Disabili e lavoro nella Pubblica Amministrazione



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Disabili e lavoro nella Pubblica Amministrazione Tra buone prassi e difficoltà attuative A cura di Gianrenato De Gaetani U.O.1 Legislazione e normative, Promozione lavorativa fasce svantaggiate del M.d.L. - Agenzia Liguria Lavoro Premessa Si è tenuto a Genova 22 gennaio 2009 un seminario dal titolo L inserimento lavorativo mirato delle persone disabili negli Enti pubblici, ai sensi della legge n. 68/99. Buone prassi, problematiche e soluzioni applicative. L incontro ha avuto l obiettivo di approfondire con le pubbliche amministrazioni le problematiche applicative della Legge 68/99, anche con l intento di diffondere le pratiche virtuose con cui le P.A., sono riuscite ad inserire, non solo soggetti disabili in obbligo di legge ma, con reciproco profitto, anche soggetti gravemente disabili. Forum riporta la sintesi dell intervento del Direttore Regionale della Direzione Regionale del Lavoro Paolo Vettori che ha anche emanato una lettera circolare (Prot. N. 380) ai propri Direttori Provinciali, ricordando le sanzioni, anche di natura penale, nei confronti dei pubblici dirigenti inadempienti La legge 68 del 1999 ha rinnovato il concetto di collocamento obbligatorio al fine di favorire l inserimento dei soggetti aventi diritto nelle aziende ubicate e ha introdotto il concetto di collocamento mirato. Sul territorio della Liguria le aziende private, grazie all opera delle Province e delle Direzioni Provinciali del Lavoro, sono sostanzialmente adempienti. Nell ambito di uno specifico tavolo tecnico composto dalla Regione Liguria e dalle Province e con l assistenza tecnica di Agenzia Liguria Lavoro, per l analisi delle problematiche applicative si è evidenziato come potesse essere utile informare le P.A. delle prassi e delle modalità operative, stante anche il particolare favor legis del collocamento obbligatorio nella P.A. Fenomeni elusivi da parte delle pubbliche amministrazioni della legge n 68/99 e strumenti sanzionatori relazione di Paolo Vettori L argomento che mi è stato assegnato e il mio ruolo di responsabile della Direzione regionale del lavoro mi portano necessariamente ad affrontare il tema dell inserimento lavorativo dei disabili negli Enti Pubblici in un ottica diversa rispetto agli altri relatori. Chi mi ha preceduto si è infatti soffermato sulle esperienze più significative di inserimento lavorativo di disabili presso Enti Pubblici realizzatesi nella nostra regione. È stato particolarmente interessante verificare (attraverso casi concreti, tra cui quello dell Università di Genova) come l impostazione, tipica della legge n. 68, del cosiddetto collocamento mirato possa trovare piena applicazione anche nel settore pubblico, attraverso un accorto utilizzo degli strumenti introdotti dal legislatore nel 99, innanzitutto la convenzione ex articolo 11 della citata legge 68/99. A me tocca invece il compito certo meno gratificante di esplorare i più diffusi fenomeni di violazione della normativa posta a tutela del diritto al lavoro dei disabili e degli appartenenti alle altre categorie protette nonché i correlati strumenti sanzionatori, specificamente previsti a carico dei dirigenti di Amministrazioni o Enti Pubblici. A questo proposito debbo purtroppo sottolineare che l elusione della normativa in esame coinvolge fortemente soprattutto con riferimento agli aspetti più innovativi introdotti dalla legge 68/99 le Pubbliche Amministrazioni, in misura superiore agli stessi datori di lavoro privati (o almeno questo è quanto emerge dalla mia esperienza, non limitata alla Liguria ma estesa anche alla Lombardia). foto in alto: 14

Con ogni probabilità ma questa è una mia opinione strettamente personale le difficoltà attuative che la legge n. 68 ha incontrato nel settore pubblico sono essenzialmente legate alla portata innovativa della riforma del 99, che ha letteralmente ribaltato principi consolidati da oltre 40 anni, a seguito dell entrata in vigore della vecchia legge n. 482 del 68. Per non ripetere concetti che sono già stati esposti con chiarezza nella relazione di Enrico Comunelli a cui rinvio per quanto attiene in particolare all esposizione dei principi ispiratori della legge 68 mi limiterò a prendere in esame un solo aspetto della riforma del 99, riferito espressamente agli Enti pubblici nazionali o interregionali, che ha registrato però un alto tasso di elusione. Proprio per questo motivo ritengo opportuno concentrare la mia attenzione su un singolo aspetto, che però ci può far comprendere (meglio di tante dotte dissertazioni) i limiti strutturali degli strumenti sanzionatori previsti dalla legge 68/99 per il settore pubblico. Il criterio della territorialità In tale settore, una delle grosse novità legislative introdotte nel 99 è costituita senza dubbio dal criterio della territorialità, che in precedenza valeva esclusivamente per i privati, mentre per gli Enti Pubblici la legge 482 del 68 prevedeva il calcolo della quota d obbligo sull organico complessivo disaggregato per carriere ma senza alcuna distinzione su base territoriale per cui, coerentemente con la predetta impostazione, gli Enti Pubblici operanti a livello nazionale o comunque su più province erano tenuti ad inviare un unico prospetto a Roma alla Sottocommissione Centrale per il collocamento obbligatorio presso il Ministero del Lavoro. In altri termini, competeva al vertice del Ministero o dell Ente decidere, senza alcun vincolo, la distribuzione territoriale delle assunzioni obbligatorie (in particolare per quelle della carriera esecutiva od ausiliaria, sottoposte a chiamata diretta senza concorso) con la conseguenza che questo tipo di assunzioni risultava, spesso, concentrato nella sede centrale, a Roma, o magari nella provincia o nel collegio elettorale del ministro di turno. La legge 68 ha completamente ribaltato, anche sotto questo profilo, la precedente impostazione legislativa con una serie di norme (poi meglio dettagliate nel successivo regolamento, approvato con DPR 333/2000) che incidono sia nella fase preliminare della redazione ed invio dei prospetti sia nella fase delle assunzioni dei riservatari. Quanto al primo aspetto, l art. 9, comma 6, della legge 68 sottolinea che tutti i datori di lavoro, pubblici e privati, sono tenuti ad inviare agli uffici competenti (agli uffici collocamento mirato delle Province) i prospetti, con l indicazione di tutti i dati necessari per il computo delle scoperture. Sempre in base all art. 9 della 68 (che, non a caso, lega il principio della territorialità con quello della trasparenza) i prospetti sono pubblici e i competenti uffici, al fine di rendere effettivo il diritto di accesso, ne dispongono la consultazione nelle proprie sedi negli spazi disponibili aperti al pubblico. A fugare qualsiasi possibile dubbio, (ma francamente la formulazione del testo di legge risulta di insolita chiarezza, nel panorama, spesso contorto, della legislazione italiana) è poi intervenuto il Decreto del Ministro del lavoro del 22 novembre 1999 che, all art. 2 comma1, ha precisato testualmente che i datori di lavoro che hanno sedi in più province della stessa regione o di regioni diverse trasmettono i suddetti prospetti separatamente al servizio territorialmente competente per ciascuna sede, come sopra individuato, e complessivamente al servizio competente per il territorio in cui si trova la sede legale. Il decreto legge 112/08, convertito in legge 133/08, non modifica la suesposta scelta legislativa, limitandosi a prevedere, in un ottica di semplificazione degli adempimenti, che i datori si lavoro non sono tenuti ad inviare i foto in alto: il tavolo dei relatori. Da sinistra: E. Comunelli, M. Terrile, P. Vettori, l Assessore Vesco, R. Rimotti, C. Tanasi. 15

prospetti, qualora, non siano intervenute, rispetto al precedente invio, modifiche che incidono sugli obblighi di legge. Alla stessa logica della territorialità si ispirano anche le disposizioni di legge che disciplinano, per gli Enti Pubblici, la compensazione territoriale. L art. 5, comma 8, della legge 68/99 prevede infatti che per i datori privati la compensazione può essere operata in riferimento a unità produttive ubicate in regioni diverse, con ciò escludendo implicitamente la possibilità, per i datori di lavoro pubblici, di ricorrere alla compensazione interregionale. Scelta che viene ribadita, in termini inequivocabili, dal Regolamento di attuazione (D.P.R. 333/00, art. 5 comma 4) in base al quale i datori di lavoro pubblici effettuano la compensazione, limitatamente alle sedi situate nello stesso ambito regionale e in via automatica. L esempio del Ministero del Lavoro Per meglio evidenziare l importanza, anche pratica e non solo in termini di principio, della questione, consentitemi di fare l esempio del mio Ministero. La Direzione Generale delle Risorse umane del Ministero del Lavoro, con note indirizzate alle varie Direzioni regionali e provinciali del lavoro del 4 settembre 2008, ha dato formalmente l avvio alle procedure di assunzione dei riservatari, con il meccanismo delle richieste numeriche da presentare, da parte dei singoli uffici, alle rispettive Province. Grazie al succitato principio di territorialità e all obbligo, per gli Enti Pubblici, di effettuare eventuali compensazioni territoriali esclusivamente in ambito regionale, il 43% delle predette assunzioni saranno effettuate nelle tre principali regioni del Nord-Ovest: per la precisione, su un totale di 112 assunzioni da effettuare tra disabili e appartenenti alle categorie di cui all art. 18 legge 68/99, sono previste 5 assunzioni in Liguria, 15 in Piemonte e 28 in Lombardia. Per contro nel Lazio le assunzioni si fermeranno a una decina, gran parte delle quali destinate all Amministrazione Centrale. Il che dimostra che, anche al Ministero del Lavoro, l attuale distribuzione territoriale dei riservatari in forza, molti dei quali assunti con la previgente legge 482, risulti fortemente squilibrata, in rapporto al personale in servizio nelle diverse realtà territoriali, a scapito degli aventi diritto residenti nelle regioni del Nord. Ovviamente, se rapportassimo questi dati (riferiti ad un Amministrazione con organici abbastanza contenuti) all intero settore degli Enti Pubblici nazionali (Ministeri, Istituti Previdenziali, Agenzie fiscali, ecc) ci renderemmo conto delle dimensioni del problema che ho voluto qua sottolineare. Si spiega così, a mio avviso, il motivo delle resistenze degli apparati centrali ad applicare il principio della territorialità, a dieci anni esatti dall approvazione della legge. L esempio virtuoso del Ministero del Lavoro, che ho appena citato, resta, ancora oggi, un caso isolato. In effetti, non sono pochi gli Enti Pubblici nazionali a partire da un Ministero importantissimo quale il Ministero dell Interno- che continuano a comportarsi come se fosse ancora in vigore la legge 482/68, inviando un unico prospetto nazionale, senza alcuna indicazione circa la distribuzione territoriale del personale in servizio, o almeno di quello computabile, nonché dei riservatari in forza. Inadeguatezza degli strumenti sanzionatori Mi sono volutamente soffermato su quest aspetto, perché mi offre l opportunità di mettere in risalto l assoluta inadeguatezza degli strumenti sanzionatori previsti, per gli Enti Pubblici, dalla legge 68. Ovviamente, stante la complessità della materia, mi limiterò, in questa sede, a considerazioni generali rinviando (per chi fosse interessato ad approfondirne i profili giuridici) ad una specifica relazione tecnica, predisposta dal mio ufficio e che viene allegata alla presente relafoto in alto: un momento dei lavori 16

zione (n.d.r. per motivi di spazio non pubblicata su questo numero di Forum). Contrariamente alle aziende private e agli enti pubblici economici (per i quali sono previste sanzioni amministrative, abbastanza consistenti in termini monetari) per gli Enti pubblici non economici l art. 15, comma 3, della legge 68 dispone testualmente che ai responsabili, ai sensi della legge 7 agosto 1990 n. 241, di inadempienze di Pubbliche Amministrazioni alle disposizioni della presente legge si applicano le sanzioni penali, amministrative e disciplinari, previste dalle norme sul pubblico impiego. Alla luce della normativa testé richiamata, nonché dei chiarimenti forniti dal Ministero del Lavoro con circolare n. 23/2001, il principale strumento sanzionatorio esperibile in tale ipotesi consiste nella segnalazione alla Procura della Repubblica, ad opera della DPL a cui rimane confermato il ruolo di vigilanza sulla corretta applicazione della legge 68/99, dell inadempienza riscontrata. In linea di principio, la normativa citata contiene elementi di novità rispetto al passato, connessi all applicazione, anche a questa fattispecie, dei principi introdotti nel nostro ordinamento dalla legge 241/90. Sul piano operativo, va però ricordato che il reato ipotizzabile è l omissione di atti d ufficio ex articolo 328, comma 2, del Codice Penale, la cui configurabilità appare legata alla sussistenza, nel caso di specie, del cosiddetto dolo specifico, che si realizza con il concorso di due condotte omissive, cioè la mancata adozione dell atto entro 30 giorni dalla richiesta scritta e la mancata risposta sulle ragioni del ritardo. È facile comprendere come la suddetta procedura possa rivelarsi efficace in presenza di un inadempienza ascrivibile al singolo dirigente o al singolo Ente (ad esempio un Comune che, pur in possesso dei requisiti in base ai quali scatta l obbligo di legge, ometta l invio del prospetto periodico alla Provincia). A fronte di una diffusa e consolidata prassi, sia pure contra legem, come quella che ho ricordato, risulterà comunque abbastanza semplice, per i responsabili delle inadempienze, invocare l assenza del dolo specifico e conseguentemente la non punibilità sul piano penale, tanto più che potranno farsi scudo di alcune recenti prese di posizione del Ministero, che si prestano, oggettivamente, ad interpretazioni divergenti. Mi riferisco, in particolare, ad un passaggio della nota del 16 dicembre 2008 delle Direzioni Generali del Mercato del Lavoro e dell Innovazione tecnologica, concernente l identificazione delle unità produttive. Al riguardo, la nota ministeriale, molto opportunamente, parte dall art. 35, comma 1, dello Statuto dei Lavoratori, alla luce del quale si legge nella nota l unità produttiva va intesa come qualsiasi articolazione dell impresa dotata di autonomia in senso tecnico economico, un concetto prosegue ancora la nota che non è legato all ubicazione in diversi comuni bensì all indipendenza tecnica e amministrativa. Ciò equivale a dire conclude, testualmente, la nota citata che, nel caso di Pubbliche Amministrazioni l obbligo scatta nella sede ove sono concentrate le funzioni di gestione del personale. 17

Conclusioni La conclusione, che ho voluto riportare per intero, suscita non poche perplessità, anzitutto sotto il profilo logico-giuridico, in quanto la premessa del ragionamento, in sé assolutamente condivisibile, avrebbe dovuto portare all individuazione, come unità produttive, di tutti gli uffici per i quali è prevista una figura dirigenziale, posto che spetta al dirigente organizzare le risorse, in primis umane, al medesimo assegnate e rispondere dei risultati conseguiti dalla struttura di cui è responsabile. In ogni caso, al di là delle disquisizioni giuridiche, la formulazione della nota mi sembra francamente un regalo a quelli che io definisco i nostalgici della legge 482, vale a dire ai dirigenti centrali che si ostinano a non dare attuazione, a dieci anni dall approvazione della legge, al principio di territorialità introdotto, per gli Enti Pubblici, dalla legge 68/99. Alla luce delle considerazioni, che ho cercato di sviluppare sin qui, ritengo che la questione, da me sollevata, non possa trovare soluzione col ricorso agli strumenti sanzionatori oggi previsti per gli Enti pubblici, ma possa essere posta, assai più efficacemente, dalla Regione nelle sedi competenti e in tal senso mi rivolgo all Assessore Vesco, che ringrazio ancora per aver promosso il convegno odierno su un tema, quale l inserimento lavorativo dei disabili presso gli Enti Pubblici, troppo spesso trascurato. Il Programma del seminario Saluti e introduzione ai lavori Giovanni Enrico Vesco - Assessore regionale al Lavoro Massimo Terrile - Direttore Generale dell Agenzia Liguria Lavoro Illustrazione disposizioni legislative Enrico Comunelli - Agenzia Liguria Lavoro Ruolo e competenze della Regione e delle Province, stato di attuazione, esperienze e confronti Remo Rimotti e Maria Carmen Tanasi - Regione Liguria e Andrea Sanguineti - Provincia di Genova con la testimonianza di Franca Ansovini - Università di Genova Piergiorgio Mecconi - Provincia di La Spezia Giampaolo Abbo - Provincia di Imperia Anna Antolini - Provincia di Savona Il complesso sanzionatorio per i dirigenti e gli enti inadempienti Paolo Vettori - direttore Direzione Regionale del Lavoro Liguria (Ministero del Lavoro) Dibattito e quesiti Conclusioni Giovanni Enrico Vesco - Assessore al Lavoro Regione Liguria Modera gli interventi Gianrenato De Gaetani Agenzia Liguria Lavoro 18