Giulio Cesare Giacobbe. L insegnamento originale di Buddha

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1 Giulio Cesare Giacobbe L insegnamento originale di Buddha

2 2 Editore data di edizione Proprietà esclusiva Giulio Cesare Giacobbe

3 3 Il Buddha è colui che ha fatto il Grande Salto. Il Buddha è colui che ha visto la Realtà. Il Buddha è colui che si è liberato dagli attaccamenti. Il Buddha è colui che non è più né bimbo né adulto né genitore. Il Buddha è colui che è al di là del mondo, della vita e della morte. Tu sei quello.

4 4 Introduzione Dedurre l insegnamento originale di Buddha dall'enorme letteratura buddhista non è impresa facile. 1 I Canoni (tradizioni) principali sono tre: Pâli, Cinese e Tibetano nelle rispettive lingue. Ad essi si aggiungono numerosissimi commenti e trattati separati, scritti in diverse lingue dai moltissimi studiosi che si sono succeduti nei secoli. Di tutte le scritture buddhiste il Canone Pâli è il più antico e quindi il più attendibile. 2 Assumerò quindi questo Canone come fonte principale per le citazioni. Ad esso affiancherò il Buddhacarita, poema composto probabilmente nella prima metà del I sec. d.c. da Ashvaghosa, e il Dhammapada, poema anonimo risalente al III sec. d.c., i quali contengono passi interessanti alla comprensione dell insegnamento originale. Le citazioni saranno variate nella forma (ma non nella sostanza) per una più immediata e più facile comprensione da parte del lettore moderno, specialmente occidentale. Il Canone Pâli è detto Tripitaka («tre canestri») perché è diviso in tre parti: il Vinayapitaka, riguardante le regole di condotta dei monaci, l Abhidhammapitaka, esponente la dottrina (intesa come teoria) e il Suttapitaka, contenente i discorsi del Buddha come sono stati tramandati dalla tradizione. È da quest ultima parte, principalmente, che prenderò gli spunti per ricostruire l insegnamento originale del Buddha. 1 «La massa degli scritti buddhisti è veramente enorme, e copre decine di migliaia di pagine. Il Canone Pâli, che è limitato ad un unica setta, riempie 45 enormi volumi nella edizione completa siamese, esclusi i commenti. I Canoni cinese e tibetano, dall altra parte, comprendono l opera di tutte quelle scuole che lasciarono il loro segno in Cina e in Tibet. Nella più recente edizione giapponese le Scritture Cinesi constano di 100 volumi di pagine stampati con caratteri minuscoli, mentre quelle Tibetane occupano 325 volumi.» (E. Conze, Buddhist Scriptures, 1959; trad. it. Scritture buddhiste, Ubaldini, Roma, 1973, pag. 7). 2 La lingua Pâli (versione popolare del sanscrito) era la lingua parlata nella regione in cui il Buddha visse: quindi quella da lui effettivamente usata.

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6 6 L illuminazione Ogni giorno Siddhartha praticava la contemplazione camminata lungo la riva del fiume e dedicava il resto del tempo alla contemplazione seduta. Smise di affidarsi alla tradizione e alle scritture, per cercare da solo la Via. Ritornò a se stesso per imparare dai propri successi e dai propri errori. Non temeva più il piacere che la contemplazione dava alla sua mente e al suo corpo e un senso di pace e di benessere lo pervadeva. Non tentava più di fuggire dalle sensazioni e dai pensieri, ma osservava il loro sorgere, il loro poco durare e il loro finire, mantenendone la coscienza. Rinunciando al desiderio di fuggire dal mondo dei fenomeni, rimase fermo nel mondo dei fenomeni e scoprì di essere perfettamente presente a se stesso. Siddhartha passava dalla contemplazione sul corpo a quella sulle sensazioni, dalla contemplazione sulle sensazioni a quella sui pensieri. Vide che i pensieri nascono e svaniscono nella mente. Vide l unità di mente e corpo, vide che ogni cellula del corpo contiene la saggezza dell universo. Capì che doveva semplicemente guardare più a fondo in un granello di polvere per ritrovarvi il vero volto dell intero universo, perché il granello di polvere è in se stesso l universo e, se non esistesse, nemmeno l universo esisterebbe. Siddhartha superò l idea di un sé permanente e indipendente, l anima, e trasalì comprendendo di essere stato fino ad allora imprigionato nella falsa idea dell anima come la presentavano i Veda. In realtà tutte le cose sono prive di un sé permanente e indipendente. Il non-sé è la vera natura dell esistenza.

7 Giorno e notte Siddhartha sedette sotto l albero di pippala, mentre nuovi livelli di coscienza si risvegliavano in lui come abbaglianti lampi di luce. Fu precisamente in quei giorni, in cui Siddhartha faceva tali e tanti progressi nel cammino, che comparve Svasti, il giovane guardiano di bufali. Siddhartha accettava con gioia le bracciate di erba kusa appena tagliata che il ragazzo undicenne gli portava. E benché Sujata, Svasti e i loro amici non fossero che bambini, Siddhartha parlava loro della sua nuova conoscenza. Era felice di vedere la facilità con cui quei bambini di campagna, privi di istruzione, capivano le sue parole. Ne fu rincuorato, e seppe che la porta della perfetta illuminazione si sarebbe aperta presto. Siddhartha sapeva di avere ormai la chiave meravigliosa: la verità della natura interdipendente e priva di un sé di tutti i fenomeni. Ai piedi dell albero di pippala Siddhartha raccolse il suo formidabile potere di concentrazione nell esame del corpo. Vide che ogni cellula del corpo è come una goccia d acqua immersa nel fiume infinito di nascita esistenza e morte, senza riuscire a trovare nel corpo una sola cosa che rimanga immutata o di cui sia lecito dire che costituisca un Sé permanente e indipendente. Mescolato con il fiume del corpo scorre il fiume delle sensazioni, in cui ogni goccia d acqua è una sensazione. E anche queste gocce si accavallano in un processo continuo di nascita esistenza e morte. Con potente concentrazione, Siddhartha investigò quindi il fiume del pensiero, che scorre intrecciato al fiume del corpo e delle sensazioni. Le gocce del fiume del pensiero si frammischiano influenzandosi l un l altra, in un identico processo di nascita esistenza e morte. Se il pensiero è corretto, la realtà si rivela; se è distorto, la realtà si vela. Gli uomini sono eternamente preda della sofferenza a causa del pensiero distorto: credono permanente ciò che è impermanente, dotato di un sé ciò che è privo di un sé, soggetto a nascita e morte ciò che non soffre né nascita né morte in quanto non esistente, e dividono ciò che non si può dividere, l universo. Quindi illuminò con la coscienza gli stati mentali che causano la sofferenza: desiderio, brama, paura, ira, odio, arroganza, gelosia, avidità e ignoranza. La coscienza divampò in lui come un sole radiante, e Siddhartha usò il sole della coscienza per illuminare la natura di questi stati mentali negativi. Vide come tutti nascono a causa dell ignoranza dell impermanenza, a causa della falsa convinzione che esistano dei sé, delle sostanze, permanenti e indipendenti. E l esatto contrario della coscienza. La credenza nella permanenza, nell esistenza di sostanze permanenti e indipendenti è ignoranza della realtà, è tenebra, assenza di luce. Vide che la chiave per giungere alla Liberazione è perforare l ignoranza e penetrare nel cuore della realtà facendone esperienza diretta. 7

8 La conoscenza della realtà, infatti, non è cognizione intellettuale, ma esperienza diretta. Una notte dopo l altra Siddhartha meditò ai piedi dell albero di pippala, facendo splendere la luce della coscienza sul suo corpo, la sua mente e tutto l universo. Un giorno Sujata gli portò riso cotto nel latte e nel miele e Svasti una bracciata di erba kusa. Dopo che Svasti l ebbe lasciato per ricondurre i bufali a casa, Siddhartha fu invaso dalla sensazione che quella notte stessa avrebbe ottenuto il Grande Risveglio. Grazie alla concentrazione dell attenzione, la mente il corpo e il respiro di Siddhartha erano perfettamente unificati. La pratica della concentrazione dell attenzione l aveva reso capace di sviluppare grandi poteri di osservazione che ora poteva usare per illuminare di coscienza il corpo e la mente. Senza vacillare, illuminò di coscienza la propria mente. Vide che gli esseri viventi soffrono perché non comprendono che partecipano della stessa natura di tutti gli esseri. L ignoranza dà nascita a un infinità di pene, di confusione e difficoltà. Avidità, ira, arroganza, dubbio, gelosia e paura, affondano tutti le radici nell ignoranza dell impermanenza. Imparando a calmare la mente per vedere più a fondo nella vera natura delle cose, possiamo giungere alla comprensione globale che dissolve ogni ansia e ogni dolore, sostituendoli con l accettazione e l amore. Siddhartha vide che comprensione e amore sono un unica cosa. Senza comprensione non vi può essere amore. Il carattere e il comportamento degli esseri umani è normalmente il prodotto di condizioni ambientali, fisiche, emotive e sociali indipendenti dalla loro volontà. Questa comprensione ci impedisce di odiare anche chi agisce crudelmente e ci spinge anzi a fare qualcosa per cambiare lo sue condizioni. La comprensione origina compassione e amore, i quali a loro volta determinano la giusta azione. Per poter amare, bisogna prima comprendere: ed ecco dunque che la comprensione si rivela la chiave della Liberazione. Per sviluppare la chiara comprensione è necessario vivere nella consapevolezza dei nostri stessi processi mentali e della realtà che ci circonda, vedendo la realtà di quanto avviene dentro e fuori noi stessi, in diretto contatto con la vita nel momento presente. La pratica della consapevolezza rafforza la capacità di guardare in profondità nelle cose. Se sappiamo vedere dentro il cuore delle cose, le cose si rivelano. Questo, è il tesoro segreto della consapevolezza: essa conduce all Illuminazione e quindi alla Liberazione. Siddhartha capì di avere trovato la Grande Via. Sujata, portandogli il cibo a mezzogiorno, vide Siddhartha seduto sotto il 8

9 9 pippala, radioso come il mattino. Cento volte l aveva veduto sedere sotto il pippala in dignità e maestosità, ma oggi aveva qualcosa di diverso. Mentre lo guardava, Sujata sentiva svanire pene e preoccupazioni. Una felicità fresca come la brezza primaverile le colmò il cuore. Sentì di non avere bisogno e di non desiderare nient altro di quello che c era, che tutto nell universo era buono e benevolo e che nessuno doveva temere o disperarsi mai più. Fece alcuni passi e depose il cibo davanti a Siddhartha. Poi si inchinò, sentendo che la pace e la gioia che lo pervadevano si trasmettevano a lei. «Siedi vicino a me», la invitò Siddhartha con un sorriso. «Ti ringrazio del cibo e dell acqua che mi hai portato in tutti questi mesi. Oggi è il giorno più felice della mia vita perché, questa notte, ho trovato la Grande Via. Dividi con me questa felicità. Presto insegnerò la Via a tutti.» Sujata giunse le mani per chiedere il permesso di parlare. «Tu sei il risvegliato, colui che indica come vivere in coscienza. Possiamo chiamarti il Risvegliato?» Siddhartha annuì. «Ne sarei davvero contento.» Gli occhi di Sujata brillarono. «Nella lingua magadhi», continuò la fanciulla, «usiamo la parola budh per dire svegliarsi. Una persona risvegliata sarebbe quindi chiamata buddha. Possiamo chiamarti Buddha?» Siddhartha annuì di nuovo. 3 3 Buddhacarita; Dhammapada, 153-4; Suttapitaka, Samyutta Nikaya, XII, 65; Suttapitaka, Majjhima Nikaya, Mahasaccaka Sutta.

10 10 Il Dharma Fratelli, ognuno di voi ha Natura di Buddha. Ognuno di voi può far cessare la propria sofferenza in qualsiasi momento. E sufficiente che esercitiate la consapevolezza e il non attaccamento, che vi distacchiate dai vostri pensieri e dalle vostre paure, dai vostri desideri e dai vostri odi osservandoli con la concentrazione dell attenzione, che vediate il carattere non permanente della realtà, che sviluppiate dentro di voi l amore universale. Per fare ciò, prendete atto delle Quattro Nobili Verità e praticate gli Otto Nobili Sentieri. Se lo farete, otterrete l Illuminazione e la Liberazione. Questo, è il Dharma. 4 4 Suttapitaka, Majjhima-Nikaya, Saccavibhanga Sutta.

11 11 Le Quattro Nobili Verità Fratelli, ci sono quattro verità: l esistenza della sofferenza, la causa della sofferenza, l estinzione della sofferenza e il sentiero che conduce all estinzione della sofferenza. Le chiamo le Quattro Nobili Verità. Fratelli, la Prima Nobile Verità è l esistenza della sofferenza. Nascita, vecchiaia, malattia e morte, sono sofferenza. Tristezza, ira, invidia, timore, ansia, paura e disperazione, sono sofferenza. L assenza di ciò che si ama, è sofferenza. La presenza di ciò che si odia, è sofferenza. Il desiderio, è sofferenza. L avversione, è sofferenza. Questa, è la Prima Nobile Verità. Fratelli, la Seconda Nobile Verità è la causa della sofferenza. La causa della sofferenza è l attaccamento. L attaccamento a sua volta è causato dall ignoranza. L ignoranza che causa l attaccamento è l ignoranza della realtà, è l ignoranza che la realtà è impermanente e priva di sostanze. L ignoranza della realtà produce l attaccamento perché si crede permanente ciò che è impermanente e dotato di sostanza ciò che è privo di sostanza. L attaccamento produce la tristezza, l ira, l invidia, il timore, l ansia, la paura e la disperazione. Questa, è la Seconda Nobile Verità. Fratelli, la Terza Nobile Verità è l estinzione della sofferenza. La sofferenza può estinguersi con l estinzione dell ignoranza e quindi

12 12 dell attaccamento. Questa, è la Terza Nobile Verità. Fratelli, la Quarta Nobile Verità è la via che conduce all estinzione della sofferenza: sono gli Otto Nobili Sentieri. Questa, è la Quarta Nobile Verità. 5 5 Suttapitaka, Majjhima-Nikaya, Saccavibhanga Sutta.

13 13 Gli Otto Nobili Sentieri Fratelli, chiamo Retti Sentieri gli Otto Nobili Sentieri del Retto Sforzo, della Retta Concentrazione, della Retta Presenza Mentale, della Retta Comprensione, del Retto Pensiero, della Retta Parola, della Retta Azione, della Retta Professione. 6 Seguendo gli Otto Nobili Sentieri ho raggiunto l Illuminazione, la Coscienza e la Liberazione. Fratelli, perché chiamo questi sentieri i Retti Sentieri? Li chiamo Retti perché non negano la sofferenza ma indicano nell esperienza della sofferenza stessa il mezzo per superarla. Il Retto Sforzo produce la Retta Concentrazione e la Retta Presenza Mentale. La Retta Presenza Mentale conduce alla Retta Comprensione. La Retta Comprensione costituisce l Illuminazione. La Retta Comprensione genera il Retto Pensiero. Il Retto Pensiero genera la Retta Parola, la Retta Azione e la Retta Professione. Due, sono gli estremi che chi percorre i Retti Sentieri deve evitare. Il primo è l immergersi nei piaceri dei sensi, il secondo è la mortificazione che nega al corpo le sue necessità. Il cammino da me scoperto è la Via di Mezzo, che evita entrambi gli estremi e conduce alla Conoscenza, alla Consapevolezza, alla Liberazione. 7 6 I termini usati nelle definizioni degli Otto Nobili Sentieri cambiano nelle diverse tradizioni e quindi nei diversi Canoni, e sono diversi anche nelle diverse traduzioni occidentali. Quelli riportati qui sopra sono quelli più comunemente usati. Ho variato però il loro ordine, rispetto a quello tradizionale, perché così facendo si riesce a costruire un sistema di evoluzione progressiva che è probabilmente quello originale. 7 Suttapitaka, Samyutta-Nikaya, Dhammacakkapavattana Sutta.

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15 15 Il Retto Sforzo Fratelli, so che guardare dentro voi stessi richiede uno sforzo di volontà. So che la vostra attenzione è imprigionata nel mondo immaginario del vostro pensiero. Ma i fantasmi del vostro pensiero non sono reali. Essi sono generati dal vostro attaccamento, e quindi dal vostro desiderio, dal vostro odio, dalla vostra ira, dalla vostra paura. Fratelli, i fantasmi del vostro pensiero sono generati da voi stessi. Private i vostri fantasmi immaginari della vostra attenzione ed essi svaniranno. Fratelli, fate lo sforzo di guardare dentro voi stessi. Concentrate la vostra attenzione sul vostro pensiero, osservate come esso nasce, cresce e muore, come esso è impermanente e come i suoi fantasmi non sono reali. Fratelli, facendo lo sforzo di guardare dentro voi stessi voi vi libererete dai fantasmi del vostro pensiero e la vostra attenzione si rivolgerà spontaneamente alla realtà che vi circonda ed allora essa si rivelerà a voi in tutta la sua bellezza e la sua gioia. Scoprirete che nella realtà non vi è sofferenza: la sofferenza è soltanto nel vostro pensiero. Fratelli, attuate il Retto Sforzo concentrando la vostra attenzione sulle vostre sensazioni, sulle vostre emozioni e sul vostro pensiero e realizzerete la Retta Concentrazione. Attraverso la Retta Concentrazione realizzerete la Retta Presenza Mentale e otterrete la liberazione definitiva dalla sofferenza. 8 8 Suttapitaka, Samyutta-Nikaya, Dhammacakkapavattana Sutta.

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17 17 La Retta Concentrazione Fratelli, praticate la Retta Concentrazione. La Retta Concentrazione è il più nobile degli Otto Nobili Sentieri. La Retta Concentrazione consiste nella concentrazione sul pensiero. La concentrazione sul pensiero consiste nell'osservazione distaccata dei propri pensieri. Osservate con distacco i vostri pensieri come osservate con distacco il volo lontano degli uccelli nella pace della sera. Imparate dalla terra: se la si cosparge di fiori fragranti o la si ricopre di feci, la terra riceve ogni cosa con equanimità, senza preferenze o avversioni. Quando nasce un pensiero, piacevole o spiacevole, non fatevene intrappolare e non diventatene schiavi. Osservatelo con distacco e lasciatelo andare: esso non crescerà dentro di voi e non produrrà il frutto avvelenato della sofferenza. Se voi fate crescere i vostri pensieri, essi divengono potentissimi e si impadroniscono di voi e vi rendono schiavi. Osservando con distacco il vostro pensiero, voi scoprirete una grande insospettata verità: che il vostro pensiero non è il prodotto della vostra volontà ma è una pianta autonoma e indipendente da voi, alimentata dal vostro attaccamento, e che le sue radici affondano nella vostra paura Con la Retta Concentrazione potrete vedere in profondità nella natura delle cinque modalità della percezione: le sensazioni, le emozioni, i pensieri, la volontà e la coscienza. La Retta Concentrazione, se praticata costantemente, conduce alla Liberazione.

18 18 Praticando l'osservazione distaccata del pensiero i pensieri vani cesseranno e voi realizzerete la Retta Presenza Mentale. 9 9 Suttapitaka, Majjhima-Nikaya, Cularahulovada Sutta.

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20 20 La Retta Presenza Mentale Nel giorno dalla sua Illuminazione, a Sujata, Svasti e i loro amici che li avevano accompagnati, Siddhartha disse: «Siete bambini intelligenti e sono certo che potete comprendere e mettere in pratica quanto vi dirò. La Grande Via che ho scoperto è sottile e profonda, ma chiunque sia disposto a impegnarvi il cuore e la mente sarà in grado di capirla e di seguirla. Bambini, dopo avere sbucciato un mandarino, potete mangiarlo con consapevolezza o distrattamente. Cosa significa mangiare un mandarino con consapevolezza? Mangiando un mandarino, sapete che lo state mangiando. Ne gustate pienamente la fragranza e la dolcezza. Sbucciando il mandarino, sapete che lo state sbucciando; staccandone uno spicchio e portandolo alla bocca, sapete che lo state staccando e portando alla bocca; gustando la fragranza e la dolcezza del mandarino, sapete che ne state gustando la fragranza e la dolcezza. Bambini, cosa significa mangiare un mandarino senza consapevolezza? Mangiando un mandarino, non sapete che lo state mangiando. Non ne gustate la fragranza e la dolcezza. Sbucciando il mandarino, non sapete che lo state sbucciando; staccandone uno spicchio e portandolo alla bocca, non sapete che lo state staccando e portando alla bocca; gustando la fragranza e la dolcezza del mandarino, non sapete che ne state gustando la fragranza e la dolcezza. Così facendo, non potete apprezzare la natura splendida e preziosa del mandarino. Se non mangiate il mandarino con consapevolezza, il mandarino per voi non è reale. Se il mandarino per voi non è reale, neppure chi lo mangia è reale. Ecco cosa significa mangiare un mandarino senza consapevolezza.

21 21 Bambini, mangiare il mandarino con consapevolezza significa essere in contatto con la realtà. La vostra mente non rincorre i pensieri riguardanti ciò che non è presente, lo ieri o il domani, ma dimora totalmente nella realtà del momento presente. Il mandarino è totalmente presente alla vostra attenzione. Vivere con Retta Presenza Mentale vuol dire vivere nella realtà del momento presente, con il corpo e la mente che dimorano nel qui e ora. Chi dimora nell attenzione del presente è consapevole di quanto avviene nella realtà, di quanto accade nel corpo, nella mente e nel mondo che lo circonda. Egli sa osservare in profondità le cose nel momento presente. Non insegue il passato e non si perde nel futuro, perché il passato non esiste più e il futuro non è ancora arrivato. La realtà e dunque la vita è soltanto nel momento presente. Perdendo il momento presente, perdiamo la vita.» Questa, è la Retta Presenza Mentale. Attuando la Retta Presenza Mentale, rendiamo possibile la Retta Comprensione Suttapitaka, Majjhima-Nikaya, Satipatthana Sutta.

22 22 La Retta Comprensione Una foglia di pippala, stagliata contro il cielo azzurro, ondeggiava verso di me come se mi chiamasse. Osservandola in profondità, vi distinsi chiaramente la presenza del sole e delle stelle. Perché senza sole, senza luce e calore, quella foglia non sarebbe esistita e senza l esistenza delle stelle, neppure il sole, sarebbe esistito. Anche le nuvole, vidi nella foglia, perché senza nuvole non c è la pioggia e senza la pioggia quella foglia non poteva esistere. E vidi la terra, il tempo, lo spazio: tutti presenti nella foglia. In verità, in quel momento preciso, l universo intero si manifestava nella foglia. La realtà della foglia era un miracolo stupefacente. Generalmente si pensa che una foglia sia nata a primavera, ma io vidi che essa esisteva in potenza già da tanto, tanto tempo, da quando esistevano le stelle e il sole che ne permettevano l esistenza, poiché in verità quella foglia esisteva nella luce del sole, nelle nuvole, nell albero ed anche in me stesso che la percepivo. Comprendendo che quella foglia non esisteva in sé ma soltanto in quanto parte dell universo in cui ogni cosa è collegata alle altre, compresi che quella foglia non era mai nata ma era sempre esistita nell universo che da sempre esiste. Comprendendo che quella foglia non era mai nata, compresi che anche io,

23 non ero mai nato. Entrambi, la foglia e me stesso, ci eravamo semplicemente manifestati in quel momento ma da sempre esistevamo in potenza nell universo. Poiché non eravamo mai nati, non potevamo morire, perché non può morire l universo che da sempre esiste e nel quale ogni cosa è contenuta. Vidi dunque che la foglia e il mio corpo erano una cosa sola. Nessuno dei due possedeva un sé separato e indipendente, nessuno dei due poteva esistere indipendentemente dal resto dell universo. Questa visione profonda dissolse in me le idee di nascita e di morte, di comparsa e di scomparsa, e il vero volto della foglia, assieme al mio stesso volto, divennero manifesti. Vidi che è l esistenza di ciascun fenomeno, a rendere possibile l esistenza di tutti gli altri fenomeni. L uno contiene il tutto e il tutto è contenuto nell uno. Vedendo la natura impermanente e interdipendente di tutti i fenomeni, io ne vidi perciò la natura vuota: tutti i fenomeni sono vuoti di un sé permanente e indipendente. Compresi che la chiave della Liberazione sta nei due principî dell interdipendenza e del non-sé. Illuminando i cinque fiumi della percezione che generano la mente, e cioè le sensazioni le emozioni i pensieri la volontà e la coscienza, io compresi che l impermanenza e l assenza di un sé permanente e indipendente sono le condizioni indispensabili alla vita. Senza impermanenza, senza mancanza di un sé permanente e indipendente, nulla potrebbe crescere ed evolversi. Se un chicco di riso non avesse la natura dell impermanenza e del non-sé, non potrebbe trasformarsi in una piantina. Se le nuvole non fossero impermanenti e prive di un sé, non potrebbero trasformarsi in pioggia. Senza natura impermanente e priva di un sé, un bambino non potrebbe diventare un adulto. Quindi, pensai, accettare la vita significa accettare l impermanenza e l assenza di un sé permanente e indipendente. La causa della sofferenza, dissi allora a me stesso, è la falsa nozione della permanenza e di sé permanenti e indipendenti ai quali ci attacchiamo. Vedendo ciò, si giunge alla comprensione che non c è né nascita né morte, né creazione né distruzione, né uno né molti, né dentro né fuori, né grande né piccolo, né puro né impuro. Sono tutte false distinzioni create dall intelletto: soltanto l universo, esiste, unico, composito, in eterno movimento e trasformazione; le cose contenute in esso, o meglio i fenomeni che lo costituiscono, non hanno esistenza di per se stessi, indipendentemente dagli altri e dallo stesso universo. Penetrando nella natura vuota dei fenomeni, le barriere mentali vengono scavalcate e ci si libera dal ciclo della sofferenza. Questa, è l Illuminazione. Da tempo incalcolabile, gli uomini sono intrappolati nel concetto di anima, 23

24 24 cioè nella nozione di un sé permanente e indipendente. Abbiamo creduto che, alla morte del corpo, questo sé continuasse ad esistere e ricercasse l unione con la sua origine, che è Brahma, il sé dell universo. Ma si tratta di un incomprensione capitale che ha fatto sì che innumerevoli generazioni fossero sviate dalla conoscenza della realtà. Sappi che tutte le cose esistono a causa dell interdipendenza e che a causa dell interdipendenza cessano di esistere. Questo è perché quello è. Questo non è perché quello non è. Questo è nato perché quello è nato. Questo muore perché quello muore. Ecco la legge meravigliosa dell originazione interdipendente che ho scoperto in contemplazione. In verità, non c è nulla di permanente e indipendente dal resto dell universo. E neppure l universo è permanente, ma è un continuo divenire, mai uguale a sé stesso. Quindi non c è un sé permanente e indipendente, né nei singoli esseri né nell universo. Non esistono sostanze. Vi sono soltanto fenomeni continuamente diversi, che non durano più di qualche istante, ma tutti collegati fra loro. Gli uomini sono imprigionati nella sofferenza come in una casa in fiamme e la maggior parte del dolore che proviamo è opera nostra. Non possiamo liberarci pregando una qualche divinità. Dobbiamo guardare in profondità nella nostra stessa mente e nella situazione presente per sradicare le visioni errate che formano le radici della sofferenza. Dobbiamo capire che la realtà è fatta di fenomeni impermanenti, privi di un sé e tutti interdipendenti fra loro. Questa, è la Retta Comprensione. Fratelli, la Retta Comprensione dà luogo all Illuminazione Buddhacarita, III, 22.

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26 26 Il Retto Pensiero Fratelli, praticate il Retto Pensiero. Il Retto Pensiero consiste nel pensiero in cui non c è né confusione né distrazione, né ira né odio, né desiderio né brama. Fratelli, la confusione e la distrazione, l ira e l odio, il desiderio e la brama si superano praticando le Quattro Contemplazioni. Le Quattro Contemplazioni consistono nella contemplazione del Respiro, della Compassione, dell Impermanenza e della Morte. Per superare la confusione e la distrazione, pratica la contemplazione del Respiro: con essa la tua mente si schiarirà e la tua concentrazione diventerà potente. Per superare l ira e l odio, pratica la contemplazione della Compassione: essa fa luce sulle cause dell ira e dell odio presenti nella tua mente e in quella di coloro che li hanno suscitati in te. Per superare il desiderio, pratica la contemplazione dell Impermanenza: essa fa luce sulla nascita e sulla morte di tutte le cose. Per superare la brama, pratica la contemplazione della Morte e della fine di tutte le cose. Se praticherai regolarmente le Quattro Contemplazioni, otterrai la Liberazione. Fratelli, il Retto Pensiero consiste nel pensiero in cui non c è attacca-

27 27 mento. Fratelli, il Retto Pensiero consiste nel pensiero in cui c è l amore universale. Parlando dell amore, ci si riferisce di solito all amore fra genitori e figli, marito e moglie, parenti, amici. Dipendendo per natura dai concetti di io e mio, questo amore è imprigionato nell attaccamento e nella discriminazione. La gente vuole amare soltanto i propri genitori, il proprio coniuge, i propri figli e nipoti, i propri parenti e i propri amici. Poiché è irretita nell attaccamento, teme i mali a cui sono esposte le persone amate e se ne preoccupa prima che accadano. Poi, quando le disgrazie vengono, la sofferenza è tremenda. L amore fondato sulla discriminazione genera il pregiudizio, ovvero indifferenza e persino ostilità nei confronti di coloro che escludiamo dal nostro amore. Attaccamento e discriminazione sono cause di sofferenza per noi stessi e per gli altri. In realtà, l amore a cui tutti gli esseri aspirano è l amore universale. Nell amore universale vi è compassione e dedizione. Compassione e dedizione non sono limitate ai genitori, al coniuge, ai figli, ai parenti, agli amici, ma si allargano a tutta l umanità e a tutti gli esseri. Compassione e dedizione non conoscono discriminazione fra mio e non mio. Senza discriminazione, non c è attaccamento. Senza attaccamento, non c è sofferenza. Compassione e dedizione alleviano la sofferenza e arrecano la felicità. Compassione e dedizione hanno come fine la felicità di tutti e non pretendono nulla in cambio. Senza di essi, senza l amore universale, la vita è senza gioia. Con la compassione e la dedizione agli altri, con l amore universale, la vita si colma di pace e di gioia. Fratelli, praticate il Retto Pensiero. Praticando il Retto Pensiero, voi ricondurrete il pensiero sotto la vostra volontà e non ne sarete più schiavi. Il Retto Pensiero conduce all amore universale e l amore genera la Retta Parola, la Retta Azione e la Retta Professione Vinayapitaka, Vibhanga Sutta; Suttapitaka, Majjhima-Nikaya, Piyajatika Sutta, Cularahulovada Sutta.

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29 29 La Retta Parola La Retta Azione La Retta Professione I miei discepoli si sforzano di vivere semplicemente e in consapevolezza. Essi si impiegano ad applicare i Cinque Precetti che sono: non uccidere, non rubare, non fare violenza, parlare secondo verità ed astenersi dall assumere sostanze che oscurano la mente. I Cinque Precetti sono un limite naturale che va osservato ma non sono sufficienti a realizzare la Retta Parola, la Retta Azione e la Retta Professione. La Retta Parola, la Retta Azione e la Retta Professione si presentano spontaneamente e chiaramente alla coscienza e alla volontà se si persegue il Retto Pensiero, ossia se si realizza l Amore Universale. La Retta Parola, la Retta Azione e la Retta Professione consistono nel non fare violenza a nessun essere vivente, né agli altri, né a noi stessi, né con le parole, né con gli atti, né con l esercizio della professione. La Retta Parola, la Retta Azione e la Retta Professione conferiscono alla nostra vita pace e serenità e fanno nascere in noi la gioia. La Retta Parola, la Retta Azione e la Retta Professione sono la corona che cinge la gemma del Dharma Vinayapitaka, Mahavagga Sutta.

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31 31 Teoria e pratica A Ghosira, molti bhikkhu tendevano a perdersi nelle speculazioni filosofiche. In particolare il bhikkhu Malunkyaputta era stato avvertito dal Buddha a non lasciarsi irretire da argomenti esoterici, inutili alla pratica. Malunkyaputta usava infatti interrogarlo se l universo fosse finito o infinito, temporaneo o eterno, domande a cui il Buddha rifiutava di rispondere. Giunse il momento in cui Malunkyaputta non tollerò oltre il silenzio del Buddha. Decise di porre le domande per l ultima volta e, di fronte a un ulteriore rifiuto, di chiedere di essere sollevato dai voti di bhikkhu. Parlò così al Buddha: «Maestro, se risponderai alle mie domande continuerò a seguirti. Ma, se rifiuterai, abbandonerò il Sangha. Rispondi: l universo è finito o infinito? Se non lo sai, ammetti di non saperlo.» «Malunkyaputta, quando chiedesti l ordinazione, ho forse promesso di rispondere a tali domande? Ho forse detto: Malunkyaputta, diventa bhikkhu e risolverò i tuoi problemi metafisici?» «Questo no, signore.» «Perché dunque lo pretendi ora? Malunkyaputta, tu sei come un uomo trafitto da una freccia avvelenata i cui parenti chiamano un medico perché rimuova la freccia e trovi un antidoto al veleno. Ma l uomo impedisce al medico di curarlo se prima non avrà risposto ad alcune domande: chi scagliò la freccia, a quale casta appartiene, quale la sua professione e perché l ha colpito. Vuole conoscere il tipo di arco e dove furono trovati gli ingredienti usati nella preparazione del veleno. Quest uomo, Malunkyaputta, morirà molto prima di avere ricevuto risposta alle sue domande. Lo stesso è per colui che segue la Via. Io insegno soltanto ciò che serve a realizzare la Via e ciò che è inutile non lo insegno. Malunkyaputta, al di là del fatto che l universo sia finito o infinito, temporaneo o eterno, c è una verità che devi accettare: la realtà della sofferenza. La sofferenza proviene da cause che possono essere comprese ed eliminate. Ciò che io insegno è utile all ottenimento del distacco, dell equanimità, della pace e della Liberazione. Ma di ciò che non è utile al conseguimento della Via, io non parlo. Il mio insegnamento, il Dharma, non è una dottrina né una filosofia. Non è il prodotto del pensiero concettuale né una teoria simile alle varie

32 32 filosofie che dibattono se l essenza dell universo sia il fuoco, l acqua, la terra, l aria o lo spirito; se l universo sia finito o infinito, temporale o eterno. Le teorie e i concetti riguardo alla verità sono come formiche che girano in tondo lungo il bordo di una ciotola, senza arrivare mai a nulla. Il mio insegnamento non è una filosofia, ma il frutto dell esperienza diretta. Tutto ciò che dico viene dalla mia esperienza e lo puoi appurare anche tu attraverso la tua esperienza. Io affermo che tutte le cose sono impermanenti e prive di un sé separato. Questo mi ha insegnato l esperienza e tu puoi fare lo stesso. Insegno che tutte le cose dipendono da tutte le altre per nascere, svilupparsi e morire. Niente proviene da un unica fonte originaria. Così come io ho fatto diretta esperienza di questa verità, anche tu la puoi fare. Il mio scopo non è spiegare l universo, ma aiutare gli altri ad eliminare la sofferenza attraverso l esperienza diretta della realtà. Le parole non descrivono la realtà, solo l esperienza diretta ci rivela il suo vero volto. Benché il mio insegnamento non sia un dogma né una dottrina, certo alcuni lo intendono così. Devo spiegare chiaramente che insegno un metodo per sperimentare la realtà e non la realtà medesima, così come un dito che indica la luna non è la luna. Una persona intelligente seguirà la direzione indicata dal dito per vedere la luna, ma chi vede soltanto il dito e lo scambia per la luna non vedrà mai la luna reale. Io insegno un metodo da mettere in pratica, non qualcosa in cui credere o da adorare. Il mio insegnamento si può paragonare a una zattera che serve ad attraversare un fiume. Solo uno stolto rimarrà abbarbicato alla zattera una volta che sia approdato all'altra sponda, alla sponda della Liberazione.» Suttapitaka, Majjhima-Nikaya, Upakkilesa Sutta, Dighanakha Sutta.

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