CORTE DEI CONTI SEZIONE REGIONALE DI CONTROLLO PER IL PIEMONTE. - Prosecuzione dell indagine sui musei degli Enti Locali - Esercizio Finanziario 2003



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CORTE DEI CONTI SEZIONE REGIONALE DI CONTROLLO PER IL PIEMONTE - Prosecuzione dell indagine sui musei degli Enti Locali - Esercizio Finanziario 2003 (Relazione ai sensi dell art.3 legge 14 gennaio 1994, n.20) ò

Direttore della Segreteria Dr.ssa Anna Maria FERRERO Analisi economico-finanziaria Dr. Guido CURRE II

Corte dei Conti SEZIONE REGIONALE DI CONTROLLO PER IL PIEMONTE Del. n. 5/MUSEI/05 La Sezione Regionale di Controllo per il Piemonte, composta dai Magistrati: Presidente Ivo MONFELI Presidente Consigliere Ugo REPPUCCI Consigliere Relatore Consigliere Gianfranco BATTELLI Consigliere Nell adunanza del 18 ottobre 2005 Visto l art. 100, comma 2, della Costituzione; Visto il testo unico delle leggi sulla Corte dei conti, approvato con Regio Decreto 12 luglio 1934, n.1214 e successive modificazioni; Vista la legge 14 gennaio 1994, n.20, recante disposizioni in materia di giurisdizione e controllo della Corte dei conti; Visto l articolo 7, comma 7 della legge 5 giugno 2003 n.131 Disposizioni per l adeguamento dell ordinamento della Repubblica alla legge costituzionale 18 ottobre 2001, n 3 ; Visto il regolamento per l organizzazione delle funzioni di Controllo della Corte dei conti, deliberato dalle Sezioni Riunite della Corte stessa in data 16 giugno 2000 n. 14/2000, e successive modificazioni; Vista la deliberazione n. 3 del 21 gennaio 2004, con la quale è stata programmata l attività di controllo per l anno 2004; Vista l Ordinanza n. 4/Ref./05 del 22 settembre 2005, con la quale il Presidente della Sezione Regionale di Controllo per il Piemonte ha deferito l esame e la pronuncia sulla relazione riguardante la gestione dei Musei degli Enti Locali nella Regione Piemonte relativa all esercizio finanziario 2003 alla Sezione, convocata per l adunanza odierna; Vista la nota in data 23 settembre 2005 della Segreteria della Sezione Regionale di Controllo per il Piemonte, con le quali copia dell Ordinanza del Presidente è stata trasmessa all Assessorato alla Cultura e Beni Culturali, Istruzione, Università, Politiche III

giovanili, Promozione parchi della Regione Piemonte, unitamente ad una copia della relazione suddetta; Udito il relatore, Consigliere Ugo REPPUCCI; Udito il Dr. MASSA Direttore del Museo Regionale di Scienze Naturali di Torino DELIBERA di approvare l unita relazione ORDINA che la deliberazione odierna e la relazione vengano trasmesse al Presidente della Regione ed all Assessore alla Cultura e Beni Culturali, Istruzione, Università, Politiche giovanili, Promozione parchi della Regione Piemonte Così deliberato nell adunanza del 18 ottobre 2005. IL RELATORE F.to Prof. Dr. Ugo REPPUCCI IL PRESIDENTE F.to Prof. Avv. Ivo MONFELI Depositato in Segreteria il: 18 ottobre 2005 IL DIRETTORE DELLA SEGRETERIA F.to Dott.ssa Anna Maria FERRERO IV

I N D I C E PREMESSA CAPITOLO I 1. Quadro normativo di riferimento a) Il Codice dei beni culturali e del paesaggio Pag. 5 b) D.P.R. 8 giugno 2004, n.173 Regolamento di organizzazione del Ministero dei Beni culturali ed ambientali Pag.19 CAPITOLO II 1. Analisi del Museo Regionale di Scienze Naturali di Torino Pag.25 2. Analisi del Museo Civico di Cuneo Pag.41 3. Analisi del Museo Civico Storico Artistico Luigi Mallè di Dronero in Provincia di Cuneo Pag.52 CAPITOLO III 1. Considerazioni conclusive Pag.63 1

PREMESSA La presente relazione espone i risultati dell indagine inserita, con Delibera n.3/prog./2004 del 21 gennaio 2004, nel programma dell attività di controllo successivo di questa Sezione per l anno 2003, ed ha come oggetto l analisi della gestione di tre musei d interesse locale esistenti sul territorio regionale piemontese: Il Museo Regionale di Scienze Naturali di Torino; Il Museo Civico di Cuneo; Il Museo Luigi Mallè di Dronero (Cn). Essa trae origine da quella di più ampio respiro, comprendente tutto il territorio del Piemonte, approvata da questa stessa Sezione con Delibera n.1/progr/2003 in data 8 gennaio 2003. 2

Tra i motivi che avevano sollecitato l avvio di tale indagine, intrapresa dalla Sezione Autonomie su tutto il territorio nazionale, c era stata la considerazione che ancora non vi era un censimento di tutti i musei effettivamente attivi in Piemonte. Lo scopo che ci si prefiggeva per lo scorso anno era l accertamento dell esatto numero dei musei attualmente attivi in Piemonte e la loro classificazione in statali, privati, regionali, di altri Enti locali e di Enti religiosi. Questo risultato è stato ottenuto con l invio di una scheda, predisposta in sede centrale, a tutti i 1.206 Comuni della Regione Piemonte. L inchiesta ha reso evidente come nella Regione l offerta culturale sia adeguata; sono, infatti, pochissime le strutture che sono risultate chiuse, essendo emersa invece una precisa volontà, da parte di tutti gli Amministratori pubblici, a migliorare la qualità del servizio ed estenderne la fruizione. Tale dato è stato confermato dalla stessa crescita dell interesse degli Amministratori locali verso la creazione e lo sviluppo di nuove realtà culturali, determinandone una diffusione quasi capillare sul territorio regionale. La spesa per la cultura, del resto, è molto importante anche come motore di crescita economica con l apertura di spazi occupazionali e di sviluppo del territorio e per l impatto sul turismo e sull industria culturale. Con questa indagine si vuole ora entrare nel dettaglio di alcuni profili organizzativi interni di quei tre soggetti già in precedenza individuati sulla base delle fasce demografiche 1 ed anche della loro gestione finanziaria con specifici riferimenti a: Riscossioni; Stanziamenti; Impegni; Pagamenti Gli anni sotto esame sono stati il 2002 ed il 2003; sono state considerate soprattutto le spese sostenute per: Restauro e catalogazione dei beni; Conservazione; Sicurezza; Mostre e manifestazioni; Personale; 3

Funzionamento; Divulgazione ed informazione al pubblico. Sono state, inoltre, analizzate le entrate provenienti da contributi dello Stato, della Regione, della Provincia, del Comune, della Comunità Europea, dei privati e da altre fonti (es. vendita libri, guide, ecc.). CAPITOLO I 1. Quadro normativo di riferimento a) Il Codice dei beni culturali e del paesaggio. L aspetto normativo è stato ampiamente esaminato e descritto nel precedente referto ma, in questa sede è opportuno considerare che la materia è stata recentemente rivista dal legislatore che è intervenuto con l emanazione del nuovo Codice dei beni culturali e del paesaggio, denominato Urbani dal nome del Ministro proponente. Il provvedimento, pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale del 24 febbraio 2004 n.45, è composto da 184 articoli ed è articolato in cinque parti: Disposizioni generali; Beni culturali; Beni paesaggistici; Sanzioni; Disposizioni transitorie, abrogazioni ed entrata in vigore. Tale Codice, emanato in virtù dell art.10 della Legge delega 6 luglio 2002, n.137, pubblicata sulla Gazzetta Ufficiale dell 8 luglio 2002 n.158 (recante la delega per la riforma dell organizzazione del Governo e della Presidenza del Consiglio dei Ministri, nonché di Enti Pubblici), è stato approvato con il Decreto Legislativo 22 gennaio 2004, n.42 (le cui disposizioni sono entrate in vigore il primo maggio 2004) ed ha sostituito abrogandolo, a pochi anni di distanza, il Testo Unico n.490 del 29 ottobre1999, già ampiamente descritto nel precedente referto. 1 Il criterio che è stato seguito è già noto ma è opportuno ripeterlo: analisi di un museo del capoluogo regionale, analisi di un museo di un capoluogo provinciale, analisi di un museo di una città con meno di 4

L introduzione del nuovo Codice, pur lasciando sostanzialmente inalterato l impianto sanzionatorio originariamente individuato dal T.U., ha profondamente inciso sulla disciplina generale dei beni oggetto di tutela, ridisegnandola in alcuni casi in modo radicalmente diverso rispetto al passato. Il legislatore ha preferito procedere alla redazione di un Codice invece che alla revisione del Testo Unico, probabilmente, allo scopo di adeguare la normativa sui beni culturali ai dettami imposti dalla revisione del Titolo V della Costituzione, che ha innovato il riparto di competenze fra Stato e Regioni in materia di tutela e valorizzazione dei beni culturali, attribuendo la prima a livello centrale e la seconda a livello periferico. Altri interventi significativi riguardano: - la possibilità del ricorso amministrativo per i destinatari di un provvedimento di dichiarazione con riferimento ai beni culturali di proprietà privata; - l affidamento dei beni culturali utilizzando anche l'istituto civilistico del comodato per i beni culturali privati affidati a strutture museali statali; - una nuova disciplina dell'alienabilità dei beni culturali di proprietà pubblica, sottraendone alcuni in modo assoluto alla circolazione, fissando misure di cautela per impedire l indiscriminata alienazione di alcuni beni fino alla verifica della sussistenza delle condizioni di legge e disciplinando condizioni e modi per l'alienazione degli altri beni culturali pubblici, distinguendo tra quelli demaniali e non demaniali; - la possibilità che il Ministero può imporre al proprietario, possessore o detentore a qualsiasi titolo gli interventi necessari per assicurare la conservazione dei beni culturali, ovvero provvedervi direttamente. La notevole incertezza in ordine all individuazione delle funzioni pubbliche in materia di musei, alla definizione ed al riparto delle competenze fra diversi livelli di governo operanti sul territorio, alle stesse procedure di accreditamento dei musei esistenti o di nuova istituzione ha caratterizzato da sempre questa materia. Ad eliminare questo stato d incertezza è teso il nuovo Codice con la parte relativa all individuazione del patrimonio culturale costituito rispettivamente dai beni culturali e dai beni paesaggistici (art.2) 2. 8.000 abitanti. 2 Art.2 Patrimonio culturale 1. Il patrimonio culturale è costituito dai beni culturali e dai beni paesaggistici. 2. Sono beni culturali le cose immobili e mobili che, ai sensi degli artt.10 e 11, presentano interesse artistico, storico, archeologico, etnoantropologico, archivistico e bibliografico e le altre cose individuate dalla legge o in 5

Il Codice ha confermato il monopolio statale nell esercizio delle funzioni di tutela e conservazione del bene culturale (art.4 comma 1) 3, pur attribuendo alle Regioni la tutela di quei beni che non appartengono allo Stato, da esercitarsi anche con la cooperazione degli altri Enti territoriali (art.5) 4. Ha, inoltre, semplificato le varie definizioni del bene culturale contenute nel D.P.R. n. 112 del 1998 concentrandole nella tutela e conservazione riservate allo Stato (artt. 4 e 29) 5 e nella valorizzazione del patrimonio culturale base alla legge quali testimonianze aventi valore di civiltà. 3. Sono beni paesaggistici gli immobili e le aree indicati all art.134, costituenti espressione dei valori storici, culturali, naturali, morfologici ed estetici del territorio, e gli altri beni individuati dalla legge o in base alla legge. 4. I beni del patrimonio culturale di appartenenza pubblica sono destinati alla fruizione della collettività, compatibilmente con le esigenze di uso istituzionale e sempre che non vi ostino ragioni di tutela. 3 Art.4 Funzioni dello Stato in materia di tutela del patrimonio culturale comma 1. Al fine di garantire l esercizio unitario delle funzioni di tutela, ai sensi dell art.118 della Costituzione, le funzioni stesse sono attribuite al Ministero per i beni e le attività culturali, di seguito denominato Ministero, che le esercita direttamente o ne può conferire l esercizio alle Regioni, tramite forme di intesa e coordinamenti ai sensi dell art. 5, commi 3 e4. Sono fatte salve le funzioni già conferite alle Regioni ai sensi dei commi 2 e 6 del medesimo art.5. 4 Art.5 Cooperazione delle Regioni e degli altri Enti pubblici territoriali in materia di tutela del patrimonio culturale 1. Le Regioni, nonché i Comuni, le Città metropolitane e le province, di seguito denominati altri Enti pubblici territoriali, cooperano con il Ministero nell esercizio delle funzioni di tutela in conformità a quanto disposto dal Titolo I della Parte seconda del presente Codice. 2. Le funzioni di tutela previste dal presente Codice che abbiano ad oggetto manoscritti, autografi, carteggi, documenti, incunaboli, raccolte librarie non appartenenti allo Stato o non sottoposte alla tutela statale, nonché libri, stampe e incisioni non appartenenti allo Stato, sono esercitate dalle Regioni. 3. Sulla base di specifici accordi od intese e previo parere della Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le Regioni e le Province autonome di Trento e Bolzano, di seguito denominata Conferenza Stato-Regioni, le Regioni possono esercitare le funzioni di tutela anche su raccolte librarie private, nonché su carte geografiche, spartiti musicali, fotografie, pellicole o altro materiale audiovisivo, con relativi negativi e matrici, non appartenenti allo Stato. 4. Nelle forme previste dal comma 3 e sulla base dei principi di differenziazione ed adeguatezza, possono essere individuate ulteriori forme di coordinamento in materia di tutela con le Regioni che ne facciano richiesta. 5. Gli accordi o le intese possono prevedere particolari forme di cooperazione con gli altri Enti pubblici territoriali. 6. Le funzioni amministrative di tutela dei beni paesaggistici sono conferite alle Regioni secondo le disposizioni di cui alla Parte terza del presente Codice. 7. Relativamente alle funzioni di cui ai commi 2, 3, 4, 5 e 6, il Ministero esercita le potestà d indirizzo e di vigilanza ed il potere sostitutivo in caso di perdurante inerzia o inadempienza. 5 Art. 4. comma 2. Il Ministero esercita le funzioni di tutela sui beni culturali di appartenenza statale anche se in consegna o in uso ad amministrazioni o soggetti diversi dal Ministero. Art.29 Conservazione 1. La conservazione del patrimonio culturale è assicurata mediante una coerente, coordinata e programmata attività di studio, prevenzione, manutenzione e restauro. 2. Per prevenzione si intende il complesso delle attività idonee a limitare le situazioni di rischio connesse al bene culturale nel suo complesso. 3. Per manutenzione si intende il complesso delle attività e degli interventi destinati al controllo delle condizioni del bene culturale ed al mantenimento dell integrità, dell efficienza funzionale e dell identità del bene e delle sue parti. 4. Per restauro si intende l intervento diretto sul bene attraverso un complesso di operazioni finalizzate all integrità materiale ed al recupero del bene medesimo, alla protezione ed alla trasmissione dei suoi valori culturali. Nel caso di beni immobili situati nelle zone dichiarate a rischio sismico in base alla normativa vigente, il restauro comprende l intervento di miglioramento strutturale. 5. Il Ministero definisce, anche con il concorso delle Regioni e con la collaborazione delle università e degli Istituti di ricerca competenti, linee di indirizzo, norme tecniche, criteri e modelli di intervento in materia di conservazione dei beni culturali. 6. Fermo quanto disposto dalla normativa in materia di progettazione ed esecuzione di opere su beni architettonici, gli interventi di manutenzione e restauro su beni culturali mobili e superfici decorate di beni architettonici sono eseguiti in via esclusiva da coloro che sono restauratori di beni culturali ai sensi della normativa in materia. 7. I profili di competenza dei restauratori e degli altri operatori che svolgono attività complementari al restauro o altre attività di conservazione dei beni culturali mobili e delle superfici decorate di beni architettonici sono definiti con decreto del Ministro adottato ai sensi dell art. 17, comma 3, della Legge 23 agosto 1988, n.400, d intesa con la Conferenza Stato-Regioni. 8. Con Decreto del Ministro adottato ai sensi dell art.17, comma 3 della Legge n.400 del 1988 di concerto con il Ministro dell istruzione, dell università e della ricerca, previo parere della Conferenza Stato-Regioni, sono definiti i criteri ed i livelli di qualità cui si adegua l insegnamento del restauro. 9. L insegnamento del restauro è impartito dalle scuole di alta formazione e di studio istituite ai sensi dell art.9 del Decreto Legislativo 20 6

(artt.6, 111 e segg.) 6 attribuita alle Regioni ed Enti Locali. Riproducendo sostanzialmente la disciplina già vigente, il Codice dei beni culturali ribadisce la nota ripartizione dei beni culturali a seconda dell'appartenenza: beni culturali appartenenti a soggetto di diritto pubblico o a persona giuridica priva di scopo di lucro (ipotesi sub a); beni culturali appartenenti a soggetto persona fisica oppure a società commerciale (ipotesi sub b). Nel primo caso (ipotesi sub a) la negoziazione del bene culturale richiede il doppio momento della preventiva autorizzazione alla dismissione e del procedimento di prelazione in caso di trasferimento a titolo oneroso; nel secondo caso (ipotesi sub b) non si richiede la preventiva autorizzazione, ma occorre osservare esclusivamente le norme sulla prelazione allorquando se ne verifichino gli estremi (alienazione a titolo oneroso) e fermo comunque l'obbligo di denuncia. Si comprende, pertanto, come la disciplina tra le due diverse appartenenze viene ad essere perpetuata dal Codice senza particolari differenze rispetto alla disciplina precedente. E' stabilito anche che l'inosservanza delle prescritte formalità dà luogo alla sanzione civilistica della "nullità" (art.164 del Codice, per cui "le alienazioni, le convenzioni e gli atti giuridici in genere, compiuti contro i divieti stabiliti dalle disposizioni del Titolo I della Parte seconda, o senza l'osservanza delle condizioni e ottobre 1998, n.368, nonché dai centri di cui al comma 11 e dagli altri soggetti pubblici e privati accreditati presso lo Stato. Con Decreto del Ministro adottato ai sensi dell art.17, comma 3, della Legge n.400 del 1988 di concerto con il Ministro dell istruzione, dell università e della ricerca, previo parere della Conferenza Stato- Regioni, sono individuati le modalità di accreditamento, i requisiti minimi organizzativi e di funzionamento dei soggetti di cui al presente comma, le modalità della vigilanza sullo svolgimento delle attività didattiche e dell esame finale, cui partecipa almeno un rappresentante del Ministero, nonché le caratteristiche del corpo docente. 10. La formazione delle figure professionali che svolgono attività complementari al restauro o altre attività di conservazione è assicurata da soggetti pubblici e privati ai sensi della normativa regionale. I relativi corsi si adeguano a criteri e livelli di qualità definiti con accordo in sede di Conferenza Stato-Regioni, ai sensi dell art.4 del Decreto Legislativo 28 agosto 1997, n.281. 11. Mediante appositi accordi o intese il Ministero e le Regioni, anche con il concorso delle università e di altri soggetti pubblici e privati, possono istituire congiuntamente centri, anche a carattere interregionale, dotati di personalità giuridica, cui affidare attività di ricerca, sperimentazione, studio, documentazione ed attuazione di interventi di conservazione e restauro sui beni culturali, di particolare complessità. Presso tali centri possono essere altresì istituite, ai sensi del comma 9, scuole di alta formazione per l insegnamento del restauro. 6 Art.6 Valorizzazione del patrimonio culturale 1. La valorizzazione consiste nell esercizio delle funzioni e nella disciplina delle attività dirette a promuovere la conoscenza del patrimonio culturale e ad assicurare condizioni di utilizzazione e fruizione pubblica del patrimonio stesso. Essa comprende anche la promozione ed il sostegno degli interventi di conservazione del patrimonio culturale. 2. La valorizzazione è attuata in forme compatibili con la tutela e tali da non pregiudicarne le esigenze. 3. La Repubblica favorisce e sostiene la partecipazione dei soggetti privati, singoli o associati, alla valorizzazione del patrimonio culturale. Art.111 Attività di valorizzazione 1. Le attività di valorizzazione dei beni culturali consistono nella costituzione ed organizzazione stabile di risorse, strutture o reti, ovvero nella messa a disposizione di competenze tecniche o risorse finanziarie o strumentali, finalizzate all esercizio delle funzioni ed al perseguimento delle finalità indicate all art.6. A tali attività possono concorrere, cooperare o partecipare soggetti privati. 2. La valorizzazione è ad iniziativa pubblica o privata. 3. La valorizzazione ad iniziativa pubblica si conforma ai principi di libertà di partecipazione, pluralità dei soggetti, continuità di esercizio, parità di trattamento, economicità e trasparenza della gestione. 4. La valorizzazione ad iniziativa privata è attività socialmente utile e ne è riconosciuta la finalità di solidarietà sociale. 7

modalità da esse prescritte, sono nulli") ed alla sanzione penale prevista dall'art.173 del Codice ("è punito con la reclusione fino ad un anno e la multa da.1.549,50 a.77.469: chiunque, senza la prescritta autorizzazione, aliena i beni culturali indicati negli artt.55 e 56; chiunque, essendovi tenuto, non presenta, nel termine indicato all'art.59, comma 2, la denuncia degli atti di trasferimento della proprietà o della detenzione di beni culturali; l'alienante di un bene culturale soggetto a diritto di prelazione che effettua la consegna della cosa in pendenza del termine previsto dall'art.61, primo comma). La categoria di appartenenza del bene influiva, in passato, in ordine all'individuazione di un bene come bene culturale: i beni della categoria sub a) erano tali per se stessi e non richiedevano, per essere assoggettati alla disciplina dei beni culturali, alcun provvedimento dichiarativo della loro culturalità, a differenza dei beni appartenenti ai soggetti persone fisiche oppure alle società commerciali. Questa distinzione viene conservata nel nuovo Codice, ma con le seguenti differenziazioni: per i beni culturali di proprietà pubblica o appartenenti a persone giuridica priva di scopo di lucro, fermo restando che il bene culturale è tale oggettivamente, a prescindere dalla dichiarazione della pubblica autorità, quest'ultima dichiarazione viene comunque ritenuta necessaria come unico meccanismo idoneo a chiarire definitivamente la culturalità del bene o l'assenza di culturalità. Ma, e questo è l'aspetto di maggior rilievo contenuto nel nuovo Codice, nell'attesa quel bene viene trattato come bene culturale; per i beni culturali della seconda categoria (appartenenti a persona fisica o a società commerciale) la notifica, sempre richiesta, non si limita a far rientrare il bene nella disciplina dei beni culturali, ma addirittura è essa stessa attributiva del requisito di culturalità. In questo modo un bene privo di notifica della dichiarazione della prevista autorità non ha mai assunto la qualifica di bene culturale. Fermo restando che sotto il profilo degli effetti giuridici la situazione non cambia, appare quindi evidente che si è voluto rinforzare la portata della dichiarazione: è questa che fa qualificare un bene come bene culturale non soltanto ai fini della disciplina, ma anche ai fini della qualificazione oggettiva del bene come bene culturale. Si tratta evidentemente di sfumature terminologiche, ma dalle quali può trarsi la conclusione di un effettivo rafforzamento del valore che viene ad acquistare il 8

riconoscimento formale della Pubblica Amministrazione in materia, allorquando si tratti di beni appartenenti a soggetto persona fisica oppure a società commerciale. L individuazione dei beni culturali non avviene esclusivamente sulla base di categorie predefinite ed individuate per legge. In precedenza non veniva prevista una necessaria verifica del bene culturale appartenente a soggetto di diritto pubblico od a persona giuridica senza scopo di lucro. Si prevedevano soltanto elenchi non esaustivi né obbligatori, che dovevano essere compilati dai soggetti titolari del bene. Il motivo per il quale questi beni non venivano sottoposti a verifica nasceva dal fatto che si trattava di beni per lo più in mano pubblica; cioè appartenenti a soggetti che per definizione garantivano la tutela di questi beni e la fruizione pubblica di essi. In definitiva si trattava di beni per i quali il problema del controllo risultava evidente nel momento dello spossessamento da parte della mano pubblica; da qui l'obbligo di sottoporre il trasferimento ad autorizzazione amministrativa. Per alcuni beni, ora è prevista una procedura di verifica dell interesse culturale 7 mediante un complesso procedimento, definito dall art.12 8, all esito del quale la 7 In ordine al quale si veda anche il D.M. 6 febbraio 2004 Verifica dell interesse culturale per i beni immobiliari di utilità pubblica in G.U. n.52 del 3 marzo 2004. 8 Art.12 Verifica dell interesse culturale 1. Le cose immobili e mobili indicate all art.10, comma 1, che siano opera di autore non più vivente e la cui esecuzione risalga ad oltre cinquanta anni, sono sottoposte alle disposizioni del presente Titolo fino a quando non sia stata effettuata la verifica di cui al comma 2. 2. I competenti organi del Ministero, d ufficio o su richiesta formulata dai soggetti cui le cose appartengono e corredata dai relativi dati conoscitivi, verificano la sussistenza dell interesse artistico, storico, archeologico o etnoantropologica nelle cose di cui al comma 1, sulla base di indirizzi di carattere generale stabiliti dal Ministero medesimo al fine di assicurare uniformità di valutazione. 3. Per i beni immobili dello Stato, la richiesta di cui al comma 2 è corredata da elenchi di beni e dalle relative schede descrittive. I criteri per la predisposizione degli elenchi, le modalità di redazione delle schede descrittive e di trasmissione di elenchi e schede sono stabiliti con Decreto del Ministero adottato di concerto con l Agenzia del demanio e, per i beni immobili in uso all amministrazione della difesa, anche con il concerto della competente direzione generale dei lavori e del demanio. Il Ministero, fissa con propri decreti i criteri e le modalità per la predisposizione e la presentazione delle richieste di verifica, e della relativa documentazione riconoscitiva, da parte degli altri soggetti di cui al comma 1. 4. Qualora nelle cose sottoposte a schedatura non sia stato riscontrato l interesse di cui al comma 2, le cose medesime sono escluse dall applicazione delle disposizioni del presente Titolo. 5. Nel caso di verifica con esito negativo su cose appartenenti al demanio dello Stato, delle Regioni e degli altri Enti pubblici territoriali, la scheda contenente i relativi dati è trasmessa ai competenti uffici affinché ne dispongano la sdemanializzazione, qualora, secondo le valutazioni dell amministrazione interessata, non vi ostino altre ragioni di pubblico interesse. 6. Le cose di cui al comma 3 e quelle di cui al comma 4 per le quali si sia proceduto alla sdemanializzazione sono liberamente alienabili, ai fini del presente codice. 7. L accertamento dell interesse artistico, storico, archeologico o etnoantropologico, effettuato in conformità agli indirizzi generali di cui al comma 2, costituisce dichiarazione ai sensi dell art.13 ed il relativo provvedimento è trascritto nei modi previsti dall art.15, comma 2. I beni restano definitivamente sottoposti alle disposizioni del presente Titolo. 8. Le schede descrittive degli immobili di proprietà dello Stato oggetto di verifica con esito positivo, integrate con il provvedimento di cui al comma 7, confluiscono in un archivio informatico accessibile al Ministero e all Agenzia del demanio, per finalità di monitoraggio del patrimonio immobiliare e di programmazione degli interventi in funzione delle rispettive competenze istituzionali. 9. Le disposizioni del presente articolo si applicano alle cose di cui al comma 1 anche qualora i soggetti cui esse appartengono mutino in qualunque modo la loro natura giuridica. 10. Resta fermo quanto disposto dall art. 27, commi 8, 10, 12, 13 e 13-bis, del decreto legge 30 settembre 2003, n.269, convertito con modificazioni nella legge 24 novembre 2003, n.326. 9

verifica della mancanza di tale requisito determina l inapplicabilità delle disposizioni contenute nel Codice. L'amministrazione pubblica che cura gli interessi dei beni culturali, d'ufficio o su sollecitazione del proprietario del bene, procede alla verifica di questi beni. Ogni bene verrà così schedato come bene culturale, oppure come bene non culturale. Se verrà schedato come bene culturale, la schedatura costituisce dichiarazione del bene come bene culturale, dichiarazione che va trascritta nei registri immobiliari se si tratta di bene immobile, per rendere la culturalità del bene conoscibile ai terzi. Il bene non culturale, se appartenente a persona giuridica privata o ad ente pubblico non territoriale, può essere immediatamente commercializzato senza autorizzazione e senza prelazione; se appartenente ad Ente pubblico territoriale od allo Stato, ne va dichiarata per prima cosa la sdemanializzazione e successivamente il bene può essere commercializzato come bene privato. Pertanto, entrato in vigore il Codice sui beni culturali, tutti i beni con più di 50 anni di vetustà dovranno essere assoggettati alla procedura di verificazione e, in attesa della conclusione di questa, dovranno essere provvisoriamente ed automaticamente assoggettati alla disciplina dei beni culturali (autorizzazione e prelazione), sempre che si tratti di beni appartenenti ad Ente pubblico od a soggetto non Società commerciale. Va a questo proposito effettuato un chiarimento. In precedenza, per questi beni in mano pubblica, mancando un provvedimento formale d identificazione della culturalità, vi era molta incertezza, perché spettava all'ente proprietario valutare se il bene avesse in sé, oggettivamente, il connotato di bene culturale. Il criterio dei cinquanta anni aiutava, ma non poteva ritenersi decisivo. Ed infatti per motivi cautelari si ricorreva alla Sovrintendenza per chiedere una valutazione di culturalità prima d intraprendere la procedura negoziale di vendita del bene. Con il Codice dei beni culturali, invece, qualunque bene, anche se non abbia oggettivamente i connotati di bene culturale, purché sia stato creato da più di 50 anni, va assoggettato alla disciplina dei beni culturali, pena l'invalidità dell'atto. In questo modo si ha una determinata certezza negoziale (beni immobili con più di 50 anni vanno tutti assoggettati alla disciplina in discorso), anche se si finisce per operare in eccesso, perché anche i beni che non possono avere caratteristiche di bene culturale (si pensi a vecchi anonimi appartamenti privi del tutto di pregio 10

artistico), dovranno essere, almeno in via provvisoria, assoggettati alla disciplina dei beni culturali. Il Codice qualifica con il termine "verifica" il procedimento inteso ad individuare un bene come bene culturale, appartenente ad Ente pubblico o a persona giuridica priva di scopo di lucro; mentre qualifica "dichiarazione d'interesse culturale" il procedimento inteso ad identificare il bene culturale del soggetto privato o della Società commerciale. Chiarisce, peraltro, che il provvedimento conclusivo, nel primo caso ha lo stesso valore della dichiarazione d'interesse culturale e va trascritto nei registri immobiliari, su richiesta del Sovrintendente, allorquando si tratti di bene immobile. Il procedimento per la "verifica" si articola pertanto nelle seguenti fasi: - il Ministero dei beni culturali stabilisce indirizzi di carattere generale, ai fini dell'uniformità di valutazione; - gli Enti proprietari richiedono la verifica (che può essere disposta anche d'ufficio) corredandola di tutti i dati conoscitivi del bene; - mentre viene chiarito che la verifica con risultato positivo (cioè l'accertamento di un bene come culturale) costituirà provvedimento formale, soggetto a trascrizione per gli immobili, il Codice non chiarisce quale sia il provvedimento che conclude la verifica con carattere negativo (cioè l'accertamento che un bene non è culturale) ed anzi tace del tutto su questo provvedimento; - sono invece chiariti gli effetti di questa verifica negativa: a) le cose interessate "sono escluse dall'applicazione delle disposizioni del presente titolo" (art.12, 4 comma); b) le cose stesse "sono liberamente alienabili" (art.12, 6 comma), previa, se del caso, la loro formale sdemanializzazione. In questo modo vi è certezza sul provvedimento che stabilisce la culturalità del bene, ma manca certezza sul provvedimento che esclude detta culturalità, salvo che si consideri tale la semplice lettera di risposta della Sovrintendenza. Ai fini della commerciabilità di questi beni appartenenti ad Ente pubblico od a persona giuridica priva di scopo di lucro, la situazione può così riassumersi: a) occorre in primo luogo accertare la vetustà del bene, poiché soltanto i beni la cui costruzione risalga ad oltre 50 anni rientrano nella disciplina in discorso; b) se il bene ha più di cinquanta anni esso viene immediatamente sottoposto, in via provvisoria, al sistema dell'autorizzazione e della prelazione, perché il legislatore si è voluto cautelare applicando immediatamente a tutti i beni la 11

disciplina specialistica in attesa di conoscere se si tratti o meno di bene culturale; c) il bene viene sottoposto a verifica e soltanto al termine di tale procedura si potrà conoscere se il bene sarà definitivamente valutato come bene culturale, oppure come bene non culturale, in quest'ultimo caso aprendosi la strada ad una commerciabilità di esso senza alcun intralcio. C è da chiedersi se il bene, commercializzato nelle more del procedimento di verifica, acquisisca, nella fase del procedimento autorizzativo oppure in quella del procedimento della prelazione artistica, indirettamente o direttamente, la valutazione, affermativa o negativa, di verifica. In effetti potrebbe accadere che la Sovrintendenza, richiesta di autorizzazione, si limiti a dichiarare che l'autorizzazione non va data perché il bene non è culturale; o che la prelazione non viene esercitata perché il bene non è culturale. Si tratta di conoscere se queste valutazioni di culturalità o di non culturalità possano ritenersi sostitutive di un formale provvedimento di verifica e la risposta, per evidenti motivi di congruità, non può essere che affermativa. Pertanto si può affermare che non sia necessario, per classificare o escludere il bene fra i beni culturali, attendere l'esito della verifica se questa possa desumersi indiscutibilmente dall'una o dall'altra delle fasi di commercializzazione del bene. In passato uno degli aspetti di maggiore problematicità era costituito dall'esigenza di trovare un adeguato coordinamento tra Codice civile e legislazione speciale sui beni culturali. La situazione normativa precedente a quella impostata con il Codice dei beni culturali può essere così brevemente riassunta. Con l entrata in vigore del Codice civile del 1942 i beni culturali appartenenti allo Stato od agli Enti Locali (Comuni, Province, Regioni) erano stati qualificati come demanio artistico 9, il che comportava: l inalienabilità assoluta del bene, la sua inusucapibilità, l esclusiva possibilità di utilizzazione singolare provvisoria previa concessione amministrativa. La Legge Bassanini-bis 10, peraltro, nella sua versione originaria, stabiliva una norma che prevedeva la preminenza della Legge 1089 sul Codice civile. Con la legge Bassanini-ter 11, la norma predetta viene abrogata, ricreandosi pertanto la situazione giuridica anteriore, con il ripristino della qualificazione dei 9 Artt.822 e 824 del Codice civile. 10 Legge 15 maggio 1997, n.127. 12

beni culturali dello Stato e degli Enti Locali come demanio artistico accidentale, nel senso e secondo la limitativa disciplina del Codice civile, interpretata con particolare rigore dalla giurisprudenza. Il Testo Unico sui beni culturali del 1999 12 stabiliva che era soggetta ad autorizzazione ministeriale l alienazione dei beni culturali appartenenti allo Stato, alle Regioni, alle Province ed ai Comuni che non facciano parte del demanio storico ed artistico. In questo modo il Testo Unico lasciava sostanzialmente irrisolto il problema. Il Regolamento del 2000 prevedeva una disciplina dalla quale si desumeva che alcuni beni conservavano per sempre la demanialità, mentre altri potevano perderla venendo ceduti. La disciplina del Regolamento poteva essere così riassunta: a) determinati beni 13 erano sempre inalienabili e quindi per questi era prevista un inalienabilità assoluta e definitiva; b) tutti gli altri beni erano alienabili se inseriti nell elenco principale a disposizione della Soprintendenza regionale; restavano inalienabili se non inseriti nell elenco e pertanto si aveva una sorta di inalienabilità provvisoria, in attesa dell inserzione nell elenco. Il Codice dei beni culturali tenta di fare chiarezza sul problema del coordinamento tra norme codicistiche sul demanio e norme speciali sui beni culturali. La disciplina che ne scaturisce può sintetizzarsi nei seguenti termini: a) esistono beni del tutto e definitivamente inalienabili: immobili ed aree di interesse archeologico; immobili riconosciuti monumenti nazionali; immobili appartenenti allo Stato o agli Enti territoriali dichiarati d interesse particolarmente importante per la testimonianza della storia; va chiarito che la predetta inalienabilità non vale per i negozi di trasferimento che vedano come parti lo Stato e gli Enti Locali; b) tutti gli altri beni sono provvisoriamente inalienabili in attesa della verifica; c) effettuata la verifica e riconosciuta la loro culturalità, essi possono essere alienati previa autorizzazione. Si tratta di autorizzazione specifica, caratterizzata da adeguate garanzie (tutela, valorizzazione, pubblico godimento del bene) e da specifiche obbligatorie destinazioni d'uso del bene; 11 Legge 16 giugno 1998, n.191, art.2, 24 comma. 12 Art.55, lettera a). 13

d) l'autorizzazione alla cessione equivale ad automatica sdemanializzazione del bene, il quale da quel momento perde il carattere di bene demaniale ed acquista il carattere di normale bene culturale. Sulla base della disciplina recata dal Codice dei beni culturali, le differenti situazioni che possono caratterizzare la disciplina dei beni culturali dello Stato e degli Enti Locali possono essere così riassunte: 1. esiste una fase preparatoria: in attesa di accertare se il bene abbia carattere di culturalità esso va sottoposto alla regola dell'incedibilità relativa; 2. effettuata la verificazione, se il bene viene ritenuto culturale esso viene qualificato come bene demaniale. Non deve stupire il fatto che, ai fini della demanialità, occorra preventivamente che il bene sia valutato come bene culturale: infatti sia l'art.822 c.c. per il demanio culturale dello Stato, sia l'art.824 per il demanio culturale degli Enti Locali, utilizzano l'espressione "immobili riconosciuti d'interesse" culturale; il che fa concludere che per considerare questi beni come demanio artistico occorra una preventiva valutazione di culturalità da parte della Pubblica Amministrazione; 3. il bene demaniale artistico, ad esclusione di quelli assolutamente inalienabili, diventa alienabile come i comuni beni culturali, anche se l'autorizzazione preventiva prevista per la sua cessione abbia un contenuto di prescrizioni più ampio rispetto a quello previsto per tutti gli altri beni culturali; 4. l'autorizzazione per la cessione del bene culturale demaniale equivale ad automatico provvedimento di sdemanializzazione, il che significa che il bene successivamente alla cessione sarà trattato sempre come culturale, ma non più come demanio culturale; 5. se, invece, dopo la verifica, il bene non viene più ritenuto culturale, mancando la culturalità viene meno anche il suo connotato di bene demaniale; peraltro in tal caso la norma stabilisce che non sia il provvedimento di verificazione ad effettuare la sdemanializzazione del bene, bensì che si apra un procedimento di sdemanializzazione autonomo, affidato all'autorità titolare del bene (Stato od Ente Locale). La norma che dispone questa disciplina 14 ha una sua plausibilità, perché costringe l'ente proprietario a valutare se il bene debba o meno essere mantenuto nella sfera dei beni demaniali; ma in tal caso non sembra che il bene possa continuare 13 Ex art.2 del Regolamento. 14 Art.12 comma 5. 14

ad essere valutato come bene culturale, bensì soltanto come bene demaniale di natura diversa dalla culturalità; 6. una volta effettuata la sdemanializzazione il bene è "liberamente alienabile" 15. Si comprende come il bene, per effetto della verifica, non abbia acquisito il carattere di bene culturale e per effetto della sdemanializzazione non abbia acquisito il carattere di bene demaniale; pertanto si tratta di bene comune, assoggettato alle comuni regole sulla commercializzazione dei beni. Conclusivamente si può affermare che il legislatore del Codice sui beni culturali abbia privilegiato non le norme civilistiche sul demanio, bensì le norme della legge speciale, nella sostanza assimilando i beni demaniali culturali ai comuni beni culturali, ancorché con le differenziazioni specifiche derivanti dal connotato di beni demaniali. b) D.P.R. 8 giugno 2004, n.173 (Regolamento di organizzazione del Ministero Beni culturali ed ambientali) pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale Serie Ordinaria n.166 del 17 luglio 2004. La nuova organizzazione del Ministero per i beni e le attività culturali risulta ora articolata in Amministrazione centrale ed Amministrazione periferica. Si riporta quest ultima in quanto pertinente al tema trattato. Capo III - Amministrazione periferica Art. 19 Organi periferici del Ministero 1. Sono organi periferici del Ministero: a) le Direzioni regionali per i beni culturali e paesaggistici; b) le Soprintendenze per i beni architettonici e per il paesaggio; c) le Soprintendenze per il patrimonio storico, artistico ed etnoantropologico; d) le Soprintendenze per i beni archeologici; 15 Art.12 comma 6 del Codice. 15

e) le Soprintendenze archivistiche; f) gli archivi di Stato; g) le biblioteche statali; h) i musei e gli altri istituti dotati di autonomia. 2. Gli organi indicati al comma 1, ad eccezione di quelli di cui alla lettera a), sono uffici di livello dirigenziale non generale e, con riferimento a quelli di cui alle lettere b), c) e d) del medesimo comma, articolazioni degli uffici di cui alla lettera a) del comma 1, può essere prevista l'attribuzione di più competenze tra quelle indicate. 3. Con DD.MM., adottati ai sensi dell'art.17, comma 4-bis, lettera e), della Legge 23 agosto 1988, n.400, si provvede all'individuazione ed alla organizzazione degli uffici di cui al comma 1, lettere b), c), d), e), f) e g) e dei relativi compiti. Con le stesse modalità si provvede alla eventuale soppressione degli uffici già istituiti, ai sensi dell'articolo 8 del D.lvo 20 ottobre 1998, n.368 e successive modificazioni, con decreti ministeriali ai sensi dell'art.17, comma 4-bis, lettera e), della Legge 23 agosto 1988, n.400, alla data di entrata in vigore del presente Regolamento. 4. Con regolamenti, adottati ai sensi dell'art.17, comma 1, della Legge 23 agosto 1988, n.400, si provvede all'individuazione ed all organizzazione degli uffici di cui al comma 1, lettera h), attuando i principi e le modalità indicate dall'art.8 del D.l.vo, sentito il comitato tecnico-scientifico competente per settore, sulla base di criteri che tengono conto della qualità e quantità dei beni tutelati e dei servizi svolti, della rilevanza dei compiti e delle funzioni, con riferimento anche al bacino di utenza ed all'ambito territoriale, nonché dell'organico. Art.20. Direzioni regionali per i beni culturali e paesaggistici. 1. Le Direzioni Regionali per i beni culturali e paesaggistici sono articolazioni territoriali di livello dirigenziale generale del Dipartimento per i beni culturali e paesaggistici, ai sensi dell'art.7 del D.l.vo n.368 del 1998 e successive modificazioni. 2. Le direzioni regionali curano i rapporti del Ministero con le Regioni, gli Enti locali e le altre istituzioni presenti nella Regione medesima. 3. Ai sensi dell'art.7, comma 6, del D.l.vo n.368 del 1998 e successive modificazioni, il direttore regionale può essere contemporaneamente titolare degli uffici di cui all'art.19, comma 1, lettera h). 16

4. Il Direttore Regionale, oltre a svolgere le funzioni delegate, in particolare: a) propone al Capo del Dipartimento gli interventi da inserire nei programmi annuali e pluriennali e nei relativi piani di spesa, individuando le priorità anche sulla base delle indicazioni delle Soprintendenze di settore e degli uffici di cui al comma 3 compresi nella direzione regionale; b) esprime il parere di competenza del Ministero in sede di conferenza di servizi per gli interventi, in ambito regionale, che riguardano le competenze di più soprintendenze di settore; c) autorizza l'esecuzione di opere e lavori di qualunque genere su beni culturali, con eccezione di quanto disposto dall'art.7, comma 2, lettera o), dall'art.8, comma 2, lettera e) e dall'art.9, comma 2, lettera d); d) impone ai proprietari, possessori o detentori di beni culturali gli interventi necessari per assicurarne la conservazione, ovvero dispone, allo stesso fine, l'intervento diretto del Ministero, ai sensi dell'art.32 del Codice; e) dispone il concorso del Ministero nelle spese affrontate dai privati proprietari, possessori o detentori di beni culturali per interventi di conservazione, nei casi previsti agli artt.34 e 35 del Codice; f) stipula accordi e convenzioni con i proprietari di beni culturali, oggetto di interventi conservativi, alla cui spesa ha contribuito il Ministero, al fine di stabilire le modalità per l'accesso ai beni medesimi da parte del pubblico, ai sensi dell'art.38 del Codice; g) dispone l'occupazione temporanea di immobili per l'esecuzione di ricerche archeologiche o di opere dirette al ritrovamento di beni culturali, ai sensi dell'art.88 del Codice; h) concede l'uso dei beni culturali in consegna al Ministero, ai sensi degli artt.106 e 107 del Codice; i) adotta i provvedimenti necessari per il pagamento od il recupero di somme che è tenuto, rispettivamente, a corrispondere o a riscuotere in relazione all'esercizio delle funzioni e dei compiti attribuiti; l) esprime l'assenso del Ministero sulle proposte di acquisizione in comodato di beni culturali di proprietà privata, formulate dalle soprintendenze di settore, e sulle richieste di deposito di beni culturali di soggetti pubblici presso musei presenti nel territorio regionale, sentito il parere dei predetti organi, ai sensi dell'art.44, comma 1, del Codice; m) autorizza le alienazioni, le permute, le costituzioni di ipoteca e di pegno e ogni altro negozio giuridico che comporta il trasferimento a titolo oneroso di 17

beni culturali appartenenti a soggetti pubblici, ai sensi degli artt.55, 56 e 58 del Codice; n) riceve dalle soprintendenze di settore le denunce di trasferimento a titolo oneroso di beni culturali di proprietà privata, previste dall'art.59 del Codice, e conseguentemente effettua la comunicazione alla regione e agli altri enti pubblici territoriali nel cui ambito i beni si trovano, prescritta dall'art.62, comma 1, del Codice; o) propone al Direttore generale competente, sentite le soprintendenze di settore, l'esercizio della prelazione da parte del Ministero, ai sensi dell'art.60 del Codice, ovvero la rinuncia ad essa e trasmette al Direttore generale medesimo le proposte di prelazione da parte della regione o degli altri Enti pubblici territoriali, accompagnate dalle proprie valutazioni; su indicazione del Direttore generale comunica all'ente che ha formulato la proposta di prelazione la rinuncia dello Stato all'esercizio della medesima, ai sensi dell'art.62, comma 3, del Codice; p) propone ai Direttori generali competenti, su iniziativa delle soprintendenze di settore, l'irrogazione delle sanzioni ripristinatorie e pecuniarie previste dal Codice; q) richiede alle commissioni provinciali, su iniziativa delle soprintendenze di settore, l'adozione della proposta di dichiarazione di interesse pubblico per i beni paesaggistici, ai sensi dell'art.138 del Codice; r) propone al Direttore generale competente l'adozione in via sostitutiva della dichiarazione di interesse pubblico per i beni paesaggistici; s) predispone, d'intesa con le regioni, i programmi ed i piani finalizzati all'attuazione degli interventi di riqualificazione, recupero e valorizzazione delle aree sottoposte alle disposizioni di tutela dei beni paesaggistici; t) propone al Direttore generale competente i programmi concernenti studi, ricerche ed iniziative scientifiche in tema di catalogazione e inventariazione dei beni culturali, definiti in concorso con le Regioni ai sensi della normativa in materia; promuove l'organizzazione di studi, ricerche ed iniziative culturali, anche in collaborazione con le regioni, le università e le istituzioni culturali e di ricerca; promuove, in collaborazione con le università, le regioni e gli enti locali, la formazione in materia di tutela del paesaggio, della cultura e della qualità architettonica e urbanistica; u) promuove, presso le scuole di ogni ordine e grado, la diffusione della letteratura e della saggistica attinente alle materie d'insegnamento, 18

attraverso programmi concordati con il Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca; v) vigila sulla realizzazione delle opere d'arte negli edifici pubblici ai sensi delle Legge 29 luglio 1949, n.717 e successive modificazioni; z) dispone, previa istruttoria delle soprintendenze di settore, l'affidamento diretto o in concessione delle attività e dei servizi pubblici di valorizzazione di beni culturali, ai sensi dell'art.115 del Codice; aa) svolge le funzioni di stazione appaltante in relazione agli interventi conservativi da effettuarsi con fondi dello Stato o affidati in gestione allo Stato sui beni culturali presenti nel territorio di competenza; bb) organizza e gestisce le risorse strumentali degli uffici dipendenti nell'ambito della regione, ferme restando le competenze di cui agli artt.1, comma 10, e 13. cc) alloca le risorse umane degli uffici dipendenti, ferme restando le competenze di cui agli artt.1, comma 10, e 13; dd) cura le relazioni sindacali e la contrattazione collettiva a livello regionale, ferme restando le competenze di cui all'art.13. 5. Il Direttore regionale delega, di norma, le funzioni di cui al comma 4, lettere c), g) e h), ai titolari delle soprintendenze di settore comprese nella Direzione regionale. 6. Il Direttore regionale, inoltre, può delegare ai titolari delle soprintendenze di settore comprese nella Direzione regionale una o più delle altre funzioni di cui al comma 4. Art.21. Comitati regionali di coordinamento. 1. Il Comitato regionale di coordinamento è organo collegiale a competenza intersettoriale. 2. Il Comitato esprime pareri: a) obbligatoriamente, in merito alle proposte di dichiarazione di interesse culturale o paesaggistico aventi ad oggetto beni od aree suscettibili di tutela intersettoriale, nonché in merito alle proposte di prescrizioni di tutela indiretta; b) a richiesta del Direttore regionale, su ogni questione di carattere generale concernente la materia dei beni culturali. 3. Il Comitato è presieduto dal Direttore regionale ed è composto dai Soprintendenti di settore operanti in ambito regionale quando si esprime 19