capacità edificatorie convenzionali si converte in quantità di edificazione sensibilmente inferiori a quelle stimate complessivamente occorrenti per realizzare gli obiettivi del piano. Il risultato è che la differenza rappresenta la misura dell edificabilità riservata alla mano pubblica. Ma questo meccanismo genera una sorta di edificabilità pubblica priva di area, acquisita dall ente pubblico al di fuori dei meccanismi appropriativi tipici (ad es. l esproprio) e consente l acquisizione al patrimonio pubblico di aree in una misura che non è parametrata alle esigenze effettive delle urbanizzazioni e degli standards ma che deriva in pratica per differenza dalla mera conversione del parametro di edificabilità convenzionale, sulla cui legittimità la giurisprudenza amministrativa ha assunto posizioni contrastanti. Già dalla sommaria esposizione emerge che questo modello si differenzia notevolmente dai precedenti. In primo luogo perché il metodo perequativo si applica alla totalità delle aree di trasformazione. Ne consegue che mentre nei primi due modelli convivono due distinti regimi la zonizzazione e gli ambiti perequativi in questo la conformazione dei suoli prescinde dallo zoning e articola 23