Carrozze Regali. Cortei di gala di Papi, Principi e Re



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La Venaria Reale nel 2013 UN VIAGGIO IN ITALIA TUTTO IN UNA REGGIA Carrozze Regali. Cortei di gala di Papi, Principi e Re Citroniera (Scuderie Juvarriane) della Reggia di Venaria Dal 28 settembre 2013 al 2 febbraio 2014

Sfilano in mostra, nell imponente Citroniera della Reggia di Venaria, una decina di meravigliose carrozze del XVIII e XIX secolo usate dai sovrani per le loro uscite pubbliche in occasioni di grandi cerimonie. Si tratta di opere tra le più sfarzose ed affascinanti della storia delle corti: un patrimonio di grande importanza che desta incanto e stupore, e su cui si intende attirare interesse ed attenzione per le valenze storiche ed artistiche che richiama. Sono presenti alcune superbe carrozze di gala dei sovrani italiani della Restaurazione, dei re di Napoli, di Sicilia e Sardegna e del Granduca di Toscana. Particolarmente significative quelle appartenute a Pio IX e Vittorio Emanuele II, che conducono idealmente dal Risorgimento fino all Unità d Italia ed alla sontuosa corte che Umberto I e Margherita aprirono a Roma, finalmente Capitale della Nazione unificata. In mostra anche il celebre fiabesco Berlingotto del 1789 di Vittorio Emanuele I, l unica carrozza regale italiana del Settecento rimasta, e tra gli ultimi simboli dell Antico Regime, probabilmente in uso anche alla Venaria Reale. Completano l allestimento 3 portantine di corte del Settecento, alcuni preziosi disegni originali delle carrozze e la maestosa Palombella, l automobile del 1909 proveniente dal Museo dell'automobile di Torino appartenuta alla Regina Margherita che iniziò a segnare il passaggio dalle carrozze alle auto di parata. L'esposizione è arricchita da una decina di grandi disegni su pannello che raffigurano scene di cortei di carrozze di gala, basati su iconografie storiche e realizzati dall'arch. Gianfranco Gritella. La mostra, organizzata dalla Reggia di Venaria, dal Palazzo del Quirinale e dal Polo Museale Fiorentino - Palazzo Pitti, con la generosa collaborazione dei Musei Vaticani e il sostegno della Compagnia di San Paolo, costituisce il primo esito della collaborazione fra le Regge delle tre capitali d Italia per proporre eventi espositivi e studi sulle corti della Penisola, in particolare su quella del Regno d Italia. Mostra organizzata sotto l'alto Patronato del Presidente della Repubblica con Segretariato generale della Presidenza della Repubblica - Palazzo del Quirinale e Polo Museale Fiorentino; in collaborazione con Musei Vaticani, Museo di Roma, Museo di Palazzo Venezia, Palazzo Reale e Galleria Spinola di Genova, Museo Civico d Arte Antica di Torino, Museo dell Automobile di Torino e Istituto Luce Cinecittà; con il sostegno straordinario della Compagnia di San Paolo. Coordinamento: Marco Lattanzi, Andrea Merlotti, Fausta Navarro. Comitato curatoriale: Clelia Arnaldi di Balme, Sandro Barbagallo, Marco Lattanzi, Andrea Merlotti, Fausta Navarro, Pietro Passerin d Entrèves.

LA MOSTRA La mostra racconta la storia delle carrozze di gala delle corti italiane; dei Papi, dei Re, delle Regine e dei Principi che le usarono; degli architetti che le disegnarono; degli artigiani che le costruirono; degli artisti che le abbellirono. Carrozze di gala, non di viaggio: destinate, quindi, a grandi cerimonie di corte in cui i sovrani si mostravano ai loro sudditi. In Antico Regime la corte era riservata alle poche centinaia di persone (nobili e borghesi) che vi lavoravano. In assenza dei moderni mezzi di comunicazione, per la maggior parte delle persone vedere i propri sovrani era un evento raro. Ciò si verificava in pochi occasioni: a teatro, quando il Re e la sua famiglia vi assistevano alla rappresentazione di un opera o d una festa; nelle grandi cerimonie pubbliche, come quelle cui prendevano parte le carrozze che qui si espongono; in chiesa, durante particolari funzioni. Vi erano poi i momenti in cui i sovrani si spostavano da una residenza all altra o compivano un viaggio: in questo caso sempre le carrozze -ma anche le barche, come il Bucintoro di Carlo Emanuele III- erano il mezzo attraverso cui il popolo poteva vedere, pur per un rapido momento, il proprio Re. Essendo le carrozze di gala un momento in cui il re si esponeva, è chiaro che esse dovevano esser quanto più splendide possibile. Non stupisce, quindi, che per la loro realizzazione ci si servisse spesso degli stessi artisti e maestranze attive a teatro e a corte. Da Juvarra a Pregliasco molti progettisti di carrozze furono, infatti, anche scenografi teatrali. Ma l atto di mostrarsi comportava i suoi rischi: da Enrico IV nel 1610 ad Umberto I nel 1900 furono diversi i sovrani assassinati mentre erano in carrozza. Se le moderne automobili, almeno nella struttura esterna, sono dirette discendenti delle carrozze, si può dire che ne abbiano raccolto l eredità anche in questo ruolo d ostensione del potere, con i rischi che si sono detti, basti pensare all assassinio di Kennedy mentre nella macchina presidenziale scorreva fra ali di folla, esattamente come avrebbe fatto un secolo prima un sovrano. Le carrozze di gala erano quindi una sorta di teatro in movimento, dove si rappresentava lo spettacolo della sovranità, con le sue glorie ed i suoi pericoli. La mostra si divide nelle seguenti sezioni: 1. Carrozze e portantine di Principi 2. Il Berlingotto di Vittorio Emanuele I e le carrozze dei Savoia tra 700 e 800 3. Le carrozze della Restaurazione per i sovrani italiani: Papi, Re e Granduchi 4. Carrozze ed automobili dei Re d Italia

Berlina di gala del principe Chigi 1776 circa. Provenienza: dono Chigi Albani della Rovere, 1950 legno intagliato, dorato e dipinto, ferro, bronzo dorato, cuoio, cristallo Larghezza ai mozzi cm 204 Altezza cm 240 Lunghezza cm 500 Roma, Museo di Roma, inv. MR 45372 La berlina di gala, donata dalla famiglia Chigi al Museo di Roma nel 1950, costituisce un significativo esemplare di questa tipologia di vettura che si afferma in Europa nel corso del Settecento, raggiungendo elevati standard di sicurezza, comodità ed eleganza (Libourel 2012, pp. 116-11: Lattanzi in questo catalogo). Tradizionalmente la berlina del Museo è stata identificata con una delle due che le fonti ricordano commissionate in Francia da Sigismondo Chigi, in occasione delle sue seconde nozze con Giovanna Medici d Ottajano, celebrate a Napoli il 10 novembre 1776. In particolare negli Avvisi della cancelleria ducale di Modena viene descritto il rientro solenne degli sposi a Roma, il 22 novembre successivo, e i festeggiamenti durante i quali furono spiegate ricche livree e poste in giro grandiose carrozze fra le quali due considerevoli, fatte venire da Parigi ( Ademollo, 1881, pp. 13-14). Alcuni documenti nell archivio Chigi confermano che le carrozze erano state consegnate poco prima del matrimonio. Infatti alcune ricevute datate 5 e 10 luglio 1776, documentano le spese sostenute dal principe per il trasporto a Civitavecchia e da qui a Roma di due carrozze ricevute da Marseille (Roma, Biblioteca Apostolica Vaticana, Archivio Chigi, n. 2482, f. 627). Il 31 luglio dello stesso anno un altra ricevuta attesta il pagamento a Stefano Ruffini per l assistenza prestata alle nuove carrozze venute di Francia (ivi, f. 632). Infine, nel registro dei mandati di Sigismondo Chigi, il 13 settembre 1776, si rintraccia un saldo a Mastro Filippo Bertaccini Facocchio e Ferracocchio per l importo delli lavori fatti al serv.o delle due Carrozze nuove di Parigi (ivi, n. 1018, f. 11).

Nel treno della berlina del Museo di Roma sono presenti le due flèches parallele, in legno e ferro, dette brancards, principale innovazione della berlina, utile a garantire maggiore stabilità. In forma sinusoide, le flèches si collegano agli assali delle ruote di cui le anteriori misurano quasi la metà delle posteriori. La cassa è sospesa a cinghioni in cuoio trapunto fissati a molle diritte, dette a frusta, che precedono di qualche anno l adozione delle più efficaci molle a C, e sono formate da fogli di ferro sovrapposti, secondo una tecnica di fabbricazione inglese confermata dall iscrizione Slater London e dai punzoni con tre corone reali visibili sulle stesse molle. La supremazia britannica nella lavorazione del ferro, negli anni Settanta del Settecento, è spesso confermata dal marchio inglese rintracciato nei treni di carrozze di fabbricazione francese o italiana (Libourel, 1990, p. 78; Pronti, 1985, p. 104, n. 2 ). La serpa della berlina Chigi è posta quasi all altezza del cielo secondo il criterio invalso di ampliare la visibilità del cocchiere, mentre posteriormente è collocato il palchetto per altri due lacchè. La linea semplificata e agile della cassa, arrotondata in basso, con due sportelli laterali, sei luci sagomate con cristalli molati, la riconduce a modelli dell ultimo quarto del secolo. Su un fondo dorato a missione, al centro dei quattro lati, sono dipinti a olio, con trattamento a gomma lacca, piccole nature morte allusive alle quattro stagioni, entro ovali circondati da ghirlande di ulivo e foglie di quercia, simboli araldici della famiglia. Analoghe ghirlande vegetali circondano quattro trofei di oggetti allegorici delle arti e delle scienze, dipinti ai lati degli ovali. La decorazione è completata da una cornice a piccole foglie in legno intagliato e dorato che corre lungo i bordi della cassa, e dall imperiale in bronzo dorato a motivi vegetali e perline. Ancora ghirlande a piccole foglie e a motivi di acanto in legno intagliato, dorato o dipinto in rosso, decorano la struttura del treno. Il tetto e il pavimento della cassa sono in cuoio marrone imbullonato. Della tappezzeria originale, un velluto controtagliato a motivi regolari di roselline iscritte in rombi, sostituita in un restauro del 1979, restano alcuni frammenti incollati all originario rinforzo in carta, costituito da fogli a stampa dove è ancora possibile leggere alcune righe in francese e la datazione du 16 April 1773 (Museo di Roma, inv. MR 45361). Le novità tecniche e la raffinatezza decorativa, che contempera la delicatezza rococò dei piccoli fregi e lo splendore del fondo d oro con il gusto neoclassico della linea e delle cornici, permettono di ricondurre la berlina ad una manifattura francese degli anni Settanta - purtroppo non identificata - e sembrano inoltre attagliarsi alla cultura del committente. Sigismondo Chigi, discendente della nobile famiglia di origini senesi assurta al potere con l elezione al soglio pontificio di Alessandro VII, investito dei titoli perpetui di Maresciallo di Santa Romana chiesa e Custode del Conclave, si dedicò alla letteratura, alle arti, all archeologia e alle scienze, manifestando idee vicine alla cultura illuminista e agli ideali politici più avanzati (Petrucci, 1998; Caracciolo, 2001). Nella corte conservatrice di Pio VI, mentre si diffondevano le preoccupazioni del contagio della rivoluzione francese, i suoi orientamenti gli costarono il coinvolgimento in un processo per veneficio e l esilio nel 1790. Nel 1792 con la sua morte a Padova, si concludeva un esistenza complessa e controversa, tipica delle contraddizioni di una cultura romana aristocratica, affascinata dalle idee rivoluzionarie e dai progressi delle scienze, ma ancora immersa nelle consuetudini di una società di privilegi e rituali del potere che la berlina di gala sopravvissuta sembra ben rispecchiare. Lo splendido manufatto conservato dalla famiglia attrasse l attenzione dei circoli artistici della Roma postunitaria, dediti all organizzazione di mascherate di rievocazione storica secondo il gusto eclettico di fine secolo (Ceccarius, 1950). Una fotografia di Henry Le Lieure, conservata al Museo di Roma (inv. AF 6651), mostra proprio la berlina Chigi impiegata nella famosa mascherata del principe di Corcumello, messa in scena per il carnevale del 1880 (Clementi, 1938, pp. 476-477, Spinazzè 2010, p. 113). Ademollo, 1881, p. 14; Clementi, 1938, pp. 476-477, Ceccarius, 1950; Lefevre, 1973, p. 2; Spezia 2002, p. 83; Spinazzè 2010, p. 113). Rossella Leone

Carrozza della famiglia Asmundo Bottega Italia meridionale, sec. XVIII seconda metà 435 (l) x 241 (h) x 189 (profondità); diametro ruota posteriore 186 cm; diametro ruota anteriore 80 cm inv. Bardini n. 3021 Firenze, Palazzo Pitti, Museo delle carrozze Carrozza di gran gala proveniente da Palazzo Mozzi Bardini in Firenze e acquisita, con l eredità dell antiquario Stefano Bardini, allo Stato Italiano alla fine degli anni Novanta. Di ambito meridionale, con ricchi intagli in legno dorato, fu con ogni probabilità realizzata nella seconda metà del XVIII secolo. La berlina presenta un cocchio a valva di conchiglia rosso e oro. Scene arcadiche decorano le specchiature della vettura: al centro di ciascun lato si trova una scena in cui figure pastorali si situano entro paesaggi con rovine architettoniche, contornata da allegorie delle quattro stagioni (due per ciascun lato del carro) raffiguranti ognuna un putto in volo recante rispettivamente un braciere (inverno), un fascio di grano (estate) e, sulla parte opposta della cassa, un vassoio di fiori (primavera) e una cornucopia di uva (autunno). Altre due scene, sempre con architetture dorate e uccelli in volo, si situano sulla parte anteriore e sul retro del carro. Sul lato posteriore l obelisco presenta un arme nobiliare d oro, a tre fasce di rosso sormontate da un campo d oro caricato di un leone leopardito individuata come quella della famiglia siciliana degli Asmundo (Scalini 1998, p. 41). La famiglia, di antica nobiltà, nel 1730 fu investita del titolo di baroni di Gisira. Il 25 maggio 1763 Don Antonio Ventimiglia vendette a Michele Asmundo Landolina il titolo di principe di Sant Anna, che gli spettava per eredità di Vittoria Valguarneri e Scribani sua ava (Castelli di Torremuzza 1820), e che l Asmundo fece commutare in quello di principe di Gisira.

Lo stemma permette quindi di datare la berlina successivamente al 1763. La carrozza è stata oggetto, nel 1998, di un delicato intervento di consolidamento delle parti lignee e pittoriche, a conclusione del quale è stata esposta per breve periodo nelle sale del Quartiere Monumentale della Fortezza da Basso di Firenze (I tesori di un antiquario, 4 dicembre 1998-3 gennaio 1999). Da allora la berlina si trova presso il Museo delle Carrozze di Palazzo Pitti. V. Castelli di Torremuzza, Fasti di Sicilia descritti da Vincenzo Castelli principe di Torremuzza, Messina, Giuseppe Pappalardo 1820, pp. 398-403 - M. Scalini, in Galleria di Palazzo Mozzi-Bardini I tesori di un antiquario, a cura di C. Acidini Luchinat e M. Scalini, Livorno, Sillabe, 1998, scheda n. 16, pp. 41-43 - L. Contini, Scheda di catalogo OA n. 09/00644047, 2010 - F. Navarro, M. Lattanzi, Il Museo delle Carrozze di Palazzo Pitti, di prossima pubblicazione Simona Mammana

Carrozzino da giardino per bambini Manifattura piemontese, terzo quarto del XVIII secolo Legno intagliato e laccato, dipinti a olio, velluto, bronzo, 92 x 235 x 82 cm Torino, Palazzo Madama Museo Civico d Arte Antica, inv. 1410/L Il carrozzino presenta due posti allineati nel senso di marcia. Le parti lignee sono intagliate a volute vegetali e laccate di rosso, i sedili sono decorati sui fianchi con scene mitologiche dipinte a olio. Sul sedile anteriore sono raffigurati Giove con l aquila e Danae, su quello posteriore Giunone con il pavone, sui fianchi putti in volo e sul davanti paesaggi boschivi. Le fodere in velluto rosso sono di restauro (2005). I carrozzini da giardino non erano intesi solo per il piacere dei giovani principi, ma servivano anche a insegnare l arte di guidare le carrozze. Talvolta le ruote venivano foderate di feltro per proteggere i sentieri ben curati dei giardini o quando, nella stagione fredda, essi venivano usati all interno delle residenze. In genere, questo tipo di carrozzino veniva tirato da pony, pecore o capre, cani (si veda il ritratto dei figli del Duca di Bovino di Nicola Maria Rossi al Museo Civico Gaetano Filangieri di Napoli, per cui CATELLO 1988, p. 356). Non era esclusivo appannaggio dei bambini: le dame utilizzavano vetture simili per le passeggiate in giardino, per motivi di salute, per divertimento o per mostrarsi alla moda, come si vede nel dipinto di Nicolas Lancret del Musée des Beaux Arts di Nantes che raffigura l arrivo di una dama su una chaise da giardino tirata da quattro grossi cani (GERIN-PIERRE 2005, p. 147 n. 155). In questi casi, la tipologia più diffusa soprattutto in Inghilterra - era quella del leggero phaeton, un tipo di carrozzina da giardino particolarmente agile e molleggiata, da cui prese le mosse quella spinta a pedali (vedi esemplari al Nymphemburg per cui WACKERNAGEL 2002, pp.110-115). Il carrozzino di Palazzo Madama riprende la forma della vettura da giardino a quattro posti illustrata nel trattato sulla costruzione delle carrozze di André-Jacob Roubo (ROUBO 1771, p. 590 e tav. 220, fig. 1).

Le chaise da giardino sono descritte come vetture a due, tre o quattro ruote, tirate da uomini, utilizzate principalmente da re e regine, per le dame o le persone malate che volessero concedersi il piacere di una passeggiata, normalmente spinte da uomini. L inconveniente era che i sedili erano alti uguali, quindi chi stava davanti impediva la vista a chi stava dietro. Questo spiega perché il seggiolino posteriore del carrozzino in questione è leggermente rialzato rispetto a quello anteriore. Si trattava in genere di vetture robuste, ma rudi, perchè la cassa poggiava direttamente sugli assi e aveva poca elasticità. Le stesse caratteristiche di robustezza e agilità si ritrovano nelle carrozze da caccia, che dovevano adattarsi a terreni senza sentieri. Il museo di Palazzo Madama possiede un altro carrozzino di probabile provenienza da casa Savoia (MIDANA 1924, p. 242, fig. 449), di tipo diverso, più vicino alla concezione della carrozza da caccia. Essendo montato su cinghie, permette un movimento più ammortizzato; è attrezzato con due sedili, uno anteriore più piccolo destinato al cocchiere e uno posteriore decisamente più grande (1410/L). Il carrozzino presenta intagli di gusto settecentesco, collocabili appena dopo la metà del secolo. Spesso accadeva che le parti decorative delle carrozze si rovinassero e venissero ripinte: questo spiegherebbe un possibile scarto temporale tra gli intagli e i pannelli dipinti, di tardo Settecento, già ipotizzato in passato (Il tesoro della città 1996, p. 174). L opera pervenne al Museo nel 1951 come acquisto dall antiquario torinese Pietro Accorsi, che attingeva soprattutto al territorio del Piemonte. E piemontese sembra essere il carrozzino, frutto della collaborazione di un mastro carrozziere e di un pittore alla maniera di Vittorio Amedeo Cignaroli, del genere di quelli che decoravano soffitti, lambriggi, fregi, stemmi per le residenze della corte e delle famiglie aristocratiche sabaude. Abbiamo notizia, per esempio, che nel 1700 Giovanni Luigi Buffi venne pagato per le pitture del carrozzino della Serenissima Principessa di Carignano e nel 1709, i pittori Ambrosio Chiaputioni e Giovanni Francesco Fariano vennero pagati per «pitture con ornamenti verdi sopra l oro, puttini ed altro fatto alla gabbia del carrossino del Serenissimo Principe di Piemonte» (VESME 1963-1982, vol. I p. 33). BELLONI 1901, pp. 52-54; Mostra del Barocco piemontese, fig. 391; MALLÈ 1972, p. 200, fig. 292; Il tesoro della città 1996, p. 174 scheda n. 362 di F. Corrado. Clelia Arnaldi di Balme

Berlingotto di gran gala del Duca Vittorio Emanuele Amedeo Demonte (carrozziere), Vittorio Rapous (pittore), Giuseppe Maria Bonzanigo (intagliatore),torino 1789 Roma, Palazzo del Quirinale, Museo della Carrozze, inv. n. PR14421 legno intagliato dipinto e dorato; ferro, cuoio; velluto color cremisi; misure: 450 x 248 x 176 Restaurata nel 2008 (Ditta individuale Matteo Rossi Doria, Roma) Coupé a due posti e sei luci con palco per cocchiere e pedana posteriore per staffieri; presenta molle C, assali in ferro a grasso e pignoni in bronzo dorato decorati con motivi vegetali. La cassa, profilata da cornici lignee intagliate e dorate, è dipinta, su fondo giallo oro, con figure femminili allegoriche e putti che sorreggono medaglioni con il monogramma VE sormontati dalla corona, sugli spigoli sono presenti trofei a tutto tondo, quelli superiori presentano gli stemmi del Regno di Sardegna, mentre l imperiale è arricchito da un fregio e tralci d olivo con un medaglione recante le iniziali VE ; la cassa presenta copertura fissa e montatoi reclinabili a libretto, ripiegabili all'interno, tappezzati in velluto; nella parte inferiore, la cassa reca un fregio bronzeo con motivi eguali a quelli che ornano l'imperiale. L interno, interamente in velluto di seta cremisi, è arricchito da cuscini, tendine e galloni dorati. Il palco del cocchiere, sorretto da bracci ornati con la personificazione del sole ed elementi vegetali, presenta sulla pedana draghi alati e un ovale al centro nel quale è rappresentato Giove sull aquila, mentre la pedana degli staffieri è decorato con elementi fitomorfi. Il palco presenta inoltre una copertura in velluto cremisi ornata con tre ordini di frange, nappe e guarnizioni in filato dorato, al centro figura ancora il monogramma "VE" sormontato dalla corona reale. La Pettenati (1987) ha posto in relazione alla carrozza una serie di disegni, conservati al Museo Civico di Arte Antica di Torino, dei disegni firmati Pautasso à Turin, due dei quali assai simili al berlingotto del 1789.

Il Berlingotto viene realizzato in occasione delle nozze del Duca d Aosta Vittorio Emanuele con Maria Teresa Asburgo Este celebrate a Novara nell aprile del 1789. L importanza delle nozze fra il secondogenito di Vittorio Amedeo III di Savoia e la figlia di Ferdinando d Asburgo Lorena, governatore di Milano, è attestata dalla cronaca che il marchese di Villanovella, gran maestro delle cerimonie della corte sabauda, redige sull avvenimento: Riconosciuta dall augusta sposa tutta la Reale famiglia e fatti scambievolmente i primi complimenti, il re con essa e con tutti li principi e principesse rientrò per brevi momenti nel padiglione ed avendo domandato li equipaggi volle darle il braccio ed averla a sua destra nella propria carrozza col real duca suo sposo. Nella seconda carrozza entrarono le LL. AA. RR. li Signori principe e principessa di Piemonte, duca di Monferrato e duca del Genevese e nella terza il real conte di Moriana, li reali duchi e duchessa del Chiablese e madama Felicita, preceduta le dette tre carrozze delle persone reali di quelle de cavalieri delle rispettive corti, per ordine di precedenza, nello stesso ordine le seguivano quelle delle dame. In tal modo e col seguito suddetto s avviò la real corte a Novara e andò direttamente a discendere dal duomo. I festeggiamenti, contraddistinti da sontuosi cortei di carrozze che attraversano la città, proseguono a Venaria Reale per poi concludersi a Torino. In ognuna delle regge Giovanni Battista Piacenza e il suo collaboratore Carlo Randoni costruiscono appartamenti per gli sposi contraddistinti da uno stile aggiornato e elegante, corredati da una decorazione pittorica e plastica di altissima qualità ed arredati con mobilia dei più famosi intagliatori del momento quali Francesco Bolgiè e Giuseppe Maria Bonzanigo. L importanza del matrimonio non dipendeva esclusivamente da motivi diplomatici e politici negli intenti della diplomazia sabauda l alleanza con la potenza asburgica si poneva come baluardo militare contro gli sconvolgimenti politici e istituzionali che stavano accadendo nella vicina Francia -, ma anche e soprattutto da motivi dinastici in quanto il principe primogenito Carlo Emanuele, sposato fin dal 1775 con Clotilde di Francia, non aveva avuto figli e, dunque, le nozze del Duca d Aosta divenivano prioritarie per garantire un erede al trono. La carrozza degli sposi deve rappresentare al meglio l importanza delle nozze e per questo è realizzata dai migliori artisti attivi a Torino alla fine del XVIII secolo. La carrozza viene realizzata da Amedeo Demonte, che si fregiava del titolo di fabbricatore di carrozze per Sua Maestà ed è dipinta da Vittorio Rapous, allievo di Beaumont e ricordato come pittore in fiori, decorazioni ed animali, soggetti religiosi e, soprattutto, decoratore di carrozze fin dal 1774, anno nel quale sono registrati pagamenti per pitture eseguite su svariate carrozze come quella di Madama Felicita, sorella del re Vittorio Amedeo III, e per le figure istoriate attorno la carrozza di rispetto della principessa di Piemonte. Per quanto i documenti tacciono su chi abbia realizzato gli intagli della carrozza, è plausibile ipotizzare che la decorazione lignea lavorata sia eseguita da Giuseppe Maria Bonzanigo che negli stessi anni 1788 1789 è impegnato proprio per l allestimento dell appartamento dei Duchi d Aosta nel Palazzo Reale di Torino.

La decorazione allegorica del Berlingotto, istoriato con figure di virtù sui quattro lati della cassa, riprende il clima culturale che anima Milano e Torino nella primavera del 1789. Alla Scala va in scena, in onore degli sposi, il ballo Amore e Psiche del grande coreografo Gasparo Angiolini. A Torino il commediografo Giacinto Andra pubblica, per i tipi Dal Mairesse, l operetta L evento prodigioso e il ritornello cantato dal coro nelle battute iniziali dell operetta, emblematicamente sintetizza le aspettative verso il matrimonio dei due giovani sposi: Lungi lungi l affanno funesto, Dì più grande, o più lieto di questo No non vide l Italia finor. Giuseppe Mazzola dipinge a Roma e invia a Torino il dipinto Peleo e Teti come simbolo mitologico dell unione matrimoniale. Le Allegorie dipinte dal Rapous sui fianchi della carrozza rimandano a questa fitta rete di relazioni culturali simboleggiando le virtù maschili, raffigurate sul lato destro del Berlingotto, della Giustizia e del Dominio di sé, mentre sul lato sinistro sono esaltate le virtù femminili della Forte Purezza che si fonda sulla Fedeltà. Che il lato sinistro del Berlingotto sia quello riservato alla Duchessa, lo suggerisce la figura della Pace, con una fisionomia fortemente caratterizzata, tanto da lasciare supporre che si possa trattare di un vero e proprio ritratto dell arciduchessa all età di sedici anni. L immagine di Giove posta sulla pedana del cocchiere, infine, si pone come figura che guiderà la virtuosa coppia nel corso del viaggio della vita. Il Berlingotto di Vittorio Emanuele sintetizza, dunque, non solo il clima culturale della primavera del 1789, ma rispecchia in modo emblematico le aspettative e le speranze del potere che, presentandosi ai sudditi tramite l elegante berlina, mostra le linee di sviluppo politico e diplomatico in quegli anni nei quali il mondo dell Antico Regime sta per scomparire. S. Pettenati, Forniture per la corte: vetri, specchi, cristalli, porcellane, carrozze, in Arte di corte a Torino da Carlo Emanuele III a Carlo Felice, a cura di S. Pinto, Torino, Cassa di Risparmio di Torino, 1987, pp.215-248, in part. p.248, fig.27. Carrozze libri e corredi di scuderia del Quirinale, Roma Capitale 1870 1911, catalogo della mostra, Venezia, Marsilio Editori, 1983, pp.58-59 E.Carnelli - E.Coppola, Carrozze e livree, coordinamento di K. Aschengreen Piacenti, Roma - Milano, Editoriale Lavoro - Electa, 1992, p.77 M. Lattanzi, Le carrozze della Galleria, in Le carrozze del Quirinale, a cura di L. Godart, Roma, Segretariato Generale della Presidenza della Repubblica, 2009, p.177-219, in part. pp.88-109 Marco Lattanzi

Berlina pontificia di gala con trono Fratelli Casalini, Roma 1825 circa Cm. 500 x 270 x 190. Inv. MV 45553 È internamente predisposta come una sala del trono la splendida Berlina Pontificia di Gala risalente al pontificato di Leone XII, al secolo Annibale Sermattei della Genga, rimasto sul Soglio di Pietro dal 28 settembre 1823 al 10 febbraio 1829. Realizzata a Roma probabilmente verso la fine del 1825 per essere trainata da quattro cavalli, i suoi costruttori furono gli affermati Fratelli Casalini, fabbricanti e negozianti di carrozze rinomati non solo in Italia, ma anche all estero, i cui laboratori si trovavano in via Margutta, nei pressi di Piazza di Spagna, ed erano in grado di costruire ogni tipologia di carrozza. La loro firma compare infatti sui pignoni delle ruote. Sormontata da quattro pennacchi, che secondo il protocollo distinguono il Servizio Pontificio di alcune cerimonie solenni, al suo interno, interamente tappezzato in damasco di seta cremisi, è posizionato un trono sovrastato da un capocielo, finemente ricamato a rilievo in filo d argento, con la rappresentazione della colomba dello Spirito Santo al centro di una raggiera d oro. Realizzata in legno e metallo, essa è magnificamente decorata con intagli dorati in ogni sua parte. Mentre il sottocarro a otto balestre (quattro ellittiche e quattro alla Polignac) è scolpito e dipinto di rosso con bordi in oro, l imperiale, verniciato nero, è finemente decorato da una fascia a racemi d acanto monocromi. Il coronamento, poi, è arricchito da un fregio in bronzo dorato composto da serafini alternati a motivi vegetali. Fregio che ai quattro angoli, in corrispondenza dei pennacchi a foglie d acanto, presenta le chiavi decussate e il triregno, simbolo dell autorità pontificia, sorretto da figure semi-vegetali.

Di damasco in seta cremisi è tappezzata anche la serpa per il cocchiere, che si trova innalzata quasi al livello del tetto dell imperiale, lasciando appena intravedere una delle tre finestre che danno luce al suo interno. Le altre due fanno parte delle portiere, dove compaiono gli stemmi del beato Pio IX (Giovanni Maria Mastai Ferretti, papa dal 1846 al 1878) e di san Pio X (Giuseppe Melchiorre Sarto, papa dal 1903 al 1914). Lo stemma di san Pio X, in particolare, ci testimonia che questa Berlina è stata dunque utilizzata per cerimonie solenni fino agli inizi del Novecento. È risaputo che san Pio X per i suoi spostamenti, così come per le passeggiate nei Giardini Vaticani, preferì usare sempre la carrozza, tanto che quando nel 1909 l arcivescovo di New York gli offrì in dono una Itala 20/30, l auto verrà rifiutata perché troppo rumorosa. Bibliografia: L Illustrazione Vaticana, II, 1931, n. 16, p. 13; P. Amato, Museum of the Papal Carriages in the Vatican, Ed. Musei Vaticani, 2006, pp. 50-55. Sandro Barbagallo

Berlina di gala di Ferdinando II di Borbone Bottega napoletana, 1838 450 (l) x 345 (h) x 180 cm (profondità); diametro ruota posteriore 145 cm; diametro ruota anteriore 84 cm inv. Firenze1882, n. 36 Firenze, Palazzo Pitti, Museo delle carrozze Berlina di gran gala appartenuta a Ferdinando II di Borbone (1810-1859), re delle Due Sicilie. Il carro è in legno intagliato e in ferro dipinto di rosso a motivi dorati. Bracci di legno scolpito terminanti a testa di grifo sostengono il sedile del cocchiere che è rivestito di seta cremisi, bordato di seta e argento filato e guarnito da tre serie di nappe, a cui si alternano stelle di rame sbalzato e dorato. L interno della cassa è in moirè di seta bianca guarnita da galloni cremisi, frange, e nappe in argento e oro. Sul soffitto un grande rosone geometrico ricamato in seta cremisi, argento filato e pailletes. La cassa è in rame dorato con applicazioni sui lati in argento sbalzato che raffigurano le allegorie di Napoli e Palermo, personificate da due vecchi sovrani recanti gli emblemi delle due città. Al centro l arme dei Savoia, applicata posteriormente, quando, con l annessione del Regno delle Due Sicilie al Regno d Italia, la carrozza entrò a far parte del patrimonio sabaudo. Sopra la berlina una figura di Fama alata in ottone dorato sorregge la corona reale adorna di finte pietre colorate. Di gusto pienamente internazionale, la carrozza si presenta vicinissima nella sobrietà decorativa alla berlina di gala di Ferdinando I di Borbone del Museo di San Martino a Napoli (Catello 1988, p. 357).

La realizzazione della berlina in mostra, la cui esecuzione le fonti collocano nel Palazzo Reale della Corte Borbonica a Napoli, risale al 1838; artefici ne furono gli artigiani della Real Casa: il costruttore è da riconoscersi in Salvatore Emmanuele, ed il pittore in Raimondo Pionica (Roma 1869). Il sontuoso carro fu destinato dai Borbone a importanti cerimonie mondane: della berlina è noto infatti l uso per la visita dei reali al santuario di Piedigrotta l 8 settembre di ogni anno (ibidem); inoltre la carrozza venne usata per due solenni circostanze, quando Ferdinando II si recò alla Basilica di S. Francesco di Paola per il giuramento della Costituzione (1848) e per condurre Francesco II al Duomo dopo la sua ascensione al trono (1859) (ibidem). L aureo carro si trovava ancora a Napoli alla fine del 1862 (Napoli 1862; Capuano 1998, p. 15), ma già prima del 6 settembre 1860 era stato modificato in modo da segnalare l avvenuto passaggio ai nuovi proprietari, i regnanti Savoia, attraverso l applicazione degli stemmi in argento della famiglia reale ad opera della ditta napoletana Michele e Gennaro Pane, argentieri e cesellatori attivi a Napoli nella seconda metà del XIX secolo (Capuano 1998, p. 15). Non essendo alla data del 1862 ancora pervenuta nelle scuderie fiorentine di pertinenza reale, la berlina non poté venire censita nell Inventario estimativo di Legni e Finimenti di gala esistenti nei locali delle Reali Scuderie di S. Marco in redatto in quell anno a Firenze in data 5 dicembre (Firenze 1862). Comparirà negli inventari fiorentini soltanto in occasione della successiva inventariazione dei legni di dotazione della corona nel 1882 (Firenze 1882, n. 36). La carrozza era comunque pervenuta nella capitale ben prima di quella data: se il termine post quem di arrivo è infatti costituito dal 31 dicembre 1862, data in cui la berlina è ancora documentata a Napoli, certamente giunse a Firenze prima del 22 novembre 1865, quando ne è attestato l uso nel corteo per l arrivo di Maria Pia, figlia di Vittorio Emanuele II, e del consorte Luigi I del Portogallo. In quella occasione, che seguiva di pochi giorni l apertura della nona legislatura del Parlamento, l arrivo a Firenze dei reali di Portogallo fu salutato con una festa solenne, durante la quale otto carrozze di gran parata percorsero il tragitto dalla stazione alla reggia di Palazzo Pitti. Sulla seconda del corteggio, presero posto Maria Pia e Luigi, il figlioletto e il principe Umberto (Pesci 1904, p. 80; La nazione, Cronaca fiorentina, 23 novembre 1865): fu proprio l antica berlina borbonica tirata da sei cavalli ad essere in quella circostanza utilizzata come vettura reale (Archivio Gallerie Fiorentine, Elenco di Berline e finimenti storici, furgoni da guerra, altre carrozze e attrezzi affini, foglio volante con annotazioni inserito all interno dell Inventario Firenze 1882). Non è da escludere che la carrozza venisse usata in altre circostanze da parata, quando ad esempio il 3 maggio 1868 nel corso dei festeggiamenti fiorentini per le nozze di Umberto di Savoia con Margherita, un corteo delle più importanti carrozze di gran gala delle Scuderie Reali percorse la città di Firenze dalle Cascine fino a Palazzo Pitti, o ancora quando il 6 ottobre 1870 una rappresentanza della Giunta provvisoria del Governo di Roma giungeva a Palazzo nelle carrozze di gala scortate da un picchetto di cavalleria e da un battistrada di corte (Gensini 2003, pp. 525 e 532). Napoli, Archivio di Stato, Inventario delle reali Scuderie, a.s.n., Casa Reale Amministrativa, III inventario, s. Inventari, fs. 15, Inventario dei legni ed altro esistenti nelle Reali Scuderie di Napoli a tutto il 31 dicembre 1862 - Firenze, Archivio delle Gallerie Fiorentine, Inventario estimativo di Legni e Finimenti di gala esistenti nei locali delle Reali Scuderie di S. Marco, 1862 - La nazione, Cronaca fiorentina, 23 novembre 1865 - Roma, Archivio Centrale di Stato, Archivio della Real casa, Reali Scuderie, varie, pos. XXVI, 39, 1869 - Firenze, Archivio delle Gallerie Fiorentine, Inventario delle Carrozze, Finimenti, Bardature ed altro in dotazione alla corona ed esistenti come appresso, 1882 - U. Pesci, Firenze capitale, Firenze, Bemporad 1904 - L. Ragusi, scheda di catalogo OA n. 09/00160470, 1983 - E. Catello, La carrozza napoletana nel XVIII secolo, in Scritti di storia dell arte in onore di Raffaello Causa, Napoli, Electa 1988, pp. 351-358 - R. Capuano, Signori in carrozza, in MCM La storia delle cose, n. 39 (1998), pp. 14-16 - V. Gensini, Alla reggia dei Savoia, in Vivere a Pitti. Una reggia dai medici ai Savoia, a cura di S. Bertelli e R. Pasta, Firenze, Olschki 2003, pp. 507-536 - F. Navarro, M. Lattanzi, Il Museo delle Carrozze di Palazzo Pitti, di prossima pubblicazione Simona Mammana

Berlina di gran gala del granduca Ferdinando III di Lorena Bottega di Francesco Busi e Alessandro Dani, Firenze, 1817-1818 Firenze, Museo delle Carrozze Inv. 1882, n.38 E questa la prima delle berline di gran gala, eseguita nel 1817-1818 e destinata al granduca in persona, facente parte di una serie di carrozze della stessa tipologia, prevista nell ambito del programma di rinnovamento del parco dei mezzi di trasporto in dotazione al Granducato. A conferma di un procedimento costruttivo restato immutato nei secoli, la costruzione è affidata al concorso di maestri specializzati ognuno nel suo settore di competenza. Il cassaio Cantini, e il verniciajo Giovanni Sborgi, il carrozziere Gaetano Salimbeni e i bronzisti Cioci e Gori e il magnano Giuseppe Rofanelli, l intagliatore Paolo Sani e il pittore Antonio Marini, il vetraio Francini e lo spinettaio Mazzuoli, i doratori Casati e Favi e il fornitore di velluti e tappeti Podestà, si consorziano per questa importante commissione sotto la responsabilità dei valigiaj Busi e Dani. La berlina di gran gala fu consegnata alle Scuderie Granducali il 30 giugno 1818 e la spesa totale fu di 7500 zecchini, comprendendo la fornitura di una muta di finimenti da gala per sei cavalli. Fra i maestri impegnati nell impresa spiccano di nomi, oltre che del pittore Antonio Marini, quello dei bronzisti Cioci e Gori, e dell intagliatore Paolo Sani. Il Sani, in particolare, sarà di lì a poco molto impegnato nella costruzione degli splendidi tavoli destinati ad arredare le sale del Quartiere di Pietro da Cortona della nascente Galleria Palatina (1818) e di numerosi altri raffinati arredi per gli ambienti di Palazzo Pitti.

Sulla cassa dorata della berlina il giovane Antonio Marini - anch egli in seguito molto attivo per i granduchi lorenesi- rappresenta in chiave allegorica il tema della continuità dinastica e della successione ininterrotta fra i Medici e i Lorena, sotto il segno unificante della liberalità politica e culturale. Il programma iconografico comprende tre dei granduchi medicei, ciascuno rappresentante il secolo in cui vissero, assisi in quadrighe trionfali accompagnati dalle figure dei loro insigni protetti: sul lato sinistro Cosimo I con Giorgio Vasari e sul destro Cosimo II con Galileo, sulla cassa posteriore Lorenzo il Magnifico con Poliziano, cui corrisponde sulla cassa anteriore la raffigurazione del granduca lorenese, Pietro Leopoldo circondato da eroti con simboli dell abbondanza e dei commerci. Di grande eleganza è anche l interno dell abitacolo, rivestito di velluto verde con galloni e passamanerie di elaborata fattura e grande preziosità per la profusione dei ricami con fili d oro e di seta, dove è ripetuto il motivo a meandri fitomorfi che appare sul bordo di bronzo dorato che corre lungo la cassa. A completamento del programma iconografico finalizzato alla celebrazione della dinastia mediceo-lorenese e della loro munificenza, anche gli sportelli delle altre due carrozze costruite per le alte cariche del seguito del granduca- di simile struttura portante e forma della cassa- presentano figure allegoriche. La Vittoria alata, la Giustizia e la Pace, la Temperanza e la Prudenza, e l Abbondanza / Cerere e la Sapienza / Mercurio appaiono dipinte nella seconda berlina realizzata nel 1819 (carrozza Inv.1882, n. 40). Infine la terza berlina, dell anno seguente, reca le immagini delle Muse, delle Tre grazie e l allegoria della Poesia e della Pittura (Carrozza Inv. 1882, n.39). Fausta Navarro

Berlina dorata di gala Ditta Cesare Sala, Milano 1877 Roma, Museo della Motorizzazione Militare, inv. n. PR28192 legno intagliato dipinto e dorato, ferro e bronzo dorato; raso bianco; misure: 490 x 230 x 180 Restaurata nel 2011 (Consorzio Recro, Roma) Nel 1868 il Grande Scudiere del Re, il conte Federico di Castellengo, su espresso ordine del re Vittorio Emanuele II, commissiona alla ditta Cesare Sala di Milano una serie di berline di gran gala e, con quest atto, s inaugura la collaborazione fra Ministero della Real Casa e la ditta Sala che durerà per quasi quaranta anni. Il Grande Scudiere segue i lavori con grande cura e competenza in modo che le nuove carrozze possano divenire le berline di rappresentanza del Re d Italia primeggiando fra i legni contemporanei delle più prestigiose case regnanti d Europa e entrando in competizione anche con le antiche e magnifiche berline di gran gala sabaude. L impegno del Sala è pari all importanza della commissione avuta dalla Real Casa tanto che due berline dorate sono già pronte nel settembre del 1868 e possono far parte del corteo reale che si svolge a Firenze in occasione dell ingresso dei Principi Umberto e Margherita a Firenze Capitale. Lo stesso Grande Scudiere scrive una nota al Sala ringraziandolo per il lavoro svolto e per il rispetto della scadenza di consegna, sottolineando che le berline non avevano certo sfigurato nel corteo rispetto alla berlina degli Sposi o al Telemaco (ACS, Ufficio Reali Scuderie e Grande Scudiere, anno 1868, Posizione Firenze, Classe IV Carrozze). L impegno di Cesare Sala e la sua grande perizia ed eleganza quale costruttore di carrozze viene premiata in quanto egli riceve la commissione per la realizzazione dell intero treno delle sette carrozze reali che completa nel 1890 consegnando la Berlina dorata di gran gala.

Il carro esposto viene consegnato alle Reali Scuderie nel 1877 divenendo il carro del re prima di Vittorio Emanuele II e poi si Umberto I fino alla consegna della berlina dorata di gran gala. Nell Inventario della Dotazione Corona del 1882 è infatti rubricato con il n.1 ed ha un valore patrimoniale molto più alto rispetto alle altre berline dorate: è stimato L. 35.000 a fronte del valore di L. 20.000 di quelle consegnate fra il 1878 79 o, addirittura, dell importo ascritto per quelle più antiche del 1868 che ammonta a L. 18.000 e a L. 15.000 (ASPR, Casa Reale, Roma, Reali Scuderie, Inventario A, Stato di consistenza dei valori delle carrozze e finimenti storici, nonché di quelli moderni di gala e di gran gala considerati di pertinenza demaniale, 1882, n.5). Si tratta di una carrozza a quattro posti e otto molle, intagliata, dorata e profilata in blu, con cassa in ancora in blue delimitata da cornici dorate, sette luci con cristalli molati mobili e corone reali ornano gli angoli dell imperiale. Stemmi reali completi sulle portiere, con corone e scettri più piccoli ad indicare che la carrozza può ospitare il Ministro della Casa Reale e il Prefetto di Palazzo. La serpa in panno bianco con grandi stemmi sabaudi in bronzo mentre gli interni sono in raso bianco con appoggi e cielo a trapunta. Il Belloni (1901, p. 137) ricorda la bellezza del treno delle berline reali sottolineando come è di una eleganza e modernità ammirevoli, mentre Biscaretti di Ruffia (1963, p. 20), nel citare le più importanti berline di gala sabaude, inserisce la berlina dorata fra le vetture più prestigiose di casa Savoia. L.Belloni, La carrozza nella storia della locomozione, Torino Milano Roma, Fratelli Bocca, 1901 C. Biscaretti di Ruffia, Carrozzieri di ieri e di oggi, aggiornamento di D. Jappelli, Torino, Anfia, 1963 Carrozze libri e corredi di scuderia del Quirinale, Roma Capitale 1870 1911, catalogo della mostra, Venezia, Marsilio Editori, 1983, p.54 E.Carnelli - E.Coppola, Carrozze e livree, coordinamento di K. Aschengreen Piacenti, Roma - Milano, Editoriale Lavoro - Electa, 1992, p.77 M. Lattanzi, Le carrozze della Galleria, in Le carrozze del Quirinale, a cura di L. Godart, Roma, Segretariato Generale della Presidenza della Repubblica, 2009, p.177-219, in part. pp.191-195 Marco Lattanzi

Berlina argentata di gala Ditta Cesare Sala, Milano 1879 Roma, Tenuta presidenziale di Castelporziano, Spazio espositivo delle carrozze, inv. n. PR30245 legno intagliato dipinto, ferro e metallo argentato; seta blu; misure: 430 x 210 x 170 Restaurata nel 2009 (Ditta individuale Matteo Rossi Doria, Roma) La carrozza fa parte del treno delle sei berline argentate di gala e di gran gala ordinate a Cesare Sala e realizzate fra il 1878 e il 1879 come corteo della Regina. E dunque possibile che la commissione sia già del periodo umbertino dovendosi dotare la corte di carrozze per la prima regina d Italia. La carrozza esposta figura nei più antichi inventari sabaudi successivi all'unità d'italia prima con il numero 36 e quindi con il 245; nell inventario di Dotazione Corona del 1882 è rubricata al numero 12 con un valore di l. 7.200 ed è datata 1879 (ASPR, Casa Reale, Roma, Reali Scuderie, Inventario A, Stato di consistenza dei valori delle carrozze e finimenti storici, nonché di quelli moderni di gala e di gran gala considerati di pertinenza demaniale, 1882, n.12). La carrozza, a quattro posti e otto molle, intagliata e verniciata in rosso con profili neri, presenta la cassa, a tre luci con cristalli molati, è in nero nella parte superiore e internamente è rivestita in stoffa di seta blu a fiorami, mentre la parte inferiore è blu vivo con stemmi Savoia completi e corone con scettri a indicare la possibilità che la carrozza può ospitare il Ministro della casa Reale e il Prefetto di Palazzo. Stemmi reali a scudo, di cui uno mancante, ornano la parte superiore della cassa e quattro coroncine decorano gli angoli del cielo.

Le Berline argentate argentate di gala erano adibite al servizio della presentazione delle credenziali dei nuovi ambasciatori al re recandosi alla residenza del diplomatico per accompagnarlo in Quirinale e poi di nuovo alla sua abitazione. Questo compito viene svolto dalle berline argentate fino al 1939-1940. E. Carnelli (1992, p.80, n. 1) sottolinea una derivazione stilistica e strutturale fra le berline argentate e la Berlina detta di Louise-Marie, moglie di Leopoldo I, sovrano del Belgio, databile al 1856. Carrozze libri e corredi di scuderia del Quirinale, Roma Capitale 1870 1911, catalogo della mostra, Venezia, Marsilio Editori, 1983, p.56 E.Carnelli - E.Coppola, Carrozze e livree, coordinamento di K. Aschengreen Piacenti, Roma - Milano, Editoriale Lavoro - Electa, 1992 M. Lattanzi, Le carrozze della Galleria, in Le carrozze del Quirinale, a cura di L. Godart, Roma, Segretariato Generale della Presidenza della Repubblica, 2009, p.177-219, in part. p.194 Marco Lattanzi

Carrozzella a tre ruote per bambini Ditta Cesare Sala, Torino 1878 Roma, Palazzo del Quirinale, Museo della Carrozze, inv. n. PR30310 legno intagliato dipinto e dorato; seta blu; misure: 170 x 90 x 80 Restaurata nel 2008 (Ditta individuale Matteo Rossi Doria, Roma) La Carrozzella a tre ruote per bambini viene realizzata da Cesare Sala nel 1878 per il Principe di Napoli Vittorio Emanuele. Come si legge in una nota manoscritta posta a margine di una Nota del 1885, la carrozzina è adoperata da S.A.R. il Principe di Napoli quando era piccolo (E. Carnelli, 1992, p. 88) Si tratta di un triciclo a forma di conchiglia intagliata e dorata con fondo blu e con le cifre V.E. sormontate dalla corona entro un medaglione poste sul retro e sul davanti. Il mantice a soffietto è in satin blu con frangia e passamaneria di identico colore mentre la tappezzeria interna è in seta blu trapuntata. La Carrozzella, da condursi a mano, ha un manubrio di bronzo profilato in blu, dorato e cesellato. Il veicolo giunge alla Scuderie della pace di Firenze intorno al 1868 e viene trasferita a Roma nel 1921. Il legno reca il marchio di fabbrica Cesare Sala Torino che indica la produzione presso la manifattura torinese del Sala aperta già dal 1852 e nel cui stabilimento erano impiegati settanta operai e la produzione si aggirava nel 1857 intorno alle 300.000 lire annue (cfr. R. Luraghi, Agricoltura, industria e commercio in Piemonte dal 1848 al 1861, Torino, Istituto Nazionale per la Storia del Risorgimento, 1966, p. 144; devo alla competenza e all amicizia di Andrea Merlotti questa informazione).

Nelle scuderie Savoia, fra il 1860 e il 1871 erano presenti nove carri che recavano il marchio dell impianto torinese del Sala, sette dei quali erano stati assegnati alle rimesse di Roma. Si tratta di un brougham (1871), quattro break a sedili (acquisiti fra il 1860 e il 1865), un tandem a due ruote (1864) e un carro da trasporto (1868). A Torino vi erano un break a prolunga (1860) e uno a sedili (1866). Il carrozzino di Vittorio Emanuele è, dunque, l ultimo legno che proviene dalla manifattura Sala di Torino ed è l unico ancora presente nella collezione del Quirinale (ASPR, Casa Reale, Roma, Reali Scuderie, Inventario C, Inventario delle carrozze, finimenti, selleria, morseria ed altro di proprietà particolare di S.M., voll. I III, 1882). Carrozze libri e corredi di scuderia del Quirinale, Roma Capitale 1870 1911, catalogo della mostra, Venezia, Marsilio Editori, 1983, pp.58-59 E.Carnelli - E.Coppola, Carrozze e livree, coordinamento di K. Aschengreen Piacenti, Roma - Milano, Editoriale Lavoro - Electa, 1992, p.77 M. Lattanzi, Le carrozze della Galleria, in Le carrozze del Quirinale, a cura di L. Godart, Roma, Segretariato Generale della Presidenza della Repubblica, 2009, p.177-219, in part. p.202 M. Lattanzi, Giocattoli costosi e pregiati alla Corte dei Savoia, in Notiziario del Gruppo Italiano Attacchi, n. 6, 2012, pp.30-34, in part. p.31 Marco Lattanzi

Lineika detta Troika Ditta Ivan Brejyigam, San Pietroburgo, 1890 1900 Roma, Tenuta presidenziale di Castelporziano, Spazio espositivo delle carrozze, inv. n. PR30206 legno intagliato e dipinto, cuoio e ferro; panno blu; misure: 363 x 155 x 168 Restaurata nel 2009 (Ditta individuale Matteo Rossi Doria, Roma) Questo unico e rarissimo carro di fabbricazione russa presente nella collezione della Presidenza della Repubblica, viene realizzato nell ultimo decennio del XIX secolo dalla ditta Ivan Brejtigam di san Pietroburgo, come si rileva dall iscrizione posta sui mozzi del carro, attiva tra la fine dell Ottocento e gli inizi del Novecento e conosciuta prima per la produzione di carrozze e, successivamente, di automobili. La carrozza viene rubricata negli inventari del Quirinale solo nel 1960 nel registro relativo ai beni di proprietà privata del re Livree, carrozze e materiali di scuderie, già S.M. in deposito e rimesse del palazzo del Quirinale con la denominazione di Troika che viene ripetuta in tutte le successive definizioni del carro ai fini inventariali. Sappiamo però che con questa denominazione s intende il famoso attacco a tre cavalli di fronte della tradizione russa che utilizza l attacco detto D eveque in modo assai più complesso. Il carro, viceversa, non presenta un simile attacco per i cavalli, ma è contraddistinto dalla doppia seduta dos a dos posta perpendicolarmente alla serpa del cocchiere e tale struttura è propria della carrozza che Alfred Nesselmann, (Historische und moderne Wagen des großherzoglichen Hofes zu Weimar, Berlin, Nesselmann, 1899) denominava Lineika (in tedesco "Linienwagen") pubblicando per la prima volta l esemplare della fine del 700 conservato nella Collezione di Weimar in Germania e proveniente dalla corte russa.