Stessi diritti e stessi doveri Pubblici esercizi e Istituzioni per un impegno congiunto contro l abusivismo e la concorrenza sleale.



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Tavola Rotonda Stessi diritti e stessi doveri Pubblici esercizi e Istituzioni per un impegno congiunto contro l abusivismo e la concorrenza sleale. L abusivismo nel mercato della ristorazione: il quadro di riferimento economico, amministrativo e fiscale La disciplina tributaria delle somministrazioni di alimenti e bevande nei circoli e attività similari Imola, 9 aprile 2014

L'ABUSIVISMO NEL MERCATO DELLA RISTORAZIONE: IL QUADRO DI RIFERIMENTO ECONOMICO, AMMINISTRATIVO E FISCALE (SINTESI) a cura di Luciano Sbraga Duecentomila organizzazioni no profit che svolgono attività sportive, culturali e ricreative, 42 mila sagre che durano complessivamente oltre 300 mila giornate, 10 mila ristoranti agrituristici. E' qui che si annida un enorme mercato abusivo nel campo della ristorazione per un volume d'affari stimato da Fipe in 5,2 miliardi di euro, un valore aggiunto di 1,8 mld. di euro e mancato gettito tra imposte dirette e contributi di 700 milioni di euro. In Emilia Romagna questo mercato parallelo vale 400 milioni di euro, 136 milioni di euro di valore aggiunto e perdita di gettito per 54 milioni di euro.

Non è possibile, ne' sarebbe corretto, fare di ogni erba un fascio ma il fenomeno ha assunto dimensioni tali che è difficile oramai distinguere tra vere e false attività senza fini di lucro. Le stesse organizzazioni di settore, dalle associazioni no profit a quelle dell'agriturismo e delle pro loco, denunciano la presenza di una vasta area di abusi che viene di tanto in tanto alla ribalta quando le diverse autorità effettuano controlli fiscali, del lavoro ed igienico-sanitari. D'altra parte nel caso dei circoli privati è comune la prassi di rilasciare tessere al momento dell'ingresso a chiunque ne faccia richiesta senza alcuna partecipazione alla vita associativa che non siano quelle di mangiare, bere o ballare. L abusivismo implica quattro tipologie di danni alla vita economica e sociale di una collettività: 1. Riduce gli incentivi privati a produrre e investire (minore domanda e minori economie di scala, prezzi più elevati nel comparto legale, falsi segnali di prezzo; 2. Causa danni alla salute delle persone (il cui costo è di difficile quantificazione ma verosimilmente molto superiore ai costi economici diretti dei fenomeni); 3. Comporta esternalità negative perché il fatto stesso dell esistere e del mostrarsi genera tolleranza; l accettazione di pratiche illegali infetta il sistema di valori alla base di ogni funzionante democrazia economica; 4. Alimenta il lavoro nero e persino la criminalità. Sono queste le ragioni per le quali la buona concorrenza presuppone una simmetria delle regole che oggi nel mercato alimentare fuori casa è totalmente assente. Sotto il profilo amministrativo la tavola rotonda sarà l'occasione per passare in rassegna i requisiti necessari e le procedure da seguire per aprire un bar o un ristorante o quelle per un circolo privato, un agriturismo o per organizzare una sagra. In particolare, verranno sottolineate le differenze di trattamento e le molte semplificazioni previste per tutte le attività di somministrazione di alimenti e bevande che non sono formalmente bar e ristoranti ma che sostanzialmente svolgono la medesima attività. Ad esempio, la legislazione nazionale non prevede più per l'attività di somministrazione effettuata in un circolo privato il possesso dei cosiddetti requisiti professionali, obbligatori, invece, per l'apertura di un bar. Per quanto riguarda gli aspetti fiscali, decisivi per comprendere le ragioni degli esercenti, si chiarirà perché è conveniente svolgere l'attività di pubblico esercizio, sia esso bar che ristorante o sala da ballo, come circolo culturale e/o ricreativo, come agriturismo o, persino, nell'ambito di una delle migliaia di sagre che ogni anno, come abbiamo visto, si svolgono nel nostro Paese.

LA DISCIPLINA TRIBUTARIA DELLE SOMMINISTRAZIONI DI ALIMENTI E BEVANDE NEI CIRCOLI E ATTIVITÀ SIMILARI (SINTESI) a cura di Elio Bianchi Nel settore della ristorazione sono sempre più numerosi e particolarmente attivi circoli e strutture similari, buona parte dei quali tendono ad assumere fittiziamente la qualifica di enti non commerciali, al solo scopo di conseguire benefici tributari altrimenti non spettanti. È noto, infatti, che per gli enti non commerciali (enti diversi dalle società, che non hanno per oggetto esclusivo o principale l esercizio di attività commerciali) sono dettate disposizioni di favore, sia in materia di imposizione diretta (TUIR, articoli da 143 a 150) che di IVA (DPR n. 633/1972, art. 4, comma 4 e 5). Ai sensi delle citate norme, detti enti beneficiano, in linea generale, della decommercializzazione (e, quindi, della non rilevanza fiscale) per talune prestazioni rese (prestazioni didattiche, sanitarie e terapeutiche), nonché dell esclusione dalla formazione del reddito delle raccolte pubbliche di fondi in concomitanza di celebrazioni, ricorrenze, ecc. e possono altresì avvalersi di un particolare regime forfettario di determinazione del reddito. Se trattasi, poi, di enti di tipo associativo, vale a dire di associazioni formate da più persone per il raggiungimento di un determinato scopo (sportivo, culturale, assistenziale, ecc.) per le quali il capitale assume funzione strumentale al raggiungimento delle finalità istituzionali enti tra cui sono da ricomprendere anche i circoli e le strutture similari che qui particolarmente rilevano viene ad essi riconosciuta decommercializzata anche l attività svolta nei confronti degli associati e partecipanti in conformità alle finalità istituzionali e senza corrispettivo specifico, nonché esclusi dalla formazione del reddito le quote ed i contributi associativi. Inoltre, se trattasi, in particolare, di associazioni politiche, sindacali e di categoria, religiose, assistenziali, culturali, sportive dilettantistiche, di promozione sociale e di formazione extrascolastica della persona, nel rispetto di determinate condizioni e vincoli, quale, l inserimento di determinate clausole nei propri atti costitutivi o statuti redatti nella forma di atto pubblico o di scrittura privata registrata o autenticata, la decommercializzazione è estesa anche all attività svolta, in diretta attuazione degli scopi istituzionali, nei confronti di iscritti, associati o partecipanti verso pagamento di corrispettivi specifici. Di contro, occorre sottolineare che relativamente a tutti gli enti di tipo associativo, talune cessioni o prestazioni sono da ritenere in ogni caso commerciali. Tra queste vale citare la somministrazione di pasti e la gestione di mense aziendali. Quanto specificamente alle somministrazioni di alimenti e bevande è opportuno ricordare che la normativa fiscale che qui occupa istituisce una particolare disposizione di favore per le associazioni di promozione sociale, enti a carattere nazionale le cui finalità assistenziali sono riconosciute dal Ministero dell Interno. Nei riguardi di tali soggetti, invece, ricorrendo i presupposti di legge, non si considerano commerciali e quindi escluse da imposizione anche se effettuata verso pagamento di corrispettivi specifici, le somministrazioni di alimenti e bevande effettuate nei confronti dei propri associati e loro familiari conviventi, ovvero di altre associazioni che svolgono la medesima attività, da bar ed esercizi similari presso le sedi in cui viene svolta l attività istituzionale. Pe tutti gli altri enti la somministrazione di alimenti e bevande nei bar interni alle sedi delle associazioni è da considerare commerciale anche se svolta nei confronti dei propri associati (v.

circolare Ministero delle Finanze n. 124 del 12 maggio 1998). Ciò ha valenza anche riguardo alle associazioni sportive dilettantistiche, alle associazioni senza fine di lucro e alle associazioni proloco, destinatarie della particolare normativa di favore recata dalla legge 16 dicembre 1991, n. 398. Occorre, infine, puntualizzare che la qualifica di ente commerciale ricavabile dalle clausole ricavate dall atto costitutivo, non legittima di per sé l ente ad avvalersi dei sopra descritti benefici fiscali. Ciò che, in definitiva, assume a tal fine rilievo è l accertamento che l attività effettivamente svolta risulti conforme alle previsioni statutarie. L art. 149 del TUIR che ha valenza anche per l IVA, dispone, infatti, che, indipendentemente dalle norme contenute nello statuto, il sodalizio perde comunque la qualificazione di ente non commerciale qualora eserciti prevalentemente attività commerciale per un intero periodo di imposta, a decorrere dal medesimo periodo in cui vengono meno i requisiti che la legittimano. La disposizione non trova però applicazione per gli altri enti ecclesiastici riconosciuti come persona giuridica agli effetti civili e per le associazioni sportive dilettantistiche. Quanto fin qui esposto consente di concludere con l osservare che il proliferare di pseudo circoli e strutture similari operanti nel settore della somministrazione di alimenti e bevande, anche per la concorrenza sleale che ne deriva per i pubblici esercizi, impone un consistente rafforzamento dell attività di controllo nei confronti dei sodalizi in parola. Operazione, questa, non disgiunta da una revisione della vigente disciplina di favore riservata agli enti non commerciali, nell ambito del riordino delle disposizioni in materia di evasione fiscale di cui all art. 4 della legge 11 marzo 2014, n. 23, recante delega al Governo per la riforma del sistema tributario. Ciò, eventualmente, sulla scorta anche del censimento sulle misure di evasione fiscale riferibili ai ripetuti enti, effettuato dal gruppo dal gruppo di lavoro presieduto dall On. Ceriani nel 2011. Quanto al regime tributario riferibile alle sagre occorre aver riguardo al soggetto organizzatore della manifestazione. Gli agriturismo sono, come noto, sottoposti ad una specifica disciplina fiscale basata, quanto all imposizione del reddito su un coefficiente di redditività del 25 per cento dei ricavi al netto IVA e riguardo all IVA su un abbattimento forfetario pari al 50 per cento di quanto dovuto sulle operazioni imponibili. E riconosciuta comunque la facoltà di opzione per l applicazione delle imposte nei modi ordinari. Non sembra che ciò possa considerarsi trattamento fiscale agevolato, anche se il mancato esercizio dell opzione possa far pensare ad un qualche margine di convenienza economica.