Comunità Montana Cinque Valli Bolognesi COMUNI DI LOIANO, MONZUNO, PIANORO. COMUNITÀ MONTANA CINQUE VALLI BOLOGNESI Presidente: Andrea Marchi

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1 Comunità Montana Cinque Valli Bolognesi COMUNI DI LOIANO, MONZUNO, PIANORO COMUNITÀ MONTANA CINQUE VALLI BOLOGNESI Presidente: Andrea Marchi COMUNE DI LOIANO COMUNE DI MONZUNO COMUNE DI PIANORO Sindaco: Giovanni Maestrami Sindaco: Andrea Marchi Sindaco: Simonetta Saliera Ufficio di Piano Comunità Montana Cinque Valli Bolognesi: Arch. Ferdinando Petri - Ing. Mario Di Lodovico Comune di Loiano: Arch. Eva Gamberini - Comune di Monzuno: Ing. Massimo Milani - Comune di Pianoro: Dott. Luca Lenzi Responsabili di progetto: Arch. Carla Ferrari Arch. Rudi Fallaci - Tecnicoop soc.coop. Ing. Roberto Farina - Oikos Ricerche s.r.l. Consulenti e collaboratori: per le analisi sul sistema della pianificazione e sul sistema insediativo attuale: arch. Carla Ferrari, arch. Luca Biancucci (Tecnicoop soc.coop), dott. urb. Mario Scarpari di Prà Alto, dott. urb. Alida Spuches per le analisi socio-economiche e gli scenari insediativi: dott. urb. Francesco Manunza - Oikos Ricerche srl - dott. Paolo Trevisani (Tecnicoop soc.coop) - arch. Guido Pongiluppi per le analisi delle persistenze storiche e dei tessuti urbani: arch. Enrico Guaitoli Panini, arch. Irene Esposito, arch. Barbara Varini, dott. arch. Cecilia Carattoni, dott. arch.giovanni Buffagni per le analisi archeologiche: dott. Paolo Campagnoli, dott. geol. Carlo Del Grande (Ambiente Terra) per le analisi sugli aspetti geologici, geomorfologici, sismici ed idraulici: dott. geol. Aldo Quintili, dott. geol. Marco Massacci, dott. geol. Marina Silvestri, dott. geol. Valeriano Franchi, dott. geol. Stefania Asti, ing. Adelio Pagotto, dott. geol. Gianluca Vaccari, dott. Fausto Melotti, ing. Yos Zorzi per le analisi della mobilità e del traffico: ing. Francesco Mazza, ing. Fabio Cerino (Airis srl) per le analisi sul rumore e sulla qualità dell'aria: dott.sa Francesca Rametta, ing. Irene Bugamelli, ing. Gildo Tomassetti (Airis srl) per le analisi sui temi energetici: ing. Gionatan Ruscelli, ing. Gildo Tomassetti (Airis srl) per le analisi sul territorio rurale (agricoltura, paesaggio, ecosistemi): dott. agr. Salvatore Giordano, arch. Camilla Alessi, (Airis srl), dott. for. Paolo Rigoni, dott. agr. Michele Sacchetti SUOLO-SOTTOSUOLO-ACQUA QC.6/R aprile 2009 RELAZIONE gennaio 2008 agg.

2 COMUNI DI LOIANO, MONZUNO, PIANORO P.S.C. QUADRO CONOSCITIVO QC.6/R SUOLO SOTTOSUOLO ACQUE: RELAZIONE INDICE 6.1 SUOLO E SOTTOSUOLO Pag INQUADRAMENTO FISIOGRAFICO Pag GEOLOGIA E PROPENSIONE AL DISSESTO (Tavola QC.6/t1) Pag CARTA DELLE ATTITUDINI ALLE TRASFORMAZIONI EDILIZIO - URBANISTICHE DEL TERRITORIO (Tavola QC.6/t2) Pag NEOTETTONICA E SISMICITÀ Pag PERICOLOSITÁ SISMICA LOCALE (EFFETTI DI SITO) (Tavola QC.6/t3) Pag LIMITI E CONDIZIONI ALLA TRASFORMAZIONE DEL TERRITORIO Pag ACQUE Pag ACQUE SUPERFICIALI Pag Il sistema idrografico Pag Officiosità idraulica del reticolo idrografico principale Pag Qualità delle acque superficiali Pag IL SISTEMA FOGNARIO E DI SCOLO Pag Officiosità idraulica del reticolo di scolo Pag Il sistema della depurazione Pag ACQUE SOTTERRANEE Pag Struttura idrogeologica Pag Permeabilità dei terreni Pag Le sorgenti Pag Aree di possibile alimentazione e aree di ricarica (rocce magazzino) Pag Comunità Montana CINQUE VALLI - Comuni di LOIANO - MONZUNO - PIANORO - Quadro Conoscitivo del PSC

3 Vulnerabilità delle acque sotterranee Pag Elementi di potenziale inquinamento delle acque sotterranee Pag LIMITI E CONDIZIONI ALLA TRASFORMAZIONE DEL TERRITORIO Pag SUOLO SOTTOSUOLO ACQUE : VINCOLI E TUTELE AMBIENTALI ESISTENTI Pag CRITICITÀ ED EMERGENZE GEOLOGICO-AMBIENTALI Pag PERICOLOSITA E RISCHIO IDROGEOLOGICO DEGLI ELEMENTI DI COMPETENZA Pag. 157 COMUNALE E PERICOLOSITA IDRAULICA DEI CORSI D ACQUA MINORI E MINUTI IN PROSSIMITA DELLE PRINCIPALI AREE URBANE DI FONDOVALLE CARTOGRAFIA DI ANALISI RIDOTTA IN FORMATO A3 2 Comunità Montana CINQUE VALLI - Comuni di LOIANO - MONZUNO - PIANORO - Quadro Conoscitivo del PSC

4 6.1 SUOLO E SOTTOSUOLO INQUADRAMENTO FISIOGRAFICO Il territorio dei 3 Comuni si configura, da un punto di vista fisiografico, come un tipico territorio collinare appenninico, con tre dei quattro ambiti tipici principali ben rappresentati: mancando quello di prima quinta collinare e pedecollinare (appannaggio esclusivo del territorio comunale di San Lazzaro di Savena, subito a nord e a valle di quello di Pianoro) sono presenti quello collinare propriamente detto per la maggior parte della Panoramica della media valle del Torrente Savena superficie dei tre territori; poi quello montano, più tipico del crinale tosco - emiliano posto poco più a sud ed a monte, che nel territorio di studio compare in un limitato ambito territoriale nel Comune di Monzuno, il gruppo di M.te Venere; infine quello dei fondivalle terrazzati: Valli del T. Savena e del T. Setta principalmente, Valle del T. Zena in misura minore, per la scarsa ampiezza dei suoi terrazzi alluvionali. La Valle del Setta è la più occidentale delle tre, quella del Savena è centrale rispetto al territorio dei 3 Comuni e frapposto alle altre due, e quella dello Zena è la più orientale; i tre corsi d'acqua citati, e conseguentemente i crinali principali che fungono da spartiacque e le relative valli, presentano un andamento grossomodo S - N. Mentre della Valle del T. Setta è incluso nel territorio in esame soltanto un tratto del fianco destro del suo medio corso, corrispondente alla porzione più occidentale del territorio comunale di Monzuno (oltre ad un breve tratto del fianco sinistro della Valle, dove il confine si incunea in quello che generalmente è il territorio di Marzabotto, individuando così un "oltre - Setta monzunese"), della Valle del Savena è presente invece un cospicuo tratto che corre per l'intera lunghezza dei tre territori (attraversando quello di Pianoro e dividendo quello di Loiano da quello di Monzuno); la Valle dello Zena è rappresentata infine dalla sua testata multipla praticamente fino al suo sbocco in pianura, poco meno di cinque chilometri prima dalla confluenza nel T. Idice, poco a nord del confine comunale fra Pianoro e S. Lazzaro. Il confine ovest del territorio considerato è attestato per la parte meridionale, come si è già detto, lungo il corso del T. Setta (eccetto quanto evidenziato sopra) mentre per quella più settentrionale, corrispondente all'estremo lembo nord del territorio di Monzuno e a tutto il territorio di Pianoro, corre all'incirca sullo spartiacque Setta/Reno - Savena tranne nell'area della vallecola del Rio di Molinelli (zona dell'abitato di Montelungo), che essendo un tributario del F. Reno, insiste sul fianco destro della relativa Valle, sebbene ricadendo nel territorio comunale di Pianoro. Ad oriente invece lo spartiacque T. Zena - T. Idice funge spesso da limite territoriale, tranne che per alcuni tratti: nella zona di Casola Canina, dove il territorio pianorese va a ricomprendere anche l'omonimo calanco il cui collettore idrico è tributario sinistro del T. Idice; in una limitata porzione del versante destro della Valle dello Zena, dove il confine comunale di Monterenzio abbandona il crinale da Poggio Scanno fino a M.te Cavare per scendere fino all'alveo del corso d'acqua; ed infine per un lungo tratto che va dall'abitato di Ca' di Bazzone a quello di Monterenzio (entrambi situati per la maggior parte sul fondovalle dell'idice), dove il territorio comunale di Pianoro abbandono lo spartiacque nel tratto M.te Cavare - M.te Ceresa - Monte della Vigna per scendere fino a 3 Comunità Montana CINQUE VALLI - Comuni di LOIANO - MONZUNO - PIANORO - Quadro Conoscitivo del PSC

5 mezza costa del versante sinistro del suddetto corso d'acqua, ricomprendendo le parti alte delle vallecole dei Rii Sabattini, Viaratta, Baragozza - Olgnago nonché gran parte del piccolo massiccio del M.te delle Formiche. Fig Inquadramento fisiografico Dal punto di vista dell'orografia, le quote più elevate si rinvengono, come accennato, nel gruppo di M.te Venere (spartiacque Setta - Savena), costituito dalle vette di M.te Poggio 4 Comunità Montana CINQUE VALLI - Comuni di LOIANO - MONZUNO - PIANORO - Quadro Conoscitivo del PSC

6 Santa Croce (837 m s.l.m.), M.te Venere (965 m s.l.m.), Poggio Monte Venere (822 m s.l.m.), elencate provenendo da sud e tutte nel territorio comunale di Monzuno; sullo stesso crinale le quote si abbassano abbastanza repentinamente proseguendo verso settentrione, e si incontrano l'area urbanizzata di Monzuno (Villa Torchi 678 m s.l.m.), poi Monterumici (577 m s.l.m.), M.te Adone (654 m s.l.m.), per finire in un lungo crinale senza toponimi orografici (che attraversa però l'abitato di Montelungo, posto a 324 m s.l.m.) fino a Poggio Pellizzano (335 m s.l.m.) dove lo spartiacque Reno - Savena (il T. Setta è oramai confluito nel F. Reno un paio di chilometri a monte) entra in un lembo del territorio comunale di Sasso Marconi (M.te Samorre 377 m s.l.m.) per passare poco dopo nel Comune di Bologna. Sullo spartiacque Savena - Zena, provenendo dalla pianura, si incontrano il M.te Croara (283 m s.l.m.) con il suo sistema carsico di inghiottitoi e grotte (l'unica nel territorio comunale di Pianoro è la Buca dell'acqua Fredda), M.te Calvo (389 m s.l.m.), M.te Ca' dell'albero (290 m s.l.m.), M.te Arnigo (407 m s.l.m.), Poggio Maggiore (403 m s.l.m.), Poggio Ganna (367 m s.l.m.), M.te Rosso (591 m s.l.m.) nei pressi dell'abitato di Livergnano, fin qui tutte vette situate nel territorio comunale di Pianoro; il crinale procede verso sud ed entra nel territorio di Loiano dove viene frequentemente intersecato dalla S.P. (ex - S.S.) 65 della Futa, con i relativi insediamenti abitativi: si incontrano il M.te Vaiolo (631 m s.l.m.), nei pressi dell'abitato di Guarda, M.te Castellari (708 m s.l.m.), Poggio Bellaria (665 m s.l.m.) nei pressi di Sabbioni, M.te Bastia (792 m s.l.m.) sovrastante il Capoluogo di Loiano, infine il cocuzzolo dell'osservatorio (791 m s.l.m.), per poi uscire dal confine meridionale del territorio comunale nei pressi dell'agglomerato di Madonna dei Boschi (865 m s.l.m., nel Comune di Monghidoro). Lo spartiacque Zena - Idice attraversa il colle su cui sorge l'abitato dell'eremo (302 m s.l.m.); prosegue poi verso Casola Canina (282 m s.l.m.), costeggiando l'omonimo calanco rivolto verso NE e la Valle dell'idice; si snoda gradualmente elevandosi di quota molto progressivamente e con scarsi dislivelli attraverso Poggio Scanno (288 m s.l.m.), Crinale Zena-Idice tra Casola Canina e Poggio Scanno M.te Cavare (407 m s.l.m.), Poggio del Monte (364 m s.l.m.), M.te Ceresa (412 m s.l.m.), M.te della Vigna (459 m s.l.m.), e da qui con un'impennata quasi brusca arriva a M.te delle Formiche (640 m s.l.m.), dalla tipica forma piramidale isolata, per finire a M.te Lupo (458 m s.l.m.) che giace per poche decine di metri all'interno del territorio comunale di Monterenzio, mentre tutte le altre alture citate si trovano nel territorio di Pianoro. Come si è potuto notare dalle quote elencate, l'energia del rilievo (intesa come dislivello assoluto) è quasi ovunque piuttosto bassa, con i fondivalle principali posti fra i circa m s.l.m. (tratti settentrionali di Savena e Zena) e i 380 m s.l.m. del Savena ai piedi del massiccio di M.te Venere, o i 275 m s.l.m. di Fornace Zena per l'omonimo torrente, ovvero, per il Setta, fra i 155 m s.l.m. presso Vado e i 240 m s.l.m. in prossimità del confine comunale con Grizzana, mentre i relativi crinali spartiacque si aggirano attorno a m verso nord fino a m s.l.m. verso sud, eccezion fatta per l'ambito più propriamente montano del gruppo di M.te Venere che svetta a poco meno di 1000 m di quota, e per qualche altra vetta isolata, come M.te della Bastia a quasi 800 m. L'intensità del rilievo (intesa invece come acclività dei versanti) può invece essere classificata come 5 Comunità Montana CINQUE VALLI - Comuni di LOIANO - MONZUNO - PIANORO - Quadro Conoscitivo del PSC

7 elevata nel primissimo lembo territoriale di Pianoro per la presenza delle ripide per quanto basse pendici dei gessi e dei terreni argillosi a struttura caotica (che spesso creano calanchi piccoli ma spettacolari), cui segue un'intensità di medio livello in tutta la zona centrale dello stesso territorio comunale, determinata dalla presenza delle Argille azzurre plioceniche, talvolta però interrotta dai bastioni rupestri arenacei della porzione sommitale di questo substrato. Ancora verso sud, proprio a cavaliere della fascia di confine dei tre territori comunali si rinviene la notevole fascia trasversale del Contrafforte Pliocenico vero e proprio, caratterizzato da un andamento molto acclive e a tratti sub-verticale, trasversale alle tre valli principali. Da questo allineamento verso sud, tutto il territorio studiato mostra un intensità del rilievo dai caratteri (seppure non dall'elevazione) Contrafforte pliocenico tra Livergnano e la Valle dello Zena montani, con pendenze dei versanti sempre o quasi sempre superiori ai 20, con le valli piuttosto profondamente incise e a tratti incanalate fra ripide e scoscese pareti: si ricordano sul T. Savena le Gole di Scascoli, ma si rinvengono luoghi simili anche lungo il corso superiore del T. Zena (fra Zenarella e il Rio dei Cani, dove la valle attraversa, incidendolo, il Contrafforte Pliocenico), o nel tratto più a monte del Savena, appunto ai piedi del massiccio di M.te Venere. Oltre alle tre valli principali ed a numerose vallecole dei vari affluenti dei corsi d'acqua maggiori, conformano il territorio almeno alcune altre valli minori: si tratta di quelle coalescenti dei Rii Laurinziano - Gorgognano Monazzano (Pianoro), nonché la parte bassa della Val Sambro (Monzuno), la cui parte sommitale giace nel territorio di S, Benedetto Val di Sambro, appunto. Le prime, che confluiscono nei pressi dell'abitato di Botteghino di Zocca nel Torrente Zena, modellano una vasta porzione del territorio comunale di Pianoro, quella posta fra la valle dello Zena vera e propria e quella del Savena dall'altezza di Pianoro Vecchia fino a Pianoro Nuova, con un andamento dendritico dovuto al substrato argilloso pliocenico che rende il paesaggio locale assai variegato, con la creazione di altri spartiacque minori (quello del M.te Belmonte fra R. Lauriziano e R. Gorgognanno, la cresta Gorgognano - Poggio dei Mori - M.te Brinello fra R. Gorgognano e T. Zena). Il breve tratto terminale della Val Sambro è presente invece nel settore sud-occidentale del territorio comunale di Monzuno, ed è caratterizzato da una pendenza basale del corso d'acqua piuttosto accentuata e dai fianchi significativamente acclivi nella parte più prossima all'alveo del T. Sambro, che si addolciscono nella loro porzione più elevata. 6 Comunità Montana CINQUE VALLI - Comuni di LOIANO - MONZUNO - PIANORO - Quadro Conoscitivo del PSC

8 Un'ulteriore movimentazione della fisiografia locale è dovuta alla conformazione della parte alta del bacino imbrifero del T. Zena, a monte della località fornace di Zena, oramai in territorio di Loiano: risalendo controcorrente il corso d'acqua, si trova una diramazione che proviene da SW che si snoda fra terreni argillosi fino alle porte di Loiano capoluogo, passando fra gli abitati di Sabbioni e Scanello arroccati sui rispettivi crinali (il secondo sorge appunto sullo spartiacque minore che divide i due bacini dello Zena); l'altro Valle del torrente Zena ramo, quello principale, prosegue verso sud incidendo una profonda forra nei ripidi pendii marnosi e fittamente boscati di M.te Bibele (in sinistra idraulica, e nel territorio di Monterenzio) e di un suo cocuzzolo gemello senza nome (in destra) per poi risalire verso la zona meno acclive e completamente destinata all'agricoltura attorno a Quinzano; qui si ritrova la struttura dendritica della porzione culminale del bacino dello Zena, dove i suoi ruscelli iniziali prendono i nomi di Rio Lamme, Rio Gnazzano, Rio dei Boschi, Rio Costazza, Rio della Balza della Picca, e raggiungono lo spartiacque nella zona di Ca' di Romagnoli e Ca' del Bel Minghino verso gli 800 m di quota GEOLOGIA E PROPENSIONE AL DISSESTO (Tavola QC.6/t1) Si è preferito evitare la riproduzione diretta della Carta Geologica dell'appennino Emiliano - Romagnolo, edita dal Servizio Cartografico della Regione Emilia - Romagna (strumento di base condiviso dalla comunità dei geologi regionali) sebbene sia stata assunta come fonte, dandone per scontata la conoscenza e la reperibilità sia come materiale cartaceo che in versione informatizzata, ed utilizzata come base dati per successive elaborazioni. La scelta è stata invece quella di fornirne una rielaborazione che pare agli scriventi assai più direttamente attinente al tema della pianificazione territoriale e che fa riferimento al lavoro del dott. G. Bertolini "Carta del dissesto geologico attuale - Foglio 218 SE Carpineti" 1 dove l'autore proponeva un nuovo tipo di rappresentazione cartografica, incentrato appunto sul dissesto geologico. In particolare, ma in estrema sintesi, l'assunto era quello di rappresentare i diversi fenomeni di dissesto geologico individuati tramite il rilevamento diretto od indiretto sul territorio, nonché di accorpare le diverse formazioni o membri geologici individuati dalla Carta Geologica regionale di base secondo un "indice di franosità", ricavato per ciascun litotipo sulla base della superficie di affioramento raffrontata percentualmente a quella occupata dai relativi dissesti. Con le chiare e semplici parole dell'autore: "La franosità di un versante, ovvero il fatto che esso sia stabile o no, dipende dalla sussistenza ed entità di un alto numero di fattori che, se agenti insieme, possono portare il pendio al collasso. Questi fattori sono molteplici e di varia natura, come: litologia, acclività, struttura, assetto degli strati, pressioni neutre, piovosità, solubilità ed erodibilità, sismicità dell'area, etc. Tra tutti, il fattore più importante è sicuramente la caratteristica litologica e geomeccanica delle formazioni costituenti il versante. All'interno di ogni versante sussistono forze che hanno una 1 Edito nel 1994 dal Servizio Cartografico della Regione Emilia - Romagna 7 Comunità Montana CINQUE VALLI - Comuni di LOIANO - MONZUNO - PIANORO - Quadro Conoscitivo del PSC

9 componente, più o meno importante, verso valle, che tendono cioè a "staccare" porzioni di esso; se le caratteristiche di "resistenza agli sforzi di taglio" intrinseche della roccia sono superiori a queste ultime il versante non franerà; franerà invece se sarà vero il contrario. Si può dire quindi a ragione che vi siano formazioni del substrato più predisposte al dissesto di altre, ma non è detto che ogni versante da esse costituito franerà; questo dipenderà da molti altri fattori. Vi sono infatti aree molto stabili il cui substrato è costituito da formazioni predisposte al dissesto (ad esempio un crinale o una zona poco acclive), mentre vi sono zone molto instabili su formazioni poco predisposte al dissesto. Rimane comunque il fatto che la prima informazione utile, la più importante per stabilire la predisposizione al dissesto, è normalmente la costituzione litologica del sottosuolo, ossia la formazione geologica che lo costituisce". Questa tesi, del tutto condivisibile, porta quindi a dire che la carta tematica di cui si parla, e che viene fornita come elaborato QC.6/t1, costituisce una base informativa per chi debba pianificare il territorio, dove le frane vere e proprie costituiscono fattore di esclusione (e perciò come elemento di tutela o per meglio di dire di "salvaguardia" per chi deve costruire o utilizzare un nuovo edificio o infrastruttura), mentre i raggruppamenti litologici secondo il loro comportamento geomeccanico tendenziale forniscono un'indicazione di massima che, se del caso, deve poi essere confermata o meno sulla base della valutazione di tutti gli altri elementi che concorrono alla stabilità (o all'instabilizzazione) di un versante ricordati sopra, condotta a livello di indagine geognostica locale, e perciò di successivo approfondimento rispetto a questa sede (relazione geologica e geotecnica per i P.O.C.). Il territorio dei 3 Comuni risulta costituito da 40 diverse unità geologiche (formazioni, membri o litofacies che siano), appartenenti a successioni stratigrafiche diverse per età ed ambiente deposizionale. Per le finalità del presente lavoro esse sono state raggruppate in 4 gruppi di comportamento tendenziale nei riguardi della loro propensione al dissesto, individuati, come si accennava sopra, sulla base del loro indice di franosità formazionale locale: IFFL), inteso come superficie di tutti i fenomeni di dissesto (ma non le coperture detritiche di versante) presenti nei terreni di affioramento di una data unità geologica, come cartografati dalla Carta Geologica di base, divisa per la superficie di affioramento di quella data unità, all'interno dell'areale di studio (il territorio amministrativo dei 3 Comuni) moltiplicato 100 (IFFL = s / S x 100 secondo l'enunciazione originale di Bertolini). I 4 gruppi vengono così denominati e descritti: "A - franosità bassa" se l'indice risulta inferiore al 10%; si tratta generalmente di unità geologiche costituite da areniti o calcareniti in strati e banchi massivi o con rare intercalazioni pelitiche; "B - franosità media, arenarie prevalenti" se l'indice risulta compreso fra il 10% ed il 20%; unità geologiche costituite da alternanze di strati arenitici o calcarenitici con interstrati pelitici, in cui la componente pelitica risulta minoritaria rispetto alla prevalente componente più grossolana; "C - franosità media, peliti prevalenti", con indice ancora compreso fra il 10% ed il 20%; unità geologiche costituite da alternanze con le peliti prevalenti sulle areniti e calcareniti), ovvero da marne con frazioni argillose od arenacee; "D - franosità elevata" con indice superiore al 20%; unità geologiche costituite essenzialmente da argille e argilliti spesso a struttura caotica con inclusi lapidei di varia natura. La suddivisione fra il Gruppo B ed il Gruppo C consente, a parità di percentuale di superficie interessata dai dissesti, di distinguere la tipologia prevalente dei fenomeni franosi: diffusi e non eccessivamente vasti colamenti superficiali che raramente coinvolgono porzioni profonde, nei terreni assegnati al Gruppo C; maggiormente profondi e più vasti scoscendi- 8 Comunità Montana CINQUE VALLI - Comuni di LOIANO - MONZUNO - PIANORO - Quadro Conoscitivo del PSC

10 menti rotazionali o traslazionali in quelli del Gruppo B. E' possibile una distinzione di massima nella tipologia dei fenomeni anche per gli altri due Gruppi: in "A", dove i terreni hanno generalmente consistenza lapidea, i fenomeni sono spesso rappresentati dai crolli, che per il loro sviluppo cinematico rapido risultano essere i più pericolosi per l'uomo e le sue attività; in "D" invece si rinvengono vasti e profondi fenomeni generalmente afferenti a scoscendimenti rotazionali e traslazionali a sviluppo cinematico lento, spesso classificati quiescenti dalla Carta Geologica regionale, e perciò presumibilmente dovuti a condizioni climatiche del passato assai differenti da quelle odierne; essi risultano tendenzialmente meno pericolosi proprio per i tempi lunghi in cui si sviluppano, ma sono comunque in grado di causare agli edifici ed alle infrastrutture dapprima danni lievi, che via via vanno aggravandosi, fino a renderne necessario lo spostamento per il venir meno della convenienza economica del ripristino dei danni o degli interventi localizzati di consolidamento dei fenomeni stessi. Pare opportuno specificare che, a differenza del metodo originale, considerate le finalità del presente lavoro, l'attribuzione all'uno o all'altro Gruppo è avvenuta preponderantemente sulla base dell'indice di franosità locale calcolato per il territorio interessato, e solo in maniera accessoria da altre considerazioni (formazionali, ecc.). La tavola rappresenta appunto anche i fenomeni di dissesto riportati dalla Carta Geologica regionale, sia come perimetro che come classificazione ("attiva" o "quiescente" a seconda del suo stato di mobilizzazione o rimobilizzazione noto); questi sono i soli fenomeni considerati nel calcolo dell'indice di franosità. Sono riportati dalla medesima fonte anche i depositi eluvio - colluviali di versante, e quelli alluvionali terrazzati di fondovalle, che, ovviamente non sono stati presi in considerazione. Per i calanchi si è ricorso a quelli cartografati dalle tavole del P.T.C.P., dato che generalmente la superficie cartografata coincide con il coronamento della struttura, ossia con la porzione effettivamente sottoposta ad intensi fenomeni erosivi 2 e perciò a dissesto. La legenda della tavola comprende i seguenti termini: Frane attive (in evoluzione) Accumuli gravitativi di materiale eterogeneo ed eterometrico con evidenze di movimento in alto o recenti. Frane quiescenti Accumuli gravitativi di materiale eterogeneo ed eterometrico apparentemente stabilizzato. Depositi antropici Grandi accumuli artificiali di materiale eterogeneo provenienti da scavi di gallerie (Deposito T.A.V. di smarino di Rio Calanchi - Loiano). Depositi alluvionali in evoluzione Ghiaie e sabbie prevalenti, localmente blocchi e materiali fini depositati dalle dinamiche fluviali e torrentizie recenti. Depositi alluvionali fissati dalla vegetazione Ghiaie e sabbie prevalenti, localmente blocchi e materiali fini depositati dalle dinamiche fluviali e torrentizie sub-recenti, parzialmente o totalmente stabilizzati dall'avvento spontaneo della vegetazione. 2 e non, come per esempio nel corrispondente strumento della Provincia di Modena, alla struttura calanchiva intesa come un unicum percettivo e quindi ricomprendente anche le porzioni dell'anfiteatro non soggette a dissesto, secondo un approccio più prettamente paesaggistico. 9 Comunità Montana CINQUE VALLI - Comuni di LOIANO - MONZUNO - PIANORO - Quadro Conoscitivo del PSC

11 Terrazzi fluviali di vario ordine Ghiaie e sabbie prevalenti, localmente materiali fini depositati dalle dinamiche fluviali pregresse, spesso ricoperti da coltre pedogenizzata limoso - argillosa, del tutto stabilizzati. Depositi e detriti di falda Materiale eterogeneo ed eterometrico accumulato per gravità e ruscellamento (depositi di versante) o per trasporto torrentizio (conoide torrentizia attiva o prevalentemente stabilizzata); sabbie, limi e argille in genere notevolmente pedogenizzati entro depressioni morfologiche (depositi eluvio - colluviali); materiali eterometrici ed eterogenei accumulati per gravità alla base di scarpate in degradazione (detriti di falda). Orlo di scarpate di terrazzo Ciglio superiore di scarpata di terrazzo alluvionale in evoluzione per erosione laterale di sponda da parte del corso d'acqua. Orlo di scarpata di frane Ciglio superiore di scarpata di frana in evoluzione per erosione superficiale diffusa o concentrata dovuta all'azione delle acque di corrivazione. 10 Comunità Montana CINQUE VALLI - Comuni di LOIANO - MONZUNO - PIANORO - Quadro Conoscitivo del PSC

12 Fig Geologia e propensione al dissesto su base semplificata Per il territorio dei 3 Comuni, l'applicazione del metodo fin qui illustrato alla realtà locale ha consentito di effettuare il raggruppamento e la classificazione di franosità delle diverse unità geologiche presenti fra quelle riconosciute descritte e classificate dalla Carta Geologica regionale, secondo lo schema che segue. 11 Comunità Montana CINQUE VALLI - Comuni di LOIANO - MONZUNO - PIANORO - Quadro Conoscitivo del PSC

13 Gruppo A (ADO 1 - ADO 2 - CIG - GES - LOI - PAT - PAT 3 - PAT 2 ) ADO - FORMAZIONE DI MONTE ADONE Unità litostratigrafica prevalentemente arenitica con abbondante matrice siltoso - argillosa, alternata a peliti sabbiose con stratificazione da sottile a spessa a geometria tabulare e lenticolare. Verso l'alto aumenta la frequenza delle peliti. Spesso stratificazione non ben evidente per bioturbazione. La cementazione è da media a scarsa, spesso differenziale con presenza di "cogoli" generalmente allineati sub parallelamente alla stratificazione. La formazione è internamente suddivisa in 2 membri in rapporti di parziale sovrapposizione e di notevole eteropia laterale. Potenza da oltre 300 metri. Contatto inferiore stratigrafico in continuità su RUM. Sedimentazione di ambiente fluviale e marinomarginale. Piacenziano Calabriano?. ADO 1 - MEMBRO DI MONTE MARIO. Arenarie e subordinati conglomerati a stratificazione da media a molto spessa, tabulare, obliqua a grande scala e localmente cuneiforme. Potenza da poche decine di metri a 350 m. Piacenziano Calabriano?. Indice di franosità formazionale locale: 8,02%. Indice di franosità formazionale locale suddiviso per zone territorialmente omogenee (cfr. oltre): A occidente del torrente Savena: 0,57%; a oriente del torrente Savena: 10,27%. ADO 2 - MEMBRO DELLE GANZOLE. Areniti fini e subordinate peliti sabbiose in strati da medi a molto spessi a geometria tabulare cuneiforme e concava. Macrofossili concentrati in letti. Distinta la litofacies ADO 2ap data da corpi arenacei decametrici, intercalati in peliti. Potenza massima complessiva di 650 m. Piacenziano Calabriano?. Indice di franosità formazionale locale: 6,23%. Indice di franosità formazionale locale suddiviso per zone territorialmente omogenee (cfr. oltre): A occidente del Torrente Savena: 1,51%; a oriente del Torrente Savena: 9,78%. CIG - FORMAZIONE DI CIGARELLO Marne siltoso - sabbiose, talora argillose grigie, bioturbate e fossilifere. Stratificazione generalmente poco evidente per l'assenza di livelli grossolani e per la bioturbazione. Potenza di circa 500 m. Contatto in discontinuità su CTG, limite inferiore graduale rapido o in discontinuità su PAT. Sedimentazione in piattaforma esterna e scarpata - bacino. Langhiano sup. - Serravalliano. Indice di franosità formazionale locale: 9,30%. GES - FORMAZIONE GESSOSO SOLFIFERA Gesso selenitico in banchi con cristalli traslucidi geminati a "coda di rondine", di dimensioni anche decimetriche, gessoareniti e gessoruduti con intercalate peliti bituminose e calcari dolomitici. Sono presenti sottili livelli di siltiti fini grigio chiaro gradate, con sabbia fine organogena alla base, che passano a marne siltose grigie compatte a laminazione ondulata. Potenza variabile da pochi metri ad oltre 200 m. Limite inferiore graduale rapido su GHL (Formazione dei "Ghioli di Letto"). Evaporiti di ambiente lagunare a subtidale. Suddivisa in due membri (Membro di Rio Sgarba - GES2; Membro di Monte La Pieve - GES 1 ). Messiniano. Indice di franosità formazionale locale: 7,93%. LOI - FORMAZIONE DI LOIANO Arenarie arcosiche risedimentate da fini a molto grossolane, a luoghi microconglomeratiche, in genere scarsamente cementate grigio - biancastre. Strati da medi a molto spessi fino a massicci, tabulari, con a tetto subordinate peliti scure; a luoghi presenze di brecce e conglomerati. Localmente è presente una litozona arenaceo - pelitica (LOI ap ) con A/P circa uguale a 1. Alla base e nella parte inferiore della formazione sono 12 Comunità Montana CINQUE VALLI - Comuni di LOIANO - MONZUNO - PIANORO - Quadro Conoscitivo del PSC

14 presenti due membri arenitici descritti separatamente. Potenza massima di oltre 700 m circa, interdigitata a scala regionale ad MMP. Contatto inferiore su BAI 2, MOV e BAI 3. Sedimentazione torbiditica, in bacino confinato profondo. Luteziano sommitale Priaboniano. Indice di franosità formazionale locale: 7,95%. PAT - FORMAZIONE DI PANTANO Areniti in prevalenza finissime, generalmente ricche in matrice marnosa in strati da medi a spessi generalmente poco evidenti, di colore grigio chiaro, a geometria piano-parallela senza strutture interne conservate a causa dell'intensa bioturbazione. Presenti resti di Echidni, Gasteropodi e Lamellibranchi. Cementazione medio - elevata. Nella parte inferiore la granulometria è particolarmente fine ed associata ad una stratificazione mediamente più sottile ed ad una diffusa silicizzazione. Sono presenti vari membri con complessi rapporti, sia verticali che laterali. Potenza complessiva da 150 a 400 m circa. Contatto inferiore in discontinuità con CTG o ANT 1. Sedimentazione di ambiente litorale e di piattaforma. Burdigaliano sup. - Langhiano inf. Indice di franosità formazionale locale: 9,88%. PAT 3 - MEMBRO DI CALVENZANO Areniti ibride da medie a fini, localmente grossolane in strati da medi a molto spessi, risedimentate, alternate ad arenarie siltose e siltiti marnose grigiastre con A/P < 10. Alla base è stata distinta una litozona arenitica (PAT 3a ) con A/P > 10. Potenza fino a 150 m. Eteropia ed interdigitazione con PAT. Burdigaliano sup. - Langhiano inf. Indice di franosità formazionale locale: 8,58%. PAT 2 - MEMBRO DI MONTECUCCOLO Biocalcareniti ed areniti ibride giallastre da fini a molto grossolane, localmente microconglomeratiche, con stratificazione prevalentemente obliqua a media e grande scala. Potenza fino a 150 m. Contatto inferiore su PAT 1 o su ANT 2 ; eteropia laterale con PAT. Burdigaliano sup. - Langhiano inf. Indice di franosità formazionale locale: 0,00% (si tratta esclusivamente di un affioramento di un paio di ettari di ampiezza, senza alcun dissesto presente). INDICE DI FRANOSITA'FORMAZIONALE LOCALE (%) 8,02% 9,78% 9,30% 7,93% 7,95% 9,88% 8,58% ADO1 ADO2 CIG GES LOI PAT PAT3 Gruppo B (ANT 4 - CIG a - CIG 5 - MOH a - FCO a ) ANT 4 - Formazione di Antognola - MEMBRO DI ANCONELLA Areniti arcosiche grigio-giallastre da molto grossolane a fini. risedimentate. Subordinate peliti nerastre e marne argillose grigio verdi in intervalli molto sottili o sottili al tetto degli strati arenacei, Stratificazione tabulare da molto spessa o massiva per amalgamazione; rapporto A/P generalmente >> 10. Potenza massima di oltre 600 m. Corpo interdigitato a 13 Comunità Montana CINQUE VALLI - Comuni di LOIANO - MONZUNO - PIANORO - Quadro Conoscitivo del PSC

15 scala regionale ad ANT. Sedimentazione torbiditica. Chattiano? - Burdigaliano inf.?. Indice di franosità formazionale locale: 18,22%. CIG a - Formazione di Cigarello - LITOFACIES ARENACEA Torbiditi arenaceo - pelitiche (A/P maggiore o uguale a 1/1) con arenarie medio - fini a gradazione poco accentuata e peliti grigio scure in strati da spessi a sottili, spesso amalgamati. Costituiscono corpi lenticolari di estensione chilometrica. Potenza compresa tra 40 e 100 m. Langhiano - Serravalliano. Indice di franosità formazionale locale: 18,27%. CIG 5 - Formazione di Cigarello - MEMBRO DI MONTERENZIO Alternanze arenaceo - pelitiche in strati medi amalgamati (A/P circa 2/1): Potenza variabile da qualche decina di metri a circa 200 m. Sedimentazione torbiditica. Serravalliano. Indice di franosità formazionale locale: 11,88%. MOH a - Formazione di Monghidoro - LITOFACIES ARENACEA Torbiditi arenacee in strati generalmente molto spessi con base arenacea grossolana, alternate a pacchi di torbiditi arenaceo - pelitiche in strati medi. Rapporto A/P > 3. Potenza di circa 200 m. Indice di franosità formazionale locale: 12,04%. FCO a - Formazione a Colombacci - LITOFACIES ARENACEA Alternanza di prevalenti arenarie grigie, giallastre o aranciate alterate, da molto grossolane a fini, e di peliti grigie e grigio verdastre. Indice di franosità formazionale locale: 10,29%. INDICE DI FRANOSITA'FORMAZIONALE LOCALE 18,22% 18,27% 11,88% 12,04% 10,29% ANT4 CIGa CIG5 MOHa FCOa Gruppo C (FAA - FAA a - FCO - SAG - SAG 1 ) FAA - ARGILLE AZZURRE Argille, argille marnose, marne argillose e siltose grigie e grigio azzurre, talora grigio plumbeo, in strati medi e subordinatamente sottili a stratificazione poco o nulla evidente, con rari strati arenacei sottili risedimentati. Localmente sono presenti sottili livelli discontinui di biocalcareniti fini e siltiti gialle o ocra se alterate, sottilmente laminate. Sempre presenti i microfossili; variabile la concentrazione di macrofossili (Gasteropodi e Lamellibranchi). Potenza variabile da 50 a 200 m circa. Contatto inferiore in discontinuità con VAE e FSC. Sedimentazione di piattaforma esterna e scarpata. Pliocene inf. - Pleistocene inf. Indice di franosità formazionale locale: 15,58%. 14 Comunità Montana CINQUE VALLI - Comuni di LOIANO - MONZUNO - PIANORO - Quadro Conoscitivo del PSC

16 FAA a - LITOFACIES ARENACEA Corpi marcatamente lenticolari con estensione trasversale massima di alcune centinaia di metri e longitudinale di circa 850 m. Sono sempre ben stratificati con rapporto sabbia - pelite variabile da 1/1 fino a 10/1. Areniti con subordinate biocalcareniti e biocalciruditi in strati da sottili a spessi, organizzati in pacchi decametrici; affiora a diverse altezze stratigrafiche. Potenza di qualche decina di metri. Contatti inferiori comunemente erosivi. Pliocene inf. - Pleistocene inf. Indice di franosità formazionale locale: 18,46%. FCO - FORMAZIONE A COLOMBACCI Argille, argille marnose e siltose, marne argillose laminate grigio verdi con rari macrofossili (Ostracodi, Lamellibranchi), orizzonti medi di calcilutiti grigio chiare ("colombacci"). Verso il tetto sono presenti uno o più orizzonti di marne nere. Potenza massima di circa 30 m. Contatto inferiore netto, erosivo e discordante su GES. Sedimentazione riferibile ad ambienti alluvionali, di transizione e di lago-mare. Messiniano sup. Indice di franosità formazionale locale: 18,73%. Nel territorio in esame si sono distinte la litofacies pelitico - arenacea (FCO c ) con prevalenti marne e marne argillose grigie e grigio verdastre o nerastre, in strati da pochi millimetri a 50 cm, alternate ad arenarie, siltiti, calcari marnosi, marne calcaree e localmente a marne tripolacee. I fossili sono in genere scarsi: abbondano molluschi ed ostracodi dulcicoli. Localmente sono presenti resti vegetali in posizione di crescita e la litofacies conglomeratica (FCO b ) con prevalenti conglomerati poligenici in strati decimetrici - metrici, alternati a peliti ed arenarie. Indice di franosità formazionale locale: 19,20%. SAG - FORMAZIONE DI SAVIGNO Strati torbiditici da sottili a medi di arenarie feldspatiche poco cementate e peliti verdastre o nere (rapporto A/P >> 1) interamente divisa in due membri tra loro sovrapposti con passaggio graduale per alternanza; localmente presenti strati sottili e medi di calcilutiti a fucoidi e marne calcaree. Potenza parziale di 600 m. circa. Contatto inferiore netto su FPG. Sedimentazione torbiditica in prossimità di alti strutturali. Paleocene?- Eocene inf., medio. SAG 1 - MEMBRO DI VILLA Alternanze torbiditiche arenaceo - pelitiche in strati da sottili a medi tabulari, con rapporto A/P variabile tra 1/2 e 2/1. Le arenarie sono quarzoso - feldspatiche, fini da mediamente a poco cementate, di colore grigio o beige; le peliti sono generalmente siltose di colore grigio scuro o marrone. Sono presenti intervalli di strati sottili con arenarie nettamente subordinate. Rare calcilutiti marnose grigio chiare in strati sottili e medi. Potenza di 300 m circa. Paleocene?-Eocene inf., medio. Indice di franosità formazionale locale: 19,84%. INDICE DI FRANOSITA' FORMAZIONALE LOCALE 15,58% 18,46% 19,20% 19,85% 11,88% FAA FAAa FCO SAG1 CIG5 15 Comunità Montana CINQUE VALLI - Comuni di LOIANO - MONZUNO - PIANORO - Quadro Conoscitivo del PSC

17 Gruppo D (ANT - AVS - BAI - CEA - CTG - FPG - LOI 2 - MMP - MOH - MOH b - MVT - RAN 4 - RUM 1 - RUM 2 - SCB - TER - TER ap ) ANT - FORMAZIONE DI ANTOGNOLA Marne e marne argillose, grigio verdognole, a luoghi siltose; a luoghi sottili strati arenacei a grana fine, frequenti i microfossili e talora i bioclasti. Stratificazione da molto sottile a media, talora difficilmente percepibile sia per scarsa classificazione granulometrica sia per bioturbazione. E' presente un membro arenaceo che localmente rappresenta la quasi totalità della formazione. Potenza massima di alcune centinaia di metri. Passaggio inferiore discontinuo o transizionale su RAN, in discontinuità su MMP; interdigitazioni con MVT. Sedimentazione di piattaforma esterna e scarpata. Chattiano - Burdigaliano inf.?. Indice di franosità formazionale locale: 36,97%. AVS - ARGILLE VARICOLORI DELLA VAL SAMOGGIA Argille e argilliti grigio scure, nerastre, verdastre e rosse sottilmente stratificate, con intercalazioni di arenarie risedimentate e siltiti brune, di calcilutiti verdastre e grigio chiare e di marne biancastre. Localmente brecce poligeniche grigie a matrice argillosa. Potenza stimabile in oltre 200 m. Contatti esclusivamente tettonici con le formazioni circostanti. Sedimentazione pelagica intervallata da correnti di torbidità distali. Nella zona in esame si rinviene anche una litofacies argilloso - calcarea (AVS ac ) costituita da alternanze argilloso - calcaree di argille nerastre fissili e calcari in strati da medi a grossolani, prevalentemente frammentati in blocchi a causa del severo grado di tettonizzazione o calcari marnosi biancastri, calcilutiti e matrice argillosa grigia. Cretacico inf. - Paleocene?. Indice di franosità formazionale locale: 23,13%. BAI - BRECCE ARGILLOSE DI BAISO Brecce sedimentarie poligeniche a prevalente matrice argillosa con clasti eterometrici ed eterogenei costituiti da litotipi appartenenti a varie unità liguri. A seconda della litologia prevalente la formazione è stata interamente suddivisa in alcuni membri che affiorano in areali distinti e senza legami di carattere stratigrafico reciproci. Potenza massima di circa 200 m Luteziano sup. Bartoniano. Nel territorio in esame si rinviene solo il successivo membro. BAI 3 - MEMBRO DI POGGIO CAVALIERA Brecce poligeniche a prevalente matrice argillosa grigia, localmente arenacea, con clasti eterometrici di areniti calcaree fini, arenarie fini, marne e argilliti nerastre. Sono presenti a luoghi inclusi metrici e decametrici di MMP, L.OI 1 e LOI. Materiale proveniente esclusivamente da MOH e MOV. Potenza massima di oltre 250 m. Contatto inferiore discordante su MOH e MOV. Luteziano sup. Bartoniano. Indice di franosità formazionale locale: 49,79%. CEA - MARNE DI CELLA Marne e marne argillose chiare con abbondanti fossili a stratificazione difficilmente riconoscibile. Pliocene inf. basale. Indice di franosità formazionale locale: 21,76%. CTG - FORMAZIONE DI CONTIGNACO Marne siltose, siltiti di colore grigio verdognolo o grigio azzurro, o arenarie risedimentate fini, grigie, a luoghi silicizzate; stratificazione da sottile a media, tabulare, spesso poco evidente. A luoghi vulcanoclastiti grigio verdi o nerastre di spessore centimetrico e decimetrico. Potenza massima di circa 150 m. Contatto inferiore netto su ANT 4 e sfumato per alternanza con ANT. Sedimentazione di scarpata e piattaforma esterna, con sporadici apporti torbiditici. Aquitaniano terminale - Burdigaliano. Indice di franosità formazionale locale: 20,02%. 16 Comunità Montana CINQUE VALLI - Comuni di LOIANO - MONZUNO - PIANORO - Quadro Conoscitivo del PSC

18 FPG - FORMAZIONE DI POGGIO Argille rosse, grigio scure e verdastre, con subordinati strati sottili di arenarie torbiditiche fini grigie; sono presenti spezzoni di strati calcarenitici e marnosi. Stratificazione mai definita o sottilissima. Presenti ichnofossili. Alla base o intercalato in lenti di modesto spessore è stata distinta una litofacies arenacea (FPG a ), a luoghi prevalente. Potenza massima di alcune decine di metri. Probabile contatto inferiore in discontinuità su AVS. Sedimentazione di scarpata o di alto strutturale, con apporti torbiditici silicoclastici. Paleocene - Eocene inf. Indice di franosità formazionale locale: 45,29%. LOI 2 - Formazione di Loiano - MEMBRO DI MONZUNO Brecce e conglomerati poligenici grigio chiari a matrice arenitica con clasti eterometrici di areniti calcaree fini, calcari marnosi, arenarie e argilliti nerastre; stratificazione da sottile a molto spessa, a luoghi indefinita. Subordinate intercalazioni di arenarie tipo LOI. Rapporto Ruditi/Areniti > 1 (LOI 2a ). Potenza massima fino a 300 m. Contatto probabilmente su BAI 3 con intercalazioni. Sul territorio analizzato si è rinvenuta una zona la cui litologia è da attribuire al Membro di Rio Giordano (LOI 1 ), (argille marnoso - siltose verdastre, grigio scure o localmente rossastre a stratificazione indistinta con sottili intercalazioni di arenarie fini; potenza di pochi metri), nella tavola realizzata, tale zona di modesta estensione areale, è stata associata al membro sopra descritto Luteziano sommitale Bartoniano. Indice di franosità formazionale locale: 27,19%. MMP - MARNE DI MONTE PIANO Argille marnose e marne rosse, rosate, grigio chiare e verdognole; subordinate intercalazioni di arenarie fini, di siltiti nerastre e di calcari marnosi. Stratificazione generalmente poco evidente. Potenza di poche decine di metri. Contatto inferiore discordante sulle unità liguri e su BAI e L0I, con locali interdigitazioni. Sedimentazione di tipo pelagico, in ambiente confinato e profondo, con rari apporti torbiditici. Bartoniano - Rupeliano Inf? Indice di franosità formazionale locale: 25,81%. MOH - FORMAZIONE DI MONGHIDORO Alternanze torbiditiche arenaceo - pelitiche in strati da sottili a molto spessi e eccezionalmente in banchi plurimetrici. Alla base degli strati, arenarie medie o fini, più raramente grossolane, grigie o brune, passanti a peliti scure. Subordinati strati da medi a molto spessi di calcilutiti marnose grigio chiare, a base finemente detritica, più frequenti verso la base. Potenza di circa 1000 m. Al tetto della formazione è stata cartografata una litozona arenacea MOH a. Passaggio graduale su MOV. Contatti ovunque tettonici. Sedimentazione in bacino torbiditico. Maastriciitiano sup.- Thanetiano (Selandiano). Indice di franosità formazionale locale: 34,43%. MOH b - LITOFACIES PELITICO - ARENACEA Strati sottili pelitico - arenacei, A/P variabile da 1/3 a 1/4. Indice di franosità formazionale locale: 48,57%. MOV - FORMAZIONE DI MONTE VENERE Alternanze torbiditiche calcareo - marnose a base finemente detritica e di color grigio chiaro con a tetto intervalli sottili o medi di argilliti scure o nerastre. Strati da medi a molto spessi fino a banchi di oltre 15 m. Intercalazioni metriche di strati da sottili a spessi di alternanze arenaceo - pelitiche grigio - brunastre. Potenza di oltre 900 m. Contatto stratigrafico inferiore non preservato. Contatti ovunque tettonici o tettonizzati. Sedimentazione in bacino torbiditico. Campaniano sup - Maastriciitiano sup. Indice di franosità formazionale locale: 28,62%. MVT - BRECCE ARGILLOSE DELLA VAL TIEPIDO - CANOSSA 17 Comunità Montana CINQUE VALLI - Comuni di LOIANO - MONZUNO - PIANORO - Quadro Conoscitivo del PSC

19 Brecce sedimentarie a matrice argillosa grigia o grigio scura con clasti eterometrici di calcilutiti, calcari marnosi, marne, siltiti e arenarie. Stratificazione generalmente indistinta. Presenza di lembi non cartografabili riferibili ad ANT e ad altre unità epiliguri. Potenza massima fino a 200 m circa. Unità interdigitata ad ANT e sovrapposta ad unità epiliguri più antiche e, dubitativamente, alle unità subliguri e liguri. Aquitaniano. Indice di franosità formazionale locale: 20,87%. RAN 4 - Formazione di Ranzano MEMBRO DI ALBERGANA Alternanze pelitico - arenacee in strati generalmente da molto sottili a medi costituiti da feldspatoareniti fini passanti a peliti grigio scure. Localmente strati molto sottili di vulcanoclastiti andesitiche. Rapporto A/P << 1. A luoghi strati da sottili a spessi di arenarie litiche e di conglomerati fini. Verso l'alto prevalenza di peliti marnose grigio verdastre, scure Alla base è presente localmente una litozona pelitica (RAN 4P ) costituita esclusivamente da peliti grigio scure. Potenza massima fino a 200 m circa. Passaggio inferiore netto su MMP. Rupeliano medio - sup. Indice di franosità formazionale locale: 37,43%. RUM - FORMAZIONE DI MONTERUMICi Unità litostratigrafica a tendenza trasgressiva costituita da conglomerati, sabbie e peliti. E' suddivisa in due membri in prevalente sovrapposizione verticale. Potenza max di 500 m circa. Contatto inferiore discordante su ANT, CTG, PAT, CIG e TER. Sedimentazione di ambiente fluviale e marino marginale. Pliocene inf. RUM 1 - MEMBRO DI SCASCOLI Conglomerati eterometrici in matrice sabbiosa, scarsamente cementati, in strati spessi e molto spessi, fino a banchi, a geometria tabulare e lenticolare, in genere mal definiti. Potenza da 100 a 300 m circa. Il limite inferiore è erosivo sui depositi della successione epiligure. Sedimentazione in ambiente deposizionale fluviale, con trasporto in massa. Pliocene inf. Indice di franosità formazionale locale: 22,55%. RUM 2 - MEMBRO DI CA' DI MAZZA Argille, spesso sabbiose e sabbie in strati da sottili a molto spessi di colore grigio. Dove gli strati sono poco evidenti, sono presenti livelli a macrofossili (Gasteropodi e Lamellibranchi) addensati. Intercalazioni di ghiaie e conglomerati in strati spessi e molto spessi a geometria tabulare e lenticolare. Nelle peliti sono localmente presenti livelli di gesso selenitico. Potenza da 100 a 300 m. Contatto inferiore transizionale su RUM 1. Pliocene inf. Indice di franosità formazionale locale: 27,13%. SCB - ARENARIE DI SCABIAZZA Alternanze torbiditiche arenaceo - pelitiche e pelitico - arenacee in strati molto sottili e sottili costituite da arenarie fini e finissime di colore grigio passanti ad argille marnoso - siltose grigio scure molto sporche; rapporto A/P < o uguale a 1. Subordinate calcilutiti verdognole in strati medi e spessi e marne calcaree grigio chiare in strati da medi a molto spessi. E stato distinto un membro di posizione stratigrafica incerta. Potenza parziale di oltre 300 m. Eteropia a scala regionale con AVV. Contatto stratigrafico inferiore in genere non preservato. Localmente possibile contatto stratigrafico su AVT. Sedimentazione di piana bacinale con frequenti apporti torbiditici. Turoniano sup - Campaniano inf. Indice di franosità formazionale locale: 35,74%. TER - FORMAZIONE DEL TERMINA Marne argillose e marne grigio scure, a stratificazione spesso indistinta e caratterizzate dalla diffusa presenza di bioclasti e biosomi. Sono presenti rare intercalazioni di arenarie finissime e fini, bioturbate in strati sottili. Localmente strati millimetrici di argille bituminose con resti di pesci. Presenza di spezzoni di strato e "cogoli" di dolomie e calcari 18 Comunità Montana CINQUE VALLI - Comuni di LOIANO - MONZUNO - PIANORO - Quadro Conoscitivo del PSC

20 dolomitici. Potenza di oltre 200 m. Contatto inferiore stratigrafico su CIG e tettonico con AVS e PAT, a luoghi discordante. Sedimentazione di piattaforma esterna e scarpata con locali condizioni anossiche. Serravalliano terminale - Messiniano inf. Indice di franosità formazionale locale: 28,37%. TER ap - LITOFACIES ARENACEO - PELITICA Alla base della formazione è stato distinto un corpo marcatamente lenticolare (lente arenaceo - pelitica) costituito da arenarie torbiditiche fini arcosiche (TER ap ) passanti a peliti argilloso - marnose prevalenti in strati generalmente da sottili a medi. Serravalliano terminale - Messiniano inf. Indice di franosità formazionale locale: 33,99%. INDICE DI FRANOSITA' FORMAZIONALE LOCALE (%) 49,79% 45,29% 48,57% 36,97% 23,13% 21,76% 20,02% 34,43% 27,19% 25,81% 37,43% 35,74% 33,99% 28,62% 20,87% 27,13% 22,55% 28,37% ANT AVS BAI3 CEA CTG FPG LOI2 MMP MOH MOHb MOV MVT RAN4 RUM1 RUM2 SCB TER TERap Osservando la tavola si può notare come, in estrema sintesi, il territorio in esame risulti grossomodo suddiviso per fasce orientate WNW - ESE secondo l'andamento dei terreni di substrato, interrotte trasversalmente (S-N) dai terreni alluvionali dei fondovalle (Torrente Setta, Torrente Savena, Torrente Zena, i tre corsi d'acqua principali che attraversano il territorio dei 3 Comuni). Questi ultimi vanno considerati, dal punto di vista della propensione al dissesto, come pressoché del tutto stabili (fatte salve le questioni inerenti l'interazione con le dinamiche fluviali, sia erosive che propriamente idrauliche. - una fascia più settentrionale, tutta ricadente nel territorio di Pianoro, che va dal confine comunale con San Lazzaro di Savena fino all'allineamento San Andrea di Sesto (versante sinistro della Valle del Torrente Savena) - Sesto (fondovalle del Torrente Savena) - M.te Calvo (spartiacque Torrente Savena - Torrente Zena) - Botteghino Colonna (Fondovalle Torrente Zena) - Casola Canina (spartiacque Torrente Zena - Torrente Idice); essa è costituita dai terreni delle "Argille Scagliose" Auct. (Argille Varicolori della Val Samoggia, Brecce Argillose della Val Tiepido - Canossa) e della Formazione delle Marne argillose del Termina, tutti ricompresi nel Gruppo D, quello ad indice di franosità maggiore, eccezion fatta per una sottile striscia di territorio costituita da terreni del Gruppo A (basso indice di franosità), in questo caso lembi delle formazioni delle Areniti di Pantano e della Formazione gessoso - solfifera emiliano - romagnola, che si rinviene esclusivamente sul M.te Croara) dove sorge l'abitato di Monte Calvo; si rinviene anche una sottile striscia di terreni del Gruppo C (medio indice di franosità, arenarie prevalenti), rappresentato da un affioramento del membro arenitico della Formazione delle Marne di Cigarello. I principali nuclei urbanizzati presenti in questa prima fascia sono appunto Monte Calvo, Falgheto, Villaggio Abate e Rastignano, il quale si trova però impostato sul conoide detritico di un corso d'acqua senza toponimo. 19 Comunità Montana CINQUE VALLI - Comuni di LOIANO - MONZUNO - PIANORO - Quadro Conoscitivo del PSC

21 - A sud dell'allineamento suddetto, si rinviene un'ampia fascia di terreni piuttosto instabili,attribuiti al Gruppo C (indice di franosità medio, peliti prevalenti), costituiti essenzialmente dalle Argille Azzurre plioceniche e dalla loro litofacies arenacea spesso coinvolta dai dissesti instauratesi nelle argille basali, (e perciò considerate come un'unica formazione a peliti prevalenti), che arriva ad un altro allineamento, che va dalla zona del Monte Samorre (spartiacque Torrente Setta - Torrente Savena), a Molino della Manganina (fondovalle Torrente Zena), passando per Pian di Macina, Musiano, Boaria, Borgo Nuovo e Pianoro Nuovo (che però giacciono tutti sugli stabili depositi alluvionali terrazzati de fondovalle del Torrente Savena), per Monazzano e Molinello (spartiacque T. Savena T. Zena, zona di Riosto); in questa fascia, ancora tutta appannaggio di Pianoro, sorge anche la frazione di Botteghino di Zocca, anch'essa in gran parte sulle stabili alluvioni di fondovalle Zena. - Ancora verso sud si rinviene un'ampia fascia di territorio costituita essenzialmente dalla Formazione Pliocenica di M.te Adone (rappresentata da entrambe i membri di Monte Mario e delle Ganzole, compresa la sua litofacies più arenacea) che va dalla zona delle Ganzole (versante destro del Fiume Reno) e del M.te Ombraro (spartiacque Torrente Setta - Torrente Savena), attraverso tutto il fianco sinistro pianorese della Valle del Savena (con l'intero bacino del Rio Favale) fino alla vetta di M.te Adone verso sud, al M.te delle Formiche verso est, ed alla parte alta del versante sinistro del Torrente Idice, al confine con il territorio di Monterenzio; tale fascia ricomprende anche l'elemento caratterizzante il paesaggio di questi territori noto come "Contrafforte pliocenico". La fascia in questione mostra una peculiarità evidente dalla lettura della tavola: l'areale posto a sinistra del corso del Torrente Savena risulta tendenzialmente assai stabile, presentando un numero minimo di dissesti, tutti di dimensioni contenute; l'areale posto a destra del corso d'acqua, invece, presenta fenomeni gravitati vasti e spesso presumibilmente profondi con una densità ed un'estensione areale rilevantemente maggiori. Si è perciò deciso, dopo una prima verifica tesa a individuare l'indice di franosità formazionale generale, che aveva fornito un valore medio decisamente inferiore al 10% (portando a classificare entrambe le formazioni come appartenenti al Gruppo A) di suddividere la fascia in due sub-fasce poste appunto una ad occidente ed una ad oriente del Savena. Il risultato è quello che si vede raffigurato in tavola: l'attribuzione dell'areale occidentale al Gruppo A (indice di franosità basso) e di quello orientale al Gruppo B (indice di franosità medio, arenarie prevalenti) che appare assai più attagliato alla realtà territoriale. e, conseguentemente, alle necessità pianificatorie. Presumibilmente questa diversità che si è voluta rendere evidente è attribuibile a differenze nello stato di tettonizzazione dei diversi lembi formazionali e/o a differenze nella composizione litologica e nella struttura stratigrafica di ordine minore, ma pur sempre efficaci nei riguardi della propensione al dissesto. Pare opportuno specificare che calcolando un indice di franosità unico per la sub-fascia orientale sull'accorpamento dei due membri della Formazione di M.te Adone ("ADO1 - M.te Mario" e " ADO2 - Ganzole"), corrispondente perciò all'indice della formazione nell'interezza dell'affioramento ad est del Savena, si ottiene un risultato leggermente superiore al 10%, mentre se si calcolano separatamente gli indici dei due membri, per il secondo si ottiene un indice di pochissimo inferiore al 10% (9.78%, per la precisione); si è preferito quindi attribuire, in via cautelativa, la classificazione peggiore (ossia il Gruppo B). La prima sub-fascia accoglie gli abitati di Villaggio Baldisserra e gli agglomerati sparsi della zona di Guzzano; nella seconda, a oriente del Savena, si trovano Pianoro Vecchia, Livergnano, Zena e gli agglomerati attorno a Gorgognano, Tazzola e Cà di Pippo. Nei 20 Comunità Montana CINQUE VALLI - Comuni di LOIANO - MONZUNO - PIANORO - Quadro Conoscitivo del PSC

22 dintorni della vetta di M.te Adone, situato nel lembo più settentrionale del territorio comunale di Monzuno, e nella stabile fascia territoriale attribuita al Gruppo A, sorge l'abitato di Brento. - Proseguendo verso sud, si incontra nuovamente una stretta fascia di terreni appartenenti alle formazioni costituenti il Gruppo D (alto indice di franosità locale): i membri di Scascoli e di Cà di Mazza della Formazione di Monterumici, nonché Formazione delle Marne Argillose del Termina che, interessando oramai il territorio di tutti i tre Comuni, va dalla parte alta del versante destro della valle del Torrente Setta, passando per lo spartiacque Torrente Setta - Torrente Savena dove corre la S.C. "degli Dei" con l'abitato di Monterumici (Monzuno), attraverso le Gole di Scascoli (fondovalle Torrente Savena) e l'abitato di Scascoli (versante destro della valle del Torrente Savena, nel Comune di Loiano), attraversando lo spartiacque Savena - Zena nella zona dell'abitato di Barbarolo e degli agglomerati connessi (Loiano), fino al fondovalle del Torrente Zena nella zona del modesto gruppo di edifici di Fornace Zena (Loiano). - Nell'area territoriale adiacente verso sud alla due sub-fasce testé descritte si rinviene l'unica situazione geologicamente "complessa" rispetto al semplice schema che, come si è visto fin qui, ha generato l'approccio metodologico prescelto: si tratta di una fascia territoriale non molto ampia e spesso discontinua di terreni mediamente stabili del Gruppo B (indice di franosità medio, arenarie prevalenti) costituiti del membro arenaceo dell'anconella dell'altrimenti marnosa formazione dell'antognola, che partendo dal territorio dell'oltre Setta monzunese, nella zona dei nuclei abitati di Poggioletto e Cà di Berti, si protende in direzione SE (diversamente dalla generale distribuzione per fasce WNW - ESE fin qui descritto) attraversa il fondovalle del Torrente Setta appena a nord dell'abitato di Vado (Comune di Monzuno), che sorge invece in gran parte sulle alluvioni terrazzate, attraversa il versante destro della Valle del Torrente Savena fino al crinale abbracciando le zone degli abitati di Anconella e Sabbioni (Loiano) per scavalcarlo e scendere fino al ramo occidentale dell'alto corso del Torrente Zena (che a questa altezza risulta ancora diviso nei suoi due rami principali, quello occidentale che nasce nei pressi dell'abitato di Loiano, e quello orientale che attraverso il massiccio del M.te Bibele, Comune di Monterenzio, nascendo presso gli agglomerati di Cà di Romagnoli e Cà del Bel Manghino) in corrispondenza del Molino delle Colore. La complessità citata nasce dal fatto che spesso tale fascia si interseca con una analoga (per dimensioni) striscia di terreni tendenzialmente instabili appartenenti al Gruppo D (alto indice di franosità), essenzialmente Marne dell'antognola, Marne di Monte Piano e membro marnoso della formazione di Ranzano, assai tormentata da dissesti; i principali nuclei abitati presenti in quest'ultima fascia sono appunto Valle e Farnè (Comune di Loiano), situati nella porzione più stabile. Inoltre, fra l'areale occupato dal Gruppo D descritto all'alinea precedente e la doppia fascia di terreni B e D appena descritta, si incunea, sul lato orientale del territorio di studio (e più precisamente sull'allineamento di M.te Vaiolo - M.te Castellari, tutto attorno all'abitato di Guarda di Loiano) una terza fascia di terreni tendenzialmente stabili afferenti al Gruppo A: si tratta per la maggior parte delle areniti di Pantano, a cementazione piuttosto elevata, che scavalca il modesto displuvio fra i due rami dell'alto corso dello Zena ed arriva all'atro ramo, quello orientale, ed oltre fino a costituire l'appena citato massiccio di M.te Bibele. - Ancora verso sud, si ritrova l'andamento strutturale WNW - ESE che caratterizza la regione di studio; una larga fascia di terreni tendenzialmente stabili appartenenti al Gruppo A (basso indice di franosità locale), costituita essenzialmente dalla Formazione delle sabbie di Loiano, che partendo dall'oltre Setta monzunese, raggiunge il fondovalle del Torrente Setta ricomprendendo gli abitati di Vado, Gardelletta, Cà di Serra, Blogna (tutti sorgenti in massima parte sulle alluvioni terrazzate di fondovalle), risale il 21 Comunità Montana CINQUE VALLI - Comuni di LOIANO - MONZUNO - PIANORO - Quadro Conoscitivo del PSC

23 versante destro della valle fino agli abitati di Selve, Tre Fasci e Cà di Giulietta, sfiorando il Capoluogo di Monzuno, tutti nei pressi dello spartiacque Setta - Savena, ridiscende in Val di Savena nelle zone di Sgalara e Pian di Tenta (Loiano), risale il versante destro della valle del Torrente Savena costituendo la dorsale boscosa di Monteacuto della Selva, raggiunge la S.P. 65 della Futa che corre nei pressi dello spartiacque Savena - Zena ricomprendendo anche parte dell'abitato di Sabbioni (Loiano) ed il Villaggio Rita verso nord e parte di quello del Capoluogo di Loiano verso sud, ridiscende verso il ramo occidentale del corso superiore del Torrente Zena e finisce nei pressi dello spartiacque fra i due rami del corso d'acqua suddetto nei pressi dell'abitato di Scanello (Loiano). - L'ultima grande fascia ad andamento quasi W - E è rappresentata da terreni ricompresi nel gruppo D (tendenzialmente instabili), costituiti essenzialmente dalle due formazioni flyschiodi (ossia di alternanze arenaceo - pelitiche di origine torbiditica) di Monghidoro (in genere più a nord) e di Monte Venere (in genere più a sud), fortemente fratturate e con potenti coperture superficiali di alterazione, ma anche dalla litofacies più argillosa della Formazione di Loiano (il membro di Monzuno), su cui sorge una parte del capoluogo loianese. Questa fascia, che occupa tutta la porzione meridionale del territorio dei 3 Comuni (ma in particolare quella di Monzuno e Loiano), si diparte dal fondovalle del Torrente Setta, dagli abitati di Rioveggio, Montorio e S. Rocco, nonché dai piccoli agglomerati sparsi di Cozzo, Carigheto, Cà di Marsili, ecc. (Monzuno), ricomprendendo anche buona parte del bacino imbrifero del Torrente Sambro all'estremità sudoccidentale, con gli abitati di Valle, Pian di Lama e Gabbiano (Comune di Monzuno), attraversa il Capoluogo di Monzuno (spartiacque Setta - Savena), ricomprende il massiccio di M.te Venere; ridiscende poi il versante sinistro della Valle del Savena con l'abitato di Trasasso (Monzuno), risale il versante destro della stessa valle fino agli abitati di Bibulano, Loiano Capoluogo e Roncobertolo (Loiano) ed allo spartiacque Savena - Zena (il cui bacino imbrifero come si è detto si chiude nei dintorni) e, verso sud, a Roncastaldo ridiscendendo da qui il versante sinistro della Valle dell'idice fino a Gnazzano e Quinzano (tutte frazioni del Comune di Loiano). Questa risulta senz'altro essere la porzione del territorio studiato più martoriata dai dissesti (anche se in gran parte classificati quiescenti dalla Carta Geologica regionale) con un'intensa franosità che si riscontra in corrispondenza di pressoché ogni impluvio, con limitati e frastagliati areali ancora stabili quasi "assediati" dalle frane, posti in corrispondenza dei displuvi e dei crinali. - All'interno di quest'ultima grande fascia territoriale, e più precisamente in una stretta striscia di territorio che si trova a SE e a valle del Capoluogo di Loiano, nella zona della testata della valle del Torrente Zena, si rinvengono terreni abbastanza stabili appartenenti al Gruppo B (indice di franosità medio, arenarie prevalenti), costituiti essenzialmente dalla litofacies più arenacea della Formazione di Monghidoro; su tali terreni sorge l'agglomerato di Cà di Romagnolo. La tavola fin qui descritta intende assumere il seguente significato nel processo di formazione del P.S.C.: segnalare i fenomeni di dissesto gravitativo (frane) o per erosione intensa (calanchi), nonché i conoidi detritici di trasporto torrentizio attivi individuati dalla Carta Geologica regionale, come i fattori di massima criticità dell'ambito Suolo e Sottosuolo e più in generale nell'ottica della riduzione e prevenzione del rischio idrogeologico, fissandone una perimetrazione "certa" per i successivi utilizzi urbanistici ed edilizi di tipo puntuale. L'altro aspetto che si è inteso mettere in luce, che riguarda invece un'ottica di area vasta, è quello attinente al discorso riportato in apertura del capitolo con una citazione dell'autore che ha ideato il metodo di studio: quello della propensione al dissesto dei terreni non attualmente interessati da frane, ma che in futuro potrebbero 22 Comunità Montana CINQUE VALLI - Comuni di LOIANO - MONZUNO - PIANORO - Quadro Conoscitivo del PSC

24 esserlo con maggiore o minore probabilità, cosa di cui l'urbanista deve tenere conto nell'affrontare il complesso compito della pianificazione "strategica" (e perciò stesso di lungo termine) dei Comuni CARTA DELLE ATTITUDINI ALLE TRASFORMAZIONI EDILIZIO - URBANISTICHE DEL TERRITORIO (Tavola QC.6/t2) Il Piano Stralcio per l'assetto Idrogeologico del Bacino del Fiume Reno ha affrontato il tema del rischio da frana e l'assetto dei versanti in relazioni alle possibile trasformazioni urbanistiche ed edilizie del territorio attraverso la redazione di una serie cartografica a piccola scala (1: nella stesura cartacea) intitolata "Carta delle attitudini alle trasformazioni edilizio-urbanistiche del territorio del bacino montano" che mostra la suddivisione dell'intero territorio montano di competenza dell'autorità di Bacino del Reno in innumerevoli Unità Idromorfologiche Elementari (U.I.E.), intese come "tessere" o "celle" di piccola dimensione, individuata con criteri appunto idromorfologici (da displuvio a displuvio, ricomprendendo il relativo impluvio), all'interno delle quali si presume vi sia interazione diretta di carattere idrogeologico fra tutti i terreni ivi presenti e fra i terreni stessi e gli eventuali interventi antropici. A ciascuna di esse viene attribuita, a seconda del grado di dissesto individuato dall'a.b.r., una delle seguenti classi: a) U.I.E. non idonee ad usi urbanistici; b) U.I.E. da sottoporre a verifica; c) U.I.E. idonee o con scarse limitazioni ad usi urbanistici; d) terrazzi alluvionali. In estrema sintesi, l'effetto del piano sovraordinato sulla pianificazione urbanistica comunale è che nelle U.I.E. del caso a) è consentita esclusivamente la realizzazione di: nuove infrastrutture al servizio di insediamenti esistenti oppure riferite a servizi essenziali, tutte non diversamente localizzabili; interventi edilizi i cui piani attuativi preventivi o le cui concessioni edilizie fossero divenute efficaci prima dell'entrata in vigore del Piano (27/06/01); nuovi fabbricati e manufatti che non comportano trasformazione urbanistica e aumento del carico antropico esistenti (cfr. art. 12 comma 2 della N.T.A. del P.S.A.I. - Reno). La realizzazione degli interventi anzidetti ovvero le nuove previsioni di trasformazione urbanistica soggette a piani attuativi preventivi e quelle esterne al territorio urbanizzato nonché la realizzazione di nuove infrastrutture che vadano ad interessare le U.I.E. del caso b), sono subordinate a specifiche analisi da eseguirsi secondo la "Metodologia per la verifica della pericolosità e del rischio" riportata in allegato al Piano e, conseguentemente, il Comune territorialmente competente, in relazione ai relativi risultati, adotta un provvedimento di perimetrazione e zonazione dell'area seguendo le modalità di cui al comma 2 dell art. 5, ossia attribuisce alle varie zone interessate dalle trasformazioni le classificazioni e le limitazioni d'uso che vengono elencate alla fine del presente paragrafo, e che coincidono con quelle attribuite dall'autorità di Bacino nel proprio Piano nell'operazione di perimetrazione e zonazione dei centri abitati a rischio elevato o molto elevato che viene descritta e normata dagli artt della N.T.A. del P.S.A.I.; tale provvedimento viene poi trasmesso alla competente Autorità di Bacino del Reno che esprime il proprio parere anche attraverso l'istituto del silenzio- assenso. Per gli edifici esistenti invece sono consentiti soltanto opere di manutenzione, di ristrutturazione edilizia, modesti ampliamenti nonché cambi di destinazione d uso di fabbricati esistenti (cfr. art. 12 comma 3). 23 Comunità Montana CINQUE VALLI - Comuni di LOIANO - MONZUNO - PIANORO - Quadro Conoscitivo del PSC

25 Nelle U.I.E. di cui al caso c) sono invece consentiti direttamente tutti gli interventi legittimamente autorizzabili ai termini degli strumenti urbanistici comunali, salvo verifica della mancanza di interferenza con fenomeni di dissesto attivi o quiescenti, che, nel caso vengano rinvenuti danno luogo alla necessità di adottare il già citato provvedimento di perimetrazione e zonazione di cui al precedente caso. Nei terrazzi alluvionali così come riportati sulla serie di tavole delle "Attitudini " non sono previste limitazioni, e perciò possono essere trattate come i casi ricadenti nelle U.I.E. c) salvo il fatto, previsto dall'art. 12, comma 9, che invece della verifica inerente l'eventuale presenza di frane, descritta sopra, vanno definite eventuali fasce di inedificabilità in prossimità delle scarpate dei terrazzi alluvionali nonché in prossimità del limite tra le U.I.E. e i terrazzi alluvionali e/o il reticolo idrografico. Il medesimo criterio vale per gli orli delle scarpate rocciose non cartografate nelle tavole di Piano. La citata zonazione, che viene effettuata per ciascuna perimetrazione di rischio, si articola in 5 zone: zona 1 area in dissesto; zona 2 area di possibile evoluzione del dissesto; zona 3 area di possibile influenza del dissesto; zona 4 area da sottoporre a verifica; zona 5 area di influenza sull evoluzione del dissesto. In estrema sintesi, gli effetti di tale zonazione sulla pianificazione comunale sono che nelle zone 1 3 non è ammessa la ricostruzione di immobili distrutti o la costruzione di nuovi fabbricati e nuovi manufatti edilizi né di nuove infrastrutture, mentre sono ammessi interventi di più modesta entità (ristrutturazioni, consolidamenti, limitati ampliamenti, ecc.) sulle preesistenze a seconda della tipologia della zona e, nel solo caso di non diversa localizzabilità, la realizzazione ex novo di opere pubbliche di modesta entità riferite a servizi essenziali (cfr. artt. 6 e 7). Nelle zone 4 qualsiasi intervento diverso da quelli consentiti per le zone precedenti è subordinato all'adozione da parte del Comune territorialmente competente di un provvedimento che, dopo un periodo di monitoraggio sull'evolversi della situazione del dissesto reale, stabilisca le condizioni alle quali si possano eventualmente realizzare interventi nelle diverse porzioni dell'area (cfr. art. 8). Per le zone 5, dove è invece possibile realizzare nuovi interventi strutturali e/o infrastrutturali, vengono dettate norme e raccomandazioni esecutive tendenti ad escludere o limitare tutto ciò che potrebbe avere un'influenza negativa sui dissesti individuati all'interno della stessa U.I.E. e zonizzati nelle altre quattro categorie (cfr. art. 9); vengono altresì dettate norme per gli usi agro-forestali dei terreni non interessati da interventi edilizio - urbanistici presenti all'interno delle aree perimetrate e zonizzate (cfr. art. 10). Le perimetrazioni e zonazioni effettuate direttamente dall'autorità di Bacino (sia in sede di stesura adottata che di quella approvata dello strumento) sono quelle di seguito elencate: 24 Comunità Montana CINQUE VALLI - Comuni di LOIANO - MONZUNO - PIANORO - Quadro Conoscitivo del PSC

26 PIANORO MONZUNO LOIANO Botteghino di Zocca Montorio Bibulano Ca' del Gallo - Carteria di Sesto Monzuno Loiano Livergnano Pian di Lama Quinzano Pianoro Vecchia Rioveggio - Le Braine Roncastaldo Villaggio Abate San Rocco Scanello Castell'Arienti (con Bologna) Trasasso - Serra di Trasasso Casalino Vado Cozzo - Carigheto Gardelletta (con Marzabotto) Ca' di sotto (con S. Benedetto Val Sambro) Monteacuto Vallese (con S. Benedetto Val Sambro) Farné Vaiarano Gragnano Poggiolo (con Monterenzio e Monghidoro) San Benedetto del Querceto (con Monterenzio) I 3 Comuni, a loro volta, hanno a più riprese adottato nuove perimetrazioni e zonazioni finalizzate ad interventi di vario genere, che vengono di seguito elencate, e che sono state riportate nella Tavola QC.6/t2 "Elaborazione della Carta delle Attitudini alle trasformazioni urbanistico - edilizie del territorio dei 3 Comuni", che riporta la situazione aggiornata al mese di marzo 2007, riportata in Fig su base semplificata. PIANORO MONZUNO LOIANO Area PREVAM di Ca' Cirenaica Campiano Canova della Rivolta - Valle del Rio Laurinziano Canova di sotto - Ca' Roncalia Gualando I Laghi Monazzano Monazzano (4) Monte Posigliano Musiano Pianoro Nuova - Valle del Rio Monazzano Ca' di Savena Montorio Barbarino Rioveggio - Le Braine 3 Vado - Via Chirici Ca' del Bel Minghino Ca' Felicini Ca' Benaglia Ca' dei Boschi Ca' di Prandoni Campi di Mezzo Campi di Là Casetta della Zecca NW Casetta della Zecca SE Castellari - La Guarda Castellina di Sopra e Castellina di Sotto Fangacci Le Fosse - Campuzzano - I Laghi Poggiolo (modifica alla previgente) Prato Grande Sabbioni Sabbioni - Polveriera Scanello (modifica alla previgente) Scascoli Sgalara Vignale Villaggio Rita La suddetta "elaborazione" della carta del Piano sovraordinato consiste nella sovrapposizione alla "Carta delle Attitudini" del P.S.A.I. dei dissesti riportati nella tavolo QC.6/t1 (a propria volta derivata dalla Carta Geologica regionale), in modo da fornire un'informazione immediata all'urbanista che voglia avere un quadro chiaro dei motivi (e perciò dei dissesti, intesi sia come natura - frane attive o quiescenti, o calanchi - che come perimetrazione ed estensione) che hanno portato l'a.b.r. a classificare come inidonea, da verificare, o idonea/con scarse limitazioni, le diverse U.I.E. che compongono il 3 "modifica della previgente per riclassificazione di una 'zona 4" 25 Comunità Montana CINQUE VALLI - Comuni di LOIANO - MONZUNO - PIANORO - Quadro Conoscitivo del PSC

27 territorio, al fine di effettuare scelte pianificatorie consapevoli sia dal punto di vista del rischio idrogeologico che delle eventuali procedure che dovranno essere eventualmente implementate in seguito al coinvolgimento, p. es., di U.I.E. da sottoporre a verifica. È stata realizzata un'ulteriore elaborazione della cartografia del Piano sovraordinato, in adempimento di quanto prescritto dall'art 12, comma 9 della relativa N.T.A., dove si richiede ai Comuni la definizione di "fasce di inedificabilità" per le scarpate di terrazzo alluvionale e di quelle rocciose (questione che viene affrontata nel successivo paragrafo dedicato al rischio sismico nel quadro degli effetti di amplificazione di sito) nonché in prossimità del limite fra le U.I.E. ed i terrazzi alluvionali o il reticolo idrografico. La questione è stata affrontata nei seguenti termini: ogni qualvolta che un'area perimetrata e zonata presenta una zona in dissesto, o di possibile evoluzione del dissesto o di possibile influenza del dissesto, posta al contatto del margine di monte di un terrazzo alluvionale o di un elemento del reticolo idrografico, è stata tracciata una fascia di larghezza minima pari a 20 m (che può essere minore solo nel caso che la larghezza del terrazzo o dell'alveo sia inferiore a tale misura); la stessa operazione è stata effettuata per le U.I.E. non perimetrate e zonate in tutti i casi in cui risulta, dalla sovrapposizione fra U.I.E. stesse e dissesti descritta sopra, un potenziale rischio indotto sul terrazzo alluvionale. In via cautelativa, sono stati compiuti degli accorpamenti fra fasce vicine determinate da frane giustapposte o adiacenti e la profondità delle fasce è stata incrementata in tutti i casi in cui il territorio residuo fra corso d'acqua e fasce stesse sarebbe risultato di scarso significato areale; per converso, quando la distanza fra il piede di una frana ed il corso d'acqua risulta esigua, la fascia è stata omessa per motivi di renderig cartografico, considerato che comunque in tali casi l'edificazione non è possibile per la presenza del corso d'acqua stesso e di altre tutele sovraordinate. In taluni casi la profondità della fascia è stata incrementata in corrispondenza del piede di frane di grandi dimensioni che minacciassero un terrazzo, anche questo per ragioni cautelative. Una lettura sintetica della tavola QC.6/t2 può essere effettuata soltanto considerando al situazione presente all'intorno dei principali centri abitati, dato che l'assetto è estremamente frazionato proprio a causa della suddivisione in U.I.E. di piccole dimensioni; in generale si può constatare una certa rispondenza fra l'andamento per fasce W - E illustrato nella tavola QC.6/t1 e descritto al paragrafo precedente e la concentrazione statistica di U.I.E. "idonee o con scarse limitazioni", intervallate da più rare U,I,E "da sottoporre a verifica" e solo qualcuna di quelle "inidonee", che compaiono grossomodo in corrispondenza delle due fasce di terreni appartenenti al Gruppo A, e la maggior concentrazione di U.I.E. "inidonee" e pariteticamente se non in subordine "da sottoporre a verifica", che si concentrano nei terreni dei Gruppi C e D; si può anche notare come la divisione in due sub-fasce introdotta per la prima (da settentrione) grande fascia di terreni tendenzialmente stabili, pressoché completamente situata nel territorio comunale di Pianoro, trovi riscontro nella carta in discussione, con una predominanza di U.I.E. "idonee o con scarse limitazioni" a W del Torrente Savena e per contro una significativa presenza di U.I.E. "da sottoporre a verifica" associate ad alcune "inidonee" a E del corso d'acqua. In generale, dunque, si può affermare come le due tavole, compilate a partire dalla stessa base dati (dissesti e unità geologiche) ma con due metodiche del tutto differenti (una attraverso la suddivisione in piccole celle e l'analisi di franosità condotta cella per cella; l'altra attraverso il preventivo accorpamento per gruppi a comportamento morfodinamico tendenzialmente omogeneo ed un conseguente calcolo dell'indice statistico di franosità) conducano a fornire un'immagine complessiva del territorio dei 3 Comuni piuttosto congruente, e perciò presumibilmente realistica, fatte salve le differenze locali da verificare a livello di approfondimenti di dettaglio. 26 Comunità Montana CINQUE VALLI - Comuni di LOIANO - MONZUNO - PIANORO - Quadro Conoscitivo del PSC

28 Fig Carta delle Attitudini alle trasformazioni urbanistico - edilizie del territorio dei 3 Comuni su base semplificata In merito alla situazione dei principali centri abitati in relazione all'attitudine alle trasformazioni edilizio-urbanistiche si riscontra quanto segue: 27 Comunità Montana CINQUE VALLI - Comuni di LOIANO - MONZUNO - PIANORO - Quadro Conoscitivo del PSC

29 PIANORO Rastignano, Sesto, Boaria, Borgonuovo, Musiano, Pianoro Nuovo, Pian di Macina, Pianoro Vecchia (in parte) e Villaggio Baldisserra giacciono sugli stabili terrazzi alluvionali intravallivi del Torrente Savena e conseguentemente presentano le uniche limitazioni dovute alla eventuale presenza delle scarpate in evoluzione, così come gli abitati di Botteghino Colonna, Botteghino di Zocca (in parte) e Zena, situati sui più modesti terrazzi del Torrente Zena. Villaggio Abate, Carteria di Sesto, Pianoro Vecchia, Botteghino di Zocca (in parte) risultano essere già stati perimetrati e zonizzati, presentando perciò già gli assetti definitivi ai sensi della normativa dello P.S.A.I. - Reno, con i conseguenti divieti e limitazioni. Falgheto, Monte Calvo, Querceto di Gorgognano e ancora Botteghino di Zocca (in ulteriore parte) risultano per la maggior parte ubicati su U.I.E. "da sottoporre a verifica", e perciò l'eventuale ampliamento del loro perimetro urbanizzato è automaticamente assoggettato a preventiva zonizzazione secondo le metodologie del Piano sovraordinato ed alle conseguenti procedure dianzi illustrate. Cà di Pippo e Montelungo ricadono invece in U.I.E. "idonee o con scarse limitazioni" e perciò, fatta salva una verifica puntuale sulla eventuale presenza di fenomeni di dissesto in grado di influenzare gli interventi (nel qual caso però le relative U.I.E. coinvolte dovrebbero essere perimetrate e zonizzate come sopra), possono essere oggetto di trasformazioni edilizio-urbanistiche. MONZUNO Vado, Rioveggio e Cà di Serra giacciono sugli stabili terrazzi alluvionali intravallivi del Torrente Setta e conseguentemente presentano le uniche limitazioni dovute alla eventuale presenza delle scarpate in evoluzione. Monzuno, Cozzo-Carigheto, Montorio, S. Rocco, Pian di Lama, Trasasso risultano essere già stati perimetrati e zonizzati, presentando perciò già gli assetti definitivi ai sensi della normativa dello P.S.A.I. - Reno, con i conseguenti divieti e limitazioni. Brento (in parte), Valle e Gabbiano risultano per la maggior parte ubicati su U.I.E. "da sottoporre a verifica", e perciò l'eventuale ampliamento del loro perimetro urbanizzato è automaticamente assoggettato a preventiva zonizzazione secondo le metodologie del Piano sovraordinato ed alle conseguenti procedure dianzi illustrate. Brento (in parte), Monterumici e Selve - Tre Fasci ricadono invece in U.I.E. "idonee o con scarse limitazioni" e perciò, fatta salva una verifica puntuale sulla eventuale presenza di fenomeni di dissesto in grado di influenzare gli interventi (nel qual caso però le relative U.I.E. coinvolte dovrebbero essere perimetrate e zonizzate come sopra), possono essere oggetto di trasformazioni edilizio-urbanistiche. LOIANO Fornace Zena (in parte) e Molinelli giacciono sugli stabili terrazzi alluvionali intravallivi del Torrente Zena e conseguentemente presentano le uniche limitazioni dovute alla eventuale presenza delle scarpate in evoluzione. Bibulano, Loiano, Quinzano, Roncastaldo Scanello, Farné, Sabbioni (in parte) e Villaggio Rita (in parte) risultano essere già stati perimetrati e zonizzati, presentando perciò già 28 Comunità Montana CINQUE VALLI - Comuni di LOIANO - MONZUNO - PIANORO - Quadro Conoscitivo del PSC

30 gli assetti definitivi ai sensi della normativa dello P.S.A.I. - Reno, con i conseguenti divieti e limitazioni. Gnazzano (in parte) ricade in U.I.E. inidonee e conseguentemente non può eventualmente essere assoggettato a trasformazioni urbanistico edilizie. Barbarolo, Anconella, Guarda (parte), Scascoli (parte), Valle (parte), Fornace Zena (parte), Gnazzano (in parte) e Cà di Romagnolo risultano per la maggior parte ubicati su U.I.E. "da sottoporre a verifica", e perciò l'eventuale ampliamento del loro perimetro urbanizzato è automaticamente assoggettato a preventiva zonizzazione secondo le metodologie del Piano sovraordinato ed alle conseguenti procedure dianzi illustrate. Sabbioni (parte), Villaggio Rita (in parte), Guarda (in parte), Scascoli (in parte) e Valle (in parte) ricadono invece in U.I.E. "idonee o con scarse limitazioni" e perciò, fatta salva una verifica puntuale sulla eventuale presenza di fenomeni di dissesto in grado di influenzare gli interventi (nel qual caso però le relative U.I.E. coinvolte dovrebbero essere perimetrate e zonizzate come sopra), possono essere oggetto di trasformazioni edilizio-urbanistiche. La tavola QC.6/t2 fin qui descritta è, come preannunciato dal titolo, una elaborazione della originale tavola del P.S.A.I. - Reno, poiché oltre all'operazione di aggiornamento delle zonazioni effettuate dai Comuni fino al marzo 2007 (restituita graficamente con la stessa tecnica utilizzata dalle "Tavole 2 - Tutela idrogeologica" del P.T.C.P.), vi sono stati riportati i dissesti (frane quiescenti e attive, nonché calanchi) che hanno condotto l'autorità di Bacino del Reno a realizzare la propria classificazione delle U.I.E.: in questo modo viene reso evidente quale sia il tipo di problema, nonché la sua localizzazione e dimensione, con il quale sarà necessario fare i conti nell'eventualità si decidesse per la trasformazione urbanistica di una parte, p. es., di una U.I.E. "da sottoporre a verifica", ovvero se eventualmente esista un dissesto, e dove e quanto esteso, in una U.I.E. peraltro classificata "idonea o con scarse limitazioni"; inoltre, tramite tale elaborazione, è stato possibile definire le fasce di inedificabilità richieste dall'art. 12, comma 9 del P.S.A.I. Reno, come descritto sopra NEOTETTONICA E SISMICITA L analisi neotettonica di un area si esegue attraverso l esame di una serie innumerevole di dati di natura geologica, morfoneottetonica, idrogeologica, e idrochimica, che concorrono a definire il regime tettonico di una zona, con l individuazione di strutture geologiche rilevanti, per giungere eventualmente alla definizione del loro potenziale sismogenetico. Sono già state, precedentemente, sommariamente descritte le zone strutturalmente rilevanti, che caratterizzano le aree in esame. In particolare, il territorio della Provincia di Bologna si sviluppa sostanzialmente al margine di una zona in sollevamento, rappresentata dalla catena appenninica, seguita verso nord da una zona in subsidenza, quella della Pianura Padana; entrambe costituiscono settori che sono stati interessati da movimenti tettonici nel passato e tuttora in atto, come testimoniano le ricostruzioni stratigrafiche strutturali del Quaternario, la deposizione granulometrica dei depositi superficiali, l andamento morfologico e l evoluzione della rete idrografica. Uno dei margini maggiormente attivi è sicuramente rappresentato dal margine pedeappenninico, che presenta un evoluzione geodinamica inquadrabile in un unico regime tettonico, soprattutto quello a sud delle città di Modena e Reggio Emilia, dove le faglie trasversali, con componente trascorrente, dei fiumi Secchia e Panaro, si mostrano con maggior risalto; l attività sismogenetica maggiore è collegata con meccanismi tettonici di 29 Comunità Montana CINQUE VALLI - Comuni di LOIANO - MONZUNO - PIANORO - Quadro Conoscitivo del PSC

31 accorciamento nella zona del fronte di accavallamento delle Liguridi, delle Epiliguridi e delle Unità Toscane. Tale fronte, in parte sepolto, ma anche a tratti emerso, presenta anche in campagna segni di tettonica attiva e recente, deformante anche i depositi quaternari. La fascia di montagna si può dividere in due subaree: l una corrispondente alla collina ed alla media montagna, che presenta scarsa attività sismica e l altra corrispondente alla zona di alta montagna, con attività sismica di magnitudo anche elevata. Gli eventi sismici di tale zona hanno carattere tensionale e costituiscono il propagarsi dell attività tettonica distensiva del sistema del versante tirrenico con faglie immergenti sia verso il Tirreno che verso la Pianura Padana. Probabili dislocazioni recenti sono segnalabili anche nella bassa Pianura reggiana (Pellegrini M., 1976), in comune di Correggio, in corrispondenza del centro abitato; le cause di tale fenomeno non sono però ancora del tutto chiare ed inoltre non si hanno segni evidenti di una frattura del terreno. Risulta però chiaramente la presenza di una ridotta striscia di territorio caratterizzata da sensibili variazioni del gradiente della subsidenza (A. Gubellini, P. Russo: Controllo di una faglia nell abitato di Correggio). Le aree descritte rappresentano quindi le zone con il maggior potenziale sismo-genetico; a tale proposito si rileva che nel margine appenninico, a sud-ovest di Bologna, si sono verificati sismi con intensità massima, in tempi storici, del VIII grado della scala MCS (Mercalli-Cancani-Sieberg). Anche per quanto riguarda la zona della dorsale ferrarese tra Reggio Emilia e Poggio Rusco, le massime intensità riscontrate risultano del VII grado della scala MCS e sono in gran parte collegate ad eventi con epicentri prossimi ai bordi nord-ovest e sud-est dell'alto strutturale. Sulla base dei dati bibliografici a disposizione, l area di studio sembrerebbe quindi ricadere in una zona discretamente sismica, anche se la scarsità di dati anteriori al 1900 rende poco significativa la casistica considerata; quello che emerge è comunque un territorio tettonicamente attivo, potenzialmente sismico, con sismicità debole o media, accertata a partire dal 1900, in cui probabilmente l attività sismica non raggiungerà mai intensità catastrofiche, dal momento che l energia accumulata nel sottosuolo tende ad essere liberata gradualmente, con movimenti lenti, inavvertibili ma continui ed eventualmente con sismi di bassa e media intensità (Gasperi e Pellegrini, 1981). Sotto il profilo normativo, con l'ordinanza del Presidente del Consiglio n del 20 marzo 2003, "Primi elementi in materia di criteri generali per la classificazione sismica del territorio nazionale e normative tecniche per la costruzione in zona sismica", il Dipartimento della Protezione Civile (DPC) ha adottato la nuova riclassificazione sismica nazionale con allegate, le nuove normative tecniche per gli edifici, i ponti e le opere di fondazione e di sostegno dei terreni. L Ordinanza è entrata in vigore dall 8/05/2003, data di pubblicazione sulla Gazzetta Ufficiale. La mappa della riclassificazione oltre ad aver utilizzato una base dati molto più ampia rispetto a quelle precedenti, presenta anche una più marcata continuità territoriale, che gli deriva dall utilizzazione, oltre che dei risentimenti storici massimi misurati nei singoli comuni, di leggi di attenuazione, che hanno determinato una maggiore omogeneità dei risultati. L Emilia-Romagna è interessata da una sismicità che può essere definita media relativamente alla sismicità nazionale, con terremoti storici di magnitudo massima compresa tra 5,5 e 6 della scala Richter e intensità massima del IX-X grado della scala Mercalli-Cancani-Sieberg (MCS). Per quanto riguarda, in particolare, la storia sismica della Provincia di Bologna, nel Catalogo dei Terremoti del CNR, che raccoglie informazioni sui terremoti verificatisi dall anno 30 Comunità Montana CINQUE VALLI - Comuni di LOIANO - MONZUNO - PIANORO - Quadro Conoscitivo del PSC

32 1.000 ad oggi, vengono riportati diversi sismi, di cui solo uno (quello del 20/04/1929) è classificato con un intensità pari al VIII grado della Scala Mercalli. In pratica Bologna e la sua provincia, risulterebbero essere state interessate da effetti confrontabili al massimo con un VII grado della Scala Mercalli, così come l area dei tre Comuni: Pianoro, Loiano, Monzuno. Nelle tabelle seguenti sono riportati gli elenchi degli eventi sismici più significativi per l area in esame, rispettivamente in un raggio di 20 Km (tutti) ed in un raggio di 40 Km (quelli superiori al V grado della scala Mercalli), tratti dal sito dell Istituto Nazionale di Geofisica e Vulcanologia. Tali elenchi sono aggiornati sino al 2002 e pertanto non compare il sisma del 2003 che ha causato danni agli edifici del territorio in esame. Anno Mese Giorno Area massimi effetti Intensità massima (MCS) Intensità epicentrale (MCS) Latitudine epicentrale Longitudine epicentrale Bologna Bologna Bologna BOLOGNESE Media valle Reno Bologna BOLOGNA BOLOGNA BOLOGNA ZOCCA VERGATO CASTEL DEL RIO Bolognese CAMUGNANO MONTEVEGLIO Tab Terremoti localizzati nel raggio di 20 Km dal centroide del territorio dei Comuni di Pianoro, Loiano, Monzuno Anno Mese Giorno Area massimi effetti Intensità massima (MCS) Intensità epicentrale (MCS) Latitudine epicentrale Longitudine epicentrale Bologna Bologna Modenese Bologna BOLOGNESE MediavalledelReno APP.BOLOGNESE Bologna BOLOGNA Mugello SPILAMBERTO PALAZZUOLO Scarperia BOLOGNA CASTELBOLOGNESE BORGO S.LORENZO Bolognese Bolognese BOLOGNA TREPPIO Bologna Comunità Montana CINQUE VALLI - Comuni di LOIANO - MONZUNO - PIANORO - Quadro Conoscitivo del PSC

33 VERNIO CASAGLIA CASTELBOLOGNESE MUGELLO VERGATO IMOLESE Bolognese CASTELDELRIO Bolognese BOLOGNA S.PIERO CASTELDELRIO LIZZANO VERNIO Bolognese FAENTINO FIRENZUOLA APP.MODENESE MARRADI FIRENZUOLA VALLE DEL PANARO CASAGLIA PASSO FUTA ZOCCA CAMUGNANO RONCOBILACCIO MONTEVEGLIO FORMIGINE PAVULLO Tab Forti terremoti (Imax > 50) localizzati nel raggio di 40 Km dal centroide del territorio dei comuni di Pianoro, Loiano, Monzuno La Regione Emilia Romagna con Deliberazione della G.R. N. 1435/2003 del ha approvato una nuova classificazione sismica dei Comuni della Regione, in ottemperanza alla suddetta Ordinanza del Presidente del Consiglio dei Ministri (Fig ). Questa nuova classificazione, è operante dallo , conferma quella di cui alla citata Ordinanza. Il territorio dei comuni di Pianoro, Loiano e Monzuno, viene classificato in zona 3, quindi a bassa sismicità. Ai fini dell applicazione di queste norme, il territorio nazionale è stato suddiviso in zone sismiche, a ciascuna delle quali è assegnato un intervallo di valori dell accelerazione di picco orizzontale del suolo (a g ), con probabilità di superamento del 10% in 50 anni; in particolare, per la determinazione delle azioni sismiche, risulta assegnato un valore (a g / g), di ancoraggio dello spettro di risposta elastico, diverso per ogni zona sismica. I valori di a g, espressi come frazione dell accelerazione di gravità g, da adottare in ciascuna delle zone sismiche del territorio nazionale sono: Zona Valore di a g 1 0,35g 2 0,25g 3 0,15g 4 0,05g 32 Comunità Montana CINQUE VALLI - Comuni di LOIANO - MONZUNO - PIANORO - Quadro Conoscitivo del PSC

34 Zona 2 Zona 3 Zona 4 Territori comunali Non Classificati nelle categorie dei decreti precedenti al Fig Nuova Classificazione Sismica dei Comuni della Regione Emilia Romagna L entrata in vigore della riclassificazione sismica, come stabilito dalla delibera regionale, è avvenuta dopo 1 anno dall entrata in vigore dell Ordinanza Ministeriale (08/05/2004). L entrata in vigore invece della nuova normativa tecnica per la progettazione in zone sismiche è avvenuta, dopo diverse proroghe, per tutto il territorio regionale il giorno , giorno di entrata in vigore del D.M , inerente il Testo Unico sulle Norme Tecniche per le Costruzioni. In fase esecutiva andranno pianificate opportune indagini geognostiche il cui scopo sarà quello di classificare il terreno di fondazione nelle seguenti categorie individuate dall ordinanza: A - Formazioni litoidi o suoli omogenei molto rigidi caratterizzati da valori di V s30 >800 m/s, comprendenti eventuali strati di alterazione superficiale di spessore massimo pari a 5 m. B - C - D - E - Depositi di sabbie o ghiaie molto addensate o argille molto consistenti, con spessori di diverse decine di metri, caratterizzati da un graduale miglioramento delle proprietà meccaniche con la profondità e da valori di V s30 compresi tra 360 m/s e 800 m/s (ovvero resistenza penetrometrica N SPT >50, o coesione non drenata c u >250 kpa). Depositi di sabbie e ghiaie mediamente addensate, o di argille di media consistenza, con spessori variabili da diverse decine fino a centinaia di metri, caratterizzati da valori di V s30 compresi tra 180 e 360 m/s (15< N SPT <50, 70< c u <250 kpa). Depositi di terreni granulari da sciolti a poco addensati oppure coesivi da poco a mediamente consistenti, caratterizzati da valori di V s30 <180 m/s (N SPT <15, c u <70 kpa). Profili di terreno costituiti da strati superficiali alluvionali, con valori di V s30 simili a quelli dei tipi C o D e spessore compreso tra 5 e 20 m, giacenti su di un substrato di materiale più rigido con V s30 >800 m/s. 33 Comunità Montana CINQUE VALLI - Comuni di LOIANO - MONZUNO - PIANORO - Quadro Conoscitivo del PSC

35 S1 - S2 - Depositi costituiti da, o che includono, uno strato spesso almeno 10 m di argille/limi di bassa consistenza, con elevato indice di plasticità (PI>40) e contenuto d acqua, caratterizzati da valori di V s30 <100 m/s (10 <c u <70 kpa). Depositi di terreni soggetti a liquefazione, di argille sensitive, o qualsiasi altra categoria di terreno non classificabile nei tipi precedenti. Nelle definizioni precedenti Vs30 è la velocità media di propagazione entro 30 m di profondità delle onde di taglio e viene calcolata con la seguente espressione: V S 30 = 30 hi V i= 1, N i dove hi e Vi indicano lo spessore (in metri) e la velocità delle onde di taglio dello strato i- esimo, per un totale di N strati presenti nei 30 m superiori. Il sito verrà classificato sulla base del valore di Vs30 se disponibile, altrimenti sulla base del valore di N SPT (Numero colpi Standard Penetration Test). La progettazione antisismica, in fase esecutiva, dovrà essere supportata da uno studio geologico di dettaglio volto ad individuare la categoria di suolo di fondazione, e determinare i parametri valutativi litologici e geotecnici, necessari per la definizione dell azione sismica di progetto. Nell Ordinanza PCM 3519 del 28/04/2006 criteri generali per l individuazione delle zone sismiche e formazione ed aggiornamento delle medesime zone, in relazione alle Norme Tecniche per la Costruzioni approvate con decreto del Ministero delle infrastrutture e dei trasporti del 14 settembre 2005, sono state individuate quattro zone, caratterizzate da quattro diversi valori di accelerazione (a g ) orizzontale massima convenzionale su suolo di tipo A, ai quali ancorare lo spettro di risposta elastico. Ciascuna zona è individuata mediante valori di accelerazione massima del suolo a g con probabilità del superamento del 10% in 50 anni, riferiti a suoli rigidi caratterizzati da valori di Vs30 > 800 m/s, secondo lo schema seguente: ZONA ACCELERAZIONE CON PROBABILITA DI SUPERAMENTO PARI AL 10% IN 50 ANNI [a g ] ACCELERAZIONE ORIZZONTALE MASSIMA CONVENZIONALE DI ANCORAGGIO DELLO SPETTO DI RISPOSTA ELASTICO [a g ] 1 0,25 < a g 0,35 g 0,35 g 2 0,15 < a g 0,25 g 0,25 g 3 0,05 < a g 0,15 g 0,15 g 4 0,05 g 0,05 g Le zone 1, 2, e 3 possono essere suddivise in sottozone caratterizzate da valori di a g intermedi rispetto a quelli riportati in tabella e intervallati da valori non minori di 0,025 g. Le valutazioni di a g sono effettuate sulla base di studi di pericolosità sismica condotti su dati aggiornati, con procedure trasparenti e metodologie validate. Le valutazioni di a g sono calcolate su di un sufficiente numero di punti (griglia non inferiore a 0,05 ), corredate da stime d incertezza associata. Sulla base di queste nuova disposizioni le zone sismiche precedentemente identificate sono state ridefinite e come si può osservare nella Mappa di Pericolosità sismica del Territorio 34 Comunità Montana CINQUE VALLI - Comuni di LOIANO - MONZUNO - PIANORO - Quadro Conoscitivo del PSC

36 Nazionale riportata nella Fig , buona parte dei comuni della Provincia di Bologna sarebbero compresi in zona 2. Fig Mappa di pericolosità sismica del territorio nazionale - Fonte: I.N.G.V. L operatività della classificazione sismica di tutto il territorio regionale, sia pure in via di prima applicazione, a far data dal , comporta significativi effetti per quanto riguarda i contenuti e le modalità di approvazione degli strumenti di pianificazione territoriale ed urbanistica, in merito al compito di concorrere alla prevenzione del rischio sismico sulla base delle analisi di pericolosità, vulnerabilità ed esposizione. Il Piano Strutturale Comunale (PSC), attuando gli indirizzi previsti dalla pianificazione sovraordinata, approfondisce ed integra, ad una scala di maggior dettaglio, la cartografia provinciale; pertanto, nella cartografia di livello comunale sono perimetrate, con maggior dettaglio, le parti del territorio caratterizzate da differenti scenari di pericolosità sismica locale. Tale approfondimento ha la finalità di fornire informazioni utili per la definizione delle politiche insediative. 35 Comunità Montana CINQUE VALLI - Comuni di LOIANO - MONZUNO - PIANORO - Quadro Conoscitivo del PSC

37 Le previsioni del PSC in merito agli ambiti suscettibili di urbanizzazione e per gli interventi sul territorio urbanizzato dovranno essere coerenti con le risultanze del quadro conoscitivo e, di conseguenza, nella VALSAT del piano dovrà essere contenuta una esplicita valutazione della potenziale ammissibilità degli interventi di trasformazione ipotizzati, in considerazione anche delle altre criticità ambientali, in modo tale da valutare in maniera integrata tutte le interazioni potenzialmente negative. La medesima carta comunale, inoltre, fornisce, per le parti del territorio (suscettibili di urbanizzazione e per gli interventi sul territorio urbanizzato) maggiormente esposti a pericolosità sismica, indirizzi e prescrizioni necessari alla progettazione attuativa/operativa assegnata al RUE e al POC. A tale riguardo nei comuni in zona 3, come nel caso specifico dei comuni di Loiano, Monzuno e Pianoro, la pianificazione territoriale ed urbanistica è chiamata ad effettuare la ricognizione e la valutazione dello stato di fatto e dei processi evolutivi, e valutare il territorio (risorse, opportunità, fattori di criticità), al fine di formulare un quadro dei limiti alle trasformazioni e al suo utilizzo e garantire la coerenza tra le caratteristiche e lo stato del territorio e le previsioni degli strumenti di pianificazione operando una valutazione preventiva. Le finalità del PSC come degli strumenti di pianificazione territoriale e urbanistica sovraordinati sono anche di riduzione del rischio sismico così come specificato nell art. A- 2, comma 4, dell Allegato alla LR 20/2000 Nei territori regionali individuati come zone sismiche, ai sensi dell'art. 145 della L.R. n. 3 del 1999, gli strumenti di pianificazione territoriale e urbanistica concorrono alla riduzione ed alla prevenzione del rischio sismico, sulla base delle analisi di pericolosità, vulnerabilità ed esposizione - orientando le proprie scelte localizzative, i possibili processi di trasformazione urbana e la realizzazione delle opere pubbliche e di interesse pubblico. Pertanto, il quadro conoscitivo deve essere formato sin dalle prime fasi dell elaborazione del piano per evidenziare le criticità del territorio preso a riferimento e rapportandosi al contesto territoriale del Piano, al fine di avere gli opportuni riferimenti per la definizione degli obiettivi e dei contenuti del piano in coerenza con la valutazione del rischio sismico, i cui esiti vanno riportati nel documento di Valsat. Le analisi di pericolosità, vulnerabilità ed esposizione sono fondamentali per la riduzione del rischio sismico. In particolare con riferimento alla componente della pericolosità, è necessario tenere presente che alcune caratteristiche fisiche del territorio possono amplificare gli effetti in superficie dei terremoti e costituire aspetti predisponenti per fenomeni di instabilità dei terreni, quali cedimenti e frane. L aumento dei risentimenti sismici (amplificazione) per condizioni locali, i cedimenti per liquefazione e addensamenti e l instabilità dei versanti causati da un terremoto vengono comunemente definiti effetto di sito o effetti locali PERICOLOSITÀ SISMICA LOCALE (effetti di sito) (Tavola QC.6/t3) Come riportato nel capitolo precedente l'allegato 1 dell'o.p.c.m del 20/03/03 classifica i Comuni di Pianoro, Monzuno e Loiano come di categoria sismica 3; tale classificazione è stata confermata anche dai più recenti provvedimenti normativi attinenti direttamente o indirettamente le condizioni sismiche del territorio, l'o.p.c.m del 03/05/05 e d il D.M. 14/09/05. Conseguentemente essi sono tenuti ad individuare, nei propri strumenti di pianificazione urbanistica, le differenti zone del proprio territorio a differente risposta sismica ("microzonazione sismica"), col fine ultime di riuscire a contenere e nel tempo a ridurre il rischio sismico. 36 Comunità Montana CINQUE VALLI - Comuni di LOIANO - MONZUNO - PIANORO - Quadro Conoscitivo del PSC

38 Un recente atto dell'assemblea Legislativa della Regione Emilia - Romagna fornisce una serie di indirizzi per la microzonazione sismica per la pianificazione territoriale ed urbanistica 4, e ciò in recepimento dei vari atti legislativi statali che sono stati a più riprese emessi nel corso degli ultimi anni 5. In tale atto regionale si postula, fra l'altro ed in estrema sintesi, che le Province nei propri P.T.C.P. effettuino una prima fase di analisi diretta a definire gli scenari di pericolosità sismica locale a scala territoriale, ovvero ad identificare le parti di territorio suscettibili di effetti di amplificazione "di sito" (amplificazione del segnale sismico, cedimenti, instabilità dei versanti, fenomeni di liquefazione, rotture del terreno, ecc.), relazionati alla morfologia, al substrato, alle coperture detritiche locali, ecc. Una seconda fase ha per obbiettivo la microzonazione sismica del territorio, e deve essere svolta dai Comuni nei propri P.S.C. individuando, ad una scala di maggior dettaglio,le parti del territorio caratterizzate dai differenti scenari di pericolosità sismica locale: quest'ultima operazione consiste nell'individuare: a) le aree che non necessitano di approfondimento, in quanto il pericolo sia ritenuto assente o trascurabile; e b) le aree che necessitano di una seconda fase di approfondimento al fine di valutare la pericolosità sismica. Nel secondo caso si individuano due diversi livelli di ulteriore approfondimento, uno per le aree oggetto di un'analisi semplificata (aree subpianeggianti e geologicamente "semplici"), l'altro per le aree oggetto di un'analisi approfondita (aree instabili o potenzialmente instabili, situazioni geologicamente più complesse, ovvero aree oggetto di interventi di rilevante interesse pubblico). In questo quadro legislativo, ma in assenza della "macrozonazione" di carattere e competenza provinciale con le relative direttive ed indirizzi (tecnici e normativi), con la tavola QC.6/t3 si intende fornire un contributo al primo livello di approfondimento, attraverso l'applicazione di una metodologia sperimentale utilizzata per la stesura del P.T.C.P. della Provincia di Rimini, il cui risultato, come si vedrà, potrebbe anche assumere valenza come microzonazione comunale (il condizionale è d'obbligo considerata appunto la situazione di attuale mancanza di pianificazione e regolamentazione da parte Provincia di Bologna). Anche per la redazione della Tavola cui si riferisce il presente paragrafo, come per la Tavola QC.6/t1, si è utilizzata una metodologia pubblicata di recente da Martelli, Filippini, Bagli, Severi e Tomasetti 6 nell'ambito della redazione del Quadro Conoscitivo del P.T.C.P. della Provincia di Rimini. Il metodo proposto dagli Autori citati si basa essenzialmente sull'utilizzo delle basi dati e delle cartografie territoriali esistenti presso i vari Enti, in modo da ottenere un primo risultato a scala di area vasta in tempi rapidi e a costi contenuti. A partire quindi dalla più volte citata Carta Geologica dell'appennino emiliano - romagnolo, nonché dal modello digitale del terreno DTM 5m x 5m, entrambi elaborati dal Servizio Geologico, Sismico e dei Suoli della R.E.R., oltre che dalla Banca Dati Geognostica regionale, si elaborano due diverse cartografie: la carta litologica del substrato e la carta clivometrica, quest'ultima finalizzata all'individuazione delle morfologie in grado di dare effetti di amplificazione della risposta sismica dei terreni (essenzialmente: versanti a 4 Atto di indirizzo e coordinamento tecnico ai sensi dell'art. 16, comma 1 della L.R. 20/2000 "Disciplina generale sulla tutela e l'uso del territorio" in merito a "Indirizzi dper gli studi di microzonazione sismica in Emilia - Romagna per la pianificazione territoriale ed urbanistica" approvato con atto n 112 del 02/05/07. 5 O.P.C.M. 3274/2003, D.M. 14/09/2005, O.P.C.M. 3519/2006, per citare i più importanti. 6 Il Geologo dell'emilia - Romagna: Bollettino Ufficiale di Informazione dell'ordine dei Geologi Regione Emilia - Romagna, anno VI/2006 n 24: Riduzione del rischio sismico nella pianificazione territoriale e urbanistica in Emilia - Romagna: definizione e rappresentazione della pericolosità sismica locale. L'esempio della cartografia per il quadro conoscitivo del PTCP di Rimini. L. Martelli (Servizio Geologico, Sismico e dei Suoli - Regione Emilia - Romagna), M. Filippini (Servizio Pianificazione Territoriale, SITUA - Provincia di Rimini), S: Bagli (Servizio Pianificazione Territoriale, SITUA - Provincia di Rimini), P. Severi (Servizio Geologico, Sismico e dei Suoli - Regione Emilia - Romagna) e F. Tomasetti (Servizio Pianificazione Territoriale, SITUA - Provincia di Rimini). 37 Comunità Montana CINQUE VALLI - Comuni di LOIANO - MONZUNO - PIANORO - Quadro Conoscitivo del PSC

39 pendenza elevata, creste e picchi). A questi due layers cartografici vengono poi aggiunte le "coperture" intese come frane quiescenti, frane attive, depositi di versante, depositi alluvionali, conoidi detritiche di falda o torrentizie, ecc. anch'esse in grado di creare amplificazione locale delle onde sismiche. La lettura incrociata di tutti i layers fornisce appunto la "carta delle aree soggette ad effetti di amplificazione sismica locale". Nel caso dei 3 Comuni in esame è stata adottata tale metodologia con alcune limitate variazioni rispetto all'originale, che verranno citate nella descrizione generale che segue. Per la realizzazione del layer delle caratteristiche sismiche del substrato, si è proceduto ad una prima classificazione delle unità geologiche riportate dalla Carta Geologica regionale secondo le seguenti categorie, individuate nel campo del database della suddetta cartografia regionale, denominato "litotecnica" (che appunto raggruppa le unità geologiche secondo le loro caratteristiche litologiche, di stratificazione e di cementazione o consolidamento), documentazione gentilmente messa a disposizione dal Servizio geologico regionale. A - Materiali lapidei Al - Materiale lapideo costituito da un unico tipo non stratificato o con stratificazione superiore a 3 m As - Materiale lapideo con stratificazione inferiore a 3 metri B - Materiali costituiti da alternanze tra livelli lapidei e livelli pelitici La classe comprende le alternanze ordinate di livelli lapidei (in prevalenza da arenarie, calcareniti e calcilutiti e di livelli pelitici (costituiti da argille, argille marnose e marne), ed è ulteriormente suddivisa in sottoclassi in base al rapporto reciproco dei due litotipi alternati (L/P). Bl alternanze con livelli lapidei prevalenti: L/P 3 Blp alternanze con rapporto tra livelli lapidei e livelli pelitici: 3 > L/P 1/3 Bp alternanze con livelli pelitici prevalenti: L/P < 1/3 C - Materiali granulari poco cementati La classe comprende rocce e rocce deboli costituite da materiale prevalentemente granulare con grado di cementazione medio - basso, che presentano caratteristiche intermedie fra quelle delle rocce e quelle delle terre. Cc - conglomerati e brecce clasto - sostenuti poco cementati Cm conglomerati e brecce matrice - sostenuti Cs sabbie e areniti poco cementate D - Materiali coesivi consistenti Sono compresi terreni coesivi, sovraconsolidati, costituiti in prevalenza da marne, marne argillose e argille. Dm - Marne Da Argille, argille marnose e argille siltose Dsc - argilliti La classe comprende unità costituite in prevalenza da argille che a causa della loro storia tettonica risultano intensamente piegate e fratturate dalla scala dell affioramento fino alla scala del campione ( argille scagliose auctt.) e talora intensamente diagenizzate fino all anchimetamorfismo; la classe Da comprende anche gli orizzonti costituiti da slump sedimentari prevalentemente pelitici. 38 Comunità Montana CINQUE VALLI - Comuni di LOIANO - MONZUNO - PIANORO - Quadro Conoscitivo del PSC

40 Dol Argille a struttura primaria caotica La classe comprende unità costituite in prevalenza da argille con a luoghi subordinati inclusi lapidei che determinano una tessitura clastica, dalla scala dell affioramento fino alla scala microscopica, originata dalla messa in posto di colate sottomarine di fango e detrito. Con riferimento alle sigle identificative delle unità geologiche riportate nella precedente descrizione della Tavola QC.6/t1, la classificazione litotecnica applicata al territorio dei 3 Comuni risulta la seguente: A - MATERIALI LAPIDEI Al - Materiale lapideo non stratificato o con stratificazione superiore a 3 m ADO 2 - MEMBRO DELLE GANZOLE. ANT 4 - Formazione di Antognola - MEMBRO DI ANCONELLA As - Materiale lapideo con stratificazione inferiore a 3 metri PAT - FORMAZIONE DI PANTANO PAT 2 - Formazione di Pantano - MEMBRO DI MONTECUCCOLO B - MATERIALI COSTITUITI da ALTERNANZE tra LIVELLI LAPIDEI e PELITICI Bl alternanze con livelli lapidei prevalenti CIG 5 - Formazione di Cigarello - MEMBRO DI MONTERENZIO FAA a - Argille Azzurre - LITOFACIES ARENACEA FCO a - Formazione a Colombacci - LITOFACIES ARENACEA MOH a - Formazione di Monghidoro - LITOFACIES ARENACEA PAT 3 - Formazione di Pantano - MEMBRO DI CALVENZANO RUM 2 - Formazione di Monterumici - MEMBRO DI CA' DI MAZZA Blp alternanze quasi - equivalenti tra livelli lapidei e livelli pelitici ADO 2ap - Formazione di Monte Adone - MEMBRO DELLE GANZOLE - LITOFACIES ARENACEO - PELITICA CIG a - Formazione di Cigarello - LITOFACIES ARENACEA FCO c - Formazione a Colombacci - LITOFACIES PELITICO - ARENACEA FPG a - Formazione di Poggio - LITOFACIES ARENACEA MOH - FORMAZIONE DI MONGHIDORO MOH b - LITOFACIES PELITICO - ARENACEA MOV - FORMAZIONE DI MONTE VENERE SAG 1 - Formazione di Savigno - MEMBRO DI VILLA Bp alternanze con livelli pelitici prevalenti FCO - FORMAZIONE A COLOMBACCI LOI 1 - Formazione di Loiano - MEMBRO DI RIO GIORDANO MMP - MARNE DI MONTE PIANO RAN 4 - Formazione di Ranzano MEMBRO DI ALBERGANA SCB - ARENARIE DI SCABIAZZA TER p - Formazione del Termina - LITOFACIES PELITICA C - MATERIALI GRANULARI POCO CEMENTATI Cc - conglomerati e brecce clasto - sostenuti poco cementati ADO 1 - MEMBRO DI MONTE MARIO 39 Comunità Montana CINQUE VALLI - Comuni di LOIANO - MONZUNO - PIANORO - Quadro Conoscitivo del PSC

41 FCO b - Formazione a Colombacci - LITOFACIES CONGLOMERATICA RUM 1 - Formazione di Monterumici - MEMBRO DI SCASCOLI Cm conglomerati e brecce matrice - sostenuti LOI 2 - Formazione di Loiano - MEMBRO DI MONZUNO Cs sabbie e areniti poco cementate LOI - FORMAZIONE DI LOIANO D - MATERIALI COESIVI CONSISTENTI Dm - marne ANT - FORMAZIONE DI ANTOGNOLA CIG - FORMAZIONE DI CIGARELLO CTG - FORMAZIONE DI CONTIGNACO TER - FORMAZIONE DEL TERMINA Da argille, argille marnose e argille siltose CEA - MARNE DI CELLA FAA - ARGILLE AZZURRE Dsc - argilliti AVS - ARGILLE VARICOLORI DELLA VAL SAMOGGIA Dol argille a struttura primaria caotica BAI 3 - MEMBRO DI POGGIO CAVALIERA MVT - BRECCE ARGILLOSE DELLA VAL TIEPIDO - CANOSSA Gli Autori ideatori del metodo citato all'inizio del paragrafo stimano il comportamento geomeccanico, e più in particolare sismico, delle classi litotecniche individuate, considerando i risultati di alcune indagini geofisiche svolte in zone diverse dell'appennino emiliano - romagnolo, dalle quali emerge che è possibile effettuare un'operazione di raggruppamento in due super-classi o categorie relazionate alla risposta sismica così come schematizzata dalla normativa sismica, ovvero con velocità di propagazione delle onde di taglio nei primi 30 metri di spessore del terreno (Vs 30 ) inferiore o superiore a 800 m/s, come discrimine fra un bedrock a risposta sismica non in grado di dare effetti di amplificazione (Vs m/s) ed un substrato con risposta sismica più simile a quella delle coperture detritiche (Vs 30 < 800 m/s) in grado di farlo. La prima categoria può essere considerata, ai fini della progettazione attuativa degli interventi (fatte salve le necessarie indagini per le caratterizzazioni locali) corrispondente alla categoria di sottosuolo "A - Formazioni litoidi o suoli omogenei molto rigidi" della vigente normativa sismica nazionale, mentre la seconda corrisponde ai sottosuoli di categoria "B - Depositi di sabbie o ghiaie molto addensati o argille molto consistenti" e/o "C - Depositi di sabbie o ghiaie mediamente addensate o argille di media consistenza". I sottosuoli di tipo "D - depositi di terreni granulari da sciolti o poco addensati" ed "E - Profili di terreno costituiti da depositi di tipo C o D di spessore compreso tra 5 e 20 m, sovrastanti sottosuoli di tipo A", vengono invece segnalati attraverso l'individuazione cartografica dei vari tipi di deposito detritico, siano essi frane quiescenti, depositi di versante, conoidi di deiezione (di falda o torrentizie), ecc., tutti elementi derivati direttamente dalla Carta Geologica regionale. Le due categorie di risposta sismica possono essere costituiti come illustrato nelle tabelle che seguono: 40 Comunità Montana CINQUE VALLI - Comuni di LOIANO - MONZUNO - PIANORO - Quadro Conoscitivo del PSC

42 CATEGORIA 1 - Substrato litoide - Vs m/s A Al ADO 2 ; ANT 4 As PAT; PAT 2 B Bl CIG 5 ; FAA a ; FCO a ; MOH a ; PAT 3 ; RUM 2 Blp ADO 2ap ; CIG a ; FCO c ; FPG a ; MOH; MOH b ; MOV; SAG 1 C Cc ADO 1 ; FCO b ; RUM 1 CATEGORIA 2 - Substrato sub - litoide - Vs 30 < 800 m/s B Bp FCO; LOI 1 ; MMP; RAN 4 ; SCB; TER p C Cm LOI 2 D Cs Dm Da LOI ANT; CIG; CTG; TER CEA; FAA Dsc Dol AVS BAI 3 ; MVT A queste due categoria se ne aggiunge una terza, costituita da due sole unità geologiche riconducibili entrambe alla Formazione Gessoso Solfifera emiliano - romagnola, che si caratterizza per la particolare conformazione che possono assumere i relativi affioramenti, che a causa della solubilità chimica dei gessi a contatto con le acque di corrivazione, possono dar luogo a fenomeni di carsismo che partono da doline ed inghiottitoi superficiali e si trasformano in grotte profonde anche centinaia di metri con sviluppo di migliaia di metri. Nel territorio del Comune di Pianoro, all'estremo confine settentrionale, in adiacenza con il Comune di San Lazzaro, si rinviene l'unico affioramento di questa categoria, che costituisce il monte Croara i cui fianchi sono interessati da diversi inghiottitoi e la cui vetta è stata oggetto di un'attività estrattive oramai esaurita ("Cava Croara") condotta in galleria: l'insieme di questi due fattori, uno naturale e l'altro antropico, ha fatto sì che si sia preferito cautelativamente considerare l'intero affioramento dei gessi come zona di amplificazione degli effetti sismici di sito. CATEGORIA 3 - Cavità sepolte G GES; GES 1 Nel layer litotecnico della tavola in questione sono altresì evidenziate le alluvioni di fondovalle, che come le altre coperture detritiche possono dar luogo ad amplificazione degli effetti locali di un sisma. 41 Comunità Montana CINQUE VALLI - Comuni di LOIANO - MONZUNO - PIANORO - Quadro Conoscitivo del PSC

43 Fig Pericolosità Sismica (Effetti di Sito) su base semplificata Il successivo layer è stato realizzato estrapolando dal modello digitale del terreno DTM 5m x 5m tutti i versanti con pendenze comprese fra 30 e 45, nonché quelle superiori ai 45, considerando che queste classi clivometriche siano quelle che danno il maggior rischio di amplificazione locale degli effetti di un sisma, trovandosi i terreni in un equilibrio quasi - 42 Comunità Montana CINQUE VALLI - Comuni di LOIANO - MONZUNO - PIANORO - Quadro Conoscitivo del PSC

44 precario (in particolare le coperture detritiche) ovvero andando a configurare creste, picchi, falesie che per la loro morfologia possono direttamente amplificare l'onda sismica. Sono state riportati anche gli elementi "Orlo di scarpate di terrazzo" e "Orlo di scarpata di frane" già visti nella Tavola QC.6/t1, considerando che tali elementi possano presentare le stesse caratteristiche di amplificazione sismica locale delle creste e delle falesie individuate tramite l'elaborazione del modello digitale del terreno. Osservando la Tavola QC.6/t3 (Fig ) si può notare come la distribuzione dei vari elementi in grado di dare luogo ad effetti di amplificazione locale del sisma presentino una distribuzione assai variegata: le frane (quiescenti o attive) ed i depositi detritici di versante in senso lato compaiono in maniera generalmente diffusa, ma si concentrano secondo lo schema che si è visto in precedenza nella descrizione della Tavola QC.6/t1, per grandi fasce territoriali con andamento WNW - ESE, e massima concentrazione dei dissesti nelle due più settentrionali, in quella centrale (definita "complessa") e in quella più meridionale. I depositi alluvionali terrazzati si concentrano ovviamente nei fondivalle dei tre corsi d'acqua principali (Torrente Setta, Torrente Savena e Torrente Zena), i primi due dei quali mostrano maggiori ampiezze e spessori e dove presumibilmente si raggiunge frequentemente il limite inferiore dell'intervallo 5 20 m considerato dalle normative vigenti come potenzialmente amplificante nel caso di presenza di sottosuolo a comportamento litoide; nella valle dello Zena i terrazzi sono piuttosto modesti sia in ampiezza che spessore, a causa della minore estensione del bacino imbrifero e conseguentemente delle portate idriche nonché dell'energia erosiva e di trasporto; tutti questi depositi mostrano andamento prevalente N - S. I pendii rilevantemente acclivi, le falesie, le creste, ecc. sono molto diffusi per contro nella parti tendenzialmente più stabili del territorio, com'è logico aspettarsi dato che i litotipi più rigidi danno luogo a pendii più erti che evolvono lentamente per erosione e frane di crollo, le quali lasciano in posto scarpate più acclivi della media dei pendii presenti nell'intorno: le massime concentrazioni di questi elementi si rinvengono nella fascia del contrafforte pliocenico (Classe litotecnica A - materiali lapidei massivi - ADO 2 ; ANT 4 ); un'altra notevole zona di concentrazione di creste e falesie si rinviene in corrispondenza della fascia di affioramento della Formazione di Loiano (Classe litotecnica Cs sabbie e areniti poco cementate - LOI); una terza zona di versanti ad elevata pendenza, in questo caso non di crinale ma di mezza costa, è presente sul versante orientale della dorsale M.te Venere - M.te Poggio Santa Croce, corrispondente al versante sinistro del medio - alto corso del Torrente Savena (zona dell'abitato di Trasasso fino all'angolo SE del territorio comunale di Monzuno) dove una serie di vasti e profondi paleo-scoscendimenti rotazionali (oramai pressoché completamente stabilizzati) instauratesi nei terreni della Formazione di Montevenere (Classe litotecnica Blp - alternanze quasi-equivalenti tra livelli lapidei e livelli pelitici - MOV) ha lasciato alte ed abrupte scarpate morfologiche, in gran parte rimboschite. La Categoria di risposta sismica 2, ossia quella con più bassa velocità di propagazione delle onde sismiche, e perciò considerata in grado di causare amplificazione degli effetti di un sisma, si rinviene in due fasce principali del territorio dei 3 Comuni: una essenzialmente coincidente con i terreni della Formazione di Loiano (Classe litotecnica Cs sabbie e areniti poco cementate - LOI), nella fascia territoriale che dall'oltre Setta monzunese, attraverso i capoluoghi di Monzuno e Loiano e la corrispondente porzione della valle del Torrente Savena, arriva restringendosi all'alto corso del ramo occidentale del Torrente Zena; una più modesta area di terreni appartenenti a questa categoria si rinviene poco a nord della chiusura orientale della grande fascia appena 43 Comunità Montana CINQUE VALLI - Comuni di LOIANO - MONZUNO - PIANORO - Quadro Conoscitivo del PSC

45 descritta, e corrisponde all'affioramento delle Marne del Termina (Classe litotecnica D - materiali coesivi consistenti - sottoclasse Dm - marne - TER). Un'altra ampia fascia di terreni attribuiti alla Categoria di risposta sismica 2 è presente nella fascia più settentrionale del territorio del Comune di Pianoro, che ne abbraccia tutta l'ampiezza dal versante sinistro della valle del Torrente Savena fino a quello destro del Torrente Zena, fermandosi verso sud grossomodo sull'allineamento Monte Samorre (spartiacque Torrente Setta - Torrente Savena) - Pian di Macina - Musiano - Boaria - Borgo Nuovo - Pianoro Nuovo - Monazzano e Molinello (spartiacque Torrente Savena crinale, zona di Riosto) - Molino della Manganina (fondovalle Torrente Zena); qui il substrato è rappresentato prevalentemente dalle Argille Azzurre plioceniche e dalla loro litofacies arenacea (Classe litotecnica D - materiali coesivi consistenti - sottoclasse Da argille, argille marnose e argille siltose - FAA), nella porzione meridionale e arealmente più vasta, e dalla Formazione del Termina (Classe litotecnica D - materiali coesivi consistenti - sottoclasse Dm - marne - TER), dalle Brecce della Val Tiepido - Canossa (Classe litotecnica D - materiali coesivi consistenti - sottoclasse Dsc - argilliti - AVS) e dalle Argille Varicolori della Val Samoggia (Classe litotecnica D - materiali coesivi consistenti - sottoclasse Dol argille a struttura primaria caotica - MVT) per la porzione più settentrionale fin contro il confine comunale con S. Lazzaro di Savena. La tavola QC.6/t3 dunque vuole fornire un primo contributo alla pianificazione sismica di area vasta, fornendo innanzitutto un elemento di esclusione rappresentato dai pendii con acclività superiori a 30, considerati un fattore di rischio sismico elevato e che per le loro caratteristiche morfologiche e di stabilità anche in condizioni statiche, mal si prestano alla trasformazioni urbanistiche ed edilizie; inoltre, evidenzia come fattori di rischio sismico medio - elevato le frane quiescenti (quelle attive si considerano già escluse sia per i contenuti dei provvedimenti normativi vigenti, P.S.A.I. - Reno e P.T.C.P. della Provincia di Bologna in particolare), come depositi presumibilmente talvolta solo in parte e/o non del tutto stabilizzati ed in equilibrio solo in costanza di condizioni statiche, ma che potrebbero riattivarsi in condizioni di sollecitazione dinamica (sismica). Per quanto attiene gli altri depositi di versante in senso lato nonché alluvionali di fondovalle, la tavola li segnala, oltre che per fornire un'immagine quanto più completa possibile dei territori studiati, anche per assoggettarli in fase attuativa ad un regime di indagini geognostiche e geofisiche in grado di rivelarne gli eventuali limiti alla trasformazione ed i relativi condizionamenti progettuali ed esecutivi. Lo stesso vale per la categorizzazione dei sottosuoli in categorie riconducibili abbastanza direttamente a quelle previste dall' O.P.C.M del 03/05/05, ritenendo comunque opportuno ricordare ancora una volta che si sta trattando di un analisi di area vasta, dopo la quale è imprescindibile, come del resto previsto dai provvedimenti legislativi antisismici vigenti, una fase di approfondimento d'indagine alla scala locale condotta con strumentazioni adeguate LIMITI E CONDIZIONI ALLA TRASFORMAZIONE DEL TERRITORIO I fenomeni di dissesto gravitativo (frane), per erosione intensa (calanchi 7 ), nonché i conoidi detritici di trasporto torrentizio attivi individuati dalla Carta della Geologia e propensione 7 Per la perimetrazione dei calanchi si è fatto riferimento alla cartografia del P.T.C.P. della Provincia di Bologna, apportando, nell ambito del Quadro Conoscitivo, alcune correzioni cartografiche relative all ubicazione ed alla morfologia; le modifiche si sono rese necessarie avendo constatato una evidente difformità tra la cartografia del Piano provinciale e il rilievo sul terreno. La nuova perimetrazione ha avuto come supporto la carta regionale CTR in scala 1: Comunità Montana CINQUE VALLI - Comuni di LOIANO - MONZUNO - PIANORO - Quadro Conoscitivo del PSC

46 al dissesto (QC.6/t1), rappresentano, per le aree comunali, i fattori di massima criticità dell'ambito Suolo e Sottosuolo, e determinano necessariamente forti limitazioni, se non esclusioni, delle trasformazioni del territorio; la cartografia prodotta intende assumere, nel processo di formazione del P.S.C, il compito di fissare una perimetrazione "certa" di tali forme, per i successivi utilizzi urbanistici ed edilizi di tipo puntuale, nell'ottica della riduzione e prevenzione del rischio idrogeologico. Nell ottica di area vasta, la pianificazione dovrà inoltre necessariamente valutare, quale elemento escludente o condizionante le trasformazioni del territorio, la presenza di aree con propensione al dissesto dei terreni non attualmente interessati da frane, ma che in futuro potrebbero esserlo con maggiore o minore probabilità. La tavola QC.6/t3 Pericolosità sismica Effetti di Sito, definisce, infine, un primo contributo alla pianificazione sismica di area vasta, fornendo quale elemento di esclusione alla trasformazione, i pendii con acclività superiori a 30, considerati un fattore di rischio sismico elevato e che per le loro caratteristiche morfologiche e di stabilità anche in condizioni statiche, mal si prestano alla trasformazioni urbanistiche ed edilizie; l elaborazione della pericolosità evidenzia inoltre, come fattore di rischio sismico medio elevato, le frane quiescenti (quelle attive si considerano già escluse sia per i contenuti dei provvedimenti normativi vigenti, P.S.A.I. - Reno e P.T.C.P. della Provincia di Bologna in particolare), in quanto depositi talvolta solo in parte e/o non del tutto stabilizzati ed in equilibrio solo in presenza di condizioni statiche, ma che potrebbero riattivarsi in condizioni di sollecitazione dinamica (sismica). La presenza di frane attive e quiescenti definisce quindi elemento fortemente condizionante la trasformazione anche dal punto di vista della sismicità del territorio. Allo stesso modo sono state individuati gli elementi "Orlo di scarpate di terrazzo" e "Orlo di scarpata di frane", considerando che tali elementi possano presentare le stesse caratteristiche di amplificazione sismica locale delle creste e delle falesie individuate tramite l'elaborazione del modello digitale del terreno. Tali elementi, di tipo lineare, generano su entrambi i lati fascie inidonee alla trasformazione del territorio di profondità planimetrica pari all altezza della scarpata stessa. Per quanto attiene gli altri depositi di versante in senso lato nonché alluvionali di fondovalle, la loro presenza non definisce un esclusione alla trasformazione, quanto piuttosto un condizionamento; in fase attuativa dovrà essere predisposto un regime di indagini geognostiche e geofisiche in grado di rivelarne gli eventuali limiti alla trasformazione ed i relativi condizionamenti progettuali ed esecutivi. Lo stesso vale per la suddivisione dei sottosuoli in categorie riconducibili, abbastanza direttamente, a quelle previste dall' O.P.C.M del 03/05/05, ritenendo comunque opportuno ricordare, ancora una volta, che si sta trattando di un analisi di area vasta, dopo la quale è imprescindibile, come del resto previsto dai provvedimenti legislativi antisismici vigenti, una fase di approfondimento d'indagine alla scala locale condotta con strumentazioni adeguate. 45 Comunità Montana CINQUE VALLI - Comuni di LOIANO - MONZUNO - PIANORO - Quadro Conoscitivo del PSC

47 6.2 ACQUE L acqua costituisce, per il territorio in esame, elemento di pregio e preziosa risorsa. I corsi d acqua e le aree ad essi adiacenti e connesse rappresentano uno degli ecosistemi più complessi del territorio in esame; le acque sotterranee rappresentano, d altro canto la più importante risorsa rinnovabile di qualunque territorio e come tale la tutela delle risorse idriche sotterranee (RIS) assume in questo contesto un carattere prioritario e si concretizza nella individuazione, protezione e gestione delle aree vulnerabili attraverso gli strumenti di pianificazione urbanistico-territoriale e settoriale. Nel presente capitolo, le acque saranno quindi analizzate rispetto a due aspetti principali: il rischio idraulico, connesso essenzialmente con le acque superficiali e la qualità e gestione della risorsa idrica superficiale e sotterranea ACQUE SUPERFICIALI I corsi d acqua hanno sempre costituito, nella storia delle popolazioni, una grandissima importanza nella crescita, nello sviluppo e nell evoluzione delle loro civiltà. Gli ambiti fluviali hanno una fortissima rilevanza come potenziali riserve di caratteri naturali, di corridoi ecologici per specie vegetali e animali e di fruizione ambientale per la collettività. E quindi estremamente importante tutelare gli ambienti idrici dall inquinamento e dalle alterazioni che le limitrofe attività antropiche possono arrecare. La conservazione e, nelle situazioni peggiori, il ripristino di una buona qualità degli ambienti fluviali e delle acque che in essi transitano non dovrebbero essere solo azioni mirate alle specifiche, seppure importanti, finalità d uso ma devono essere intraprese per tutelare la massima biodiversità, la struttura e la funzionalità degli ecosistemi acquatici. Sotto il profilo idrografico, i territori comunali di Loiano, Pianoro e Monzuno appartengono al bacino del fiume Reno e come tali, la competenza territoriale fa capo all Autorità di Bacino del fiume Reno (AbR). All interno dei territori si distinguono due sottobacini principali; buona parte del territorio comunale di Monzuno (circa 49 Km 2 ) ed una piccola porzione di Pianoro (circa 5.1 Km 2 ) e Loiano (0.04 Km 2 ), rientrano nel bacino del Reno, mentre ad est, una parte di Monzuno (circa 16 Km 2 ), Loiano ( Comunità Montana CINQUE VALLI - Comuni di LOIANO - MONZUNO - PIANORO - Quadro Conoscitivo del PSC

48 Km 2, pari alla totalità del territorio) e buona parte di Pianoro (circa 102 Km 2 ), fanno parte del sottobacino dell Idice. Da un punto di vista gestionale, parte dei territori dei tre comuni sono gestiti dal Consorzio della Bonifica Reno Palata (superficie territoriale complessiva km 2 ), mentre la maggior parte fa capo al Consorzio di Bonifica Renana (superficie territoriale complessiva km 2 ). COMUNE BONIFICA RENO-PALATA BONIFICA RENANA LOIANO / ha MONZUNO ha ha PIANORO 391 ha ha I dati riportati sono stati tratti dal sito dell Unione Regionale delle Bonifiche dell Emilia Romagna Nel distretto di montagna, i Consorzi di Bonifica hanno tra l altro il compito di segnalare i movimenti franosi, sorvegliare le opere di difesa idraulica (briglie, traverse, difese spondali, ecc.) ed eseguire lavori, utilizzando fondi propri e sollecitando gli interventi e i finanziamenti pubblici necessari alla tutela del territorio. l Consorzi, inoltre, all attenzione che prestano per garantire la sicurezza idraulica del territorio, uniscono la sensibilità e l attività per migliorare l ambiente (con particolare riferimento alla qualità della risorsa idrica), il paesaggio, per favorire la biodiversità e promuovere iniziative al servizio delle aziende agricole. Nella Tavola QC.6/t4 Idrografia e risorse idropotabili vengono individuati tutti i corsi d acqua presenti sui territori comunali di Loiano, Monzuno e Pianoro, distinguendo tra i corsi d acqua del reticolo idrografico principale (Torrente Setta, Savena, Zena, Idice), i corsi d acqua del reticolo idrografico secondario (Torrente Sambro e Rio Laurenzano), minore e minuto. Vengono inoltre individuati i bacini idrografici di I grado, facenti capo ai corsi d acqua definiti come principali. Sono stati inoltre cartografati le forme fluviali terrazzate, che caratterizzano in maniera sistematica il corso dei principali torrenti dell area d indagine. Si sono infine individuate le principali forme carsiche di cui si sia potuto reperire l ubicazione, presenti tuttavia unicamente nella parte settentrionale del comune di Pianoro. 47 Comunità Montana CINQUE VALLI - Comuni di LOIANO - MONZUNO - PIANORO - Quadro Conoscitivo del PSC

49 Fig Idrografia su base semplificata Il sistema idrografico Come detto i territori dei tre comuni appartengono al bacino del fiume Reno, distinguendo tra sottobacino dell Idice e sottobacino del Reno stesso. 48 Comunità Montana CINQUE VALLI - Comuni di LOIANO - MONZUNO - PIANORO - Quadro Conoscitivo del PSC

50 Se da un lato il fiume Reno non bagna nessuno dei territori d indagine, il torrente Idice tocca solo marginalmente il confine orientale di Pianoro, intercettandolo per una lunghezza di circa 1.0 km, in località Molino delle Donne ; il reticolo idrografico principale è invece delineato dal tracciato dei torrenti Setta, Savena e Zena, che presentano un orientazione prevalentemente appenninica SW-NE; il torrente Sambro, appartenente al reticolo idrografico secondario, si sviluppa invece con direzione perpendicolare a questa. In Figura viene riportata l assetto idrografico delle aree comunali (tavola QC.6/t4), nella quale si distinguono oltre al reticolo idrografico principale, secondario, e minore e minuto, i bacini di I ordine relativi ai torrenti Setta, Savena, Zena, Idice, oltre che del fiume Reno. - Il torrente Setta (reticolo idrografico principale) Il Setta è un fiume a regime torrentizio che ha origine in vicinanza di Montepiano di Vernio (fra il monte della Scoperta, 1278 m.s.l.m., Casciaio 1195 m.s.l.m. e Poggio di Petto 1121 m.s.l.m.) in provincia di Prato; dopo un percorso di 6 km è già nella Provincia di Bologna e scorrendo a valle verso Bologna, in una valle assai larga e con ampio ghiaieto, tocca i territori dei paesi di Castiglione dei Pepoli, San Benedetto Val di Sambro, Monzuno e Sasso Marconi. Affluente di destra del fiume Reno, nel quale confluisce prima dell abitato di Sasso Marconi (95 m slm), ne è certamente il principale per lunghezza, superficie di bacino e portata d'acqua del tratto montano, fino a Casalecchio di Reno. I suoi affluenti sono da sinistra il Brasimone che nasce presso il Monte Calvi 1283 m.s.l.m., forma l'omonimo bacino artificale, scende per una stretta gola sotto Castiglion dei Pepoli, forma il bacino artificiale di Santa Maria e sfocia nel Setta dopo Lagaro; ed da destra il Sambro, che nasce in prossimità di Pian del Voglio e segna il confine tra i comuni di San Benedetto Val di Sambro e Monzuno. La sua valle è quasi interamente percorsa dall'autostrada A1 a monte di Sasso Marconi, tranne il tratto più prossimo al valico di Monte Citerna che percorre la valle del suo affluente torrente Gambellato. Le acque del Setta, relativamente abbondanti in ogni stagione (la portata minima non scende mai a meno di 1 m 3 /sec, ma quella massima supera i 400 nelle piene trentennali, nelle piene bicentennali addirittura 650) essendo molto più pure di quelle del Reno, furono scelte dai Romani per alimentare la rete idraulica bolognese. L'acquedotto romano (costruito sotto l'imperatore Augusto) che raccoglie le acque del Setta e le porta a Bologna è ancora attivo (è stato ristrutturato alla fine del XIX secolo) e comprende un cunicolo di 18 Km scavato nella roccia con pendenza dello 0,1%. Tuttora una buona parte delle acque dell'acquedotto di Bologna derivano dall'opera di presa sul Setta, posta circa 1 km a monte della confluenza nel Reno (comune di Sasso Marconi), che le adduce nella vicina centrale di potabilizzazione e, da qui, nella rete idrica dell'area metropolitana bolognese. Il bacino imbrifero del torrente Setta, grazie anche ai due importanti affluenti, il Brasimone ed il Sambro, ha una consistente superficie che risulta essere di 319 km 2 ; il solo torrente Setta raggiunge un bacino idrografico di 207 km 2, 48.2 dei quali in territorio di Monzuno. Complessivamente misura 47 km, ma interessa il territorio occidentale di Monzuno, per una lunghezza di circa 11.0 Km, per poi proseguire in comune di Sasso Marconi dove confluisce in Reno. 49 Comunità Montana CINQUE VALLI - Comuni di LOIANO - MONZUNO - PIANORO - Quadro Conoscitivo del PSC

51 Lungo il proprio tracciato entro il territorio di Monzuno, oltre al contributo del torrente Sambro, riceve il contributo di diversi rii e fossi appartenenti al reticolo idrografico minore. - Il torrente Sambro (reticolo idrografico secondario) Il Sambro è il principale affluente di destra del fiume Setta, che nasce al Pian della Balestra, nel Comune di S. Benedetto Val di Sambro (BO) (precisamente in località Molino Giovannino), a circa 900 m/s.l.m., da due rami distinti, quello orientale proveniente dalla zona di Madonna dei Fornelli e quello occidentale proveniente dalla zona di Montefredente, entrambe frazioni del Comune di San Benedetto Val di Sambro. I due rami si uniscono sotto l'abitato di San Benedetto Val di Sambro ed il corso d'acqua prosegue in una valle con direzione S-N che lascia, alla propria destra, il Monte Venere (da cui riceve il tributo di diverse piccole sorgenti) e, sulla sua sinistra, il contrafforte di Monteacuto Vallese. In località Rioveggio, dopo essere passato sotto un grandioso viadotto dell'autostrada del Sole e sotto al grande ponte della ex S.S. 325 del Valico di Montepiano, s'immette nel Setta. Il regime idraulico è torrentizio, ma non resta asciutto nemmeno nelle estati più siccitose. Lungo 14,3 Km, ha un bacino imbrifero di 38,4 Km². Interessa il territorio comunale di Monzuno in posizione marginale, attraversandolo all estremità sud-occidentale con direzione SE-NO, per una lunghezza di circa 5.0 Km, prima di immettersi nel torrente Setta. La portata media si stima possa essere dell'ordine di 1,5 m³/s, ma nelle massime piene si possono superare addirittura i 50 m³/s. La sua valle ed il suo bacino sono assai interessanti dal punto di vista ambientale per la presenza di fitti boschi. Tuttavia l'intero territorio è soggetto a possibili frane, una delle quali ha causato la formazione di un piccolo lago sul torrente. - Il torrente Savena (reticolo idrografico principale) Il Savena è un torrente, o, meglio, un fiume a carattere torrentizio che prende origine ai piedi di un grande canalone perimetrato a Ovest dal Monte Bastione (1.190 m slm), a Sud dal Sasso di Castro (1.276 m slm) e ad Est dal Monte Freddi (1.275 m slm) ubicati nel comprensorio Ovest del Comune di Firenzuola (FI) e sfocia nel Torrente Idice, di cui costituisce il maggior affluente, a valle di S. Lazzaro di Savena, dopo 54 km complessivi di percorso. I primi 3 km del Savena scorrono in Toscana; entrato in Provincia di Bologna, dopo alcuni km, alimenta il Lago di Castel dell Alpi (737 m slm) creatosi in seguito a ripetuti eventi franosi, percorre quindi una valle piuttosto incassata e ad andamento pressoché rettilineo, bagnando Pianoro e la periferia sud orientale di Bologna e termina attualmente il suo corso immettendosi nel torrente Idice presso San Lazzaro di Savena. Entro le aree comunali si sviluppa con direzione S-N per una lunghezza complessiva di 38.1 Km, di cui i 15.7 Km di valle, in comune di Pianoro ed i restanti 22.4 Km a segnare il confine tra Loiano e Monzuno nella zona di monte e Monzuno e Pianoro più a valle. Il bacino montano di 168 km 2, di cui 9 in Toscana, termina a S. Ruffillo (periferia Sud-Est di Bologna, poco a valle del confine nord di Pianoro) al ponte della S.S. n 65 Futa, dopo un percorso complessivo di circa 45 km; i restanti 9 km di pianura del Torrente Savena che lo separano dall Idice sono arginati. Il bacino idrografico del torrente Savena interessa tutti e tre i territori comunali, dei quali occupa una superficie complessiva di 87.1 Km 2, di cui 42.7 Km 2 a Pianoro, 16.0 Km 2 a Monzuno e 28.4 Km 2 a Loiano. 50 Comunità Montana CINQUE VALLI - Comuni di LOIANO - MONZUNO - PIANORO - Quadro Conoscitivo del PSC

52 A S. Ruffillo, in chiusura di bacino montano, esiste una traversa per derivare parte della portata del torrente, che viene dirottata nel Canale di Savena del Consorzio per la Chiusa di S. Ruffillo, in direzione della città di Bologna. La portata media annua è di circa 6 m 3 /sec, quella minima di circa 0,3 m 3 /sec, quella delle piene ordinarie può arrivare a 150 m 3 /sec, ma nelle massime piene (centennali) si possono superare i 400 m 3 /sec ed anche più, come accadde nella piena del 4 novembre 1966, nel corso della quale il torrente esondò nei pressi di Rastignano e San Ruffillo (all estremità settentrionale del territorio comunale di Pianoro). Il corso del torrente è costeggiato, in parte, dalla Strada Statale 65 della Futa che collega Bologna a Firenze ed in parte dalla strada provinciale 65 che collega Pianoro con Castel dell'alpi, passando, fra l'altro, per le strette e suggestive gole di Scascoli (Loiano), lunghe circa 2 Km, con pareti a picco sul fiume ed una larghezza che, in certi punti, è di pochi metri. Storicamente il Savena è stato utilizzato per dare energia a numerosi mulini (ad esempio il Mulino dell'allocco, nel tratto montano, Mulino Parisio e Mulino di Frino nell'immediata periferia di Bologna) che ne costeggiavano il corso, e forniva acqua anche a canali che passavano per la città di Bologna, come il Canale Fiaccalcollo o Fiaccacollo,che costituì, per un periodo, il fossato esterno alla Cerchia Muraria delle 18 Porte (cosiddetta Cerchia del Mille). A tale scopo, fin dall'alto Medioevo, fu sbarrato in località San Ruffillo (attualmente alla periferia di Bologna) con una Chiusa che è addirittura più antica della più celebre di Casalecchio sul fiume Reno. Tra Bologna e San Lazzaro di Savena l'alveo non è naturale ma è stato creato nel XIX secolo per proteggere la città dalle periodiche inondazioni. In origine il Savena, uscendo dal territorio di Pianoro a San Ruffillo, piegava verso occidente circondando Bologna ed andava ad alimentare le acque del canale Navile (ancora oggi ne rimangono le tracce nella toponomastica della città). La Chiusa di San Ruffillo (caratteristica nella sua morfologia più moderna con la grande scalinata, lo scivolo e le torrette dell'opera di presa del canale) ed il relativo canale di Savena, che si immette nel sotterraneo torrente Aposa a Bologna, sono ancora funzionanti e connesse con il complesso sistema di canali sotterranei che percorre Bologna. Nel 1776 si decise di convogliare le acque verso nord-est (allontanandole, in tal modo dall'abitato di Bologna) utilizzando l'alveo del Rio Pollo e dirottandolo nell'idice in località Borgatella, al confine col Comune di Castenaso. Insieme ai torrenti Zena e Idice, la valle del Savena è costeggiata dal Contrafforte Pliocenico ed è interessata dalla Vena del Gesso: gode di un interessante patrimonio geologico e naturalistico, con la Grotta della Spipola e la sua dolina, gli affioramenti gessosi del Farneto e della Croara, che formano un complesso carsico di estremo interesse (con grotte e cavità naturali unite da un corso d'acqua ipogeo di ben 6 Km, il torrente carsico Acquafredda che nasce alle pendici del Monte Calvo e tributa nel Savena in località Siberia, alla Ponticella). Si tratta del complesso ipogeo gessoso più vasto ed importante d'italia ed uno dei maggiori d'europa. Questo patrimonio è tutelato dal Parco dei Gessi Bolognesi e Calanchi dell'abbadessa. - Il torrente Zena (reticolo idrografico principale) Lo Zena è un torrente che nasce nelle colline a nord del crinale situato fra Loiano (BO) e la sua frazione Quinzano. Esistono due sorgenti: quella del braccio occidentale, posta alle pendici del monte Bastia (792 m.s.l.m.) e quella del braccio orientale, vicino a Quinzano. Quest'ultimo ramo, il principale per lunghezza e portata d'acqua, presso Quinzano, forma una bella cascata alta 30 m precipitando in una gola boscosa. I due bracci si congiungono a 51 Comunità Montana CINQUE VALLI - Comuni di LOIANO - MONZUNO - PIANORO - Quadro Conoscitivo del PSC

53 nord, verso Bologna, in località Fornace di Zena (Pianoro). Il corso d'acqua s'immette poi nel torrente Idice dopo circa 40 Km a San Lazzaro di Savena, in località Pizzocalvo. Il suo andamento è assai tortuoso, al punto che lo sviluppo del corso (circa 18 Km sono entro il territorio di Loiano e 23.3 km in quello di Pianoro) è una decina di chilometri più lungo di quello della valle. La Val di Zena è percorsa da una strada fondovalle composta per i primi chilometri dalla S.P. 16 Val di Zena e poi da strade comunali dei comuni di Pianoro e Monterenzio, che si inerpicano nell'abitato di Quinzano (frazione di Loiano). Nel suo piccolo bacino idrografico, che ha un estensione di circa 88 km 2 quasi interamente ricompresi entro i territori comunali di Loiano (circa 23 Km 2 ) e Pianoro (circa 55 Km 2 ), riceve acqua da piccoli corsi, quali il rio di Gnazzano, rio di Laurenzano, rio dei Cani, rio di Barbarolo, rio di Caldarano, rio di Bianchini ed il rio dei Vinchi. Il regime idraulico è tipico dei torrenti della fascia emiliana e le portate oscillano da massimi di 15 mc/sec nelle piene ordinarie, a morbide dell'ordine di 2 mc/sec in primavera, a portate medie annue di meno di 1 mc/sec, ma, normalmente, per un paio di mesi in estate, resta completamente asciutto. La zona (sia la valle, sia l'intero bacino), col suo aspetto bucolico che alterna dolci colline a prati e boschi e qualche calanco, valli e vallecole, casolari sparsi, affioramenti rocciosi e numerosi ruscelli, ha una natura quasi incontaminata, data la pressoché totale assenza d'attività produttive e la modestia degli insediamenti residenziali, ed è di notevolissimo interesse naturalistico e storico. Vi sono importantissimi ritrovamenti etruschi e celtici presso il sito archeologico di Monte Bibele. Vi ha sede il Parco dei Gessi Bolognesi e Calanchi dell'abbadessa ed è costeggiata dal Contrafforte pliocenico, mentre nella parte terminale, la valle della Zena taglia la Vena del Gesso. Circa 2 Km a monte della confluenza nel torrente Idice, poco dopo l'ingresso nel territorio comunale di San Lazzaro di Savena, presso la sponda sinistra della Zena, è situata la celeberrima Grotta del Farneto, nella quale furono rinvenute importanti testimonianze della presenza umana risalente al periodo neolitico. - Il torrente Idice (reticolo idrografico principale) L'Idice è un torrente che ha le sue sorgenti fra il monte Oggioli ed il monte Canda, presso il Passo della Raticosa (Firenzuola), il cui percorso si svolge quasi interamente (meno che il primo chilometro e mezzo toscano e gli ultimi 5 Km in Provincia di Ferrara) in provincia di Bologna, attraversando i comuni di Monghidoro, Pianoro, Monterenzio, Ozzano dell'emilia, San Lazzaro di Savena, Castenaso, Budrio, Molinella. Il corso d acqua, che ha una lunghezza di circa 75 Km, tocca il territorio di Pianoro in posizione marginale e per un brevissimo tratto (circa 1.0 Km), in località Molino delle Donne; per il resto del proprio tracciato non interessa i territori dei tre comuni. Giunto in pianura, riceve da sinistra il torrente Zena proprio sotto la chiesa di Pizzocalvo e, ancora da sinistra, il fiume Savena in località Borgatella di San Lazzaro di Savena, fiume che gli porta il maggior tributo d'acqua, soprattutto nel periodo estivo, non rimanendo mai completamente asciutto. Poche centinaia di metri dopo la confluenza della Zena, è sbarrato da una traversa con un'opera di presa che adduce acqua, nella stagione piovosa, al Canale dei Mulini che corre fino in pianura alla sua sinistra. Dopo la confluenza col Savena, assume aspetto di vero fiume, con acque perenni e anche abbondanti nella stagione piovosa: in primavera, a Castenaso, porta ordinariamente fra i 10 e i 20 mc/sec, ma nelle piene ordinarie si superano i 200 mc/sec e nelle piene centennali si possono superare i 600, dei quali i 2/3 sono dovuti al tributo del Savena. 52 Comunità Montana CINQUE VALLI - Comuni di LOIANO - MONZUNO - PIANORO - Quadro Conoscitivo del PSC

54 Bagnata Castenaso e sfiorata Budrio, viene deviato dall'antico alveo verso est; riceve poi, in pianura, da destra il tributo dei torrenti Centonara (che scende dalle colline di Ozzano dell'emilia ed è lungo circa 20 Km) e Quaderna (lungo 34 Km) e dell'affluente di quest'ultimo, il torrente Gaiana (lungo 22 Km), entrambi nati dalle pendici del Monte Calderaro, sopra Castel San Pietro Terme. La confluenza nel fiume Reno a San Biagio d'argenta avviene dopo l'attraversamento della Cassa d'espansione di Campotto, nella quale il fiume scarica le sue piene quando anche il collettore principale (il Reno) è in piena. Infatti, alla confluenza col Reno, un sistema di porte vinciane impedisce la risalita dell'acqua di quest'ultimo nell'idice in caso di dislivello sfavorevole. Il bacino montano del Torrente Idice dopo circa 39 km di percorso ha termine a Idice (al ponte della S.S. n 9 Via Emilia ); fino a questa sezione sottende una superfice di 212 km 2 (11 dei quali si estendono in Toscana) di cui 88 sono attribuibili al Torrente Zena; se si esclude il bacino dello Zena, solamente 5.9 Km 2 ( di cui 1.2 Km 2 a Loiano e 4.7 Km 2 a Pianoro) interessano i territori in esame. Il fiume Idice ha una portata media alla foce di oltre 12 mc/sec (dei quali almeno 6 dovuti al Savena), ma in estate la portata si riduce praticamente solo a quella versatagli dal Savena, perché il suo pur vasto bacino (il maggiore fra quelli degli affluenti del Reno), è impostato esclusivamente su rocce impermeabili e non raggiunge le sezioni più elevate dell'appennino, coprendo zone a media piovosità e una vasta area di pianura. - Il reticolo idrografico minore e minuto In generale, osservando lo sviluppo del reticolo idrografico minore e minuto all interno dei territori dei tre comuni, emerge la stretta connessione esistente tra il suo grado di sviluppo e la litologia prevalente del substrato attraversato. Il reticolo idrografico presenta solitamente una densità minore in corrispondenza delle zone di affioramento di litotipi torbiditici, mentre si presenta con un buon grado di organizzazione in corrispondenza delle zone di affioramento dei litotipi arenaci; si osserva infine un drenaggio, di discreta densità, a pattern di tipo subdendritico-angolare, nelle zone in cui affiorano i terreni marnoso-argillosi e le brecce poligeniche ed eterometriche: questo tipo di reticolo è caratteristico di terreni omogenei, impermeabili e con tessitura fine, caratteristiche che favoriscono lo scorrimento superficiale delle acque piovane. Dal punto di vista delle portate e del regime, il reticolo idrografico minore e minuto è costituito da rii praticamente privi di portata per gran parte dell'anno, con brevi periodi di deflusso durante e subito dopo le precipitazioni; i corsi d acqua di maggiori dimensioni sono invece a regime pluvionivale con due massimi di portata all incirca uguali in primavera (generalmente marzo) ed in autunno (novembre-dicembre) e portata minima che si registra generalmente in luglio-agosto ed un minimo relativo nei mesi di gennaio-dicembre. Per quanto riguarda il reticolo idrografico minore, per la sua individuazione si è fatto riferimento agli elaborati del PSAI/PTCP; per l individuazione del reticolo idrografico minuto, non individuato dagli strumenti sovraordinati, si è invece fatto riferimento all individuazione del reticolo da parte della RER. Di seguito si riporta una tabella (tab ) riassuntiva dei corsi d acqua principali presenti sui territori dei comuni di Loiano, Pianoro e Monzuno. 53 Comunità Montana CINQUE VALLI - Comuni di LOIANO - MONZUNO - PIANORO - Quadro Conoscitivo del PSC

55 TORRENTI RII FOSSI TORRENTE IDICE RIO BACCHIO FOSSO ACQUAFREDDA TORRENTE SAMBRO RIO BANDITE FOSSO CÁ NERA TORRENTE SAVENA RIO BARAGOZZA TORRENTE SETTA RIO BARUFFA TORRENTE ZENA RIO BASTELA RIO BECCACECI RIO BLOGNA RIO CÁ DI BONISI RIO CALDARNO RIO CALVANE RIO CAMPOSTRINO RIO CANAPA RIO CHIUSA RIO COLONNA RIO COSTE RIO COZZO RIO DEI CANI RIO DEI SODI RIO DEL GUALANDO RIO DEL POGGIO RIO DEL VINCHI RIO DELLA SELVA RIO DELLE BUCHE RIO DELLE PECORE RIO DELLE SETTE RIO DI GORGOGNANO RIO DOZZA RIO FAVALE RIO LAMA RIO LAURENZANO RIO LOGNOLA RIO MAORE RIO MARGANZANO RIO MOLINELLO RIO MONEDA RIO MONTE ROSSO RIO ORSAROLI RIO PRATI RIO PUGNEDA RIO QUERCIABUCA RIO RIOLI RIO RIPE RIO S. LEO RIO SABATTINI RIO SECCO RIO SORBOLE RIO TORRIANE RIO VALLE RIOLO RIO VIARATTA RIO ZENA tab Elenco principali corsi d acqua presenti sui territori dei tre comuni 54 Comunità Montana CINQUE VALLI - Comuni di LOIANO - MONZUNO - PIANORO - Quadro Conoscitivo del PSC

56 Officiosità idraulica del reticolo idrografico principale Visto il progressivo processo di antropizzazione che ha interessato le aree vallive dei comuni in oggetto, appartenenti ai bacini dei fiumi Reno, Savena e Idice, in relazione alla particolare sensibilità idraulica dei territori attraversati, si sono succeduti, negli corso degli anni, differenti studi di natura idrologica ed idraulica, coordinati dall Autorità di Bacino del fiume Reno, finalizzati al conseguimento dei seguenti obbiettivi: stimare le sollecitazioni idrologiche (piogge e portate) con le quali testare il comportamento del sistema in occasione di eventi molto gravosi; svolgere le necessarie verifiche idrologiche ed idrauliche atte ad individuare eventuali tratti d alveo in condizioni idrauliche critiche, con particolare attenzione alle aree contigue all alveo soggette ad inondazione e agli eventuali tratti arginali fluviali a rischio di sormonto; redigere la perimetrazione delle aree ad elevata probabilità di esondazione (evento di piena con TR = anni), individuare la linea di esondazione e i tratti soggetti a sormonto arginale per piene con Tempo di Ritorno TR anni e contribuire, per quanto riguarda i soli aspetti idraulici, alla definizione delle fasce di pertinenza fluviale; valutare i possibili interventi, quantificando in special modo il beneficio apportato in termini di riduzione del rischio idraulico e migliore assetto idraulico fluviale, con un approccio di sistema all'insieme della rete fluviale e del bacino di raccolta delle acque; analizzare la fattibilità degli interventi ipotizzati al punto precedente. Per quanto concerne, quindi, il rischio idraulico relativo ai territori in esame, si fa riferimento, per il reticolo idrografico maggiore, a quanto elaborato dall Autorità di Bacino del Reno ed in particolare alle elaborazioni che, sulla base di specifiche analisi idrauliche, morfologiche e naturalistico-ambientali, hanno portato all individuazione delle aree a rischio di esondazione contenute nel piano stralcio per l assetto idrogeologico approvato, redatto dall Autorità di Bacino del Reno, nella prima metà degli anni 2000 con la seguente pubblicazione "Rischio Idraulico e assetto della Rete Idrografica" (2002 Bacino del Fiume Reno e 2005 Bacino del Torrente Idice). L impronta metodologica che caratterizza tali studi è similare per tutti i corsi fluviali analizzati e fondamentalmente finalizzata a risolvere, mediante modellazione numerica, le problematiche di creazione e traslazione dell onda di piena a partire da piogge assegnate e/o effettivamente misurate, affrontando dapprima il problema idrologico e determinando in tal modo l input del modello idraulico: per la valutazione delle onde di piena è stata di norma impiegata una metodologia che prevede il calcolo delle precipitazioni di diversa durata, relative ad eventi estremi ed il loro utilizzo in un modello idrologico di trasformazione afflussi-deflussi di tipo concettuale semi-distribuito; successivamente il comportamento idrodinamico del corso fluviale studiato è stato, nella maggioranza dei casi, simulato mediante un modello idraulico monodimensionale di moto vario, che si basa sulla integrazione delle equazioni di De Saint Venant nella forma completa. Nella valutazione dei risultati di studi idrologici e idraulici basati sull'utilizzo di modelli matematici è importante tenere presente la scala alla quale sono stati eseguiti, ossia il dettaglio con cui il sistema fisico che si vuole riprodurre è stato descritto. Il valore dei risultati è strettamente legato a tale scala, quindi studi a scala maggiore possono fornire risultati ai quali è associato un minor grado di incertezza e che possono essere localmente diversi. Tale affermazione risulta evidente se si considera la frequenza di rilievo delle sezioni trasversali dei corsi d'acqua. 55 Comunità Montana CINQUE VALLI - Comuni di LOIANO - MONZUNO - PIANORO - Quadro Conoscitivo del PSC

57 All'accuratezza del dato contribuisce naturalmente anche la precisione del modello, cioè il grado di approssimazione con cui la formulazione matematica riproduce il fenomeno reale, ma questa è generalmente, del tutto trascurabile rispetto al dettaglio utilizzato. Ad essa può essere associato una qualche rilevanza solo nella riproduzione delle condizioni idrauliche appena a monte ed a valle di strutture quali ponti, traverse e briglie nelle aste montane. Generalmente in mancanza di sezioni rilevate, la superficie esaminata è suddivisa in celle, generalmente quadrate, dove ad ogni cella è assegnata la quota media del territorio che ricopre; detta suddivisione sta alla base della creazione di un Modello Digitale del terreno o modello delle altitudini (DEM). In particolare, gli studi idrologici ed idraulici effettuati, hanno permesso l identificazione degli squilibri del sistema idrografico analizzato ed in particolare delle aree contigue ai corsi d acqua ad elevato rischio di esondazioni, all interno dei bacini montani e dei tratti arginali ad elevato rischio di tracimazione, lungo le aste vallive dei torrenti. Le fasce degli ambiti fluviali sono state così individuate: - piena cinquantennale (TR = 50 anni): le aree investite dai deflussi di piena individuano l ambito fluviale denominato area ad alta probabilità di inondazione, che può coincidere con l alveo attivo qualora questo sia tale da consentire il transito della piena cinquantennale; - piena bisecolare (TR = 200 anni): le aree investite dai deflussi di piena rappresentano il limite inferiore di estensione delle fasce denominate di pertinenza fluviale. In realtà, la perimetrazione di tali fasce spesso risulta eccedente il limite di inondabilità in considerazione di valutazioni di tipo idrogeologico (in particolare, individuazione dei terrazzi fluviali idrologicamente connessi) ed ambientali (corridoi ecologici). Un attenta lettura delle mappe prodotte con tali criteri ha permesso di identificare le aree a rischio idraulico molto elevato (TR = 50 anni e valore di rischio R3 ed R4) e conseguentemente di individuare gli interventi (strutturali e non) a diverso grado di priorità, ovvero le situazioni ove risulta necessario provvedere a verifiche di maggior dettaglio per stabilire la necessità e/o le modalità di interventi di messa in sicurezza. Con riferimento alle aree comunali sono state prese in considerazione le elaborazioni relative al torrente Idice, torrente Savena, torrente Zena e Rio Caurinzana, per ciascun corso d acqua sono zonizzati: - Alveo attivo; - Aree di pertinenza fluviale; - Aree ad alta probabilità di inondazione relativamente a piene con tempi di ritorno 50 anni. In particolare si è fatto riferimento allo 1) Studio idrologico relativo al bacino del Torrente Idice, lavoro redatto direttamente dall Autorità di Bacino del Reno e curato dall Ing. G. Strampelli, in collaborazione con l Ing. G. Moretti (supervisione scientifica: Prof. Ing. E. Todini), Settembre Il citato studio si può sinteticamente suddividere nelle seguenti attività conoscitive: raccolta di tutti i dati disponibili riguardanti la geomorfologia, l idrografia e la pluviometria che caratterizzano l intero bacino montano del Torrente Idice; implementazione dei dati raccolti su modello matematico di simulazione dei fenomeni di trasformazione al suolo afflussi-deflussi (ARNO); stima delle onde massime di piena per differenti durate e tempi di ritorno (i.e. frequenza media di accadimento dell evento) della pioggia generatrice dei deflussi, al variare dell area investita dall evento meteorico. I suddetti valori di portata sono stati valutati in corrispondenza di alcune sezioni di controllo, fra le quali è utile ricordare, per l area d indagine: 56 Comunità Montana CINQUE VALLI - Comuni di LOIANO - MONZUNO - PIANORO - Quadro Conoscitivo del PSC

58 - Torrente Idice alla località Savazza, alla confluenza dello Zena, alla S.S. n 9; - Torrente Savena alla S.P. n 59 Loiano-Monzuno, a Pianoro, alla Via Emilia S.S. n 9; Risultanze idrologiche Si sono ricostruite le onde di piena corrispondenti a precipitazioni di intensità costante e durata variabile con tempo di ritorno TR = 30, 50, 100 e 200 anni, uniformemente distribuite sulle aree scolanti ed in presenza di un grado di saturazione iniziale del suolo cautelativo pari al %. Fra i dati idrologici più significativi che caratterizzano il sistema indagato, si può citare, a titolo esemplificativo, che un evento pluviometrico distribuito sui bacini montani di Idice e Savena con tempo di ritorno pari a 50 anni e durata della pioggia pari a 9 ore dà luogo ad onde di piena con portate al picco stimate, alla altezza della S.S. n 9 Via Emilia, in circa 450 m 3 /s per il Torrente Idice e 300 m 3 /s per il Torrente Savena. 2) Studio idraulico per la redazione del Piano Stralcio di assetto della rete idrografica del Torrente Idice e di alcuni affluenti, lavoro redatto direttamente dall Autorità di Bacino del Fiume Reno (supervisione scientifica: Ing. M. Plazzi) avvalendosi della collaborazione professionale dell Ing. V. Mularoni, Novembre Il citato studio si può sinteticamente suddividere nelle seguenti attività conoscitive: raccolta di tutti i dati disponibili riguardanti la morfologia e lo stato vegetazionale degli alvei indagati che caratterizzano l intero bacino montano del Torrente Idice; raccolta delle registrazioni teleidrometriche effettuate in occasione di eventi di piena nelle stazioni di misura installate lungo i tratti d alveo esaminati; implementazione dei dati raccolti su modello matematico di simulazione dei fenomeni di trasferimento idrico lungo le aste fluviali (MIKE11); calibrazione (effettuata sugli interi tratti indagati dei corsi d acqua) dei parametri del modello mediante la ricostruzione di uno o più eventi di piena registrati di recente in Idice e Savena; simulazione del comportamento del sistema, qualora sollecitato da eventi pluviometrici a prefissato tempo di ritorno (TR = 50 e 200 anni), nei soli tratti montani del Torrente Idice e del Torrente Savena. Risultanze idrauliche Per la taratura del modello idraulico MIKE11 (condotta agendo sull unico parametro incognito, cioè il coefficiente di scabrezza c* [m1/3 s-1]), si sono utilizzate le registrazioni teleidrometriche fornite dall Ufficio Idrografico e Mareografico di Bologna ed ottenute, in occasione di eventi di piena recenti e significativi, in tutte le stazioni di misura presenti sui tratti torrentizi esaminati. Una volta assegnate le condizioni al contorno del sistema (idrogramma del teleidrometro più montano in ingresso e del più vallivo in uscita), c* è stato calibrato in modo tale da ottenere un andamento nel tempo dei livelli simulati aderente a quello delle quote idrometriche effettivamente misurate alle stazioni teleidrometriche di controllo intermedie. La taratura dei due torrenti è avvenuta contestualmente. Tale attività è stata possibile solo ove erano disponibili misure teleidrometriche (tra Pizzocalvo e lo sbocco in Reno per l Idice e tra Pianoro e la confluenza in Idice per il Savena); ai tratti di monte (tra Savazza e Pizzocalvo per l Idice e tra la S.P. n 59 e Pianoro per il Savena) è stato assegnato un valore costante di scabrezza pari a quello del tratto vallivo limitrofo. Sono stati utilizzati come condizioni al contorno gli idrogrammi registrati ai teleidrometri di Pizzocalvo in Idice e Pianoro in Savena (a monte) e di Chiavicone a Reno in Idice (a valle); le registrazioni ai teleidrometri di Castenaso, San Martino, Sant Antonio in Idice e Caselle in Savena sono servite per il confronto tra i dati misurati e quelli simulati. 57 Comunità Montana CINQUE VALLI - Comuni di LOIANO - MONZUNO - PIANORO - Quadro Conoscitivo del PSC

59 Gli eventi di piena ricostruiti sono due: 12-14/06/1994 e 8-10/10/1996. Il sistema così calibrato è stato sollecitato con le onde di piena di progetto caratterizzate da un tempo di ritorno TR = 50 e 200 anni; le risultanze idrauliche sono attendibili nei tratti montani dei Torrenti Idice e Savena, fino alla loro confluenza. A valle di tale nodo idraulico, infatti, sono necessarie ulteriori valutazioni di tipo idrologico finalizzate alla comprensione in termini statistici delle modalità di sovrapposizione delle onde di piena in arrivo. 58 Comunità Montana CINQUE VALLI - Comuni di LOIANO - MONZUNO - PIANORO - Quadro Conoscitivo del PSC

60 Torrente Idice dalla località Savazza alla confluenza con il Torrente Savena In tale tratto i deflussi di piena risultano contenuti all interno dell alveo inciso fatti salvi i casi di alcune aree golenali che solitamente registrano, a livello di insediamenti antropici, la presenza al più di nuclei abitativi isolati; tali aree non interessano tuttavia il territori dei tre comuni. Torrente Savena dal ponte della S.P. n 59 Loiano Monzuno alla confluenza con il Torrente Idice L intero corso del torrente Savena presenta quindi deflussi di piena prevalentemente contenuti all interno dell alveo inciso o che interessano, al più, aree golenali prive di manufatti civili. Fanno eccezione due porzioni di territorio urbanizzate, comunque ricadenti in aree esterne ai territori dei tre comuni (chiusa di San Ruffillo in comune di Bologna e rotonda di via Roma al confine tra comune di Bologna e comune di San Lazzaro di Savena). Torrenti Zena e Rio Laurinziano Per il Torrente Zena la zonizzazione di Piano è stata redatta seguendo il solo criterio morfologico in quanto non è ancora stato condotto lo studio idraulico per il tratto nel quale sono state rilevate le sezioni geometriche trasversali. La zonizzazione per questo corso d acqua potrà essere modificata in funzione delle risultanze d uno specifico studio idraulico, che sarà effettuato dalla Autorità di bacino con una simulazione dei livelli di piena per TR = 50 anni e TR = 200 anni applicando i modelli matematici già utilizzati per il torrente Idice ed il Savena. Infine, anche per la zonizzazione del Rio Laurinziano è stato utilizzato un metodo esclusivamente morfologico, in quanto su tale asta non è stato condotto alcuno studio idraulico Qualità delle acque superficiali Per la caratterizzazione qualitativa delle acque superficiali si è fatto riferimento ai dati presentati nel rapporto sulla Qualità delle acque superficiali della Provincia di Bologna nel biennio , frutto della collaborazione tra Provincia di Bologna, Autorità di Bacino del fiume Reno e ARPA. Il rapporto contiene i dati relativi alle analisi e ai monitoraggi effettuati nel corso del biennio sulla qualità delle acque (dati più recenti a disposizione), fornendo informazioni aggiornate sulle precipitazioni e gli eventi alluvionali particolari e i livelli di inquinamento rilevati ad ogni stazione di monitoraggio lungo i principali corsi d'acqua. Lo stato ambientale di un corso d acqua è definito sulla base dello stato ecologico e dello stato chimico del corpo idrico. Lo stato ecologico è l espressione della complessità degli ecosistemi acquatici della natura chimica e fisica delle acque e dei sedimenti, delle caratteristiche del flusso idrico e della struttura fisica del corpo idrico, considerando come prioritario lo stato della componente biotica dell ecosistema. Alla definizione dello stato ecologico dei corpi idrici superficiali contribuiscono sia parametri chimico-fisico- microbiologici di base, relativi al bilancio dell ossigeno ed allo stato trofico attraverso l indice LIM, sia la composizione della comunità macrobentonica delle acque correnti attraverso il valore dell Indice Biotico Esteso (IBE). Le frequenze di campionamento per i parametri LIM sono mensili, mentre l analisi del biota con l IBE è di norma trimestrale. Lo stato chimico è definito in base alla presenza di microinquinanti ovvero di sostanze chimiche pericolose; la valutazione è effettuata inizialmente in base ai valori soglia 59 Comunità Montana CINQUE VALLI - Comuni di LOIANO - MONZUNO - PIANORO - Quadro Conoscitivo del PSC

61 riportati nella direttiva 76/464/CEE e nelle direttive da essa derivate, nelle parti riguardanti gli obiettivi di qualità, nonché negli allegati alla normativa vigente; nel caso per gli stessi parametri siano riportati valori diversi, deve essere considerato il più restrittivo. I dati relativi allo stato ecologico rapportati con i dati relativi alla presenza di inquinanti chimici definiscono lo stato ambientale. L individuazione delle stazioni di monitoraggio, le frequenze di campionamento, i criteri di valutazione, sono definiti dagli allegati tecnici della stessa normativa. La Regione Emilia Romagna ha adottato il 22 dicembre 2004 il PTA che accoglie, quale strumento di conoscenza e di verifica delle azioni programmate, la rete di monitoraggio individuata nella D.G.R. 27/2000 e successivamente definita dalla D.G.R. 1420/2002. Le stazioni di monitoraggio per gli obiettivi di qualità sono: di tipo A quelle individuate a livello nazionale (tra queste quelle di tipo AS sono localizzate su corpi idrici significativi, mentre quelle di tipo AI sono stazioni ritenute di interesse) di tipo B quelle individuate a livello regionale di tipo C quelle individuate a livello provinciale Le stazioni di monitoraggio per la destinazione funzionale sono quelle: destinate alla produzione di acqua potabile destinate alla balneazione che richiedono protezione e miglioramento per essere idonee alla vita dei pesci Per i corsi d acqua presenti nel territorio in esame le stazioni di monitoraggio cui si può fare riferimento sono: CORPO IDRICO CODICE DENOMINAZIONE TIPO Torrente Setta 3 Sasso Marconi - ACOSER Uso potabile Torrente Savena 16 A monte di Pianoro Vecchia C Torrente Savena 17 Caselle chiusura bacino B 60 Comunità Montana CINQUE VALLI - Comuni di LOIANO - MONZUNO - PIANORO - Quadro Conoscitivo del PSC

62 Livello di inquinamento dei macrodescrittori Il Livello di Inquinamento dei Macrodescrittori (LIM) si ottiene sommando i punteggi ottenuti da 7 parametri chimici e microbiologici macrodescrittori, considerando il 75 percentile della serie delle misure. Il risultato viene quindi fatto rientrare in una scala con livelli di qualità decrescente da uno a cinque. Indice biotico esteso Il controllo biologico degli ambienti di acque correnti, basato sull analisi delle comunità di macroinvertebrati, rappresenta un approccio complementare al controllo chimico- fisico, per giungere ad un giudizio sintetico sulla qualità complessiva dell ambiente e stimare l impatto che le diverse cause di alterazione determinano sulle comunità che colonizzano i corsi d'acqua. Con l indice I.B.E si classifica la qualità di un corso d acqua su di una scala che va da 12 (qualità ottimale) a 1 (massimo degrado), suddivisa in 5 classi di qualità. Il valore IBE da utilizzare corrisponde alla media dei singoli valori rilevati durante l anno nelle campagne di misura distribuite stagionalmente o rapportate ai regimi idrologici più appropriati per il corso d acqua indagato. Stato Ecologico dei Corsi d'acqua Per definire lo Stato Ecologico di un corpo idrico superficiale (SECA) si adotta l intersezione riportata in tabella, dove il risultato peggiore tra quelli di LIM e di IBE determina la classe di appartenenza. Stato Chimico dei Corsi d'acqua La verifica della presenza di inquinanti è stata condotta su tutte le stazioni di tipo A significative, ovvero quelle stazioni che presentano un obiettivo vincolante ai sensi di legge, e sulle stazioni di tipo A ritenute di interesse. Anche per la valutazione dello stato di qualità chimica si deve applicare lo stesso parametro statistico del 75 percentile. Stato Ambientale dei Corsi d'acqua Al fine dell attribuzione dello Stato Ambientale del corso d acqua (SACA), i dati relativi allo Stato Ecologico vanno rapportati con i dati 61 Comunità Montana CINQUE VALLI - Comuni di LOIANO - MONZUNO - PIANORO - Quadro Conoscitivo del PSC

63 relativi alla presenza degli inquinanti chimici indicati nella tabella 1 dell Allegato 1 del decreto legislativo vigente, secondo lo schema riportato in tabella. Nelle tabelle seguenti (tab e ) si riportano i dati relativi ai livelli di inquinamento espressi dai Macrodescrittori (LIM) e degli Indici Biotici Estesi (IBE) ed i dati complessivi relativi al raggiungimento degli obiettivi di qualità ambientale per le tre stazioni considerate, indicati graficamente anche nella Fig Fig Qualità delle acque superficiali correnti (2005) Indici LIM e IBE 62 Comunità Montana CINQUE VALLI - Comuni di LOIANO - MONZUNO - PIANORO - Quadro Conoscitivo del PSC

64 tab Tabella dei Livelli di Inquinamento espresso dai Macrodescrittori e degli Indici Biotici Estesi tab Tabella dei Livelli di Inquinamento espresso dai Macrodescrittori, degli Indici Biotici Estesi e relativo raggiungimento degli Obiettivi 63

65 Oltre alla rete di qualità ambientale operano, nella realtà provinciale, altre due reti, dette per specifica destinazione, che valutano la qualità delle acque in funzione dell uso potabile o della vita di pesci, le cui stazioni sono di norma posizionate in ambienti collinari o montani. Le analisi previste per le reti a specifica destinazione sono integrate, qualora mancanti, di quelle necessarie alla valutazione della qualità ambientale; in questo modo è possibile popolare di informazioni ambientali anche i tratti montani dei corsi ed è possibile omogeneizzare le informazioni su tutte le realtà territoriali. Sui territori dei tre comuni in esame non vi sono stazioni della rete di monitoraggio delle acque destinate alla potabilizzazione (D. Lgs. 152/99 All. 2 A), che troviamo però, per il torrente Setta, a Sasso Marconi poco prima dell immissione del corso d acqua nel fiume Reno (Fig ). Di seguito si riportano schematicamente i valori degli indici IBE e LIM relativi alla stazione di Sasso Marconi. N. Corpo idrico Stazione Tipo LIM 2005 IBE Setta Sasso Marconi Acoser A /8 Fig Qualità ambientale delle acque superficiali destinate alla potabilizzazione La stazione di Sasso Marconi presenta qualità ambientale discreta, con valori dell indice IBE che rientrano in classe II; il tratto del torrente Setta in uscita dal comune di Monzuno e sino alla stazione di misura, presenta caratteristiche ambientali più che sufficienti. Per quanto riguarda infine la rete di monitoraggio delle acque destinate alla vita dei pesci, i torrenti Sambro e Setta sono classificate come Acque ciprinicole, mentre il torrente Savena viene classificato come Acqua salmonicola, ma solamente nel tratto di monte esterno ai territori dei tre comuni. 64

66 Di seguito si riportano i risultati di qualità ambientale ottenuti dalla campagna di monitoraggio per la vita dei pesci, relativamente alle stazioni d interesse (D. Lgs. 152/99 All. 2B). N. Corpo idrico Stazione Tipo LIM 2005 IBE Setta Molino Cattani C Setta Sasso Marconi C Sambro Rioveggio C 340 9/10 21 Savena A monte del lago S Savena A valle del lago S Torrente SAMBRO tratto BO3 (ciprinicolo) Le analisi rilevate in chiusura, alla stazione di Rioveggio ( ), sono ampiamente conformi ai limiti imperativi e guida di riferimento. - Torrente SETTA tratto BO9 (ciprinicolo) La stazione di Sasso Marconi - Acoser ( ), mantiene la conformità in regime di monitoraggio ridotto. - Torrente SAVENA tratto BO11 (salmonicolo). Le due stazioni a Monte Lago Di Castel Dell alpi ( ) e a Valle Lago Di Castel Dell alpi ( ) confermano una condizione di pregio. 65

67 Fig Qualità ambientale delle acque superficiali destinate alla vita dei pesci Una buona qualità ambientale si ha quindi sia per il torrente Savena, nel tratto che precede l ingresso nei territori dei tre comuni, così come per il torrente Sambro, nel tratto compreso in territorio di Monzuno; una qualità sufficiente è invece quella del torrente Setta, sia nella stazione di monte (17) che in quella di valle (16) (Fig ) SISTEMA FOGNARIO E DI SCOLO Per quanto concerne l'aspetto idraulico, la domanda ambientale alle scelte pianificatorie si traduce in due diverse applicazioni, che fanno sostanzialmente riferimento alla medesima metodologia: - per quanto attiene i bacini urbani, si rende necessaria una verifica, quanto più accurata possibile, del carico idraulico sui bacini allo stato di fatto che permetta la definizione di parametri urbanistici quali superfici ulteriormente impermeabilizzabili, coefficienti di deflusso, etc., direttamente utilizzabili all'interno dei sottobacini per lo sviluppo urbano e territoriale futuri; - la seconda applicazione è rappresentata invece dallo studio idraulico del reticolo idrografico naturale per la determinazione delle portate di piena e quindi dei coefficienti udometrici da utilizzare nella progettazione. Le analisi riguardanti il carico idraulico sui bacini urbani rappresentano uno strumento molto utile per la pianificazione: infatti nell'adeguamento urbanistico di un certo comparto o di un intero bacino, la fognatura è l'opera di urbanizzazione primaria che incide maggiormente, sia dal punto di vista economico che ambientale. Indipendentemente dalla scelta del sistema di drenaggio che si vuole adottare (sistema misto o separato), il problema che si pone al progettista è di valutare se sia possibile, o quanto meno conveniente, avviare alla fognatura e quindi al ricevente, tutte le acque meteoriche cadenti sui suoli o solo una parte di esse. La tendenza seguita in questi ultimi 66

68 decenni, specie in Italia del nord, è stata quella di non porre limitazioni al convogliamento in fognatura di tutte le acque pluviali. Recentemente si è manifestata quindi una spinta progressiva ad una simulazione accurata dei fenomeni quantitativi connessi al drenaggio delle precipitazioni nei sistemi fognari, al fine di disporre di efficaci strumenti decisionali per ricercare, nel caso di reti esistenti, l'attitudine a smaltire precipitazioni di prefissato tempo di ritorno e per controllare il loro comportamento, in occasione di eventi di tempo di ritorno superiore a quello di progetto. La necessità di migliorare il controllo qualitativo e quantitativo degli eventi di piena, impone di riconsiderare criticamente i tradizionali sistemi fognari, inquadrando questi ultimi nel più generale contesto dei cosiddetti sistemi duali. Il drenaggio totale delle acque meteoriche urbane avviene infatti in un sistema minore, costituito dai collettori fognari destinati allo smaltimento delle acque nere e di parte di quelle bianche e di un sistema maggiore, costituito dalle vie d'acqua superficiali che si formano in occasione di precipitazioni più intense di quelle compatibili con la rete fognaria. In tal senso la tecnica progettuale e la ricerca in questa materia, si stanno occupando degli interventi da eseguire per sfruttare appieno il concetto di sistema duale. Alcuni degli accorgimenti in studio riguardano appunto la regimazione delle acque attraverso la realizzazione di vasche volano, l'incremento dei volumi invasabili, la creazione di superfici disperdenti, la taratura delle bocche delle caditoie e l'estensione delle zone verdi Officiosità idraulica del reticolo di scolo A) Rappresentazione dello stato di fatto del territorio e dei processi evolutivi che lo connotano. Per ciò che riguarda la valutazione del carico idraulico sui bacini extraurbani, che costituiscono il reticolo idrografico superficiale, fanno fede le valutazioni effettuate dall Autorità di Bacino del Reno nell ambito dei corsi d acqua principali e comunque trattandosi di territori montani, non si ravvisano problematiche particolari. Per ciò che attiene invece la valutazione del carico idraulico sui bacini urbani, costituiti dalle reti fognarie (mista e non) appartenenti ai tre comuni, si è scelto di suddividere gli ambiti urbani in micro e macro bacini idrografici. Per ciascuno di essi, attraverso un modello afflussi deflussi, utilizzando il metodo percentuale, è stata calcolata la portata di piena ed è stata confrontata con quella ammissibile per le sezioni delle tubazioni in esame. Considerato il particolare assetto delle reti fognarie dei comuni in esame, si è ritenuto di individuare alcuni macrobacini formati dall unione dei singoli microbacini, chiusi in corrispondenza di nodi caratteristici quali scolmatori, confluenze importanti, etc.. In queste sezioni le verifiche hanno riguardato il confronto delle loro portate di piena con quelle ammissibili alle sezioni di chiusura. Le classi di carico idraulico stabilite e di cui si dirà nel seguito, scaturiscono dal rapporto tra la portata che si produce sul bacino in base alla metodologia adottata e la portata realmente smaltibile dalla sezione di condotto a servizio dello stesso bacino. A1. Bacini extraurbani (Reticolo naturale) Il territorio dei comuni oggetto dell indagine si colloca in destra idrografica al Fiume Reno e in sinistra rispetto al Torrente Idice. Per quanto concerne le caratteristiche e l officiosità di questo reticolo si rimanda a quanto detto nel precedente paragrafo dove si riportano valutazioni di tipo funzionale e 67

69 qualitativo. Nell ambito delle informazioni raccolte, dove sono trattate anche valutazioni ed elementi di criticità, è stata posta particolare attenzione alla capacità idraulica di smaltimento delle portate di piena che si producono sul territorio di pertinenza e che influenzano l officiosità di queste aste. La curva di possibilità pluviometrica Ipotizzata la linearità diretta tra portate e piogge che le producono si può stabilire che a precipitazioni decennali corrispondono portate di piena di pari tempo di ritorno, pertanto i valori di portata ricavati dall applicazione del metodo devono essere considerati decennali. Le piogge di verifica sono state desunte dalla curva di possibilità pluviometrica valida per il territorio in esame. Detta curva nella forma h= atn presenta i seguenti parametri medi: TEMPO di RITORNO a n 10 anni La scelta dei coefficienti di afflusso (numero CN e Ca) responsabili delle perdite idrologiche, ovvero della quota parte della precipitazione sul bacino che realmente giunge alla canalizzazione, tiene conto delle caratteristiche morfometriche del territorio, della copertura litologica e della densità di drenaggio (vedi tavole e cartografia allegate). Con queste posizioni si sono ricavati valori di portata che conducono a coefficienti udometrici variabili tra 10 e 15 l/s per ettaro. I valori più bassi sono relativi a porzioni di territorio vaste e a prevalenza agricola mentre quelli più alti sono ascrivibili ai bacini in cui più diffusamente si fanno sentire i tessuti urbani ed i bassi tempi di corrivazione. A2. Bacini urbani (reti fognarie) I bacini urbani sono stati individuati sulla base dell assetto della rete fognaria esistente e riportata sulla cartografia tecnica disponibile. Ai fini della suddivisione delle aree di pertinenza e delle relative sezioni di chiusura è stato analizzato l andamento generale delle direzioni di deflusso delle acque. L analisi non è risultata semplice viste le difficoltà legate alla complessità delle reti, caratterizzate da numerose interconnessioni, ovvero da deflussi alternativi non sempre ben quantificabili in termini di portate e definibili in termini di funzionamento. Ad una prima valutazione, tutte le strutture della reti fognarie dei Comuni in esame denotano un accrescimento che ha seguito gradualmente nel tempo le espansioni urbanistiche e pertanto soffrono di una mancanza di unitarietà, che di solito deriva da una pianificazione generale preventiva, adattata alla realtà esistente e futura di un agglomerato urbano. Spesso si rilevano tubazioni doppie a servizio della stessa strada, con direzioni di deflusso contrapposte, diametri dei condotti palesemente sottodimensionati e, raramente, sviluppi planimetrici contrari alle pendenze morfologiche del terreno. Fatto salvo il comune di Pianoro (dove vi è una piccola percentuale di reti bianche) nei restanti comuni e segnatamente nei capoluoghi, le reti fognarie sono essenzialmente formate da collettori con funzione mista (acque nere e bianche), dotate di scolmatori in corrispondenza delle intersezioni con il reticolo idrografico naturale ed irriguo o a monte degli impianti di depurazione. Sono servite da rete fognaria anche le frazioni più importanti appartenenti ai tre comuni di cui si tratta. 68

70 Complessivamente i Comuni in esame dispongono di reti fognarie il cui sviluppo supera i 54 km lineari con pendenze che generalmente si mantengono in una fascia tra il 2 e il 20%, concordemente con l andamento del territorio tipico collinare - montano. Le parti urbanizzate servite da fognatura sono state suddivise complessivamente in n 511 microbacini al fine di valutarne le condizioni allo stato di fatto e le eventuali potenzialità ad accogliere ulteriori contributi di portata, derivanti da espansioni. La rete fognaria non pone problemi di sorta nei confronti delle portate nere caratterizzate generalmente da entità esigue; complessivamente la nera prodotta per ogni abitante si attesta mediamente intorno l/s/ab, ampiamente smaltibili dalle sezioni disponibili, anche considerando i diametri più piccoli rilevati (Dn 160 mm) in rete. Abitanti 2006 Stima Portata Nera in l/s Pianoro Monzuno Loiano Complessivo Dei 511 microbacini individuati, 239 appartengono al Comune di Pianoro, 27 al centro abitato denominato BACINI URBANI Falgheto, 10 a quello denominato Livergnano BARBAROLO GUARDA (entrambe frazioni di 9 9 LOIANO QUINZANO Pianoro), 80 BRENTO 34 8 appartengono al 15 Comune di Monzuno, 52 RIOVEGGIO; PIANORO al centro abitato VADO 52 denominato Vado, 28 a Rioveggio e 15 a Brento FALGHETO (tutte e 3 frazioni di MONZUNO 27 LIVERGNANO 80 Monzuno), 34 al 10 Comune di Loiano, 9 al centro abitato denominato Barbarolo, 9 a Guarda e 8 a Quinzano (tutte e 3 frazioni di Loiano) Le tipologie geometriche dei collettori esistenti e costituenti le reti fognarie esaminate nell ambito dei territori dei tre Comuni, sono essenzialmente circolari. In particolare il diametro minimo presente è il DN 160 mm in PVC il massimo è il DN 3000 mm in cls. Sono inoltre presenti dei tratti di fognatura in pressione nel territorio comunale di Monzuno, con diametro minimo riscontrato pari a DN 110 mm in PEAD. Per la valutazione dei carichi idraulici dei bacini è stato utilizzato il modello di simulazione SWMM di cui al paragrafo seguente. A3. Simulazioni sul reticolo fognario: nota metodologica Per consentire, seppur in prima battuta, valutazioni quantitative di tipo idraulico che potessero aiutare a comprendere, limitatamente al confine amministrativo rappresentato dagli Agglomerati urbani pertinenti al territorio di competenza, quale fosse l effettiva officiosità idraulica delle reti urbane in esercizio, con specifico riferimento al problema dello smaltimento delle acque meteoriche in relazione ai tempi di corrivazione di progetto - tempi di ritorno decennali - si è ritenuto necessario implementare i diversi sistemi di drenaggio, in un modello di simulazione numerica in moto vario. Dal modello di simulazione 69

71 sono stati estrapolati, per ogni ramo, i valori di parametri significativi, tra i quali la portata massima conseguente all'evento di pioggia critico Qp e il rapporto tra questa e la portata massima potenziale della sezione terminale Qmax. In base al valore di questo rapporto è stato poi possibile attribuire una classe di carico ad ogni bacino. In relazione alle informazioni approssimative fornite dai differenti Gestori che detengono la quasi totalità di informazioni relative alle reti gestite, le simulazioni effettuate rappresentano necessariamente un primo stadio di calibrazione dei sistemi idrici via via rappresentati. L acquisizione di nuove informazioni, relativamente agli elementi idraulici caratteristici che costituiscono l input del sistema di simulazione, consentirà nel tempo, agli uffici preposti, una migliore calibrazione dei sistemi implementati e una migliore aderenza tra gli eventi simulati e quelli effettivamente osservati. A4. Il modello di simulazione adottato Per la modellazione delle reti di drenaggio urbano nei diversi comuni esaminati, si è optato per l utilizzo del codice di calcolo SWMM, sviluppato dall EPA Americana propriamente per simulare i meccanismi di formazione e propagazione delle onde di piena, supponendo condizioni di moto vario, ovvero quanto più similari alle condizioni reali che effettivamente possono verificarsi nei sistemi complessi, caratterizzati sia da sezioni a cielo aperto, sia da sezioni che possono verificare funzionamenti rigurgitati, ovvero in leggera pressione. In definitiva il motore di calcolo utilizzato dallo Storm Water Management Model (SWMM) sviluppato dall EPA statunitense, rappresenta lo stato dell arte della modellazione di reti di deflusso urbano; detto modello, opportunamente interpretato, può fornire informazioni utili anche sui sistemi caratterizzati da alvei di tipo naturale. SWMM è un software complesso in grado di simulare il movimento della precipitazione meteorica e degli inquinanti da essa veicolati dalla superficie del bacino alla rete di canali e condotte che costituiscono il sistema di drenaggio. In linea generale SWMM è stato concepito per modellare in termini qualitativi e quantitativi tutti i processi che si innescano nel ciclo idrologico. È possibile lanciare simulazioni di diverso tipo: a evento singolo o in continuo, andando cioè a simulare per poche ore o per molti giorni eventi critici di pioggia, che vanno a sollecitare il bacino imbrifero, in cui è presente una rete di drenaggio. Il modello può essere quindi utilizzato tanto per la progettazione quanto per la gestione delle reti di fognatura (bianche, nere e miste). La struttura di SWMM è basata su blocchi : Blocchi computazionali: Blocchi di servizio: Runoff Executive Transport Rain Extran Temp Storage/Treatment Graph Statistics Combine Ogni blocco ha una specifica funzione e il risultato che scaturisce dal lancio di un blocco rappresenta la base di partenza per l utilizzo di un blocco successivo. La figura seguente descrive per sommi capi l architettura dell insieme dei moduli di cui è costituito SWMM: 70

72 SWMM Moduli di servizio (Data Management) Moduli idrologici/idraulici (Simulatori di Processo) Rain Module (Modulo Pioggia) Runoff Module (Modulo Deflusso Superficiale) Temperature Module (Modulo Temperatura) Combine Module (Modulo Combinatore) Transport Module (Modulo propagazione in rete Onda cinematica) Extran Module (Propagazione in rete Moto Vario) Storage Module Statistics Module (Modulo Trattamento (Modulo Statistico) Depurazione) Fig Architettura dello SWMM Come si può osservare, sono presenti moduli di servizio per il trattamento dei dati di pioggia, di temperatura, statistici, e moduli idrologici ed idraulici che rappresentano i simulatori di processo. Questi ultimi sono costituiti da un modulo per la modellazione del deflusso superficiale (Runoff), un modulo per la propagazione in rete con la schematizzazione dell onda cinematica (Transport), un modulo dinamico (Extran), basato sulla risoluzione completa delle equazioni di De Saint Venant, che governano il fenomeno idraulico di propagazione all interno della rete e infine un modulo che descrive i processi all interno di un impianto di trattamento reflui (Storage). La rete di drenaggio è idealizzata come una serie di rami o tubazioni collegate tra loro in corrispondenza di nodi. Le proprietà costanti associate ai rami sono il tipo di sezione, la lunghezza, la pendenza e la scabrezza; quelle determinate ad ogni passo di calcolo sono invece la portata, la velocità, l area bagnata del flusso, il raggio idraulico e la larghezza del pelo libero. Le ultime tre sono funzione del livello idrico istantaneo. La variabile indipendente fondamentale nei rami è la portata, Q, e si assume costante in ogni ramo durante un passo di calcolo. Velocità ed area bagnata del flusso, o livello, sono invece grandezze variabili nello stesso ramo. Le proprietà costanti associate ai nodi sono la quota di scorrimento (intesa come generatrice inferiore del condotto), la sommità (intesa come generatrice superiore) e la quota del terreno; quelle determinate ad ogni passo di calcolo e funzione del livello idrico istantaneo nel pozzetto sono il volume, l area della superficie libera e il carico idraulico. La variabile indipendente fondamentale nei nodi è il carico idraulico H, variabile nel tempo, ma costante nel singolo nodo durante un passo di calcolo. Gli afflussi e i deflussi avvengono in corrispondenza dei nodi del sistema di drenaggio. La variazione di volume nel nodo durante un dato passo di calcolo, t, costituisce la base per i calcoli seguenti di portata e carico idraulico. L affidabilità dei dati associati ad una simulazione numerica risulta, di norma, tanto maggiore quanto maggiore è l attendibilità dei dati di input a disposizione del modellista nell ambito dell implemantazione numerica della rete. 71

73 La mancanza dei dati associati ai diversi sistemi di deflusso urbano rende talvolta necessario effettuare stime e interpretazioni al contorno che possono in qualche modo essere approssimative nella restituzione dei dati finali. Nell Allegato QC.6/A2 si riportano le planimetrie delle reti fognarie di appartenenza dei 3 comuni indagati. B) Verifiche idrauliche È utile ricordare che tutte le verifiche idrauliche, eseguite con la metodologia e il modello descritto in precedenza, hanno permesso di individuare classi di carico ritenute idonee per meglio rappresentare la situazione locale. In particolare, per tratti uniformi di canalizzazione, sono state determinate la portata massima potenziale della sezione terminale Qmax e la portata massima conseguente all'evento di pioggia critico Qp; il confronto tra Qmax e Qp permette l'attribuzione del bacino ad una delle seguenti classi: CLASSE INTERVALLO GIUDIZIO I Q p < =0,4 Q MAX Deflusso ottimo II 0,4 Q MAX < Q p <= 0,6 Q MAX Deflusso buono III 0.6 Q MAX < Q p <= 0,8Q MAX Deflusso accettabile IV 0.8Q MAX < Q p <= 1,0 Q MAX Deflusso critico V Q p > 1,0 Q MAX Deflusso ipercritico CLASSE I (Deflusso ottimo) Qp 0,4 Qmax Definisce un bacino e relativo tronco di chiusura caratterizzato dalla possibilità di ricevere apporti idrici considerevoli. CLASSE II (Deflusso buono) 0,4 Qmax < Qp < 0,6 Qmax Definisce un bacino e relativo tronco di chiusura caratterizzato da una buona possibilità di ricevere apporti idrici. CLASSE III (Deflusso accettabile) 0,6 Qmax < Qp < 0.8 Qmax Definisce un bacino e relativo tronco di chiusura non ancora in condizioni critiche; può ricevere ulteriori apporti che dovranno essere valutati attentamente. CLASSE IV (Deflusso critico) 0.8 Qmax Qp < 1.0 Qmax Definisce un bacino e relativo tronco di chiusura già in condizioni critiche, per il quale non sono ammessi ulteriori apporti; gli eventuali interventi di sistemazione vanno valutati in base alle necessità degli insediamenti ed all'entità dei danni che tale situazione potrebbe determinare. CLASSE V (Deflusso ipercritico) Qp 1,0 Qmax Definisce un bacino e relativo tronco di chiusura in cui si evidenzia la necessità inderogabile di interventi di riequilibrio idraulico. 72

74 B1. Carico idraulico sui bacini urbani Di seguito si riportano sinteticamente i risultati delle verifiche di officiosità dei collettori a servizio dei bacini urbani individuati, con la relativa attribuzione alle classi di carico idraulico precedentemente definite. Dette verifiche vengono rappresentate riportando gli idrogrammi calcolati dal modello in relazione alle sezioni delle reti rappresentate ritenute maggiormente significative: Sezioni in prospicienza alla chiusura dei bacini; Sezioni in corrispondenza degli scolmatori di piena Ecc.. Gli idrogrammi seguitamente riportati risultano rappresentativi dell andamento della portata in funzione del tempo in cui avviene il completamento della fenomenologia associata alla creazione e esaurimento dell onda di piena. Negli idrogrammi le portate sull asse delle ordinate sono in MC/s mentre la scala dei tempi sull asse delle ascisse viene riportata in ore. Per una comprensione più approfondita della metodologia utilizzata e dei risultati ottenuti in merito si veda l allegato 1 Esiti delle simulazioni idrauliche sul sistema fognario. Per una visione globale dei bacini dei tre comuni e della loro criticità si rimanda alla cartografia riportata in allegato 2 Criticità idraulica dei bacini urbani. 1) Pianoro: Criticità dei bacini Nel Comune di Pianoro risultano sono stati individuati tre agglomerati principali denominati: 1. Capoluogo; 2. Falgheto; 3. Livergnano La situazione idraulica rilevata in funzione degli elementi conoscitivi effettivamente acquisiti, evidenzia alcuni bacini in condizioni ipercritiche; vi sono tuttavia anche molti bacini in condizioni ottime, localizzati soprattutto alle estremità nord e sud dell abitato di Pianoro. La situazione più critica è indubbiamente quella di Falgheto; in questo caso infatti quasi tutti i bacini si trovano in condizioni ipercritiche, il che è da attribuire, con buona probabilità, ai diametri delle condotte, che se da un lato risultano idonei in tempo asciutto per garantire il trasporto delle acque luride di origine antropica, dall altro risultano eccessivamente piccoli per garantire un buon servizio di fognatura. Per quanto riguarda la località di Livergnano, la situazione si presenta tutto sommato buona, con la presenza di un solo bacino in condizioni ipercritiche, e tre bacini in condizioni critiche, mentre i restanti si trovano tutti in condizioni buone o addirittura ottime. Pianoro capoluogo: officiosità idraulica delle reti analizzate Il drenaggio urbano del capoluogo di Pianoro risulta essere organizzato su una rete principale disposta longitudinalmente lungo la valle con direzione prevalente Sud-Nord: La rete presenta punti di recapito al sistema idrografico principale con trattamento delle acque reflue luride di magra attraverso fosse Imhoff; gli scolmatori di piena sono posizionati immediatamente a monte delle fosse imhoff e comunque disposti lungo l intero percorso. Sono comunque visibili tre sistemi di drenaggio di cui, quello central,e è il più esteso e consistente; i due sistemi di drenaggio minori, in esercizio nella parte Nord e Sud del Comune, al servizio di agglomerati di più modesta estensione, confluiscono anch essi le proprie acque reflue in due fosse Imhoff poste in corrispondenza delle sezioni di sbocco al reticolo idrografico superficiale. 73

75 Le reti al servizio del capoluogo verificano quote sommitali pari 250 m s.l.m., che nelle sezioni terminali raggiungono quote di 95 m s.l.m., con pendenze medie dell ordine del 5%. Le portate caratteristiche in uscita dal Capoluogo di Pianoro vengono illustrate nel seguente idrogramma, calcolate dal modello in corrispondenza delle sezioni poste immediatamente a monte dei dispositivi imhoff. Con riferimento all idrogramma illustrato si evidenzia che: le portate in uscita dalla rete posta in esercizio nella zona Sud, indicate in colore rosso, non arrivano a 0.3 mc/s; le portate in uscita dalla rete di drenaggio in esercizio nella zona Nord, indicate in colore magenta, sono dell ordine di 0.07 mc/s; le portate in uscita dalla rete posta in esercizio nella zona Centrale, individuate in colore verde, arrivano a 0.9 mc/s. Nelle sezioni terminali delle reti, nelle zone sopraccitate, sussistono rispettivamente collettori di diamentro 400 mm, 250 mm e 800 mm. Con riferimento al seguente idrogramma, è possibile intuire come le piogge supposte pari ad un tempo di ritorno circa decennale, esauriscano quasi completamente la capacità di trasporto dei collettori. 74

76 Il grado di riempimento h/d è spesso dell ordine di 0.8 1, dove h è l altezza di moto uniforme in cui si trova la condotta in concomitanza del transito della portata massima e d è il diametro della condotta medesima, evidenziando come la possibilità di incremento del carico idraulico specifico sul bacino di monte dell agglomerato urbano di Pianoro, sia possibile solo alla luce di risezionamenti dei collettori fognari, ovvero mediante realizzazione di urbanizzazioni che gravino in invarianza idraulica sul sistema di drenaggio esistente. La criticità evidenziata per le sezioni terminali della rete, tende a verificarsi anche in alcune tratte apicali, dove il grado di riempimento h/d risulta essere oltre all unità, a testimonianza del fatto che alcune tratte fognarie verificano comportamenti completamente rigurgitati sin dall incipit del deflusso verso il recettore. Falgheto: officiosità idraulica delle reti analizzate La rete di drenaggio urbano della località Falgheto risulta essere caratterizzata da un unica dorsale principale, che si sviluppa da quota 120 m s.l.m. fino a quota 90 m s.l.m. lungo lo sviluppo del torrente Zena. La rete risulta esser caratterizzata da diametri costanti di 250 mm opportunamente scolmati attraverso appositi sistemi, posti in esercizio in corrispondenza dei principali innesti nella tratta apicale. La rete principale verifica uno sviluppo di circa 4500 metri per un dislivello di circa 30 metri ed una pendenza di esercizio media dell ordine di 0.7 % In virtù della pendenza medio-alta che caratterizza il bacino urbano in analisi, il tempo di corrivazione specifico Tc della rete di drenaggio urbano della località Falgheto risulta essere di minuti così come illustrato nel seguente idrogramma, calcolato dal modello di simulazione, relativamente ad una sezione posta in prossimità della chiusura del bacino analizzato. In effetti il tempo di corrivazione è ricavabile, nel seguente idrogramma, sull asse delle ascisse in corrispondenza del punto in cui si verifica la portata massima, a valle del quale la curva rappresentativa delle portate in carico alla rete, cambia improvvisamente pendenza disponendosi parallelamente all asse dei tempi. Dall analisi dell idrogramma sopra riportato risulta, inoltre, come la tubazione in coda alla rete, in prossimità del punto di immissione nel dispositivo di depurazione, verifichi un tipico funzionamento a bocca tarata con una portata massima prossima a 50 l/s : tale condotta 75

77 risulta in condizioni di esercizio tali da non consentire ulteriori incrementi delle portate esercizio in pressione. La portata massima in carico alla rete viene registrata, dal modello di simulazione adottato, in una tratta posta più a monte rispetto alla sezione di chiusura del bacino, in corrispondenza di una sezione ubicata immediatamente a monte dell ultimo scolmatore, posto in linea sulla rete urbana analizzata. Come si evince dal seguente idrogramma lo scolmatore in linea sulla rete nella sezione appena specificata, consente il transito verso valle della sola portata evidenziata dalla curva in colore verde, a fronte del picco di portata evidenziato dall idrogramma in colore rosso. Eventuali incrementi del carico idraulico sulla rete di Falgheto, dovuti a ulteriori future impermeabilizzazioni, non potranno essere recapitati nelle sezioni terminali della rete in corrispondenza del sistema di trattamento dei reflui, salvo che vengano operate risezionamenti della rete stessa, ovvero che le nuove costruzioni gravino in invarianza idraulica sulla rete esistente. Livergnano: officiosità idraulica delle reti analizzate La rete di drenaggio urbano della località Livergnano risulta essere caratterizzata da due dorsali principali che confluiscono in unico condotto fino al nodo di sbocco nel sistema idrografico ricevente. La rete di drenaggio si sviluppa da quota 550 m s.l.m. fino a quota 450 m s.l.m. lungo quota a cui il sistema di drenaggio recapita le proprie acque reflue nell ambiente. La rete risulta esser caratterizzata da diametri, che nelle tratte apicali, misurano spechi di 200 mm di diametro e via via scalano fino a diametri dell ordine di 400 mm in esercizio nelle tratte terminali. Allo stato attuale di conoscenza delle reti non sembrano essere in funzione manufatti idraulici speciali quali scolmatori, se non in prossimità delle sezioni terminali della rete di drenaggio. La rete principale verifica uno sviluppo di circa 800 metri che risultano essere dislocati su un bacino che, verificando un dislivello di circa 100 metri tra zona apicale e sezione di chiusura, dispone di una pendenza di esercizio media dell ordine di 12%. Con ogni probabilità la pendenza d esercizio delle condotte è stata ridotta mediante opportuni salti di fondo realizzati sulle generatrici inferiori delle condotte, in modo da impedire eccessive abrasioni del tubi posati, dovute a velocità di scorrimento elevatissime. 76

78 A seguito dell elevatissima pendenza del sistema di drenaggio analizzato, che caratterizza altresì il bacino urbano in cui la rete si trova ad operare, il tempo di corrivazione specifico Tc della rete di drenaggio urbano della località esaminata, inteso come tempo di accesso alla rete più il tempo di percorrenza della goccia caduta nel punto più distante dalla sezione di chiusura del bacino, risulta essere di minuti così come illustrato nel seguente idrogramma calcolato dal modello di simulazione relativamente ad una sezione posta proprio in prossimità della chiusura del bacino analizzato. In effetti il tempo di corrivazione è ricavabile nel seguente idrogramma sull asse delle ascisse, in corrispondenza del punto in cui la curva rappresentativa delle portate in carico alla rete, cambia improvvisamente pendenza disponendosi parallelamente all asse dei tempi. La portata massima calcolata dal modello in corrispondenza di una precipitazione di tempo di ritorno decennale risulta essere di oltre 220 l/s. Dall analisi dell idrogramma sotto riportato risulta come la tubazione in coda alla rete, in prossimità del punto di immissione nel dispositivo di depurazione, verifichi un grado di riempimento h/d dell ordine di 0.4 dove h è l altezza di moto uniforme in cui si trova la condotta in concomitanza del transito della portata massima e d è il diametro della condotta - evidenziando la possibilità di incremento del carico idraulico specifico sul bacino di monte. 77

79 Eventuali incrementi del carico idraulico sulla rete di Livergnano dovuti a ulteriori future impermeabilizzazioni, potranno essere recapitate nelle sezioni terminali della rete di drenaggio senza incorrere in particolari problematiche di sovraccarico idraulico. 2) Monzuno: criticità dei bacini Nel Comune di Monzuno risultano presenti quattro agglomerati principali denominati: 1. Capoluogo; 2. Rioveggio; 3. Vado; 4. Brento La situazione idraulica rilevata a Monzuno verifica alcune problematicità, in quanto in tutti e quattro i centri abitati analizzati, sussisterebbero un buon numero di bacini in condizioni ipercritiche, con particolare riferimento alle località Brento e Monzuno Capoluogo. Osservazione: occorre ricordare come, nell ambito del reperimento dei dati implementati nelle simulazioni idrauliche che concorrono a definire il quadro conoscitivo del PSC dei tre Comuni in esame, non si sia potuto sempre disporre di dati completi ed organici relativi alla reale consistenza del patrimonio cespite del servizio fognario; in tal senso le necessarie interpretazioni operate potrebbero avere effettivamente influito su taluni risultati ivi ottenuti, che in ogni caso si ritiene essere fortemente indicativi. Monzuno capoluogo: officiosità idraulica delle reti analizzate Il drenaggio urbano del capologo di Monzuno risulta essere organizato su due reti principali ed autonome: la prima in esercizio nella zona sud-est, la seconda nella zona nord-ovest. Entrambe le reti presentano punti di recapito al sistema idrografico principale con trattamento delle acque reflue luride di magra attraverso fosse imhoff; gli scolmatori di piena sono posizionati immediatamente a monte delle fosse imhoff. Altri due sistemi di drenaggio minori al servizio di un agglomerato di modesta estensione risultano in esercizio nella parte nord-est del Comune; anch essi confluiscono le proprie acque reflue in due fosse imhoff poste in corrispondenza delle sezioni di sbocco al reticolo idrografico superficiale. Le reti al servizio del capoluogo verificano quote sommitali pari 670 m s.l.m. che nelle sezioni terminali raggiungono quote di 530 m.slm con pendenze medie dell ordine del 15%. Le portate caratteristiche in uscita dal Capoluogo di Monzuno vengono illustrate nel seguente idrogramma, calcolate dal modello in corrispondenza delle sezioni poste immediatamente a monte dei dispositivi imhoff. 78

80 Con riferimento agli idrogrammi illustrati: le portate in uscita dalla rete posta in esercizio nella zona sud-est, non arrivano a 0.8 mc/s; le portate in uscita dalla rete di drenaggio in esercizio nella zona nord-ovest. sono dell ordine di 1.3 mc/s Nelle sezioni terminali delle reti delle due zone sopraccitate sussistono rispettivamente collettori di diamentro 500 mm e 600 mm. Con riferimento al seguente idrogramma è possibile intuire come le piogge supposte pari ad un tempo di ritorno decennale esauriscano quasi completamente la capacità di deflusso dei collettori: Il grado di riempimento h/d dell ordine di 0.8 dove h è l altezza di moto uniforme in cui si trova la condotta in concomitanza del transito della portata massima e d è il diametro della condotta medesima - evidenziando come la possibilità di incremento del carico idraulico specifico sul bacino di monte dell agglomerato urbano di Monzuno, sia possibile solo alla luce di risezionamenti dei collettori fognari ovvero mediante realizzazione di urbanizzazioni che gravino in invarianza idraulica sul sistema di drenaggio esistente. 79

81 La criticità evidenziata per le sezioni terminali della rete tende a verificarsi anche in alcune tratte apicali dove il grado di riempimento h/d risulta essere oltre all unità a testimonianza del fatto che alcune tratte fognarie verificano comportamenti completamente rigurgitati sin dall incipit del deflusso verso il recettore; tale comportamento risulta evidente nel seguente idrogramma calcolato dal modello relativamente ai rami e 18: Vado: officiosità idraulica delle reti analizzate La rete di drenaggio urbano dell agglomerato di Vado risulta essere caratterizzata da una dorsale principale che si sviluppa in fregio all area golenale del fiume Setta confluendo le acque reflue luride in un area a tergo della ferrovia cittadina e scolmando le acque diluite eccedenti a quelle collettabili dalla rete di drenaggio e quelle in uscita dal sistema depurativo nel torrente Setta. La rete di drenaggio si sviluppa da quota 180 m s.l.m. fino a quota 140 m s.l.m., quota a cui il sistema di drenaggio recapita le proprie acque reflue nel Setta La rete risulta esser caratterizzata da diametri che nelle tratte apicali misurano spechi di 250 mm di diametro e via via aumentano fino a diametri dell ordine di 400 mm in esercizio nelle tratte terminali. Lo sviluppo urbanistico di Vado risulta essere caratterizzato da una zona Nord e una zona Sud rispetto all ansa che il Setta compie voltando verso sud-ovest, immediatamente a valle dell ingresso nella zona urbanizzata. Le due aree cittadine sono interconnesse, da un punto di vista della viabilità, attraverso un ponte. La fognatura urbana supera il Setta nella medesima zona del suddetto ponte per mezzo di un sollevamento che insiste su una premente che interconnette idraulicamente le due zone nord e sud, che in definitiva usufruiscono del medesimo impianto di depurazione delle acque reflue. Uno scolmatore di piena risulta essere in esercizio a presidio del funzionamento del sollevamento appena descritto. La dorsale di drenaggio principale a valle del ponte verifica uno sviluppo di circa 1000 metri, che risultano essere dislocati su un bacino che misura un dislivello di circa 100 metri tra zona apicale e sezione di chiusura, con pendenze di esercizio medie dell ordine di circa del 10% Il tempo di corrivazione specifico Tc della rete di drenaggio urbano di Vado risulta essere di circa 25 minuti così come illustrato nel seguente idrogramma calcolato dal modello di 80

82 simulazione relativamente ad una sezione posta in prossimità della chiusura del bacino analizzato. Il tempo di corrivazione è ricavabile nel seguente idrogramma sull asse delle ascisse in corrispondenza del punto in cui la curva rappresentativa delle portate in carico alla rete cambia improvvisamente pendenza per disporsi parallelamente all asse dei tempi. La portata massima calcolata dal modello in funzione di una precipitazione di tempo di ritorno decennale risulta essere di oltre 650 l/s. Dall analisi dell idrogramma sotto riportato risulta come le tubazioni in coda alla rete, in prossimità della chiusura del bacino, verifichino un esercizio caratterizzato da un grado di riempimento h/d dell ordine di 0.8-1, evidenziando come la possibilità di incremento del carico idraulico specifico sul bacino di monte dell agglomerato urbano di Vado sia possibile solo alla luce di risezionamenti dei collettori fognari ovvero mediante realizzazione di urbanizzazioni che gravino in invarianza idraulica sul sistema di drenaggio esistente. Rioveggio: officiosità idraulica delle reti analizzate La rete di drenaggio urbano dell agglomerato di Rioveggio risulta essere interconnassa alla rete dell agglomerato, posto in località Montorio, attraveso un lugo collettore adibito al collettamento delle acque luride al sistema di trattamento posto in fregio al fiume Setta. La rete dell agglomerato principale risulta caratterizzata: 81

83 da una dorsale principale che si sviluppa in fregio all area golenare del fiume Setta; da due sollevamenti posti immediatamente a monte dei due ponti di superamento dell ansa che il Setta compie nell ambito dell attraversamento dell agglomerato cittadino. Con esclusione della rete in arrivo dall agglomerato di Montorio che, partendo da una quota di 450 m s.l.m. arriva in poco più di 800 m ad una quota di 280 m s.l.m., la rete di drenaggio principale di Rioveggio si sviluppa da quota 280 m s.l.m. nella zona apicale, fino a quota 200 m s.l.m. in prossimità dell impianto di trattamento, quota a cui il sistema di drenaggio analizzato recapita le proprie acque reflue nel Setta. Detta dorsale di drenaggio principale a valle dell innesto con l abitato di Montorio verifica uno sviluppo di circa 1500 metri, che risultano essere dislocati su un bacino che misura, in definitiva, un dislivello di circa 60 metri tra zona apicale e sezione di chiusura, con pendenze di esercizio medie dell ordine di circa 4.0%. La rete risulta esser caratterizzata da diametri dell ordine di mm che tendono a mantenersi costanti lungo tutto lo sviluppo, grazie alla presenza proprio dei due sollevamenti principali, che risultando presidiati da scolmatori di piena, consentono una equalizzazione delle portate sollevate ed inviate a depurazione. In definitiva la fognatura urbana supera il Setta in corrispondenza dei suddetti ponti per mezzo di sollevamenti, che insistendo sulle rispettive prementi, interconnettono idraulicamente gli abitati di Rioveggio e Montorio, che usufruiscono del medesimo impianto di depurazione delle acque reflue. Il tempo di corrivazione specifico Tc della rete di drenaggio urbano di Rioveggio risulta essere di circa 25 minuti, così come illustrato nel seguente idrogramma calcolato dal modello di simulazione relativamente ad una sezione posta in prossimità della chiusura del bacino analizzato. Il tempo di corrivazione è ricavabile nel seguente idrogramma sull asse delle ascisse in corrispondenza del punto in cui la curva rappresentativa delle portate in carico alla rete cambia improvvisamente pendenza disponendosi parallelamente all asse dei tempi. In funzione delle informazioni disponibili nell ambito della redazione del presente quadro conoscitivo al PSC la portata massima in arrivo nelle sezioni prossime all impianto di trattamento risulterebbe essere dell ordine di circa 250 l/s, così come calcolato dal modello, in funzione di una precipitazione di tempo di ritorno decennale. 82

84 Osservazione: la mancanza di dati specifici sui sollevamenti non consente di effettuare ulteriori valutazioni in merito alla sostenibilità di ulteriori incrementi del carico idraulico specifico sulla rete di Rioveggio. Brento: officiosità idraulica delle reti analizzate La rete di drenaggio urbano della località Brento risulta essere caratterizzata da una unica dorsale principale che si sviluppa da quota 450 m s.l.m. fino a quota 250 m s.l.m. La rete risulta esser caratterizzata da diametri che nelle tratte apicali misurano spechi di 200 mm che scalano fino a 250 mm nelle tratte prossime al sistema depurativo. La rete principale verifica uno sviluppo di oltre 2000 metri per un dislivello di circa 200 metri ed una pendenza di esercizio media dell ordine di 10 % In virtù dell elevatissima pendenza che caratterizza il bacino urbano in analisi, il tempo di corrivazione specifico Tc della rete di drenaggio urbano della località Falgheto, inteso come tempo di accesso alla rete più tempo di percorrenza delle condotte rappresentate in simulazione, risulta essere di minuti, così come illustrato nel seguente idrogramma calcolato dal modello di simulazione relativamente ad una sezione posta in prossimità della chiusura di bacino. In effetti il tempo di corrivazione è ricavabile nel seguente idrogramma sull asse delle ascisse in corrispondenza del punto in cui si verifica la portata massima, ovvero a valle del quale la curva rappresentativa delle portate in carico alla rete cambia improvvisamente pendenza disponendosi parallelamente all asse dei tempi. La portata massima risulta essere di quasi 100 l/s calcolata dal modello in funzione di una precipitazione di tempo di ritorno decennale. Dall analisi dell idrogramma sotto riportato risulta come la tubazione in coda alla rete, in prossimità della chiusura del bacino, verifichi un esercizio caratterizzato da un grado di riempimento h/d dell ordine di 0.9-1, dove h è l altezza di moto uniforme in cui si trova la condotta in concomitanza del transito della portata massima e d è il diametro della condotta-. 83

85 Eventuali incrementi del carico idraulico sulla rete di Brento, dovuti a ulteriori future impermeabilizzazioni, non potranno essere recapitate nelle sezioni terminali della rete in corrispondenza del sistema di trattamento dei reflui, salvo che vengano operate risezionamenti della rete, ovvero che le nuove costruzioni gravino in invarianza idraulica sulla rete esistente. 3) Loiano: criticità dei bacini Nel Comune di Loiano risultano presenti quattro agglomerati principali denominati: 1. Capoluogo; 2. Barbarolo; 3. Guarda; 4. Quinzano La situazione idraulica rilevata a Loiano risulta essere, in qualche caso, problematica soprattutto nel Capoluogo e nel centro abitati di Quinzano, dove, in base ai dati a disposizione, si è potuto verificare la sussistenza di cinque bacini su otto in condizioni ipercritiche e di un bacino in condizioni critiche. Anche a Loiano Capoluogo vi è un buon numero di bacini in condizioni ipercritiche o critiche. La situazione risulta invece migliore nelle frazioni di Guarda (un bacino su dieci in condizioni ipercritiche ed uno in condizioni critiche) e Barbarolo (tre bacini su nove in condizioni ipercritiche e due in condizioni critiche). Anche in questo caso i risultati ottenuti potrebbero esse in parte condizionati dalla mancanza di dati sistemici sul patrimonio cespite di competenza dei diversi agglomerati urbani analizzati- Loiano capoluogo: officiosità idraulica delle reti analizzate Il drenaggio urbano del capoluogo di Loiano risulta essere organizzato su due reti principali ed autonome: la prima in esercizio nella zona est, la seconda nella zona ovest. Entrambe le reti presentano punti di recapito al sistema idrografico principale; la rete ad ovest recapita nel Rio della Casetta, mentre la rete ad est recapita nel Torrente Zena. Le reti al servizio del capoluogo verificano quote sommitali pari 730 m s.l.m. che nelle sezioni terminali raggiungono quote di 592 m s.l.m. ad ovest, e 605 m s.l.m. ad est con pendenze medie dell ordine del 16%. 84

86 Le portate caratteristiche in uscita dal Capoluogo di Loiano vengono illustrate nel seguente idrogramma, calcolato dal modello in corrispondenza delle sezioni poste immediatamente a monte dei due recapiti (Rio della Casetta e Torrente Zena). Con riferimento agli idrogrammi illustrati, le portate in uscita da entrambe le zone arrivano a circa 1.1 mc/s. Nelle sezioni terminali delle reti di entrambe le zone sopraccitate sussistono collettori di diametro 500 mm. Con riferimento al seguente idrogramma è possibile intuire come le piogge. supposte pari ad un tempo di ritorno decennale. esauriscano completamente la capacità di trasporto dei collettori Il grado di riempimento h/d, dell ordine di 1 per la rete ad est, e 0.75 per la rete ad ovest, evidenzia come la possibilità di incremento del carico idraulico specifico sul bacino di monte dell agglomerato urbano di Loiano, sia possibile solo alla luce di risezionamenti dei collettori fognari ovvero mediante realizzazione di urbanizzazioni che gravino in invarianza idraulica sul sistema di drenaggio esistente. La criticità evidenziata per le sezioni terminali della rete tende a verificarsi anche in alcune tratte apicali dove il grado di riempimento h/d risulta essere pari all unità a testimonianza del fatto che alcune tratte fognarie verificano comportamenti 85

87 completamente rigurgitati sin dall incipit del deflusso verso il recettore; tale comportamento risulta evidente nel seguente idrogramma calcolato dal modello relativamente ai rami e 43: Barbarolo: officiosità idraulica delle reti analizzate La rete di drenaggio urbano della località Barbarolo risulta essere caratterizzata da una dorsale principale, che nella sezione terminale sbocca nel sistema idrografico superficiale ricevente La rete di drenaggio si sviluppa da quota 500 m s.l.m. fino a quota 350 m s.l.m. lungo quota a cui il sistema di drenaggio recapita le proprie acque reflue nell ambiente. La rete risulta esser caratterizzata da diametri che nelle tratte apicali misurano spechi di 250 mm di diametro e via via si incrementano fino a diametri dell ordine di 500 mm in esercizio nelle tratte terminali. Allo stato attuale di conoscenza delle reti non sembrano essere in funzione manufatti idraulici speciali quali scolmatori, se non in prossimità delle sezioni terminali della rete di drenaggio. La rete principale verifica uno sviluppo di circa 1500 metri che risultano essere dislocati su un bacino che, verificando un dislivello di circa 150 metri tra zona apicale e sezione di chiusura, risulta possedere una pendenza di esercizio media dell ordine di 10%. Come in altre casistiche precedentemente analizzate la pendenza d esercizio delle condotte è stata quasi sicuramente ridotta mediante opportuni salti di fondo realizzati sulle generatrici inferiori delle condotte in modo da impedire eccessive abrasioni del tubi posati dovuti a velocità di scorrimento elevatissime. A seguito dell elevatissima pendenza del sistema di drenaggio analizzato, che caratterizza altresì il bacino urbano in cui la rete si trova ad operare, il tempo di corrivazione specifico Tc della rete di drenaggio urbano della località in corso di analisi risulta essere di minuti così come illustrato nel seguente idrogramma calcolato dal modello di simulazione relativamente ad una sezione posta in prossimità della chiusura del bacino analizzato. In effetti il tempo di corrivazione è ricavabile nel seguente idrogramma sull asse delle ascisse in corrispondenza del punto in cui la curva rappresentativa delle portate in carico alla rete cambia improvvisamente pendenza disponendosi parallelamente all asse dei tempi. 86

88 La portata massima risulta essere di oltre 550 l/s calcolata dal modello in funzione di una precipitazione di tempo di ritorno decennale. Dall analisi dell idrogramma sotto riportato si evince come la tubazione in coda alla rete, in prossimità del punto di immissione nel dispositivo di depurazione, verifichi un grado di riempimento h/d dell ordine di 0.9 dove h è l altezza di moto uniforme in cui si trova la condotta in concomitanza del transito della portata massima e d è il diametro della condotta- evidenziando una sostanziale impossibilità di incremento del carico idraulico specifico del bacino di monte. Eventuali incrementi del carico idraulico sulla rete di Barbarolo, dovuti a ulteriori e future impermeabilizzazioni, saranno possibili solo qualora recapitino le portate generate dalle nuove impermeabilizzazioni in invarianza idraulica al sistema di drenaggio attualmente in esercizio. Guarda: officiosità idraulica delle reti analizzate La rete di drenaggio urbano della località Guarda risulta essere caratterizzata da due dorsali principali che confluiscono in unico condotto fino al nodo di sbocco nel sistema idrografico ricevente. La rete di drenaggio si sviluppa da quota 600 m s.l.m. fino a quota 450 m s.l.m., quota a cui il sistema di drenaggio recapita le proprie acque reflue al sistema idrografico superficiale. 87

89 La rete risulta esser caratterizzata da diametri che nelle tratte apicali misurano spechi di 200 mm di diametro e a valle delle principali confluenze scalano fino a diametri dell ordine di 315 mm in esercizio nelle tratte terminali. Allo stato attuale di conoscenza delle reti risulta essere in esercizio un unico scolmatore sulla linea principale, poco a monte della confluenza nel collettore unico che adduce all impianto di depurazione. La rete principale verifica uno sviluppo di circa 900 metri che risultano essere dislocati su un bacino che, verificando un dislivello di circa 150 metri tra zona apicale e sezione di chiusura, risulta possedere una pendenza di esercizio media dell ordine del 15%. Il tempo di corrivazione specifico Tc della rete di drenaggio urbano dell agglomerato di Guarda risulta essere di minuti così come illustrato nel seguente idrogramma calcolato dal modello di simulazione relativamente ad una sezione posta in prossimità della chiusura del bacino analizzato. In effetti il tempo di corrivazione, inteso come somma del tempo di accesso alla rete più il tempo di transito di tutto il sistema di drenaggio, è ricavabile nel seguente idrogramma sull asse delle ascisse in corrispondenza del punto in cui la curva rappresentativa delle portate in carico alla rete cambia improvvisamente pendenza disponendosi parallelamente all asse dei tempi. La portata massima risulta essere di poco inferiore a 300 l/s, valore calcolato dal modello in corrispondenza di una precipitazione di tempo di ritorno decennale. Dall analisi dell idrogramma sotto riportato risulta come la tubazione in coda alla rete, posta in prossimità del punto di immissione nel dispositivo di depurazione, verifichi un grado di riempimento h/d dell ordine di

90 Eventuali incrementi del carico idraulico sulla rete di drenaggio di Guarda, dovuti a ulteriori future impermeabilizzazioni, dovranno sottostare al principio dell incremento controllato del coefficiente udometrico. Quinzano: officiosità idraulica delle reti analizzate Anche la rete di drenaggio urbano della località Quinzano risulta essere caratterizzata da due dorsali principali che confluiscono in unico condotto fino al nodo di sbocco nel sistema idrografico ricevente. La rete di drenaggio si sviluppa da quota 530 m s.l.m. località La Fonte - fino a quota 480 m s.l.m., quota a cui il sistema di drenaggio recapita le proprie acque reflue nell ambiente. La rete di drenaggio analizzata verifica, dunque, uno sviluppo di circa 1100 metri, che risultano essere dislocati su un bacino che, presentando un dislivello di circa 50 metri tra zona apicale e sezione di chiusura, possiede una pendenza di esercizio media dell ordine del 5%. La rete risulta esser caratterizzata da diametri che nelle tratte apicali misurano spechi di 250 mm di diametro e via via aumentano fino a diametri dell ordine di 400 mm in esercizio nelle tratte terminali. Nessuno scolmatore risulta essere in esercizio sulla linea principale ad esclusione di quello posto in corrispondenza della sezione terminale. Il tempo di corrivazione specifico Tc della rete di drenaggio urbano della località risulta essere di minuti così come illustrato nel seguente idrogramma calcolato dal modello di simulazione relativamente ad una sezione posta in prossimità della chiusura del bacino analizzato. Come più volte specificato in precedenza il tempo di corrivazione è ricavabile nel seguente idrogramma sull asse delle ascisse in corrispondenza del punto in cui la curva rappresentativa delle portate in carico alla rete cambia improvvisamente pendenza disponendosi parallelamente all asse dei tempi. 89

91 La portata massima risulta essere dell ordine dei 300 l/s, valore calcolato dal modello in corrispondenza di una precipitazione di tempo di ritorno decennale. Dall analisi dell idrogramma sotto riportato risulta come la tubazione in coda alla rete, in prossimità del punto di immissione nel dispositivo di depurazione, verifichi un grado di riempimento h/d dell ordine di 0.9-1, dove h è l altezza di moto uniforme in cui si trova la condotta in concomitanza del transito della portata massima e d è il diametro della condotta- evidenziando la possibilità di incremento del carico idraulico specifico sul bacino di monte. Eventuali incrementi del carico idraulico sulla rete di Quinzano, dovuti a ulteriori future impermeabilizzazioni, dovranno essere recapitate in invarianza idraulica il sistema di drenaggio attualmente in esercizio Il sistema della depurazione Il sistema della depurazione delle acque è presente in forma capillare sui tre Comuni interessati. Il numero dei depuratori è elevato in ragione della morfologia territoriale e per la dispersione delle zone urbanizzate. 90

92 In tal senso è giustificata anche la presenza di un certo numero di Fosse Imhoff sostanzialmente a servizio di nuclei sparsi lontani dagli agglomerati veri e propri. L unico comune che non presenta sistemi Imhoff è Loiano. Di seguito viene presentata la situazione impiantistica ripartita per comune e tipologia di trattamento. Comune di Loiano RICETTORE STATO COMUNE NOME VIA LEGENDA LOIANO CAPOLUOGO 2 ZENA IN SERVIZIO LOIANO VIA CA` DI BALLONI DEPURATORE- BARBAROLO IN SERVIZIO LOIANO VIA VALLE (DELLA) DEPURATORE- QUINZANO IN SERVIZIO LOIANO VIA ZENA DEPURATORE- LOIANO CAPOLUOGO 1 IN SERVIZIO LOIANO VIA SAVENA DEPURATORE- GUARDA IN SERVIZIO LOIANO VIA SABBIONI DEPURATORE- Comune di Monzuno RICETTORE STATO COMUNE NOME VIA LEGENDA VADO IN SERVIZIO MONZUNO VIA VAL DI SETTA DEPURATORE- RIO TERRA IN SERVIZIO MONZUNO L.TA` CA` IANELLO DEPURATORE- RIOVEGGIO ZONA ART. IN SERVIZIO MONZUNO VIA GRASSI LIBERO DEPURATORE- PIAN DI LAMA IN SERVIZIO MONZUNO L.TA` PIAN DI LAMA DEPURATORE- BRENTO IN SERVIZIO MONZUNO VIA MONZUNO DEPURATORE- LE BRAINE IN SERVIZIO MONZUNO LOCALITA` BRAINE DEPURATORE- VALLE IN SERVIZIO MONZUNO LOCALITA` VALLE DEPURATORE- RICETTORE STATO COMUNE NOME VIA LEGENDA RIO CANAPA IN SERVIZIO MONZUNO VIA SCALE (DELLE) FOSSA IMHOFF- RIO BLOGNA IN SERVIZIO MONZUNO L.TA` BOLOGNA FOSSA IMHOFF- CA` DI GIULIETTA MONZUNO IN SERVIZIO MONZUNO L.TA` CA` DI GIULIETTA FOSSA IMHOFF- TRE FASCI MONZUNO IN SERVIZIO MONZUNO L.TA` TRE FASCI FOSSA IMHOFF- Comune di Pianoro RICETTORE STATO COMUNE NOME VIA LEGENDA MONTECALVO IN SERVIZIO PIANORO STRADA DELLA SORGENTE DEPURATORE- LIVERGNANO IN SERVIZIO PIANORO VIA ROSE DELLE DEPURATORE- RICETTORE STATO COMUNE NOME VIA LEGENDA TAZZOLA IN SERVIZIO PIANORO VIA TAZZOLA FOSSA IMHOFF- MOLINO NUOVO IN SERVIZIO PIANORO VIA MOLINO NUOVO FOSSA IMHOFF- CA` DI PIPPO IN SERVIZIO PIANORO VIA MONTE DELLE FORMICHE FOSSA IMHOFF- Più in particolare si rileva che la situazione del sistema depurativo delle acque reflue a servizio dei tre comuni è previsto tutto in adeguamento nel triennio Per quanto concerne Loiano è in corso l ampliamento dell impianto di depurazione a servizio del Capoluogo il cui completamento è previsto entro il Per le Frazioni Zena e Sabbioni gli adeguamenti impiantistici sono in previsione nel triennio. 91

93 Nella realtà di Monzuno si prevede l adeguamento nel prossimo triennio di Rio Canapa, Rioveggio e Brento; l impianto a servizio del Capoluogo sarà dimesso, presumibilmente a fine anno, allorquando sarà terminato il collegamento Vado Sasso Marconi. Infine per Pianoro si prevede ed è in fase di realizzazione il collegamento con la rete di Bologna e annesso sistema depurativo. Sul collettore principale sono programmati interventi di ottimizzazione ed allontanamento delle acque parassite di origine naturale. Complessivamente si ritiene, in prima analisi, da accettabile a adeguata la situazione del sistema depurativo a servizio dei tre comuni anche nei confronti delle espansioni ipotizzate ACQUE SOTTERRANEE Nel corso degli ultimi decenni, sono stati promossi vari studi, principalmente ad opera della Regione Emilia Romagna, volti ad una conoscenza sempre più dettagliata delle risorse idriche sotterranee dell Appennino emiliano-romagnolo; in particolare, tra il 2002 ed il 2003, grazie alla collaborazione stabilita tra il Servizio Geologico e Sismico della RER e l Autorità di Bacino del Reno, è stato approfondita la conoscenza delle risorse idriche sotterranee dell Appennino bolognese 8, attraverso l implementazione dell inventario delle sorgenti localizzate nel bacino montano del Fiume Reno, con particolare riguardo a quelle captate per uso idropotabile. Tale studio ha portato anche alla definizione, per il territorio indagato, delle cosiddette rocce magazzino, ovvero unità geologiche, sede di significative concentrazioni di sorgenti, che costituiscono, di fatto la sede delle risorse idriche sotterranee da cui dipende principalmente l approvigionamento idrico del territorio. Partendo da tale lavoro, si è quindi proceduto ad un ulteriore implementazione delle conoscenze a scala comunale, che permettesse, come risultato finale, di giungere all individuazione di aree vulnerabili e delle relative azioni di salvaguardia Struttura idrogeologica Il sistema degli acquiferi appenninici che occupano l area dei territori dei tre comuni in esame, è formato da un insieme di serbatoi limitati costituiti dalle rocce appartenenti sia al substrato, che ai depositi superficiali incoerenti. Nel primo caso il flusso idrico sotterraneo avviene per permeabilità secondaria in corrispondenza dei livelli maggiormente fratturati, mentre nel secondo si hanno moti idrici connessi alla porosità efficace dei terreni. A differenza dei sistemi acquiferi di pianura, facilmente individuabili e caratterizzabili attraverso adeguate indagini, nelle aree collinari e montane, concorrono alla definizione dei serbatoi idrici una complessità di fattori che, non sempre risultano di agevole definizione; nella perimetrazione dei bacini di alimentazione e nella definizione dell idrodinamica delle acque sotterranee, vanno infatti considerati, assieme alle rocce magazzino, per esempio, eventuali fenomeni d infiltrazione in formazioni scarsamente permeabili, attraverso discontinuità stratigrafiche o tettoniche, o ancora le possibilità di travaso delle masse d acqua a livelli inferiori attraverso discordanze strutturali, o anche le difformità spaziali delle falde detritiche o degli accumuli franosi, tutti fattori che contribuiscono a rendere sempre incerto e mai completamente verificabile, il limite spaziale dei bacini idrografici. 8 Le risorse idriche sotterranee dell appennino Emiliano-Romagnolo. Casi di studio nel bacino montano del fiume Reno a cura di Maria Teresa De Nardo (Servizio geologico e sismico della RER), con i contributi di P. Scarpulla (consulente del Servizio geologico e sismico della RER). 92

94 Per pervenire ad una caratterizzazione idrogeologica del territorio in esame, si rendono pertanto necessarie alcune semplificazioni nella valutazione dei fattori che concorrono alla definizione dei complessi acquiferi Permeabilità dei terreni La formazione di un acquifero presuppone l esistenza di un contenitore, in questo caso una roccia permeabile e di una zona di alimentazione attraverso la quale le acque meteoriche possano pervenire alla zona di accumulo; l acquifero emerge, dando origine ad una sorgente, quando a causa della diversa permeabilità, al contatto tra più tipi litologici, si verificano le condizioni perché dall accumulo l acqua in eccesso non trovi altra via di deflusso verso il basso. Il primo parametro di conoscenza, nella caratterizzazione di un acquifero, è dunque rappresentato dalla permeabilità delle formazioni geologiche presenti. In prima istanza sono quindi stati analizzati gli elaborati già prodotti, con riferimento alle aree in esame, con particolare riferimento a: - Carta preliminare della permeabilità relativa al substrato nell area dell Appennino bolognese (prodotta dal Servizio Geologico della R.E.R ), elaborata nell ambito del Rapporto a corredo dello Schema Direttore Territoriale Metropolitano di Bologna, che consiste in una carta di inquadramento generale che classifica le formazioni del substrato affioranti in base al parametro "permeabilità", stimato qualitativamente ed in modo relativo (vale a dire la permeabilità di un insieme di unità geologiche rispetto a quelle adiacenti). La scala 1: è stata scelta in funzione della necessità di un inquadramento generale della porzione appenninica, funzionale alla lettura dei macrofenomeni, sui quali procedere a successivi approfondimenti; - Carta della Vulnerabilità intrinseca (tav. B.2.3 degli allegati tematici), redatta per il Rapporto sulle condizioni di sostenibilità delle previsioni urbanistiche dell area vasta Bolognese, per la parte riferita alla collina; - Vulnerabilità intrinseca delle falde profonde e permeabilità del substrato appenninico in scala 1: , tav. B.2.2. allegata al Quadro Conoscitivo del PTCP della Provincia di Bologna. Di seguito si riporta un estratto della carta del PTCP, nella quale il grado di permeabilità del substrato appenninico è stato definito attraverso due classi: 1) litotipi a bassa permeabilità depositi non permeabili (NP) : comprende le unità caotiche prevalentemente argillose dell Appennino bolognese; depositi a bassa permeabilità (BP) : comprende le formazioni marnose e marnosoargillose dove, in un contesto a bassa permeabilità, è prevalente la permeabilità per fratturazione e subordinata quella per porosità. 2) litotipi ad alta permeabilità: (AP): comprende le formazioni arenacee e arenaceopelitiche, permeabili prevalentemente per fratturazione, ma anche per porosità. Sono individuate ulteriori sottoclassi (senza valore gerarchico) che meglio caratterizzano il fenomeno: APp (permeabilità alta, anche per porosità dovuta alla presenza di arenarie e conglomerati); APc (permeabilità alta per carsismo, in cui la fratturazione viene aumentata dal fenomeno di dissoluzione tipico delle rocce carsiche); APs (alta permeabilità per fratturazione, con presenza di numerose locali sorgenti). 93

95 Fig Estratto tav. B Vulnerabilità intrinseca delle falde profonde e permeabilità del substrato appenninico in scala 1: , Quadro Conoscitivo PTCP Bologna. All interno dei territori in esame sono presenti principalmente terreni con grado di permeabilità alta: - il comune di Monzuno è caratterizzato da terreni ad alta permeabilità principalmente per fessurazione, secondariamente per porosità; - il comune di Loiano è caratterizzato principalmente da terreni ad alta permeabilità per fessurazione e solamente nella parte settentrionale, da terreni con permeabilità nulla; - il comune di Pianoro è contraddistinto da terreni con alta permeabilità per porosità, in tutta la parte centro-meridionale e da terreni non permeabili o a bassa permeabilità nella parte settentrionale; terreni con permeabilità alta per carsismo sono presenti al margine settentrionale. Partendo dalle elaborazioni acquisite si è quindi proceduto ad un affinamento della cartografia relativa alla permeabilità del territorio, in ragione del grado di dettaglio richiesto dallo strumento di pianificazione in fase di elaborazione. La definizione delle diverse permeabilità attribuibili ai terreni presenti sul territorio dei tre comuni, che ha portato alla redazione della carta della Permeabilità del substrato e rocce magazzino (Tav. QC.6/t5), ha preso spunto dal lavoro proposto da C. Borsari e A. Colombetti Le caratteristiche di permeabilità delle formazioni dell Appennino modenese e considerazioni su alcuni parametri fisici e chimici delle acque delle sorgenti 9 ; in tale studio 9 Studi sulla vulnerabilità degli acquiferi 6: Appendice A Quaderni di tecniche di protezione ambientale n 35 Pitagora Editrice A cura di D. Piacentini e A. Zavatti 94

96 ad ogni formazione è stata attribuita una classe di permeabilità in base a criteri litologici, la permeabilità deriva cioè da una valutazione qualitativa dei dati litologici delle formazioni della Carta Geologica. In realtà la definizione del grado di permeabilità dovrebbe far riferimento alla litologia, al tipo di sorgente (perenne, effimera, temporanea) ed alla portata; considerata tuttavia la complessità strutturale dell area e l indeterminatezza dei pochi dati quantitativi disponibili, il parametro principale risulta essere quello litologico. In funzione del tipo di permeabilità si possono quindi distinguere: litotipi a permeabilità bassa o nulla: - terreni non permeabili, che comprendono le unità caotiche prevalentemente argillose dell Appennino bolognese; - terreni a bassa permeabilità, che comprendono le formazioni marnose e marnosoargillose dove, in un contesto a bassa permeabilità, è prevalente la permeabilità per fratturazione e subordinata quella per porosità. litotipi a permeabilità media e alta: - terreni permeabili per porosità: sostanzialmente si tratta dei depositi superficiali e di fondovalle, che presentano permeabilità spesso elevata, ma che solo in taluni casi sono in grado di dare origine ad una emergenza puntiforme; - terreni permeabili per fessurazione: si tratta di terreni marnoso-pelitici e arenaceo-marnosi, nei quali la permeabilità è funzione della distribuzione, dimensione, orientamento e continuità del reticolo di fessure; le sorgenti si collocano, in genere, al contatto con formazioni a permeabilità più ridotta; - terreni permeabili per fessurazione e dissoluzione: si tratta di terreni calcareoarenacei nei quali l originaria permeabilità per fessurazione si evolve con un allargamento delle fessure dovuto alla dissoluzione dei minerali carbonatici operata dalle acque percolanti; in questo caso l emergenza delle sorgenti avviene in aree di contatto o lungo le fasce dove si manifestano i fenomeni di dissoluzione; - terreni permeabili per fessurazione e porosità: si tratta di terreni per lo più arenacei, caratterizzati da una permeabilità mista per porosità e per fessurazione, il cui grado di permeabilità varia in funzione della percentuale di litotipi arenacei ed in particolare al loro grado di cementazione; - terreni permeabili per carsismo. Partendo quindi dalla Carta Geologica dell Appennino Emiliano-Romagnolo a cura del Servizio Geologico, Sismico e dei Suoli della Regione Emilia Romagna, sono state individuate tutte le litologie presenti sulle aree comunali, attribuendo a ciascuna di esse un grado di permeabilità tra quelli definiti. Con riferimento allo studio di Borsari e Colombetti precedentemente citato, anche se con leggere modifiche dettate dalla diversa localizzazione dello studio e dall esperienza maturata nell affrontare queste tematiche, ed in relazione all area comunale, sono state distinte sei classi di permeabilità, raggruppate sinteticamente nella tabella riportata di seguito: 95

97 FORMAZIONI ANT (Marne di Antognola); AVS (Argille Varicolori della Val Samoggia); AVSac (Argille Varicolori della Val Samoggia - litofacies argilloso-calcarea); BAI3 (Brecce argillose di Baiso - membro di Poggio Cavaliera); CEA (Marne di Cella); CTG (Formazione di Contignaco); FAA (Argille Azzurre); FCO/b/c (Formazione a Colombacci/ litofacies conglomeratici/ litofacies pelitico-arenacea); LOI1 (Formazione di Loiano - membro di Rio Giordano); MMP (Marne di Monte Piano); MVT (Brecce argillose della Val Tiepido- Canossa); MVTb (Brecce argillose della Val Tiepido-Canossa - litofacies argillosocalcarea); SCB (Arenarie di Scabiazza); TER (Formazione del Termina); TERp (Formazione del Termina - litofacies pelitica) CIG (Formazione di Cigarello); FCOa (Formazione a Colombacci - litofacies arenacea ); FPGa (Formazione di Poggio - litofacies arenacea); RAN4 (Formazione di Ranzano - membro di Albergana); RUM2 (Formazione di Monterumici - membro di Cà di Mazza); TERap (Formazione del Termina - litofacies arenaceo-pelitica) MOHb (Formazione di Monghidoro - litofacies pelitico-arenacea); SAG1 (Formazione di Savigno - membro di Villa) ANT4 (Marne di Antognola - membro di Anconella); CIG5 (Formazione di Cigarello - membro di Monterenzio); CIGa (Formazione di Cigarello - litofacies arenacea); FAAa (Argille Azzurre - litofacies arenacea); LOI2a (Formazione di Loiano - membro di Monzuno - litofacies arenaceo-conglomeratica); RUM1 (Formazione di Monterumici - membro di Scascoli); MOH (Formazione di Monghidoro ); MOHa (Formazione di Monghidoro - litofacies arenacea); MOV (Formazione di Monte Venere) ADO1 (Formazione di Monte Adone - Membro di Monte Mario); ADO2 (Formazione di Monte Adone - membro delle Ganzole); ADO2ap (Formazione di Monte Adone - membro delle Ganzole -litofacies arenaceo); GES ( Formazione Gessoso Solfifera); GES1 (Formazione Gessoso Solfifera - membro di Monte La Pieve); LOI (Formazione di Loiano); LOI2 (Formazione di Loiano - membro di Monzuno); PAT (Formazione di Pantano); PAT2 (Formazione di Pantano - membro di Montecuccolo); PAT3 (Formazione di Pantano - membro di Calvenzano); a6 (Detrito di falda); AES7 (Subsintema di Villa Verucchio); AES7b (Unità di Vignola); AES8 (Subsintema di Ravenna); AES8a (Unità di Modena); b1 (Deposito alluvionale in evoluzione); b1a (Deposito alluvionale in evoluzione); i1 (Conoide torrentizia in evoluzione); i2 (Conoide torrentizia inattiva); PERMEABILITA NULLA MOLTO BASSA BASSA MEDIA ALTA ELEVATA Permeabilità Nulla: comprende tutte le formazioni costituite da litologie esclusivamente argillose (Argille Varicolori, Argille Azzurre), argilloso marnose (Formazione di Loiano Argille di Rio Giordano), pelitico arenacee (Arenarie di Scabiazza), da alternanze di argille e marne (Marne di Monte Piano, Marne di Cella, Formazione del Termina) o da brecce a prevalente matrice argillosa (Brecce Argillose di Baiso, Brecce Argillose della Val Tiepido, Brecce Argillose della Val Tiepido- Canossa), aventi grado di permeabilità nulla, non essendovi livelli permeabili continui; Permeabilità Molto Bassa: sono raggruppate, in questa classe, litologie costituite da alternanze di argille e strati arenacei o sabbiosi sottili (Formazione di Monterumici Membro di Cà Mazza, Formazione a Colombacci), marne argilloso-siltose e siltososabbiose (Formazione del Termina e Formazione di Cigarello) argilliti siltose (Formazione di Poggio), torbiditi pelitico-arenacee (Formazione di ranzano Membro di Albergana); Permeabilità Bassa: rientrano in questa classe i litotipi caratterizzati da alternanze pelitico-arenacee della Formazione di Monghidoro (MOHb - litofacies peliticoarenacea) e arenaceo-pelitiche della Formazione di Savigno (Membro di Villa); Permeabilità Media: hanno permeabilità media i terreni arenacei (Formazione di Loiano), nei quali la permeabilità è essenzialmente legata alla rete di fratture (arenarie), i conglomerati arenaci della Formazione di Monterumici (Membro di Scascoli); ma anche le torbiditi arenaceo-pelitiche (Marne di Antognola membro di Anconella, Formazione di Monghidoro, Formazione di Cigarello) ed arenaceo-marnose della Formazione di Montevenere; in questa si può sviluppare una permeabilità sia 96

98 orizzontale che verticale, per le discontinuità che si formano nelle fasce più fratturate; Fig Permeabilità dei terreni su base semplificata Permeabilità Alta: è stata attribuita permeabilità alta alla Formazione di Monte Adone, costituita in prevalenza da arenarie, alla Formazione di Pantano, costituita 97

99 prevalentemente da areniti, alla Formazione di Loiano, costituita da arenarie arcosiche e alla Formazione Gessoso-Solfifera, tutti contraddistinti da una significativa rete di fratture e da fenomeni di dissoluzione consistenti; Permeabilità Elevata: a questa classe appartengono i depositi sciolti grossolani, quali detriti di falda, depositi alluvionali in evoluzione e terrazzati, depositi di conoide torrentizia inattiva o in evoluzione oltre ai depositi sciolti, generalmente grossolani nelle zone intravallive, appartenenti al Subsintema di Villa Verrucchio e di Ravenna; (non sono stati considerati depositi di versante, di frana o altri depositi che avessero dimensioni poco significative). Come si può osservare CLASSI DI PERMEABILITA' dall elaborato di Fig , i territori dei 60 tre comuni sono N MB contraddistinti da un grado di permeabilità 30 B generalmente medio e M alto; in particolare, 20 A come riportato nella 10 E tabella seguente, le 0 classi maggiormente LOIANO PIANORO MONZUNO rappresentate sono la Media (Loiano 44.0% e Monzuno 50.16%) e Alta (Loiano 30.6%, Pianoro 49.81% e Monzuno 33.12%); a Pianoro è inoltre significativa anche la presenza di terreni, da un lato con permeabilità Nulla (32.03%), dall altro con grado di permeabilità Elevato (11.36%). PERMEABILITÁ LOIANO PIANORO MONZUNO NULLA 12.74% 32.03% 8.56% MOLTO BASSA 4.10% 3.62% 2.18% BASSA 6.14% 0.12% 0.0% MEDIA 44.0% 3.06% 50.16% ALTA 30.60% 49.81% 33.12% ELEVATA 2.42% 11.36% 5.98% Le sorgenti Si ha una sorgente tutte le volte che la superficie topografica interseca un terreno saturo di acqua, ovvero una falda freatica, determinando pertanto un emergenza naturale di acqua sotterranea. La zona studiata presenta in generale un discreto numero di sorgenti, la maggior parte compresa nel territorio comunale di Monzuno, a cui seguono, per numero di sorgenti, i territori di Pianoro e Loiano. Il territorio, per le sue caratteristiche intrinseche geologiche ed idrogeologiche, si caratterizza per la presenza di un numero molto elevato di emergenze; alcune di tali emergenze vengono captate ad uso idropotabile da acquedotti pubblici, mentre le sorgenti minori sono captate per alimentare fontane. Nell ambito del presente studio, è stato fatto un censimento delle sorgenti presenti sui tre territori comunali, con particolare riguardo per quelle captate ad uso idropotabile, per le fontane e per eventuali emergenze, attualmente dimesse, ma in passato utilizzate da 98

100 consorzi privati o da nuclei abitati, per le quali si potrebbe eventualmente prospettare un recupero. Da tale censimento restano escluse tutte quelle scaturigeni minori, aventi un interesse meramente locale, che per posizione, caratteristiche quantitative o d uso, rientrano in uno studio più di tipo storico, che esula dalle finalità del presente lavoro. La corretta ubicazione delle sorgenti presenti nel territorio in studio è stata ottenuta attraverso l analisi incrociata e la sovrapposizione di censimenti effettuati in passato, per diversi scopi ed a diversa scala, cui è seguito un rilievo diretto sul terreno. Si ricorda al riguardo che è in corso la seconda fase del censimento delle sorgenti captate nell Appennino emiliano-romagnolo; è stata creata una banca dati delle sorgenti nella quale sono progressivamente organizzati i dati raccolti (principalmente presso i Servizi Tecnici di Bacino e dai Piani Territoriali di Coordinamento delle Province). Il censimento che permetterà di localizzare le sorgenti e di determinare le caratteristiche fisico-chimiche dell acqua costituisce uno strumento indispensabile per la pianificazione territoriale e per la gestione sostenibile delle risorse naturali. Con riferimento agli studi esistenti sono stati esaminati: Tavola II PTCP della Provincia di Bologna denominata Tutela Idrografica nella quale sono riportate le sorgenti; Censimento nodi/sorgenti della rete acquedottistici fornito da ATO5 per i Comuni di Pianoro, Loiano e Monzuno, nella quale sono riportate le sorgenti utilizzate per approvvigionamento idrico ad uso civile captate da acquedotti pubblici. Pubblicazione..Sorella Acqua..la fonte ed il ricordo (1998) a cura dell Assessorato all ambiente della Provincia di Bologna. Le ubicazioni delle sorgenti cartografate nei diversi studi, sono state quindi sovrapposte e raggruppate in un unica carta, utilizzata come base per il rilevamento diretto in campagna. Il rilevamento ha consentito di definire con sufficiente precisione la corretta ubicazione delle sorgenti cartografate, verificandone lo stato e l accessibilità, mentre per quanto riguarda la gestione sono state distinte solo le captazioni gestite da Hera di cui all elenco fornito da ATO5. Sono state censite un totale di 56 sorgenti, che risultano così suddivise: - 13 sorgenti in Comune di Pianoro - 11 sorgenti in Comune di Loiano - 32 sorgenti in Comune di Monzuno Per ciascuna sorgente è stata compilata un apposita scheda informativa; l ubicazione delle sorgenti è riportata nella Carta della Idrografia e Risorse Idropotabili (QC.6/t4), nella quale le stesse sono state differenziate in base all uso ed allo stato (Idropotabile Acquedotto, Fontana, Fontana con opera muraria, esaurita) e, per le sorgenti ad uso idropotabile, si sono distinte quelle in uso o dismesse. Sono inoltre state riportate alcune sorgenti recepite da archivio ATO che non si è riusciti ad individuare nel censimento effettuato. Nella tabella seguente si riporta sinteticamente l elenco completo delle sorgenti cartografate, suddivise per Comune, con relativo ente gestore (quando conosciuto), stato ed uso. 99

101 COMUNE DI LOIANO Codice Sorg. Nome Ente Gestore Stato Uso 34/1 Pianazzuoli In Uso Fontana 34/2 Zena 2 In Uso Fontana Con Opera Muraria 34/3 Cantinello In Uso Fontana Con Opera Muraria 34/4 Della Valle Di Scascoli In Uso Fontana Con Opera Muraria 34/5 Della Bonifica Renana In Uso Fontana Con Opera Muraria 34/6 Loc. Roncastaldo In Uso Fontana Con Opera Muraria 34/7 Loc. Pezzo Ato In Uso Acquedotto Pubblico 34/8 Rio Mantovano Ato -- Non Captata 34/9 Rio Bruscolio Molinetti Ato In Uso Acquedotto Pubblico 34/10 Rio Bruscolio Molinetti Ato In Uso Acquedotto Pubblico 34/11 Rio Sponga Ato In Uso Acquedotto Pubblico COMUNE DI PIANORO Codice Sorg. Nome Ente Gestore Stato Uso 47/1 Loc. Castello Di Zena 1 Ato In Uso Acquedotto Pubblico 47/2 Loc. Castello Di Zena 2 Ato In Uso Acquedotto Pubblico 47/4 Loc. Querceto Di Gorgognano Ato In Uso Acquedotto Pubblico 47/5 Podere "La Fontana" In Uso Fontana Con Opera Muraria 47/10 Podere Sgalara In Uso Non Captata 47/11 Ca' Di Casola In Uso Fontana Con Opera Muraria 47/15 Destra Savena In Uso Fontana 47/19 La Pace Della Baruffa In Uso Fontana Con Opera Muraria 47/39 Zena 1 In Uso Fontana 47/40 Via Del Sasso In Uso Fontana 47/42 Loc. Bottega In Uso Fontana 47/43 Loc. Ca' Fontana In Uso Fontana 47/44 Loc. Livergnano In Uso Fontana Con Opera Muraria COMUNE DI MONZUNO Codice Sorg. Nome Ente Gestore Stato Uso 44/1 Teresa In Uso Fontana Con Opera Muraria 44/2 Fontana Del Mulo In Uso Fontana Con Opera Muraria 44/3 Proprieta' Musolesi In Uso Fontana 44/4 Valle In Uso Fontana Con Opera Muraria 44/5 Loc. Nasce' In Uso Fontana Con Opera Muraria 44/6 Tre Laghi In Uso Fontana 44/7 Prov. Val Di Sambro In Uso Fontana Con Opera Muraria 44/8 Loc. Stazione Monzuno In Uso Fontana 44/9 Loc. Rioveggio In Uso Fontana 44/10 Loc. Ca' Di Davino 1 In Uso Fontana 44/11 Loc. Ca' Di Davino 2 In Uso Fontana 44/12 Loc. Ca' Di Davino 3 In Uso Fontana 44/13 Loc. Belpoggio Di Sopra In Uso Fontana 44/14 Loc. Molino Dei Bigoni In Uso Fontana 44/15 Loc. Lodole In Uso Fontana Con Opera Muraria 44/16 Loc. Rio Madre In Uso Fontana Con Opera Muraria 44/17 Loc. Trasasso In Uso Fontana 44/18 Colombacci Ato In Uso Acquedotto Pubblico 44/19 Loc. Favale Ato Esaurita Fontana Con Opera Muraria 44/20 Loc. Favale 2 Ato In Uso Acquedotto Pubblico 44/21 Loc. Porziola Ato In Uso Acquedotto Pubblico 100

102 44/22 Strada Le Croci - Rio Lagari Ato In Uso Acquedotto Pubblico 44/23 Trappola Ato In Uso Acquedotto Pubblico 44/24 Loc. Trappola 2 Ato In Uso Acquedotto Pubblico 44/25 Sorgente Montevenere Ato In Uso Acquedotto Pubblico 44/26 Loc. Serbio Ato In Uso Acquedotto Pubblico 44/27 Loc. Abetina Ato -- Acquedotto Pubblico 44/28 Campagne Ato In Uso Acquedotto Pubblico 44/29 Rio Campostrino -- Non Captata 44/30 Loc. Trappola 3 Ato -- Non Captata 44/31 Loc. Campagne 2 Ato In Uso Acquedotto Pubblico 44/33 Loc. Campagne 3 Ato In Uso Acquedotto Pubblico Le monografie relative ad ogni singola sorgente sono state raccolte in un catalogo (Allegato QC.6/A3 - Schede Sorgenti) nel quale sono riportati tutti i dati disponibili raccolti per ogni scaturigine; ogni scheda è anche consultabile su supporto informatico, consultando la cartografia di riferimento. L assegnazione di un numero identificativo a ciascuna sorgente è stata eseguita utilizzando il criterio usato nella pubblicazione Sorella Acqua, continuando la numerazione già esistente, nella quale sono riportati 2 numeri, il primo identificativo della sorgente ed il secondo del territorio comunale. Nella compilazione delle schede sono state utilizzate, quando presenti, i dati e le fotografie riportati nella pubblicazione Sorella Acqua. In ogni scheda viene riportato (quando conosciuto): Denominazione sorgente (assegnata in base ai dati bibliografici, o laddove assenti, in base al toponimo più prossimo); Uso della captazione (definita con il supporto di ATO); Ente gestore; Ubicazione della sorgente (Provincia, Comune e Località); Cartografia di riferimento, coordinate e quota della captazione ed estratto della cartografia con ubicazione di dettaglio in scala 1:5000; Permeabilità dei suoli (con riferimento all elaborato QC.6/t5 Carta della Permeabilità del substrato ); Bacino idrografico; Documentazione fotografica. Il censimento con verifica di campagna delle sorgenti ha permesso di riscontrare numerose incongruenze tra stato reale rilevato ed archivio di quelle captate per alimentare acquedotti pubblici messo a disposizione da ATO5. In alcuni casi era sbagliata l ubicazione, in altri non era più utilizzata la sorgente, in altri non si è fisicamente trovata l opera di presa. Tali rilievi ed osservazioni sono state trasmesse ad ATO5 che, in collaborazione con l ente gestore (Hera), procederà ad una ulteriore verifica e, se del caso, ad adeguare i propri archivi Aree di possibile alimentazione e aree di ricarica (rocce magazzino) Aree di ricarica (rocce magazzino) Per quanto riguarda le aree di ricarica come definite dal PTA della R.E.R., la loro perimetrazione spetterebbe al PTCP, in base a studi idrogeologici, idrochimica e idrologici, 101

103 prendendo come riferimento iniziale i perimetri delle rocce magazzino di prima approssimazione riportate nel PTA medesimo. In mancanza di tale definizione, a tutt oggi ancora in fase di approfondimento da parte della Provincia di Bologna, nel presente studio si è comunque tentata una individuazione di tali aree, la cui perimetrazione si è ritenuta importante per la definizione di areali ricchi di potenzialità, ma anche a maggior vulnerabilità, presenti sui territori dei tre comuni e per i quali abbia senso formulare politiche di tutela. La definizione delle aree di ricarica, che come definite dal PTA costituiscono la versione dettagliata delle rocce magazzino di prima approssimazione, ottenute per confronto tra la distribuzione delle sorgenti appositamente censite e la geologia, ha preso a riferimento lo studio effettuato dal Servizio Geologico, Sismico e dei Suoli della R.E.R. relativo alle Risorse idriche sotterranee dell Appennino Emiliano-Romagnolo: casi di studio nel bacino montano del Fiume Reno, nel quale si è giunti alla definizione delle rocce magazzino per l area appenninica in esame. In particolare si è fatto riferimento alla carta dei Tipi geologici ed alla sua relativa legenda, che è stata adattata alle realtà comunali d interesse; nelle aree in esame sono stati individuati i seguenti tipi litologici, che potenzialmente possono definire rocce magazzino: TIPI GEOLOGICI UNITA GEOLOGICHE Terrazzi alluvionali connessi all alveo Depositi alluvionali; Conoidi torrentizia in evoluzione Terrazzi alluvionali non connessi all alveo Depositi alluvionali; Conoidi torrentizia inattiva Coperture detritiche grossolane Alternanze arenarie/peliti tettonizzate Flysch liguri Areniti prevalenti Sucessione Epiligure Formazione di Pantano Arenarie massive, alternanze arenarie/peliti Successione Epiligure Formazione di Loiano; Formazione di Antognola membro delle Marne di Anconella Alternanze areniti/peliti Formazione marnoso-arenacea Areniti prevalenti, subordinati conglomerati Unità grossolane del Pliocene Intrappeninico Gessi Formazione gessoso-solfifera Le unità geologiche individuate rappresentano, per l area in studio, i complessi idrogeologici maggiormente permeabili, sede delle risorse idriche sotterranee da cui principalmente dipende l approvigionamento locale; dal confronto con la distribuzione delle sorgenti censite si è quindi giunti alla perimetrazione delle aree di ricarica riportate nella figura seguente (Fig ). 102

104 Fig Aree di ricarica (rocce magazzino) Aree di possibile alimentazione L individuazione delle sorgenti, il loro censimento e la loro ubicazione, comporta come passo successivo, quello della delimitazione delle zone sulle quali si ritiene necessario porre vincoli e limitazioni all utilizzo del territorio, perché in stretta connessione con la scaturigene. 103

105 L individuazione delle aree di possibile alimentazione ha preso avvio dalla conoscenza delle aree di riserva rocce magazzino, focalizzando l attenzione sulle sole scaturigeni captate. In assenza di precise e soddisfacenti indicazioni legislative inerenti l analisi del problema della protezione delle sorgenti, in passato, si è fatto genericamente riferimento alla presenza di formazioni permeabili (in quanto acquifere) e su queste si ponevano limitazioni che interessavano aree anche molto vaste. L applicazione di questo concetto è certamente cautelativa ai fini della protezione della risorsa, poiché si comprendono sicuramente le aree di alimentazione delle sorgenti che si trovano all interno della formazione stessa; allo stesso tempo però si includono anche aree prive di risorse idriche sotterranee o aree evidentemente non connesse all alimentazione della sorgente per motivi morfologici, topografici e altimetrici. Risulta evidente come l applicazione di un criterio discriminante di questo tipo porti all applicazione di vincoli su aree di notevoli estensioni, comportando un impatto, nella gestione del territorio, difficilmente sostenibile. Il D.Lgs 152/06 ribadisce il concetto delle aree di salvaguardia per la captazione di acqua destinata al consumo umano già definite dalla legislazione precedente, suddivise in zone di tutela assoluta, zona di rispetto, zona di protezione; si rimanda al successivo Cap. 6.3 per la definizione più circostanziata delle diverse zone. Lo stesso D.Lgs 152/06 demanda alle regioni la definizione di un regolamento per il superamento del criterio geometrico nella definizione delle aree di salvaguardia, attraverso l'adozione di metodi scientifici maggiormente rispondenti alla realtà, ovvero alle condizioni geologiche, idrogeologiche ed idrodinamiche degli acquiferi alimentanti le sorgenti. La Regione Emilia Romagna, pur avendo adottato il Piano di Tutela delle Acque, non ha ancora emanato tale direttiva e pertanto, ad oggi, nella definizione delle aree di salvaguardia vale ancora il criterio geometrico. La necessità tuttavia di disporre, nell ambito della redazione del presente Piano, di una cartografia che individui le aree di protezione, allo scopo di procedere alle prime azioni di salvaguardia, ha portato ad adottare una metodologia già applicata in altri studi sulle sorgenti appenniniche 10, che consente di ottenere una prima delimitazione dell area di alimentazione delle sorgenti. Tale metodologia permette d individuare un area, definita area di possibile alimentazione della sorgente, utilizzando un criterio altimetrico/morfologico; si tratta di un metodo grafico da applicare su carta topografica attraverso il quale, data l ubicazione di una o più sorgenti, con l appropriata osservazione dell altimetria e morfologia, si perviene alla delimitazione di un area che è stata definita di possibile alimentazione rispetto alle sorgenti considerate. Si utilizza la locuzione possibile alimentazione poiché le aree perimetrate, per la loro posizione altimetrica e per le caratteristiche morfologiche, sono quelle che possono contribuire all alimentazione delle sorgenti considerate; l eventuale errore è sempre a favore della sicurezza e quindi della tutela del territorio, nel senso che possono venire incluse all interno della zona di possibile alimentazione, aree che non hanno invece alcun contributo. In tal modo però le aree escluse possono venire liberate da vincoli, mentre per quelle comprese si potrà, con l acquisizione di nuove conoscenze, procedere ad un eventuale revisione e perfezionamento. Il metodo morfologico/altimetrico è, come detto, un metodo grafico, che prende in considerazione innanzitutto l altimetria; la posizione di una sorgente indica, infatti, l esistenza di una struttura che provoca il trabocco di una falda sotterranea. 10 Studi sulla vulnerabilità degli acquiferi 6: Appendice A Quaderni di tecniche di protezione ambientale n 35 Pitagora Editrice A cura di D. Piacentini e A. Zavatti 104

106 Una prima ovvia considerazione, porta quindi a cercare la zona di alimentazione alle quote superiori rispetto alla scaturigine, escludendo le aree poste a quote inferiori; in questo modo si vanno a comprendere, naturalmente, anche gli eventuali contributi di infiltrazione per assetto strati/fratture, ecc. provenienti dai versanti adiacenti o retrostanti la sorgente, escludendo invece aree poste a quote inferiori che non danno sicuramente alcun apporto idrico alla sorgente. Altro elemento da considerare è quello relativo alla posizione delle emergenze in rapporto alla morfologia ed idrografia dei versanti; in genere all interno di una stessa struttura morfologica (dorsali e valli), le sorgenti fuoriescono pressoché alla stessa quota e quindi le variazioni di quota si osservano al variare della struttura morfologica. Considerato, quindi, che la permeabilità non elevata di queste formazioni, non comporta, normalmente, trasferimenti a grandi distanze, l estensione laterale dell area di alimentazione può essere fatta delimitando la struttura morfologica sulla quale si trova la sorgente, adottando l idrografia superficiale come elemento fisico di delimitazione. Questa scelta deriva da un preciso motivo idrogeologico in quanto, scorrendo nella valle tra due dorsali, il corso d acqua può costituire una linea di drenaggio, impedendo l alimentazione laterale, oppure può essere alimentante e in quel caso può rappresentare l effettivo limite laterale della zona di alimentazione. Questa procedura, in un area di montagna come la presente, semplifica una situazione geologico-strutturale molto complessa, con acquiferi che alimentano le sorgenti differenziati ed esclude l applicazione di metodologie incerte e lunghe. Si tratta di una metodologia di facile applicazione, che conduce ad un risultato sicuramente preliminare, consentendo tuttavia, da un lato, di porre l attenzione sulle aree potenzialmente sensibili, svincolando, dall altro, quelle parti non connesse con l alimentazione delle sorgenti; l applicazione di tale metodologia garantisce infatti che le aree di ricarica siano comprese all interno delle aree di possibile alimentazione. Nell ambito del presente studio, per ogni sorgente è stata individuata l area di possibile alimentazione; la perimetrazione è riportata nella carta della Idrografia e Risorse Idropotabili (QC.6/t4), nella carta delle Permeabilità del substrato e rocce magazzino (QC.6/t5) e nella carta della Vulnerabilità Naturale degli Acquiferi (QC.6/t6). Accanto alle sorgenti ad uso idropotabile, sono state considerate anche sorgenti utilizzate per altri scopi, per ognuna delle quali è stata individuata l area di possibile alimentazione; spesso tali sorgenti appartengono alla medesima struttura morfologica di sorgenti idropotabili e comunque spesso succede che più sorgenti facciano riferimento al medesimo complesso che funge da serbatoio Vulnerabilità delle acque sotterranee Per vulnerabilità degli acquiferi all'inquinamento si deve intendere (da Civita, 1987) la suscettività specifica dei sistemi acquiferi, nelle loro diverse parti componenti e nelle loro diverse situazioni geometriche e idrodinamiche, a ricevere e diffondere, anche mitigandone gli effetti, un inquinante fluido o idroveicolato, tale da produrre impatto sulla qualità dell'acqua sotterranea nello spazio e nel tempo. La conoscenza del grado di vulnerabilità del territorio ci fornisce utili indicazioni per stabilire il "grado di saturazione" di un determinato ambito territoriale, consentendo di elaborare importanti strategie d uso del suolo e di programmazione territoriale, al fine di poter valutare, per un determinato territorio, la sua idoneità o meno ad accogliere nuovi insediamenti e/o nuove attività antropiche. 105

107 La vulnerabilità intrinseca degli acquiferi dipende da un insieme di fattori naturali, tra i quali sono prevalenti la struttura del sistema idrogeologico, la natura dei suoli di copertura, i processi di ricarica, il tempo di transito dell'acqua attraverso lo strato insaturo, la dinamica del deflusso sotterraneo, i processi di attenuazione dell'impatto inquinante, la concentrazione iniziale e residua di un inquinante, ecc. Considerate le finalità del presente Piano, le caratteristiche idrogeologiche ed idrodinamiche dei territori dei tre comuni e considerato che non esistono, ad oggi, linee guida di riferimento applicabili all ambito territoriale in esame, nella definizione del grado di vulnerabilità degli acquiferi sotterranei, sono stati adottati e condivisi i criteri proposti da Civita (1991) nella Legenda unificata per le carte della vulnerabilità all inquinamento dei corpi idrici sotterranei. Tale legenda era stata predisposta in fase di progetto in modo da non fissare delle linee metodologiche troppo rigide nella valutazione della vulnerabilità intrinseca, ma comunque tali da permettere la produzione di elaborati confrontabili tra loro; si è quindi pensato fosse legittimo adattare tali criteri alla situazione litologica ed idrogeologica locale. I fattori preponderanti nella valutazione del grado di vulnerabilità erano quindi costituiti da: - idro-litologia: (tipo e grado di permeabilità verticale e orizzontale) che determina la velocità di percolazione dell inquinante e l azione di attenuazione dei diversi terreni; - tipo e spessore della copertura a bassa permeabilità, che costituisce un elemento di protezione dell acquifero soggiacente; - soggiacenza della superficie piezometrica media dell acquifero (spessore della zona insatura); - posizione della superficie piezometrica, (indisturbata o depressa da eventuali captazioni); È intuitivo come fattori quali la soggiacenza della falda piezometrica e la sua posizione siano difficilmente deducibili negli acquiferi montani, se non a costo di complicate misurazioni e comunque non disponibili attualmente. I due fattori che concorrono alla definizione del grado di vulnerabilità sono quindi il "tipo e grado di permeabilità" e "l azione di mitigazione dei suoli"; a questi è stato affiancato un terzo elemento costituito dall acclività della superficie topografica 11. Per quanto riguarda la permeabilità dei terreni, sono state prese in considerazione le diverse classi di permeabilità, definite nella Carta della Permeabilità del substrato e rocce magazzino (QC.6/t5), ovvero permeabilità nulla: permeabilità molto bassa permeabilità bassa: permeabilità media: permeabilità alta: permeabilità elevata: Ad ogni classe di permeabilità del terreno è stato attribuito un punteggio crescente in funzione del grado di permeabilità. La capacità di attenuazione di eventuali inquinanti da parte dei suoli tiene conto dell'effetto filtrante e depurativo esercitato dalla copertura; la diversa tessitura e natura del suolo può infatti condizionare la velocità d'infiltrazione e contribuire ad abbattere fisicamente la concentrazione di un eventuale inquinante, la sua composizione mineralogica, 11 Da Metodo SINTACS in Le Carte della Vulnerabilità all inquinamento Teoria e Pratica Studi sulla vulnerabilità degli acquiferi - a cura di M. Civita (Pitagora Editrice Bologna) 106

108 favorisce e provoca l'abbattimento dell'inquinante mediante molteplici interazioni chimicofisiche. Per la determinazione della pedologia delle aree d'interesse, l'unico documento disponibile è risultato la Carta dei Suoli della Regione Emilia Romagna, con le limitazioni conseguenti alla mancanza di dettaglio che la scala di rilevamento e restituzione di tale cartografia impone. Sulla base delle caratteristiche riconosciute per i differenti suoli presenti nella zona d'indagine, sono state individuate 5 classi a differente capacità di attenuazione (Molto Bassa, Bassa, Media, Medio-Alta e Alta); la ripartizione delle classi ha fatto riferimento alle tabelle di conversione definite nel metodo SINTACS. SUOLO Sabbioso-franco Franco sabbioso; Franco sabbioso-limoso Franco; Franco limoso; Franco limoso-argilloso Franco argilloso Argilloso-limoso CAPACITÁ DI ATTENUAZIONE MOLTO BASSA BASSA MEDIA MEDIO-ALTA ALTA Ad ogni classe è stato attribuito un punteggio inversamente proporzionale alla definizione della vulnerabilità (la classe di suoli con capacità di attenuazione bassa definirà alti valori di vulnerabilità e così via). 107

109 Fig Capacità di attenuazione dei suoli su base semplificata Il fattore acclività della superficie topografica è un parametro introdotto per attribuire, nella determinazione del grado vulnerabilità, un differente valore al fattore ristagno, che vede quindi aree maggiormente vulnerabili laddove il ristagno e quindi il trasferimento in profondità di un eventuale inquinante sversato, sono maggiormente favorite da superfici topografiche a minor acclività. Sono state definite tre classi di acclività: 108

110 1) acclività compresa tra 0 e 20 2) acclività compresa tra 20 e 40 3) acclività compresa tra 40 e 90 Fig Clivometria su base semplificata 109

111 Con riferimento ai territori dei tre comuni il parametro acclività ha assunto la seguente distribuzione: ACCLIVITÁ LOIANO PIANORO MONZUNO % 65.98% 63.68% % 30.13% 32.57% % 3.89% 3.75% Circa il 66% dell intera superficie dei tre comuni ricade in classe a bassa acclività. I tre parametri permeabilità dei terreni, capacità di attenuazione dei suoli, acclività della superficie topografica, sono stati quindi pesati e dal loro incrocio combinato sono state individuate 5 classi di vulnerabilità, che hanno permesso la costruzione della Carta della Vulnerabilità naturale degli acquiferi (QC.6/t6). 110

112 Fig Vulnerabilità naturale degli acquiferi su base semplificata Con riferimento alla Fig , sui territori dei tre comuni sono state individuate 5 classi di vulnerabilità all inquinamento degli acquiferi sotterranei: 111

113 Molto bassa: occupa circa il 15.7% dell intera superficie territoriale in esame, con punta massima a Pianoro, dove occupa circa il 31% dell intero territorio comunale; valori inferiori al 10% si hanno invece negli altri VULNERABILITA' due comuni; 7% 16% Bassa: ricopre solamente il 5.5% dell intero territorio dei tre comuni, con valori massimi a Loiano (circa MB 8%); 6% B Media: assieme alla classe di MB vulnerabilità alta è quella 39% A maggiormente rappresentata sui 32% E territori, interessandone circa il 32%; la distribuzione risulta tuttavia altamente disomogenea, con valori massimi a Loiano e Monzuno (rispettivamente 45% e 47% della superficie comunale) e valori minimi a Pianoro, dove solo il 4% del territorio comunale rientra in questa classe; Alta: è la classe maggiormente rappresentata sui territori in esame, di cui occupa quasi il 40%, con valori minimi del 30% a Loiano e massimi del 56% a Pianoro; Elevata: questa classe interessa circa il 7% dei territori dei tre comuni. VULNERABILITÁ LOIANO PIANORO MONZUNO MOLTO BASSA 9.20% 30.56% 7.41% BASSA 7.91% 5.19% 3.34% MEDIA 45.52% 4.08% 47.4% ALTA 29.63% 55.90% 32.08% ELEVATA 7.74% 4.27% 9.77% Dall osservazione di tale cartografia emerge, come elemento significativo, il fatto che la quasi totalità delle aree antropizzate ricadono in zone contraddistinte da vulnerabilità alta quando non elevata; sarà quindi necessario individuare, per tali zone, interventi di tutela, volti alla conservazione della risorsa sotterranea Elementi di potenziale inquinamento delle acque sotterranee La conoscenza del grado di vulnerabilità di un determinato territorio, fornisce utili indicazioni per la comprensione degli episodi d inquinamento e consente di elaborare strategie di uso dei suoli, nonché di programmazione delle attività antropiche, tese ad eliminare il rischio di inquinamento degli acquiferi. Si definisce rischio d inquinamento di un corpo idrico la sua potenzialità a ricevere un determinato inquinante, per una porzione definita di territorio, in funzione delle attività antropiche (centri di pericolo) presenti. Tale potenzialità dipende dal tipo di attività (cioè dal tipo di sostanze utilizzate), dalle sue dimensioni, dal numero di attività presenti nella porzione definita di territorio e dalla sua vulnerabilità intrinseca. Nell ambito del presente studio, con il termine fonti di inquinamento o centri di pericolo si è voluto intendere qualsiasi attività, insediamento o manufatto in grado di costituire direttamente o indirettamente, fattore certo o potenziale di degrado della qualità delle acque superficiali e sotterranee. 112

114 Il PTA definisce un elenco 12 dei centri di pericolo e delle attività che possono incidere sulla qualità della risorsa idrica rispetto al quale la Provincia è tenuta ad effettuare il censimento dei cosiddetti centri di pericolo e disporre per gli stessi le misure di messa in sicurezza o di riduzione del rischio. Nell ambito del presente studio, in mancanza di indicazioni provenienti dal Piano Provinciale, si è comunque proceduto, all individuazione di tutti gli elementi di potenziale inquinamento, ovvero centri di pericolo, presenti sui territori dei tre comuni; il censimento risultata comunque conforme alle indicazioni riportate nell allegato suddetto. Sulla base dello spazio occupato, le fonti di inquinamento possono essere distinte in fonti puntuali e non puntuali o diffuse, oltre che relative ad aree urbane o extraurbane. Nella Tav. QC.6/t7 Elementi di potenziale inquinamento delle acque sotterranee, sono state rappresentate tutte le fonti censite ritenute potenzialmente inquinanti per le acque sotterranee e superficiali. In particolare sono stati presi in considerazione i seguenti elementi: In aree urbane In aree extraurbane Fonti puntuali Depuratori (u) Fosse IMHOFF (u) Insediamenti produttivi con scarico in acque superficiali (n) Insediamenti produttivi a rischio d inquinamento (b, j, q) Ospedali e case di cura (i) Distributori di carburante (v) Cimiteri (e) Pozzi per acqua (g) Allevamenti zootecnici (i) Attività estrattiva (f) Pozzi per acqua (g) Cimiteri (e) Distributori di carburante (v) Fonti diffuse Dorsali principali collettori fognari (u) Viabilità (x) Aree autorizzate allo spandimento dei liquami zootecnici (p) Viabilità (x) N.B. La lettera riportata tra parentesi a fianco di ogni fonte inquinante è riferita alla categoria nella quale l elemento ricade nell Elenco dei centri di pericolo e delle attività che possono incidere sulla qualità della risorsa idrica Allegato 1 cap.7 delle NTA del PTA. 12 Allegato 1 Cap.7 delle NTA del Piano Tutela Acque della Regione Emilia Romagna 113

115 Fig Carta degli elementi di potenziale inquinamento delle acque sotterranee su base semplificata Allevamenti zootecnici I dati relativi agli allevamenti zootecnici sono ancora in fase di reperimento. 114

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