Indice. 1 Il concordato preventivo

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1 INSEGNAMENTO DI DIRITTO COMMERCIALE LEZIONE XII ALTRE PROCEDURE CONCORSUALI PROF. VALENTINA SCOGNAMIGLIO

2 Indice 1 Il concordato preventivo Condizioni per l ammissione al concordato Gli effetti dell ammissione al concordato Gli organi del procedimento La procedura Annullamento e revoca del concordato Accordi di ristrutturazione dei debiti e transazione fiscale L amministrazione controllata Presupposti e Condizioni di ammissibilità - Organi Procedimento Effetti La chiusura della procedura La liquidazione coatta amministrativa Rapporti con il fallimento I presupposti della liquidazione coatta amministrativa Il provvedimento di liquidazione L accertamento dello stato di insolvenza Gli organi della liquidazione coatta Gli effetti del provvedimento di liquidazione Il procedimento L amministrazione straordinaria delle grandi imprese in crisi La procedura La procedura d urgenza per il risanamento aziendale di 26

3 1 Il concordato preventivo Il concordato preventivo è un mezzo che la legge accorda al debitore in stato di crisi o di insolvenza per evitare le più gravose conseguenze della procedura fallimentare. Esso, infatti, può aversi solo prima della dichiarazione di fallimento (da qui il nome) ed evita la paralisi che si determina nell impresa del debitore in conseguenza di questa, paralisi che è spesso nociva per gli stessi creditori. Il mezzo che l ordinamento predispone a tal fine è costituito da un accordo fra debitore e creditori circa le modalità con le quali dovranno essere estinte tutte le obbligazioni Condizioni per l ammissione al concordato Le condizioni per essere ammessi al concordato preventivo sono state radicalmente modificate dal D.L. 14 marzo 2005, n. 35 (cd. «decreto competitività»), convertito in L. 14 maggio 2005, n. 80. Ulteriori ed importanti modifiche a tale disciplina sono state poi introdotte dal D.Lgs. 12 settembre 2007, n. 169 (cd. decreto correttivo), in vigore per le procedure che inizieranno dopo il 1 gennaio 2008, con cui l istituto viene coordinato con le novità introdotte nella procedura fallimentare, cercando in particolar modo di conciliare la disciplina del concordato preventivo con le nuove previsioni del concordato fallimentare. Le nuove regole danno la possibilità di dividere i creditori in classi distinte, per rendere più omogenea l espressione dei loro diversi interessi e per permettere che il concordato diventi uno strumento concreto con cui la crisi dell impresa può essere risolta attraverso la predisposizione di un piano di recupero in accordo con i creditori, avente per finalità la reale ristrutturazione dell impresa. A) Presupposti soggettivi Sotto il profilo soggettivo, per l ammissibilità della domanda di concordato è richiesto che l istante: a) sia imprenditore commerciale (non avente i requisiti di non fallibilità richiesti dall art. 1 L.F.); 3 di 26

4 b) si trovi in stato di crisi o di insolvenza (l art. 36 del D.L. 30 dicembre 2005, n. 273 ha infatti precisato, aggiungendo un comma all art. 160, che «per stato di crisi si intende anche lo stato di insolvenza»): possono pertanto essere ammessi alla procedura sia gli imprenditori che si trovano in una condizione di dissesto o di difficoltà, anche temporanea, che non abbia ancora le caratteristiche della vera e propria insolvenza, sia coloro per i quali sia già manifesta la situazione più grave e definitiva dell insolvenza Scompaiono invece le cd. condizioni di meritevolezza dell imprenditore richieste dall originaria previsione dell art. 160 L.F., quali l iscrizione nel registro delle imprese da almeno un biennio, la regolare tenuta della contabilità, la mancanza di una precedente dichiarazione di fallimento o di ammissione a procedure minori, l assenza di condanne per delitti contro il patrimonio, la fede pubblica, l economia, l industria o il commercio. B) Presupposti oggettivi L imprenditore deve proporre ai creditori un piano di risanamento della propria esposizione debitoria, che preveda alternativamente: a) la ristrutturazione dei debiti e la soddisfazione dei crediti attraverso qualsiasi forma, anche mediante cessione dei beni, accollo, o altre operazioni straordinarie compresa l attribuzione ai creditori di azioni, quote, obbligazioni o altri strumenti finanziari, titoli di debito; b) l attribuzione delle attività delle imprese interessate dalla proposta di concordato ad un assuntore; possono costituirsi come assuntori anche i creditori o società da questi partecipate o da costituire nel corso della procedura, le cui azioni siano destinate ad essere attribuite ai creditori per effetto del concordato; c) la suddivisione dei creditori in classi, secondo posizione giuridica ed interessi economici omogenei; d) trattamenti differenziati tra creditori appartenenti a classi diverse Gli effetti dell ammissione al concordato A) Effetti per il debitore A differenza di quanto avviene in seguito alla sentenza dichiarativa di fallimento, il debitore ammesso alla procedura di concordato preventivo conserva l amministrazione dei suoi beni e continua l esercizio dell impresa (egli, cioè, non viene spossessato dall amministrazione e 4 di 26

5 disponibilità del suo patrimonio), con l unica limitazione che, durante tutta la procedura, la sua attività è svolta sotto il controllo del commissario giudiziale. E richiesta, inoltre, l autorizzazione del giudice delegato per gli atti di disposizione eccedenti l ordinaria amministrazione (ad esempio: mutui, compromessi, transazioni, concessioni di pegni o ipoteche, restituzioni di pegni o cancellazioni di ipoteche, accettazione di eredità e donazioni, alienazione di immobili etc.). Il decreto di riforma del 2006, in vigore per le procedure iniziate dopo il 16 luglio 2006, ha introdotto la possibilità per il tribunale di stabilire, con il decreto di apertura della procedura o con successivo provvedimento, un limite di valore al di sotto del quale non è dovuta l autorizzazione del giudice delegato (art. 167, 30 comma, L.F., nuovo testo). Una volta concessa l autorizzazione, gli atti sono compiuti direttamente dal debitore sotto la sorveglianza del commissario giudiziale. B) Effetti per i creditori Quanto agli effetti nei confronti dei creditori, essi sono in parte analoghi a quelli del fallimento (artt. 168 e 169 LE): in particolare, i creditori per titolo anteriore al decreto di ammissione alla procedura non possono iniziare o proseguire azioni esecutive e cautelari individuali contro il debitore. In tale divieto deve ritenersi compreso qualsiasi tipo di esecuzione forzata avente ad oggetto «il patrimonio del debitore», ossia tutti i beni di effettiva titolarità del debitore, e non pure i beni che per una qualsiasi ragione si trovino nella materiale disponibilità di esso. L art. 168, 1 comma, L.F., nel testo modificato dal decreto correttivo (che ha coordinato l articolo con la nuova disciplina del giudizio di omologazione) dispone testualmente che il divieto delle azioni esecutive decorre «dalla data della presentazione del ricorso (per l ammissione alla procedura) fino al momento in cui il decreto di omologazione del concordato diventa definitivo» e la Suprema Corte (in due sentenze ormai remote) ha affermato che non è precluso ai creditori, dopo tale momento, l esercizio di azioni esecutive individuali. Sì rileva, però, in dottrina che il termine finale del divieto deve, più correttamente, ritenersi esteso nel concordato preventivo con garanzia sino ai tempi fissati per l adempimento degli obblighi concordatari e nel concordato con cessione dei beni sino alla ripartizione del ricavato dalla liquidazione dei beni ceduti. 5 di 26

6 1.3. Gli organi del procedimento A) Il tribunale fallimentare Il tribunale fallimentare, in sede di fallimento, ha competenza globale sulla procedura e sugli atti relativi; nel procedimento di concordato preventivo, invece, allo stesso sono attribuite funzioni specifiche e determinate, in materia di: ammissione alla procedura; dichiarazione di fallimento successiva all apertura del procedimento; giudizio di omologazione; annullamento e risoluzione del concordato; reclami contro i provvedimenti del giudice delegato; provvedimenti relativi al commissario giudiziale. I poteri del tribunale, pertanto, sono limitati dalla struttura stessa del concordato preventivo e, poiché l imprenditore conserva l amministrazione dei suoi beni, al tribunale non è consentito compiere atti dispositivi o liquidativi di essi. B) Il giudice delegato Anche il giudice delegato ha poteri più limitati di quelli demandatigli nella procedura fallimentare: allo stesso, comunque, la legge attribuisce una competenza generalizzata in materia di direzione dell amministrazione dei beni dell imprenditore e dell esercizio dell impresa. Il giudice delegato, in particolare: risolve le eventuali controversie insorte nel corso di esso (con decreti impugnabili avanti al tribunale); presenzia l adunanza dei creditori e ne dirige lo svolgimento; autorizza le attività eccedenti l ordinaria amministrazione; ha le funzioni di giudice istruttore nel giudizio di omologazione; promuove l eventuale dichiarazione di fallimento. C) Il commissario giudiziale I poteri del commissario giudiziale, rispetto a quelli del curatore fallimentare, sono anch essi limitati dalla conservazione nel debitore del potere di amministrare e disporre del suo patrimonio. Il commissario giudiziale, in particolare: verifica l elenco dei creditori e dei debitori presentato dall imprenditore; vigila sull amministrazione dei beni del debitore e sull esercizio dell impresa; 6 di 26

7 redige una relazione particolareggiata sulle cause del dissesto e sulla condotta del debitore; convoca i creditori e provvede ai vari avvisi agli stessi; valuta le garanzie offerte; esprime parere motivato sull omologazione; sorveglia sull adempimento del concordato dopo la sua omologazione. D) L assemblea dei creditori È tuttora discusso, in dottrina, se anche l assemblea dei creditori possa ricomprendersi fra gli organi della procedura di concordato preventivo. Si ricorderà, comunque, che l assemblea vota sulla proposta di concordato ma che il suo voto vincola il tribunale solo se negativo (mentre il voto favorevole non è vincolante) La procedura La procedura di concordato inizia con la domanda di ammissione, che consiste in un ricorso sottoscritto dall imprenditore e diretto al tribunale del luogo in cui si trova la sede principale dell impresa. Al ricorso, contenente il piano di ristrutturazione, devono essere allegati: una aggiornata relazione sulla situazione patrimoniale, economica e finanziaria dell impresa; uno stato analitico ed estimativo, delle attività; l elenco dei creditori e dei titolari dei diritti reali o personali su beni di proprietà o in possesso del debitore; il valore dei beni e i creditori particolari degli eventuali soci illimitatamente responsabili. Il piano e la documentazione devono essere accompagnati dalla relazione di un professionista iscritto nel registro dei revisori contabili, avente i requisiti per ricoprire il ruolo di curatore, il quale attesti la veridicità dei dati aziendali e la fattibilità del piano stesso. La proposta di concordato può essere modificata fino alle operazioni di voto (ari. 175 L. F., nel testo modificato dal decreto correttivo). Il procedimento si svolge in tre fasi: a) ammissione al concordato 7 di 26

8 La disciplina relativa alla prima fase di ammissione alla procedura di concordato preventivo è stata oggetto di due modifiche da parte del legislatore: la prima, avvenuta con il D.L. 35/2005; la seconda, più significativa, effettuata dal decreto correttivo alla riforma (D. Lgs. 12 settembre 2007, n. 169), che ha sistemato i difetti di coordinamento ed i problemi interpretativi sorti dal primo intervento. Tuttavia, come precisato nel decreto stesso, la nuova disciplina si applica solo per le procedure iniziate dopo il 1 gennaio 2008, mentre per quelle anteriori si continua ad applicare la normativa anteriore. Per risolvere i numerosi problemi interpretativi sollevati dalla dottrina, il legislatore, con il D.Lgs. l2settembre2007, n. 169, ha provveduto ad una totale riformulazione del contenuto dell art.162 L.F. Il decreto prevede la possibilità del tribunale, qualora accerti qualche problema nella redazione del piano in ordine alla sussistenza dei requisiti di ammissibilità, di concedere al debitore un termine, non superiore a quindici giorni, per apportare integrazioni al piano e produrre nuovi documenti. Se all esito di tale procedimento verifica che non ricorrono i presupposti e che il ricorso non ha i requisiti, sentito il debitore in camera di consiglio, dichiara inammissibile la proposta di concordato con decreto non soggetto a reclamo. Se, invece, l indagine ha esito positivo, il tribunale ammette, con decreto, il debitore alla procedura di concordato, nomina il giudice delegato, ordina la convocazione dei creditori entro trenta giorni, designa il commissario giudiziale e stabilisce il termine (non superiore a quindici giorni) entro cui il debitore deve depositare in cancelleria la somma, che secondo quanto previsto dal decreto correttivo, deve essere almeno pari al 50% delle spese che si presumono necessarie per l intera procedura o alla minor somma, non inferiore al 20% di esse, determinata dal giudice delegato. b) approvazione della proposta da parte dei creditori Alla deliberazione ed all approvazione della proposta di concordato è rivolta l adunanza dei creditori, alla quale hanno diritto di intervenire tutti i creditori esistenti alla data della proposta, secondo l elenco presentato dal debitore e verificato dal commissario, compresi anche quei creditori il cui credito sia contestato. Dalla votazione e dal computo delle maggioranze sono esclusi: i creditori con diritto di prelazione (pegno, privilegio o ipoteca su beni del debitore) ancorché la garanzia sia contestata, salvo che rinuncino a tale diritto. 8 di 26

9 Il decreto correttivo alla riforma, in vigore dal 1 gennaio 2008, ha effettuato una distinzione tra creditori privilegiati, per i quali è previsto nel piano il pagamento integrale, e creditori privilegiati per i quali è previsto un pagamento parziale, posto che non è più richiesta quale condizione di ammissibilità il pagamento di essi per intero (per cui possono essere soddisfatti anche in percentuale). I primi sono esclusi dal voto se non rinunciano in tutto o in parte alla prelazione, e per la parte di credito non coperta dalla garanzia sono equiparati, ai fini del voto stesso, ai chirografari; i secondi, invece, indipendentemente dalla rinuncia della garanzia, possono comunque votare per la parte di credito che non sarà soddisfatta, in quanto per essa sono equiparati ai chirografari; il coniuge, i parenti e gli affini fino al quarto grado del debitore; i cessionari e gli aggiudicatari dei crediti di questi ultimi da meno di un anno prima della proposta di concordato, La proposta è approvata se ottiene il voto favorevole dei creditori che rappresentino la maggioranza dei crediti ammessi al voto. Ove siano previste diverse classi di creditori, è necessario operare una distinzione. Infatti, prima dell intervento del decreto correttivo alla riforma, era previsto che il concordato fosse approvato se riportava il voto favorevole dei creditori che rappresentassero la maggioranza dei crediti ammessi al voto nella classe medesima. Il tribunale, però, riscontrato in ogni caso il raggiungimento della maggioranza prevista, poteva approvare il concordato nonostante il dissenso di una o più classi di creditori, se la maggioranza delle classi avesse approvato la proposta di concordato e qualora ritenesse che i creditori appartenenti alle classi dissenzienti potessero risultare soddisfatti dal concordato in misura non inferiore rispetto alle alternative concretamente praticabili. Il decreto correttivo ha sottratto al tribunale il potere di valutazione dapprima concessogli ed ha equiparato l ammissione del concordato preventivo a quanto previsto nel concordato fallimentare: infatti, per i procedimenti iniziati dopo il 1 gennaio 2008, stabilisce che, ove siano previste diverse classi di creditori, il concordato sia approvato quando siano presenti entrambe le seguenti le condizioni: la proposta riporti il voto favorevole dei creditori che rappresentino la maggioranza dei crediti ammessi al voto (presupposto quindi insopprimibile per tutti i tipi di concordato); tale maggioranza si verifichi inoltre nel maggior numero delle classi. 9 di 26

10 Se la proposta non è approvata, il giudice delegato ne riferisce al tribunale che deve dichiarare il fallimento, qualora vi siano le condizioni di insolvenza; c) omologazione Il tribunale fissa un udienza in camera di consiglio per la comparizione del debitore e del commissario giudiziale. Il debitore, il commissario, gli eventuali creditori dissenzienti e qualsiasi interessato devono costituirsi almeno 10 giorni prima dell udienza. Il tribunale, in assenza di opposizioni, verificata la regolarità della procedura e l esito della votazione (controllo di mera legittimità), approva il concordato con decreto motivato non reclamabile, senza effettuare alcuna indagine istruttoria. Se invece sono state proposte opposizioni il tribunale assume i mezzi istruttori richiesti dalle parti o disposti di ufficio, anche delegando uno dei componenti del collegio. Nell ipotesi in cui siano presenti più classi di creditori e la maggioranza sia stata raggiunta anche considerando il numero delle classi favorevoli, qualora un creditore appartenente ad una classe dissenziente contesti la convenienza della proposta, il tribunale può omologare il concordato qualora ritenga che il credito possa risultare soddisfatto dal concordato in misura non inferiore rispetto alle alternative concretamente praticabili. La disciplina (formulata dall art. 180 L.F.) modificata dal decreto correttivo, ricalca pressappoco quella precedente a tale intervento. L unica differenza significativa consiste nell aver previsto l istruttoria del tribunale solo in presenza di opposizioni sollevate dai creditori. Il decreto è comunicato al debitore e al commissario giudiziale, che provvede a darne notizia ai creditori, ed è soggetto alla stessa pubblicità prevista per la sentenza dichiarativa di fallimento. L omologazione deve intervenire nel termine di sei mesi dalla presentazione del ricorso; il termine può essere prorogato per una sola volta dal tribunale di sessanta giorni Annullamento e revoca del concordato Il concordato può essere: risolto, in caso di inadempimento degli obblighi con esso assunti; annullato, se sia scoperta una esagerazione dolosa del passivo o una sottrazione o dissimulazione dell attivo. 10 di 26

11 Si applicano le regole relative alla risoluzione ed all annullamento del concordato fallimentare. Il decreto correttivo (D.Lgs. 12 settembre 2007, n. 169) ha apportato due principali modifiche alla disciplina. In primo luogo, ha condizionato la risoluzione del concordato alla non scarsa importanza dell inadempimento, in coerenza con l accentuata natura privatistica dell istituto (art c.c.). Inoltre, viene eliminata la possibilità di iniziativa d ufficio del procedimento di risoluzione, la cui legittimazione è ora concessa ai soli creditori, in armonia con la generale abolizione dell iniziativa officiosa in tutta la procedura fallimentare. Alla risoluzione o all annullamento può conseguire la dichiarazione di fallimento, qualora ne sussistano i presupposti e ne facciano istanza i creditori o il P.M Accordi di ristrutturazione dei debiti e transazione fiscale Nell ambito della disciplina del concordato preventivo, il D.L. 35/2005 ha introdotto la possibilità per il debitore di stipulare con i creditori un accordo stragiudiziale di ristrutturazione dei debiti, che gli consenta di far fronte alla crisi dell impresa attraverso un piano concordato con la maggioranza dei suoi creditori. L accordo deve essere sottoscritto dai creditori che rappresentano almeno il 60% del passivo del debitore e deve garantire l integrale e tempestivo pagamento dei creditori che non hanno partecipato alla sua stipulazione. Il decreto correttivo alla riforma ha chiarito che l accordo può essere presentato dall imprenditore che si trova «in stato di crisi», quindi non ancora pervenuto nella più grave situazione di insolvenza. Se tale imprenditore intende chiedere l omologazione dell accordo, deve depositarlo nella cancelleria del tribunale, unitamente alla documentazione prevista dall art. 161 L.F. (relativa alla proposta di concordato preventivo) e ad una relazione redatta da un esperto sull attuabilità di esso. Il D.Lgs. 12 settembre 2007, n. 169 ha inoltre introdotto una disposizione volta a tutelare in modo automatico ed immediato il patrimonio dell imprenditore da eventuali iniziative cautelari ed esecutive proposte da terzi estranei all accordo: infatti, dalla data di pubblicazione dell accordo nel registro delle imprese e per 60 giorni, i creditori per titolo e causa anteriore a tale data non possono iniziare o proseguire azioni esecutive o cautelari sul patrimonio del debitore. Per tale periodo, in analogia a quanto avviene nel fallimento, rimangono sospese le prescrizioni che sarebbero state interrotte dalle azioni esecutive e le decadenze non si verificano. 11 di 26

12 L accordo è poi pubblicato nel registro delle imprese (momento da cui acquista efficacia) ed i creditori ed ogni altro interessato possono proporvi opposizione entro 30 giorni. Prima dell intervento del decreto correttivo il decreto di omologazione del concordato era appellabile, entro quindici giorni dalla comunicazione, da parte degli opponenti e del debitore e contro la sentenza di appello era ammesso ricorso per Cassazione entro sessanta giorni dalla sua comunicazione. Il D.Lgs. 169/2007 alla riforma ha invece previsto la più coerente reclamabilità del decreto di omologazione (nuovo art. 183 L.F.), in virtù della nuova natura ditale provvedimento (decreto e non sentenza) pronunciato all esito di un procedimento camerale. È stata quindi completata e coordinata la disciplina introdotta dal D.L. 35/2005. Il reclamo è proponibile alla Corte d appello, la quale provvede in camera di consiglio. 12 di 26

13 2 L amministrazione controllata La riforma ha soppresso l istituto dell amministrazione controllata, abrogando l intero Titolo IV e gli articoli ad esso relativi della legge fallimentare. Questa procedura concorsuale non aveva trovato una grande applicazione pratica e si era rivelata inidonea a tutelare l interesse collettivo alla conservazione delle imprese risanabili, anche perché era subordinata all approvazione dei creditori, i quali sono sostanzialmente indifferenti al raggiungimento dello scopo da essa perseguito (la dilazione dei pagamenti a vantaggio del debitore) e sono invece riluttanti a concedere lunghe moratorie alla soddisfazione dei crediti. Tuttavia la riforma non ha inteso privare le imprese in difficoltà finanziarie non ancora sfociate nell insolvenza di una forma di tutela, in quanto ha contestualmente allargato l ambito di applicazione del concordato preventivo, prevedendo quale requisito alla sua ammissione lo «stato di crisi» cioè una situazione di difficoltà. Quello che era il presupposto dell amministrazione controllata è stato quindi assorbito nel concordato preventivo, allo scopo non di diminuire le possibilità di recupero delle imprese in difficoltà temporanea, bensì di aumentare le facoltà di risanamento tramite una più idonea procedura recuperatoria dell attività d impresa. L amministrazione controllata, quindi, non può più essere iniziata a partire dal 16 luglio 2006, data di entrata in vigore della riforma, mentre sono proseguite e proseguiranno sino al loro completamento le amministrazioni già iniziate a tale data, le quali continueranno ad essere disciplinate dalla regolamentazione prevista dalla precedente codificazione. Di conseguenza, considerata la permanenza seppur transitoria dell istituto, diamo conto sinteticamente delle sue caratteristiche. L amministrazione controllata è un mezzo che la legge concede al debitore in temporanea difficoltà per prevenire l insolvenza stessa, e perciò la dichiarazione di fallimento, allorquando esistano comprovate possibilità di risanare l impresa. La finalità della procedura si traduce in una generale moratoria a vantaggio dell imprenditore commerciale debitore; in una dilazione che i creditori (la maggioranza) concedono al debitore per la estinzione integrale dei debiti, in un periodo di tempo non superiore a due anni, mentre l impresa continua la sua attività sotto la gestione del debitore, controllata da un commissario e diretta dal giudice. 13 di 26

14 Il patrimonio dell imprenditore frattanto resta «bloccato» nei confronti dei creditori, i quali non possono più aggredirlo con azioni esecutive e quindi disintegrarlo. Dunque, mentre il fallimento e la liquidazione coatta amministrativa tendono al soddisfacimento dei creditori mediante la liquidazione di tutti i beni del debitore, l amministrazione controllata, invece, ha per scopo il ristabilimento della vita normale dell impresa, affinché l imprenditore possa soddisfare regolarmente le proprie obbligazioni. 2.1 Presupposti e Condizioni di ammissibilità - Organi A) Presupposti Oltre alla qualità di imprenditore commerciale del debitore, l amministrazione controllata presuppone una temporanea difficoltà di far fronte ai pagamenti, che è cosa ben diversa dall insolvenza. Mentre, infatti, l insolvenza è una situazione irreversibile, nel senso che l imprenditore non è più in grado definitivamente di far fronte ai propri debiti, la temporanea difficoltà è, invece, una situazione reversibile, nel senso che attualmente il debitore non può far fronte regolarmente (cioè puntualmente) ai propri creditori, ma lo potrà fare in seguito, se gli viene concessa una dilazione per superare la momentanea crisi. Ulteriore presupposto della procedura è l esistenza di comprovate possibilità di risanare l impresa: il beneficio è perciò escluso quando tale risultato si prospetti come incerto o improbabile. Infine, il debitore deve essere ritenuto dal tribunale meritevole del beneficio. B) Condizioni di ammissibilità Sono identiche a quelle del concordato preventivo, di cui all art. 160 L.F. Si ricordi che l art. 160 L.F., che elenca le condizioni per l ammissione al concordato preventivo, è stato profondamente modificato, prima dell entrata in vigore della riforma fallimentare, dal cd. «decreto competitività». C) Organi Sono gli stessi del concordato preventivo ed hanno funzioni analoghe; in più vi è il comitato dei creditori, organo consultivo che assiste il commissario giudiziale. 14 di 26

15 Il commissario giudiziale deve riferire al giudice delegato ogni due mesi sull andamento dell impresa e deve altresì denunciare tutti quei fatti che possano consigliare la revoca dell amministrazione controllata. 2.2 Procedimento Legittimato a proporre la domanda di ammissione alla procedura è il solo debitore. La domanda si propone con ricorso in cui vanno indicate le cause della temporanea difficoltà e l utilità connessa alla richiesta amministrazione controllata: al ricorso vanno allegati i libri obbligatori dell impresa, uno stato analitico ed estimativo delle attività e l elenco nominativo dei creditori con le somme ad essi dovute. La procedura dell amministrazione controllata è la seguente: sulla domanda decide il tribunale, valutate le condizioni richieste per l ammissibilità, e la decisione può essere di rigetto (nel qual caso può dichiarare il fallimento, se ne ricorrono i presupposti) o di accoglimento, nel quale ultimo caso procede alla nomina del giudice delegato; fissa la convocazione dei creditori non oltre 30 giorni; designa il commissario giudiziale; fissa il termine, non superiore agli otto giorni, entro il quale il debitore deve depositare l importo presumibile delle spese della procedura; sulla proposta dei debitore votano i creditori all adunanza fissata dal tribunale, secondo le seguenti regole: la proposta è approvata se ottiene il voto favorevole della maggioranza dei creditori che rappresenti la maggioranza dei crediti chirografari; ai fini del calcolo della maggioranza si tiene conto anche dei voti pervenuti per lettera prima della chiusura delle operazioni ; manca una fase di omologazione della proposta, in quanto è lo stesso giudice delegato che, accertato il raggiungimento della maggioranza, provvede con decreto a nominare il comitato dei creditori; tale decreto è reclamabile da ogni interessato, entro 10 giorni, davanti al tribunale. 2.3 Effetti In seguito al decreto di ammissione: tutto il patrimonio del debitore, e non solo la gestione dell impresa, resta assoggettato all amministrazione controllata; 15 di 26

16 gli altri effetti sono analoghi a quelli del concordato preventivo. 2.4 La chiusura della procedura A) Generalità La procedura si chiude per scadenza del termine o, anche prima, quando il debitore dimostri di essere in grado di fare fronte ai suoi debiti. Qualora, invece, trascorso il termine concesso (due anni al massimo), il debitore non sia in grado di pagare integralmente i creditori, sono possibili due soluzioni: la conversione in concordato preventivo (a domanda del debitore); la conversione in fallimento. B) Conversione in concordato preventivo Il debitore alla fine del termine, o nel corso dello stesso qualora si renda conto che l impresa non è in grado di rimettersi in sesto, può chiedere il concordato preventivo sempre che, naturalmente, il giudice delegato non abbia già promosso la dichiarazione di fallimento. La domanda di concordato importa rinuncia alla procedura di amministrazione controllata: sulla stessa si pronuncia il tribunale. C) Conversione in fallimento La conversione in fallimento può verificarsi in svariate ipotesi: se al termine fissato l insolvenza permane e non vi è stata domanda di concordato; in ogni tempo, quando emerga l inutilità del procedimento in corso; quando si accerti il difetto delle condizioni richieste dalla legge; quando emergano atti fraudolenti o non autorizzati del debitore. La conversione in fallimento è promossa dal giudice delegato, accertata l inutilità della prosecuzione della procedura o il suo cattivo esito; essa segue il corso normale, ma i termini subiscono una abbreviazione. I creditori divenuti tali nel corso della procedura di amministrazione controllata (cd. creditori di massa) hanno, nel fallimento successivo, posizione preferenziale rispetto ai creditori chirografari anteriori. 16 di 26

17 3 La liquidazione coatta amministrativa La legge fallimentare prevede una speciale procedura concorsuale, la liquidazione coatta amministrativa, per particolari categorie di imprese per le quali, o perché lo Stato vi è direttamente impegnato o per gli interessi che esse rispecchiano, il dissesto ha notevoli ripercussioni di portata generale. A titolo esemplificativo, sono assoggettate alla procedura di liquidazione coatta amministrativa: le imprese di assicurazione (D.Lgs. 7 settembre 2005, n. 209); le società cooperative (art terdecies); le banche (T.U. i settembre 1993, n. 385); le società fiduciarie e di revisione (L. 1 agosto 1986, n. 430); le società di intermediazione mobiliare e le cd. imprese di investimento (T.U. 24 febbraio 1998, n. 58, come da ultimo modificato dal D.Lgs. 17 settembre 2007, n. 164). 3.1 Rapporti con il fallimento Regola generale è che la liquidazione coatta amministrativa esclude il fallimento. Vi sono, tuttavia, imprese per le quali le varie leggi speciali prevedono anche la possibilità, accanto alla liquidazione coatta, del fallimento; in tal caso vale il principio di prevenzione, e cioè fra i due istituti prevale quello che sia stato richiesto per primo: l apertura della liquidazione coatta preclude la dichiarazione di fallimento, e questa preclude la prima. 3.2 I presupposti della liquidazione coatta amministrativa Mentre, per il fallimento, unico presupposto oggettivo è lo stato d insolvenza, per la liquidazione coatta amministrativa le varie leggi speciali vigenti in materia prevedono una vasta gamma di presupposti. Questi, possono schematicamente così raggrupparsi: a) lo stato di insolvenza; 17 di 26

18 b) violazioni di norme o di atti amministrativi che comportino irregolare funzionamento dell impresa (es.: esercizio dell impresa senza autorizzazione; inosservanza degli obblighi e delle direttive imposte; mancata costituzione di garanzie etc.); e) motivi di pubblico interesse che, a giudizio insindacabile della Pubblica Autorità, impongano la soppressione dell ente. 3.3 Il provvedimento di liquidazione La liquidazione coatta è disposta sempre dalla Pubblica Amministrazione, con decreto che deve essere pubblicato integralmente nella Gazzetta Ufficiale, entro 10 giorni dalla sua emanazione, e comunicato per l iscrizione all Ufficio del registro delle imprese. Tale provvedimento è impugnabile davanti all autorità giurisdizionale amministrativa. La P.A. provvede altresì, con esso o con altro provvedimento successivo, alla nomina del commissario liquidatore e del comitato di sorveglianza. 3.4 L accertamento dello stato di insolvenza La circostanza che un impresa sia assoggettata a liquidazione coatta amministrativa non vieta, però, che venga accertato giudizialmente lo stato d insolvenza dell impresa medesima. Il legislatore, anzi, ha espressamente previsto la possibilità di questo accertamento, proprio per consentire la soddisfazione dei creditori con gli stessi mezzi predisposti per il concorso fallimentare. L accertamento giudiziario dello stato d insolvenza può essere sia anteriore sia successivo al provvedimento di liquidazione. La competenza spetta al tribunale del luogo dove l impresa ha la sede principale, il quale provvederà con sentenza pronunciata in camera di consiglio. Nel caso di accertamento anteriore, la sentenza deve essere comunicata (entro tre giorni) all autorità amministrativa competente, che deve disporre la liquidazione. In analogia a quanto previsto per il fallimento, il legislatore della riforma e del successivo decreto correttivo ad essa (D.Lgs. 12 settembre 2007, n. 169) ha soppresso il giudizio di primo grado di opposizione alla sentenza di accertamento dell insolvenza promosso avanti al tribunale, disponendo che nei confronti di essa può essere proposto direttamente reclamo, da qualunque interessato, entro 30 giorni, a norma dell art. 18 L.F, nuovo testo. La parte che propone l appello 18 di 26

19 può inoltre richiedere alla Corte la sospensione, in tutto o in parte, o anche solo temporaneamente, della liquidazione dell attivo eventualmente già iniziata. La decisione della Corte d appello sarà poi ricorribile in Cassazione. Si ricorda che le modifiche introdotte dal D.Lgs. 169/2007 entrano in vigore a partire dal 1 gennaio Gli organi della liquidazione coatta Sono organi della liquidazione coatta: il commissario liquidatore, l autorità di vigilanza ed il comitato di sorveglianza. A) Il commissario liquidatore Il commissario liquidatore è organo individuale o collettivo: in genere, infatti, è un soggetto singolo; tuttavia nelle imprese di maggiore rilievo le funzioni di liquidatore possono essere affidate a tre membri, che deliberano a maggioranza ed esercitano congiuntamente i poteri di rappresentanza. Sostanzialmente il commissario liquidatore che è pubblico ufficiale ha funzioni e poteri analoghi al curatore fallimentare; ad esso spettano, inoltre, alcuni compiti che nel fallimento sono di pertinenza del giudice delegato. Il commissario, tra l altro: prende in consegna i beni (e provvede, se necessario, alloro inventario), nonché le scritture ed i documenti contabili; provvede all amministrazione del patrimonio ed alla gestione dell impresa durante la liquidazione; riceve dall imprenditore il conto della gestione relativa al tempo successivo all ultimo bilancio; presenta, alla fine di ogni semestre, all autorità vigilante una relazione sulla situazione patrimoniale e sull andamento della gestione (accompagnata da un rapporto del comitato di sorveglianza); sovraintende all accertamento dello stato passivo, secondo le modalità di cui agli artt. 207 e Ss. L.F.; 19 di 26

20 è legittimato a promuovere l azione di revoca degli atti in frode e ad esercitare l azione di responsabilità contro gli amministratori e gli organi di controllo dell impresa (previa autorizzazione dell autorità vigilante); procede alle operazioni di liquidazione. Il commissario liquidatore agisce sotto le direttive ed il controllo dell autorità amministrativa di vigilanza, che ne autorizza gli atti di straordinaria amministrazione. Egli deve esercitare le sue funzioni con diligenza e personalmente; risponde del suo operato all autorità di vigilanza, che può revocarlo. B) L autorità di vigilanza L autorità di vigilanza esercita le stesse funzioni del giudice delegato e del tribunale nel fallimento, salvo quelle affidate al commissario. In particolare: può proporre al tribunale la dichiarazione dello stato di insolvenza; nomina e revoca il commissario liquidatore; autorizza il liquidatore a compiere quegli atti per i quali la legge richiede l autorizzazione; fissa le direttive cui deve attenersi il commissario; sovraintende alle operazioni di liquidazione in senso stretto. C) Il comitato di sorveglianza Il comitato di sorveglianza, formato da tre o cinque membri scelti tra persone esperte nel ramo di attività esercitata dall impresa, possibilmente creditori, è organo prettamente consultivo. In caso di liquidazione di società cooperative tale organo è facoltativo. I pareri del comitato, anche quando sono obbligatori, non sono vincolanti. 3.6 Gli effetti del provvedimento di liquidazione A) Carenza di effetti personali L imprenditore messo in liquidazione coatta amministrativa non deve soggiacere all obbligo di comunicazione della propria residenza imposto al fallito dall art. 49 L.F., nuovo testo. 20 di 26

21 Non si applicano, inoltre, ai soggetti sottoposti a liquidazione coatta tutte le incapacità personali di diritto pubblico che colpiscono il fallito: funzioni di giurato o giudice onorario, funzioni di tutore e curatore, incapacità di borsa etc. B) Effetti patrimoniali Con la messa in liquidazione sono sospese, per le persone giuridiche e le società, le funzioni dell assemblea e degli organi di amministrazione e di controllo, salvo che per la proposta di concordato. Si trasferiscono, inoltre, al commissario liquidatore la disponibilità e l amministrazione dei beni. Gli atti ed i pagamenti posti in essere dal debitore successivamente alla pubblicazione del provvedimento di liquidazione sono inefficaci. C) Effetti processuali Le azioni esecutive e cautelari individuali restano bloccate, sia pure con alcune eccezioni previste dalla legislazione speciale (es.: per le cooperative, per gli istituti di credito fondiario, per l esecuzione fiscale etc.). Nelle controversie anche in corso, relative a rapporti di diritto patrimoniale dell impresa, sta in giudizio il commissario liquidatore: è però concessa all ente assoggettato a liquidazione coatta la facoltà di intervenire nei giudizi dai quali può dipendere una imputazione di bancarotta, o quando l intervento è previsto dalla legge. 3.7 Il procedimento Le fasi essenziali della liquidazione coatta sono: l accertamento del passivo, che è compiuto dal commissario liquidatore sulla base delle scritture contabili e dei documenti dell impresa. Se in tale fase sorgono controversie, la loro risoluzione è rimessa al tribunale, nelle forme stabilite per le opposizioni e le impugnazioni dei creditori in sede di fallimento: si ha, così, l inserimento di una vera e propria fase giurisdizionale nella fase prettamente amministrativa di accertamento del passivo, allo scopo di fornire un adeguata tutela ai diritti dei creditori opponenti e del debitore. Il decreto correttivo alla riforma (D.Lgs. 12 settembre 2007, n. 169), applicabile alle procedure iniziate dopo il 1 gennaio 2008, ha integrato l art, 209 L.F. prevedendo, infatti, che alle impugnazioni, alle domande tardive e alle domande di 21 di 26

22 rivendica e restituzione si applichi la disciplina del fallimento, sostituendo al giudice delegato il giudice istruttore e al curatore il commissario liquidatore; la liquidazione dell attivo spetta, ugualmente, al commissario liquidatore (nel caso di vendita di immobili o di vendita in blocco di tutti i mobili occorre il parere favorevole del comitato di sorveglianza e l autorizzazione dell autorità di vigilanza); il riparto finale del ricavato è attuato nei modi stabiliti dalla legge fallimentare: sono ammessi riparti parziali. 22 di 26

23 4 L amministrazione straordinaria delle grandi imprese in crisi L amministrazione straordinaria delle grandi imprese in crisi è una procedura concorsuale, introdotta con il D.L. 30 gennaio 1979, n. 26 (conv. nella L. 3 aprile 1979, n. 95, cd. Legge Prodi), e successivamente integrato da numerosi interventi legislativi). Quest ultima è stata poi abrogata e sostituita dal D.Lgs. 8 luglio 1999, n La nuova procedura concorsuale è nata per realizzare finalità non raggiungibili con le procedure tradizionali, in quanto tende a conciliare il soddisfacimento dei creditori dell imprenditore insolvente con il salvataggio del complesso produttivo e del livello occupazionale. Il primo aspetto sul quale la nuova disciplina è intervenuta è quello che riguarda i requisiti delle imprese per poter accedere ai benefici di tale procedura. In particolare, è necessario che le imprese non piccole e di natura privata: abbiano un numero di dipendenti pari o superiore a 200 unità (in luogo delle 300 richieste dalla previgente normativa); abbiano una esposizione debitoria pari almeno ai due terzi dell attivo patrimoniale e dei ricavi provenienti dalle vendite e dalle prestazioni dell ultimo esercizio (in precedenza il requisito dell esposizione debitoria era stabilito annualmente in cifra fissa dal Ministero competente). È inoltre necessario che per tali imprese venga accertata, da parte del commissario giudiziale, sentito il Ministro dello sviluppo economico, la sussistenza di concrete possibilità di recupero dell equilibrio economico. Accanto a due requisiti oggettivamente valutabili in base a precisi parametri, la nuova disciplina prevede, dunque, un requisito ulteriore, valutabile discrezionalmente dal commissario giudiziale. Ciò per non rendere automatico l accesso alla procedura, evitando così che ne beneficino imprese che, pur in possesso dei requisiti fissati, per i più svariati ordini di motivi non siano comunque concretamente in grado di recuperare la loro posizione sul mercato. 23 di 26

24 4.1 La procedura È il tribunale, in composizione collegiale, del luogo in cui l impresa ha la sede principale che dispone l apertura della procedura, su ricorso dell imprenditore, di uno o più creditori, del pubblico ministero ovvero d ufficio, con sentenza dichiarativa con cui: dichiara lo stato di insolvenza; nomina uno o, nei casi di particolare complessità, tre commissari giudiziali, su indicazione del Ministero dello sviluppo economico o,in caso di inerzia, di propria iniziativa; nomina il giudice delegato; ordina all imprenditore di depositare entro due giorni in cancelleria le scritture contabili e i bilanci; stabilisce la data per l udienza di verifica dello stato passivo. Il commissario giudiziale predispone, nel termine di 30 giorni, la relazione sulle cause del dissesto e sull esistenza delle condizioni per il recupero aziendale e la presenta al tribunale che, raccolto il parere dal Ministero dello sviluppo economico depositato in cancelleria, può dichiarare con decreto l apertura dell amministrazione straordinaria oppure, qualora non intraveda le prospettive di recupero, dichiarare con decreto il fallimento. Contro il decreto del tribunale, chiunque vi abbia interesse può proporre reclamo alla Corte d appello, entro 15 giorni. La procedura di amministrazione straordinaria può attuarsi attraverso due meccanismi alternativi fra di loro: un programma di cessione dei complessi aziendali, con finalità liquidatorie, della durata massima di un anno; un programma di ristrutturazione aziendale, con finalità conservative e rinnovative, della durata massima di due anni. Durante tale periodo la continuazione delle attività si svolge sotto la vigilanza di uno o tre commissari straordinari (nominati dal Ministro dello sviluppo economico), ai quali è affidata la gestione dell impresa, amministrazione dei beni dell impresa insolvente e la predisposizione del programma di attuazione della procedura, e di un comitato di sorveglianza (sempre di nomina ministeriale), con funzioni consultive. Anche sul piano della gestione amministrativa si assiste con la nuova disciplina ad una drastica semplificazione: in particolare, il controllo preventivo sugli atti dei commissari riguarda ora quelli di maggiore rilevanza e di valore superiore ad un limite fissato per legge. In caso di esito 24 di 26

25 negativo della procedura, al termine del periodo prestabilito, ovvero in qualsiasi momento nel corso di essa, qualora risulti che la stessa non possa essere utilmente proseguita, il tribunale dispone con decreto la conversione dell amministrazione in fallimento. Il decreto di conversione è comunicato e affisso dalla cancelleria con le stesse modalità viste per l ammissione all amministrazione straordinaria. In caso, invece, di esito positivo il tribunale con decreto motivato dichiara la chiusura della procedura. 4.2 La procedura d urgenza per il risanamento aziendale Con la legge 18 febbraio 2004 n. 39, di conversione, con modifiche, del DL. 23dicembre 2003 n. 347, il Parlamento ha introdotto una normativa speciale diretta a disciplinare le conseguenze dello stato di insolvenza di grandi imprese, in ipotesi di situazioni di crisi particolarmente rilevanti. A gestire lo stato di insolvenza di società o di gruppi che rivestano una particolare rilevanza, sotto il profilo economico e sociale, non è stata, pertanto, ritenuta adeguata la normativa con cui il D.Lgs, n. 270/1999 disciplina attualmente il ricorso alla procedura di amministrazione straordinaria delle imprese in stato di insolvenza, e ciò sia per la complessità delle fasi, sia per la caratterizzazione prevalentemente «liquidatoria» della procedura. Per accedere alla procedura d urgenza di ristrutturazione economica e finanziaria, l impresa deve possedere congiuntamente i seguenti requisiti: a) lavoratori subordinati, compresi quelli ammessi al trattamento di integrazione dei guadagni, non inferiore a 5 da almeno un anno; b) debiti,inclusi quelli derivanti da garanzie rilasciate, per un ammontare complessivo non inferiore a 300 milioni di euro. L impresa che si trovi in tali condizioni può richiedere al Ministro dello sviluppo economico, presentando contestuale ricorso per la dichiarazione dello stato di insolvenza al tribunale del luogo in cui ha la sede principale, l ammissione immediata alla procedura di amministrazione straordinaria, posticipando, dunque, la fase preliminare di accertamento prevista dal D.Lgs. n. 270/1999. Il Ministro delle attività produttive, se valuta positivamente l istanza, provvede all ammissione immediata dell impresa alla procedura di amministrazione straordinaria ed alla 25 di 26

26 nomina del commissario straordinario, comunicando contestualmente la propria decisione al tribunale competente. Se, pertanto, è all Autorità amministrativa che è demandato il compito di disporre, valutati i requisiti dimensionali e le motivazioni della richiesta, l ammissione immediata alla procedura di amministrazione straordinaria, con la contestuale nomina del commissario straordinario, permane, invece, in capo all organo giudiziario, la competenza a deliberare, con sentenza, lo stato di insolvenza dell impresa. Qualora il tribunale respinga la dichiarazione dello stato di insolvenza ovvero accerti la insussistenza di uno dei requisiti dimensionali prescritti dall art. 1 del provvedimento in esame, è disposta la cessazione degli effetti del decreto di ammissione immediata all amministrazione straordinaria. Tuttavia, allo scopo di evitare che vengano pregiudicati i terzi per operazioni nel frattempo intercorse, vengono fatti «salvi gli effetti e gli atti legalmente compiuti dagli organi della procedura». Quanto ai poteri del commissario straordinario, questi: provvede, sino alla dichiarazione dello stato di insolvenza, all amministrazione dell impresa, compiendo ogni atto utile all accertamento dello stato di insolvenza medesimo; entro 180 giorni dalla data del decreto di nomina, presenta al Ministro dello sviluppo economico il programma di ristrutturazione finanziaria ed economica dell impresa. Contestualmente, il commissario presenta al giudice delegato la relazione contenente la descrizione particolareggiata delle cause di insolvenza, accompagnata dallo stato analitico ed estimativo delle attività e dall elenco nominativo dei creditori, con l indicazione dei rispettivi crediti e delle cause di prelazione; può richiedere al Ministro dello sviluppo economico l ammissione alla procedura di amministrazione straordinaria di altre imprese del gruppo, presentando contestuale ricorso per la dichiarazione dello stato di insolvenza al tribunale. Qualora il piano di ristrutturazione non dovesse essere autorizzato dall Autorità amministrativa e non fosse possibile adottare un programma di cessione dei complessi aziendali, il tribunale, sentito il commissario straordinario, dovrà disporre la conversione della procedura di amministrazione straordinaria in fallimento. Viceversa, in caso di mancata autorizzazione del programma di ristrutturazione, l eventuale programma di cessione che possa essere attuato avrà la durata di due anni (e non già di un anno, come previsto dal D.Lgs. 270/1999). 26 di 26

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