Ernest. Domenica. Il mio primo figlio, Bumby, e io passavamo molto tempo insieme. L importanza di chiamarsi HEMINGWAY

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1 Domenica La DOMENICA 12 GIUGNO 2011/Numero 330 di Repubblica cultura Le spie anti-hitler nel cuore di San Pietro FILIPPO CECCARELLI spettacoli Sangue & spaghetti, l Italia a Hollywood CLAUDIA MORGOGLIONE e VITTORIO ZUCCONI HEMINGWAY Papà, è difficile scrivere? È difficile vivere? Bumby, un giorno capirai tutto per conto tuo A cinquant anni dalla morte una storia e un dialogo inediti tra l autore di Festa mobile e il suo primo figlio L importanza di chiamarsi Ernest ERNEST HEMINGWAY Il mio primo figlio, Bumby, e io passavamo molto tempo insieme nei caffè nei quali lavoravo quando lui era molto piccolo e abitavamo sopra la segheria. Veniva sempre con noi a Schruns nel Vorarlberg in inverno ma quando Hadley e io andavamo in Spagna durante l estate passava quei mesi con la femme de ménage che lui chiamava Marie Cocotte e suo marito, che lui chiamava Touton, o al 10bis di Avenue des Gobelins dove avevano un appartamento o a Mur de Bretagne dove andavano per le vacanze estive di Monsieur Rohrbach. Monsieur Rohrbach era stato maréchal de logis chef ovvero sergente maggiore in servizio permanente nell esercito francese e al momento del pensionamento ricopriva un incarico minore grazie al quale avevano tirato avanti con il salario suo e di Marie e atteso con impazienza il suo ritiro a Mur de Bretagne. (segue nelle pagine successive) EMANUELA AUDISIO fare il furbo, racconta». Hemingway per i cronisti di sport è stato Shakespeare. E da ragazzi non si legge solo, si inseguono passi, si cerca la stessa strada, si dividono respiri. Si vuole arrivare vicino, scoprire, sentire. Come gli indiani che met- «Non tono l orecchio a terra per intuire velocità e direzioni. C era solo da scegliere un territorio: Africa, Spagna, Cuba, Key West, Parigi, in ordine sparso. Non solo posti, geografie, ma sale parto, concepimenti letterari, gestazioni. Hemingway faceva guerre: al mare, ai pesci, ai tori, ai leoni, tutto era un ring dove dare pugni e restare in piedi. Vincitori e vinti, avere e non avere, sparare e spararsi, ma col fucile: Cary Grant era più bravo di lui. Per questo era importante vedere. (segue nelle pagine successive) con gli articoli di MASSIMO NOVELLI e AMBRA SOMASCHINI le tendenze Quando ritornano le dive a vita alta LAURA ASNAGHI i sapori San Marzano, patrono dei pomodori LICIA GRANELLO e CARLO PETRINI l incontro Boy George, Ho fatto visita al demonio GIUSEPPE VIDETTI

2 32 LA DOMENICA DI REPUBBLICA DOMENICA 12 GIUGNO 2011 la copertina Anniversari Ernest Cinquant anni fa, il 2 luglio del 1961, decise di morire come aveva vissuto, con un eccesso. Nessuno più di lui aveva cambiato per sempre la letteratura e nessuno riuscì a costruire un mito di se stesso così longevo. Oggi, per ricordarlo, Mondadori pubblica una nuova versione di Festa mobile e gli inediti degli anni di Parigi. Ne anticipiamo due Hemingway ERNEST HEMINGWAY (seguedalla copertina) A PESCA Hemingway con il primogenito John (Bumby) e Patrick (Mousie) con un grosso tonno a Bimini nel 1935 Touton ebbe un ruolo importante negli anni formativi della vita di Bumby e quando c era troppa gente alla Closerie des Lilas lo portavo in giro in carrozzina o più tardi andavamo a piedi al caffè in Place St- Michel dove lui studiava la gente e la vita indaffarata di quella parte di Parigi dove io scrivevo le mie cose con un café crème. Ciascuno aveva il suo caffè privato dove non invitava mai nessuno e dove andava a lavorare, o a leggere o a guardare la posta. Bumby cresciuto e diventato un ragazzino parlava un eccellente francese e, poiché era stato abituato a starsene assolutamente quieto e a non far altro che studiare e osservare mentre io lavoravo, quando vedeva che avevo finito mi confidava qualcosa che aveva imparato da Touton. «Tu sais, Papa, que les femmes pleurent comme les enfants pissent?» «Te l ha detto Touton?» «Dice che un uomo non dovrebbe mai dimenticarselo». In un altra occasione mi disse: «Papa sono passate quattro poulesmentre lavoravi che non erano niente male». «Che cosa ne sai tu di poules?» «Niente. Le guardo. Uno le guarda». «Che cosa ne dice Touton?» «Che non bisogna prenderle sul serio». «Che cos è che bisogna prendere sul serio?» «Vive la France et les pommes de terre frites». «Touton è un grand uomo» dissi. «E un grande soldato» disse Bumby. «Mi ha insegnato molto». «Io lo ammiro moltissimo» dissi. «Ti ammira anche lui. Dice che fai un métier molto difficile. Dimmi Papa è difficile scrivere?» «Qualche volta». «Touton dice che è molto difficile e che devo sempre averne rispetto». «Tu ne hai rispetto». «Possiamo passare dalla libreria di Silver Beach andando a casa?» «Passeremo di lì e poi devo portarti a casa in tempo per il pranzo. Ho promesso di andare a pranzo con della gente». «Gente interessante?» «Gente» risposi. Era troppo presto perché mettessero in acqua le barche nei giardini del Luxembourg e così non ci fermammo a guardare e quando arrivammo a casa Hadley e io avevamo litigato per qualcosa riguardo la quale lei aveva avuto ragione e io avevo avuto torto sul serio. Caro Bumby, figlio mio, un giorno capirai tutto

3 DOMENICA 12 GIUGNO 2011 LA DOMENICA DI REPUBBLICA 33 MEMORIAL DAY A sinistra, i piccoli Hemingway durante il Memorial Day nel 1907: il nonno Ansone è in uniforme, Ernest è il terzo da sinistra; sopra, Hemingway nel 1906 ALBUM L album di famiglia Si riconoscono Clarence, Marcelline ed Ernest a Windemere nel 1901e lo scrittore neonato. Sotto, la licenza di pesca spagnola. In copertina, il passaporto dello scrittore nel 1921 (segue dalla copertina) «La mamma è stata cattiva. Papa l ha sgridata» annunciò Bumby in francese con grande importanza ancora sotto l influenza di Touton. Dopo che Scott aveva preso con buona frequenza a capitare lì ubriaco Bumby mi chiese molto seriamente una mattina quando lui e io avemmo finito di lavorare insieme al caffè di Place St-Michel: «Monsieur Fitzgerald è ammalato Papa?». «È ammalato perché beve troppo e non riesce a lavorare». «Lui non ha rispetto per il suo métier?» Scrittore, soldato e tour operator le mille vite di Mister Hem EMANUELA AUDUSIO «Madame sua moglie non ne ha rispetto o ne è invidiosa». «Lui dovrebbe sgridarla». «Non è così facile». «Ci incontriamo con lui oggi?» «Sì, credo di sì» «E andrà avanti a bere tanto?» «Ha detto che non dovremmo bere». «Darò io il buon esempio». Quel pomeriggio quando Scott e io ci incontrammo con Bumby in un caffè neutrale era un giorno in cui Scott non beveva e ordinammo una bottiglia d acqua FRANCIA E SPAGNA Gli altri documenti sono ricordi del periodo spagnolo e francese: una guida di Parigi, e un biglietto della corrida Chissà forse da qualche parte c era un trucco nascosto. Magari anche a casa sua, quella da dove se n era andato, stanco delle lezioni di violoncello che gli imponeva la madre. Oak Park, ovest di Chicago, sul lago Michigan. Casa vittoriana, ora trasformata in un museo, foto e lettere, viale di querce. Niente d interessante, nostalgia zero. Del resto anche lui scrisse alla sorella: «Vieni via, c è un mondo là fuori». Poco più in là ha vissuto e progettato l architetto Frank Lloyd Wright e lo scrittore Edgar Rice Burroughs, creatore di Tarzan. Però a nord c è il lago, quello misterioso di Campo indiano, dove Nick chiede: «È difficile morire, babbo?» e sempre lì c è Horton Bay dove Hemingway scopre le quattro parole per dire basta, quando l amore diventa freddo. «Non è più divertente». Lei è la Marjorie de La fine di qualcosa. A casa Hemingway nessun accenno al suicidio dello scrittore, come se lo sparo fosse un atto futile e maleducato, di quelli che sporcano la tappezzeria (si tolse la vita in garage, nell Idaho, esattamente cinquant anni fa, il 2 luglio 1961). Stesso gesto per padre, fratello, sorella, nipote (Margaux). La sua Africa. A Nairobi si fermava al New Stanley Hotel, albergo in centro, nel cui bar nel 23 era stata servita la prima birra locale. Negli anni Settanta c era un direttore italiano, che non sembrava molto affascinato dal premio Nobel, ricordava solo la sua ubriachezza. Per riprendersi meglio scalare il Kilimangiaro per via «della carcassa rinsecchita e congelata di un leopardo». Il giovane Holden si chiede dove vadano le anatre d inverno a Central Park, è una domanda curiosa e assurda. Salinger è l anti-hemingway, forse non sarebbe esistito senza di lui: niente sport, anzi una schiappa, niente eroismi. Le anatre di Salinger fanno sorridere, il leopardo delle nevi del Kilimangiaro inquieta come re Lear. Hemingway si metteva al centro, s impossessò del mondo, come se non fosse esistito prima di lui: spiegò l America all Europa e l Europa all America. Non era solo uno scrittore, ma un tour operator, faceva, lanciava luoghi, alberghi, bar: l encierro a San Firmino, le soste al Café Iruña, magnifico esempio di liberty, l hotel La Perla a Pamplona. Mare, montagne, laghi, fiumi, savane. Fronti e trincee, guerre e liberazioni, tori e toreri, coraggi e paure. Generazione perduta e ritrovata. Fiesta, olè. Convinse mezzo mondo che per scrivere bisognava andare a Parigi. Rese attraente l Africa prima della baronessa Isak Dinesen, in arte Karen Blixen, che comunque in Kenya c era arrivata già da tempo (e non per turismo). Hemingway sapeva quando era il momento. E quel momento raccontava e reinventava. Non gli interessava la psicanalisi dal male, ma solo l arrivo del colpo, la fitta del dolore. «Il vecchio sognava i leoni». Quando a Scott Fitzgerald morì il padre, l amico Ernest gli scrisse: «Non sprecare materiale così ricco». Non era cinico, voleva solo che l altro non si distraesse. Ma Scott non combatteva le frustrazioni, anzi le corteggiava: «Stare a letto e non dormire. Volere qualcuno che non viene. Cercare di piacere e non riuscirci». La casa di Hem a Cuba era la Finca Vigia, a San Francisco de Paula, nei dintorni della capitale. Scriveva in piedi, a matita. Di mattina. Poi a macchina sullo scrittoio. Accanto aveva ottomila libri e 57 gatti. Aveva bisogno di fisicità: una nuotata in piscina, un po di boxe con i ragazzini e poi il baseball. «Se sei innamorato scrivi meglio». Lo ispirava anche l hotel Ambos Mundos, dove c era Esperancia, la vestale della chiave 511, camera con vista mare. Mojito e daiquiri sì. E altro consiglio: «Tenetevi lontani da telefoni e seccatori». Mai disperdersi, come Fitzgerald. Da Cuba a Key West in Florida, al numero 907 di Whitehead Street, la villetta antica, le palme, i banani, il luogo dove scrisse Addio alle armi, i famosi gatti polidattili, a sei dita, Snowball il suo preferito, ma soprattutto la piccola libreria in bagno. Dunque al cesso si legge. E gli occhialetti lasciati sul letto, un po come quelli (insanguinati) di John Lennon quando gli spararono davanti al Dakota. Hemingway aveva disciplina. «Ho riscritto 39 volte l ultima pagina di Addio alle armi prima di essere soddisfatto». Trovare le parole giuste: correggersi, non accontentarsi, migliorarsi. Eliminare quello che non serve. La famosa teoria dell iceberg: è grosso e si vede, ma quello che lo tiene in piedi è la parte invisibile che sta sotto. «Le cose esistono, capitano, molte le sai, altre le ignori, ma tramite la tua invenzione prendono una nuova vita. Si scrive per essere immortali». Allenarsi, essere onesti. Il talento è un padrone feroce, non dà libertà, regala splendida schiavitù. Non conta quello che bevi, come viaggi, cosa cerchi. Non c è più quell Africa, gli elefanti sono quasi estinti, non c è più quella Spagna, la corrida in Catalogna è bandita, e sulla strada che scende dal passo di Navacerrada dove sul Puente de la Cantina, al chilometro 130 della statale, il partigiano Robert Jordan piazza la dinamite, non c è nulla che ricordi la guerra civile e che la campana suona anche noi. Però, quando di notte cammini per il mondo, speri che i baristi abbiano letto Un posto pulito illuminato bene e non spengano presto la luce. minerale ciascuno. «Per me una demi-blonde» disse Bumby. «Lasci che il bambino beva birra?» chiese Scott. «Touton dice che un pochino di birra non fa male a un ragazzo della mia età» disse Bumby. «Ma faccia un ballon». Un ballon era solo un mezzo bicchiere di birra. «Chi è questo Touton?» chiese Scott. Gli raccontai di Touton e di come avrebbe potuto saltar fuori dalle memorie di Marbot oppure di Ney, se questi avesse scritto le sue, e che incarnava il vecchio establishment militare francese che era stato distrutto più volte ma che ancora esisteva. Scott e io parlammo delle campagne napoleoniche e della guerra del 1870 che lui non aveva studiato e io gli raccontai alcune storie di ammutinamento nell esercito francese e di come uomini dello stampo di Touton fossero un anacronismo ma anche una cosa di assoluto valore. Scott era appassionatamente interessato alla guerra e dal momento che avevo molti amici che vi avevano combattuto e qualcuno che aveva visto parecchie cose nei dettagli, queste storie gli fecero una grande impressione. Il discorso era ben al di là della portata di Bumby ma lui ascoltava attentamente e più tardi quando avevamo parlato di altre cose e Scott se n era andato, pieno di acqua minerale e del proposito di scrivere bene e sinceramente, chiesi a Bumby perché aveva ordinato una birra. «Touton dice che un uomo deve prima di tutto imparare a controllarsi» disse. «Ho pensato che potevo dare il buon esempio». «Non è così semplice» gli dissi. «Neanche la guerra è semplice vero Papa?» «No. Molto complicata. Per adesso credi a quello che dice Touton. Più avanti scoprirai molte cose per conto tuo». «Monsieur Fitzgerald è stato mentalmente demolito dalla guerra? Touton mi ha detto che a molta gente è successo». «No. Lui no». «Sono contento» disse Bumby. «Può essere qualcosa di passeggero». «Non sarebbe una disgrazia se fosse stata la guerra a demolirlo mentalmente» dissi. «Molti dei nostri buoni amici lo sono stati. Poi qualcuno si è ripreso e ha fatto delle belle cose». «Touton mi ha spiegato che essere mentalmente demolito non è questione di disgrazia. C era troppa artiglieria in quest ultima guerra. E i generali erano tutti bestie». «È molto complicato» dissi. «Un giorno capirai tutto per conto tuo». «Intanto è bello che noi non abbiamo problemi di nostro. Non grossi problemi. Hai lavorato bene oggi?» «Molto bene». «Sono contento» disse Bumby. «Non ti posso aiutare in qualcosa?» «Tu mi aiuti molto». «Povero Monsieur Fitzgerald» disse Bumby. «È stato molto bravo oggi a restare sobrio e a non darti fastidio. Andrà a finire tutto bene per lui Papa?» «Lo spero» dissi. «Ma ha dei problemi molto gravi. A me sembra che abbia dei problemi quasi insormontabili come scrittore». «Sono sicuro che li sormonterà» disse Bumby. «È stato così gentile oggi e così giudizioso». Traduzione di Luigi Lunari Restored edition 2009 Hemingway Foreing Rights Trust. All rights reserved Arnoldo Mondadori Editore Spa, Milano Pubblicato per concessione dell'editore (segue nelle pagine successive) Repubblica Nazionale

4 34 LA DOMENICA DI REPUBBLICA DOMENICA 12 GIUGNO 2011 la copertina Anniversari Ernest Quando sei con una vuoi lei e quella che non è lì Quando sei con l altra vuoi lei e quella che non è lì Quando sei con tutte e due le vuoi tutte e due e il fatto strano è che ti senti felice. In fondo è più facile rompersi le gambe che rompersi il cuore anche se dicono che oggi tutto si rompe e che dopo molti sono più forti nei punti dove si sono rotti Hemingway ERNEST HEMINGWAY Il primoanno nel Vorarlberg fu un anno innocente. L ultimo anno fu un incubo e un anno assassino mascherato da quello più divertente di tutti. Fu in quell anno che i ricchi si fecero vivi. I ricchi hanno sempre una sorta di pesce pilota che li precede, qualche volta è un po sordo, qualche volta un po cieco, ma è sempre lì che annusa con aria affabile e che li precede esitante.[...] A quei tempi io mi fidavo del pesce pilota come mi sarei fidato delle Rotte Velistiche Idrografiche Rivedute e Corrette per il Mediterraneo. Affascinato da questi ricchi io ero tanto fiducioso e tanto stupido quanto un cane da caccia voglioso di seguire qualunque uomo con un fucile, o come il maiale am- A FRANCIS A destra, Hemingway a quindici anni; a sinistra e nell altra pagina, passaporti del 25 e del 21 e la tessera da inviato di guerra del 44 Sotto, un biglietto per Pamplona e il dattiloscritto di Festa mobile con le parole dedicate a Francis Scott Fitzgerald: Il suo talento era naturale come i motivi sulle ali di una farfalla Amare due donne nell inverno del mio rimorso

5 DOMENICA 12 GIUGNO 2011 LA DOMENICA DI REPUBBLICA 35 I RAGAZZI Da sinistra, Hemingway e Bumby a Parigi nel 24, i figli John, Patrick e Gregory a Key West nel 35; lo scrittore ferito all ospedale della Croce Rossa nel 18 ; in basso a sinistra, le medaglie al valore (Per tutte le foto JFK Library, Boston) maestrato di un circo che finalmente ha trovato qualcuno che lo ama e lo apprezza per quello che è. Che ogni giorno dovesse essere una fiesta mi sembrava una splendida scoperta. Leggevo perfino ad alta voce la parte del romanzo che avevo riscritto, il che è più o meno il punto più basso a cui uno scrittore possa scendere e molto più pericoloso per lui come scrittore che sciare slegato su un ghiacciaio prima che le nevicate di pieno inverno coprano i crepacci. [...] Fu un inverno degli orrori. Prima che questi ricchi arrivassero si era già infiltrato tra noi un altro ricco che si era servito del più antico trucco probabilmente esistente. È quando una giovane donna non sposata diventa temporaneamente la migliore amica di un altra giovane donna che è sposata, arriva a vive- re con il marito e la moglie e poi inconsciamente, innocentemente e implacabilmente decide di sposare il marito. [...] Il marito ha due affascinanti ragazze accanto a sé quando mette da parte il lavoro. Una è nuova e strana e se lui è sfortunato arriva ad amarle entrambe. Allora la più implacabile vince. Suona molto stupido. Ma amare davvero due donne al tempo stesso, amarle sinceramente, è la cosa più distruttiva e terribile che possa succedere a un uomo quando la donna non sposata decide di sposarsi. [...] Quando sei con una ami lei e quella che non è lì. Quando sei con l altra ami lei e quella che non è lì. Quando sei con tutte e due le ami tutte e due e il fatto strano è che ti senti felice. Ma con il procedere delle cose quella nuova non si sente felice perché vede che le ami tutte e due an- Una nuova Festa mobile CARTEGGIO Sopra, la copertina di Festa mobile; a destra, le lettere tra Feltrinelli, Hemingway e Mondadori nelle quali lo scrittore declina l offerta di cambiare editore e ribadisce la sua stima ad Arnoldo Aveva rinchiuso tutto lasciato tutto in tre bauli. Era la primavera del Frammenti dimenticati, pagine dattiloscritte, appunti, libri, ritagli di giornale e vecchi vestiti. «Una capsula del tempo» scrisse Ernest Hemingway, materiale che lo aveva spinto, nell estate del 1957, a lavorare a The Paris Sketches tra Cuba, Ketchum, la Spagna e Parigi. È da qui che nasce la nuova edizione di Festa mobile, da cui pubblichiamo in queste pagine due racconti inediti. Il libro, pubblicato negli Usa nel 2009, uscirà il 28 giugno in Italia negli Oscar Mondadori (224 pagine, 9 euro), con la premessa del figlio Patrick e l introduzione del nipote, Seán. Figlio e nipote ripropongono una versione «più coerente» a quella dell autore, diversa da quella che, secondo loro, la moglie Mary aveva «snaturato». Sono otto racconti ambientati tra il 1921 e il 1926: la storia dello chaffeur francese dei Fitzgerald, una palestra di pugilato e poi il più cupo, Nada y pues nada, scritto in tre giorni, dal primo al 3 aprile 1961, meno di tre mesi prima di suicidarsi. Le foto di quelle memorie, ma anche quelle della Prima guerra mondiale, di Cuba, della Spagna, dell Africa e di tutta una vita che illustrano queste pagine, sono invece tratte da Hemingway, la vie et ailleurs (di Mariel Hemingway la nipote dello scrittore e Boris Vejdovsky, docente di letteratura americana a Losanna). Da fine giugno il volume sarà disponibile in Europa per Michel Lafon Paris, e a settembre in Italia per De Agostini (207 pagine, 39 euro). Un album ricostruito attraverso la JFK Library di Boston. (ambra somaschini) che se per il momento lo sta accettando suo malgrado. Quando sei solo con lei sa che l ami ed è convinta che se qualcuno ama qualcuno non può amare nessun altro e tu non parli mai dell altra per aiutarla e per aiutare te stesso anche se tu ormai sei al di là di ogni possibile aiuto. Tu non sai mai e forse neanche lei ha saputo quando ha preso la sua decisione ma a un certo punto nel bel mezzo dell inverno ha cominciato a puntare stabilmente e implacabilmente al matrimonio; senza mai rompere l amicizia con tua moglie, senza mai perdere i vantaggi della situazione, sempre preservando l apparenza di una assoluta innocenza.[..] Era necessario che io lasciassi Schruns e andassi a New York per chiarire con chi dovessi pubblicare dopo il primo Il gran rifiuto a Feltrinelli Le sue parole sono sinistre MASSIMO NOVELLI libro di racconti e quando tornai a Parigi avrei dovuto prendere il primo treno che mi portasse in Austria. Ma la ragazza di cui mi ero innamorato era a Parigi adesso, sempre a scrivere a mia moglie, e dove andammo e quello che facemmo e l incredibile felicità, lancinante, ribelle, l egoismo e la slealtà di tutto quello che facemmo, mi diedero una felicità tale e una felicità tanto impossibile da sopprimere e spaventosa che il nero rimorso arrivò e l odio per il peccato e nessun pentimento, solo un terribile rimorso. Quando rividi mia moglie ferma sulla banchina mentre il treno entrava tra le cataste di tronchi in stazione, desiderai di essere morto senza aver mai amato altra donna che lei. Sorrideva, il sole sul suo bel volto abbronzato dalla neve e dal sole, il corpo ben fatto, i capelli d oro rosso Le cose della vita andavano male, soprattutto in quello scorcio del 1958, per Ernest Hemingway. Assillato da problemi esistenziali, torturato da malanni vari, ormai lavorava con estrema, penosa, fatica. Il 24 ottobre, mentre stava per interrompere la stesura di Festa mobile e la revisione del dattiloscritto-fiume de Il giardino dell Eden, Alfred Rice, il suo rappresentante legale a New York, gli fece avere a Ketchum, nell Idaho, una lettera ricevuta dall agente letterario Fabio Coen. Quest ultimo, rivolgendosi al romanziere su invito di Gian Giacomo Feltrinelli, esprimeva il «vivo desiderio del Signor Feltrinelli» di «pubblicare in Italia nella traduzione italiana una raccolta dei Suoi articoli sparsi in quotidiani e riviste nel corso della Sua carriera di scrittore». A rispondere per primo, per conto dello scrittore, fu l avvocato di Manhattan. Poche parole, il 17 novembre, per chiarire che «il Signor Hemingway desidera per mio tramite informarla che egli non concederà l autorizzazione, né a Feltrinelli né ad altri [...] ed anzi proibisce espressamente ogni pubblicazione del genere». Nove giorni dopo toccò all autore di Addio alle armi che, sdegnato, volle informare di persona Arnoldo Mondadori, il suo editore italiano, della proposta fattagli dall uomo che aveva appena pubblicato Il dottor Zivago del Nobel Boris Pasternak. Conservato con le altre carte nell archivio della Fondazione Arnoldo e Alberto Mondadori, il biglietto con il «no» a Feltrinelli si spiegherebbe principalmente con l amicizia e il consolidato rapporto di lavoro che univa Hemingway ai Mondadori. In particolare, ricorda Luisa Finocchi, che dirige la Fondazione, «era molto legato ad Alberto». Nella lettera chiusa spedita ad Arnoldo, però, risaltano un riferimento preciso alle supposte convinzioni politiche di Feltrinelli e di Coen, identificato a quanto sembra come membro di un partito di sinistra, e persino una battuta sul cognome di origine ebraica dell agente letterario. Hemigway riassunse così la vicenda: «La corrispondenza parla da sola, e Lei certo saprà che tipo è Feltrinelli e come proteggere in queste circostanze i Suoi e i miei interessi. Coen, a parte il suo nome o il partito cui è iscritto, può essere ben definito dal tipo di lettere che scrive: le sue lettere sono sinistre. A lei comunque sarà ben noto questo genere di uomini se non l uomo in questione». Cosa lo indusse, oltre al rapporto con Mondadori, a reagire così? La nevrosi? O forse il fatto che, in quel periodo, lo stesso Hemingway venisse ritenuto un comunista, amico di Castro, spiato dalla Cia e al centro di un presunto complotto orchestrato per ucciderlo? Nella lettera del 26 novembre, promise anche al grande editore di sperare «d aver presto un nuovo libro da darle». Commosso per la dimostrazione di lealtà nei suoi confronti, il vecchio Mondadori volle ringraziarlo. Gli scrisse il 12 dicembre: «Sono estremamente felice, e molto fiero, di questa sua nuova prova di fedele amicizia per me, di cui, naturalmente, non ho mai dubitato. Comunque, queste sono cose che hanno il potere di commuovermi profondamente». E aggiunse: «Niente poteva rendermi più felice di sentirle menzionare il suo nuovo libro, e posso solo dirle che la promessa di spedirmelo presto, è il miglior regalo per Natale che io possa aver desiderato». Non lo riceverà. nel sole, lasciati crescere tutto l inverno originali e bellissimi, e Mr Bumby fermo accanto a lei, biondo e sodo e con le sue guance d inverno che sembrava un bravo ragazzo del Vorarlberg. «Oh, Tatie» disse, mentre la stringevo tra le braccia. «Sei tornato e hai fatto un viaggio meravigliosamente riuscito. Ti amo e ci sei mancato molto.» Io l amavo e non amavo nessun altra e vivemmo un delizioso momento magico finché restammo soli. Io lavorai bene e facemmo delle meravigliose gite, e fu solo quando fummo lontani dalla montagna in tarda primavera, e di ritorno a Parigi che l altra storia ricominciò. Il rimorso era una bella e buona cosa e con un po di fortuna e se fossi stato un uomo migliore probabilmente avrebbe potuto risparmiarmi per qualcosa di peggio invece di essere il mio fedele e costante compagno per i tre anni successivi. [...] Il rimorso non mancò mai giorno o notte fino a che mia moglie non ebbe sposato un uomo molto migliore di quanto io sia mai stato o potessi essere e io seppi che era felice. Ma quell inverno prima di sapere che sarei ricaduto nella malvagità ci divertimmo a Schruns e io mi ricordo tutto di quel momento e l arrivo della primavera tra le montagne e quanto mia moglie e io ci amavano e fidavamo l uno dell altra e come eravamo felici che tutti i ricchi se ne fossero andati e come io credevo che fossimo di nuovo invulnerabili. Ma non eravamo invulnerabili e quella fu la fine della prima parte di Parigi, e Parigi non sarebbe mai più stata la stessa anche se era sempre Parigi e tu cambiavi mentre cambiava lei. Non tornammo più nel Vorarlberg e nemmeno i ricchi lo fecero. Credo che neanche il pesce pilota ci sia mai tornato. Lui aveva nuovi posti dove pilotare i ricchi e alla fine è diventato un ricco anche lui. [...] Ora più nessuno sale in alto con gli sci e quasi tutti si rompono le gambe ma forse in fondo è più facile rompersi le gambe che rompersi il cuore anche se dicono che oggi tutto si rompe e che a volte, dopo, molti sono più forti proprio nei punti dove si sono rotti. Adesso di questo non so più niente ma è così che era Parigi nei primi anni quando eravamo molto poveri e molto felici. Traduzione di Luigi Lunari Restored edition 2009 Hemingway Foreing Rights Trust. All rights reserved Arnoldo Mondadori Editore Spa, Milano. Pubblicato per concessione dell'editore

6 36 LA DOMENICA DI REPUBBLICA DOMENICA 12 GIUGNO 2011 CULTURA* Anno 1939, Pio XII ordina di scavare sotto la basilica vaticana per trovare la tomba del primo apostolo. Ben presto il cantiere si trasforma in un covo di congiurati tedeschi e Alleati che vogliono abbattere il Führer e in un rifugio per ebrei perseguitati. Tra misteri, suggestioni, complotti e ricostruzione storica, un nuovo libro riapre la questione di papa Pacelli e dei suoi rapporti col nazismo FILIPPO CECCARELLI La congiura, la salvezza e forse la santità: comunque sottoterra. A parziale, ma sostanziale disdetta della neutralità della Santa Sede, tra il 1939 e il 1945 Pio XII congiurò contro Hitler e in seguito fece mettere in salvo diversi ebrei romani, convertiti e non, in quello stesso fantastico e impensabile luogo dell ipogeo dove diciannove secoli prima era stato sepolto il primo pontefice della storia, quello che nell iconografia possiede le chiavi del Paradiso. Papi, dunque, apostoli, nazisti, archeologia e spionaggio. Che già basterebbe. Ma quando le vicende si intrecciano nella città eterna, può anche accadere che nell oscurità degli scavi sotto la basilica di San Pietro fioche lampade all acetilene illuminino reliquie dimenticate in una cassetta, equivoci e beghe fra epigrafisti, bassi intrighi di curia e strategie geopolitiche. Per cui dalle reti dei pescatori del lago di Tiberiade, seguendo il racconto, si finisce per entrare, prima con diffidenza poi con appassionata curiosità, nelle grotte vaticane dove Pio XII, appena eletto, intende fare spazio per la tomba del suo predecessore. È la vigilia della Seconda guerra mondiale, ma poi GROTTA LA SEGRETA SANPIETRO DI Un bunker per fermare Hitler anche nei palazzi apostolici tutto si fa drammatico e fra ambasciatori inglesi e benefattori ebrei, cardinaloni fascisti e coraggiose suorine, si imbastisce una trama di audacie, delazioni, lacrime, sacramenti, bombardamenti, treni blindati, silenzi, preghiere e sotterfugi. Solo a Roma Barbara Frale, studiosa dei Templari e della Sindone, ricercatrice dell Archivio Segreto Vaticano, poteva ambientare questo suo molto, forse troppo impegnativo Il principe e il pescatore (Mondadori, 360 pagine, 20 euro), a proposito del quale con inesorabile scetticismo romano si sarebbe addirittura portati a dire, ma non lo si dice: se non è vero, è molto ben inventato. E non suoni come discredito per un lavoro dichiaratamente e quindi onestamente, ma pure fin troppo risolutamente agiografico rispetto alla discussa figura di Pio XII. È che comunque la storia che qui è raccontata appare talmente ricca e suggestiva che il giornalismo l accoglie d istinto come una manna dal cielo; e più ancora le darà il benvenuto il mondo dalla fiction televisiva, che per i papi e i santi in questi momenti frivoli e spietati ha un indubbio interesse. Dunque, il Principe è papa Pacelli, in effetti il più valoroso e anche il più slanciato, ieratico e scenografico tra i patrizi romani, categoria invero da prendersi con le pinze. Mentre il Pescatore è San Pietro, già Simone, il primo degli apostoli, martire a testa in giù e fondatore di Santa Romana Ecclesia. I cui sacri resti a partire dal 1939 Pio XII ordina di cercare con personalissimo ardore, come antidoto all intellettualismo modernista, nell immensa necropoli sepolta sotto la basilica apostolica, che poi sono due, quella costantiniana e poi quella rinascimentale. E saranno ritrovate in effetti nei

7 DOMENICA 12 GIUGNO 2011 LA DOMENICA DI REPUBBLICA 37 IL LIBRO Sarà in libreria martedì 14 giugno Il principe e il pescatore. Pio XII, il nazismo e la tomba di San Pietro di Barbara Frale, storica e ricercatrice presso l Archivio Segreto Vaticano. Il libro è pubblicato da Mondadori (360 pagine, 20 euro) LA BASILICA IL BALDACCHINO Realizzato dal Bernini tra il 1624 e il 1633 sotto Urbano VIII L ALTARE Consacrato da Clemente VII nel 1594 è posto sulla verticale del sepolcro di Pietro LA NECROPOLI PIO XII Il luogo dove è sepolto il papa che ha ordinato la ricerca della tomba di San Pietro IL MAUSOLEO Sono tombe romane che risalgono dal 117 al 161 dopo Cristo L area dove sarebbe stato sepolto Pietro è contrassegnata come Campo P LA TOMBA DI PIETRO LE FOTO Nell altra pagina, uno dei mausolei sotto il Vaticano con la targa di Pio XII; sotto, la statua di San Pietro nelle grotte vaticane e l interno della Basilica LE GROTTE Dove sono sepolti: 1 Giovanni Paolo II 2 Giovanni Paolo I 3 Paolo VI 4 Bonifacio VIII LA RICOSTRUZIONE Un modello del trofeo di Gaio : un edicola che segnava l'ingresso alla tomba dell'apostolo. A fianco, un frammento del muro rosso su cui gli archeologi hanno decifrato la scritta Pietro è qui primi anni Cinquanta, queste sacre ossa attribuite a San Pietro, sia pure in forme avventurose, grazie soprattutto all opera di Margherita Guarducci, in competizione con altri ragguardevoli personaggi che in parte seguitavano a cercarle nei posti sbagliati e in parte le avevano già trovate senza saperlo. Ma l irresistibile novità da fare invidia a Dan Brown è che attorno ai grandiosi scavi nelle grotte vaticane, nel misterioso cantiere mantenuto aperto alla ricerca delle reliquie nelle viscere della cristianità finì per operare una vera e propria rete di spionaggio antinazista allestita da Pacelli all insaputa della Segreteria di Stato e cioè dei cardinali Montini e Tardini, di cui tutto si può dire meno che fossero degli allocchi. Dopo di che, nel medesimo sottosuolo, tra pale, carriole, detriti, sarcofagi e i marmi dei magnifici mausolei pagani e cristiani, grazie a un organizzazione gestita più o meno dagli stessi fidatissimi per conto del Papa, riuscirono a salvarsi la pelle centinaia e forse migliaia di ebrei, alcuni dei quali anche travestiti da operai scavatori e sanpietrini. E a questo punto occorre lealmente precisare: se sulla figura di Pio XII e sul suo atteggiamento nei confronti del nazismo e degli ebrei non si fossero accumulati decenni di polemiche, controversie, dubbi e preoccupazioni la lettura de Il principe e il pescatore, che tra l altro inizia con una citazione da una canzone di De André («All ombra dell ultimo sole, s era assopito un pescatore»), risulterebbe molto più serena. E forse anche il racconto scorrerebbe più leggero, senza iperprofusione documentaria e senza destare sospetti di lacune (una fra tutte, purtroppo: La Resistenza in convento di Enzo Forcella), né occhiute verifiche di fatti privi di riferimenti bibliografici o di eventuali forzature, senza soprassalti di sconforto perché l autrice, in un passaggio un po così, ha anche citato i diari fasulli di Mussolini, e proprio sulla questione degli ebrei, dove il Duce guarda caso risulta particolarmente benigno. Perché la storia che qui si racconta è per sua natura incerta e contraddittoria e vive di suggestioni, di specchi, di astuzie che si sdoppiano in un gioco sempre più rischioso. Tutto ruota attorno a un paio di monsignori tedeschi, uno è l uo- Tutto ruota attorno a due monsignori: l economo Ludwig Kaas e il gesuita Robert Leiber ESPLORATORI In udienza da Pio XII nel 43 la squadra della Fabbrica Nel cerchio, Ludwig Kaas, l uomo di fiducia del Papa mo a cui papa Pacelli, a lungo nunzio apostolico a Berlino e poi Segretario di Stato di Pio XI, ha affidato l operazione di ritrovamento delle sante spoglie nel sottosuolo vaticano: Ludwig Kaas, già uomo politico del Partito popolare in Germania e ora economo e segretario della Reverenda fabbrica di San Pietro; l altro è il coltissimo segretario personale di Pacelli, padre Robert Leiber, un gesuita che insegna all università Gregoriana. Sono loro che lontano da sguardi indiscreti, in una Curia che già pullula di spie e delatori al servizio dei fascisti e dei nazisti, accolgono le periodiche visite di un agente segreto tedesco, Joseph Müller, a più riprese spedito a Roma da un gruppo di generali «senza svastica» che fin dal 1938 cospirano contro Hitler e che attraverso questa specialissima rete apostolica e sotterranea, nel senso autentico della parola, fanno arrivare agli alleati, attraverso l ambasciatore britannico presso la Santa Sede sir D Arcy Osborne, addirittura i piani di guerra del Führer, in vista di una possibile pace che salvaguardi l integrità della Germania. Però poi tutto va in altra direzione. Ma contemporaneamente, anche se attraverso canali meno personali, direttive, note cifrate, circolari e contatti con benefattori la Santa Sede ingaggia una massiccia opera di assistenza agli ebrei, in un primo momento per farli emigrare attraverso la Società San Vincenzo e l Opera San Gabriele; e poi per proteggerli, naturalmente in gran segreto, quando la persecuzione richiede di pagare riscatti, falsificare documenti e soprattutto nascondere le persone, anche dietro il cancello di bronzo, con i suoi intrepidi personaggi e i rischi del caso vedi il progetto delle SS di sequestrare il Papa e trasferirlo nel Lichtenstein. E davvero non si ha alcun titolo per emettere giudizi definitivi su Pio XII: se abbia fatto tutto quel che poteva, e ancora meno è il caso di stabilire se meriti o meno la gloria degli altari. L opinione più sensata è parsa di coglierla in una pagina molto felice in cui l autrice ha ritenuto, e giustamente, di riportare la semplice testimonianza di sua nonna, Renata Baldini, che dopo il bombardamento degli Alleati sullo scalo San Lorenzo si ritrovò faccia a faccia, per strada, con il Papa giunto quasi in incognito a rendersi conto di persona, ma anche a pregare e dare una mano tra i feriti. Ebbene quell uomo, quell aristocratico, quel pontefice, le parve lì per lì «un povero cristo secco come un chiodo che non sapeva più dove mettersi le mani, con la città occupata dai tedeschi». Là dove la vera Maestà, più che ai principi, appartiene forse ai poveri cristi, ai loro necessari equivoci, alle loro gloriose sofferenze.

8 38 LA DOMENICA DI REPUBBLICA DOMENICA 12 GIUGNO 2011 SPETTACOLI L ultima novità è la riscoperta del lato oscuro del Rinascimento. Ma prima de I Borgia, a breve sui nostri schermi direttamente dagli Usa, il Belpaese ha ispirato da sempre Hollywood Ecco perché, dall antica Roma alla mafia, siamo quelli di sangue, corna e intrighi The JobUn cinema CLAUDIA MORGOGLIONE Spaghetti e sangue. Tradimenti e omicidi. Toni accesi, colori forti, passioni esasperate. Un po Il Padrino, un po Cleopatra versione Liz Taylor. L epica nostrana, recente o antichissima, la tv e il cinema internazionali la rappresentano così. A Hollywood, e non solo: raccontato da fuori i confini, attraverso lo schermo grande o piccolo, il Belpaese diventa un perfetto set di intrighi melò. Dalla Roma classica, da sempre ambientazione per film e serial a base di corna e congiure, al più contemporaneo tra i fenomeni tricolori trapiantati in territorio americano, quello mafioso: un filo conduttore attraversa prodotti tra loro differenti, nello stile e nel tempo. Dal titolo di una famosa pellicola inglese del 1969 (che ha avuto un remake nel 2003) potremmo definirlo The Italian Job: la nostra storia in chiave criminale, con corruzioni, nefandezze, eroi cattivi e carismatici. E con di padrini, papi e gladiatori la costante ricerca di epoche passate da mettere in scena. L ultima novità è la riscoperta del lato oscuro del Rinascimento: quest anno, infatti, due diverse serie tv patinate narrano la medesima dinasty familiare, che risale alla seconda metà del Una delle due megaproduzioni è europea, si chiama I Borgia ed è ancora inedita: da noi Sky Cinema 1 trasmette in anteprima le due puntate iniziali il 10 luglio, e tutti e dodici gli episodi in novembre. I personaggi sono Rodrigo Borgia (che poi di- venterà papa Alessandro VI), sua figlia incestuosa Lucrezia, il figlio condottiero Cesare: le loro gesta sono rappresentate in modo crudo, sgargiante. Il creatore di questa superfiction, l americano di origini italiane Tom Fontana (già papà di un altro telefilm cult, Oz), ha rivelato i suoi modelli: «I Borgia sono l equivalente delle famiglie mafiose: le dinamiche e le motivazioni sono le stesse. Ma tra le mie fonti d ispirazione c è anche la saga televisiva Dallas». Un incrocio spericolato, dalla Sicilia al Texas. L altra serie è The Borgias, porta la firma prestigiosa di Neil Jordan e ha come interprete principale Jeremy Irons: la prima stagione si è conclusa il 22 maggio sul canale Usa Showtime (da noi c è stata una lunga trattativa con La7, dagli esiti ancora incerti). E anche qui l artefice dell operazione ha mostrato di avere le idee chiare: «Il mio principale punto di riferimento è Il Padrino ha detto Jordan ed è interessante notare come Mario Puzo, lo scrittore dal cui libro è tratto il film, si sia a sua volta ispirato alle cronache sui Borgia». Una cerchio che si chiude, perfetto esempio di italian jobche travalica tempo e spazio. E non c è solo il gioco di rimandi tra la Cosa Nostra trapiantata negli Usa di Francis Ford Coppola, e il Quindicesimo-Sedicesimo secolo nostrani. C è anche la continua fascinazione per l antica Roma. L ultimo esempio tv controverso, per le sue scene di sesso esplicito è Spartacus: sangue e sabbia: i primi tredici episodi sono stati da poco proposti in Italia da Sky 1, e dal 25 agosto toccherà al prequel in sei puntate. Un successo planetario, esportato in ottanta paesi, Iran compreso. Il contesto è lo stesso reso immortale dal film omonimo di Stanley Kubrick (1960), ma a base di acrobazie erotiche e momenti macabri. Rob Tapert, che con Sam Raimi ha prodotto la serie (trasmessa oltreoceano su Starz), ha citato ancora l epica mafiosa: «Ho cercato di unire il meglio di due momenti di grande televisione, I Soprano e Rome». Il primo riferimento è alle sei stagioni tv sui criminali italoamericani del

9 DOMENICA 12 GIUGNO 2011 LA DOMENICA DI REPUBBLICA 39 Ma quanta invidia dietro quegli stereotipi VITTORIO ZUCCONI FILM E FICTION 1. I Borgia (2011) la serie prodotta in Europa creata dall americano Tom Fontana 2. Spartacus: sangue e rabbia (2010) la miniserie in tredici episodi prodotta da Sam Raimi 3. Rome ( ) fiction di Bruno Heller e girata in studio a Cinecittà 4. Il gladiatore (2000) di Ridley Scott con Russell Crowe 5. I Soprano ( ) la serie di David Chase con James Gandolfini 6. Quei bravi ragazzi (1990) di Martin Scorsese con Robert De Niro 7. Gli intoccabili (1987) di Brian De Palma con Kevin Costner 8. Il padrino (1974) di Francis Ford Coppola con Marlon Brando e Al Pacino 9. Quo Vadis (1953) di Mervyn LeRoy con Robert Taylor e Deborah Kerr Benvenuti, gentili telespettatori, nell Italia che piace al pubblico americano. L Italia delle tre «P» che assicurano successo ai serial televisivi o ai film: «Pasta, Papi e Padrini». Dalla Roma putrefatta dei Cesari alla Curia depravata dei Borgia, dal New Jersey desolato dei Sopranos ai Bravi Ragazzi di Scorsese, dai materassi dei Corleone ai diabolici intrighi del Codice Da Vinci, autori, produttori e sceneggiatori che vogliano vendere l Italia al pubblico sembrano non potersi esimersi dal ricorso ai miti e al fascino inquietante di un popolo di pugnalatori, cortigiane, intriganti, avvelenatori, incestuosi, mafiosi e papponi. E, generalmente parlando, ladri. È un duello di stereotipi. Sulle rotte atlantiche, invisibili ai radar ma visibilissimi su schermi e teleschermi, incrociano da decenni flotte di luoghi comuni che viaggiano in direzioni opposte per far cassetta. Sono i protagonisti inevitabili di quelli che i tromboni chiamano «scambi culturali», ma che qui diventano reali, quotidiani, nazional-popolari, ben lontani dalle pinacoteche e dai seminari di accademici. Non c è ostilità, tuttavia, né disprezzo in questa reciproca corrente di banalità sontuose e sordide che l America e l Italia si scambiano. Anzi. Nella insistenza monotona con la quale Hollywood riesuma puntualmente il peggio della storia italiana, e che ora ha portato in un serial tv visivamente sontuoso e carnalmente decomposto il truce regno di Alessandro VI e dei Borgia, c è il sospetto di una segreta e impronunciabile ammirazione per un popolo che in millenni di corruzione, di caos, di malgoverno, di ipocrisia cattolica ha regalato al mondo tsunami di arte e di cultura immortali quali il puritanesimo dei Padri Fondatori sbarcati dal veliero Mayflower neppure avrebbero potuto immaginare. Anche nell umiltà quotidiana del cibo, gli schermi della tv traboccano di show sulla cucina italiana, mentre non risultano programmi di successo sulle reti europee o italiane sulla preparazione di polpette di carne fritta. Se il luogo comune funziona sempre nello show business di massa, la stereotipizzazione dell italiano furbastro e machiavellico, voltagabbana e avvelenatore, familista ed egoista suggerisce molto più che il titillare dei palati grossi. Dalla Dolce vita felliniana, archetipo dell Italia sconfitta ma risorta in fretta alle glorie provinciali del piacere, alla riesumazione della Roma prima cesarea e poi rinascimentale, c è lo stupore di una cultura calvinista che non riesce a capire come un popolo di peccatori spudorati possa non soltanto sopravvivere ai propri vizi ma, almeno in alcuni momenti della propria storia, prosperare. I Borgia, che pure erano spagnoli, sono dunque soltanto l ultima incarnazione televisiva di un sentimento che si nasconde dietro l apparente orrore. L invidia. «Se rinasco, voglio fare il giornalista italiano» mi disse anni addietro Johnny Apple, uno dei grandi del New York Times, scoprendo durante un vertice che noi inviati italiani dibattevamo accanitamente sulla scelta del migliore ristorante nel quale cenare dopo il servizio mentre lui e i colleghi americani viaggiavano a panini e gazzosa da buffet. C è chi si indigna, come fanno le lobby italo-americane, davanti a questa continua rappresentazione dell Italia come un nido di vipere o un incubatrice di padrini e picciotti da esportazione. Sbagliano. È sconfinata, paradossale, sdegnata ammirazione quella che sgocciola nei titoli di testa del serial The Borgias insieme con il sangue e ci si deve accontentare, visto che grandi serial o kolossal su mirabili figure di statisti italiani defunti o viventi sarebbero difficilmente proponibili. E sul presente, con un premier che «si è fottuto un intera nazione» come ha scritto in copertina l ultimo Economist, «The man who screwed an entire country», è più caritatevole sorvolare. Rodrigo Borgia, Papa Alessandro VI, fu un orribile esempio di simonia e di debauche nella Curia Romana. Fu eletto dallo Spirito Santo con la collaborazione di cardinali comprati a colpi di carovane di muli carichi d oro e argento, l 11 agosto del Ma una settimana prima, dal porto di Los Palos de la Frontera, aveva fatto rotta verso Ovest un certo Cristoforo Colombo. Senza di lui, un italiano, gli americani non avrebbero mai scoperto quanto ci amino New Jersey, l altro è alla fiction creata da Bruno Heller, e prodotta da Hbo, Bbc e Rai tra il 2005 e il 2007: coi suoi Fori imperiali ricostruiti a Cinecittà, con la sua trama a base di passioni fisiche e intrighi, è un perfetto esempio di Hollywood sul Tevere in salsa contemporanea. Più vicino alla Cleopatra della coppia Liz Taylor- Richard Burton che alla storia. È chiaro che questo filone antico romano o rinascimentale, con i suoi risvolti un po trash, non ha nulla a che vedere sul piano della qualità con i tre film su Vito Corleone e famiglia. O col grande racconto della Little Italy newyorchese portato al cinema da Martin Scorsese, da Mean Streets a Quei bravi ragazzi. Ma se proprio il mondo scorsesiano è diventato la prima fonte d ispirazione di una saga di altissimo livello come I Soprano, è indubbio che Il Padrino, con la sua dimensione eroica e spettacolare, ha influenzato suo malgrado tutto l italian job. Anche quello di puro intrattenimento. Non a caso The Godfather (questo il titolo originale) è diventato perfino un videogioco, che va ad affiancarsi a un social game online come Mafia Wars o a prodotti per console come Assassin s Creed in cui si viaggia nella Roma dei Borgia. E Francis Ford Coppola, in qualche modo, si sente responsabile di questo eccesso di banalizzazione. Tanto da dichiararsi pentito di aver girato un prequel e poi un sequel del primo Padrino: «Non dovevo serializzarlo, un opera d arte non è come la Coca Cola: ve lo immaginate uno spin-off dell Amleto?».

10 40 LA DOMENICA DI REPUBBLICA DOMENICA 12 GIUGNO 2011 Bentornatipantaloni ampi. Il massimo dello chic nel guardaroba di una donna sono i pantaloni over. Facili da indossare? Tutt altro. Richiedono classe, stile e una andatura studiata nei dettagli per esaltare il movimento del pantalone sulla gamba. Nel mondo del cinema restano celebri i pantaloni di taglio maschile indossati magnificamente da Katharine Hepburn o da Dia- Seta a go go per i pantaloni SINUOSA ne Keaton in moltissimi film di Woody Allen. Pantaloni maxi ma iperfemminili, da portare con l attitu- sinuosi. L accessorio top di Aigner che si muovono dine di una signora o ragazza snob. è la borsa con la tracolla Per questa estate, insieme ai jeans aderentissimi, modello skinny, il must have sono dunque i pantaloni alla garçonne, con cintura in vita, ispirati alla moda fine anni Settanta-primi Ottanta, da abbinare a top preziosi e camicie di seta. Data l ampiezza, questo tipo di braghe possono dare la sensazione Comfort di mimetizzare bene qualche chilo di troppo. Ma at- & Il pantalone è leggero Chic le tendenze Lei come lui Morbido e over, sfila sulle gambe di modelle e star, dalla Hepburn a Marianne Faithfull Ma si adatta altrettanto bene anche alla silhouette delle donne normali. A patto di seguire alcune accortezze. Ecco quali LAURA ASNAGHI tenzione a non esagerare. Fianchi troppo generosi possono creare sgradevoli effetti palloncino. Eppure, con tutti i rischi del caso, i pantaloni over, con la gamba larga, tornano a dominare la scena estiva. I modelli lanciati dagli stilisti sono sostanzialmente di due tipi. Uno ben tagliato e aderente sui fianchi, l altro morbido e setoso come un prezioso pigiama. Quest ultimo è quello più amato da Rochas, il marchio francese disegnato dall italiano Marco Zanini, giovane creativo abile nell esaltare una femminilità sofisticata e discreta. La donna Rochas ha un allure romantica ma, nella moda di questa estate, è il pantalone di taglio maschile che ondeggia sulla gamba ad essere il più gettonato. Celine lo propone in versione minimalista, color verde acqua, da abbinare a una blusa T-shirt, di gusto sartoriale. Christian Dior punta al modello Vestivamo alla marinara, indossato con sandali dai tacchi alti e top molto sexy con una fantasia che ricorda i giochi d acqua. Per Brioni quel che conta è l abbinata camicia di seta, pantaloni e cintura dello stesso colore (la scelta va dal rosso passione, ai classici evergreen bianco o tabacco). Armani, da sempre grande fan del pantalone, realizzato con tessuto maschile, punta, per l Emporio, ai modelli che si chiudono con la coulisse in vita. In questi casi la giacca è d obbligo, purché piccola e ben sagomata. Tra i pantaloni over che hanno conquistato le pagine delle riviste di moda ci sono quelli di Jil Sander con colori fluo irresistibili e volumi spettacolari. Solo chi è altissima e sottile si può concedere il lusso di portare questi pantaloni con i sandali rasoterra. Viceversa il tacco 12 rappresenta la soluzione perfetta per avere un andatura sinuosa e rendere il tutto più sexy, con le mani strategicamente infilate nelle tasche laterali. Versioni sempre molto chic, ma sportive, le offrono Lacoste (con i classici riferimenti al mondo del tennis), Stefanel (con proposte che combinano l eleganza con il comfort dei capi) e Dsquared (che unisce il blazer bianco ai pantaloni kaki, da portare con le scarpe stringate). NOTTURNA Sono ampi quanto una gonna i pantaloni da sera Max Mara da indossare con una cinturina e una maglia color cipria

11 DOMENICA 12 GIUGNO 2011 LA DOMENICA DI REPUBBLICA 41 L ILLUSTRAZIONE Two Women in Evening Slacks with Man di Rene Bouet-Willaumez del 1936, da Vogue Magazine Condé Nast Archive/CORBIS ESSENZIALE Ecco la morbida eleganza dei pantaloni Stefanel: da indossare con un cardigan e una T-shirt bianca essenziale LA REGINA Katharine Hepburn ha sempre indossato i pantaloni maschili in modo impeccabile senza penalizzare la sua femminilità DISCRETA Inno alla discrezione per il tailleur pantalone di Boss Black reso romantico dalla blusa con drappeggio di fiori LA DIVINA Greta Garbo con blusa e pantaloni palazzo: contribuivano a darle un allure ricercata e chic SOFISTICATA Effetto sophisticated lady per il completo Brioni, color tabacco, con camicia in seta coordinata ai pantaloni Maria Mària di Stefanel Macché punitivo, semmai esalta il lato B Maria Mària è la storica mente creativa di Stefanel, il marchio che calamita intorno a sé giovani talenti selezionati dalle scuole di moda di tutto il mondo. È con loro che Mària studia e mette a punto tutti i capi della collezione, compresi i nuovi pantaloni, morbidi e fluttuanti sulla gamba, ispirati a donne come Bianca Jagger, Marianne Faithfull, Diane Keaton, Lauren Hutton, Katharine Hepburn. Mària, come si spiega questo revival del pantalone over? «Nella moda niente è casuale. Nell aria c è un desiderio di nuova femminilità, più autorevole e forte, decisamente meno bellona tutta curve. E il pantalone dalla gamba larga, nella sua classicità ed eleganza, è in grado di esprimere al meglio questa voglia di tornare a una femminilità dal fascino discreto». Ma il pantalone over non rischia di essere un po punitivo? «No, perché la forza di questi pantaloni è quella di essere tagliati in maniera tale da esaltare il lato B. Sì, perché il focus è tutto concentrato lì, sul sedere. E non a caso, nella nuova interpretazione che abbiamo fatto noi di questi pantaloni lo studio delle forme è stato determinante». Quanti tipo di pantaloni ampi avete elaborato? «Siamo arrivati a cinque modelli. C è quello che noi definiamo boyfriend, ovvero il pantalone largo e sportivo. Poi c è quello, intramontabile, con la gamba a zampa d elefante. Il genere più cool è certamente quello indossato da donne come Marianne Faithfull, con tacco alto e gambe da gazzella. Ma Il modello più democratco e diffuso è quello con la gamba dritta amato dalle donne perché perdona qualsiasi difetto fisico. Infine, c è il modello da jogging, ampio ma chiuso alla caviglia». Per esaltare al massimo questi pantaloni quali giacche e accessori scegliere? «Quando i pantaloni sono ampi, sono consentiti piccoli top, camicie bianche sciancrate, mini bomber e giacchini iper femminili. Il gioco delle proporzioni deve essere sempre rispettato altrimenti si rischiano disastri da un punto di vista estetico». Tacchi alti o bassi? «Se una donna ha la fortuna di essere alta, per evitare l effetto giraffa, è meglio che opti per la scarpa bassa. Viceversa chi ha una statura media può concedersi i tacchi, a patto che li sappia portare con naturalezza». Con pantaloni così chic, qual è la borsa più adatta? «L abbinata vincente è la borsa tracolla, di taglio classico, da portare a bandoliera. Questo è il tocco di modernità che rende i pantaloni over in sintonia con i tempi che viviamo. Viceversa la borsa con il piccolo manico farebbe troppo signora, vecchia maniera». (l. a.) SEMPLICE Una perfetta mise in bianco e nero di Liviana Conti, bocca e ciglia sulla T-shirt: omaggio alla femminilità LA MUSA Diane Keaton in abiti maschili con gilet nero e pantaloni ampi da uomo. La musa di Woody Allen, qui nel film Io e Annie SPORTIVA Un completo Lacoste che si ispira all eleganza dei giocatori di tennis anni Trenta. Tutto è bi-color L ANGELO Marlene Dietrich, Angelo azzurro del cinema in versione garçonne, con giacca e pantaloni CLASSICA Giacca piccola e pantaloni con la coulisse in vita Il modello classico proposto da Emporio Armani

12 42 LA DOMENICA DI REPUBBLICA DOMENICA 12 GIUGNO 2011 i sapori Made in Italy Protagonista del sugo che trasforma un piatto di spaghetti in un esperienza da gourmand, non ha nulla a che vedere con le imitazioni estere dal gusto acido Varietà nata agli inizi del Novecento nel comune campano, ha forma allungata, colore acceso, profumo inebriante Questa è la stagione giusta per provarlo. In tutte le salse Pelato Selezionato e lavato in vasche, viene sbollentato a 90 gradi e poi sbucciato L inscatolamento viene fatto con il proprio succo sottovuoto prima della pastorizzazione Succo Il cocktail dei dannati della dieta: limone, pepe, sale, salsa Worchester, tabasco e angostura Trasgressione alcolica con aggiunta di vodka nel Bloody Mary Passata La più amata dagli Italiani è frutto di una doppia lavorazione: dopo aver ricavato la polpa dai pomodori, si procede con la filtrazione e poi la concentrazione Polpa La scarsità di semi migliora il risultato della tritatura Grazie alla pressatura con dischi dai fori di calibro differente, si preparano anche cubetti e filetti di pomodoro San Marzano dei Cortellari, dentro la stanzuccia del mago, alla notte del sabato, Cicho il mago ritorna a tagliare i suoi maccheroni, (l angelo) Jovanella di Canzio «Nellacasa gira la mestola nella salsa del pomodoro ed il diavolo con una mano gratta il formaggio e con l altra soffia sotto la caldaia. Ma diabolica o angelica che sia la scoperta di Cicho, essa ha formato la felicità dei napoletani e nulla indica che non continui a farla nei secoli dei secoli». Il protettore della pummarola LICIA GRANELLO Matilde Serao ambienta Il segreto del mago nella Napoli del 1220, quando la pummarola era conosciuta solo in Messico, Guatemala e Perù. Un artifizio letterario la ricetta che identifica gli italiani nel mondo è stata ideata almeno quattro secoli più tardi creato per dare il senso di un legame indissolubile. Sugo è termine generico: pomodoro, carne, pesce, verdure, funghi. Ma ilsugo, quello che può trasformare un semplice piatto di spaghetti in un esperienza gastro-mistica richiede una varietà sola: il San Marzano. Forma allungata, colore acceso, consistenza polposa, profumo inebriante. In mezzo a tonnellate di ibridi spicca per finezza di gusto, per la buccia sottile, che si stacca in un niente, per i pochissimi semi, per l acidità inesistente. Una miscellanea di virtù che si esalta nella passata dal sapore morbido e finemente minerale, poco bisognosa di sale e allergica allo zucchero, correttore in molti sughi di pomodoro a rischio di bruciori di stomaco. Una produzione ancora limitata, punta di diamante dell industria di trasformazione che fa capo all Anicav (Associazione nazionale degli industriali delle conserve alimentari), fondata a Napoli nel Tocca ai San Marzano, infatti, guidare la pattuglia dei pomodori da salsa di qualità, premiati nel 2000 con l iscrizione nell elenco delle Dop europee. Ben lo sanno Alfonso e Livia Iaccarino, due stelle Michelin sulle colline di Sorrento, i primi, vent anni fa, ad appoggiare le ricerche sulla fiaschella originaria. Mentre in Costiera andavano di moda le penne salmone e vodka, gli Iaccarino trasformarono la campagna di Punta Campanella in un vero giardino di San Marzano le piante disposte in file ordinate, sviluppate in verticale, come l uva, irrigate in modo meticoloso, coltivate senza chimica, raccolta a scalare da luglio a settembre per produrre la meravigliosa salsa con cui condire gli spaghetti alla Don Alfonso, piatto destinato a firmare la storia di uno dei ristoranti-culto della nuova cucina italiana. Se volete essere sicuri di non imbattervi in produzioni estere siamo diventati il Paese d elezione per la lavorazione dei concentrati da pomodori cinesi e californiani cercate le etichette con sopra scritto San Marzano. Il santo protettore dei pomodori vi benedirà con un piatto di squisiti maccheroni al sugo o con una pizza Margherita d autore, come dio dei buongustai comanda. La pizza LA RICETTA Nelle pizze del maestro artigiano Enzo Coccia, patron di due locali in zona Vomero, Napoli, solo pomodori San Marzano e olio extravergine Ingredienti 1 litro d acqua a temperatura ambiente 50 gr. sale fino marino 2 gr. lievito di birra fresco 1,8 kg. farina 800 gr. pelati San Marzano gr. fiordilatte tagliato a fette Una spolverata di Parmigiano Extravergine q.b. Sciogliere sale e lievito nell acqua e infine un cucchiaio d olio Aggiungere la farina gradatamente. Impastare, da sotto in su Coprire con panno umido e far riposare per 12 ore a temperatura ambiente. Stendere l impasto, schiacciare i San Marzano, amalgamare e disporre sulla pasta. Olio e poco sale Infornare max 20. Formaggi e basilico. Cottura per ancora 15

13 DOMENICA 12 GIUGNO nasce la pizza napoletana 1867 Francesco Cirio presenta i pomodori in scatola DOVE DORMIRE HOTEL NAPPO Viale Roma (Salvo D Acquisto) Tel Camera doppia da 55 euro colazione inclusa DOVE MANGIARE CASA DEL NONNO 13 Via Caracciolo 13 Mercato San Severino Tel Chiuso martedì, menù da 45 euro DOVE COMPRARE COOP. GIUSTIZIA E LIBERTÀ Via Ugo Foscolo, IV traversa Tel itinerari San Marzano (Sa) Napoli Salerno DOVE DORMIRE L ALLOGGIO DEI VASSALLI Via Donnalbina 56 Tel Camera doppia da 85 euro colazione inclusa DOVE MANGIARE PIZZARIA LA NOTIZIA Via M. da Caravaggio 94/A Tel Chiuso lun., aperto la sera, menù da 10 euro DOVE COMPRARE MASSERIA RUSCIANO Via Comun. Margherita 175 Tel DOVE DORMIRE CASA MINERVA Via De Renzi 5 Tel Camera doppia da 60 euro colazione inclusa DOVE MANGIARE OSTERIA CANALI Via de Canali 34 Tel Chiuso domenica sera e lunedì sera menù da 30 euro DOVE COMPRARE ALIMENTARI MARCHETTI Via Arechi 25 Tel LA DOMENICA DI REPUBBLICA minuti il tempo per sterilizzare i vasetti di passata 800mila le tonnellate di pelati prodotti ogni anno in Italia Concentrato Dopo una prima eliminazione parziale di acqua e succo dalla polpa, si concentra il prodotto grazie all evaporazione a bassa pressione Secco Nella tradizione artigiana, si fanno appassire al sole dopo averli aperti e salati In alternativa, asciugatura lenta a 65 gradi sulle placche dei forni Sugo Preparato con il più classico dei soffritti (cipolla, carota e sedano) o con spicchio d aglio, è la salsamadre di tutte le pastasciutte Ma nella corsa al low cost vincono i pomodori peggiori Gliaztechi chiamavano tomatluna piccola bacca selvatica, che avevano selezionato e incrociato fino a farla diventare più grossa e di buon sapore. Ma gli europei diffidavano, e apprezzarono il tomate portato dai conquistadores inizialmente solo come pianta ornamentale. Il pomodoro entra nei ricettari nel Settecento e solo un secolo dopo dilaga in tutti i ceti sociali. Protagonista di questa svolta fu Francesco Cirio, che presentò all Esposizione Universale del 1867 a Parigi un invenzione geniale: la conservazione in barattolo. Prima i pomodori si facevano solo essiccare e si mettevano sott olio, Cirio li fece viaggiare in tutto il mondo, in ogni stagione. Il pomodoro, pelato e in scatola, diventa il simbolo di Napoli e, grazie agli orti fertilissimi ai piedi del Vesuvio, l Italia diventa il primo esportatore mondiale. La varietà San Marzano quasi sinonimo di pomodoro prende il nome dal comune di San Marzano dove, agli inizi del 1900, viene segnalata e nel 1996 ottiene una meritata Dop come pelato. L area di produzione è di oltre 16 mila ettari, ma quelli coltivati sono poco più di cento e producono circa 60 mila quintali. Entrare in un campo di San Marzano maturo è un esperienza unica: profumi che salgono dalla terra e sanno di erba falciata e di spezie. Profumi antichi che riportano ai tempi in cui le insalate sapevano di pomodoro e di sole e non erano miscugli immarcescibili. Eppure la quota di questa produzione nel panorama nazionale è irrilevante: il nostro Paese (senza contare quanto arriva dall estero) produce due milioni di tonnellate di pomodoro da industria CARLO PETRINI pagato ai contadini 8-10 centesimi al chilo. Un prezzo insostenibile, se non fosse per gli aiuti pubblici, le alte rese e la meccanizzazione di tutte le fasi produttive. Il Consorzio del San Marzano stabilisce ufficialmente un prezzo di acquisto più alto 42 centesimi al chilo perché la coltivazione è manuale, dalla semina alla raccolta, ma il mercato non lo premia. Il mercato lo fanno i pomodori di serie B, nella corsa al ribasso che travolge i contadini di mezzo mondo in un baratro di cui non si vede fine. In questo quadro generale, nel 2000 Slow Food ha valorizzato con un Presidio il lavoro dei ricercatori del Centro ricerche Cirio, coordinati da Patrizia Spigno che avevano conservato l ecotipo storico del San Marzano e di tre agricoltori che misero nuovamente a dimora l ecotipo originario chiamato Smec 20: profumatissimo ma delicato, con la buccia sottile, meno produttivo delle altre varietà selezionate successivamente. Il progetto gode di un certo successo: dal primo ettaro si è passati a sei. I produttori sono diventati ventidue e spuntano un buon prezzo. La ragione del successo? La qualità, dovuta anche alla sostenibilità della coltivazione integrata, ma la chiave di volta è la filiera brevissima che salta i passaggi intermedi, dove i profitti degli agricoltori si riducono al lumicino. I coltivatori del presidio, riuniti in associazione, affidano la trasformazione a laboratori che garantiscono la cura artigiana indispensabile per lavorare il San Marzano. Si occupano direttamente della commercializzazione. Un piccolo esempioche fa riflettere. Gazpacho Nella zuppa fredda andalusa: cipolla, peperone, paprika, pane ammollato, olio, aceto, sale e pepe. Il tutto frullato e colato Ragù Soffritto di pancetta per il macinato di manzo, battezzato con vino rosso Poi polpa e concentrato Cottura lenta Acqua Il liquido trasparente, ricco di umori vegetali, è ottenuto per colatura dei frutti tagliati e lasciati riposare su una garza in frigorifero

14 44 LA DOMENICA DI REPUBBLICA DOMENICA 12 GIUGNO 2011 l incontro Sopravvissuti Boy George Con i Culture Club negli anni Ottanta invase le classifiche. Poi la depressione, la droga, la galera, fino alle foto di lui calvo e col doppio mento sbattute in prima sui tabloid Chiunque ne sarebbe uscito a pezzi, lui no E ora che ha cinquant anni dice: Ero solo andato a far visita al demonio, volevo vedere se era così cattivo come dicevano Ma non sono finito: io supero le tragedie ridendoci su GIUSEPPE VIDETTI MILANO Amezzanotte la pista è deserta. Per il popolo dei nottambuli è ancora l alba. I giovani cominciano a sciamare dentro la discoteca verso l una, una processione nella buia periferia milanese prima di essere strappati al silenzio da quel suono denso sparato da un potente sistema hi-fi, un paradiso infernale dove si comunica a gesti e l unico modo per stabilire una sintonia è abbandonarsi all inesorabile unz-unz che investe i corpi come un tornado. Ai ragazzi non importa che stasera il dj sia un ex popstar, uno che ha venduto milioni di copie, che oggi può permettersi di dire: «Se non ci fossimo stati Madonna e io non esisterebbe Lady GaGa». Il rito che si celebra in discoteca appartiene a un altra religione, diverso da quello del concerto (ne ha in programma uno il 10 agosto in Sardegna, al Pata-Pata). Una signora fuori età cerca di farsi strada in quella massa di post adolescenti belli, eleganti e vistosi verso il camerino dove Boy George aspetta l ora di salire in consolle. «Voglio un autografo, era un idolo ai miei tempi». Ma quel che resta di una pop star da milioni di copie vendute, quando il ciclone Culture Club invase le classifiche di mezzo mondo nei primi anni Ottanta, può ancora permettersi una guardia del corpo, e la signora non arriverà mai a quella porticina (salvo poi avventarsi su George quando l artista attraversa il corridoio per raggiungere il suo angusto teatrino). «Intorno al 1987 ho scoperto il potere della musica dance e ho cominciato a lavorare come dj. Il successo dei Culture Club si era affievolito, la musica era cambiata», racconta Boy George, che tra due giorni compie cinquant anni. Siamo in una stanza insonorizzata all interno del cubo di suono. Dalla sala arrivano solo i bassi, un inquietante stump stump che fa tremare ogni cosa. George, che prima di riciclarsi come dj ha attraversato l inferno (depressione, droga, due arresti, galera, foto di lui calvo e col doppio mento sbattute in prima pagina dai tabloid), ha un make up pesante che cancella rughe e dolori. In- dossa un cappellone verde col teschio glitterato in fronte, eye liner degno di Nefertari. Ha perso quasi tutto ma non il buonumore. La risata è quella di sempre, sguaiata e contagiosa. «Alla fine del decennio le cose erano completamente cambiate e a un certo punto mi sentii schizzato fuori. Ero disperato. Mi veniva la voglia di sbattere la testa contro il muro in cerca di un ispirazione che fosse in linea coi tempi. A quel punto l acid house venne in mio soccorso. Era la musica che aveva ridefinito il paesaggio sonoro di Londra, che aveva cambiato il ritmo di tutti i club della capitale. Era più di una moda, era un movimento, ed era eccitante farvi parte. Anche per me che ero stato una pop star partecipare ai rave clandestini fu una sorta di liberazione. Per la prima volta dopo tanti anni mi sentivo di nuovo un essere umano». Boy George (al secolo George Alan O Dowd, figlio di irlandesi trapiantati nel Regno Unito) non ha mai perso un pollice di popolarità in patria. Nel 2002, secondo un sondaggio della Bbc, era al numero 46 delle persone più amate d Inghilterra, appena sei posti sotto Charles Dickens. Sulla sua storia hanno scritto un musical, Taboo, che è andato in scena per due anni nel West End e per oltre tre mesi a Broadway. Ma la vita post - Culture Club di George è stata travagliatissima: arrestato per possesso di eroina nel 1986; denunciato nel 1995 da Kirk Brandon dei Theatre of Hate (George rivelò nella sua autobiografia che erano stati amanti); nel 2005, finite le repliche di Tabooa Manhattan, viene beccato con la cocaina in casa dopo che aveva chiamato la polizia per denunciare un furto con scasso (che poi si rivelò falso); due anni fa si becca quindici mesi di carcere per aggressione e sequestro di persona ai danni di Audun Carlsen, un escort che aveva dimenticato ammanettato nel suo appartamento dopo un gioco erotico. Le foto di George, trascurato e pingue in divisa da galeotto, fecero il giro del mondo. Chiunque ne sarebbe uscito a pezzi. Non lui. «Quando sbarcai a New York per Taboo mi divertii da matti, ma dopo le cento repliche avrei fatto meglio a ritornare a casa. Invece indugiai, restai in città senza niente da fare e troppo tempo a disposizione. Incominciai a cazzeggiare in giro, tornai nei soliti posti in cerca della solita cosa, sì insomma, tornai a far visita al demonio, volevo vedere da vicino se era così cattivo come dicevano». Scoppia in una risata esagerata che gli lascia una buona dose di rossetto sui denti davanti. «Quando fui catapultato nel firmamento del pop avevo diciannove anni. Non mi rendevo neanche conto di dove stessi andando e cosa volessero da me. L altra sera un amico mi ha chiesto: col senno di poi consiglieresti a qualcuno di diventare famoso? Una domanda scivolosa. Difficile rispondere. Se allora avessi avuto la saggezza che ho oggi avrei certo affrontato tutto con maggiore equilibrio, mi sarei divertito e non mi sarei fatto troppe seghe mentali. Da giovane invece non riesci ad apprezzare le cose che hai. Tutto quello che ti arriva dalla vita anche se è un dono enorme ti sembra dovuto. A vent anni è tutto un fottuto dramma. Anche se hai una casa magnifica e milioni di sterline sul conto corrente». La vita infatti non era facile neanche all epoca dei Culture Club. George aveva una tresca con il batterista Jon Moss e pretendeva di mantenerla segreta. «Già, Ho vagato a lungo tra buddismo e induismo Ora so che esiste un energia superiore, che ognuno di noi è un pezzetto di Dio Ogni fottuta cosa è un pezzetto di Dio FOTO CORBIS quello ingarbugliò non poco le cose. Fu un incubo nell incubo», ammette. «In realtà tutti sapevano gli altri del gruppo, i discografici, il management ma facevano finta di non vedere. Come una mamma che sa che il proprio figlio è gay ma non ne vuole parlare finché non ne parli è come se non fosse vero. È l atteggiamento della società nei confronti degli omosessuali. La mia storia segreta con Moss rendeva ogni cosa complicata: prenotare gli alberghi, scendere a colazione insieme. Ma c era anche il lato divertente, l entusiasmo di una passione travolgente. Io sono uno che quando finisce l amore resta legato ai suoi uomini. Credo di amare Jon più adesso di allora. Si è sposato, ha divorziato, è padre. Mi prendo cura di lui più adesso di allora. Spogliato dalla passione e dai drammi, l amore che resta è puro, disinteressato. Non voglio farci sesso, non voglio sposarlo, ma mi piace e ci tengo a lui. Non è anche questa una specie d amore?». Il pensiero vola agli anni d oro, quando il look dei new romantic la corrente più edonistica che la storia del pop ricordi diventò la cosa più cool di Londra. «E del mondo», ribatte George. «Anche con l Italia fu amore a prima vista, altro che Take That!». Racconta senza pudore (come all epoca confessò di aver avuto un flirt con Elton John) di aver perso la verginità proprio con un italiano. Aveva sedici anni, era un punk annoiato su un sedile della metropolitana di Londra. Il signore di fronte, impeccabile nel suo Burberry, gli fece delle avance. «Rischiò grosso», scherza George, «l età del consenso per gli omosessuali era diciotto anni all epoca. Mi disse che si chiamava Dany, che era un cantante famoso. Non ho mai saputo se fosse vero, probabilmente no. Ricordo solo che era tenerissimo, mi baciava le dita e mi cantava canzoni italiane con una bellissima voce. Per farla breve: quella stessa notte mi portò a una festa molto trendy. C era anche il mimo Lindsay Kemp, che ora vive in Italia. Ho rivisto Lindsay sette anni fa, ricordava ogni particolare: Hey, ma tu non eri l amante di Dany?». Racconta che l omosessualità non è mai stata un vero problema. Fece coming out in famiglia a quindici anni, e nessuno ne fece un dramma. «Mia madre è la mia eroina», mormora. «Anche mio padre, pace all anima sua, cercò in tutti i modi di aiutarmi. Era un uomo brillante, ma anche una contraddizione vivente. Sapeva essere dolcissimo e terribile. Imprevedibile, come me. Non sono uno imprevedibile io? Era un piacione, aveva una bella voce quando cantava. Mia madre, poveretta, ne ha dovute ingoiare Pensi che dopo quarantatré anni di matrimonio la piantò per un altra. Non riuscivo a crederci. Il più grande crimine che abbia commesso. Io avevo quarant anni quando vidi mia madre distrutta per quell abbandono inaspettato. Lei lo amava, quando è morto si è occupata di tutto. Mi disse: l ho odiato, quando mi ha lasciato ho smesso di amarlo all istante ma io sono una persona per bene, è pur sempre mio marito, il padre dei miei figli. Mamma ha una morale di ferro. Ora che è anziana si è totalmente rifugiata nella religione, non si perde una messa né un battesimo o una comunione di qualsiasi lontano parente. Dopotutto siamo irlandesi e abbiamo anche un prete in famiglia, padre Richard». Si abbandona a un altra risata. «Vede, quando si parla di equilibrio io vacillo. La mia vita non è propriamente equilibrata. Ma è la mia vita. Ti accorgi della differenza fra l io malato e quello sano solo quando esci fuori dal tunnel, dopo i periodi di disintossicazione o di detenzione. Allora pensi: come ho potuto farlo? come ci sono cascato? Non ho avuto la religione cattolica cui appoggiarmi come mia madre. Ho vagato tra buddismo e induismo, poi mi sono reso conto che c è un energia superiore di cui tutti facciamo parte, che ognuno di noi è un pezzetto di Dio. Ogni fottuta cosa a questo mondo è un frammento di Dio». Lo chiamano. È l ora di far scatenare la pista. «Non sono finito. L anno prossimo riunirò i Culture Club per il trentennale», annuncia. «Anche se i tabloid mi hanno sempre dipinto come un fottuto depresso, sono uno che sa sopravvivere a una tragedia e anche riderci sopra. Quelli non hanno capito che sbattendomi in prima pagina mi hanno fatto solo la grazia di sopravvivere come celebrità. Ma credete a me, sono più di un titolo a cinque colonne». Alla fine del set una ragazza gli porge l invito della serata da autografare. C è una foto di George con il viso avvolto da un telo blu come un tuareg. In primo piano gli occhi bellissimi, viola come quelli di Liz. Gli occhi che allo scrittore Piervittorio Tondelli (che sul mensile Rockstar firmava una rubrica intitolata Culture Club) fecero scrivere (e si riferiva a Boy): «Ogni generazione ha la Taylor che si merita».

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