Giustizia & Lavoro Il commento alle principali sentenze giurislavoristiche

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1 Giustizia & Lavoro Il commento alle principali sentenze giurislavoristiche N Sottrazione reiterata di beni aziendali: giusto il licenziamento La rilevanza penale della condotta e il suo carattere continuato legittimano la sanzione espulsiva Categoria: Previdenza e lavoro Sottocategoria: Vertenze A cura di Paola Mauro Da una sentenza pubblicata lo scorso 26 gennaio dalla Sezione Lavoro della Corte di Cassazione emerge che è legittimo licenziare il dipendente che ha reiteratamente sottratto beni aziendali, anche se di modesto valore, soprattutto nel caso in cui la sanzione espulsiva sia stata preceduta da altre di tipo conservativo. Il carattere continuato della condotta illecita è circostanza capace di ledere irrimediabilmente l elemento fiduciario del rapporto di lavoro. Premessa Dalla sentenza n del 26/01/2017 della Corte di Cassazione emerge che è legittimo licenziare il dipendente che ha reiteratamente sottratto beni aziendali, anche se di modesto valore, soprattutto nel caso in cui la sanzione espulsiva sia stata preceduta da altre di tipo conservativo. Il carattere continuato della condotta illecita è circostanza capace di ledere irrimediabilmente l elemento fiduciario del rapporto di lavoro. IL CASO L ENEL ha licenziato un dipendente che si è reso responsabile di un furto di rame. 1

2 La difesa Reiterazione della condotta L uomo ha proposto impugnazione facendo leva sull articolo 25 del CCNL che ricollega il licenziamento alla sottrazione di beni di rilevante valore, mentre, nella specie, era stata sottratta una modica quantità di rame per un valore non superiore a 400 euro. Pertanto, secondo il lavoratore, l azienda avrebbe dovuto limitarsi all'irrogazione di una multa o, al più, alla sospensione dal servizio. I giudici sono stati di diversi avviso. A conferma della sentenza del Tribunale, la Corte d appello di Campobasso ha dichiarato il licenziamento legittimo: in quanto conseguenza di una abusiva reiterata sottrazione di beni aziendali, vale a dire di una condotta che riveste il carattere di grave negazione degli elementi del rapporto di lavoro, ed in particolare di quello fiduciario, sì da porre in dubbio la futura correttezza dell'adempimento della obbligazione lavorativa. I giudici di merito, in sostanza, hanno attribuito rilievo preminente al carattere della continuazione, posto che il ricorrente aveva già commesso in precedenza fatti della stessa natura, che l azienda aveva stigmatizzato applicando sanzioni di tipo conservativo, sicché il licenziamento, a un certo punto, è stato una scelta inevitabile e giustificata. Ebbene, la valutazione della Corte d appello ha trovato conforto presso i supremi giudici. E difatti la Sezione Lavoro della Cassazione ha definitivamente sancito la legittimità del licenziamento. CCNL NON PRODOTTO Innanzitutto, i Supremi giudici rilevano la mancata produzione del CCNL, e ciò con riguardo al motivo di ricorso relativo alla violazione dell'articolo 18 della legge n. 300/70 - nella versione di testo applicabile ratione temporis -, laddove prevede che non sussistono gli estremi del giustificato motivo soggettivo o della giusta causa di licenziamento, qualora il fatto rientri fra le condotte punibili con una sanzione conservativa sulla base delle previsioni dei contratti collettivi o dei codici disciplinari applicabili. Gli Ermellini osservano che sul ricorrente grava l onere, ai sensi dell'articolo 369, comma 2, n. 4, c.p.c., nella nuova formulazione di cui al D.Lgs. n. 40/06, di depositare, a pena d improcedibilità, copia integrale del contratto collettivo sul quale il ricorso si fonda. Il ricorrente può limitarsi a riprodurre, nel corpo dell'atto d impugnazione, la 2

3 sola norma contrattuale collettiva sulla quale si basano principalmente le doglianze, purché il testo integrale del contratto collettivo sia stato prodotto nei precedenti gradi di giudizio e, nell'elenco degli atti depositati, posto in calce al ricorso, vi sia la richiesta, presentata alla cancelleria del giudice che ha pronunciato la sentenza impugnata, di trasmissione del fascicolo d'ufficio che lo contiene, risultando forniti in tal modo alla S.C. tutti gli elementi per verificare l'esattezza dell'interpretazione offerta dal giudice di merito. (cfr. Cass. n /16, da ultimo). Di conseguenza, l'onere di depositare i contratti e gli accordi collettivi su cui si fonda il ricorso onere che è funzionale a conseguire una decisione in tempi ragionevoli - non può dirsi soddisfatto con la trascrizione delle sole disposizioni di cui il ricorrente lamenta la violazione attraverso le censure alla sentenza impugnata. Nel caso di specie il ricorrente ha violato questi principi, avendo prodotto, in allegato al fascicolo di parte di primo grado, solo la copia della disposizione che si assume violata, ma non la copia integrale del contratto collettivo per i lavoratori addetti al settore elettrico in cui detta disposizione è inserita. La produzione parziale di un documento è incompatibile con i principi generali dell'ordinamento e con i criteri di fondo dell'intervento legislativo di cui al citato D.Lgs. n. 40 del 2006 intesi a potenziare la funzione nomofilattica della Corte di Cassazione, atteso che la mancanza del testo integrale del contratto collettivo non consente di escludere che in altre parti dello stesso vi siano disposizioni indirettamente rilevanti per l'interpretazione esaustiva della questione che interessa (vedi Cass. 4/3/2015 n. 4350). La mancanza produzione del contratto di settore impedisce lo svolgimento dell attività ermeneutica da parte della Corte di legittimità. Disvalore intrinseco della condotta addebitata Tuttavia, la Suprema Corte ritiene che il Giudice di secondo grado, nello scrutinare la vicenda sottoposta al suo esame, abbia proceduto comunque alla elaborazione di un giudizio sulla valutazione della mancanza ascritta al dipendente, che risulta congruamente fondato sul disvalore intrinseco che la connotava e sulla reiterazione della condotta medesima, evidentemente idonea a porre in dubbio il futuro corretto adempimento della obbligazione lavorativa. PRINCIPIO DI PROPORZIONALITÀ RISPETTATO Ai sensi dell articolo 2106 del codice civile, l inosservanza, da parte del prestatore di lavoro, del dovere di diligenza (art c.c.) e dell obbligo di 3

4 fedeltà (art c.c.) può dar luogo alla applicazione di sanzioni disciplinari, secondo la gravità dell'infrazione. Dal principio di proporzionalità, codificato dall articolo 2106, consegue che, a fronte di casi di non eccessiva gravità, si deve escludere l'applicazione della sanzione espulsiva, mentre, di contro, l'irrogazione della massima sanzione disciplinare si giustifica in presenza di condotte che, per le loro specifiche e peculiari modalità di attuazione, siano idonee a far venir meno il vincolo fiduciario sotteso al rapporto e l'affidamento circa i comportamenti futuri del dipendente. Nel caso di specie, pertanto, l azienda ha agito secondo legge, in quanto la condotta avente a oggetto la sottrazione di beni aziendali è stata sanzionata progressivamente, con passaggio da sanzioni di tipo conservativo alla più grave sanzione espulsiva. Al riguardo, i Supremi giudici scrivono: la Corte distrettuale, avendo ben presente la clausola generale della proporzionalità della sanzione sancito dall'art c.c. che presiede allo scrutinio della congruità della sanzione disciplinare anche nella vigenza della legge n.92 del 2012, nel confermare sia pur in maniera succinta la decisione di primo grado, con adeguata e conferente motivazione, insuscettibile di alcuna censura sul versante logico-giuridico, ha rimarcato la gravità di tale condotta, valutando non solo il pregiudizio economico arrecato al datore di lavoro (elemento sul quale era stata graduata dalle parti sociali la diversa entità della misura conservativa), ma anche considerando gli ulteriori elementi che ne evidenziavano la specifica gravità, facendo venir meno la fiducia dell'ente datoriale riposta per il futuro, in un corretto comportamento del proprio dipendente, anche in ragione della rilevanza penale della condotta da lui assunta e della continuità da cui era stata connotata. In definitiva, alla stregua delle sinora esposte considerazioni, l'impugnata sentenza non risulta inficiata dall'impugnazione proposta che va, di conseguenza, respinta. Condanna alle spese Il rigetto del ricorso ha comportato la condanna del lavoratore al pagamento delle spese processuali. Rassegna di giurisprudenza in tema di licenziamento Cass. Sez. Lav. Sent. n /2015 È legittimo il licenziamento disciplinare del lavoratore che in due diverse occasioni ha rubato, per fini personali, la benzina a uso aziendale, senza che rilevi la scarsa entità del danno arrecato. La reiterazione del gesto lede il rapporto fiduciario. 4

5 La S.C. spiega che per giustificare un licenziamento disciplinare i fatti addebitati devono rivestire il carattere di grave violazione degli obblighi del rapporto di lavoro, tale da lederne irrimediabilmente l elemento fiduciario; la relativa valutazione deve essere operata con riferimento agli aspetti concreti afferenti alla natura e alla qualità del singolo rapporto, alla posizione delle parti, al grado di affidamento richiesto dalle specifiche mansioni del dipendente, al nocumento eventualmente arrecato, alla portata soggettiva dei fatti stessi, ossia alle circostanze del loro verificarsi, ai motivi e all intensità dell elemento intenzionale o di quello colposo. In caso di tenuità del danno, va considerato il valore sintomatico che lo stesso può assumere rispetto ai futuri comportamenti del lavoratore incidendo sul rapporto fiduciario. È necessario, per configurarsi una giusta causa di recesso, che i fatti addebitati rivestano il carattere di grave negazione degli elementi del rapporto di lavoro e, specialmente, dell elemento essenziale della fiducia, così che la condotta del dipendente sia idonea a porre in dubbio la futura correttezza del suo adempimento. È illegittimo il licenziamento del dipendente che è Cass. Sez. Lav. stato sorpreso a rubare in azienda un oggetto di Sent. n /2015 scarso valore. La reazione del datore di lavoro è sproporzionata se si tratta di un episodio isolato. Nel caso di specie, il lavoratore si è appropriato di un oggetto del valore di euro 2.90 e quindi è stato licenziato dall azienda, che ha ritenuto irrimediabilmente compromesso il vincolo fiduciario. La Corte d appello, secondo i Supremi giudici, ha correttamente escluso la giusta causa del licenziamento, tenuto conto dell unicità dell episodio, della particolare modestia del prodotto sottratto, dell anzianità di servizio del lavoratore (16 anni senza sanzioni disciplinari). Tutti questi elementi hanno fatto apparire sproporzionata la sanzione disciplinare espulsiva. Il lavoratore poteva essere sanzionato diversamente: il licenziamento è l extrema ratio. È illegittimo il licenziamento del lavoratore che si è limitato a dare una spallata al collega. Si tratta di un episodio che non può essere paragonato a una Cass. Sez. Lav. rissa, cioè a una contesa, anche tra due persone, Sent. n. 2830/2016 idonea a produrre, per le modalità dell azione e per la sua capacità di coinvolgere terzi, una situazione di pericolo non limitata ai soli protagonisti. La S.C. tratta il caso di un lavoratore che è stato sanzionato ai sensi dell art. 48 del CCNL Telecomunicazioni, che prevede il licenziamento con preavviso per la rissa nel luogo di lavoro, fuori dai reparti operativi. 5

6 È legittimo licenziare il lavoratore che, per soddisfare proprie esigenze personali (nella fattispecie, per partecipare ad una serata danzante ), ha usufruito di un permesso per l assistenza a portatori di handicap. Il lavoratore che chiede un giorno di permesso retribuito, ex art. 33, comma 3, L. 104 del 1992, come modificata Cass. Sez. Lav. dalle leggi 53/2000 e 183/2010, per dedicarsi a Sent. n. 8784/2015 qualcosa che nulla ha che a vedere con l assistenza, pone in essere un comportamento che implica un disvalore sociale e che si ripercuote senz altro sull elemento fiduciario, trattandosi di condotta idonea a porre in dubbio la futura correttezza dell adempimento in quanto sintomatica di un certo atteggiarsi del lavoratore agli obblighi assunti. Nel caso di specie, la S.C. ha ritenuto del tutto irrilevante la questione sollevata dal lavoratore circa la mancata affissione del codice disciplinare perché è già stato chiarito che il principio di necessaria pubblicità del codice disciplinare mediante affissione in luogo accessibile a tutti non si applica nei casi in cui il licenziamento sia irrogato per sanzionare condotte del lavoratore che concretizzano violazione di norme penali o che contrastano con il cosiddetto "minimo etico" (v. Cass. n /2013 e n /2009). Riferimenti normativi e giurisprudenziali o Statuto dei lavoratori, Artt. 18; o Codice civile, Artt. 2104, 2105 e 2106; o CCNL per i lavoratori addetti al settore elettrico, Art. 25; o Cass. n /2016; o Cass. n.4350/2015; o Cass. n /2015; o Cass. n /2015; o Cass. n. 2830/2016; o Cass. n. 8784/ Riproduzione riservata - 6

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