Convegno Evoluzione dell allevamento bufalino. Introduzione prof. Donato Matassino
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- Cosima Manzoni
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1 Convegno Evoluzione dell allevamento bufalino Introduzione prof. Donato Matassino L allevamento bufalino merita un attenzione superiore a quella che è la sua consistenza numerica. Non mi soffermo meticolosamente sull arrivo o sull epoca di introduzione in Italia di questo splendido animale di interesse zootecnico, di cui numerose sono le ipotesi di origine. In sintesi, si ritiene, in base a una serie di reperti dell archeozootecnia, che il bufalo sarebbe arrivato in Italia in epoca preromanica; secondo alcuni autori l introduzione sarebbe avvenuta con i Longobardi nel VI sec. d. C. e secondo altri ancora, invece, con i Normanni intorno all anno mille con le invasioni dei Saraceni e dei Mori. Le prime notizie documentate sulla presenza del bufalo in Italia sembrerebbero risalire al XII XIII sec. d. C. soprattutto in seguito all impaludamento del basso versante tirrenico. L allevamento bufalino, presente una volta in tutta Italia (tabella 1), con incidenti nuclei anche nel Piemonte (7,6%), costituisce in Campania, ora come allora, un importante settore della produzione animale. 1
2 Tabella 1 - Consistenza bufalina in Italia negli anni (Matassino et al., 1990). REGIONE N TOTALE % SU TUTTI CAMPANIA ,3 LAZIO ,1 PUGLIA ,1 PIEMONTE ,6 LOMBARDIA 727 4,8 TOSCANA 646 4,2 EMILIA 270 1,8 BASILICATA 223 1,5 CALABRIA 133 0,9 VENETO 100 0,6 LIGURIA 62 0,4 ABRUZZI-MOLISE 45 0,3 SICILIA 20 0,1 MARCHE 16 0,1 SARDEGNA 8 0,1 UMBRIA 4 0,1 TUTTI ,00 (tabella 2). La consistenza bufalina è variata nel corso degli ultimi 135 anni 2
3 Tabella 2- Variazione della consistenza del patrimonio bufalino nazionale dal negli ultimi 135 anni. ANNO CAPI, N Il calo che si rileva dal 1908 al 1931 è da attribuire alla bonifica delle zone paludose e quello del 1947 può essere considerato il risultato dei danni causati dalla guerra. Attualmente (aggiornamento al ), il numero totale dei capi bufalini sul territorio nazionale è pari a ; il 24 % sono iscritti al libro genealogico; del patrimonio bufalino totale iscritto, circa il 48 % è presente nella regione Campania. L allevamento bufalino ormai si avvale dell applicazione di tecniche e di biotecniche innovative nella: (a) alimentazione (b) nutrizione (c) riproduzione (i) produzione di embrioni 3
4 (ii) inseminazione strumentale (IS) (iii) trasferimento embrionale (TE) (d) gestione di allevamento (mungitura meccanica, robotizzazione, introduzione di automatismi). E opportuno precisare che, per quanto concerne la produzione della carne non si è mai praticamente proceduto a un vero e proprio miglioramento genetico a causa della scarsa importanza attribuita a questa attitudine produttiva. Pertanto, tutta l attenzione è stata rivolta al miglioramento genetico per la produzione del latte. Il valore riproduttivo medio di un riproduttore (maschio o femmina) per la produzione di latte espressa in Produzione in kg di Mozzarella (PKM) viene stimato sulla produzione lattea delle bufale che hanno avuto una lattazione compresa tra 120 e 700 giorni con una proiezione o un taglio a 270 giorni. L indice viene stimato mediante il BLUP-Animal Model considerando i seguenti fattori: (a) ereditabilità per la produzione lattea (h 2 = 0,17) (b) ripetibilità della produzione lattea (r = 0,45) (c) allevamento-anno-stagione (d) età in mesi al parto (e) mese di parto (f) numero di mungiture (g) interparto in mesi. Sono in atto le prove di progenie. A esempio, considerando le ultime stime (settembre 2005), è interessante rilevare come, nella valutazione dei maschi, a oggi, il toro 4
5 migliore, nato nel 1999, ha un valore di PKM stimato di ben +115 (+562 kg di latte). Questo valore riproduttivo medio è stato stimato considerando le prime 15 figlie nate con un totale di 15 lattazioni finora ottenute e distribuite in 4 allevamenti diversi. Tale valore riproduttivo medio nel tempo può subire una variazione, sia in senso positivo che in senso negativo con l aumento della disponibilità di altre lattazioni e di altre figlie che produrranno in altri allevamenti. Questo valore stimato, infatti, ha una attendibilità o ripetibilità, oggi, pari al 65 %. Ciò sta a significare che, sempre a oggi, le future figlie di questo toro potranno somigliare, sempre in termini di PKM, alle 15 sorellastre paterne utilizzate per la stima con una probabilità del 65%. Nella valutazione delle femmine, la migliore bufala, soggetto nato nel 1997, ha un PKM pari a circa +139 (+637 kg di latte), con una ripetibilità del 58 %. Ritengo molto interessante un altra considerazione scaturita sempre dalla stima del valore riproduttivo medio di un toro bufalino: molti tori usati hanno evidenziato un valore riproduttivo medio stimato negativo e questo risultato interessa numerosi allevamenti e numerosi tori entro l allevamento, ove è utilizzata l inseminazione o monta naturale. Latte Un cenno particolare merita il latte. Nell anno 2004 (dati AIA) sono state controllate bufale con una produzione lattea media pari a circa kg e una deviazione standard pari a ± 610. Pertanto, i due terzi della popolazione produce 5
6 una quantità di latte compresa in un range avente come valore minimo e massimo e circa il 95 % della popolazione produce una quantità di latte compresa nel range Lo stesso controllo ha evidenziato un valore percentuale medio in proteina pari a 4,68 ± 0,24 e un valore percentuale medio in grasso di 8,06 ± 0,86; pertanto, i due terzi della popolazione produce un latte con un valore percentuale in proteina compreso nel range 4,44 4,92 e in grasso compreso nel range 7,2 8,92; circa il 95% della popolazione produce un latte con un valore percentuale in proteina compreso nel range 4,2 5,16 e un valore percentuale in grasso compreso nel range 6,34 9,78. Grazie agli studi della scuola porticese (Sacchi et al., 1992; Addeo et al., 1993) è stato evidenziato che, ai fini della resa del latte in mozzarella, è importante standardizzare il rapporto fra grasso (%) e proteine (%); il rapporto ottimale dovrebbe essere pari a 1,83. Pertanto, la percentuale in grasso non dovrebbe essere superiore a 7,7 salvo che non vi sia un aumento del contenuto in proteina. Uno schema selettivo tendente a ridurre la percentuale di grasso nel latte, eliminando la necessità di scrematura del latte, si tradurrebbe, tra l altro, in una riduzione dei costi di produzione. La riduzione della percentuale di grasso è importante anche ai fini dell alimentazione umana in quanto consentirebbe di ottenere mozzarella con un contenuto lipidico piú consono agli odierni stili di vita. Da rilevare che, per quanto attiene ad alcune caratteristiche nutrizionali ed extranutrizionali, il latte di bufala ha un contenuto in acidi grassi polinsaturi mediamente superiore rispetto a quello del bovino (3,9 % vs 3 %); della frazione insatura, il CLA (conjugated 6
7 linoleic acid, miscela di 8 acidi grassi insaturi C18:2, isomeri cis e trans della acido linoleico coniugato), rappresenta lo 0,64 %, valore quest ultimo tendenzialmente superiore a quello del bovino (0,54%). Al fine di analizzare la variazione della produzione media, della percentuale media in proteina e della percentuale media in grassi si è proceduto a una indicizzazione ponendo i suddetti valori relativi all anno 1990 pari a 100 (tabella 3). Tabella 3 - Indicizzazione su dati AIA della variazione della produzione media, della percentuale media in proteina e della percentuale media in grassi per bufala controllata*. Anno Produzione lattea Primipare Secondipare Terzipare e oltre Proteina Primipare Secondipare Terzipare e oltre Grasso Primipare Secondipare Terzipare (1.791) 100 (1.979) 100 (1.896) 100 (4,38) 100 (4,37) 100 (4,40) 100 (8,23) 100 (8,26) 100 (8,03) (1.427) 75 (1.484) 86 (1.630) (6,71) 78 (6,44) 80 (6,42) (1.875) 102 (2.016) 105 (1.990) 104 (4,57) 104 (4,56) 103 (4,55) 101 (8,33) 101 (8,35) 103 (8,27) (2.094) 111 (2.205) 113 (2.146) 109 (4,77) 108 (4,74) 108 (4,73) 102 (8,36) 102 (8,40) 104 (8,33) (2.494) 114 (2.261) 115 (2.172) 107 (4,70) 107 (4,68) 106 (4,67) 99 (8,13) 98 (8,11) 100 (8,04) * I valori tra parentesi sono quelli medi reali. e oltre Carne Si è ormai ben lontani dall uso dello strascione, in quanto la carne bufalina evidenzia caratteristiche nutrizionali ed extranutrizionali che non solo competono con quella bovina, ma risultano addirittura superiori a essa per certi aspetti. Questa superiorità interessa principalmente: (a) il rapporto tra gli amminoacidi costituenti le proteine muscolari, il quale è molto vicino a 7
8 quello delle esigenze proteiche dell uomo espresse in amminoacidi (b) contenuto lipidico minore con predominanza dei benefici acidi grassi insaturi (linoleico e linolenico) nei lipidi intramuscolari e minor contenuto in colesterolo (circa il 40% in meno); (c) contenuto vitaminico piú elevato per: vitamina B6 e vitamina B12 (d) contenuto in minerali piú elevato per: ferro (circa 20 % in piú); sodio (circa 10 % in piú) e potassio (circa 8 % in piú). Conclusione L allevamento bufalino, grazie all attività di alcuni pionieri, sia allevatori che scienziati, ha raggiunto livelli tecnici paragonabili a quelli dei tipi genetici (TG) di maggiore interesse numerico e produttivo. Per ragioni ovvie non citerò gli allevatori, mentre per quanto riguarda i trasformatori, nel senso di attività di divulgazione e di propaganda della mozzarella bufalina, mi sembra doveroso citare il cavaliere Vincenzo Citro, il quale ha reso noto a livello nazionale e internazionale tale prodotto. Infine, ricordo alcuni scienziati, quali il prof. Bartolo Maymone, a cui si deve la tutela del bufalo subito dopo la seconda guerra mondiale, il prof. Giovanni De Franciscis, il prof. Tito Manlio Bettini (il mio Maestro), il prof. Beniamino Ferrara, i quali hanno fornito un 8
9 apporto determinante al miglioramento e alla razionalizzazione dell allevamento bufalino. L allevamento bufalino sta evolvendo e mira a raggiungere notevoli traguardi. la corsa non è finita c è ancora spazio per migliorare e crescere! 9
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