Commissione Tributaria provinciale Torino, sez. IX, sent. 14 maggio 2008, n. 35

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1 Commissione Tributaria provinciale Torino, sez. IX, sent. 14 maggio 2008, n. 35 Svolgimento del processo Con ricorso spedito il 17 ottobre e depositato il 26 ottobre 2007 la società J. VV. s.n.c. di B. A. e C, in giudizio rappresentata e difesa dal dottore commercialista F. B., impugna l'avviso di accertamento xxx a mezzo del quale l'agenzia delle entrate ufficio di Chivasso accertava per l'anno 2003 l'imponibile dell imposta sul reddito, dell Irap dell Iva contestualmente irrogando sanzioni amministrative. L'atto impugnato spedito per la notifica a mezzo posta il 2 luglio 2007, utilizzava ai sensi dell'art. 62-sexies, comma 3 del decreto legge 20 agosto 1993 n. 31 riportandolo in allegato, lo studio di settore TM05U presentato dalla contribuente per l'attività di "commercio al dettaglio di confezioni per adulti" da essa esercitata. Nel corso di precedenti contraddittori tra Ufficio e società contribuente, quest'ultima dichiarava che il 21 dicembre 2003 aveva subito un furto ai danni del proprio negozio ed esibiva copia della denuncia presentata alla stazione dei carabinieri di Castiglione Torinese. L'Ufficio tenuto conto del danno subito proponeva di ridimensionare i ricavi già calcolati in euro ,00 (valore puntuale) in euro ,00, pari a1 ricavo minimo ammissibile, con maggiori ricavi di euro ,00 rispetto a quelli dichiarati pari ad euro ,00. Di poi, preso atto della mancata adesione della parte, accertava un ammontare dei ricavi pari a quello proposto in sede di contraddittorio. Contestualmente, nell'avviso di accertamento in esame, determinava il reddito di impresa in totali euro ,00 (a fronte del dichiarato in euro 6.116,00); il valore della produzione netta ai fini ,00 (contro l'imponibile dichiarato di zero euro) e l'imponibile Iva in euro ,00 (dichiarato euro ,00). Liquidava quindi la maggiore imposta Irap di euro 1.021,00 e la maggiore imposta Iva di euro 5.083,00 ed irrogava le corrispondenti sanzioni di euro 1.021,00 e di euro 5.083,00. Il ricorso in trattazione si avvale di undici motivi di impugnazione e nelle conclusioni domanda: in via istruttoria, ordinare all'agenzia delle entrate, Ufficio locale di Chivasso, di depositare l'atto presupposto formato da S. s.p.a. dal quale derivano gli studi di settore e/o nominare un econometrista affinché verifichi il grado di attendibilità di tale studio di settore; in via principale, annullare l atto impositivo sia in ordine alla base imponibile sia in ordine alle imposte, per tutte le addotte; in via subordinata, nel merito dichiarare l'insussistenza delle ragioni che hanno determinato l'applicazione degli studi di settore, avendo il contribuente fornito piena prova contraria. Con vittoria di diritti, spese ed onorari di totali euro 2.449,42. Con atto depositato il 6 dicembre 2007 si è costituita in giudizio l'agenzia delle entrate, ufficio di Chivasso che, nel controdedurre alle argomentazioni di controparte, domanda: rigettare il ricorso e condannare la ricorrente alle somme portate nell'atto impugnato, con condanna alle spese di totali euro 757,12. La causa è stata discussa oggi in pubblica udienza, dopo aver udito il giudice relatore nonché l'esposizione delle ragioni offerte dal difensore della parte ricorrente e dalla delegata del direttore dell'ufficio locale dell'agenzia delle Entrate. Motivi della decisione 1.1 I seguenti motivi dedotti contestano la regolarità dell'applicazione degli studi di settore e l esito dell accertamento condotto avvalendosi di essi. Il primo motivo contesta (testuale) "difetto di istruttoria, difetto di motivazione, illogicità e contraddittorietà svolta dalla società S. s.p.a."affidataria dell'elaborazione degli studi di settore. Per conoscere come è "stato costruito lo studio di settore, la ricorrente chiede che sia la commissione tributaria ad ordinare il deposito dei dati oggetto di elaborazione, e le funzioni dei ricavi con esplicitazione delle variabili qualitative e quantitative dipendenti ed indipendenti".

2 Il secondo motivo afferma che la norma degli studi di settore dovrebbe soggiacere alla legge 23 agosto 1988, n Riporta il testo dell'art. 17 della legge n. 400 citata ed un brano della sentenza Corte di Cassazione, n del 1999, ma non svolge alcuna argomentazione che faccia capire quale connessione l'affermazione abbia con il complesso della disciplina degli studi di settore. Il terzo motivo contesta la motivazione di rigetto delle considerazioni esposte durante la fase di contraddittorio pre - contenzioso a riguardo del furto subito nel dicembre del 2003, per i riflessi che il furto ha avuto nella sovrastima del costo del venduto e per la compressione dei ricavi causata dalla mancanza di merci nel periodo natalizio nonché dalla discontinuità delle merci forzatamente diverse da quelle solitamente vendute a causa dell approvvigionamento avvenuto presso nuovi fornitori, stante la impossibilità manifestata (vedi allegati 18, 19 e 20) dai consueti fornitori a rimpiazzare la merce rubata. Tali ragioni, corroborate dall'elenco dettagliato della merce rubata e degli acquisti effettuati a causa del danno subito, sono respinte dall'ufficio con la frase: "il furto è avvenuto il 21/12/2003 e non può avere influito sulla totalità del fatturato per l'anno 2003", senza con ciò spiegare perché un furto avvenuto prima di Natale, non possa aver influenzato le vendite nel periodo dal 22 dicembre a fine anno. L'undicesimo motivo (da connettere al terzo) contesta le modalità con cui, travisando i fatti, l'ufficio ha applicato lo studio di settore: (testuale) "se è vero che c'è stato un furto, quantificato in euro ,10, il contribuente redige lo studio di settore Mod TM05U indicando al rigo F09 l acquisto della merce al netto del furto (totale acquisti euro ,00, meno euro 17,447,10) pari a euro ,00" ottenendo in tal modo il ricavo puntuale di ,00 e quello minimo di euro ,00", valori questi ultimi che sarebbero rappresentativi dei ricavi effettivi. Il quarto motivo si duole che parte resistente non abbia spiegato le ragioni per cui ha disatteso le censure di diritto formulate con memoria presentata durante la fase del contraddittorio pre - contenzioso. I1 quinto motivo contesta che all'avviso di accertamento non siano stati allegati, in violazione articoli 42 TUIR e 54 della disciplina dell'iva, gli atti presupposti citati nell'avviso di accertamento (nota tecnica e metodologica, tabelle dei coefficienti, lista delle variabili) atti essenziali per la completezza della motivazione, l'assenza dei quali impedisce a parte ricorrente ed o giudicante di capire con quali modalità è stato compiuto l'accertamento. Il sesto motivo lamenta che l'ufficio impositore non abbia - in violazione dell'art. 39, primo comma, lett. d) del D.P.R. n. 600 del 1973 ( Disposizioni comuni in materia di accertamento delle imposte sui redditi) - redatto il verbale di ispezione delle scritture contabili, non abbia compiuto alcun accesso ispezione e verifica, non abbia raccolto dati e notizie che non fossero già in possesso dell'amministrazione finanziaria, né. ha controllato la completezza, esattezza e veridicità delle scritture contabili. Inoltre anche ammettendo che il rinvio di cui all'art. 62 sexies si riferisca al secondo periodo dell'art. 39, comma 1, lett. d), - che ammette ti ricorso a presunzioni semplici purché gravi precise e concordanti - secondo parte ricorrente l ufficio non ha accertato l'esistenza di maggiori crediti, e cioè di attività non dichiarate,o l'inesistenza di minori debiti, e cioè di passività dichiarate. Con il settimo motivo la ricorrente - che citando numerosi precedenti giurisprudenziali pare si riferisca alla disciplina dell'accertamento per parametri - sostiene che se all'ufficio è data la possibilità di eseguire accertamenti mediante parametri, tuttavia nel caso concreto occorre verificare che sussistano i requisiti di gravità precisione e concordanza. Parte resistente sugli anzidetti motivi ribadisce che dall'esame delle norme che regolano la materia (art. 62 sexies, terzo comma del decreto legge n. 331 del 1993; art. 39 del D.P.R. n. 600 del 1973 e art. 54 del D.P.R. n. 633 del 1972) si ricava (testuale) "con certezza che l'accertamento in base agli studi di settore si fonda su una presunzione alla quale non occorrono altre prove per giustificare se stessa, vale a diree che l'accertamento basato sugli studi di settore gode intrinsecamente dei requisiti della gravità, precisione e concordanza necessari a fondare un accertamento analitico presuntivo". Cita, a conforto della propria tesi, la sentenza della Corte di 2891 del 2002 che riconosce come l'evoluzione legislativa attribuisce straziane la possibilità all amministrazione la possibilità di

3 utilizzare strumenti presuntivi legittimati dalla prassi e valutati in sede preventiva a livello generale. In conformità a detto orientamento si inseriscono le circolari n. 58/E del 2002 e n. 110 del 1999: la metodologia è caratterizzata dalla partecipazione delle associazioni professionali e di categoria che contribuiscono a realizzare gli studi di settore ancorandoli - sulla base di dati forniti da tutti i contribuenti e non sulla base di indagini a campione a parametri oggettivi e coerenti con la realtà economica del territorio. Quanto alla mancata allegazione degli atti riferiti nella motivazione s di cui all'art. 42 del D.P.R. n. 600 e dell'art. 54 del D.P.R. n. 633 che prevede l'obbligo di allegare all'avviso di accertamento solo gli atti non conosciuti dal contribuente. Richiama pure la sentenza della Corte di Cassazione n del 2004, che esclude l'illegittimità dell'avviso di accertamento (in materia di imposta comunale sulla pubblicità) per mancata allegazione di atti normativi, in quanto tali atti non rientrano nella nozione di documento di cui all'art. 7 legge n. 212 del 2000 (Statuto del contribuente). E priva di fondamento, secondo l'ufficio, l'affermazione di parte ricorrente circa la mancanza di motivazione del rigetto delle ragioni da essa addotte durante il contradditorio pre - contenzioso: (testuale) " come ampiamente esposto anche in motivazione dell'atto è stato tenuto conto di tutto quanto prodotto dalla parte, determinando, in contraddittorio, l'esatto ammontare dei ricavi" Il collegio giudicante, esaminando unitariamente gli anzidetti motivi poichè attengono tutti alla disciplina degli studi di settore che è d'uopo, per una più agevole formazione del giudizio, considerare sistematicamente, osserva che gli articoli 62 bis e 62 sexies del D.L. n. 331 del 1993 convertito con modificazioni dalla legge n. 427 del 1993, hanno introdotto nell'ordinamento tributario il sistema di accertamento dei ricavi d'impresa e dei compensi dei professionisti basato sugli studi di settore, attribuendo al Ministero delle Finanze il potere di "identificare campioni significativi di contribuenti appartenenti ai medesimi settori allo scopo di individuare elementi caratterizzanti l'attività esercitata" (art. 62 bis) e l'hanno affiancato agli strumenti di accertamento di cui gli uffici fiscali si avvalevano in base alle disposizioni contenute nel D.P.R. n. 600 del 1973 che già disciplinavano la materia dell'accertamento delle imposte sui redditi e nell'analoga normativa dettata per l'accertamento dell'imposta sul valore aggiunto. In essi infatti si prevede che gli "accertamenti analitici" di cui al primo comma, lett. d) dell'art. 39 del D.P.R. n. 600 possono "essere fondati anche sull'esistenza di gravi incongruenze tra i ricavi i compensi ed i corrispettivi dichiarati e quelli fondatamente desumibili dalle caratteristiche e dalle condizioni di esercizio della specifica attività svolta ovvero dagli studi di settore elaborati ai sensi dell'articolo 62 bis del presente decreto" (art. 62 sexies). Gli studi di settore - da approvare con decreti del Ministro delle Finanze soggetti a revisioni periodiche - si configurano come risultato della raccolta sistematica di dati empirici riferiti ad una vasta platea di soggetti economici e poi elaborati su base statistica. La stima dei ricavi (e dei compensi) costituisce l'esito del trattamento di una serie di variabili - la cui esatta individuazione è contenuta in ciascun decreto ministeriale -, e in particolare: a) "variabili contabili" quali: rimanenze iniziali e finali di merci, prodotti finiti semilavorati, materie prime e sussidiarie, semilavorati e servizi, costi per l'acquisto di materie prime semilavorati e merci, costi di produzione dei servizi, valore dei beni strumentali, spese per -lavoro dipendente e per prestazioni diverse, spese per acquisto di servizi, ricavi; b) "variabili strutturali interne" quali: processo produttivo, aree di vendita, organizzazione commerciale, organizzazione aziendale; c) "variabili territoriali" quali: livello dei prezzi, condizioni e modalità operative, infrastrutture esistenti ed utilizzabili, capacità di spesa. Raccolti i dati tramite questionari approvati dalle associazioni di categoria ed identificati i "cluster" (gruppi omogenei di contribuenti), viene determinato per ogni gruppo la variabile "ricavi" e, nella fase applicativa, ogni impresa contribuente utilizza il singolo studio di settore con l'introduzione dei propri dati aziendali, ottenendo in tal modo i valori di riferimento connessi ai ricavi rilevanti ai fini della congruità". Il software applicativo GE.RI.CO (gestione di ricavi e compensi) consente di individuare l'indice di congruità, il ricavo puntuale ed il ricavo minimo ( il cosiddetto "intervallo di confidenza è la graduazione che scorre tra i valori del ricavo puntuale e del ricavo minimo). Alla

4 conclusione della elaborazione i contribuenti e gli uffici tributari sono posti in grado di rilevare se il ricavo dichiarato è almeno pari al ricavo "puntuale", e in tal caso risulta "congruo" e non deve essere adeguato; mentre quando si colloca all'interno dell "intervallo di confidenza", e quindi al di sopra del ricavo minimo e al di sotto del ricavo puntuale, è da ritenere statisticamente soltanto possibile. Il descritto sistema di accertamento trova la sua legittimazione negli elementi "fondatamente desumibili" ed elaborati ai sensi dell'art. 62-bis allorché i ricavi dichiarati si discostino notevolmente da essi e cioè, secondo l'espressione di cui al terzo comma dell'art. 62-sexies, quando il valore dei ricavi fornito dallo studio di settore manifesti "gravi incongruenze" rispetto a quanto dichiarato nel caso concreto. La "gravità" dello scostamento è dunque indice sufficiente per la conferma dell'accertamento ottenuto con lo studio di settore. La verifica della contabilità fiscale dell'impresa non è, in tale evenienza, necessaria, anche perché l'accertamento tramite gli studi di settore è stato riferito dall'art. 62-sexies agli accertamenti di cui all'articolo 39, primo comma, lett. d) del D.P.R. n. 600 del 1973, per i quali in via di principio " la tenuta della contabilità in maniera formalmente irregolare non è di ostacolo alla rettifica dei redditi d'impresa" (Cassazione, sezione tributaria, sentenza n del 14 marzio 2002, depositata il 27 settembre 2002). Occorre pure chiarire che il sistema di accertamento a mezzo degli studi di settore non ha bisogno del sostegno di altre prove presuntive poiché di per se stesso è autosufficiente a centrare lo scopo assegnatogli che, si ribadisce, è quello di dimostrare come i ricavi dichiarati siano notevolmente inferiori a quelli ritenuti congrui dall'elaborazione informatizzata delle variabili contabili, delle variabili strutturali e dalle variabili territoriali. L'autosufficienza del sistema è fatta chiara dalla lettera dell'art. 62-sexies gli accertamenti di cui all'art. 39, primo comma, lett. d) possono essere fondati anche sull esistenza di gravi incongruenze desumili dagli studi di settore. La norma non può non essere intesa nel senso che gli accertamenti tributari possono avvalersi non solo dei sistemi di accertamento ivi previsti, ispezioni contabili e controllo dei documenti, e non solo delle presunzioni semplici (gravi, precise e concordanti) ma anche, ed in aggiunta a quelli, del sistema e dei risultati ottenibili tramite gli studi di settore, senza che tali risultati debbano necessariamente ottenere conforto da riscontrate irregolarità della contabilità e da ulteriori prove presuntive munite dei requisiti della gravità, precisione e concordanza. Il modo in cui le "variabili" utili agli studi di settore sono raccolte e periodicamente aggiornate, la loro composizione e le loro caratteristiche sono state ritenute dal legislatore talmente attendibili da costituire un autonomo sistema di accertamento dei ricavi ed il loro risultato a tal punto credibile da non dover essere suffragato da altri mezzi di prova, o documentali o presuntivi. Il sistema stesso degli studi di settore peraltro, pur essendo autonomo rispetto ad altri mezzi di prova previsti per gli accertamenti tributari, partecipa della natura del procedimento tipico dell'acquisizione della prova a mezzo di presunzioni, costituendo presunzione semplice (vedasi la sentenza della Corte di Cassazione n del 2006, già citata) e lasciando al contribuente la possibilità di fornire prova contraria che valga a smentire l'esito dell'accertamento: a tal fine l'ordinamento ha apprestato il rimedio del contraddittorio pre - contenzioso durante il quale il contribuente ha modo di fornire elementi utili a dimostrare come, nel caso concreto, i ricavi ritenuti congrui dal sistema si discostino da quelli realmente conseguibili. Difatti nel caso in esame parte ricorrente ha potuto dimostrare - e l'ufficio non ha specificamente contestato le operazioni di calcolo indicate in ricorso - che l'elaborazione a mezzo dello studio di settore TM05U conduce ad un risultato diverso da quello ottenuto dall'ufficio accertatore introducendo al rigo F09 il valore di acquisto della merce al netto del furto (totale acquisti ,00, meno euro 17,447,10) pari a euro ,00, ottenendo in tal modo il ricavo puntuale di ,00 e quello minimo di euro ,00. Resta in tal modo accertato che ai ricavi dichiarati di euro avrebbe dovuto contrapporne il valore dei ricavi accertati di euro ,00. Ma, avviso del collegio giudicante, in tale situazione resta pure dimostrato che, siccome i ricavi dichiarati presentano uno scostamento percentuale del 3,73 per cento, essi non sono gravemente incongrui rispetto a quelli dichiarati: nel caso concreto quindi non pare che l'ufficio fosse legittimato a procedere all'accertamento applicando la metodologia dello studio di settore.

5 Sotto tale profilo il ricorso è dunque fondato e deve essere accolto Riguardo all'irrogazione delle sanzioni sono dedotte due censure. L ottavo motivo sostiene che la motivazione è apodittica poiché non enuncia nessun criterio, ai sensi degli articoli 7, primo comma. e 16, secondo coma del decreto legislativo n. 472 del 1997 (disposizioni generali in materia di sanzioni amministrative per la violazione di norme tributarie), con riferimento alla gravità, alla personalità ed alle condizioni economiche del trasgressore. Con l'applicazione del minimo si è forse motivato in ordine alla gravità, ma non in ordine alle altre due variabili. Il decimo motivo di ricorso sostiene che l'ente impositore non pub applicare sanzioni amministrative con riferimento ad accertamenti induttivi, in quanto non vi è alcuna norma collegata che lo sanzioni. Parte resistente replica che l'ufficio ha applicato, nel rispetto del citato disposto di cui all'art. 7,i minimi edittali e le sanzioni più favorevoli al contribuente, tenendo implicitamente conto della gravità e della personalità. dopo aver verificato l'inesistenza di precedenti, e delle condizioni sociali del contribuente. Inoltre; alla luce dell'art. 1, secondo comma del decreto legislativo n. 471 del 1997 (sanzioni tributane... in materia di imposte dirette ecc.) l'accertamento del maggior reddito legittima l'applicazione della sanzione di infedele dichiarazione poiché il contribuente ha volutamente omesso di adeguarsi agli studi di settore previsti per la propria attività La commissione tributaria non ravvisa alcuna illegittimità nell'irrogazione delle sanzioni poiché l atto impugnato commisura al minimo le sanzioni irrogate e parte ricorrente non argomenta e non specifica in concreto gli elementi della prospettata censura né indica quali ipotetiche minori misure delle sanzioni sarebbe stato possibile d'agenzia delle entrate irrogare, nel rispetto delle norme asseritamente violate. Sotto tale aspetto, dunque, il ricorso non merita di essere accolto. La commissione tributaria - quanto al decimo motivo - osserva che parte ricorrente non fornisce alcuna argomentazione che valga ad escludere l'irrogabilità delle sanzioni comminate con l'atto impugnato. Pertanto ritiene che tale motivo debba essere dichiarato inammissibile Secondo quanto esposto nel nono motivo l'atto impugnato è inficiato da inesistenza poiché è firmato dai direttore dell'ufficio locale dell'agenzia delle Entrate anziché dal direttore dell Agenzia delle Entrate, che, ai sensi dell'art. 67, comma 1, del D. Lgs. n. 300 del 1999, è il solo legale rappresentante. La norma di cui agli articoli 4, comma 3, e 5, comma 1 del regolamento 30 novembre 2000, n. 4, è inefficace perché norma di rango inferiore. E anche inefficace, perché emanato successivamente al regolamento, il rinvio di cui all'art. 6, comma 1 dello Statuto approvato con delibera n. 6 del 13 dicembre Parte resistente replica che il regolamento di amministrazione dell'agenzia, emanato in virtù del potere di auto-organizzazione dell'ente (art. 67 D.Lgs n. 300 del 1999) individua le strutture di vertice a livello centrale e regionale ed il modello organizzativo degli uffici locali, disponendo, all'art. 5, che "le funzioni operative dell'agenzia siano svolte da uffici locali di livello dirigenziale. Essi curano in particolare... la gestione dei tributi, l accertamento, la riscossione e la trattazione del contenzioso". L'art. 7 dispone altresì che i poteri e le competenze già attribuite ai dirigenti degli uffici delle entrate e dei preesistenti uffici delle imposte dirette, dell'iva e del registro siano attribuite ai dirigenti degli uffici locali, facendo così corrispondere gli uffici locali dell'agenzia ai preesistenti uffici delle Entrate. Cita la sentenza n del 2003 e la sentenza del 2004 con le quali la Corte di Cassazione conferma la legittimità degli uffici locali dell'agenzia delle Entrate ad ammettere atti impositivi ed a stare in giudizio innanzi alle commissioni tributane. 3.2 La commissione Tributaria ritiene che, al riguardo, sia sufficiente la lettura del primo comma dell articolo 5 del regolamento di amministrazione approvato dal Comitato direttiva con delibera del 30 novembre 2000, che le funzioni operative dell'agenzia sono svolte da uffici di livello dirigenziale e gli attribuisce la cura, in particolare, dell'attività di informazione ed assistenza ai contribuenti, la gestione dei tributi, l accertamento,la riscossione e la trattazione del contenzioso. Ne segue che, nelle suddette materie, ai dirigenti responsabili spetta anche il potere di rappresentanza relativamente agli atti a rilevanza esterna formati dall'ufficio locale. Ciò esclude che

6 l esistenza dell avviso di accertamento, in quanto firmato da direttore dell'ufficio locale dell Agenzia delle entrate, possa essere posta in dubbio. Il motivo dedotto da parte ricorrente deve quindi essere respinto. Accogliendo il ricorso con la motivazione esposta al punto 1.2 e respinti gli altri motivi esposti nel ricorso, la commissione ritiene al contempo che le spese del giudizio siano da compensare tra le parti. Accoglie il ricorso. Spese compensate. P.Q.M.

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