Piccolo imprenditore Art. 2083 c.c.: «Sono piccoli imprenditori i coltivatori diretti del fondo, gli artigiani, i piccoli commercianti e coloro che esercitano un attività professionale organizzata prevalentemente con il lavoro proprio e dei componenti della famiglia». Il legislatore ha, dunque, individuato tre figure tipiche di piccolo imprenditore, affidando, poi, l inclusione nella categoria di altre figure a un criterio generale, ossia l esercizio di un attività professionale organizzata prevalentemente con il proprio lavoro e con quello dei componenti della famiglia. A tal fine, il concetto di prevalenza deve desumersi dal rapporto con il lavoro altrui e con il capitale impiegato nell impresa. Secondo una parte della dottrina, le prime tre categorie definite di piccolo imprenditore sarebbero tali anche laddove non fosse rispettato il criterio della prevalenza del lavoro previsto per la quarta categoria. Ma la dottrina maggioritaria ritiene che il predetto requisito della prevalenza deve sussistere per tutte le categorie e quindi anche per le tre figure specifiche di piccolo imprenditore, la cui elencazione avrebbe valenza essenzialmente esemplificativa. I piccoli imprenditori sono esonerati dalla tenuta delle scritture contabili e ai sensi dell art. 2202 c.c. «non sono soggetti all obbligo dell iscrizione nel registro delle imprese». In forza dell art. 2221 c.c. i piccoli imprenditori non possono essere sottoposti alle procedure concorsuali, anche se la riforma in materia e, segnatamente, la nuova formulazione dell art. 1 della legge fallimentare pone in forte dubbio l attuale vigenza della predetta esclusione.
Assoggettabilità dell impresa a fallimento L art. 1 del r.d. 16 marzo 1942, n. 267, nel suo testo storico, così disponeva: Sono soggetti alle disposizioni sul fallimento, sul concordato preventivo e sull amministrazione controllata gli imprenditori che esercitano un attività commerciale, esclusi gli enti pubblici e i piccoli imprenditori. Sono considerati piccoli imprenditori gli imprenditori esercenti un attività commerciale, i quali sono stati riconosciuti, in sede di accertamento ai fini dell imposta di ricchezza mobile, titolari di un reddito inferiore al minimo imponibile. Quando è mancato l accertamento ai fini dell imposta di ricchezza mobile sono considerati piccoli imprenditori gli imprenditori esercenti un attività commerciale nella cui azienda risulta essere stato investito un capitale non superiore a lire trentamila. In nessun caso sono considerate piccoli imprenditori le società commerciali. La Corte Costituzionale, con sentenza n. 570 del 1989, ha dichiarato l illegittimità costituzionale del secondo comma del predetto articolo nella parte in cui prevedeva che quando è mancato l accertamento ai fini dell imposta di ricchezza mobile, sono considerati piccoli imprenditori gli imprenditori esercenti un attività commerciale nella cui azienda risulta investito un capitale non superiore a lire novecentomila. Con legge n. 80 del 2005 il governo è stato delegato ad adottare uno o più decreti legislativi per la riforma organica delle procedure concorsuali. La delega è stata attuata con il decreto legislativo 9 gennaio 2006, n. 5. L art. 1 della legge fallimentare, come novellato dalla predetta riforma, così recita: Sono soggetti alle disposizioni sul fallimento e sul concordato preventivo gli imprenditori che esercitano un attività commerciale, esclusi gli enti pubblici ed i piccoli imprenditori. Ai fini del primo comma, non sono piccoli imprenditori gli esercenti un attività commerciale in forma individuale o collettiva che, anche alternativamente: a) hanno effettuato investimenti nell azienda per un capitale di valore superiore a euro trecentomila; b) hanno realizzato, in qualunque modo risulti, ricavi lordi calcolati sulla media degli ultimi tre anni o dall inizio dell attività se di durata inferiore, per un ammontare complessivo annuo superiore a euro duecentomila.
I limiti di cui alle lettere a) e b) del secondo comma possono essere aggiornati ogni tre anni, con decreto del Ministro della giustizia, sulla base della media delle variazioni degli indici ISTAT dei prezzi al consumo per le famiglie di operai e impiegati intervenute nel periodo di riferimento. Sono, dunque, esclusi dal fallimento gli enti pubblici, eventualmente assoggettati alla liquidazione coatta amministrativa, procedura tendente a realizzare un contemperamento tra gli interessi pubblici perseguiti da siffatti enti e la tutela concorsuale dei diritti dei creditori. Sono, poi, esclusi dal fallimento gli imprenditori agricoli. Sul punto, si è da più parti osservato come tale esclusione sia oggi anacronistica, se non di dubbia legittimità costituzionale, sotto il profilo della disparità di trattamento, anche laddove si consideri che il nuovo art. 2135 c.c. consente di considerare agricole anche attività che prescindono dallo sfruttamento del fondo. La nuova definizione del piccolo imprenditore fornita dal comma 2 permette di superare il dibattito dottrinale e il contrasto giurisprudenziale apertosi in relazione alla precedente formulazione della norma, secondo cui in nessun caso «sono considerati piccoli imprenditori le società commerciali». Sotto il vigore del testo precedente, infatti, un piccolo imprenditore falliva se società, non falliva se costituito in forma individuale. Di recente, tuttavia, la Corte di Cassazione aveva stabilito che essendo state abrogate le due presunzioni che riferivano la dimensione dell impresa al reddito minimo tassabile e, in mancanza, al capitale investito inferiore alle 900.000 lire era venuta meno anche la regola della presunzione fissata, appunto, dalla ricordata ultima parte del comma 2 dell art. 1. Il legislatore è, poi, nuovamente intervenuto con il c.d. decreto correttivo (ossia il decreto legislativo 12 settembre 2007, n. 169, in vigore dal 1 gennaio 2008) in tema di presupposti soggettivi per il fallimento, riformulando, per quanto qui interessa, l art. 1 della legge fallimentare che, oggi, così recita: Sono soggetti alle disposizioni sul fallimento e sul concordato preventivo gli imprenditori che esercitano una attività commerciale, esclusi gli enti pubblici.
Non sono soggetti alle disposizioni sul fallimento e sul concordato preventivo gli imprenditori di cui al primo comma, i quali dimostrino il possesso congiunto dei seguenti requisiti: a) aver avuto, nei tre esercizi antecedenti la data di deposito della istanza di fallimento o dall inizio dell attività se di durata inferiore, un attivo patrimoniale di ammontare complessivo annuo non superiore ad euro trecentomila; b) aver realizzato, in qualunque modo risulti, nei tre esercizi antecedenti la data di deposito dell istanza di fallimento o dall inizio dell attività se di durata inferiore, ricavi lordi per un ammontare complessivo annuo non superiore ad euro duecentomila; c) avere un ammontare di debiti anche non scaduti non superiore ad euro cinquecentomila. I limiti di cui alle lettere a), b) e c) del secondo comma possono essere aggiornati ogni tre anni con decreto del Ministro della giustizia, sulla base della media delle variazioni degli indici ISTAT dei prezzi al consumo per le famiglie di operai ed impiegati intervenute nel periodo di riferimento. Il legislatore ha, dunque, espunto ogni riferimento al concetto di piccolo imprenditore, anche al fine di superare i contrasti interpretativi sorti in relazione alla figura come fissata dall art. 2083 c.c. Abbandonata, quindi, ogni etichetta che faccia riferimento al piccolo imprenditore, l impresa commerciale (ossia, non agricola), individuale o collettiva che sia, è esonerata dal fallimento solo ed esclusivamente con riferimento agli anzidetti parametri quantitativi. Tuttavia, tale conclusione si scontra con quanto disposto dall art. 2221 c.c., secondo cui «gli imprenditori che esercitano un attività commerciale, esclusi gli enti pubblici e i piccoli imprenditori, sono soggetti, in caso d insolvenza, alle procedure del fallimento e del concordato preventivo, salve le disposizioni delle leggi speciali». Ma una parte della dottrina si è già espressa nel senso di considerare tacitamente abrogata la predetta norma, essendo stata la materia regolata ex novo. In definitiva, dunque, dopo la riforma del 2006-07, nonostante l art. 2221 c.c. continui ad escludere i piccoli imprenditori insolventi dal fallimento, ai fini dell individuazione dell imprenditore soggetto a procedura concorsuale deve farsi esclusivo riferimento ai criteri dimensionali prescritti dal
novellato art. 1, comma 2 l. fall., senza che occorra indagare ulteriormente se costui sia da considerare piccolo imprenditore alla stregua dei criteri previsti dall art. 2083 c.c. Resterebbero, così, superati anche i problemi sorti a proposito dell assoggettabilità a fallimento dell impresa artigiana, annoverata dall art. 2083 c.c. quale piccolo imprenditore e, pertanto, esclusa, sotto il vigore della precedente formulazione dell art. 1 l. fall., dal fallimento, salva fatta la copiosa giurisprudenza sul punto dell effettiva natura artigiana dell impresa. In via generale, si riteneva che occorreva tener conto dell attività svolta, del numero dei dipendenti, dei beni strumentali posseduti e dell organizzazione dei mezzi impiegati, dell entità e delle dimensioni dell impresa, nonché delle ripercussioni, nell economia generale, prodotte dal dissesto. In tal senso, la giurisprudenza aveva affermato che «l artigiano diventa un normale imprenditore commerciale e, conseguentemente, deve essere assoggettato al fallimento, solo quando organizzi la sua attività in modo da costituire una base di intermediazione speculativa e da far assumere al suo guadagno, normalmente modesto, i caratteri del profitto, realizzando così una vera e propria organizzazione industriale, avente autonoma capacità produttiva, in cui l opera del titolare non è più essenziale, né principale» (Corte di Cassazione n. 11039 del 2004). Occorre, tuttavia, ancora attendere il formarsi di un consolidato orientamento giurisprudenziale, considerato che non mancano tesi diverse, come quella secondo cui ai fini dell individuazione degli imprenditori assoggettabili al fallimento (nel regime in vigore dall 1 gennaio 2008), l art. 1, comma 2, l. fall, deve essere integrato con gli art. 2083 e 2221 c.c., nel senso che per le imprese medio-grandi valgono i parametri quantitativi di cui alla legge speciale, mentre per i piccoli imprenditori valgono i parametri qualitativi di cui all art. 2083 c.c., con la conseguenza che chi ha le caratteristiche del piccolo imprenditore è esonerato dal fallimento (Trib. Salerno, 7 aprile 2008).