Rivista scientifica di Diritto Processuale Civile ISSN Pubblicazione del La Nuova Procedura Civile, 4, 2016.

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1 Rivista scientifica di Diritto Processuale Civile ISSN Pubblicazione del La Nuova Procedura Civile, 4, 2016 Editrice Comitato scientifico: Simone ALECCI (Magistrato) - Elisabetta BERTACCHINI (Professore ordinario di diritto commerciale, Preside Facoltà Giurisprudenza) - Giuseppe BUFFONE (Magistrato) Costanzo Mario CEA (Magistrato, Presidente di sezione) - Paolo CENDON (Professore ordinario di diritto privato) - Gianmarco CESARI (Avvocato cassazionista dell associazione Familiari e Vittime della strada, titolare dello Studio legale Cesari in Roma) - Caterina CHIARAVALLOTI (Presidente di Tribunale) - Bona CIACCIA (Professore ordinario di diritto processuale civile) - Leonardo CIRCELLI (Magistrato, assistente di studio alla Corte Costituzionale) - Vittorio CORASANITI (Magistrato, ufficio studi del C.S.M.) Mirella DELIA (Magistrato) - Lorenzo DELLI PRISCOLI (Magistrato, Ufficio Massimario presso la Suprema Corte di Cassazione, Ufficio Studi presso la Corte Costituzionale) - Francesco ELEFANTE (Magistrato T.A.R.) - Annamaria FASANO (Magistrato, Ufficio massimario presso la Suprema Corte di Cassazione) - Cosimo FERRI (Magistrato, Sottosegretario di Stato alla Giustizia) Francesco FIMMANO (Professore ordinario di diritto commerciale, Preside Facoltà Giurisprudenza) - Eugenio FORGILLO (Presidente di Tribunale) Mariacarla GIORGETTI (Professore ordinario di diritto processuale civile) - Giusi IANNI (Magistrato) - Francesco LUPIA (Magistrato) - Giuseppe MARSEGLIA (Magistrato) Francesca PROIETTI (Magistrato) Serafino RUSCICA (Consigliere parlamentare, Senato della Repubblica) - Piero SANDULLI (Professore ordinario di diritto processuale civile) - Stefano SCHIRO (Presidente di Corte di Appello) - Bruno SPAGNA MUSSO (Magistrato, assistente di studio alla Corte Costituzionale) - Paolo SPAZIANI (Magistrato, Vice Capo dell Ufficio legislativo finanze del Ministro dell economia e delle finanze) Antonella STILO (Consigliere Corte di Appello) - Antonio VALITUTTI (Consigliere della Suprema Corte di Cassazione) - Alessio ZACCARIA (Professore ordinario di diritto privato, componente laico C.S.M.). Chiamata di terzo e clausola arbitrale: deroga alla competenza arbitrale prevista per la domanda di garanzia per connessione con la domanda risarcitoria In tema di eccezione di incompetenza sollevata dal terzo chiamato con riferimento alla presenza di clausola compromissoria nel contratto di assicurazione stipulato inter partes, va affermato che la domanda di garanzia (spiegata dal convenuto nei confronti della compagnia terza chiamata in forza di contratto di assicurazione) viene attratta dalla competenza del giudice adito per la causa principale ex art. 32 c.p.c., con la sola eccezione della incompetenza per valore, che determina la rimessione di entrambe le domande (principale e garanzia) davanti al giudice competente per valore. Pertanto, si verifica una connessione tra domanda principale e domanda di garanzia, per comunanza di questioni, che comporta che l'intera controversia, in deroga alla competenza arbitrale prevista per la domanda di garanzia, ricada nella competenza del giudice ordinario. Tribunale di Grosseto, sentenza del , n. 197

2 omissis Con atto di citazione ritualmente notificato gli attori, nella xxxxxxx delle opere non a regola d'arte. Chiedevano altresì il risarcimento dei danni non patrimoniali subiti a seguiti della presenza dei vizi nei rispettivi appartamenti. Si costituiva xxx.) contestando la pretesa ex adverso fatta valere preliminarmente rilevando la carenza di legittimazione attiva degli attori, evidenziando in proposito che gli stessi avevano acquistato gli immobili dalla cooperativa L., la quale aveva stipulato il contratto di appalto con M.. In tal senso, evidenziava che, in base alla tipologia di vizi lamentati, che riteneva comunque non esistenti, l'azione spiegata era qualificabile ex art c.c. e, come tale, doveva ritenersi prescritta, essendo stati i lavori consegnati già dal Chiedeva comunque di essere autorizzata a chiamare in causa la propria compagnia di assicurazioni per essere dalla stessa manlevata per l'ipotesi di eventuale condanna. Il giudice autorizzava la chiamata in causa della compagnia di assicurazioni TxxxxA. che si costituiva eccependo l'incompetenza dell'adito tribunale in forza della clausola compromissoria contenuta nel contratto di assicurazione stipulato inter partes. Nel merito deduceva comunque la mancanza di copertura assicurativa con riferimento ai danni oggetto di causa, la mancanza di tempestiva denuncia e comunque l'infondatezza della pretesa spiegata dagli attori, riportandosi in tal senso alle difese articolate da Mxxxcon riferimento all'assenza dei vizi e comunque alla loro qualificabilità ex art c.c. con conseguente carenza di legittimazione degli attori nei confronti di M.. Parte attrice in sede di memorie ex art. 183 co VI c.p.c. contrastava le preliminari eccezioni avversarie ribadendo o che l'azione era stata spiegata ai sensi e per gli effetti dell'art c.c. La causa veniva istruita mediante produzioni documentali ed espletamento di CTU tecnica. All'udienza del le parti precisavano le conclusioni ed il giudice tratteneva la causa in decisione concedendo termini ex art. 190 c.p.c. Preliminarmente deve evidenziarsi in diritto che i difetti degli immobili per cui è causa sono stati invocati dagli attori con riferimento alla previsione normativa di cui all'art c.c. che prevede, quali fatti generatori della particolare forma di responsabilità del costruttore: l'avvenuta rovina totale o parziale dell'edificio, l'attuale pericolo certo ed effettivo che, in un futuro più o meno prossimo, possa verificarsi la rovina totale o parziale, l'esistenza di gravi difetti della costruzione che ne pregiudichino la possibilità di lunga durata che dovrebbe caratterizzarla. Nel caso di specie si rileva quindi come gli accertamenti effettuati dal CTU, da ritenersi completi, scevri da vizi logici e quindi condivisibili, hanno evidenziato la presenza negli appartamenti di una serie di vizi non rientranti per le loro caratteristiche nella previsione di cui all'art c.c., sia con riferimento alla lieve entità degli stessi (il CTU ha descritto vizi inerenti necessità di ripristino di piccole parti di intonaco e tinteggiatura di alcune aree per macchie di umidità, lesioni parapetti, verniciatura ringhiere), sia con riferimento all'assenza di gravità degli stessi ed all'esclusione della loro capacità di determinare rovina dell'edificio ovvero di parti strutturali di esso. In tal senso il CTU ha categoricamente escluso che i vizi riscontrati (per l'eliminazione dei quali ha indicato costi contenuti in poche centinai di euro) siano idonei a determinare rovina o pericolo di rovina dell'edificio o di parti di esso, così come ha escluso che i suddetti vizi riguardino parti strutturali nel loro complesso, negando altresì che si tratti di vizi tali da incidere sulla funzionalità di parti essenziali dell'edificio. Anche volendo dar seguito alla parte di

3 giurisprudenza che accede all'interpretazione più estensiva della norma, nel caso di specie non sarebbero comunque riscontrabili i presupposti minimi richiesti per la configurazione dei presupposti dell'art c.c. La giurisprudenza di legittimità che ha ritenuto di ampliare i termini letterali di applicazione della suddetta norma ritiene che il difetto di costruzione di cui all'art c.c. possa consistere in qualsiasi alterazione conseguente ad una insoddisfacente realizzazione dell'opera che, pur non riguardando parti essenziali della stessa (e quindi non determinandone la rovina o il pericolo di rovina) bensì quegli elementi accessori e secondari che ne consentono l'impiego duraturo cui è destinata, incide negativamente in modo considerevole sul godimento dell'immobile (cfr. Cass. n. 456/1999). Anche sotto tale prospettiva si richiede quindi che il vizio, pur localizzato su parti secondarie dell'immobile, sia di entità ed intensità tale da limitare in maniera sostanziale la fruibilità dell'immobile; si tratta di presupposti che non ricorrono nel caso di specie in cui i vizi descritti dal CTU appaiono localizzati e non tali da incidere sulla funzionalità di edificio o sue parti, nonché di agevole risoluzione, come dimostrano i costi di ripristino indicati come estremamente contenuti. Ne consegue l'infondatezza della domanda attrice fondata su causa petendi individuata nell'art c.c., di cui non sono risultati ricorrere i presupposti. L'azione spiegata ex art c.c. integra fattispecie del tutto diversa da quella disciplinata dall'art c.c., rivestendo la prima gli estremi della responsabilità extracontrattuale di ordine pubblico, la seconda essendo invece azione meramente contrattuale. Per quanto detto, nel caso di specie deve escludersi che sussistano i presupposti di fatto per l'applicazione dell'art c.c., potendo i vizi riscontrati essere inquadrati unicamente nell'ambito dell'art c.c. Ma con riferimento a tale ultima azione gli attori non hanno legittimazione ad agire direttamente nei confronti della società appaltatrice, legata da contratto di appalto stipulato con la cooperativa venditrice - committente. E' infatti pacifico che gli attori hanno acquistato i loro appartamenti da L. società cooperativa edilizia, la quale ha stipulato con M. contratto di appalto avente ad oggetto la costruzione dell'intero complesso edilizio. Ora, soltanto l'azione ex art c.c., mirando a finalità di ordine pubblico ed essendo posta a tutela di aspetti di interesse generale - proprio in relazione alla specifica gravità dei vizi richiesta per far valere tale azione ed alla loro valenza con riferimento a statica e complessiva funzionalità degli immobili - permette all'acquirente dell'immobile di agire direttamente non solo nei confronti del venditore, ma anche nei confronti dell'appaltatore qualora, come nel caso di specie, sia soggetto Sentenza n. 197/2016 pubbl. il 29/02/2016 RG n. 1015/2012 Repert. n. 367/2016 del 29/02/2016 diverso dal costruttore. Al contrario dell'art c.c., che pur presupponendo un rapporto contrattuale, rappresenta una forma di responsabilità extracontrattuale di ordine pubblico, sancita al fine di promuovere la solidità e stabilità degli edifici e delle parti di esso destinate a lunga durata, l'art c.c. integra una forma di responsabilità contrattuale per difformità e vizi dell'opera non eseguita a regola d'arte, come tale avente valenza unicamente tra le parti della convenzione di appalto. Dunque, nel caso di specie, non essendo stata rilevata la presenza di vizi di entità tale da configurare una responsabilità ex art c.c., ma potendosi riscontrare unicamente una responsabilità contrattuale da vizi rientranti nella previsione di cui all'art c.c., gli acquirenti dell'immobili non hanno possibilità di agire

4 direttamente nei confronti dell'appaltatore contrattualmente vincolato al venditore - committente, loro dante causa. Quindi se l'azione spiegata ex art c.c. deve essere ritenuta infondata per mancanza dei presupposti di fatto necessari per l'applicazione della suddetta fattispecie, anche a voler ritenere possibile la riqualificazione della domanda sub specie di art c.c. (essendo sul punto ancora presenti contrasti della giurisprudenza di legittimità), tale norma non consentirebbe comunque un'azione diretta del dante causa del venditore committente nei confronti dell'appaltatore, in mancanza di rapporto contrattuale diretto tra le parti. Le domande attrici devono pertanto essere integralmente respinte. Per mera completezza, anche al fine della valutazione in termini di soccombenza virtuale, in relazione alla pronuncia in punto di spese, va esaminata la domanda di garanzia spiegata dalla parte convenuta nei confronti della terza chiamata con riferimento alle preliminari eccezioni spiegate. Quanto all'eccezione di incompetenza sollevata dalla terza chiamata con riferimento alla presenza di clausola compromissoria nel contratto di assicurazione stipulato inter partes, risulta che al punto 19 delle condizioni di polizza è stabilità la competenza degli arbitri per tutte le controversie relative ad interpretazione ed esecuzione del contratto. Tuttavia non puo' ritenersi comunque fondata l'eccezione di incompetenza del Tribunale adito, dal momento che la domanda di garanzia, quale deve essere ritenuta quella spiegata dalla convenuta nei confronti della compagnia terza chiamata in forza di contratto di assicurazione, viene attratta dalla competenza del giudice adito per la causa principale ex art. 32 c.p.c., con la sola eccezione della incompetenza per valore, che determina la rimessione di entrambe le domande (principale e garanzia) davanti al giudice competente per valore. Nel caso di specie si verifica infatti una connessione tra domanda principale e domanda di garanzia, per comunanza di questioni, che comporta che l'intera controversia, in deroga alla competenza arbitrale prevista per la domanda di garanzia, ricada nella competenza del giudice ordinario. Con riferimento all'eccezione proposta dalla terza chiamata relativamente all'esclusione dalla copertura assicurativa dei danni oggetto di causa, la stessa deve essere ritenuta fondata. Il punto 1 del contratto (oggetto dell'assicurazione) stabilisce l'obbligo della società di assicurazione di indennizzare l'assicurato "per i danni materiali e diretti, nonché le perdite dovute a furto o rapina, che colpiscano le cose assicurate poste nel luogo indicato in polizza". Al punto 3 della polizza (delimitazione dell'assicurazione) vengono tuttavia espressamente esclusi dall'obbligo di indennizzo "i costi di modifica o di rifacimento a seguito di lavori eseguiti in difformità alle condizioni stabilite dal contratto di appalto, da altri contratti o dalle prescrizioni progettuali oppure in contrasto con norme di legge o regolamenti o in violazione di diritti altrui" così come del pari sono esclusi dalla copertura assicurativa "i costi di sostituzione di materiali difettosi o di modifica o rifacimento di lavori eseguiti non a regola d'arte" nonché "i danni di corrosione, incrostazione, deperimento, inquinamento, ossidazione, usura, logoramento, graduale deterioramento, limitatamente alla sola parte direttamente colpita". Alla luce di quanto sopra, risulta comunque, all'evidenza, l'esclusione dalla copertura assicurativa invocata, dei danni di cui parte attrice ha chiesto la refusione a parte convenuta, la quale in relazione agli stessi ha adito la compagnia assicurativa. Tali danni sono ugualmente esclusi dall'oggetto dell'assicurazione prestata per "responsabilità civile verso terzi" (art. 6, sez. II), in quanto tale copertura concerne

5 specificamente "i danni involontariamente cagionati a terzi per morte, per lesioni personali e (...) per danneggiamenti a cose in conseguenza di un fatto accidentale, connesso con la costruzione delle opere, che abbia avuto origine nel luogo di esecuzione delle opere indicato in polizza e verificatosi nel corso della durata dell'assicurazione"; all'evidenza l'oggetto così definito comprende esclusivamente i danni materiali cagionati a beni di terzi durante l'esecuzione delle opere, ma non si estende ai vizi e difetti eventualmente riscontrati nelle opere stesse, che non sono richiamati. Per quanto sopra, le spese di lite seguono la soccombenza di parte attrice nei confronti di parte convenuta e di parte convenuta nei confronti della terza chiamata (ancorché per queste ultime sulla base della soccombenza virtuale nel merito, in considerazione del fatto che qualora la domanda attrice fosse stata accolta l'invocato contratto di garanzia non avrebbe comunque coperto i danni del tipo per cui è causa) e sono liquidate come in dispositivo. Le spese di CTU, liquidate come in atti, sono definitivamente poste a carico di parte attrice in relazione alla prevalente soccombenza con riferimento alla domanda principale di merito. Quanto alla domanda di condanna proposta ex art. 96 c.p.c. da parte convenuta nei confronti dell'attrice, la stessa oltre che tardivamente proposta in sede di comparsa conclusionale, non si ritiene accoglibile, neppure sotto il profilo della condanna rilevabile d'ufficio ex art. 96 co 3 c.p.c. Non si ravvisano infatti i richiesti requisiti per l'accoglimento della domanda. L'azione esperita puo' infatti considerarsi temeraria solo allorquando, oltre ad essere erronea in diritto, appalesi consapevolezza della non spettanza della prestazione richiesta o evidenzi un grado di imprudenza, imperizia o negligenza accentuatamente anormali, non essendo il alcun modo sufficiente quindi la mera infondatezza della domanda, come nel caso di specie (cfr. Cass n ). Inoltre la parte convenuta non ha né allegato né dimostrato il danno subito a seguito dell'instaurazione della presente lite. E' infatti onere della parte che richiede il risarcimento ex art 96 c.p.c. dedurre e dimostrare la concreta ed effettiva esistenza di un danno in conseguenza del comportamento processuale di controparte, nonché allegare gli elementi di fatto, desumibili dagli atti di causa, necessari ad identificarne concretamente l'esistenza ed idonei a consentire al giudice la relativa liquidazione, anche se equitativa; sicché il giudice non puo' comunque liquidare alcun danno, neppure equitativamente, se dagli atti non risultano elementi atti ad identificarne concretamente l'esistenza xxxxxx Pqm Il Tribunale, definitivamente pronunciando sulla domanda proposta tra le parti come in epigrafe emarginate, ogni diversa eccezione disattesa e respinta, così provvede: respinge tutte le domande proposte da parte attrice; condanna parte attrice a rifondere a parte convenuta le spese di lite che si liquidano in xxx compenso professionale, oltre xxxxxx per compenso professionale, oltre rimb. forf., IVA e CPA come per legge.