Informiamoci n. 5 maggio. giugno 2009



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Informiamoci n. 5 maggio. giugno 2009 Novità legislative 1. Circolare del Ministero dell interno Dipartimento della pubblica sicurezza - Direzione centrale dell immigrazione e della polizia delle frontiere del 27 maggio 2009 n. 400/A/2009 sulla revoca del Permesso di soggiorno CE per soggiornanti di lungo periodo - revoca In risposta ad un quesito il Ministero fornisce un interessante interpretazione della normativa in materia di rilascio e revoca del pds CE per lungo periodo. Rispondendo infatti alla richiesta di chiarimento in merito all ipotesi di revoca dello stesso documento laddove interviene la separazione legale tra i coniugi, il Ministero chiarisce che questa ipotesi non viene contemplata dall art. 9 comma 7 del DLGS 286/98. L articolo in questione è il seguente: Art. 9 Permesso di soggiorno CE per soggiornanti di lungo periodo 1. Lo straniero in possesso, da almeno cinque anni, di un permesso di soggiorno in corso di validità, che dimostra la disponibilità di un reddito non inferiore all importo annuo dell assegno sociale e, nel caso di richiesta relativa ai familiari, di un reddito sufficiente secondo i parametri indicati nell'articolo 29, comma 3, lettera b) e di un alloggio idoneo che rientri nei parametri minimi previsti dalla legge regionale per gli alloggi di edilizia residenziale pubblica ovvero che sia fornito dei requisiti di idoneità igienico-sanitaria accertati dall Azienda unità sanitaria locale competente per territorio, può chiedere al questore il rilascio del permesso di soggiorno CE per soggiornanti di lungo periodo, per sè e per i familiari di cui all articolo 29, comma 1. 7. Il permesso di soggiorno di cui al comma 1 è revocato: a) se è stato acquisito fraudolentemente; b) in caso di espulsione, di cui al comma 9; c) quando mancano o vengano a mancare i requisiti per il rilascio, di cui al comma 4; d) in caso di assenza continuativa dal territorio dell'unione per un periodo di dodici mesi consecutivi; Il Ministero sottolinea infine che il permesso di soggiorno CE per soggiornanti di lungo periodo deve essere revocato, qualora sia stato acquisito fraudolentemente, anche mediante la celebrazione di un matrimonio di comodo (ipotesi contemplata nell art. 9 comma 7 lett. a). 2. Circolare del Ministero dell interno - Dipartimento della pubblica sicurezza - Direzione centrale dell'immigrazione e della polizia delle frontiere del 6 maggio 2009, n. 400/C/ Prot.: 0002826 sulla durata del Permesso di soggiorno per motivi di attesa occupazione Con questa circolare il Ministero chiarisce alcuni aspetti essenziali della normativa italiana vigente in materia di rilascio e durata del pds per attesa occupazione al fine di assicurare uniformità di indirizzo ed omogeneità di comportamenti.

Gli articoli di riferimento sono i seguenti: Art. 22 (DLGS 286/98) Lavoro subordinato a tempo determinato e indeterminato 11. La perdita del posto di lavoro non costituisce motivo di revoca del permesso di soggiorno al lavoratore extracomunitario ed ai suoi familiari legalmente soggiornanti. Il lavoratore straniero in possesso del permesso di soggiorno per lavoro subordinato che perde il posto di lavoro, anche per dimissioni, può essere iscritto nelle liste di collocamento per il periodo di residua validità del permesso di soggiorno, e comunque, salvo che si tratti di permesso di soggiorno per lavoro stagionale, per un periodo non inferiore a sei mesi. Il regolamento di attuazione stabilisce le modalità di comunicazione ai centri per l'impiego, anche ai fini dell'iscrizione del lavoratore straniero nelle liste di collocamento con priorità rispetto a nuovi lavoratori extracomunitari. Art. 37 (DPR 394/99) Iscrizione nelle liste o nell'elenco anagrafico finalizzata al collocamento del lavoratore licenziato, dimesso o invalido Quando il licenziamento é disposto a norma delle leggi in vigore per il licenziamento individuale, ovvero in caso di dimissioni, il datore di lavoro ne dà comunicazione entro 5 giorni allo Sportello unico e al Centro per l'impiego competenti. Lo straniero, se interessato a far risultare lo stato di disoccupazione, per avvalersi della previsione di cui all'articolo 22, comma 11, del testo unico, deve presentarsi, non oltre il quarantesimo giorno dalla data di cessazione del rapporto di lavoro, presso il Centro per l'impiego e rendere la dichiarazione, di cui all'articolo 2, comma 1, del decreto legislativo 21 aprile 2000, n. 181, così come sostituito dal decreto legislativo 19 dicembre 2002, n. 297, che attesti l'attività lavorativa precedentemente svolta, nonché l'immediata disponibilità allo svolgimento di attività lavorativa, esibendo il proprio permesso di soggiorno. Il Centro per l'impiego provvede all'inserimento del lavoratore nell'elenco anagrafico, di cui all'articolo 4 del decreto del Presidente della Repubblica 7 luglio 2000, n. 442, ovvero provvede all'aggiornamento della posizione del lavoratore qualora già inserito. Il lavoratore mantiene l'inserimento in tale elenco per il periodo di residua validità del permesso di soggiorno e, comunque, ad esclusione del lavoratore stagionale, per un periodo complessivo non inferiore a sei mesi. Quando, a norma delle disposizioni del testo unico e del presente articolo, il lavoratore straniero ha diritto a rimanere nel territorio dello Stato oltre il termine fissato dal permesso di soggiorno, la questura rinnova il permesso medesimo, previa documentata domanda dell'interessato, fino a sei mesi dalla data di iscrizione nelle liste di cui al comma 1 ovvero di registrazione nell'elenco, dell'inserimento dello straniero nelle liste di cui al comma 1 o della registrazione nell'elenco di cui al comma 2. Si osservano le disposizioni dell'articolo 36-bis. Allo scadere del permesso di soggiorno, di cui al comma 5, lo straniero deve lasciare il territorio dello Stato, salvo risulti titolare di un nuovo contratto di soggiorno per lavoro ovvero abbia diritto al permesso di soggiorno ad altro titolo, secondo la normativa vigente. di cui al comma 2. Il rinnovo del permesso é subordinato all'accertamento, anche per via telematica. Secondo la normativa vigente, in sostanza, la perdita del posto di lavoro non costituisce motivo di revoca del permesso di soggiorno per il lavoratore e per i suoi familiari. Questi, infatti, mantiene la validità del permesso fino alla scadenza dello stesso o per un periodo non inferiore a sei mesi prevedendo, in questo caso, il rinnovo del permesso di soggiorno, previa documentata domanda

dell'interessato, per attesa occupazione. Allo scadere del permesso di soggiorno per attesa occupazione, il cittadino straniero deve lasciare il territorio nazionale a meno che non possa provare di avere un nuovo contratto di soggiorno per lavoro o la sussistenza dei presupposti per il rilascio di un altro pds. La normativa sopra riferita definisce un sistema nel quale la fissazione di tempi definiti per consentire allo straniero il reimpiego nel nostro Paese risponde alla esigenza di tutela dell'ordine e della sicurezza pubblica cui è preposta la potestà autorizzatoria. In alternativa, è data la possibilità di ottenere un permesso di soggiorno per motivi diversi (es. famiglia, lavoro autonomo, studio, etc.), tutelando per questa via la volontà di integrazione nel tessuto sociale del cittadino straniero. A questa puntualizzazione però, si aggiungono le raccomandazioni del Ministero verso le Questure, perché cerchino di rimediare agli inconvenienti derivanti dall'eventuale ritardo nei tempi di rilascio del pds per attesa occupazione, e perché limitino esclusivamente a casi eccezionali aventi carattere di straordinarietà i casi di intervento discrezionale in materia, riferendosi, con ogni probabilità, ai casi già registrati sul territorio, in cui si provvede al rilascio del permesso per attesa occupazione per un periodo superiore a sei mesi o, ancora, ad un ulteriore rinnovo per attesa occupazione. 3. Circolare del Ministero dell interno - Dipartimento per le libertà civili e l immigrazione - Direzione centrale per le politiche dell immigrazione e dell asilo dell 8 maggio 2009, n. 2218 sulle Nuove disposizioni in materia di ricongiungimento familiare ed in particolare sul rinnovo del permesso di soggiorno di genitori ultrasessantacinquenni In mancanza del decreto del Ministro del Lavoro, della salute e delle politiche sociali, di concerto con il Ministro dell economia e delle finanze relativo alla definizione dell assicurazione sanitaria richiesta per i casi di ricongiungimento familiare dei genitori ultrasessantacinquenni, il Ministero chiarisce che, in caso di rinnovo del permesso di soggiorno per motivi familiari da parte di genitori ultrasessantacinquenni, questi debbano esibire la documentazione attestante la stipula dell assicurazione sanitaria, analogamente a quanto richiesto a coloro i quali fanno ingresso per la prima volta sul territorio nazionale. A questa circolare segue quella del 14 maggio. 4. Circolare del Ministero dell interno - Dipartimento della pubblica sicurezza - Direzione centrale dell immigrazione e della polizia delle frontiere del 14 maggio 2009, n. 2846 sulle Nuove disposizioni in materia di ricongiungimento familiare ed in particolare sull assicurazione sanitaria. Gli stranieri ultrasessantacinquenni che hanno ottenuto un permesso di soggiorno per motivi familiari devono dimostrare, ai fini del rinnovo ed in maniera obbligatoria la stipula dell assicurazione sanitaria. Lo stesso requisito deve essere richiesto anche nei casi di coesione familiare, visto che la previsione normativa di riferimento richiama il possesso dei requisiti per il ricongiungimento familiare.

5. Nota del Ministero del lavoro, della salute e politiche sociali - Dipartimento prevenzione e comunicazione - Direzione generale per i rapporti con l'unione europea e per i Rapporti internazionali del 16 aprile 2009 sull assistenza sanitaria in Italia ai titolari di permesso di soggiorno che svolgono regolare attività lavorativa Il Ministero fornisce chiarimenti in merito all interpretazione dell art. 34 DLGS 286/98. Più in particolare puntualizza che gli stranieri regolarmente soggiornanti che abbiano in corso regolari attività di lavoro subordinato o di lavoro autonomo o siano iscritti nelle liste di collocamento hanno diritto all'iscrizione obbligatoria al Servizio Sanitario Nazionale. Questo significa che, non solo il titolare di pds per lavoro subordinato o autonomo o di attesa occupazione usufruisce di tale diritto, ma quanti possiedono un pds che consente l esercizio di un attività lavorativa, ovvero e per esempio, i titolari di permessi di soggiorno per assistenza minore, ricerca scientifica, per motivi religiosi che svolgono un'attività per la quale ricevono una remunerazione soggetta alle ritenute fiscali previste per il reddito da lavoro dipendente, ecc. La circolare precisa, infine, quanto segue. I titolari di pds ex art. 27, comma 1, lettere a), i) e q) del D.Lgs. 286/98, che non sono tenuti a corrispondere in Italia l'imposta sul reddito delle persone fisiche, non sono iscrivibili obbligatoriamente al Servizio Sanitario Nazionale, analogamente ai titolari di permesso di soggiorno per affari. Art. 27 Ingresso per lavoro in casi particolari 1. Al di fuori degli ingressi per lavoro di cui agli articoli precedenti, autorizzati nell'ambito delle quote di cui all'articolo 3, comma 4, il regolamento di attuazione disciplina particolari modalità e termini per il rilascio delle autorizzazioni al lavoro, dei visti di ingresso e dei permessi di soggiorno per lavoro subordinato, per ognuna delle seguenti categorie di lavoratori stranieri: a) dirigenti o personale altamente specializzato di società aventi sede o filiali in Italia ovvero di uffici di rappresentanza di società estere che abbiano la sede principale di attività nel territorio di uno Stato membro dell'organizzazione mondiale del commercio, ovvero dirigenti di sedi principali in Italia di società italiane o di società di altro Stato membro dell'unione europea; i) lavoratori dipendenti regolarmente retribuiti da datori di lavoro, persone fisiche o giuridiche, residenti o aventi sede all'estero e da questi direttamente retribuiti, i quali siano temporaneamente trasferiti dall'estero presso persone fisiche o giuridiche, italiane o straniere, residenti in Italia, al fine di effettuare nel territorio italiano determinate prestazioni oggetto di contratto di appalto stipulato tra le predette persone fisiche o giuridiche residenti o aventi sede in Italia e quelle residenti o aventi sede all'estero, nel rispetto delle disposizioni dell'articolo 1655 del codice civile, della legge 23 ottobre 1960, n. 1369, e delle norme internazionali e comunitarie; q) giornalisti corrispondenti ufficialmente accreditati in Italia e dipendenti regolarmente retribuiti da organi di stampa quotidiani o periodici, ovvero da emittenti radiofoniche o televisive straniere; 1. Stralcio della Relazione 2008 sull immigrazione - Banca d Italia Tra il 2003 e il 2008 il numero di stranieri residenti in Italia è più che raddoppiato, portandosi a 3,4 milioni di persone, circa il 6 per cento della popolazione. Nel confronto con i principali paesi europei, gli immigrati residenti in Italia rappresentano una quota più bassa di popolazione; sono più giovani e meno istruiti. Gli stranieri hanno tassi di partecipazione al mercato del lavoro superiori a quelli degli italiani. Tuttavia, come in altri paesi avanzati interessati da flussi migratori rilevanti, l aumento dell offerta

di lavoro dovuto all immigrazione non sembra in media aver avuto effetti negativi sulle retribuzioni o sulle prospettive occupazionali dei nativi. Anche l Italia ha registrato un rapido aumento dell afflusso di stranieri. Il saldo migratorio netto con l estero, che nella media degli anni ottanta era ancora negativo (circa 30.000 persone all anno), nella media del periodo 2002-07 è risultato positivo e pari a circa 450.000 persone all anno (per il 2008, tra gennaio e novembre, l Istat stima un flusso di 403.000 persone). Nel 2008 gli stranieri residenti erano 3,4 milioni di persone, circa il 6 per cento della popolazione residente e oltre il doppio di quelli registrati nel 2003. Hanno concorso al rapido aumento della popolazione straniera residente i provvedimenti di regolarizzazione, il progressivo ampliamento delle quote previste nelle misure, periodiche, di pianificazione degli ingressi (i cosiddetti decreti flusso) e, nell ultimo biennio, l allargamento dell Unione europea ad alcuni paesi dell Europa dell Est. Sulla base dei dati dell Istat, all inizio del 2008 gli stranieri residenti in Italia provenivano per circa la metà dai paesi dell Europa centro orientale, prevalentemente Albania e Romania (rispettivamente, 11,7 e 18,2 per cento); per circa un quarto dall Africa, con prevalenza dei paesi mediterranei, e per il 16 per cento dall Asia (tav. 11.1). La composizione per sesso delle comunità presenti nel nostro paese riflette presumibilmente diversi modelli migratori. All elevata presenza femminile, superiore ai due terzi, tra gli immigrati da alcuni paesi dell Europa centro orientale e dell America latina si associa quella decisamente più contenuta, inferiore a un terzo, di alcunipaesi africani e asiatici. I lavoratori stranieri si concentrano nei settori e tra le occupazioni a minore contenuto professionale: rappresentano circa il 16 per cento degli operai, contro l 1 per cento circa di impiegati, quadri e dirigenti (tav. 11.4); costituiscono il 2,3 per cento degli imprenditori, con quote superiori al 5 per cento nei settori dei servizi alle imprese e della ristorazione, e il 12 per cento circa dei lavoratori in proprio nelle costruzioni. L incidenza di lavoratori stranieri supera il 13 per cento nelle costruzioni e nella ristorazione, l 8 nella trasformazione industriale. La rapida crescita della popolazione straniera ha determinato anche un aumento della quota di imprese individuali gestite da immigrati: alla fine del 2008 esse erano pari al 9 per cento del totale delle imprese attive (il 7 per cento era gestito da cittadini extracomunitari). Come gli occupati dipendenti, anche gli imprenditori stranieri tendono a concentrarsi in attività a basso contenuto d innovazione o bassa qualifica. Ciò potrebbe anche riflettere un iniziale difficoltà di accesso al credito, derivante dalla percezione da parte del sistema creditizio di una maggiore rischiosità dell imprenditore straniero. Dietro la capacità di assorbimento dell offerta di lavoro straniera vi sono anche gli adeguamenti della struttura produttiva e della domanda di lavoro. Questi possono consistere sia in uno spostamento verso i settori a più elevato contenuto di lavoro a bassa qualifica, sia in un aumento, all interno di ogni settore, dell intensità di lavoro. Come negli Stati Uniti e in Germania, anche in Italia sarebbe prevalso questo secondo canale. Secondo i dati di Invind, nel periodo 1996-2007, le imprese manifatturiere italiane localizzate in aree a più elevata presenza di immigrati avrebbero progressivamente aumentato l incidenza delle mansioni operaie sulla manodopera totale, senza peraltro accrescere la dimensione aziendale. Le segnalazioni delle Camere di commercio relative alla costituzione di nuove imprese indicano che la maggiore presenza straniera si assocerebbe anche a un maggiore tasso di natalità di imprese manifatturiere, in particolare nei settori ad alta intensità di lavoro. Il principale effetto dell immigrazione per un paese sviluppato è l attenuazione degli squilibri demografici che discendono dal rapido invecchiamento della popolazione che già vi risiede; vi influiscono sia la più giovane età sia la maggiore fecondità degli stranieri. La più giovane età media della popolazione straniera comporta anche una più bassa spesa sanitaria (circa il 3 per cento del totale, 3 miliardi) e minori erogazioni per prestazioni pensionistiche. Sulla base dei dati dell INPS, nel 2006 i pensionati nati all estero percepivano complessivamente l 1 per cento della spesa totale (pari a circa 2,3 miliardi). I lavoratori stranieri stanno accumulando rilevanti montanti contributivi che si tradurranno in maggiori prestazioni in futuro; si può stimare che nell arco di un decennio la suddetta quota di spesa dovrebbe più che raddoppiare.

Considerando solo i beneficiari, l importo medio delle pensioni di invalidità, vecchiaia e superstiti è inferiore di circa il 25 per cento a quello dei residenti; quelle assistenziali risultano superiori di circa un quarto. Sulla base dei dati dell INPS e dell indagine EU-SILC, le prestazioni a sostegno del reddito (con l esclusione delle indennità di malattia e infortunio) erogate agli stranieri rappresenterebbero circa il 7 per cento del totale (quasi 1 miliardo). I divari di reddito e di spesa tra italiani e stranieri e la differente struttura demografica delle rispettive popolazioni si riflettono sull entità e sulla composizione dei flussi economici nei confronti delle finanze pubbliche. Si può stimare che nel 2006 gli stranieri, che rappresentavano circa il 5 per cento della popolazione residente, contribuivano per circa il 4 per cento alle entrate derivanti dall imposta personale sul reddito, dall IVA e dalle accise, dai contributi sociali e dall IRAP sul settore privato (complessivamente, oltre il 70 per cento del totale delle entrate) e assorbivano circa il 2,5 per cento della spesa per istruzione, prestazioni pensionistiche, sanitarie e a sostegno del reddito (complessivamente pari a circa il 60 per cento della spesa primaria).