Léon Werth 33 giorni. Con una prefazione di Antoine de Saint-Exupéry Traduzione di Alberto Pezzotta ROMANZO BOMPIANI

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2 Léon Werth 33 giorni Con una prefazione di Antoine de Saint-Exupéry Traduzione di Alberto Pezzotta ROMANZO BOMPIANI

3 Werth, Léon, 33 Jours Copyright Editions Viviane Hamy, 1992 Per la prefazione Lettera all amico Copyright Succession Saint-Exupéry 2015 Bompiani / RCS Libri S.p.A. Via Angelo Rizzoli Milano ISBN Prima edizione Bompiani novembre 2015

4 Nota editoriale Il manoscritto di 33 giorni è rimasto inedito fino al 1992, quando è stato scoperto e pubblicato dall editrice parigina Viviane Hamy. Nel 1940 Antoine de Saint-Exupéry raggiunse Saint-Amour, nel Jura, dove si era rifugiato il suo grande amico Léon Werth. Quest ultimo, in quanto ebreo, non poteva pubblicare nella Repubblica di Vichy, e affidò all amico il manoscritto di 33 giorni, resoconto della sua fuga da Parigi occupata dai nazisti nel giugno-luglio Saint-Exupéry lo portò negli Stati Uniti e lo propose alla casa editrice newyorkese Brentano, una libreria che durante la guerra pubblicava traduzioni di libri francesi. Era convinto che l opera dell amico potesse smuovere l opinione pubblica americana a favore dell intervento, tanto più che oltre oceano poco si sapeva dell esodo narrato da Werth e che aveva coinvolto si è calcolato in seguito otto milioni di francesi. Venne firmato un contratto: Saint-Exupéry chiese come compenso solo cioccolato, sigarette e pastiglie per rendere potabile l acqua. Ciononostante, per motivi mai chiariti, Brentano non pubblicò il libro. Saint-Exupéry, credendone prossima l uscita, ne parlò così nel suo romanzo Pilota di guerra (1942): Uno dei miei amici, 5

5 Léon Werth, ha sentito sulla strada una parola immensa, che racconterà in un grande libro. 1 Quando sulla rivista Amérique française (II, 9, marzo 1943) uscì la sua prefazione Lettre a l ami, la pubblicazione del libro di Werth veniva ancora data come imminente. In seguito Saint-Exupéry sviluppò il testo, che divenne Lettera a un ostaggio (1944). Quello che si pubblica qui è la prefazione apparsa su Amérique française, a lungo dimenticata. Saint-Exupéry nel 1943 diede alle stampe Il piccolo principe, dedicandolo proprio a Werth ( Domando perdono ai bambini di aver dedicato questo libro a una persona grande. Ho una scusa seria: questa persona grande è il miglior amico che abbia al mondo. Ho una seconda scusa. Questa persona grande può capire tutto, anche i libri per bambini; e ne ho una terza: questa persona grande abita in Francia, ha fame, ha freddo e ha molto bisogno di essere consolato ). 2 Saint-Exupéry scomparve con il suo aereo il 31 luglio 1944, durante una missione di ricognizione sul Tirreno, abbattuto da un caccia tedesco. Werth, invece, si salvò e morì nel antoine de Saint-exupéry, Pilota di guerra. Lettera a un ostaggio. Taccuini, Milano, Bompiani, 2008, p (N.d.R.) 2. antoine de Saint-exupéry, Il piccolo principe, Milano, Bompiani, 2010, p. 5. (N.d.R.) 6

6 antoine de SaiNt-exupéry Lettera all amico I Quando, nel dicembre 1940, ho attraversato il Portogallo per raggiungere gli Stati Uniti, Lisbona mi è apparsa come una specie di paradiso luminoso e triste. All epoca sembrava imminente una sua invasione, e il Portogallo si aggrappava a un illusione di felicità. Lisbona, che aveva ospitato l esposizione più stupefacente del mondo, 3 mostrava un sorriso un po pallido, come quello delle madri che non hanno notizie del figlio in guerra e si sforzano di salvarlo con la loro fiducia. Sorrido, quindi mio figlio è vivo Guardate, diceva allo stesso modo Lisbona, come sono felice, pacifica e ben illuminata L intero continente premeva sul Portogallo come una montagna selvaggia, carica di predoni. Lisbona in festa sfidava l Europa: Come posso essere presa a bersaglio, quando mi impegno tanto a non nascondermi? Quando sono così vulnerabile? Quando sono così felice? 3. l exposição do Mundo português, realizzata per commemorare la fondazione dello Stato portoghese (1140) e la restaurazione dell indipendenza (1640). (N.d.T.) 7

7 Nel mio paese, di notte, le città erano color cenere. Non ero più abituato alla luce e questa capitale raggiante mi provocava uno strano malessere. Se il quartiere circostante è buio, i diamanti in una vetrina illuminata attirano i malintenzionati. Si sentono ronzare attorno. Contro Lisbona sentivo pesare la notte d Europa abitata da mostri indefiniti. Stormi erranti di bombardieri, forse, avevano già fiutato quel tesoro. Ma il Portogallo ignorava i mostri incombenti. Li ignorava con tutte le sue forze. Il Portogallo parlava d arte con una fiducia quasi disperata. Si sarebbe osato schiacciarlo nel suo culto dell arte? Aveva tirato fuori tutte le sue meraviglie. Si sarebbe osato schiacciarlo nelle sue meraviglie? Mostrava i suoi grandi uomini. In mancanza di un esercito, e di cannoni, aveva opposto alla ferraglia dell invasore tutte le sue sentinelle di pietra: i poeti, gli esploratori, i conquistatori. In mancanza di un esercito e di cannoni, a sbarrare la strada aveva schierato tutto il suo passato. Si sarebbe osato schiacciarlo nella sua eredità di un passato glorioso? Ogni sera vagabondavo con malinconia attraverso i successi di questa esposizione di gusto sopraffino, dove tutto sfiorava la perfezione, fino alla musica così discreta, scelta con tanta accortezza, che fluiva dolce sui giardini, come il semplice canto di una fontana. Come si poteva distruggere nel mondo questo meraviglioso gusto della misura? Eppure, sotto il suo sorriso disperato, trovavo Lisbona più triste delle mie città spente. Ho conosciuto, e forse le avete conosciute anche voi, quelle famiglie un po bizzarre che conservano a tavola il posto di un morto. Non mi è sembrato che ne traessero consolazione. I morti vanno trattati da morti. Così essi ritrovano, nel loro ruolo di morti, un altra forma di presenza. Ma quelle famiglie 8

8 sospendono il loro ritorno. Li trasformano in eterni assenti, in amici per sempre in ritardo. Barattano il lutto con un attesa vuota. E le loro case mi sono parse immerse in un malessere senza soluzione, molto più triste del dolore. Guillamet, l ultimo amico che ho perduto, abbattuto mentre faceva servizio postale diretto in Siria, l ho messo tra i morti. Non cambierà più. Non sarà più presente, e neppure assente. Non apparecchio per lui alla mia tavola una trappola inutile in cui non è caduto e ho fatto di lui un vero amico morto. Il Portogallo cercava di credere alla felicità, lasciandole il suo posto a tavola, insieme ai lampioni e alla musica. A Lisbona si giocava disperatamente alla felicità, affinché Dio volesse crederci. Coloro che, al di là di tutto, rendevano così triste Lisbona erano alcuni rifugiati, non i perseguitati alla ricerca di una sicurezza provvisoria, ma coloro che sconfessando la miseria della propria patria espatriavano per sempre. Non avendo potuto trovare una sistemazione in città, abitavo a Estoril, vicino al casinò. Tornavo dalla guerra, dato che la mia squadriglia, che per nove mesi non aveva mai interrotto i voli sulla Germania, aveva perduto, nel corso dell unica offensiva tedesca, tre quarti dei propri equipaggi. Tornato a casa, avevo conosciuto la cupa atmosfera della schiavitù e la minaccia della fame. Avevo vissuto la notte fitta delle nostre città. Ed ecco che a due passi da casa, ogni sera, il casinò di Estoril si popolava di fantasmi. Cadillac silenziose, che facevano finta di avere una meta, li depositavano sulla sabbia fine del portico d ingresso. Indossavano l abito da sera, come in passato. Mostravano cravatte e perle. Si erano invitati a vicenda per pasti di comparse in cui non avrebbero avuto nulla da dirsi. 9

9 Poi giocavano alla roulette o al baccarà, a seconda della ricchezza. A volte andavo a guardarli. Non provavo né indignazione né ironia, ma una vaga angoscia. La stessa che vi turba allo zoo, davanti ai superstiti di una specie estinta. Si piazzavano intorno ai tavoli. Si stringevano addosso a un croupier austero e si sforzavano di provare speranza, paura, disperazione, invidia e gioia. Come se fossero vivi. Puntavano fortune che probabilmente, in quello stesso momento, avevano perso il loro valore. Usavano valute fuori corso. Il contenuto delle loro casseforti era garantito da fabbriche già confiscate o già sul punto di essere distrutte, minacciate dai bombardamenti. Facevano cambiali su Sirio. Come se da un po di tempo nulla avesse cominciato a sfasciarsi sulla terra, si sforzavano, riannodandosi al passato, di credere alla legittimità della loro febbre, alla validità dei loro assegni, all eternità delle loro convenzioni. Era irreale. Era come un balletto di bambole. Ed era triste. Di certo non ne erano consapevoli. Li lasciavo lì e me ne andavo a respirare in riva al mare. E quel mare di Estoril, mare da villeggiatura, mare addomesticato, mi sembrava fare parte anch esso del gioco. Spingeva nel golfo un unica onda molle, tutta lucente di luna, come lo strascico di un vestito fuori stagione. Li ritrovai sul piroscafo, i miei rifugiati. Anche lì si respirava un atmosfera di lieve angoscia. Quell imbarcazione trasportava da un continente all altro persone cui era stato chiesto di ricominciare daccapo. Mi dicevo: Voglio essere un viaggiatore, non voglio essere un emigrante. Quando ero piccolo ho imparato un mucchio di cose. Voglio che mi tornino utili. Ma ecco che i miei rifugiati estraevano dalle tasche i loro taccuini di indirizzi. Le loro macerie di identità. Tutti facevano ancora finta di essere qualcuno. Si aggrappavano con tutte le forze a 10

10 qualche significato. Sapete, io sono dicevano. Sono della città l amico di per caso lo conoscete? E vi raccontavano la storia di un loro amico, la storia di una responsabilità, la storia di una colpa o qualsiasi altra storia potesse ancorarli a qualcosa. Ma di questo passato nulla poteva servire a espatriati come loro. Era ancora tutto caldo, tutto fresco, tutto vivo, come sono all inizio i ricordi d amore. Si raccolgono le lettere con cura, vi si unisce qualche regalo. All inizio tutto emana un incanto malinconico. Poi passa una bionda con gli occhi azzurri, e l incanto muore. E anche l amico, la città natale, i ricordi della propria casa sbiadiscono quando non servono più Ne erano consapevoli. Così come Lisbona faceva finta di essere felice, loro facevano finta di credere che presto sarebbero tornati. Dolce è l assenza del figliol prodigo: è una falsa assenza poiché, alle sue spalle, rimane la sua casa. Essere assenti in un appartamento attiguo o su un altro lato del pianeta, non è diverso. La presenza di una persona che si è allontanata può farsi più densa di una presenza reale. La preghiera funziona così. Mai ho amato la mia casa come in mezzo al Sahara. Mai uomini furono più vicini alle loro fidanzate come i marinai bretoni che nel diciassettesimo secolo doppiavano Capo Horn e invecchiavano contro il muro dei venti contrari. Appena partiti, già cominciavano a tornare. È il loro ritorno che preparavano con mani pesanti, issando le vele. La strada più breve dal porto bretone alla casa delle loro fidanzate passava per Capo Horn. Ma ecco che i miei rifugiati mi apparivano come marinai bretoni ai quali fosse stata rapita la fidanzata. Nessuna ragazza bretone accendeva, per loro, la sua umile lampada alla finestra. Non erano nemmeno figlioli prodighi. Non avevano una casa alle spalle. È a quel punto che comincia il vero viaggio, che è al di fuori di se stessi. 11