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REPUBBLICA ITALIANA IN NOME DEL POPOLO ITALIANO CORTE D APPELLO DI BOLOGNA -II Sez. Civile- Composto dai Sigg. Magistrati: -dott. Roberto APONTE Presidente -dott. Mariapia PARISI Consigliere -dott. Giampiero M. FIORE Consigliere rel. ha pronunziato la seguente SENTENZA nella causa civile di APPELLO iscritta a ruolo al n. 2311/08 R.G., trattenuta in decisione all udienza del 12.7.16 e promossa DA CASA DI CURA PRIVATA SAN PIER DAMIANO HOSPITAL S.P.A., rappresentati e difesi dall Avv. Prof. Andrea Astolfi, dall Avv. Francesca di Marco e dall Avv. Giovanni Berti Arnoaldi ed elett.te dom.ta in Bologna presso lo studio di quest ultimo. Appellante CONTRO FRAPOLI Maria, con l Avv. Gian Paolo Novelli, elett.te dom.to in Bologna presso lo studio del medesimo. HDI GERLING INDUSTRIE VERSICHERUNG A. G., in persona del legale rappr.te p.t., con l Avv. Giuseppe Coliva, elett.te dom.to in presso lo studio del medesimo. Appellato SANTANDREA dott.ssa Viviana, con l Avv. Andrea Monti ed elett.te dom.to presso lo studio dello stesso in Ravenna. MARANINI Lara e CANUTI Ilario, con l Avv. Valentina Del Monte, elett.te dom.ti in Imola presso lo studio di quest ultima. Appellati ed appellanti incidentali avverso la sentenza n. 223/07 emessa dal Tribunale di Ravenna Sez. Dist. di Faenza in data 9.11.07. Conclusioni delle parti: come nei rispettivi atti introduttivi. Motivi Con l impugnata sentenza, il Tribunale dichiarava che il decesso di Canuti Marta era stato determinato da fatto e colpa esclusivi nella esecuzione del parto della dott.ssa Santandrea Viviana e, per l effetto, dichiarava la dott.ssa Santandrea Viviana tenuta in solido con la Casa di Cura San Pier Damiano al risarcimento di tutti i danni non patrimoniali nella specie il danno morale patiti iure proprio da Canuti Ilario e Maranini Lara che quantificava 1

equitativamente in complessivi 230.000,00 di cui 115.000,00 in favore di Canuti Ilario ed 115.000,00 di Maranini Lara, oltre a svalutazione monetaria ed interessi legali sulla somma svalutata all epoca dell evento lesivo il 30.05.1998 ed annualmente rivalutata fino al saldo effettivo; condannando altresì la dott.ssa Santandrea Viviana in solido con la Casa di Cura alle spese di causa sia nei confronti degli attori che della Frapoli, e spese di CTU, compensando interamente nei confronti della Compagnia Gerling. Ilario Canuti e Lara Maranini convenivano in giudizio la casa di cura privata San Pier Damiano Hospital, unitamente alla dott.ssa Viviana Santandrea, a Maria Frapoli ed a Gerling Konzern (all epoca dei fatti compagnia assicuratrice della struttura), per ivi sentirli condannare in solido fra loro al risarcimento dei danni morali e materiali patiti iure proprio e iure successionis a seguito del decesso della figlia Marta Canuti occorso in data 30 maggio 1998 presso la casa di cura convenuta, ove la Maranini era stata ricoverata con diagnosi di gravidanza a termine. Gli attori imputavano a colpa esclusiva della struttura sanitaria, della dott.ssa Santandrea e della Frapoli l esito infausto del parto riconducendo, in particolare, tale evento ad una responsabilità professionale del medico di fiducia, dott.ssa Santandrea, per negligenze ed imperizie poste in essere tanto nella gestione della gravidanza quanto nella fase di travaglio e parto. In ordine poi alla posizione della casa di cura e della ostetrica Frapoli, gli attori contestavano alla prima carenze di natura strutturale (mancanza di un reparto di terapia intensiva e di rianimazione al suo interno, assenza di un medico pediatra durante il parto) e alla seconda, in qualità di ostetrica, l inadeguata assistenza della paziente in fase di parto, non essendosi avveduta della sofferenza fetale emersa dai monitoraggi eseguiti in corso di travaglio, che avrebbe dovuto indurla ad un tempestivo intervento, anche in luogo della dott.ssa Santandrea. Avverso siffatta decisione, propone appello la Casa di Cura Privata San Pier Damiano Hospital spa chiedendo, in riforma della emessa sentenza, in via principale, respingere, perché infondate, tutte le domande proposte dagli attori nei confronti di essa San Pier Damiano Hospital spa e, per l effetto, condannare i medesimi alla restituzione in favore della casa di cura delle somme dagli stessi percepite in esecuzione della sentenza di primo grado, oltre accessori, nonché alla rifusione delle spese di lite sostenute da San Pier Damiano Hospital spa in entrambi i gradi del giudizio; in via subordinata, accertare e dichiarare la nullità della sentenza di primo grado per omessa pronuncia sulla domanda di manleva articolata da San Pier Damiano Hospital spa nei confronti della Dott.ssa Viviana Santandrea e, in ogni caso, pronunciarsi sulla domanda medesima condannando il medico all integrale versamento di quanto riconosciuto in favore 2

degli attori a titolo di risarcimento e, per l effetto, alla restituzione delle somme versate dalla casa di cura in esecuzione della sentenza di primo grado per complessivi 163.465,80, con vittoria di spese diritti e onorari di causa per entrambi i gradi di giudizio. In particolare, sul riconoscimento della responsabilità solidale di essa Casa di Cura, pur in presenza di una esclusiva responsabilità del medico curante, nella specie la dott.ssa Santandrea, lamenta l appellante la ritenuta corresponsabilità in solido, in forza sia di asserite violazioni di obbligazioni di natura alberghiera ed assistenziale che relative alla corretta esecuzione delle prestazioni mediche eseguite al suo interno; in particolare, essendo pacifica la natura libero professionale del rapporto tra medico e Casa di Cura, atteso che all epoca la dott.ssa Santandrea si avvaleva della struttura convenuta per lo svolgimento della propria attività in regime liberoprofessionale senza vincoli di vigilanza e di controllo da parte dell ente, che si limitava a mettere a disposizione i locali, le attrezzature e l assistenza necessari per l esecuzione dei trattamenti sanitari. Con il secondo motivo, lamenta la Casa omessa decisione sulla domanda di manleva nei confronti del medico, fondata a prescindere dal riconoscimento di una responsabilità solidale tra medico e Casa di Cura nei confronti del paziente per i fatti oggetto di giudizio, essendo stata dichiarata la totale responsabilità della dott.ssa Santandrea per il parto andato a male. Con il terzo motivo, praticamente anticipatorio del successivo appello incidentale dei genitori, sostiene la Casa di Cura la fondatezza dei criteri adottati dal primo giudice sulla quantificazione del danno morale riconosciuto in favore dei genitori. Si costituivano MARANINI Lara e CANUTI Ilario, dispiegando per l appunto appello incidentale, teso a chiedere, nella forbice tabellare applicata dal Tribunale il riconoscimento di un valore risarcitorio più elevato rispetto a quanto liquidato in prima cura, prossimo al minimo e, dunque, per l effetto, dichiarare tenuti in solido tra loro e quindi condannare la Dott.ssa Viviana Santandrea e la Casa di Cura San Pier Damiano Hospital spa in persona del legale rappresentante pro-tempore, al risarcimento di tutti i danni non patrimoniali diversi dal biologico subiti iure proprio da essi appellati in conseguenza del decesso verificatosi durante il parto e della conseguente mancata nascita della figlia Marta Canuti, in misura di 200.000,00 per ciascuno dei genitori, oltre rivalutazione monetaria ed interessi legali maturati dalla data dell evento lesivo sino al saldo effettivo. Si costituisce la HDI - Gerling Industrie Versicherung AG e, lamentando che la chiamata in causa della stessa è stata effettuata direttamente dagli attori, pur in difetto di 3

legittimazione attiva di questi, come riconosciuto dal Tribunale, pur rinunziando alla doglianza sulla compensazione delle spese, aderisce all impugnazione della Casa di Cura in ordine alla omessa pronunzia di manleva della stessa nei confornti del medico, chiedendo le spese del presente grado a chi per legge. Pure si costituisce la Frapoli Maria, l ostetrica, che, pure assolta dalla domanda attorea, torna ad insistere nel merito sul rigetto integrale delle domande attrici, e per le spese del doppio grado. Si costituiva altresì la Dott. Viviana Santandrea, contestando nel merito l imputazione di responsabilità nei suoi confronti per la nascita del feto già morto e, di converso, anche l eccessità del quantum liquidato, pari a quello per la perdita di un congiunto di età adulta e convivente. L appello della Casa di Cura è parzialmente fondato in punto di domanda di manleva nei suoi confronti da parte del medico ritenuto responsabile. Per giungere a tale affermazione, occorre dispiegare preliminarmente le ragioni che muovono al rigetto delle impugnazioni nel merito in confutazione dei motivi di merito della stessa Casa di Cura, che della dott.ssa Santandrea. Anche alla luce della rilettura dell intera vicenda in questa sede, e dal riesame critico delle valutazioni mediche offerte dal CTU, rimane ragionevolmente provata nel giudizio del più probabile che non la piena e concorrente responsabilità di entrambi i convenuti nella causazione dell evento lesivo, sebbene ricorrono i presupposti tutti per un riparto di quota di responsabilità tra i convenuti soccombenti, alla luce propriamente della domanda di regresso esercitata dalla Casa di Cura. Per quanto riguarda quest ultima, la responsabilità della casa di cura San Pier Damiano Hospital spa in relazione al contratto di spedalità, l interpretazione costituzionalmente orientata dell art. 2059 c.c. ed i criteri, ormai consolidati, da adottarsi in tema di liquidazione del danno non patrimoniale e della sua personalizzazione, impongono di riconoscere la risarcibilità dei danni non patrimoniali anche in materia di responsabilità contrattuale, laddove la prestazione oggetto dell obbligazione sia suscettibile di valutazione economica e corrisponda ad un interesse, anche non patrimoniale, del creditore. Al riguardo, vengono senz altro in considerazione i contratti di protezione, ed a tal riguardo la natura contrattuale o extracontrattuale della responsabilità della struttura sanitaria (sia pubblica che privata) e del medico che, concretamente, con la sua condotta ha provocato lesioni o nei casi più gravi, qualifica la responsabilità della 4

struttura sanitaria come responsabilità contrattuale ex art 1218 c.c. anche dopo l entrata in vigore della legge Balduzzi (a titolo semplificativo Cass. Civ. Sez. III 20.03.2015 n. 5590), fondandosi tale orientamento sulla circostanza per cui l accettazione del paziente nella struttura, sia essa casa di cura privata o ospedale pubblico, ai fini del ricovero o di una visita ambulatoriale, comporta la conclusione di un contratto atipico a prestazioni corrispettive con effetti protettivi nei confronti di terzo: il c.d. contratto di spedalità dal quale sorgono a carico dell ente ospedaliero, accanto agli obblighi primari di prestazione di carattere medicochirurgico, anche quelli accessori quali il mettere a disposizione del paziente personale medico ausiliario, paramedico, medicinali, attrezzature nonché adeguato vitto e alloggio. E come è altresì noto, la responsabilità della struttura ospedaliera, fondata sul contatto sociale qualificato, ha natura contrattuale e ad essa si applicano le ordinarie norme sull inadempimento ex art. 1218 c.c. (ribadito dalla S.C. con la sentenza 03.02.2012 n. 1620, in richiamo dei principi di diritto affermati dalle SS.UU. 577/2008), alla luce della quale, in sostanza, la struttura è essa stessa responsabile dell attività diagnostica e/o curativa riferibile ai singoli operatori. In particolare, la struttura risulta obbligata ad assicurare al paziente un sufficiente grado di organizzazione - da intendersi con riferimento tanto alle apparecchiature utilizzate quanto al personale di cui si avvale, in senso quantitativo e qualitativo - il cui deficit, ove fonte di danno, integra un autonomo ulteriore profilo di responsabilità. Ed affinché possa richiamarsi l art. 1228 c.c., è necessario e sufficiente che il medico operi all interno della struttura, a prescindere dalla sussistenza di un rapporto di lavoro subordinato, data la palese esistenza di un collegamento funzionale tra la prestazione del professionista e le finalità, nonché l organizzazione, della struttura sanitaria medesima. Dunque, in linea di principio, la struttura sanitaria è responsabile solidalmente con il singolo medico per i danni cagionati a terzi (Cass. Civ. sez. III 31.03.2015 n. 6436; Cass. Civ. Sez. III 28.08.2009 n. 18805)e qualora la struttura sanitaria volesse essere dichiarata esente da tale responsabilità, dovrà dimostrare di aver predisposto in maniera eccellente e tempestiva tutti i servizi richiestile, e di essersi avvalsa di personale idoneo e competente: ciò che purtroppo non si è verificato nel caso concreto. Con riferimento alla ripartizione dell onere della prova, una volta riconosciuta l esistenza del contratto di spedalità tra il paziente e la struttura, il paziente danneggiato potrà limitarsi a provare l esistenza del 5

contratto o del contatto sociale e l insorgenza o l aggravamento della patologia ed allegare l inadempimento del debitore, astrattamente idoneo a provocare il danno lamentato; rimanendo a carico del debitore dimostrare o che tale inadempimento non vi è stato ovvero che, pur esistendo, esso non è stato eziologicamente rilevante. Il tutto e ciò rileva precipuamente nel caso di specieindipendentemente dal rapporto, fiduciario o no, esistente tra il paziente e il medico che concretamente abbia posto in essere l attività diagnostico-terapeutica. Nel caso concreto, gli attori avevano l onere, pienamente assolto di allegare e quindi di provare il rapporto contrattuale con le parti convenute e le conseguenze dannose derivate dalla condotta attuativa del rapporto medesimo, laddove l allegazione della colposità di tale condotta poteva essere anche generica, in considerazione del suo carattere presuntivo ex art. 1218 c.c. (Cass. Civ. Sez. III 26.06.2007 n. 14759). In applicazione poi del principio di vicinanza della prova, l ente ospedaliero - che risponde contrattualmente dei fatti illeciti e dolosi dei medici operanti nella struttura ai sensi dell art. 1228 c.c. - è tenuto a fornire la prova dell assenza di colpa nell operato del medico, intesa questa non come prova negativa bensì come dimostrazione del fatto che la prestazione è stata eseguita in maniera diligente in conformità delle regole dell arte. Posto che, nel caso di ricovero in struttura sanitaria privata, il contratto intercorre spesso direttamente tra il paziente ed il singolo professionista, il contatto con la struttura ospitante varrà a produrre concorrente (ancorché autonoma) responsabilità della medesima, con ogni conseguenza sia sul piano contrattuale sia sul piano aquiliano. Ne consegue, tra l altro, che qualora la negligenza medica assuma rilievo oltre che sul piano negoziale quale fonte concorrente di illecito aquiliano produttivo di danno ingiusto, la clinica privata potrà essere responsabilizzata anche ai sensi dell art. 2049 c.c. per l operato dei singoli professionisti che svolgano al suo interno attività anche occasionale. Sotto tale profilo, comunque contestato dalla Casa di Cura, il rapporto di preposizione necessario perché sia invocabile la responsabilità vicaria di cui all art. 2049 c.c., infatti, non richiede l esistenza di un rapporto di lavoro subordinato, essendo sufficiente una collaborazione anche occasionale dell operatore sanitario con la struttura: ciò che risulta configurabile pressoché nella totalità dei casi in cui il medico libero professionista si appoggia alla stessa facendovi ricoverare il paziente o comunque fruendo delle sue infrastrutture diagnostiche, mediche e chirurgiche, laddove, nel caso di specie, va altresì 6

evidenziato come il medico libero professionista era inserito nell organico del reparto di Ostetricia come assistente medico aggiunto e indirizzava tutte le proprie pazienti alla casa di cura privata, unica struttura in cui avrebbe potuto assisterle di persona nel corso della gravidanza e durante il parto. In definitiva, nel giudizio di primo grado, è emersa, seppure delineata in maniera estremamente succinta, l esistenza di precisi profili di responsabilità in capo alla Casa di cura, anche in ragione dell evidente nesso di causalità tra l inadeguatezza della sua struttura sanitaria e l evento dannoso oggetto del procedimento, avendo l ente ospedaliero omesso di predisporre l assistenza di un pediatra neonatologo al parto della Maranini; di adottare tutti i possibili strumenti sanitari sostitutivi del reparto di terapia intensiva e rianimazione, non presente in situ; di allestire la sala operatoria in tempi congrui per eseguire un parto cesareo; di attivare preventivamente il personale atto a praticare l eventuale rianimazione della neonata. E tali prestazioni contrattuali, lungi dall esser mere affermazioni di principio, sono tutti presupposti che, proprio a giudizio del C.T.U., avrebbero potuto verosimilmente migliorare significativamente le possibilità di sopravvivenza del feto. Sul punto, vanno riprese anche le dichiarazioni rese dal Dottor Lamio responsabile del reparto ostetrico-ginecologico della struttura anche all epoca dei fatti portati in causa al C.T.U. e da questi riportate nella propria relazione, relativamente alle modalità ed ai tempi di predisposizione della sala operatoria e dell assistenza anestesiologica in tempi congrui per eseguire un eventuale parto cesareo. E pacifico, al riguardo, che gli specifici provvedimenti terapeutici atti a ripristinare una normale ventilazione nel neonato asfittico - intubazione tracheale, tracheotomia, respirazione artificiale - debbano essere precoci (entro i primi 4 minuti dalla nascita ) e adatti: nel caso di specie, Marta fu soccorsa con manovre di massaggio toracico e con somministrazione di ossigeno per via nasale con un tubino (vedasi prove testimoniali in data 10.12.03 ed interrogatori formali in data 16.04.04) praticate per impeto da personale non abilitato e non addestrato alla rianimazione neonatale. Nel caso di specie, sia l assenza del medico specialista pediatra nel contesto di parto sia la mancanza di un reparto di terapia intensiva e rianimazione in situ sono state pacificamente ammesse dal San Pier Damiano Hospital spa nella comparsa di costituzione nel giudizio di primo grado) imponeva ai responsabili dell ente di informare la paziente del maggior rischio connesso ad un parto che si fosse svolto senza l ausilio dei suddetti strumenti sanitari e, nel caso di intervenuta emergenza terapeutica, di adottare tutti 7

i possibili strumenti sanitari sostitutivi, per l appunto predisponendo la sala operatoria in tempi congrui per eseguire un parto cesareo e/o attivando preventivamente il personale idoneo a praticare l eventuale rianimazione della neonata. Tutto ciò riesaminato, alla luce dell esito complessivo della vicenda, ed in relazione ad una configurazione di responsabilità che rimane sostanzialmente ascrivibile alla imperizia del medico, la sfera concreta di responsabilità della struttura, può esser ragionevolmente apprezzata nell ordine del 30%. E va affermata la legittimazione della domanda di manleva dell appellante, essendo stata questa consacrata nelle conclusioni rassegnate in primo grado. Rimane così prevalente la quota di responsabilità della Dott.ssa Santandrea, quale medico inserito nella struttura sanitaria, con ciò rigettandosi l impugnazione, da qualificare propriamente sostanzialmente incidentale parziale da parte della appellata. Va osservato che gli attori hanno agito direttamente anche nei confronti del medico specialista, sulla scorta del principio per il quale esistono relazioni qualificate, come quella tra sanitario e paziente, che in quanto tali comportano determinati obblighi di protezione, nonché di condotta (v. nota Corte di Cassazione sentenza n. 589/1999). Tali obblighi, anche se non scaturenti da un contratto, sono tali da far sorgere, nel momento in cui il paziente si reca in ospedale e il medico lo prende in cura, una sorta di obbligazione senza prestazione che trova la sua fonte nel c.d. contatto sociale qualificato, sotto il profilo che riconosce e garantisce tutela, oltre che al paziente, a soggetti terzi ai quali si estendono gli effetti protettivi del contratto (Cass. Civ. Sez. III 28.05.2004 n. 10297) in forza del quale la violazione di tali obblighi non può essere sanzionata come lesione del principio del neminem laedere ex art. 2043 c.c., costituiendo essa inadempimento di obblighi nascenti da relazioni qualificate preesistenti, e comporta a carico del professionista medico sanitario una responsabilità contrattuale ex art. 1218 c.c.. La professionalità del medico, oltre a fonte di affidamento per il paziente, divenne fonte di obbligazione, a prescindere dunque dall'esistenza di un contratto d'opera professionale, sicchè il rapporto di mero fatto che traeva origine dal contatto sociale era da ritenersi idoneo a produrre obbligazioni coincidenti con quelle di un comune contratto d'opera professionale, ovvero nel caso del medico, la prestazione doveva rispondere a specifiche competenze tecniche e connotate da diligenza, perizia e professionalità. 8

Dunque, sotto il sopravisto profilo probatorio, ricondotta la fattispecie nell ambito della responsabilità contrattuale ex art. 1218 c.c., il creditore (paziente) deve limitarsi a provare il contratto o contatto sociale, allegando il solo inadempimento del sanitario astrattamente idoneo a provocare il danno lamentato, restando a carico del debitore (medico) l'onere di provare di aver tenuto un comportamento diligente (v. ulteriormente SS.UU. sent. n. 577/2008) Nel merito, sulla posizione del medico, non può che confermarsi la ragionevolezza dell esito del giudizio di primo grado che ha accertato la responsabilità per colpa professionale della Dott.ssa Santandrea nella causazione dell evento infausto. La gravata decisione ha accertato che la Dott.ssa Santandrea è stata responsabile terapeutica unica della gestazione e del travaglio di parto della Maranini, anche quando si avvalse di altri operatori sanitari per l esecuzione di esami ed anche nel corso del ricovero della gestante presso la casa di cura - ove, pur essendo chirurgo libero professionista, era inserita nell organico del reparto di Ostetricia come assistente medico aggiunto - proprio in considerazione del ruolo di primazia rivestito nell assistere la paziente durante il travaglio ed il parto, ruolo che le derivava dal pregresso rapporto contrattuale costituitosi con la gestante fin dall inizio della gestazione, allorché era stato conferito ed accettato l incarico di medico di fiducia specialista in ostetricia e ginecologia. Dall esame della documentazione medico-sanitaria in atti e la relazione del C.T.U., non possono che confermarsi le carenze evidenziate nel corso della gravidanza (è bene riportare testualmente le indagini ecografiche eseguite alla 7, 21, 29, 33, 38 e 40 settimana di gravidanza sono documentate attraverso una refertazione che, valutata secondo i canoni raccomandati dalla SIEOG risulta incompleta: in particolare, nel referto del 06.04.98 non compare il valore della CC (circonferenza cefalica); in quello del 14.05.98 non compaiono i valori relativi alla CC, alla CA (circonferenza addominale) ed al femore; in quello del 26.05.98 mancano i valori del DPB (diametro biparietale), della CC, della CA e del femore; alla 29 settimana di gravidanza (09.03.98), a fronte del rilevamento ecografico di una CA con valori corrispondenti al 5 percentile, senz altro indicativi di un ritardo di crescita fetale, non è stato disposto un approfondimento diagnostico del benessere fetale mediante velocimetria Doppler, tecnica non invasiva e ripetibile - all epoca dei fatti pacificamente disponibile - in grado di monitorare in vivo l emodinamica dell unità materno-fetale attraverso l indagine della circolazione utero-placentare, fetoplacentare e fetale: le alterazioni emodinamiche che coinvolgono questi distretti possono indurre sofferenza fetale cronica; alla 33 settimana di gravidanza (06.04.98) a fronte del valore della CA ancora di poco superiore al 5 9

percentile, di nuovo si è omesso di eseguire velocimetria Doppler che avrebbe consentito di acquisire maggiori elementi di giudizio in merito alla supponibile ritardata crescita fetale, da rapportarsi ad una sofferenza fetale cronica). Con riferimento alla fase di travaglio di parto, è bene ancora riportare testualmente come il monitoraggio cardiotocografico è stato condotto, tra le ore 22,10 del 29.05.98 e le ore 01,18 del 30.05.98 soltanto per circa 60 minuti complessivi, suddivisi in sei spezzoni di registrazione inferiori ai 15 e quindi troppo brevi per una corretta valutazione del benessere fetale; i tracciati cardiotocografici risultano in larga parte privi della fondamentale registrazione tocografica, venendo così a mancare la possibilità di correlare l attività cardiaca del feto con la registrazione delle contrazioni uetrine. Nelle registrazioni disponibili si sono riscontrate comunque importanti alterazioni di quella che può definirsi la normalità, in particolare con variabilità e decelerazioni del tracciato cardiografico altamente induttive per una sofferenza ipossica del feto; a fronte degli evidenti segni di allarme per il benessere fetale, evidenziati dalle alterazioni della FCF (frequenza cardiaca fetale) nel senso di una successione ininterrotta di decelerazioni variabili, il monitoraggio cardiotocografico è stato sospeso alle ore 01,18 del 30.05.98 nel corso dell ultima parte della fase dilatante del travaglio, e per la successiva ora e mezzo - fino al parto - il controllo del benessere fetale è stato affidato all auscultazione della FCF tramite stetoscopio. Il parto della Maranini si è realizzato alle ore 02,50 del 30.05.98 senza che fosse stato preventivamente attivato il personale atto a praticare l eventuale rianimazione della neonata, la quale ha ricevuto le prime manovre rianimatorie soltanto alle ore 03,05 ad opera della pediatra convocata telefonicamente dopo la nascita; parimenti, non fu presa in esame la possibilità di accelerare e risolvere il parto in sede chirurgica, attuando parto cesareo d elezione, per cui era disponibile il tempo necessario; I successivi immediati dati clinici (il peso di gr. 2640 del feto di sesso femminile nato morto alla 40 settimana di gravidanza si colloca al di sotto del 5 percentile ed è pertanto indicativo di un marcato ritardo di crescita; le risultanze dell esame autoptico rendono la causa della morte compatibile con asfissia neonatale e indicano, senza ombra di dubbio, che da un punto di vista patogenetico l asfissia fetale è il risultato di una riduzione acuta del flusso ematico dei vasi ombelicali da compressione funicolare (la bambina presentava un giro di funicolo intorno al collo) in un feto già segnato da un alterazione della funzione respiratoria placentare, instauratasi cronicamente nel corso della gravidanza. 10

Alla luce di tali dati, riportati testualmente dalla CTU, è ragionevole confermare che la responsabilità della Dott.ssa Santandrea è da ricondursi anche ad una fase precedente quella del travaglio e del parto, quando - pur disponendo di esiti ecografici adeguati a far dubitare che il decorso della gestante fosse regolare e rispettoso di ogni parametro - colposamente non pose la diagnosi prenatale di ritardato accrescimento fetale, non avendo correttamente valutato il significato clinico dell alterato valore della misura della CA che, risultando al 5 percentile, era indicativo di sospetto iposviluppo fetale e di sospetta sofferenza cronica fetale, condizioni che avrebbero senz altro aumentato il rischio connesso al parto ed avrebbero imposto un approfondimento diagnostico tramite ripetute e mirate misurazioni ecografiche integrate da valutazioni flussimetriche. La condotta del medico si è rivelata non conforme ai doverosi criteri di diligenza, perizia e prudenza anche nell assistenza al travaglio di parto allorchè il medico, oltre ad eseguire non correttamente la tecnica cardiotocografica, così precludendo la possibilità di correlare l attività cardiaca del feto con la registrazione delle contrazioni uterine, ha erroneamente interpretato il tracciato CTG stesso, che dall ora di inizio all ora in cui è stato sospeso, è contraddistinto da ripetute decelerazioni variabili significative di un allarme sempre più pressante per il benessere fetale; che a causa dell erronea interpretazione del tracciato cardiotocografico, la Dott.ssa Santandrea ha omesso di proseguire il monitoraggio CTG che avrebbe permesso il tempestivo riconoscimento della sofferenza fetale, fornendo l indicazione per una altrettanto tempestiva anticipazione del parto con recupero di un neonato vivo e vitale, se poi assistito da un idonea rianimazione neonatale. La condotta del medico, inoltre, manifesta censura anche in relazione all imperizia, alla negligenza, all imprudenza manifestata nell affidare il controllo del benessere fetale, per oltre un ora e mezzo della fase dilatante ed espulsiva del travaglio, alla mera auscultazione della FCF tramite stetoscopio ostetrico - pur in presenza di monitoraggi che, pure nella loro insoddisfacente qualità, mostravano preoccupanti segnali di sofferenza fetale ipossica. La diversa, prudente, perita e diligente condotta sanitaria del medico, tenuta sia nel corso della gravidanza sia durante la fase del travaglio e del parto, avrebbe verosimilmente prodotto conseguenze diverse da quelle in concreto verificatesi laddove, in particolare, un corretto e tempestivo intervento sulla gestante affinchè fosse sottoposta al taglio cesareo d elezione, avrebbe consentito di abbreviare i tempi del parto ed avrebbe significativamente migliorato la possibilità di sopravvivenza della nascitura. 11

Al riguardo, le risultanze probatorie del giudizio di primo grado e le indicazioni del CTU hanno accertato che un corretto intervento della Dott.ssa Santandrea (in particolare la corretta esecuzione ed interpretazione dei tracciati CTG nonché l attuazione di parto cesareo d elezione, probabilmente risolutivo della condizione di ipossia creatasi durante il travaglio di parto) avrebbero consentito con alta probabilità la nascita di una bambina viva e vitale, sicchè è pertanto da ritenersi provata la sussistenza di un nesso eziologico nell ambito della responsabilità colposa medica tra l omesso/intempestivo intervento terapeutico-chirurgico della Dott.ssa Santandrea e l evento lesivo, di cui la condotta del sanitario costituisce condicio sine qua non. In tema di responsabilità per colpa professionale del medico, per la giurisprudenza di legittimità il rapporto di causalità sussiste anche quando l opera del sanitario, se correttamente e tempestivamente intervenuta, avrebbe avuto non già la certezza bensì soltanto serie ed apprezzabili possibilità di successo, nell ipotesi di specie, tali da salvare, con probabilità, la vita della nascitura, rifacendosi sul punto al noto orientamento dalla sentenza delle SS.UU. Penali della Cassazione n. 30328/02 (c.d. sentenza Franzese). Di conseguenza, il giudizio controfattuale deve essere condotto sulla base di regole di esperienza o di leggi scientifiche - universali o statistiche - in modo che un antecedente logico-fattuale (la condotta esaminata) possa essere assunto come condizione necessaria dell evento solo se, in ordine a tali regole o a tali leggi, esso sia riconducibile al catalogo degli antecedenti logico-fattuali idonei a produrre l evento concretamente verificatosi. Tutto ciò sopra detto, va accolta la domanda di regresso formulata dalla struttura nei confronti della dott.ssa Santandrea, nei limiti del 70% in termini di restituzione di quanto già versato in favore degli appellati. Invero, per quanto riguarda la concreta quantificazione, va respinto l appello incidentale degli appellati, teso ad un ulteriore rivalutazione incrementale di quanto determinato e liquidato in primo giudizio, a prescindere dalla eccezione di inammissibilità del motivo incidentale proposto ed avanzata dalla Compagnia assicurativa, comunque infondato, per esser stati rispettati i termini di legge. Il Giudice di primo grado ha liquidato in favore dei Canuti a titolo di danno morale iure proprio la complessiva somma di 230.000,00, ovvero 115.000,00 ciascuno, assumendo come base di calcolo il danno non patrimoniale riconoscibile secondo i criteri di liquidazione delle tabelle del Tribunale di Milano che prevedono, per ciascun genitore e in ipotesi di morte del figlio, parametri compresi tra 103.632,00 ed 207.264,00. 12

Se rispetto all individuazione delle voci di danno risarcibile, con esclusione del danno biologico iure proprio e del danno morale iure hereditatis, la sentenza di primo grado non è contestata, il criterio assunto dal Tribunale appare equilibrato, laddove assume a parametri di liquidazione del danno morale iure proprio i criteri di determinazione del danno da perdita di un rapporto parentale venuto ad esistenza e comunque sviluppatosi per un tempo brevissimo o praticamente nullo, vista la nascita del feto morto e, dunque, correttamente con un orientamento nella forbice milanese, praticamente prossimo al minimo, e non al massimo, contrariamente a quanto sostenuto dalla difesa della Casa di cura, come chiaramente leggibile nel dispositivo. Infine, nessun argomento particolare circa la posizione della FRAPOLI Maria, se non per stigmatizzare l assoluta mancanza di interesse a costituirsi in questo giudizio, atteso che nessuna parte ha mosso contestazioni in ordine al rigetto di ogni domanda risarcitoria nei suoi confronti; e, comunque, in quanto la FRAPOLI ha ritenuto di rassegnare nuovamente le conclusioni già prese in primo grado, insistendo ad adiuvandum- per la assoluzione da ogni responsabilità del medico, tale assunta posizione processuale e l esito del giudizio la trascinano nel giudizio di soccombenza finale, con le relative coseguenze in ordine alle spese processuali. La Compagnia HDI segue l esito vittorioso del giudizio nei confronti della Casa di Cura, atteso che l unica asserzione difensiva mossa concerne l omissione della decisione sulla domanda di manleva. Le spese del presente grado di giudizio seguono la soccombenza, come in dispositivo. P. Q. M. la Corte di Appello di Bologna, definitivamente pronunziando sull appello proposto, così decide: A)accoglie parziamente l appello proposto dalla Casa di Cura San Pier Damiano Hospital Spa e, per l effetto, in riforma parziale dell impugnata sentenza, condanna la dott.ssa Viviana Santandrea alla restituzione in suo favore di quanto eventualmente versato in favore degli attori, sino alla concorrenza del 70% della somma di cui in dispositivo della sentenza impugnata, ovvero 114.426,06; rigettando per il resto la proposta impugnazione nei confronti degli appellati MARANINI e CANUTI; B)rigetta i motivi incidentali proposti dalla SANTANDREA e dalla FRAPOLI; B)condanna l appellata SANTANDREA al rimborso delle spese in del presente grado di giudizio nei confronti della appellante Casa di Cura e della Compagnia HDI, che liquida in complessivi 4.950,00, oltre Iva e Cap ed accessori come per legge, compensate della metà, ed a loro volta l appellante, la HDI, la SANTENDREA e la FRAPOLI nei confronti degli appellati MARANINI e CANUTI che liquida in complessivi 5.250,00 oltre Iva e Cap ed accessori come per 13

legge, compensate della metà per via del rigetto dell appello incidentale. Così deciso in Bologna il 8/11/16 IL CONSIGLIERE rel. ed est. (Giampiero M. Fiore) 14 IL PRESIDENTE (Roberto APONTE)