Nuova edizione del Codice di autodisciplina delle società quotate



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Società quotate Nuova edizione del Codice di autodisciplina delle società quotate di Marco Baglioni e Chiara Presciani Il Codice di autodisciplina delle società quotate, promosso da Borsa Italiana, è stato oggetto nel dicembre 2011 di una revisione ispirata alla duplice esigenza di aggiornamento e di semplificazione di tale documento, in considerazione sia delle modifiche normative e regolamentari intervenute successivamente alla sua ultima edizione (2006), sia della necessità di raccomandare alle società italiane quotate in borsa di allinearsi alle migliori prassi di mercato delineatesi, anche all estero, nello stesso periodo. Questo commento si propone di segnalare le principali novità del nuovo Codice, inquadrandole nel contesto dello stesso Codice e della normativa di riferimento. Da tale esame risulta evidente il tentativo - realizzato in più punti e sicuramente apprezzabile - di rafforzare e rendere più incisive le indicazione di buon governo societario soprattutto per quanto riguarda la definizione del ruolo del consiglio di amministrazione e del sistema dei controlli interni (anche se la razionalizzazione dei controlli è un tema, da tempo ormai oggetto di riflessione, che necessiterà un intervento di più ampia portata). Introduzione: le novità introdotte nel Codice nel dicembre 2011 e l adeguamento dei sistemi di governo societario Il Comitato per la Corporate Governance (1) (nel seguito il Comitato ) nel dicembre 2011 ha presentato una nuova edizione del Codice di autodisciplina delle società quotate (il Codice ). La precedente versione del documento, risalente al 2006 (2), aveva già subito alcune innovazioni nel 2010, ma solo sul tema delle remunerazioni degli amministratori. Con l intervento del 2011, invece, il Codice è stato globalmente revisionato ed aggiornato tramite l introduzione di alcune significative novità, l eliminazione di alcune parti e la modifica di altre. È opportuno premettere che il Codice è un documento privato di autodisciplina: esso infatti sintetizza (in questo senso, codifica ) e raccomanda una serie coordinata di principi e comportamenti di best practice in materia di buon governo societario, in linea con le migliori esperienze dei mercati internazionali (3). Si tratta dunque di un insieme di regole di soft law che non si impongono in modo cogente ai loro destinatari (le società italiane con azioni quotate in borsa) ma presuppongono che tali soggetti vi aderiscano volontariamente (4). Le società sono invitate ad applicare le raccomandazioni del Codice sulla base del criterio comply or explain, cioè dell onere di informare il mercato dell eventuale non recepimento del Codice. A ciò si aggiunga che, nel caso in cui la società abbia dichiarato di (1) Il Comitato, promosso da Borsa Italiana, ABI, ANIA, Assonime, Assogestioni e Confindustria, è composto da ventiquattro autorevoli esponenti del mondo sia finanziario che produttivo italiano e viene nominato per un triennio, durante il quale in via permanente monitora lo stato di applicazione del Codice e ne cura le opportune revisioni. (2) Sul Codice del 2006 v. Baglioni - Grasso, Nuovo codice di autodisciplina delle società quotate, in questa Rivista, 2006, 1061. (3) Il Codice è strutturato in dieci articoli, ciascuno suddiviso in principi ( Principi ), criteri applicativi ( Criteri ) e commenti ( Commenti ). I Criteri indicano i comportamenti raccomandati alle società, in quanto «tipicamente necessari per realizzare gli obiettivi indicati nei Principi»; i Commenti hanno finalità sia di chiarimento sia di indicazione di ulteriori modalità virtuose delle condotte raccomandate. (4) Di fatto, le società quotate italiane hanno aderito formalmente al Codice a larghissima maggioranza (95 %), come risulta, con riferimento al periodo 2010/2011 e al Codice edizione 2006, dall indagine di Assonime, La Corporate Governace in Italia: autodisciplina e operazioni con parti correlate, innote e Studi, febbraio 2012, 9. 918 Le Società 8-9/2012

aderire al Codice, esiste in capo agli amministratori l obbligo normativo di motivare (5), nella Relazione annuale sul governo societario, eventuali scostamenti rispetto alle raccomandazioni in esso contenute (art. 123 bis, comma 2, lett. a, TUF) (6). Il dichiarato duplice fine delle revisioni apportate dal Comitato è stato quello di semplificare e di aggiornare il documento, nell intento anzitutto di «eliminare talune sovrapposizioni con la legge». Dal 2006 in poi, infatti, sono state introdotte significative novità legislative e regolamentari in materia societaria, che, recependo talune raccomandazioni già contenute nel Codice, hanno reso superflue alcune parti del medesimo (7). Si pensi ad esempio alle materie del voto lista per la nomina degli amministratori e dei sindaci, o delle operazioni con parti correlate (8). Alcune semplificazioni, invece, rispondono allo scopo di rendere più agevole l accesso e la permanenza al listino di borsa soprattutto alle società di piccole/medie dimensioni, ove possibile e comunque in applicazione del criterio della prevalenza della sostanza sulla forma (si pensi alla facoltà di evitare l istituzione dei comitati, alle condizioni di cui all art. 4 del nuovo Codice). Le società quotate dovranno quest anno riesaminare i propri sistemi di governo societario e compiere le scelte di comply or explain, in quanto il Codice le invita ad applicare le nuove raccomandazioni entro la fine dell esercizio che inizia nel 2012, dando la relativa informazione al mercato con la Relazione sul governo societario da pubblicarsi nell esercizio successivo. L unica eccezione riguarda le modifiche in tema di composizione del consiglio di amministrazione o dei comitati, per la cui recezione è consentito un periodo transitorio più lungo, a decorrere dal primo rinnovo del consiglio successivo alla fine dell esercizio iniziato nel 2011. Il ruolo e il funzionamento del consiglio di amministrazione Per quanto concerne il ruolo del consiglio, le novità principali del Codice aggiornato consistono: i) nell introduzione del nuovo compito di definire «la natura e il livello di rischio compatibile con gli obiettivi strategici» (Criterio 1.C.1. lett. b); ii) nel rafforzamento dell autovalutazione che il consiglio è chiamato annualmente a svolgere (Criterio 1.C.1., lett. g); iii) nella specificazione delle funzioni del presidente in tema di circolazione delle informazioni (Criteri 1.C.5 e 1.C.6). L art. 1 del Codice, in via di principio, conferma la funzione del consiglio quale organo guida dell ente che persegue prioritariamente l obiettivo della creazione di valore per gli azionisti, ma si precisa - ora direttamente al Principio 1.P.2 e non più solo nel commento - «in un orizzonte di medio-lungo periodo», senza quindi dover ricercare il risultato positivo nel breve periodo. L intento è di sfavorire una gestione che massimizzi il valore delle azioni nel breve periodo rischiando di compromettere i risultati della società nel medio-lungo termine. A livello di criteri applicativi, il Codice, prima come ora, riprende e integra la disciplina prevista dall art. 2381 c.c. Il Comitato, infatti, conferma in linea generale il ruolo del consiglio quale organo di alta amministrazione (9) e supervisore dell operato degli amministratori delegati (10). In particolare, auspica che esso tenga monitorato lo stato di attua- (5) In merito v. l interpretazione dell art. 123 bis sostenuta da Caterino, Autodisciplina societaria e doveri del collegio sindacale, inbanca e borsa, 2008, I, 473 s., in base alla quale l obbligo di motivazione non sussiste là dove la società non abbia aderito al Codice, essendo in tal caso sufficiente l informativa del mancato recepimento (senza l indicazione delle ragioni di tale scelta). (6) La sanzione per la mancata adozione dal Codice è quindi di tipo essenzialmente reputazionale, cioè risiede nel possibile giudizio negativo sul governo della società da parte del mercato finanziario. Tuttavia, ricordiamo che l art. 192 bis TUF prevede una sanzione amministrativa in capo agli amministratori nel caso in cui essi violino l obbligo di motivazione ex art. 123 bis, comma 2, lett. a), citato nel testo. A questo proposito v. anche il Regolamento Consob 11971/1999 ( Regolamento Emittenti ), art. 89 bis, sulle modalità di pubblicazione delle predette informazioni, e art. 89 ter, sulla pubblicità dei codici di comportamento. Con riferimento alla Relazione sul governo societario, si veda il relativo Format, III edizione, pubblicato da Borsa Italiana sul proprio sito web nel febbraio 2012. (7) Sulla capacità dell autodisciplina di condizionare l eterodisciplina v. Stella Richter jr., Il nuovo codice di autodisciplina delle società quotate e le novità legislative in materia di autoregolamentazione, inriv. dir. comm., 2007, I, 150 ss. (8) Tali materie sono ora disciplinate, per quanto riguarda il voto di lista, dagli artt. 147 ter e 148, comma 2, TUF e art. 144 quater e seguenti Regolamento Emittenti di Consob. Con riferimento alle operazioni con parti correlate, v., oltre all art. 2391 bis c.c., il Regolamento adottato con la delibera Consob 17221/2010, sul quale, Baglioni - Grasso, Parti correlate: l attività di predisposizione delle nuove procedure interne, in questa Rivista, 2010, 727. (9) Già prima dell intervento del 2011 all art. 1.comma 1, lett. a) si leggeva che il consiglio «esamina e approva i piani strategici, industriali e finanziari dell emittente e del gruppo di cui esso sia a capo... e alla lettera f) esamina e approva preventivamente le operazioni dell emittente e delle sue controllate, quando tali operazioni abbiano un significativo rilievo strategico, economico, patrimoniale o finanziario per l emittente stesso...». (10) Invariata risulta essere la lett. e) dell art. 1.C.1 in base alla quale il consiglio «valuta il generale andamento della gestione, tenendo in considerazione, in particolare, le informazione ricevuto dagli organi delegati, nonché confrontando, periodicamente i risultati conseguiti con quelli programmati». Le Società 8-9/2012 919

zione dei piani strategici industriali e finanziari approvati dallo stesso consiglio (Criterio 1.C.1. lett. a). In tale duplice funzione si inquadra innanzi tutto il suo nuovo compito di definire «la natura e il livello di rischio compatibile con gli obiettivi strategici» (11) (art. 1.C.1. lett. b). Al consiglio è quindi richiesto di individuare i criteri in base ai quali la società potrà assumere rischi, che siano sostenibili dal punto di vista strategico; a tali criteri gli amministratori delegati dovranno attenersi nelle loro scelte operative, evitando di compiere atti che comportino rischi eccessivi rispetto al livello stabilito dal consiglio. È inoltre chiaro che nella generale funzione di vigilanza sullo stato di attuazione degli obiettivi ricadrà anche lo specifico compito del consiglio di controllare il rispetto di tale criterio da parte dei delegati. Considerando il ruolo cardine ricoperto dal consiglio nella vita della società, si comprende meglio anche come mai il Comitato si sia preoccupato di rafforzare e precisare l auto-valutazione che il consiglio è annualmente chiamato a redigere sul «funzionamento del consiglio stesso e dei suoi comitati nonché sulla loro dimensione e composizione» (Criterio 1.C.1, lett. g). Scopo dell autovalutazione è verificare, da un lato, che in consiglio siedano membri con adeguate competenze professionali e manageriali in relazione all attività svolta dalla società, dall altro che le componenti esecutiva, non-esecutiva e indipendente siano presenti in modo equilibrato. A tal fine, oggi si prevede espressamente la possibilità di redigere l autovalutazione con l ausilio di consulenti esterni, puntualizzando però che nella Relazione sul governo societario si dovrà dar conto di eventuali ulteriori servizi che detti consulenti hanno fornito alla società (Criterio 1.C.1, lett. h). Nel nuovo testo si enfatizza l importanza dell autovalutazione soprattutto in sede di nomina. In questa circostanza viene, infatti, chiesto al consiglio di esprimere all assemblea «orientamenti sulle figure professionali la cui presenza in consiglio sia ritenuta opportuna» (art. 1, C.1, lett. h), all evidente fine di permettere agli azionisti di esercitare in modo maggiormente consapevole il loro potere di nomina. È da notare che delle modalità con cui è stata effettuata l anzidetta autovalutazione dovrà essere data informazione al mercato nella Relazione sul governo societario. Nella stessa Relazione il consiglio è tenuto a dare le necessarie indicazioni sulla propria composizione, nonché sulla qualifica (esecutivo, non esecutivo, indipendente), il ruolo nel consiglio (es. presidente), anzianità e caratteristiche professionali di ciascun suo componente. Per quanto riguarda l ultimo gruppo d innovazioni in tema di funzionamento del consiglio, merita di esser sottolineata l introduzione dei Criteri applicativi 5 e 6 dell articolo 1 riguardanti il compito del presidente di garantire che: «gli amministratori agiscono e deliberano con cognizione di causa» (Principio 1.P.2). Già a livello normativo l art. 2381, comma 6, c.c., impone agli amministratori il dovere di agire informati, considerandolo un paradigma di comportamento del buon amministratore e, correlativamente, il comma 1 del medesimo articolo prevede che sia il presidente a provvedere «affinché adeguate informazioni sulle materie iscritte all ordine del giorno vengano fornite a tutti i consiglieri». Nel Codice si specifica (non più solo nel Commento) che la documentazione relativa agli argomenti all ordine del giorno è resa nota agli amministratori e sindaci «con congruo anticipo rispetto alla data della riunione consiliare» (12), da parte del presidente, al quale viene riconosciuta la possibilità di avvalersi a tale scopo dell ausilio del segretario del consiglio di amministrazione. Nella Relazione sul governo societario si dovrà dare conto se la tempestività e la completezza dell informativa pre-consiliare siano state rispettate nell esercizio considerato. Si tratta di un comportamento raccomandato che è, a nostro avviso, fondamentale, nella prassi concreta di funzionamento del consiglio: troppo spesso, infatti, l informazione e la documentazione pertinente viene invece fornita agli amministratori (soprattutto, non esecutivi) poco prima della riunione, se non in sede della riunione stessa, compromettendo così gravemente il libero apprezzamento e l autonomia di giudizio dell amministratore in sede di deliberazione. Se non previamente informato sugli elementi alla base della delibera (si pensi, ad es. alla decisione di procedere a (11) Ricordiamo che al controllo dei profili di rischio viene dedicato dal nuovo Codice uno speciale rilievo in più punti, tra i quali spicca un insieme integrato di raccomandazioni all art. 7 («Sistema di controllo interno e di gestione dei rischi»). (12) In realtà già sulla base della norma di legge si può concludere che il presidente debba fornire le informazioni con l anticipo necessario a garantire che gli amministratori ne prendano visione. In tal senso De Nicola, Sub art. 2381, in Ghezzi (a cura di), Amministratori, in Marchetti - Bianchi - Ghezzi - Notari (diretto da), Commentario alla riforma delle società, 114, ritiene che l informazione per potersi qualificare come adeguata ex art. 2381, deve essere messa a disposizione degli amministrazioni in tempo necessario per essere compresa. 920 Le Società 8-9/2012

un acquisizione o ad altra operazione straordinaria), è infatti probabile che l amministratore resti influenzato, sulla scelta gestionale da assumere, da parte dell amministratore delegato o del presidente (che normalmente presentano l operazione). D altra parte, la congruità dell anticipo dell informazione dovrà essere opportunamente flessibile in funzione delle ragioni di urgenza dell operazione all esame del consiglio; quanto all esigenza di riservatezza, dovrà invece essere tutelata con appositi presidi e procedure. Nella stessa direzione è il nuovo Criterio 1.C.6, che contempla la possibilità che, anche su richiesta di uno o più amministratori, i dirigenti responsabili delle diverse funzioni aziendali intervengano alle riunioni del consiglio per fornire gli opportuni approfondimenti su un tema (anche) di loro competenza. Il nuovo Codice tende quindi a favorire una discussione effettiva in consiglio, con il contributo di tutti i consiglieri, che richiederà il tempo necessario e l idonea informazione pre-consiliare. Essendo il presidente l organo chiamato a dirigere la discussione, su di lui grava il compito di garantire che ai diversi punti all ordine del giorno venga prestata l attenzione necessaria dagli amministratori, in condizioni di adeguata consapevolezza e autonomia di giudizio. In tema di circolazione delle informazioni è da segnalare che nel testo aggiornato del Codice è stato soppresso l (ex) art. 4, che era specificamente dedicato al rispetto della procedura per la gestione interna e esterna delle informazioni societarie. Nonostante tale eliminazione resta comunque la raccomandazione (Criterio 1.C.1. lett. j) al consiglio di adottare un apposita procedura per la comunicazione, sia all interno della società sia all esterno, delle informazioni sulla società stessa soprattutto se privilegiate, al fine di evitare divulgazioni decettive o comunque incomplete, non tempestive, selettive (ad es. anticipate solo ad alcuni analisti o giornalisti). Tale procedura viene deliberata dal consiglio a seguito di una proposta proveniente o dagli amministratori delegati (come già avveniva in passato) o dallo stesso presidente (13). La composizione del consiglio di amministrazione In tema composizione del consiglio si può notare in via preliminare che i Principi dettati dal Codice restano immutati, salva l introduzione dell inciso che tutti gli amministratori debbono essere «dotati di adeguata competenza e professionalità». Le modifiche apportate nel 2011 sono: i) la specificazione delle funzioni del lead independent director e l integrazione dei casi in cui si auspica che esso venga nominato (Criteri 2.C.3. e 2.C.4) e ii) la previsione del c.d. staggered board. Sotto il primo profilo, si deve ricordare che il lead independent director è l amministratore che coordina gli amministratori non esecutivi e in particolare gli indipendenti, anche, se lo ritiene opportuno, convocando riunioni di soli indipendenti; ora avrà anche il compito di collaborare col presidente del consiglio «al fine di garantire che gli amministratori siano destinatari di flussi informativi completi e tempestivi». La nomina del lead independent director resta raccomandata nei due casi già previsti nella precedente formulazione, e in particolare: qualora il presidente e «il principale responsabile della gestione» (CEO) siano la stessa persona e qualora il presidente controlli la società. A queste ipotesi se n è aggiunta una terza, ovvero se la società appartiene all indice FTSE-MIB (14) e la nomina è richiesta dalla maggioranza degli amministratori indipendenti. Il Comitato, in conclusione, facendo propria la miglior prassi internazionale che evita la concentrazione in una sola persona delle cariche di presidente e di principale responsabile della gestione o di socio di controllo, raccomanda l adozione del lead independent director quale utile contrappeso nelle società in cui sussistono situazioni di cumulo di questo tipo. La seconda innovazione introdotta dal Comitato concerne la possibilità di adottare, purché non pregiudichi i diritti degli azionisti, un meccanismo che consenta la scadenza differenziata di tutti o parte degli amministratori (c.d. staggered board). Si tratta di una prassi diffusa soprattutto nelle società americane che permette di assicurare continuità nella gestione e nel funzionamento dei comitati interni al consiglio, facendo sì che i nuovi componenti acquisiscano il know how degli amministratori già presenti in consiglio. Infine, una nuova raccomandazione vieta che il CEO di una società (A) diventi amministratore di (13) Ciò pare in linea con il ruolo di garante dell adeguatezza informativa pre-consiliare che il nuovo Codice attribuisce al presidente. (14) Una società, ai fini del Codice, appartiene all indice FTSE- MIB se le sue azioni sono incluse in tale indice, che comprende i 40 titoli più liquidi e capitalizzati del listino azionario di Borsa Italiana, nell ultimo giorno di mercato aperto dell anno solare precedente l inizio dell esercizio cui si riferisce la Relazione annuale sul governo societario. Le Società 8-9/2012 921

altra società (B) (extra-gruppo) di cui sia CEO un amministratore della società (A), nell intento di sfavorire situazioni di cross directorship atte a creare potenziali conflitti d interesse (15). Gli amministratori indipendenti In merito agli amministratori indipendenti sono state introdotte alcune integrazioni di rilievo pratico riguardanti: i) la valutazione dell indipendenza; ii) il numero di membri. Sotto il primo punto di vista, anzitutto, è stato precisato con quale periodicità il consiglio di amministrazione dovrebbe effettuare la valutazione dell indipendenza dei suoi componenti: «dopo la nomina e, successivamente, con cadenza annuale» (Principio 3.P.2). In particolare, in sede di nomina si auspica che l indipendenza venga indicata, ove ne sussistano i requisiti, nella lista dei candidati amministratori e che un amministratore indipendente si impegni a mantenere tali requisiti durante l intera durata del mandato o, in alternativa, a dimettersi (Commento art. 5). Ci pare comunque che questa sua dichiarazione, anche se rafforzata da detto impegno, non elimini la responsabilità del consiglio circa la periodica valutazione dell indipendenza. In ogni caso il consiglio di amministrazione dovrebbe valutare le relazioni critiche con la società o soggetti ad essa connessi (ai fini dell autonomia di giudizio) di ciascun amministratore anche in corso d anno «al ricorrere di circostanze rilevanti ai fini dell indipendenza» (Criterio 3.C.4). È confermata nel nuovo Codice la raccomandazione di comunicare al mercato l esito di tale valutazione sull indipendenza sia mediante un apposito comunicato sia, successivamente, nella Relazione sul governo societario. Ora si precisa che, in tali documenti, il consiglio indica se (e, in caso, perché) siano stati adottati parametri di valutazione diversi da quelli del Codice, anche con riferimento ai singoli amministratori (Criterio 3.C.4). Sotto il secondo punto di vista viene puntualizzato il numero minimo raccomandato di amministratori indipendenti: almeno un terzo del numero totale degli amministratori nelle società appartenenti all indice FTSE-MIB mentre, nelle altre società quotate, almeno due (Criterio 3.C.3). Si badi che il numero minimo di due indipendenti viene auspicato a prescindere dalla composizione numerica del consiglio. La raccomandazione ha un rilievo pratico soprattutto per quelle società con un consiglio con meno di sette membri, per le quali l art. 147 TUF prevede un solo indipendente. Invece, là dove si superi questa soglia numerica, è già la legge a imporre la presenza di almeno due indipendenti (16). I comitati Resta confermata la best practice consistente nella nomina, con deliberazione del consiglio di amministrazione, di uno o più comitati interni al consiglio stesso, composti cioè da amministratori (17). Le innovazioni più significative apportate al Codice in tema di comitati riguardano: i) la composizione e i requisiti richiesti per la nomina, al fine di rafforzare l indipendenza (18) e la professionalità dei membri e ii) la previsione della possibilità di accorpare diverse funzioni in un unico comitato o di riservare le medesime funzioni al consiglio (Criterio 4.C.2 e Commento all art. 4). Prima di entrare nel dettaglio delle novità è bene ricordare che il Codice (Principio 4.P.1 rimasto immutato) attribuisce ai comitati delle funzioni «propositive e consultive», da svolgersi a favore del consiglio: i comitati devono quindi porre in essere un attività istruttoria e formulare al consiglio proposte, raccomandazioni e pareri, allo scopo di incrementare l efficienza dell attività del consiglio stesso (v. il Commento all art. 4). Ciò premesso, in tema di composizione, il nuovo Codice chiede che i membri dei comitati siano almeno tre; ma, nell ipotesi in cui il consiglio sia composto da non più di otto amministratori (prima erano cinque) si ammette che i comitati siano formati da soli due consiglieri, che in tal caso devono essere indipendenti. Con la revisione si specifica che, come da prassi, i comitati sono coordinati da un presidente (Criterio 4.C.1). I comitati di cui il Codice auspica l istituzione sono quelli per: (i) la nomina degli amministratori; (15) Su tale raccomandazione cfr. Marchetti, Il nuovo codice di autodisciplina delle società quotate, inriv. soc., 2012, 40. (16) Nel caso di consigli formati da più di sette membri l aver aderito al Codice, se non comporta un innalzamento del numero degli amministratori indipendenti, esercita comunque un influenza, essendo i requisiti di indipendenza del Codice più stringenti rispetto a quelli previsti dalla legge. (17) Sul tema Stella Richter jr., I comitati interni all organo amministrativo, inriv. soc., 2007, 260 ss. (18) L esigenza di maggiore indipendenza dei comitati e soprattutto nel comitato per la remunerazione era già stata manifestata da Richter, op. ult. cit. 922 Le Società 8-9/2012

(ii) la remunerazione degli amministratori; (iii) il controllo interno e la gestione dei rischi (solo controllo interno nella precedente versione del Codice) (19). Per la composizione di ciascuno di essi il Comitato raccomanda precisi requisiti, che, come anticipato, rispetto alla versione precedente sembrano rafforzarne il carattere di indipendenza: (i) il comitato nomine è composto in maggioranza da amministratori indipendenti (Principio 5.P.1); (ii) il comitato remunerazioni esclusivamente da amministratori indipendenti o, in alternativa, da amministratori non esecutivi, in maggioranza indipendenti (in tal caso, il presidente è un indipendente) (Principio 6.P.3); (iii) anche il comitato controllo interno e rischi interamente da amministratori indipendenti o, in alternativa, da amministratori non esecutivi, in maggioranza indipendenti (in tal caso, il presidente è un indipendente); tuttavia si precisa che se la società è controllata da altra società quotata o è soggetta alla direzione e coordinamento, tale comitato è comunque composto esclusivamente da indipendenti. (Principio 7.P.4.). Oltre ai requisiti di indipendenza, vengono introdotti anche specifici requisiti di professionalità: per il comitato controllo rischi «almeno un componente del comitato possiede un adeguata esperienza in materia contabile e finanziaria o di gestione dei rischi» (Principio 7.P.4.); mentre per il comitato sulla remunerazione «almeno un componete del comitato possiede una adeguata conoscenza ed esperienza in materia finanziaria o di politiche retributive» (Principio 6.P.3.). Con riguardo alla seconda innovazione segnalata si evidenzia che, benché ne sia raccomandata l istituzione, il nuovo Codice prevede che, per le esigenze organizzative di una società, soprattutto se di minori dimensioni, il consiglio possa raggruppare le funzioni di solito assegnate a più comitati, spiegandone le ragioni nella Relazione sul governo societario (Criterio 4.C.2): «ad esempio, potrà essere costituito un comitato per le nomine e la remunerazione che rispetti i requisiti di composizione di entrambi i comitati» (Commento all art. 4). Addirittura, l istituzione di uno o più comitati può anche essere completamente evitata, riservando le relative funzioni all intero consiglio, a certe condizioni: almeno la metà dei consiglieri siano amministratori indipendenti (evidentemente, quindi, non si richiede che il consiglio rispetti gli stessi requisiti di composizione dei comitati); all espletamento delle stesse funzioni siano riservati tempo e attenzione adeguati nelle riunioni del consiglio; la società non sia controllata da altra società quotata o soggetta a direzione e coordinamento (limitatamente al comitato controllo e rischi) (Criterio 4.C.2). Anche in questo caso il consiglio è chiamato a motivare la sua scelta nella Relazione sul governo societario e gli si raccomanda di rivalutare periodicamente la propria decisione. Nell ipotesi in cui il comitato non istituito sia quello per il controllo dei rischi si chiede che la motivazione sia particolarmente accurata e tenga in considerazione fattori legati alla complessità dell emittente e il settore in cui opera (4.C.2) quali «il fatturato o l attivo di bilancio, il numero dei dipendenti, la capitalizzazione di mercato, il numero e la collocazione geografica dei soggetti giuridici partecipati o controllati, lo svolgimento di attività di impresa in regioni o stati che presentano fattori di rischio, il numero di componenti del consiglio di amministrazione, le loro qualifiche professionali e la loro disponibilità di tempo» (Commento all art. 4). Si può quindi concludere che il nuovo Codice, pur auspicando che l attività dei comitati sia svolta da soggetti indipendenti e competenti, costruisce un sistema maggiormente flessibile e in grado di adattarsi alle mutevoli esigenze organizzative delle singole società. La nomina degli amministratori Per quanto riguarda la nomina degli amministratori, è da notare che, accanto alla soppressione (o allo spostamento tra i Commenti) delle raccomandazioni relative alle liste di candidati alla carica, essendo la materia del voto di lista compiutamente disciplinata dagli artt. 147 ter del TUF e 144 quater del Regolamento Emittenti di Consob, l innovazione più significativa concerne l introduzione tra i compiti del consiglio di valutare «se adottare un piano per la successione degli amministratori esecutivi» (20) e in caso di adozione, di darne informativa nella Relazione sul governo societario (Criterio 5.C.2.). In realtà piani formalizzati di successione sono rari tra le società (anche) quotate italiane, nonostante (19) Oltre a questi indicati dal Codice, occorre considerare la possibile istituzione di un comitato per le operazioni con parti correlate, sui presupposti di cui alla delibera Consob 17221/ 2010 (v. nota 8). (20) Vi è da notare come l introduzione della raccomandazione in commento sia stata anticipata dalla Consob nella comunicazione DEM/11012984 del 24 febbraio 2011 in cui, dopo aver evidenziato l assenza in Italia di una norma di autodisciplina che raccomandasse l adozione di piani di successione, chiedeva alle società appartenenti al listino FTSE-MIB la diffusione di un informativa relativa all eventuale esistenza dei medesimi. Le Società 8-9/2012 923

siano uno strumento utile ad evitare che in caso di cessazione anticipata di uno o più amministratori la posizione resti vacante per un periodo troppo lungo, pregiudicando l attività gestionale. Inoltre detti piani dovrebbero contenere i criteri di selezione per individuare le persone (interne o esterne) maggiormente idonee a ricoprire la carica, garantendo professionalità e competenza. In tema di nomine restano invece sostanzialmente invariate le funzioni che il vecchio Codice attribuiva al comitato nomine. Alla luce della nuova raccomandazione in tema di piani di successione, si attribuisce invece al comitato nomine, la fase istruttoria sulla predisposizione del piano stesso. La remunerazione degli amministratori L attuale formulazione dell art. 6 del Codice in tema di remunerazione degli amministratori è il risultato di due distinti interventi da parte del Comitato: un primo del marzo 2010, che si è concentrato in via esclusiva sull argomento in questione, e un secondo del 2011 contestuale alla revisione globale del Codice. Oggetto di revisione è stata in particolare la parte riguardante i compensi destinati agli amministratori esecutivi (21), mentre restano invariate le raccomandazioni relative alla remunerazione degli altri amministratori (22). Molteplici dunque le innovazione apportate dal Comitato tra cui: i) l introduzione del nuovo compito del consiglio di definire «una politica per la remunerazione degli amministratori e dei dirigenti con responsabilità strategiche» (Principio 6.P.4.) e del conseguente compito del comitato per la remunerazione di formulare proposte e valutare periodicamente «l adeguatezza, la coerenza complessiva e la concreta applicazione della politica per la remunerazione degli amministratori» (Criterio 6.C.5.); ii) l elencazione di precisi criteri che si auspica vengano seguiti dal consiglio nella determinazione della remunerazione dei suoi membri (Criterio 6.C.1.); iii) l introduzione del c.d. vesting period per quelle forme di retribuzione basate su strumenti partecipativi (Criterio 6.C.2., lett. b). In generale le modifiche sembrano poter esser ricondotte a due ordini di considerazioni: da un lato la consapevolezza che la retribuzione possa essere uno strumento idoneo a «trattenere e motivare persone dotate delle qualità professionali richieste per gestire l emittente con successo» (art. 6.P.1, già 7.P.1.); dall altro l esigenza di porre rimedio ad alcuni inconvenienti sottesi alla disciplina legislativa. Sotto il primo profilo, si inquadra sia la nuova raccomandazione al consiglio di definire, su proposta del comitato per la remunerazione, una politica per la remunerazione (Principio 6.P.4.); sia l elencazione di precisi criteri che dovrebbero essere d ausilio al consiglio nel momento in cui viene chiamato al delicato compito di stabilire, in concreto, la parte fissa e la parte variabile del compenso degli amministratori esecutivi o investiti di particolari cariche (Criterio 6.C.1.). In particolare, l attuale Criterio 6.C.1 raccomanda che le due componenti (fissa e variabile) siano adeguatamente bilanciate e, nello specifico, che: (i) la parte fissa sia in ogni caso sufficiente a remunerare l amministratore anche qualora non raggiunga gli obiettivi fissati e dunque non maturi il diritto a ottenere la componente variabile (art. 6.C.1 lett. c); (ii) la parte variabile sia parametrata al raggiungimento di obiettivi predeterminati, sia contenuta in limiti massimi e la sua corresponsione sia parzialmente differita rispetto al momento di maturazione (6.C.1 lett. b, d, f). Un discorso più complesso deve essere fatto per quanto riguarda quelle modifiche apportate per ovviare ad alcune problematiche che si erano poste già a livello legislativo. In generale si può dire che il Codice, in tema di remunerazione degli amministratori, vada a meglio specificare l art. 2389, commi 2 e 3, c.c.. Il comma 3 citato prevede espressamente la competenza del consiglio di amministrazione nella determinazione della remunerazione di quegli amministratori «investiti di particolari cariche» (23), previo parere del collegio sindacale. La ratio della competenza del consiglio d amministrazione si spiega considerando che esso, essendo l organo chiamato a supervisionare costantemente l operato degli amministratori esecutivi, risulta essere l organo meglio in grado di dare un valore preciso al loro operato (24). (21) La definizione di amministratori esecutivi contenuta nel Criterio. 2.C.1. non è stata modificata. (22) Si segnala che Consob, con delibera 18049 del 23 dicembre 2011, ha modificato il Regolamento Emittenti per dare attuazione alla disciplina sulle remunerazioni dell art. 123 ter del TUF Poiché le nuove disposizioni di Consob si applicano dal 31 dicembre 2011, le società dovranno redigere la Relazione sulla remunerazione, prevista dall art. 123 ter citato, in vista dell assemblea annuale del 2012 tenendo già conto delle modifiche introdotte dalla stessa delibera. (23) Nell espressione rientrano senza dubbio gli amministratori esecutivi. Per una analisi dettagliata di cosa si intenda per speciali cariche v. Bonafini, Sub Art. 2389, incommentario alla riforma delle società, cit., 356 ss. (24) In tal senso Mignoli, La partecipazione agli utili nelle società di capitali, Milano, 1966, 119. 924 Le Società 8-9/2012

Il comma 2 citato prevede espressamente che le retribuzioni degli amministratori possano essere formate «da partecipazioni agli utili o dall attribuzione del diritto di sottoscrivere a un prezzo predeterminato azioni di futura emissione». Si tratta di una prassi diffusa a livello internazionale, che ha l indubbio pregio di incentivare gli amministratori e fidelizzarli alla società, al fine di innalzare gli standard delle loro attività. Entrambe le norme pongono dei delicati problemi. Per quanto concerne la competenza del consiglio alla determinazione dei piani di compensi, è evidente il conflitto di interesse, essendo il consiglio l organo al quale fanno parte gli stessi destinatari dei compensi. Al fine di mitigare tale rischio, già a livello normativo vengono adottati alcuni rimedi. Oltre a trovare applicazione l art. 2391 c.c., come in tutti i casi di conflitto di interessi, lo stesso art. 2389 c.c. prevede un parere obbligatorio del collegio sindacale che, ancorché non vincolante, presuppone evidentemente che su tali atti sia espletato un controllo preventivo. Nelle società quotate è poi previsto un controllo ex ante anche da parte dell assemblea, chiamata a dare approvazione a quei piani di remunerazione basati su stock option (art. 114 bis TUF). La presenza di questi controlli tuttavia non può dirsi di certo un rimedio sempre sufficiente a scongiurare il rischio di conflitto di interesse. Se la ratio della competenza del consiglio sta proprio nel fatto che esso è l unico organo in grado di dare un valore economico all attività svolta dagli esecutivi, è chiaro che è direttamente all interno del consiglio che dovrebbero essere assunti accorgimenti volti a evitare che i piani di compensi vengano strutturati in modo da soddisfare interessi personali degli amministratori. Tuttavia, da questo punto di vista, nulla è espressamente previsto dalla legge e diventa quindi apprezzabile il contributo del Codice che raccomanda la creazione, in seno al consiglio, del comitato per la remunerazione (Principio 6.P.3. già 7.P.3). Le innovazioni apportate nel dicembre 2011 riguardano da un lato la composizione (di cui si è già detto, v. supra) e dall altro l attribuzione al comitato dell ulteriore funzione di formulare proposte e valutare periodicamente l adeguatezza della politica per la remunerazione elaborata dal consiglio di amministrazione. Oltre al comitato per la remunerazione, a partire dal 2010 si è prevista espressamente la possibilità per il consiglio di amministrazione di avvalersi di un consulente esterno, puntualizzando però che esso non debba trovarsi «in situazioni che ne compromettano l indipendenza di giudizio». Per quanto concerne invece il secondo comma dell art. 2389 c.c., si è detto che forme di retribuzioni che variano secondo l andamento dell impresa hanno il pregio di incentivare gli amministratori. Tuttavia, non si può tacere il rischio che forme di retribuzioni basate su azioni o, più in generale su strumenti partecipativi, inducano gli amministratori «ad una gestione volta a massimizzare il valore delle azioni nel breve periodo, a discapito di investimenti più vantaggiosi nel lungo termine» (25). Di questo problema assume consapevolezza il Comitato, tanto che nel commento all art. 6 si legge «Il Comitato ritiene che anche i piani di remunerazione basati su azioni, se adeguatamente strutturati, possano rappresentare uno strumento idoneo a consentire l allineamento degli interessi degli amministratori esecutivi e dei dirigenti con responsabilità strategiche con quelli degli azionisti. Il Codice raccomanda l adozione di alcuni accorgimenti volti ad evitare che simili piani possano indurre i loro destinatari a comportamenti che privilegino l incremento, nel breve termine, del valore di mercato delle azioni, a discapito della creazione di valore in un orizzonte di medio-lungo periodo» Tra i Criteri il Codice raccomanda al consiglio di amministrazione di prevedere un vesting period medio o comunque non inferiore ai tre anni per «le azioni, le opzioni e ogni altro diritto assegnato agli amministratori di acquisire azioni o di essere remunerati sulla base dell andamento del prezzo delle azioni» (art. 6.C.2 lett a). Il vesting period è il lasso di tempo che va dal momento in cui si acquisisce la titolarità di un diritto a quello in cui detto diritto può essere esercitato. Chiaro è dunque l intento di evitare che gli amministratori possano ottenere benefici immediati con il rischio di distorcere le loro scelte gestorie (26). Alla stessa ratio risponde altresì (25) Cit. Campobasso, Diritto commerciale, 2, Diritto delle società, Torino, 2012, 218. (26) A. Zanardo, I piani di stock option dall esperienza anglosassone alla disciplina e diffusione nell ordinamento italiano, in Giur. comm., I, 2006, 753 nt. 43, ritiene che sarebbe stato opportuno per il legislatore della riforma del 2003, introdurre dei limiti alle modalità di strutturazione dei piani di stock option tra cui indica proprio il vesting period. Forse una regola di dettaglio come il vesting period non si addice a una norma vincolante. Ci pare preferibile che un previsione del genere sia contenuta in un codice di soft law, che indichi alle società le best practices senza tuttavia impedire che si trovino altre soluzioni e senza dunque creare eccessive rigidità in una materia, come quella delle retribuzioni, dove molteplici sono le variabili da tenere in considerazione. Le Società 8-9/2012 925

anche la lett. c) in base alle quale si reputa auspicabile che «gli amministratori mantengano sino al termine del mandato una quota delle azioni assegnate o acquistate attraverso l esercizio dei diritti di cui al punto a)». Il sistema di controllo interno e di gestione dei rischi Il sistema di controllo interno e di gestione dei rischi è costituito dall insieme di regole, procedure interne e strutture organizzative di cui ogni società quotata si dota per identificare, tenere monitorati e gestire i rischi aziendali (Principio 7. P.1). Comprende i controlli: di primo livello, svolti dai responsabili di ciascuna area operativa aziendale; di secondo livello, relativi alla gestione dei rischi tipici aziendali di natura operativa, finanziaria, di mercato ecc.; di terzo livello, svolti dalla funzione aziendale di internal auditor (di cui nel seguito); di gestione, relativi alla programmazione e governo del business aziendale. Schematicamente, la tipologia dei controlli è dunque articolata in controlli attinenti all aspetto gestionale e a controlli attinenti alla vigilanza. Esso è integrato nel sistema organizzativo generale della società, comprensivo ovviamente degli organi che presiedono al governo societario, e tutela non più solamente la salvaguardia del patrimonio e dei processi aziendali, ma anche «una conduzione dell impresa coerente con gli obiettivi aziendali definiti dal consiglio» (Principio 7.P.2). Il Comitato, nella versione del 2011, ha dato un rilievo centrale al tema del controllo dei livelli di rischio compatibili con gli obiettivi strategici della società; il nuovo Codice pertanto: conferma l impostazione precedente, per cui il sistema dei controlli interni alla società quotata rappresenta un elemento fondamentale di una buona governance; rafforza il principio della gestione del rischio come componente centrale del sistema di controllo interno, sul presupposto che «la moderna concezione dei controlli ruota intorno alla nozione di rischi aziendali, alla loro identificazione, valutazione e monitoraggio» (Commento all art. 7); considera quindi i presidi aziendali di controllo interno e di gestione dei rischi come un sistema unitario, anche nella denominazione del sistema stesso («di controllo interno e di gestione dei rischi») e del comitato a ciò dedicato ( comitato controllo e rischi ); e, pur senza dare indicazioni organizzative in merito all architettura di tale sistema (e quindi lasciando a ciascuna società quotata le scelte specifiche), formula una serie di raccomandazioni riguardo ai vari attori coinvolti (consiglio di amministrazione, collegio sindacale, comitato ecc.) e ai rispettivi ruoli da svolgere, all interno della società, per il governo dei controlli e dei rischi. L art. 7 risulta quindi riformulato in modo radicale e organico. In particolare, gli attori del sistema di controllo interno, i rapporti tra loro e le rispettive competenze sono specificamente individuati (27): (i) il consiglio ha il duplice ruolo di indirizzo e di valutazione dell adeguatezza del sistema (analogo principio è contenuto nel Criterio 1.C.1, richiamato in precedenza); in particolare, previo parere del comitato controllo e rischi, approva almeno annualmente il piano di lavoro dell internal auditor e indica le caratteristiche del sistema nella Relazione sul governo societario; (ii) l «amministratore incaricato del sistema di controllo interno e di gestione dei rischi», individuato all interno del consiglio tra gli amministratori già investiti di deleghe operative o anche tra quelli senza deleghe (in tal caso, l amministratore diverrebbe quindi esecutivo per effetto di quest incarico), è incaricato dell istituzione e del mantenimento del sistema; in particolare, «cura l identificazione dei principali rischi aziendali» e la gestione del sistema, anche chiedendo apposite verifiche all internal auditor e riferendo sulle eventuali criticità riscontrate al consiglio o al comitato controllo; (iii) il comitato controllo e rischi ha il compito di «supportare, con un adeguata attività istruttoria», le scelte del consiglio relative al sistema, fornendogli il proprio parere; in particolare, monitora l autonomia, adeguatezza e efficienza della funzione di internal audit; (iv) l internal auditor, che viene nominato dal consiglio su proposta dell amministratore incaricato del sistema e previo parere favorevole del comitato controllo, nonché sentito il collegio sindacale, ha l incarico di verificare in via continuativa, sulla base di un piano di audit, che il sistema sia funzionante e adeguato alle esigenze aziendali e relaziona periodicamente su tali attività i presidenti del consiglio, del collegio sindacale, del comitato controllo nonché l amministratore incaricato; (v) il collegio sindacale ha la funzione di vigilare sull efficacia del sistema, rappresentando il vertice del sistema di vigilanza della società (Commento all art. 7); il presidente del collegio partecipa ai la- Nota: (27) Sul sistema ridisegnato v. Marchetti, op. cit., 42. 926 Le Società 8-9/2012

vori del comitato controllo («possono comunque partecipare anche gli altri sindaci», precisa il nuovo Codice, Criterio 7.C.3); (vi) il sistema, infine, può essere completato, a seconda delle caratteristiche e del profilo di rischio di ciascuna società quotata, da altre funzioni aziendali incaricate di svolgere compiti specifici in tema di controllo interno e di gestione dei rischi. Un sistema di controlli così articolato pone esigenze di coordinamento e distinzione dei compiti tra i vari attori (28). Il nuovo Codice, che ha comunque il pregio di individuare in modo organico tali attori e i rispettivi ruoli e responsabilità, ne avverte la necessità, raccomandando alle società di prevedere modalità di coordinamento tra questi soggetti al fine di rendere efficiente il sistema e di «ridurre le duplicazioni di attività» (Principio 7.P.3). La direzione indicata dal nuovo Codice è sicuramente apprezzabile; è tuttavia evidente che la razionalizzazione dei controlli è un tema, da tempo ormai oggetto di riflessione, che necessiterà un intervento di più ampia portata. Ricordiamo inoltre che le società debbono verificare costantemente l adeguatezza del proprio sistema di controllo interno anche ai fini della prevenzione dei reati previsti dal D.Lgs. n. 231/2001 nelle aree aziendali individuate potenzialmente a rischio-reato : da questo punto di vista, l esigenza di coordinamento si pone soprattutto riguardo al ruolo e alle funzioni svolte dall Organismo di vigilanza nominato dalle società in base al D.Lgs. 231. Nello specifico, il nuovo Codice, ai fini di una razionalizzazione del sistema dei controlli, lascia alle singole società quotate la scelta di attribuire al collegio sindacale le funzioni dell Organismo di vigilanza, in base a una valutazione di opportunità (29). Il collegio sindacale Una notazione meritano le modifiche apportate all art. 8 (ex art. 10) in tema di sindaci. Premettiamo che tra i Principi e i Criteri non si vedono innovazioni di rilievo: il Comitato si limita a eliminare le raccomandazioni in tema di nomina, oggi disciplinate direttamente a livello legislativo (art. 148, comma 2, TUF) e regolamentare (artt. 144 sexies e ss., Reg. Emittenti). In realtà la parte di maggiore interesse del documento in esame si trova nel Commento, completamente riscritto, dove riguardo alla funzione esercitata dai sindaci si definisce il collegio quale organo che «ricopre un ruolo centrale nel sistema di vigilanza di un emittente». In particolare il Comitato, pur escludendo che il controllo esercitato dai sindaci possa spingersi fino al merito delle scelte operate dagli amministratori, essendo questo tipo di vigilanza riservata al consiglio stesso, ritiene comunque che il collegio debba esercitare un controllo preventivo sui processi adottati dagli amministratori. In tal senso, i sindaci possono esprimere dei pareri agli amministratori «affinché essi adottino le misure correttive eventualmente necessarie». Sul punto v è tuttavia da chiedersi se tale possibilità del collegio, di esprimere ex ante proposte di miglioramento dei processi adottati dal consiglio, non presupponga la capacità di giudicare il merito delle scelte degli amministratori. Peraltro, ciò parrebbe aumentare il rischio che si realizzi quella sovrapposizioni di funzioni che la best practice vorrebbe invece evitare. Sempre il Commento fa inoltre riferimento alla figura del presidente del collegio sindacale, avendo riguardo al suo compito di coordinare sia i lavori interni sia i rapporti con gli altri organismi facenti parte del sistema di controlli interno. È anche evidenziato come le garanzie di indipendenza del collegio vengano incrementate dal fatto che la carica di presidente sia ricoperta da un sindaco di minoranza. (28) Per un esame complessivo, critico e propositivo al tempo stesso, in tema di controlli societari, si veda Assonime, in Note e Studi 6/2011, Alcune proposte in materia di controlli societari. (29) Al riguardo, la L. 12 novembre 2011, n. 183, c.d. Legge di stabilità, all art. 14, comma 2, prevede che, nelle società di capitali, il collegio sindacale possa svolgere le funzioni di Organismo di vigilanza, lasciando quindi alle società la facoltà di fargli svolgere tali funzioni. Le Società 8-9/2012 927