SCUOLA E MUSEO: I BAMBINI E L ARCHEOLOGIA



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Transcript:

Comune di Castelfranco Emilia Assessorato alla Cultura Festa Internazionale della Storia VIII edizione SCUOLA E MUSEO: I BAMBINI E L ARCHEOLOGIA Esposizione di materiali didattici e attività per l insegnamento dell archeologia nella scuola primaria Introduzione A partire dal IX secolo a.c. si assiste alla prima estesa colonizzazione della Pianura Padana che avrà il suo culmine nella fondazione delle grandi città che esistono ancora oggi, tra le quali Bologna. Il primo periodo di questo fenomeno che ha lasciato evidenti tracce archeologiche attraverso le numerose necropoli (ed i rari insediamenti conosciuti) prende il nome di cultura villanoviana e rappresenta la fase più antica della civiltà etrusca. Nella zona di Castelfranco Emilia la presenza di questo popolamento si ha a partire dall VIII secolo a.c. e viene testimoniata dal ritrovamento del sito archeologico del "Galoppatoio" che riunisce sia l abitato che la necropoli. Gli scavi iniziati 1988 ed il successivo studio dei materiali (molti dei quali conservati nel nostro museo) hanno fatto luce su numerosi aspetti della vita quotidiana di questa comunità che è vissuta nel nostro territorio tra l'viii e la fine del VI secolo a.c.. Questa esposizione nasce con l intento di presentare i materiali (riproduzioni di reperti e illustrazioni) che in futuro saranno utilizzati all interno dei programmi di archeologia e didattica che già da molti anni il Comune di Castelfranco Emilia propone alle classi elementari del territorio. Attraverso lezioni frontali ed esperienze di laboratorio guidate da esperti ed archeologi si vuole così introdurre i più piccoli alla conoscenza della storia e dell archeologia del nostro territorio. La prima sezione affronta alcuni aspetti della vita quotidiana, la struttura dell abitazione e le principali attività di cui si ha testimonianza attraverso i reperti ritrovati negli scavi a Castelfranco Emilia. Di seguito vengono illustrati gli aspetti della cerimonia funebre e dei corredi funerari che sono stati riprodotti sulla base di quelli rinvenuti nel corso degli scavi del Galoppatoio. Lo scopo di questa esposizione è quello di portare l'archeologia fuori dalle vetrine, dando la possibilità ai bambini di manipolare le riproduzione dei reperti ed interagire direttamente con gli oggetti. Le numerose illustrazioni e le brevi didascalie che caratterizzano l'esposizione permettono anche ai più piccoli di comprendere gli aspetti principali della cultura villanoviana. All'interno del percorso sono stati inoltre realizzati alcuni giochi pensati espressamente per le classi elementari, che arricchiranno l'esperienza attraverso un approccio ludico all'archeologia. Ideazione: Diana Neri Testi: Luca Cesari Illustrazioni e grafica: Francesco Casagrande, Luca Cesari Realizzazione: Enrico Monti, Mario Nicolini (Ass. Forum Gallorum) Museo Civico Archeologico A.C. Simonini (15 ottobre 11 dicembre 2011)

La vita quotidiana L'epoca villanoviana è la fase più antica della civiltà etrusca e si sviluppò sul nostro territorio quasi tremila anni fa. In quell epoca non solo non esistevano i telefoni, i televisori, i computer, i frigoriferi o le automobili, ma non erano ancora stati inventati nemmeno la carta, la plastica o i mattoni per costruire le case. Anche se quest epoca è chiamata prima Età del Ferro in Fuso e fusaiole realtà il metallo più utilizzato era ancora il bronzo: una lega di rame e stagno con il quale gli artigiani realizzavano moltissimi oggetti. Un altro materiale molto comune era la ceramica, ovvero l argilla che veniva modellata in varie forme e poi cotta, soprattutto per essere utilizzata come contenitore di cibi e bevande, sia per la loro conservazione che per il loro consumo. Molti altri materiali erano deperibili ovvero non si sono conservati fino alla nostra epoca (se non in rarissimi casi), ma si sono decomposti. Tra questi i tessuti e le pelli, con i quali erano fatti i vestiti, ed il legno con cui venivano costruiti attrezzi, carri e parte delle abitazioni. La maggior parte degli oggetti di epoca villanoviana che conosciamo provengono dalle tombe e ci possono dire alcune cose sulla vita e sulle abitudini di queste persone. Sappiamo, ad esempio, che tra le occupazioni delle donne una parte importante era riservata alla lavorazione della lana la quale veniva filata (con alcuni strumenti di cui ci è rimasta la sola fusaiola) e la tessitura ottenuta con telai verticali (come quello in mostra) di cui rimangono solo alcuni pesi da telaio in pietra o ceramica. Altre attività molto importanti consistevano nella lavorazione della ceramica che veniva prima foggiata poi cotta in apposite fornaci per renderla solida e resistente all acqua e quella del bronzo con cui venivano realizzati strumenti da lavoro (punteruoli, coltelli, asce ecc...), oggetti per la cura personale (rasoi, pinzette, ecc...) o oggetti ornamentali e legati agli indumenti (fibule, bottoni, fermatrecce e bracciali) Ascia, coltello e punteruolo Morso da cavallo, Spillone e fibule

La casa Le abitazioni villanoviane erano costruite con una struttura in pali di legno che sostenevano un tetto anch esso composto da travi in legno. Nelle pareti, lo spazio tra un palo e l altro veniva riempito da un fitto intreccio di rami poi ricoperto con uno strato di argilla che isolava l abitazione dall esterno. Il tetto era invece rivestito da paglia o canne palustri fissate alla struttura sottostante con travetti. Nella maggioranza dei casi queste capanne lasciano pochi indizi a livello archeologico. A volte non rimangono che le tracce delle buche con cui venivano fissati i pali a terra, quindi tra le poche indicazioni per conoscere il loro aspetto rimangono le urne a capanna (ovvero dei contenitori in cui venivano deposte le ceneri dei defunti, tutte provenienti dall Italia centrale) e le rarissime raffigurazioni provenienti dalle stele funerarie e dai troni lignei decorati che si sono conservati a Verucchio nel riminese. Basandosi su queste testimonianze si può ipotizzare che le capanne fossero di forma ovoidale o rettangolare e potevano essere decorate con pitture lungo le pareti ed elementi figurativi in terracotta o legno; ad esempio paperelle stilizzate o corna di bue che sormontavano il tetto. Probabilmente erano provviste di uno spazio per il focolare che scaldava l interno ed era utilizzato per cucinare. Non esistevano strutture simili ai camini odierni e il fumo era fatto uscire da due aperture praticate sul lati corti del tetto. Tra gli oggetti di mobilio che si sono conservati fino ai nostri giorni Tetto di una casa villanoviana decorata con corna in terracotta Disegno stilizzato di una casa sulla stele rinvenuta nella necropoli di S. Vitale (BO) (deposti nelle ricche tombe di Verucchio) ci sono troni, poggiapiedi e tavolini in legno. Le case normalmente erano riunite in villaggi che potevano essere circondati da palizzate o da altre strutture come terrapieni o fossati i quali avevano lo scopo di proteggere i gruppi di abitazioni dall esterno. A causa delle scarse tracce archeologiche lasciate dai villaggi rispetto alle necropoli, si conosce molto poco della loro struttura interna e delle dimensioni effettive, ma il nucleo che si stanziò nei pressi dell odierna città di Bologna, al momento del proprio massimo sviluppo arrivò ad un estensione di poco meno di 200 ettari. Troni, tavolino e poggiapiedi

Il telaio Una delle attività che caratterizzava il lavoro femminile era la confezione di stoffe e abiti che si ottenevano dalla lana ricavata dalla rasatura delle pecore. La produzione dei tessuti è testimoniata dagli utensili funzionali alla filatura e alla tessitura quali conocchie, fusi, fusaiole, pesi da telaio e rocchetti che all interno delle tombe femminili in qualità di corredo dei defunti. A partire dalla lana grezza - che rappresenta la principale fibra tessile utilizzata nell antichità Tosatura delle pecore venivano eseguite le prime lavorazioni che consentivano di ottenere un prodotto il quale poteva essere trasformato in lunghi fili continui ed omogenei tramite l uso della conocchia e del fuso a cui era fissata la fusaiola. Il filo veniva poi avvolto su un rocchetto e poteva essere utilizzato per realizzare grandi pezze di tessuto con il telaio verticale con cui si confezionavano mantelli ed abiti. Il principio di funzionamento è identico alle macchine moderne che oggi, azionate dall energia elettrica, producono la stoffa dei nostri vestiti. Lo scopo è quello di intersecare due tipi di fili: l'ordito (insieme dei fili verticali ai quali sono appesi i pesi nel Fuso fusaiola e telaio) e la trama (insieme dei fili orizzontali che conocchia compongono la stoffa). Essenziale per la tessitura su telaio è la presenza del liccio, ovvero il bastone trasversale che, muovendosi avanti e indietro, ha il compito di separare e incrociare i fili pari e dispari in modo che il filo di trama (detto refe) possa inserirsi nello spazio che si crea (detto passo dell ordito) e formi il tessuto vero e proprio. Il panno così ottenuto poteva poi essere ulteriormente lavorato, tagliato e cucito per realizzare gli abiti da indossare, mantelli, coperte, tappeti ecc... Un altro tipo di fibra comune all epoca doveva essere quella di canapa, probabilmente utilizzata per tessuti più grezzi e resistenti come stuoie o sacchi, mentre è attestato anche l uso del vimini intrecciato per realizzare cesti e contenitori. Verosimilmente alcune parti degli abiti dovevano essere in pelle o cuoio, ma purtroppo non se ne è conservata Telaio verticale alcuna traccia a livello archeologico.

La civiltà villanoviana in Italia Diffusione della cultura villanoviana Circa tremila anni fa (IX secolo avanti Cristo) cominciò a svilupparsi la civiltà Villanoviana che sostituì la precedente civiltà terramaricola dell età del Bronzo e rappresenta la fase più antica della civiltà etrusca. La principale caratteristica della civiltà villanoviana è il metodo di sepoltura: i defunti venivano incinerati e deposti all interno di un urna biconica che era poi sepolta in un pozzetto scavato nella terra. Sulla base di questo elemento distintivo della civiltà villanoviana è stato possibile capire che le aree in cui era diffusa tale cultura all interno della penisola italiana comprendevano parti dell Emilia Romagna, le coste toscane e alto laziali, alcune aree delle Marche, della Campania e della Basilicata (nella cartina in rosso). Oltre all allevamento e all agricoltura è ben presente anche l artigianato specializzato, in particolare per quanto riguarda la lavorazione della ceramica e del bronzo che, in alcuni casi, raggiunse vere e proprie vette artistiche, come nella produzione di preziose fibule incrostate di ambra: un materiale prezioso che veniva importato dal Mar Baltico ed attraversava l intera Europa del Nord per arrivare fino in Italia. Il commercio e la circolazione delle merci erano frutto di una forma di scambio e baratto in quanto non esistevano le monete. Molti prodotti, sia alimentari che di artigianato erano realizzati direttamente all interno dei villaggi stessi e gli scambi si limitavano alle materie prime (come il bronzo che doveva essere acquistato dai luoghi di estrazione e fabbricazione) o agli oggetti più preziosi già lavorati (come fibule, bracciali, spilloni, ecc...). Tra gli etruschi c erano anche i guerrieri e le armi più comuni erano le lance, le spade e le asce; mentre per proteggersi utilizzavano elmi e scudi. In qualche caso, la presenza di morsi equini testimonia l uso dei cavalli sia come cavalcatura, che per il traino dei carri da guerra. Carro da guerra

Gli scavi a Castelfranco Emilia Non sappiamo molto delle persone che abitarono a Castelfranco in epoca villanoviana per il motivo che quest epoca non ci ha tramandato documenti scritti come hanno invece fatto, ad esempio, i romani: tutto ciò che conosciamo di loro deriva dagli oggetti che si ritrovano durante lo scavo archeologico. I reperti fanno parte della cultura materiale di una civiltà e sono fondamentali, a volte indispensabili, per conoscere le epoche passate, soprattutto quelle molto antiche dove non sono disponibili altre fonti di conoscenza. A Castelfranco vissero per quasi tre secoli, tra l inizio dell VIII e la fine del VI secolo a.c. e il loro villaggio era posizionato in un punto dove un leggero rialzo del terreno probabilmente lasciava la zona asciutta dalle acque particolarmente abbondanti in questa zona per la presenza dei fontanili. Sebbene la popolazione sul territorio fosse estremamente ridotta rispetto ad oggi, questa comunità non era isolata e sicuramente commerciava con un centro più grande che distava una giornata di cammino circa, da cui sarebbe sorta la futura Bologna. Probabilmente, allo stesso modo, poteva avere contatti con la Toscana a cui era collegata attraverso le valli fluviali che valicano l Appennino. Quello del galoppatoio non era un villaggio particolarmente ricco, anche se dal confronto fra le sepolture si possono già percepire evidenti differenze sociali tra gli abitanti, forse legate al rango e alle funzioni che venivano esercitate. La maggior parte degli strumenti da lavoro che sono stati trovati nelle tombe testimoniano attività domestiche. Ad esempio la filatura, che presupporrebbe la Castelfranco Emilia Bologna Localizzazione dell'abitato e della necropoli del "Galoppatoio" presenza di un economia piuttosto chiusa dove gli scambi con l esterno avvenivano solo per l approvvigionamento delle materie prime che non potevano essere reperite sul posto e i beni di lusso o di alto artigianato. Sia il sepolcreto che l abitato non sono stati completamente scavati, quindi non se ne conosce la reale estensione e, in particolare per l abitato, non è possibile sapere quale forma avesse, come fossero disposti gli edifici, ma probabilmente era protetto da qualche struttura difensiva, infatti, durante lo scavo, oltre alle tracce lasciate dalle abitazioni è stato intercettato un tratto di strada in ghiaia, probabilmente nel punto in cui usciva dal villaggio, vista la presenza di due grosse buche poste ai lati della via che potevano forse sostenere i montanti di una grande porta d accesso. Infine, tra i tanti punti oscuri c è anche il motivo per il quale l abitato è stato abbandonato: forse un declino di questo centro a favore di altri, oppure un aggregazione ad un altro abitato nelle vicinanze. E comunque certo che tra il VI e il V secolo a.c. il villaggio era già spopolato.

La cerimonia funebre Sullo svolgimento della cerimonia funebre di epoca villanoviana non esistono fonti iconografiche o scritte coeve. Alcune suggestioni di come potevano svolgersi le esequie e il rogo di un defunto di alto rango si possono trovare nei libri XXIII e XIV dell Iliade composta in Grecia tra il IX e l VIII secolo a.c. in cui vengono descritti nei particolari i funerali di Patroclo e di Ettore. Ovviamente, con la dovuta cautela, si può presumere che di fronte alla morte di un personaggio di rilievo per una comunità la cerimonia iniziasse con un compianto sul defunto che, salutato da parenti e amici, veniva preparato per il rogo funebre. Il corpo era deposto sulla pira, probabilmente abbigliato o avvolto in un sudario, di cui a volte rimane traccia nelle fibule utilizzate per fermare il tessuto mescolate ai resti delle ceneri. I funerali di Patroclo nell Iliade descrivono anche scene di sacrificio di alcuni guerrieri troiani davanti al rogo e l organizzazione di giochi funebri come gare di corsa con i carri, lotta, corsa, tiro con l arco e lancio del giavellotto. In quel caso il rogo arse una notte intera, dopodiché le ultime braci vennero spente con il vino Una volta raffreddato il rogo si compie l ossilegio che consiste nella Scena di lotta, una delle competizioni che raccolta delle ossa combuste e la loro venivano svolte durante le cerimonie deposizione all interno dell urna. Una volta funebri più importanti. chiuso il cinerario biconico con la ciotola coperchio, esso probabilmente veniva rivestito con della stoffa successivamente fermata con una fibula, come se il contenitore divenisse il nuovo corpo del defunto e dovesse essere adeguatamente abbigliato. Al biconico venivano associati alcuni oggetti che caratterizzavano il defunto, sia nel senso del genere (maschile e femminile), sia per quanto riguarda lo status sociale, per cui si possono trovare tombe ricche di materiali ed altre che presentano la sola urna e la scodella coperchio. Il cinerario ed il corredo funebre venivano sepolti all interno di un pozzetto che poteva essere scavato nella nuda terra, oppure presentava le pareti rivestite con assi di legno, con lastre di pietra oppure con ciottoli. Sul terreno la posizione della tomba a volte era segnalata da un cippo che normalmente era un semplice grande ciottolo fluviale di forma Vaso biconico allungata. "abbigliato"

I corredi funebri Dopo la cremazione le ceneri venivano deposte in una particolare urna, chiamata dagli archeologi cinerario biconico per la sua forma panciuta che ricorda due tronchi di cono sovrapposti uniti alla base. L urna poteva essere decorata in vari modi, con una prevalenza di motivi geometrici disposti a fascia intorno alle pareti. Questo grande vaso veniva coperto da una scodella che, per la sua funzione è stata chiamata scodella coperchio ed aveva lo scopo di chiudere l apertura del biconico. Mentre la forma del biconico non varia sostanzialmente, a volte le Elmo crestato villanoviano scodelle di copertura possono essere sostituite da elmi in bronzo o da una loro riproduzione in terracotta. Questa urna caratterizza le tombe villanoviane ed è uno degli oggetti che hanno aiutato gli archeologi a capire che si trovavano davanti ad una civiltà avente un rituale funerario comune e che, di conseguenza, poteva avere altri aspetti culturali simili riguardavanti la vita quotidiana, le credenze ed i rituali sacri. I corredi funebri, ovvero l insieme di oggetti deposti nella tomba per accompagnare il defunto nel suo viaggio nell aldilà possono essere diversi in base al sesso del defunto. Infatti, mentre la presenza di vasellame da mensa accomuna sia le tombe maschili che femminili, alcuni particolari oggetti erano legati alle attività praticate in vita dal defunto e al suo status sociale. I piatti, le scodelle ed i boccali collocati accanto alle ceneri, con ogni probabilità, al momento della deposizione contenevano offerte in cibo e vivande di cui, in rari casi, si è rilevato traccia. Nei periodi successivi la rappresentazione del banchetto funebre è un tema che si ripete spesso nell iconografia del mondo etrusco, in particolare all interno delle tombe a camera dell Etruria meridionale, per esempio nelle pareti dei sepolcri di Tarquinia. La divisione dei ruoli e delle attività praticate da uomini e donne nel periodo villanoviano era molto forte e veniva sottolineata dagli oggetti deposti nella tomba per accompagnare il defunto nel suo viaggio nell aldilà. Ad esempio, le tombe maschili possono contenere oggetti per la cura personale come il rasoio o strumenti di lavoro come il punteruolo, mentre le tombe femminili solitamente sono caratterizzate dalla presenza di fusaiole, fibule ornate da perle d ambra o di vetro, armille (bracciali solitamente realizzati con una sottile verghetta di bronzo) e spiralette in bronzo (chiamate anche Scena di banchetto di saltaleoni). età etrusca classica

Il cinerario biconico Il contenitore che accomuna tutte le sepolture villanoviane è il cinerario biconico (così chiamato dalla sua forma che ricorda due coni sovrapposti). La particolarità di questo contenitore è di avere una sola ansa (ovvero la maniglia che serve a trasportarlo). In qualche caso si utilizzava un normale vaso a due anse, una delle quali veniva spezzata, ma molto più spesso il biconico era prodotto dal vasaio già con un solo manico. Questa caratteristica sottolinea il suo utilizzo a scopo funebre, infatti alcuni oggetti, prima di essere deposti nelle tombe erano defunzionalizzati, Ansa spezzata ovvero modificati per impedirne il normale utilizzo. Ad esempio, le armi deposte nelle tombe etrusche e celtiche spesso venivano piegate o spezzate per simboleggiare un loro cambio di stato da oggetti per i vivi a oggetti dedicati ai morti. Le ossa del defunto erano deposte all interno dell urna, a volte insieme ad alcuni oggetti personali, come le fibule o gli spilloni che erano serviti per fissare i capi di abbigliamento o il sudario sul corpo durante il rogo. Oltre al fatto di essere deposti all interno e non all esterno del cinerario, questi reperti si riconoscono perché hanno subito l azione diretta del fuoco che li ha deformati. Il biconico veniva in seguito chiuso con una scodella (anch essa con un ansa sola) e rivestito da tessuto, come se fosse il nuovo corpo del defunto. La deposizione all interno del pozzetto poteva essere accompagnata da altri oggetti di corredo e offerte varie. Una volta richiuso il tumulo e ricoperto di terra, la posizione della tomba poteva essere indicata da un segnacolo: di solito un sasso di fiume di forma allungata infisso nel terreno. Molti dei cinerari che si vedono nei musei sono rotti o incompleti, perché nel corso dei millenni l uomo ha continuato a vivere negli stessi luoghi, dimenticando completamente dove fossero collocati questi antichi cimiteri. I lavori agricoli, la costruzione di strade e case hanno inciso profondamente il terreno distruggendo in parte le tombe che gli archeologi hanno in seguito recuperato, Sezione di un pozzetto con rivestimento in ciottoli e segnacolo restaurato e studiato. Cinerario biconico

Il vasellame da mensa Sebbene non abbiamo testimonianze dirette sull importanza del banchetto per l epoca villanoviana, sappiamo di certo che rivestì un enorme importanza sociale per i greci, gli etruschi ed i romani nei periodi successivi. Il fatto che insieme alle ceneri del defunto venisse deposto del vasellame da mensa fa presupporre che già in quest epoca il rito del convivio avesse un grande valore. Il cibo, elemento indispensabile per la vita, diventava una presenza simbolica all interno di una tomba e gli alimenti venivano deposti nella tomba insieme al necessario vasellame da mensa che serviva per portarli in tavola, per questo motivo possiamo trovare ciotole, piattelli ed altri utensili deposti accanto al defunto. Quale fosse l alimentazione caratterizzante questo periodo ci viene svelato anche dalle ricerche archeologiche, in particolare dalla paleobotanica (la quale studia i resti vegetali ed i pollini conservati nel terreno) e l archeozoologia (che studia i resti degli animali allevati e cacciati dall uomo). Tra l VIII ed il VII secolo venivano coltivati cereali come l orzo e il farro (un tipo di grano), insieme al grano tenero, Bovini e ovini lo spelta e il miglio con cui si potevano fare il pane oppure la farinate (una sorta di polenta ), ma sembra che il loro uso includesse anche la fermentazione per produrre la birra. Erano presenti anche le leguminose, in particolare fave e lenticchie, mentre le specie ortive coltivate erano principalmente la lattuga, la cicoria e il finocchio. Tra le piante da frutto presenti sono attestate il pruno, il gelso nero, il noce, il nocciolo, il pino da pinoli, la vite e il castagno. A queste si associava la raccolta di frutti spontanei come more di rovo, corniole, ecc... La presenza di grandi distese a pascolo garantiva l allevamento di bovini e ovini da cui si ottenevano latte, carne, lana, pellame e forza lavoro. La dieta era poi completata dalle attività di caccia e pesca. Dai cereali si otteneva il pane, le farinate e la birra Tra i vegetali coltivati si trovano l orzo, il farro, il grano tenero, lo spelta, il miglio, le fave, le lenticchie, la lattuga, la cicoria, il finocchio. Tra le piante da frutto presenti sono attestate il pruno, il gelso nero, il noce, il nocciolo, il pino da pinoli, la vite e il castagno. Inoltre venivano raccolti frutti spontanei come more di rovo e corniole

Il rasoio I primi rasoi in bronzo compaiono in Manichetto Egitto dove sono stati trovati Dorso reperti risalenti al 3000 a.c., che gli studiosi hanno indicato come strumenti per radere, tra cui quello a spatola, ritenuto il genere più usato nel periodo tra le prime dinastie di Faraoni e l'antico Regno (2920-2134 a.c.). Il rasoio in bronzo di forma semilunata è un invenzione dell epoca villanoviana e divenne ben presto un oggetto che doveva accompagnare la vita degli uomini Lama adulti e seguirli fin dentro alla tomba. La lama era costituita da una sottile Rasoio semilunato in bronzo lamina di metallo di forma semicircolare che presentava la parte tagliente sul bordo esterno. L impugnatura era solitamente costituita da un manichetto che terminava con un cerchietto e due piccole protuberanze o decorazioni a forma di paperella stilizzata. Sebbene la lama potesse essere molto tagliente doveva essere riaffilata spesso (il bronzo è un metallo più morbido rispetto al ferro che sarà utilizzato successivamente) e farsi la barba doveva essere un operazione piuttosto lunga e dolorosa, anche perché non si utilizzavano saponi o schiume da barba, ma semplicemente veniva spruzzata acqua sul viso. Questo oggetto per la cura personale era evidentemente considerato molto importante se entrò a fare parte dei corredi funebri più ricchi e può suggerire che per la cultura villanoviana era fondamentale interessarsi del proprio aspetto. Farsi la barba era un'operazione dolorosa...

Le fibule Riguardo all'abbigliamento del Vaghi in osso e vetro Arco periodo villanoviano si possono fare alcune ipotesi in base ai rari e fragilissimi lacerti di stoffa che si sono conservati fino ai nostri giorni (come quelli di Verucchio nel riminese) e i molteplici Molla piccoli oggetti in bronzo che li Ago o ardiglione adornavano, sicuramente con funzioni ben precise. Ciò che conosciamo meglio sono le Staffa Parti della fibula fibule, una sorta di spille da balia antiche che servivano per unire due lembi di tessuto. Questi oggetti, realizzati in bronzo, sono molto studiati ed alcune forme tipiche possono aiutare a datare una tomba o un sito. Spesso sono decorate con motivi incisi oppure con perline o castoni in vari materiali come osso, vetro o ambra. Le parti della fibula sono divise in arco, molla, ago (o ardiglione) e staffa che ha la funzione di trattenere e proteggere la punta dello spillo una volta chiusa. Ne esistevano anche di grandi dimensioni e potevano avere una funzione decorativa, ma sicuramente erano utilizzate per fissare tuniche, mantelli ed altri indumenti. Fortunatamente, a differenza del ferro che può venire distrutto o reso irriconoscibile dalla ruggine, il bronzo quando ossida forma una patina che aderisce al metallo proteggendolo nel corso dei millenni. In realtà, anche se tutti gli oggetti in bronzo ora sono opachi ed hanno un colore verde, un tempo dovevano essere lucidi con un colore brillante tendente all arancio più o meno scuro, un po come i fili di rame che si trovano dentro i cavi elettrici. Ancora oggi questo materiale viene impiegato, per esempio, per fare sculture, campane e parti di motori. Con il bronzo lavorato in grandi lastre è fatto anche il rivestimento esterno della Statua della libertà che, appena realizzata, non era affatto del colore verde con cui la conosciamo oggi. Utensili in bronzo appena realizzati ed coperti dalla tipica ossidazione di colore verde.