Corte di Cassazione - copia non ufficiale

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1 Penale Sent. Sez. 2 Num Anno 2016 Presidente: FIANDANESE FRANCO Relatore: GALLO DOMENICO Data Udienza: 18/10/2016 SENTENZA Sul ricorso proposto da Sarr Ousmane, nato in Senegal, il 6/7/1989 avverso la sentenza 714/2015 della Corte d'appello di Lecce, sezione penale; visti gli atti, il provvedimento impugnato ed il ricorso; udita la relazione svolta dal consigliere Domenico Gallo; udito il Pubblico Ministero in persona del Sostituto Procuratore generale, che ha concluso per l'annullamento senza rinvio relativamente alla pena accessoria, rigetto nel resto; udito per l'imputato, l'avv. Francesca Fera, in sostituzione dell'avv. Salvatore Centonze, che ha concluso per l'accoglimento del ricorso; RITENUTO IN FATTO 1. Con sentenza in da'ti`.; 20/4/2015, la Corte di appello di Lecce, confermava la sentenza del Gup presso il Tribunale di Lecce, in data 19/2/2013, che aveva condannato Sarr Ousmane alla pena mesi 6 di reclusione ed C. 500,00 di multa per i reati di cui agli artt. 474 e 648 c.p.

2 2. La Corte territoriale respingeva le censure mosse con l'atto d'appello, e confermava le statuizioni del primo giudice, ritenendo accertata la penale responsabilità dell'imputato in ordine ai reati a lui ascritti> 3. Avverso tale sentenza propone ricorso l'imputato per mezzo del suo difensore di fiducia, sollevando i seguenti motivi di gravame: 3.1 Violazione degli artt. 530 c.p.p. e 474 c.p.; difetto probatorio e motivazione illogica. Al riguardo eccepisce che la grossolanità della contraffazione avrebbe dovuto far configurare la fattispecie del reato impossibile cui all'art. 49 c.p.; deduce, inoltre, che l'insussistenza dell'elemento soggettivo sarebbe ricavabile dal fatto che l'imputato, non conoscendo i marchi, non fosse in grado di percepire l'illiceità dei prodotti acquistati; 3.2 difetto probatorio e vizio di motivazione. Al riguardo si duole che la Corte ritiene sussistente il reato di ricettazione, nonostante l'assenza di prove dell'acquisto della merce in questione, sulla base della mancata collaborazione del ricorrente alla ricostruzione del fatto oggetto del processo; 3.3 Vizio di motivazione e violazione di legge per l'eccessività della pena irrogata e per la mancata concessione dell'attenuante di cui all'art. 62, n. 4, c.p. in riferimento all'esiguità del valore degli oggetti sottoposti a sequestro; 3.4 Violazione dell'art. 36 c.p. Al riguardo si duole che la Corte d'appello abbia confermato la pena accessoria della pubblicazione della sentenza per estratto su un quotidiano, sebbene - nelle more del giudizio d'appello - fosse entrata in vigore la novella di cui al d.l. n. 98 del 6 luglio 2011, convertito nella L. n. 106 del 12 luglio 2011, che aveva escluso la modalità della pubblicazione della sentenza a mezzo stampa, lasciando in vigore soltanto la pubblicazione nel sito internet del Ministero della Giustizia. 3.5 Mancata applicazione dell'art. 131 bis in relazione al reato di cui all'art. 474 c.p. In particolare, si fa riferimento all'esiguo numero dei beni sequestrati, al modesto valore commerciale degli stessi e alle modalità della condotta. 2

3 CONSIDERATO IN DIRITTO 1. Il ricorso è infondato. 2. Per quanto riguarda il primo e secondo motivo di ricorso, le censure del ricorrente sono inammissibili in quanto manifestamente infondate. In particolare è manifestamente infondata l'eccezione di non punibilità per la grossolanità del falso. Secondo l'insegnamento di questa Corte, infatti, integra il delitto di cui all'art. 474 cod. pen. la detenzione per la vendita di prodotti recanti marchio contraffatto senza che abbia rilievo la configurabilità della contraffazione grossolana, considerato che l'art. 474 cod. pen. tutela, in via principale e diretta, non già la libera determinazione dell'acquirente, ma la fede pubblica, intesa come affidamento dei cittadini nei marchi e segni distintivi, che individuano le opere dell'ingegno e i prodotti industriali e ne garantiscono la circolazione anche a tutela del titolare del marchio; si tratta, pertanto, di un reato di pericolo, per la cui configurazione non occorre la realizzazione dell'inganno non ricorrendo quindi l'ipotesi del reato impossibile qualora la grossolanità della contraffazione e le condizioni di vendita siano tali da escludere la possibilità che gli acquirenti siano tratti in inganno (Cass. Sez. 5, Sentenza n del 11/12/2013 Ud. (dep. 03/02/2014 ) Rv ; Sez. 2, Sentenza n del 04/05/2012 Ud. (dep. 31/05/2012 ) Rv ; Sez. 5, Sentenza n del 26/04/2012 Ud. (dep. 31/05/2012) Rv ). Sono ugualmente inammissibili le altre censure in punto di valutazione delle prove perché tendono ad ottenere un inammissibile intervento di questa Corte in sovrapposizione argomentativa rispetto alle conclusioni legittimamente assunte dalla Corte d'appello e basate su un percorso argomentativo privo di vizi logico giuridici. 3. Sono inammissibili, inoltre, le censure in punto di trattamento sanzionatorio e attenuanti. Infatti La graduazione della pena, anche in relazione agli aumenti ed alle diminuzioni previsti per le circostanze aggravanti ed attenuanti, rientra nella discrezionalità del giudice di merito, che la esercita, così come per fissare la pena base, in aderenza ai principi enunciati negli artt. 132 e 133 cod. pen.; ne discende che è inammissibile la censura che, nel giudizio di cassazione, miri ad una nuova valutazione della congruità della pena la cui determinazione non sia frutto di mero 3

4 arbitrio o di ragionamento illogico (Sez. 5, n del 30/09/ /02/2014, Ferrario, Rv ), ciò che - nel caso di specie - non ricorre. Invero, una specifica e dettagliata motivazione in ordine alla quantità di pena irrogata, specie in relazione alle diminuzioni o aumenti per circostanze, è necessaria soltanto se la pena sia di gran lunga superiore alla misura media di quella edittale, potendo altrimenti essere sufficienti a dare conto dell'impiego dei criteri di cui all'art. 133 cod. pen. le espressioni del tipo: 'pena congrua', 'pena equa' o 'congruo aumento', come pure il richiamo alla gravità del reato o alla capacità a delinquere (Sez. 2, n del 26/06/2009, Denaro, Rv ). 4. E' infondato il motivo di ricorso relativo alla pena accessoria della pubblicazione della sentenza per estratto sul giornale II Quotidiano. E' ben vero che nelle more del giudizio d'appello è intervenuta la novella di cui al d.l. n. 98 del 6 luglio 2011, convertito nella L. n. 106 del 12 luglio 2011, che ha la modalità della pubblicazione della sentenza a mezzo stampa, lasciando in vigore soltanto la pubblicazione nel sito internet del Ministero della Giustizia, tuttavia la nuova disciplina non può essere applicata alle situazioni pregresse. Sul punto la giurisprudenza di questa Corte ha precisato che in tema di pubblicazione della sentenza di condanna, le modifiche apportate all'art. 36 cod. pen. dall'art. 37, comma 18, del D.L. 6 luglio 2011, n. 98, convertito nella legge 15 luglio 2011, n. 111, non hanno introdotto nel sistema penale una nuova sanzione accessoria, ma hanno diversamente modulato il contenuto di pena accessoria già prevista, sostituendo alla tradizionale forma di pubblicazione sulla stampa quella via "internet", così determinando un fenomeno di successione di leggi penali nel tempo regolato dall'art. 2, quarto comma, cod. pen., con la conseguenza che non è applicabile ai fatti pregressi la nuova disciplina, in quanto maggiormente afflittiva (Cass. Sez. 2, Sentenza n del 12/01/2016 Ud. (dep. 01/02/2016 ) Rv ; Sez. 3, Sentenza n del 02/07/2014 Ud. (dep. 16/10/2014) Rv ). 5. Infine è infondato anche l'ultimo motivo in punto di applicazione della nuova causa di non punibilità di cui all'art. 131 bis cod. pen. La giurisprudenza di questa Corte ha precisato (Cass. Sez. 6, Sentenza n del 2016, Gravina, Rv ) che quando la sentenza di merito è successiva alla vigenza della nuova causa di non punibilità, la questione dell'applicabilità dell'art. 131-bis cod. pen. non può essere posta per la 4

5 prima volta nel giudizio di legittimità come motivo di violazione di legge. Infatti, ogni questione sull'esistenza delle condizioni in fatto per l'applicabilità della causa di non punibilità che sia proposta per la prima volta con il ricorso per cassazione è del tutto preclusa, e quindi inammissibile, perché, secondo le regole processuali generali degli artt. 606, comma 3, e 609, comma 2, costituisce violazione di legge che sarebbe stato possibile dedurre, e quindi avrebbe dovuto essere dedotta a pena appunto di inammissibilità, al giudice d'appello. Né il richiamo all'art. 129 cod. proc. pen. (che la sentenza delle Sezioni Unite argomenta applicabile anche alle cause di non punibilità, al di là delle sole diverse situazioni espressamente considerate dal testo della norma processuale) muta la conclusione. 6. Ha osservato al riguardo la sentenza citata: «Come infatti si evince dalla richiamata sentenza delle Sezioni Unite, le ponderazioni sull'esistenza dei presupposti essenziali per l'applicabilità della causa di non punibilità ex art. 131-bis cod. pen. (analisi e considerazione della condotta, delle conseguenze del reato e del grado della colpevolezza, negli articolati e peculiari termini di cui trattano i paragrafi 6-9 del 'considerato in diritto' della sentenza 13682/16) sono caratterizzate da un'intrinseca ed insuperabile natura di merito; e come tali sono proprie del giudizio di merito e quindi destinate ad essere tempestivamente proposte per essere poi valutate solo in tale sede. Non si potrebbe, pertanto, con il richiamo alla regola generale dell'applicabilità nel giudizio di legittimità anche delle cause di punibilità (secondo l'insegnamento appena ricordato delle sezioni Unite), pure preesistenti alla deliberazione di merito ("in ogni stato e grado del giudizio"), porre questione che presuppone un apprezzamento di merito che la Corte di legittimità non può svolgere e che invece ben avrebbe potuto essere proposto (con motivi d'appello) o almeno sollecitato (in sede di conclusioni nel giudizio d'appello) al giudice del merito». 7. Nel caso di specie la sentenza impugnata, emessa in data 20/4/2015, è posteriore all'entrata in vigore del 131bis (entrato in vigore il 2/4/2015) e dal verbale di causa non risulta che la difesa dell'imputato, nel precisare le proprie conclusioni abbia invocato l'applicazione della causa speciale di non punibilità di cui all'art. 131 bis cod. pen. Di conseguenza la questione non può essere dedotta per la prima volta con il ricorso per cassazione. 5

6 8. Ai sensi dell'articolo 616 cod. proc. pen., con il provvedimento che rigetta il ricorso, l'imputato che lo ha proposto deve essere condannato al pagamento delle spese del procedimento. P.Q.M. Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali. Così deciso, il 18 ottobre 2016 Il Consigliere estensore Il Presidente (dr. menico lio) (dr. ranco Fiandanese),42_220,