Io sento sì d Amor : il terzo amore di Dante, ovvero dell amicizia

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1 Io sento sì d Amor : il terzo amore di Dante, ovvero dell amicizia JUAN VARELA-PORTAS DE ORDUÑA 1. Uno dei tratti più costanti nel progetto poetico di Dante lungo gli anni 90 del Duecento è la ricerca contenutistica e formale della fusione fra diletto e virtute, cioè fra bellezza e bontà poetiche, ovvero, nei termini sociali di Poscia ch Amor, fra «sollazzo» e «opera perfetta». 1 Si tratta di un progetto essenzialmente poetico ma anche di un progetto politico, o meglio sociopolitico, nel quale la canzone che serve ad articolare poetica e politica è appunto Io sento sì d Amor. A nostro avviso, Io sento sì d Amor individua l essenziale unità fra le canzoni di tematica amorosa e quelle di tematica politico-dottrinale per quanto, come ha spiegato Barański, riesce a integrare «l amore con l etica e la politica» (Barański 2009: 161). Cercheremo di mostrare in queste pagine come l argomento principale della canzone sia appunto la conversione dell eros in agapé, o, più concretamente, la conversione dell amore universale che muove tutti gli esseri a ben fare, cioè a sviluppare le proprie intrinseche potenzialità, così come si formulava in Amor che movi, 2 in una nuova volontà di servire gli altri che genera un piacere nuovo, quello dell amicizia e della compagnia, che sarà poi sviluppato in Poscia ch Amor

2 LA BIBLIOTECA DE TENZONE GRUPO TENZONE 2. Io sento sì d Amor è incentrata sulla peripezia psicologica del soggetto dopo che il desiderio ha trovato il suo oggetto nella donna che guarda ed è guardata. In questa peripezia della psiche, il moto fondamentale che la canzone descrive è la nascita, da un primo desiderio immediato, di un secondo desiderio che porta il soggetto alla condizione di servitore o servente. Il primo desiderio è nominato «gran disio»; il secondo desiderio, «gentil disio»: 140 Quand io penso un gentil disio ch è nato del gran disio ch i porto, ch a ben far tira tutto l mio podere, parm esser di merzé oltrapagato; (vv ). Gli aggettivi sono la chiave per capire la natura di questi due desideri. Il primo è grande perché prodotto direttamente della gran possanza d Amore come moto dell appetito sensitivo. Il v. 51, «ch a ben far tira tutto l mio podere», obbliga a identificare questo gran disio col desiderio nato nel soggetto fin dalla nascita in modo naturale, così come viene descritto in Amor che movi 16-23: Fèremi ne lo cor sempre tua luce come raggio in la stella, poi che l anima mia fu fatta ancella della tua podestà primieramente; onde ha vita un disio che mi conduce con sua dolce favella in rimirar ciascuna cosa bella con più diletto quanto è più piacente. Questo primo desiderio, il desiderio di bellezza, «nato per virtù del piacimento / che nel bel viso d ogni bel s accoglie» (Io sento sì d Amor 41-42), è conseguenza dell amore, 4 che fa sviluppare negli esseri la potenza di ben fare :

3 JUAN VARELA-PORTAS Il terzoamore di Dante ovverodell amicizia da te convien che ciascun ben si mova per lo qual si travaglia il mondo tutto, sanza te è distrutto quanto avemo in potenza di ben fare (Amor che movi 9-12). Io sento sì d Amor parte quindi dalla situazione descritta in Amor che movi, quella di un soggetto mosso da un desiderio immediato, sensitivo, di bellezza, che si materializza in un rapporto visuale, e cioè in praesentia, con la donna intesa come cosa bella, 5 e che attira le potenze del soggetto a ben fare. Ora, da questo primo immediato e sensitivo gran disio scaturisce un gentil disio che è secondo, mediato dalla volontà e perciò razionale. Questo è quanto implica l aggettivo gentile, cioè nobile e quindi virtuoso, un desiderio perfetto in quanto desiderio perché porta in sé la propria soddisfazione (De Robertis in Alighieri 2005: 97); ma è soprattutto quanto indica il fatto che questo gentil disio venga insistentemente denominato «voler» (v. 8), «buon voler» (v. 13), «voglia» (v. 12) nella prima stanza (ma anche nel v. 39). 6 Come si sa, voler o voglia, cioè volontà implica la mediazione razionale del desiderio, e cioè il passaggio dall appetito sensitivo all appetito razionale e quindi da un amore sensitivo a un amore razionale: Respondeo dicendum quod amor est aliquid ad appetitum pertinens, cum utriusque obiectum sit bonum. Unde secundum differentiam appetitus est differentia amoris. Est enim quidam appetitus non consequens apprehensionem ipsius appetentis, sed alterius, et huiusmodi dicitur appetitus naturalis. Res enim naturales appetunt quod eis convenit secundum suam naturam, non per apprehensionem propriam, sed per apprehensionem instituentis naturam, ut in I libro dictum est. Alius autem est appetitus consequens apprehensionem ipsius appetentis, sed ex necessitate, non ex iudicio libero. Et talis est appetitus sensitivus in brutis, qui tamen in hominibus aliquid libertatis participat, inquantum obedit rationi. Alius autem est appetitus consequens apprehensionem appetentis secundum li- 141

4 LA BIBLIOTECA DE TENZONE GRUPO TENZONE 142 berum iudicium. Et talis est appetitus rationalis sive intellectivus, qui dicitur voluntas. In unoquoque autem horum appetituum, amor dicitur illud quod est principium motus tendentis in finem amatum. In appetitu autem naturali, principium huiusmodi motus est connaturalitas appetentis ad id in quod tendit, quae dici potest amor naturalis, sicut ipsa connaturalitas corporis gravis ad locum medium est per gravitatem, et potest dici amor naturalis. Et similiter coaptatio appetitus sensitivi, vel voluntatis, ad aliquod bonum, idest ipsa complacentia boni, dicitur amor sensitivus, vel intellectivus seu rationalis. Amor igitur sensitivus est in appetitu sensitivo, sicut amor intellectivus in appetitu intellectivo (Tommaso d Aquino, Somma teologica I-II, q. 26, a. 1, resp.). 7 La canzone, così, ci sta a raccontare come nel soggetto, mosso dall amore, nasca dall amore sensitivo un amore razionale. Il primo gran disio del soggetto non è un desiderio dell appetito naturale appartenente all anima vegetativa bensì un desiderio dell appetito sensitivo appetito dell anima sensitiva che, come spiega Tommaso nel passo citato, viene «ex necessitate, non ex iudicio libero». Dante personaggio è obbligato, a causa della luce d amore che ferisce dalla nascita il suo cuore cioè la sua anima sensitiva, a sentire il desiderio di bellezza e ad andare in cerca del diletto che essa produce, come si spiega nei menzionati versi di Amor che movi. Si tratta perciò di un desiderio necessario, potente (istintivo, diremmo oggi) e grande, in accordo, come dicevamo, con la gran possanza d amore che lo produce senza mediazione, e non di un desiderio controllato dalla ragione. Invece il gentil disio, come volere o voglia, come nobile desiderio, appartiene all appetito razionale o intellettivo. Ma allora la canzone presenta una contraddizione evidente, dal momento che nei versi si stabilisce in pratica la simultaneità dei due desideri: Ed io n cotal voler fermato fui 8 sì tosto come l gran disio ch io sento fu nato per vertù del piacimento che nel bel viso d ogni bel s accoglie.

5 JUAN VARELA-PORTAS Il terzoamore di Dante ovverodell amicizia Il testo quindi afferma da una parte che dal desiderio sensitivo iniziale che muove il poeta, in modo necessario, alla bellezza, nasce un nuovo desiderio che è già ormai un desiderio razionale, una volontà, e perciò dev essere stato assunto dal libero arbitrio per mezzo di un atto di deliberazione ed elezione cosciente, che ha bisogno di tempo. Ma, al contempo, si indica che il soggetto si afferma nel suo desiderio, nel suo voler, «sì tosto come il gran disio [...] fu nato», cioè in maniera spontanea e istantanea. Ci troviamo quindi di fronte a un amore che, per dirla così, decostruisce la distinzione fra appetito sensitivo e appetito razionale, o che presenta una ragione istintiva che assume immediatamente l amore che l appetito sensitivo gli offre, anche se, come vedremo, cambiando radicalmente la sua natura. 9 Se, in Amor che movi, l amore produce un immaginazione che «osa / oltre l poder che natura ci ha porto» (Amor che movi 37-38), in Io sento sì d Amor produce una ragione che, al di là della sua natura, aderisce all oggetto d amore in forma intuitiva e immediata, provocando così una volontà di servizio che, anche se è razionale e, come dicevamo, porta in sé la propria soddisfazione (la propria merzé, v. 52), diventa altresì insaziabile e porta il poeta a un angoscioso stato di martirio e dolcezza. 3. La condizione oltre natura invece di questo amore razionale spiegherebbe l infinitezza del voler, della volontà di servizio altrui in cui è fermato il poeta. Questa volontà è così forte che va al di là della stessa natura del poeta, che non ha il potere, la capacità, di saziare il suo infinito desiderio razionale di servizio. Anzi, persino se l amore gli concedesse questo potere, il poeta afferma di non possedere una natura in grado di sopportarlo, arrivando, possiamo supporre, all esaurimento fisico e psichico. Questa situazione provoca in lui dolore sensitivo («cor-doglio») e mancanza di valore (cioè vilezza, ovvero infirmitas, cioè debolezza, squilibrio psichico, stanchezza, ecc.): Io sento sì d Amor la gran possanza ch io non posso durare 143

6 LA BIBLIOTECA DE TENZONE GRUPO TENZONE 144 lungamente a soffrire, ond io mi doglio, però che l suo valor si pur avanza e l mio sento mancare, si ch io son meno ognora ch io non soglio. Non dico ch Amor faccia più ch io voglio, ché, s e facesse quanto l voler chiede, quella vertù che natura mi diede no l sosterria, però ch ell è finita; ma questo è quello ond io prendo cordoglio, ch a la voglia l poder non terrà fede; (Io sento sì d Amor 1-12). In questo stato, soltanto la presenza della donna provoca «dolce» dove il poeta sente «amaro» (v. 19) col suo sguardo che entra attraverso gli occhi del poeta per un «cammin» dove i raggi di lei «già vi son passati» (vv. 20, 21): e se di buon voler nasce mercede, io la dimando per aver più vita dagli occhi che nel lor bello splendore portan conforto ovunque io sento amore. Entrano i raggi di questi occhi belli ne miei innamorati e portan dolce ovunque io sento amaro, e sanno lo cammin sì come quelli che già vi son passati, e sanno il loco dove Amor lasciaro quando per gli occhi miei dentro l menaro (Io sento sì d Amor 13-23). Si descrive così uno stato in cui la dialettica presenza-assenza della donna diventa fondamentale. In praesentia la donna sazia il gran disio sensitivo del poeta, producendo in lui dolcezza, ed è in absentia della donna quando il gentil disio di servire lei di realizzare azioni, operazioni virtuose in suo «pregio» scatta insaziabile:

7 JUAN VARELA-PORTAS Il terzoamore di Dante ovverodell amicizia per che merzé, volgendosi, a me fanno e di colei cui son procaccian danno celandosi da me, poi tanto l amo che sol per lei servir mi tegno caro. E miei pensier, che pur d amor si fanno, come a lor segno al suo servigio vanno; per che l adoperar sì forte bramo che s io l credessi far fuggendo lei, lieve saria, ma so ch io ne morrei. (Io sento sì d Amor 24-32) La situazione psichica del poeta viene quindi condizionata dai successivi stati di presenza e assenza della donna. 10 Ogni volta che si trova davanti a lei, percepisce in lei nuova bellezza che, aggiungendo un «piacer novo» a quello precedente, fa aumentare il suo amore (vv ), in modo che, quando ella sparisce dalla vista, aumenta pure il desiderio insaziabile di servirla. Perciò, in stato di assenza, il poeta sente una fusione particolare di martirio e di dolcezza: Io non la vidi tante volte ancora ch io non trovasse in lei nova bellezza, onde Amor cresce in me la sua grandezza tanto quanto l piacer novo s aggiugne. Per ch egli avien che tanto fo dimora in uno stato, e tanto Amor m avezza con un martiro e con una dolcezza quant è quel tempo che spesso mi pugne, che dura da ch io perdo la sua vista infino al punto ch ella si racquista. (Io sento sì d Amor 71-80) In questo modo il poeta si trova in una spirale in cui la successione di presenza e assenza della donna porta a un continuo aumento della volontà di servizio e del martirio e della dolcezza che con essa si producep. Questa spirale psichica è riprodotta nella struttura della canzone, che rassomiglia al poeta (v. 81), in parallelo con la situazione continua e sempre in crescita 145

8 LA BIBLIOTECA DE TENZONE GRUPO TENZONE in cui si trova. 11 La canzone incomincia in medias res parlando di un volere che il lettore non può ancora intendere realmente; il poeta spiega successivamente la dialettica presenza-assenza e come da essa scaturisca il desiderio di servizio, cioè la volontà di cui parlava la prima stanza; descrive ulteriormente la propria condizione di servitore alla quale l ha condotto questo amore; e finisce di nuovo con lo stato di martirio e dolcezza provocato dalla assenza della donna, cioè con il «cordoglio» (v. 11) che l infinitezza del voler produce, in modo che la quinta stanza si ricollega alla prima tanto che potremmo riprendere la lettura da capo, riproducendo così in essa la circolarità a spirale dell esperienza psichica del poeta. 4. A nostro parere, la dialettica presenza-assenza, gran disio - gentil disio, cioè desiderio sensibile di bellezza-desiderio razionale di servizio sta a indicare una dialettica fra amore di concupiscenza e amore di amicizia (o benevolenza). L amore di concupiscenza è quello per cui amiamo l altro per il piacere che ci produce; nell amore di amicizia, invece, cerchiamo il bene per chi amiamo senza guardare al bene che lui o lei ci potrebbe causare: 146 Cum autem sit duplex amor, scilicet concupiscentiae et amicitiae, uterque procedit ex quadam apprehensione unitatis amati ad amantem. Cum enim aliquis amat aliquid quasi concupiscens illud, apprehendit illud quasi pertinens ad suum bene esse. Similiter cum aliquis amat aliquem amore amicitiae, vult ei bonum sicut et sibi vult bonum, unde apprehendit eum ut alterum se, inquantum scilicet vult ei bonum sicut et sibi ipsi. Et inde est quod amicus dicitur esse alter ipse, et Augustinus dicit, in IV Confess., bene quidam dixit de amico suo, dimidium animae suae (Tommaso d Aquino, Somma teologica I-II, q. 28, a. 1, resp.). 12 In praesentia, l amante gode concupiscibilmente dello sguardo della donna che gli provoca dolcezza, ma in absentia, al gran disio concupiscibile si aggiunge il gentil disio di portare bene alla donna amata, di essere al suo servizio indipendentemente dal bene che ella gli possa con-

9 JUAN VARELA-PORTAS Il terzoamore di Dante ovverodell amicizia ferire con la sua presenza. In entrambi i casi, assenza e presenza, l amore agisce in modo diverso: Respondeo dicendum quod duplex est unio amantis ad amatum. Una quidem secundum rem, puta cum amatum praesentialiter adest amanti. Alia vero secundum affectum. Quae quidem unio consideranda est ex apprehensione praecedente, nam motus appetitivus sequitur apprehensionem. [ ] Primam ergo unionem amor facit effective, quia movet ad desiderandum et quaerendum praesentiam amati, quasi sibi convenientis et ad se pertinentis. Secundam autem unionem facit formaliter, quia ipse amor est talis unio vel nexus. Unde Augustinus dicit, in VIII de Trin., quod amor est quasi vita quaedam duo aliqua copulans, vel copulare appetens, amantem scilicet et quod amatur. Quod enim dicit copulans, refertur ad unionem affectus, sine qua non est amor, quod vero dicit copulare intendens, pertinet ad unionem realem. (Ibidem). 13 Che il gentil disio sviluppato in assenza della donna sia segno dell amore di amicizia viene, a nostro parere, confermato da due passi della canzone. I commentatori, da Foster e Boyde in poi, hanno individuato nei versi l intertesto biblico di Io. XV 13, «Maiorem hac dilectionem nemo habet ut animam suam ponat quis pro amicis suis»: Ben è verace amor quel che m ha preso e ben mi stringe forte, quand io farei quel ch io dico per lui; ché nullo amore è di cotanto peso quanto quel che la morte face piacer per ben servire altrui. (Io sento sì d Amor 33-38) Dante qui applica una strategia di contaminatio molto abituale nella sua poesia, 14 sostituendo e quindi rimandando con il termine «altrui» al sintagma biblico «amicis suis», e così introducendo una nozione chiave, 147

10 LA BIBLIOTECA DE TENZONE GRUPO TENZONE quella di amicizia, che serve non soltanto a caratterizzare il proprio amore e il proprio rapporto con la donna, ma anche, come vedremo, a gettare le fondamenta di quella che potremmo chiamare valenza sociopolitica dell amore. Il secondo passo della canzone che conferma la nascita di un amore razionale di amicizia da un amore sensitivo di concupiscenza è la disquisizione che può sembrare, a un primo sguardo, lambiccata e troppo complessa, ma che risulta invece fondamentale sulla mercede ricevuta e sulla opportunità che il suo gentil disio sia considerato un servizio o invece una «merzé» per se stesso: 148 Quand io penso un gentil disio ch è nato del gran disio ch i porto, ch a ben far tira tutto l mio podere, parm esser di merzé oltrapagato; ed ancor più ch a torto mi par di servidor nome tenere: così dinanzi agli occhi del parere si fa l servir merzé d altrui bontate. Ma poi ch i mi ristringo a veritate convien che tal disio servigio conti; però che s io procaccio di valere, non penso tanto a mia propietate quanto a colei che m ha in sua potestate, ché l fo perché sua cosa in pregio monti; ed io son tutto suo e così mi tegno, ch Amor di tanto onor m ha fatto degno. (Io sento sì d Amor 49-64) Il gentil disio di servire altrui potrebbe essere considerato di per sé una mercede elargita con bontà dalla donna e quindi potrebbe non essere giusto considerare il poeta un «servidor» né le sue azioni un servizio; ma, a pensarci bene, non è così perché queste azioni virtuose sono condotte a fine non per aumentare il valore di chi le compie, ma, visto che lui appartiene alla persona amata, per aumentare il «pregio» di lei. Si pongono

11 JUAN VARELA-PORTAS Il terzoamore di Dante ovverodell amicizia le basi in questo modo della gratuità del servizio, che cerca esclusivamente il bene della persona amata, senza pensare al proprio bene, com è proprio dell amore di amicizia, ma anche della conseguenza di questo aspetto, che è l appartenenza, come un altro se stesso («alter ipse»), del poeta all amata. Ricordiamo le già citate parole di Tommaso: «Similiter cum aliquis amat aliquem amore amicitiae, vult ei bonum sicut et sibi vult bonum, unde apprehendit eum ut alterum se, inquantum scilicet vult ei bonum sicut et sibi ipsi. Et inde est quod amicus dicitur esse alter ipse, et Augustinus dicit, in IV Confess., bene quidam dixit de amico suo, dimidium animae suae.» (Tommaso d Aquino, Somma teologica I-II, q. 28, a. 1, resp.). O, in altre parole: In amore vero amicitiae, amans est in amato, inquantum reputat bona vel mala amici sicut sua, et voluntatem amici sicut suam, ut quasi ipse in suo amico videatur bona vel mala pati, et affici. Et propter hoc, proprium est amicorum eadem velle, et in eodem tristari et gaudere secundum philosophum, in IX Ethic. et in II Rhetoric. Ut sic, inquantum quae sunt amici aestimat sua, amans videatur esse in amato, quasi idem factus amato. Inquantum autem e converso vult et agit propter amicum sicut propter seipsum, quasi reputans amicum idem sibi, sic amatum est in amante. (Tommaso d Aquino, Somma teologica I-II, q. 28, a. 2, resp.). 15 D altra parte, così intesa la differenza fra il gran disio e il gentil disio, cioè fra l amore di concupiscenza che cerca il diletto sensibile, e l amore di amicizia che cerca il servizio altrui, diventa chiara la ragione della dialettica presenza-assenza nella canzone. Perché ovviamente il primo tipo d amore può darsi soltanto in praesentia mentre il secondo tipo soltanto in absentia: Sed quantum ad vim appetitivam, amatum dicitur esse in amante, prout est per quandam complacentiam in eius affectu, ut vel delectetur in eo, aut in bonis eius, apud praesentiam; vel in absentia, per desiderium tendat in ipsum amatum per amorem concupiscentiae; vel in bona quae vult amato, per amorem amicitiae; non quidem ex aliqua extrinseca causa, sicut cum aliquis desiderat aliquid 149

12 LA BIBLIOTECA DE TENZONE GRUPO TENZONE 150 propter alterum, vel cum aliquis vult bonum alteri propter aliquid aliud; sed propter complacentiam amati interius radicatam. Unde et amor dicitur intimus; et dicuntur viscera caritatis. E converso autem amans est in amato aliter quidem per amorem concupiscentiae, aliter per amorem amicitiae. Amor namque concupiscentiae non requiescit in quacumque extrinseca aut superficiali adeptione vel fruitione amati, sed quaerit amatum perfecte habere, quasi ad intima illius perveniens. In amore vero amicitiae, amans est in amato, inquantum reputat bona vel mala amici sicut sua, et voluntatem amici sicut suam, ut quasi ipse in suo amico videatur bona vel mala pati, et affici (Tommaso d Aquino, Somma teologica I-II, q. 28, a. 2, resp.). 16 In praesentia, il poeta si lascia trascinare dal desiderio di bellezza sensibile fino al punto di rischiare la perdita della ragione; in absentia invece la ragione può agire più efficacemente e portare il poeta verso la via del servizio altrui. Anni dopo la stesura della canzone, Dante spiegherà nel Convivio, questo moto fra concupiscenza e ragione a seconda che si stia in presenza o in assenza della cosa amata: Dov è da sapere che quanto l agente più al paziente sé unisce, tanto più forte è però la passione, sì come per la sentenza del Filosofo in quello De Generatione si può comprendere; onde, quando la cosa desiderata più appropinqua al desiderante, tanto lo desiderio è maggiore, e l anima, più passionata, più si unisce a la parte concupiscibile e più abbandona la ragione. Sì che allora non giudica come uomo la persona, ma quasi come altro animale pur secondo l apparenza, non discernendo la veritade (Convivio III, X, 2). Inoltre, il passo di Tommaso serve molto bene a spiegare la complessa progressione psichica del poeta. In presenza, il poeta «gode dell amata» e quindi sente dolcezza (vv ); in assenza, invece, l amore di concupiscenza lo porta a sentire martirio, amarezza, per quanto non può godere sensibilmente di lei, ma, allo stesso tempo, l amore di amicizia lo porta a desiderare «i beni che all amato desidera» e quindi a provare una parti-

13 JUAN VARELA-PORTAS Il terzoamore di Dante ovverodell amicizia colare dolcezza diversa a quella sensibile, una «compiacenza interiormente radicata varso l amato (vv ) Se la nostra ipotesi è corretta e quindi Dante in questa canzone sta spiegando l origine psichico dell amore di amicizia e i rapporti fra questo amore e l amore sensibile, allora sarebbe anche chiarito perché la canzone, come ha mostrato Barański nel suo fondamentale contributo, integra «l amore con l etica e la politica» (Barański 2009:161). 18 Perché, infatti, com era risaputo nella concezione aristotelica e ciceroniana in cui Dante si era immerso negli anni 90 del Duecento, l amicizia porta a sviluppare in chi la vive un senso di comunità che è il fondamento della vita civile, della vita della polis, ovvero della vita del Comune. Soltanto se si capisce il senso comunitario dell amicizia virtuosa, quella che si svolge «secondo ragione», 19 si capisce che si tratta di una relazione non più individuale ma politica o civile, cioè, diremmo oggi, sociale. Spiega Tommaso d Aquino che, secondo Aristotele, «Omnis amicitia in communicatione quadam consistit; omnis autem communicatio reducitur ad politicam» (Tommaso d Aquino, Sententia libri ethicorum, VIII, IX, n. 1). 20 Nella riflessione aristotelica commentata da Tommaso risulta chiaro che l amicizia è fondamento delle diverse comunità che, a loro volta, costituiscono la polis: 21 Tutte le comunità, poi, sono simili a parti della comunità politica: infatti, gli uomini viaggiano in vista di qualche vantaggio, cioè per procurarsi qualcosa che serve alla loro vita; anche la comunità politica si ritiene che si sia costituita fin da principio e perduri in vista dell utilità [...] Tutte queste comunità sembrano essere subordinate alla comunità politica, giacché la comunità politica non mira soltanto al vantaggio presente, ma a ciò che è utile alla vita intera. [...] Dunque, tutte le comunità sono manifestamente parti di quella politica, e le specie particolari di amicizia corrisponderanno alle specie particolari di comunità (Etica VIII, 9, 1160a10-30; Aristotele 2014: 321)

14 LA BIBLIOTECA DE TENZONE GRUPO TENZONE Assistiamo quindi nella nostra canzone alla nascita in Dante dell amore politico, 23 diverso dell amore sensibile e da quello intellettuale, anche se tutti e tre varianti di uno solo e medesimo amore che muove la sua «vertù» dal cielo e pervade il mondo tutto. Questo amore, che porta tutti gli esseri allo sviluppo delle proprie potenze, cioè al «ben fare» di Amor che movi e di Io sento sì d Amor, 24 può provocare nel soggetto desiderio di bellezza e di diletto sensibile (Amor che movi), e fuoco nella mente, ovvero eccitazione intellettuale e desiderio di conoscenza (Amor che nella mente), ma anche il desiderio di servire gli altri, di stabilire con loro con lei lacci comunitari, di realizzare operazioni virtuose che producano, tra l altro, «pregio», cioè l «elogio pubblico» de Le dolci rime. Si badi allora che il «gentil» o nobile «disio» di Io sento sì d Amor altro non è che il desiderio di mostrare i segni della propria nobiltà, di sviluppare cioè il seme di felicità, o come abbiamo spiegato in Varela-Portas 2014c: la propria sociabilità, la propria virtù. 25 L eros cioè il desiderio di bellezza, se sentito da una persona nobile cioè buona e virtuosa, produce immediatamente agapé, filía, caritas. E questo è, secondo noi, il grande argomento di Io sento sì d Amor, che in questo modo, fa da perno fra le canzoni d amore e le canzoni «di vertù materiate», mostrando come, in realtà, tutte sono «sì d amor come di vertù materiate», 26 tutte parlano allo stesso tempo di amore e di virtù, essendo eros e agapé le due facce di una stessa moneta. 27 Che questo amore di cui parlano le canzoni fra Vita nova e Commedia sia un amore che proviene dal cielo e si materializza in azioni politiche in senso ampio: riguardante la vita della polis, la vita sociale, diremmo oggi, o, se si preferisce, in azioni virtuose nella vita attiva, è in accordo con quanto abbiamo spiegato in Varela-Portas 2011b, e Varela-Portas In primo luogo perché questo amore o, per essere precisi, questo aspetto dell amore, la cui stagione s inizia con Voi che ntendendo, è quello che viene celebrato e analizzato nell episodio del cielo di Venere del Paradiso, 28 i cui personaggi sono appunto i beati che sono riusciti a trasformare la loro capacità di amore erotico in un amore civile che li porta a realizzare azioni eroiche e gratuite in favore della comunità, 152

15 JUAN VARELA-PORTAS Il terzoamore di Dante ovverodell amicizia che li porta insomma al servizio altrui, e il cui protagonista principale, Carlo Martello ma anche gli altri mostra una grande amicizia verso Dante 29 e una grande volontà di servirlo. 30 In secondo luogo, perché questo tipo di amore non trascendente 31 agisce unicamente sulla ragione inferiore, quella che cerca l utilità a breve termine, e cioè quella che si usa nella politica, come abbiamo già letto in Aristotele, 32 e che, come abbiamo spiegato in Varela-Portas 2013, è quella che difende la parte della donna gentile e pietosa nella Vita nova e in Voi che ntendendo. La ragione superiore, una volta sconfitta nella battaglia di pensieri di Vita nova e Voi che ntendendo, sparisce dalle canzoni e con essa la gentilissima, per non ritornare più fino alla Commedia, sotto forma di poeta mantovano. 33 E certo per la Beatrice purgatoriale 34 questo processo suppone che Dante si fosse lasciato trascinare da novità o vanità di breve uso, 35 perché, anche se «la comunità politica non mira soltanto al vantaggio presente, ma ciò che è per la vita intera» (Etica VIII, 10, 1160a28-30), Dante ha dimenticato quello che potremmo chiamare l impulso trascendente, tradendo così il progetto intellettuale che in un breve momento d accordo tra ragione inferiore e superiore aveva concepito alla fine della Vita nova. 6. Ritornando alla nostra canzone, possiamo quindi affermare che dal punto di vista teorico essa sfocia direttamente nella concezione del sollazzo e della vita sociale allo stesso tempo dilettevole e virtuosa di Poscia ch Amor. 36 Ma dal punto di vista pratico, cioè della veracità materiale dei fatti, questa bella teoria come succede in Amor che movi e succederà dopo in Poscia ch Amor si rivela non giusta e da qui, come è ovvio, scaturirà l ulteriore fallimento di tutto questo progetto poetico-politico. Perché infatti ci sia un vero rapporto di amicizia è necessaria la corrispondenza dell amata, che non esiste nella canzone. Anche se in teoria la non necessità di mercede può far illudere il poeta con l idea dell autosoddisfazione nella gratuità del servizio altrui, in pratica senza la corrispondenza dell amata, cioè dell amica, l unione fra gli amici non è possibile, e l amore diventa una spirale forse meglio un vortice di dolcezza e martirio. Se l amata non ricambia l amore con vera amicizia, cioè volendo e 153

16 LA BIBLIOTECA DE TENZONE GRUPO TENZONE cercando a sua volta il bene gratuito per il poeta, non si potrà in verità costruire un amore su cui fondare un rapporto sociale bello e buono, dilettevole e virtuoso. Il fallimento a livello individuale del rapporto amoroso di amicizia fra poeta e donna porta direttamente al fallimento collettivo del rapporto sociale leggiadro che si denuncia in Poscia ch Amor. Come in Amor che movi, in Io sento sì d Amor il poeta fa un inutile sforzo di autoinganno, perché deve necessariamente sapere che la vera amicizia il vero amore è quella fondata sulla virtú e non sul diletto e l utilità. L ha senz altro letto nell Etica Nicomachea 37 e lo teorizzerà a sua volta in Convivio III XI 9-14, comparando la vera amicizia con la filosofia. 38 Egli si illude di offrire alla donna l utilità che è compresa nella virtù, ma, al di là dei propri autoinganni (continua «imagini di ben seguendo false»), il testo lascia chiaramente trasparire che lei mai s interesserà a lui per se stesso, mai al bene di lui, ma, caso mai, al suo servizio per l utilità sia in forma diretta sia indiretta nella misura in cui le offre «pregio» sociale che tale servizio possa restituirle, un utilità perciò non conseguenza della virtù ma voluta per se stessa. Infatti, essendo lei adolescente, cioè troppo giovane, può stabilire con lui, e con gli altri, soltanto rapporti fondati sul diletto o sull utilità, ma non sulla virtù, come spiega Aristotele nell Etica: Si riconosce che l amicizia di questo tipo [fondata sull utilità] sorge soprattutto tra i vecchi [...], e negli uomini maturi e nei giovani sorge solo tra quelli che perseguono l utile. [...] Invece, si ritiene che l amicizia dei giovani sia causata dal piacere: questi, infatti, vivono sotto l influsso della passione, e perseguono soprattutto ciò che è per loro un piacere immediato (Etica VIII, 3, 1156a25-35; Aristotele 2014: 33, 35). E così chiarisce Tommaso nel suo commento: 154 dicit quod haec amicitia competit etiam adolescentibus et iuvenibus qui quaerunt utile. Et hi quidem non omnino sunt tales ut se mutuo ament, neque etiam convivunt adinvicem, quia quandoque non sunt sibiinvicem delectabiles, nec unus indiget societate alte-

17 JUAN VARELA-PORTAS Il terzoamore di Dante ovverodell amicizia rius nisi solum propter utilitatem. Intantum enim mutua societas est eis delectabilis, inquantum per hoc habent aliquam spem boni, ad quod sit eis utilis talis societas. [...] et dicit, quod amicitia quae est propter delectationem maxime videtur esse iuvenum. Quia vivunt secundum quod feruntur a passionibus, nondum roborato in eis iudicio rationis, quo passiones ordinentur. Et quia passiones omnes terminantur ad delectationem et tristitiam, ut in secundo habitum est; consequens est, quod ipsi maxime persequuntur id quod est eis delectabile secundum praesens tempus. Passiones enim pertinent ad partem sensitivam, quae maxime respicit praesens. Amare autem aliquid propter hoc quod est factivum delectationis in futurum, iam accedit ad rationem utilis (Tommaso d Aquino, Sententia libri ethicorum, VIII, III, n. 5-7). Il poeta quindi, non essendo in grado di produrre alla giovane donna diletto sensibile, le offre il suo utile servizio, sapendo però in fondo che, anche se da parte sua è un servizio fondato sulla virtù, non gli permetterà mai di stabilire con lei un vero rapporto amoroso di amicizia, che deve implicare la virtù anche da parte di lei. Ma neanche, per la verità, un rapporto durevole, per lo squilibrio che si produce fra entrambi, per cui lui, in assenza, dà a lei utilità, e lei, in presenza, dà diletto a lui. Questo squilibrio, come spiega Tommaso, garantisce il fallimento del rapporto amoroso: quod etiam in his qui sunt amici propter utile et delectabile, maxime sunt amicitiae permanentes, cum idem et aequale sibiinvicem rependant, puta delectationem pro delectatione. Et quia secundum diversa delectabilia sunt diversae delectationes specie et quantitate differentes, oportet quod ad permanentiam amicitiae non solum rependatur delectatio, sed etiam ab eodem delectabili, sicut accidit in eutrapelis quorum unus delectatur in ludo alterius. Non autem oportet sic esse, sicut accidit inter duas personas se amantes amore venereo, quia quandoque tales non delectantur in eisdem. Sed amator delectatur in hoc quod videt personam amatam quae delectatur in hoc quod recipit servitium ab amatore; quibus cessantibus, 155

18 LA BIBLIOTECA DE TENZONE GRUPO TENZONE quandoque cessat amicitia, dum scilicet ab una parte cessat visio et ex alia parte cessat servitium. [...] Et dicit, quod illi, qui in amabilibus non recompensant delectabile pro delectabili sed utile pro delectabili, sunt minus amici propter minorem similitudinem, unde et minus permanent in amicitia (Tommaso d Aquino, Sententia libri ethicorum, VIII, IV, n. 2-3, 5; corsivo nostro). 39 Si badi alla chiara vicinanza fra i termini usati da Tommaso (visio, delectatur, servitium) e i termini usati da Dante nella canzone, che fa pensare che è appunto questa la situazione in cui si trovano il poeta e la giovane donna. Possiamo quindi dire che nella nostra canzone il poeta aspira a costituire con la donna una comunità, un rapporto fondato non soltanto sul diletto sensibile ma anche sulla reciproca utilità che proviene dalla virtù. Aspira cioè a stabilire con lei un rapporto civile, sociale, e non soltanto sensibile, un rapporto che serva di base alla vita politica della città. Non si rende conto che, da parte di lei, si tratta di un rapporto molto limitato, in quanto non si fonda sulla virtù, e perciò non durevole, soprattutto perché in esso l uno dà diletto sensibile all altro, e questi restituisce invece utilità. In tali condizioni, è logico che il poeta cada in una spirale, in un vortice psichico, in cui diletto e utilità non si potranno mai armonizzare e dolcezza e amarezza si sentiranno insieme (vv ) o alternativamente (vv ). Si tratta, tutto sommato, di una situazione psichica di estrema instabilità e squilibrio che non può fermarsi, che non può che evolversi e sfociare in un altra situazione ancora più dolorosa, facendo giungere il poeta (Al poco giorno 2), venire (Io son venuto 1) al freddo e alla pietra Speriamo che dopo queste considerazioni su Io sento sì d Amor si veda la completa congruenza dei due congedi con il resto della canzone. Una delle tradizionali perplessità degli studiosi proveniva dalla presenza di due congedi etico-politici in una canzone d amore, ma se questo amore, 156

19 JUAN VARELA-PORTAS Il terzoamore di Dante ovverodell amicizia come crediamo aver mostrato, è un amore politico, allora non ci sarebbe contraddizione ma invece una stretta complementarietà. Come anni dopo Tre donne, 41 Io sento sì d Amor presenta un primo congedo metapoetico, in cui, come vedremo, sono fondamentali le nozioni di diletto e utilità, e un secondo congedo più schiettamente politico, in cui si danno consigli di comportamento civile a un personaggio che normalmente viene identificato con Cavalcanti, con il quale allora Dante non avrebbe avuto soltanto un dissidio poetico-filosofico, bensì politico (e sappiamo in effetti che Dante sarà tra le autorità che condanneranno all esilio Cavalcanti, il suo primo amico, il quale, poco tempo dopo la condanna, morrà). Infatti, la canzone è complementare a Amor che movi anche nella risposta o controrisposta a Cavalcanti. Se, come è stato spiegato, Amor che movi espone una «teoria anticavalcantiana dell amore» (Fenzi 2011), ed è anche una risposta di concezione e di tecnica poetiche (Varela-Portas 2011a), Io sento sì d Amor è complementare a queste risposte sul versante etico-politico, e innanzi tutto, e molto palesemente, sulla questione della mercede. Si ricorderà che questo aspetto era una delle chiavi nella risposta di Cavalcanti a Dante in Donna me prega, come ha spiegato Enrico Fenzi: E sarebbe allora fin troppo evidente che [secondo Cavalcanti in Donna me prega] fraudolento è proprio Dante, avventato teorizzatore di un amore che troverebbe incredibilmente il proprio fine, la propria mercede, nelle parole di lode e in una generale deriva misticheggiante, sino al punto di sperarne la realizzazione da Beatrice morta (Vn 20, Gli occhi dolenti 70: «e io ne spero ancor da llei merzede»), contraddicendo clamorosamente quanto ogni «natural dimostramento» insegna. E, se fosse vero che c è qui un preciso attacco a Dante, ci sarebbe allora anche una dura contrapposizione: non egli, che inganna, ma io sono degno di fede, e si potrebbe anche cogliere una finezza tutta speciale, ché le parole: «solo di costui nasce mercede» di fatto rovesciano ma però anche ambiguamente paiono rifare il verso al concetto dantesco di un amore ch è premio a se stesso, che ha in sé la sua propria mercede. Ma non solo l amore non promuove alcuna metamorfosi positiva nel sog- 157

20 LA BIBLIOTECA DE TENZONE GRUPO TENZONE 158 getto: lasciato a se stesso e senza mercede addiritura rischia di indurre una metamorfosi negativa perché, se non è corrisposto, prigionero com è di se stesso, sottratto, proprio esso! alla vita dalla frustrazione del desiderio, provoca una regressione alla materia, innesca un processo di morte (versi 34 ss.: «Di sua potenza segue spesso morte...»): e l alternativa tra la mercede e la morte è in effetti un motivo che nelle rime di Cavalcanti è esemplarmente affermato, per esempio, nel sonetto XXII, Veder poteste (Fenzi 1999: 51-52). Risulta chiaro che i versi sono un tentativo in fin dei conti fallito di superamento della dialettica mercede-morte cavalcantiana, una controrisposta alla risposta del primo amico in Donna me prega, in modo che non solo manifestano la piena gratutità di un amore che diventa così amore di amicizia, come abbiamo già spiegato, ma esplicitano anche che l amore può benissimo esistere come esperienza non distruttiva senza la necessità di mercede, visto che neanche la soddisfazione del proprio servizio può essere considerata un tipo di contraccambio o di ricompensa, una «bontade» elargita dalla donna (v. 56). Orbene, se il «terzo» ovvero Cavalcanti non è in grado di capire e ammettere questo aspetto fondamentale del rapporto amoroso e più largamente di ogni rapporto umano, avrà grosse difficoltà nello stabilire rapporti di vera amicizia con gli altri, e cioè rapporti basati sulla virtù e non su interessi particolari. È per questo che il «terzo» si è introdotto in una «mala setta» (v. 100), dove il termine setta, come chiariscono i commentatori, 42 indica appunto una di quelle comunità che si formano in base al reciproco interesse e che sono le cellule con cui viene costituita la comunità civile o politica, come abbiamo già letto in Aristotele. Per questa ragione il «terzo» è uno dei «rei di nostra terra» (v. 97), verso nel quale il termine rei di nuovo ci ricollega a Poscia ch Amor, con la sua decisa condanna dei «falsi cavalier, malvagi e rei» (Poscia ch Amor 112). Il «terzo», infatti, è in pratica vicino ai cavalieri del primo congedo che non riescono a formare comunità, sette (vv. 89, 100), veramente positive per la città, cioè per il bene collettivo visto che non riescono a innalzarsi dal

21 JUAN VARELA-PORTAS Il terzoamore di Dante ovverodell amicizia «vantaggio presente» a «ciò che è utile per la vita intera», contro quanto stabilito, come abbiamo visto supra, da Aristotele nell Etica (anche se, come vedremo subito, lo fanno per ragioni differenti). Come la canzone ci ha insegnato, il vero amore dev essere fondato sulla vera amicizia, e questo implica la non necessità proveniente dall amato o amico. Ma soltanto i buoni non i rei né i malvagi, non il «terzo», non Cavalcanti sono in grado di ammettere questa gratuità dell amore e dell amicizia, perché il vero rapporto di amicizia, quello fondato sulla virtù, è, come abbiamo già visto, quello che si stabilisce fra «uomini buoni e simili per virtù» (Etica VIII, 3, 1156b7; Aristotele 2014: 305). È chiaro che le ammonizioni del poeta alla canzone nel primo congedo («ché l buon col buon sempre carriera tene», v. 91), e della canzone al «terzo» nel secondo congedo («Digli che l buon col buon non prende guerra», v. 101) puntano in questa direzione, servono a ricordare, tramite la pregnante presenza semantica del termine buono, che solo un rapporto sociale fra buoni, uomini virtuosi e non interessati al diletto o l utilità, è politicamente positivo. Perché in effetti solo un rapporto virtuoso permette di evitare la discordia ( prendere guerra ) e l ingiustizia, come spiega Aristotele sottolineando la fiducia e giustizia reciproche che si trovano nell amicizia autentica, cosa che non accade nell amicizia interessata, cioè nelle sette formate per diletto o utilità: A causa del piacere e dell utilità, quindi è possibile che siano amici sia uomini cattivi tra di loro, sia uomini virtuosi con uomini cattivi, sia chi non è né l uno né l altro con qualunque tipo d uomo, ma è chiaro che solo i buoni possono essere amici per quello che sono in se stessi: i viziosi, infatti, non ricevono alcuna gioia gli uni dagli altri, a meno che non derivi un qualche vantaggio. E soltanto l amicizia tra gli uomini buoni non può essere incrinata dalla calunnia, giacché non è facile prestar fede ad alcuno a proposito di un uomo che si è da se stessi per lungo tempo messo alla prova; è in questi uomini che si trova la fiducia, la disposizione a non farsi mai reciprocamente ingiustizia, e tutto quello che è considerato un valore nell amicizia autentica (Etica VIII, 4, 1157a17-25; Aristotele 2014: 307). 159

22 LA BIBLIOTECA DE TENZONE GRUPO TENZONE In altre parole, le sette di cui parlano i congedi sono cattive per la vita politica perché fondate sul piacere o sull utilità, e quindi composte da «falsi cavalier, malvagi e rei», visto che «gli uomini malvagi sono amici per il piacere o per l utilità, essendo in questo simili, mentre i buoni sono amici per se stessi, cioè in quanto buoni» (Etica VIII, 4, 1157b1-5; Aristotele 2014: 309). 43 Per la precisione, crediamo che il primo congedo alluda a un tipo di setta o comunità fondata sul piacere, come potrebbe stare a indicare il fatto che sia denominata «piacer» nel v. 88, una setta fondata cioè su un falso sollazzo, un sollazzo non legato all opera perfetta. Queste sette sono formate da un tipo di cavaliere che «si getta / in compagnia che non è che disdetta / di buona fama ch altri di lui suona» (vv ), e che quindi non sono altro che i falsi leggiadri di Poscia ch Amor, che presentano agli altri un aspetto apparentemente leggiadro, cioè piacevole e vituoso, ma in fondo vuoto e falso, in modo che, anche se la loro apparenza può procurar loro «buona fama», questa viene «disdetta» per i loro comportamenti non leggiadri perché fondati non sulla virtù ma soltanto sulla reciproca ricerca del piacere (non eutrapelico, ci preme precisare), il che li fa in verità vili e noiosi (cfr. Poscia ch Amor 9-12). Secondo noi, è molto diretto il collegamento di questa caratterizzazione delle sette del primo congedo e tutta la problematica della buona o mala fama presente in Poscia ch Amor. Abbiamo caratterizzato di recente (Varela-Portas 2014c: ) Poscia ch Amor come canzone dell apparenza, cioè come canzone che mette in rilievo, nella sua parte critica o satirica (Poscia ch Amor 20-57), le difficoltà della voce pubblica per istituire una «verace loda» (Poscia ch Amor 73), ovvero le difficoltà della leggiadria per essere una «verace insegna» della virtù (Poscia ch Amor 15-16). Tutta questa problematica è già in nuce nel primo congedo di Io sento sì d Amor e in particolare nei versi Il secondo congedo invece alluderebbe a una setta ancora più pericolosa per la vita civile, in quanto fondata sull interesse, sull utilità di un singolo gruppo: veramente una «mala setta». Mentre quella del primo congedo sarebbe, come dicevamo, soltanto vile e noiosa, cioè falsa- 160

23 JUAN VARELA-PORTAS Il terzoamore di Dante ovverodell amicizia mente leggiadra, falsamente eutrapelica per quanto fondata su divertimenti e piaceri non virtuosi né belli (contrari quindi a quelli di Poscia ch Amor ), la setta del secondo congedo sarebbe ancora peggiore in quanto cerca il beneficio, l utilitas particolare di un gruppo concreto. Perciò il comportamento del «terzo» si denomina «follia» (vv ), cioè conseguenza di un cattivo uso della ragione (e si veda al riguardo le voci «folle» e «follia» nell Enciclopedia dantesca) mentre nel primo congedo si alluderebbe a comportamenti incontinenti, non razionali in cerca non del bene comune o collettivo della città ma di un bene settario ad esso contrario. 44 Ciononostante, se il poeta chiede alla canzone di rivolgersi al «terzo» per ricordargli, tutto sommato, la sua condizione originale di buono, è perché, in primo luogo, vuole il bene per lui, e cioè ancora stabilisce con lui un rapporto di vera amicizia, e, in secondo luogo, perché considera che la sua bontà si sta perdendo ma è ancora recuperabile, cioè che è men reo e non completamente malvagio. La situazione risponde quasi esattamente a quella che descrive Tommaso commentando un suggestivo passo di Aristotele in cui si tratta della rottura dell amicizia. Dice Aristotele: Ma quando si accoglie nella propria amicizia uno che si ritiene buono, ma poi quello risulta malvagio e ce se ne accorge, si deve forse amarlo ancora? Non è forse vero che non è possibile, dal momento che non ogni cosa è amabile, ma solo ciò che è buono? E poi, l uomo malvagio non è degno di essere amato, e non si deve amarlo. Infatti, non bisogna essere amanti del vizio, né rendersi simili al cattivo: si è poi detto che il simile è amico del simile. Bisogna, dunque, sciogliere l amicizia subito? Non è forse vero che non bisogna farlo con tutti, ma solo con quelli la cui perversità sia incorreggibile, mentre quelli che hanno la possibilità di raddrizzarsi si deve aiutarli ad emendare il carattere, più che non a ricostruire il patrimonio, tanto più quanto ciò è più nobile e più proprio dell amicizia? Tuttavia, si ammetterà che chi scioglie l amicizia in questo caso non fa nulla di strano; infatti, non è di un uomo di tal fatta che era amico; quindi, non essendogli possibile salvare 161

24 LA BIBLIOTECA DE TENZONE GRUPO TENZONE 162 l amico che si è trasformato, se ne separa (Etica IX, 3, 1165b12-23; Aristotele 2014: 343, 345). E commenta Tommaso: Et dicit quod hoc non est faciendum in omnibus, ut statim amicitia dissolvatur; sed solum in illis qui propter magnitudinem malitiae sunt insanabiles, id est non possunt de facili reduci ad statum virtutis. Si autem aliqui sunt qui suscipiant directionem, ut scilicet possint reduci ad statum rectitudinis, magis est eis auxilium ferendum ad recuperandum bonos mores quam ad recuperandum substantiam amissam, inquantum virtus melior est et magis propria amicitiae quam pecunia. Cum autem dissolvit aliquis amicitiam ad eum qui factus est malus non videtur aliquid inconveniens facere: quia non erat amicus huic vel tali, idest vitioso, sed virtuoso. Et ideo, ex quo alteratur a prima dispositione, amicus qui non potest eum reducere ad salutem, convenienter recedit ab eius amicitia (Tommaso s Aquino, Sententia libri Ethicorum IX, III, n. 7). Risulta stimolante pensare che questo potrebbe essere lo stato dell amicizia fra Dante e Cavalcanti proprio nel momento in cui, dopo l ingresso di Dante nell attività politica, il loro dissidio poetico e filosofico sta diventando dissidio politico. In questa situazione, Dante starebbe ricordando all amico che in fondo il suo errato atteggiamento politico sarebbe causato dalla sua sbagliata concezione dell amore, dalla sua miscredenza nella virtù dell amore come forza che provoca negli esseri umani rapporti sociali non interessati, dalla sua credenza che l amore necessariamente fa essere l innamorato sempre e soltanto in cerca della mercede. Dante così, con questa canzone, cercherebbe di far capire a Cavalcanti le negative conseguenze politiche, sociali, della sua concezione dell amore e della concezione dell essere umano che vi è dietro, averroista dal punto di vista filosofico, ma dal punto di vista politico potremmo dire machiavelliana avant-la-lettre, facendo un percorso che, già in senso moderno, è in grado di prevedere le conseguenze collettive dei comportamenti individuali, collegando quello che secoli dopo si chiamerà individuo con quella che verrà chiamata società.

25 JUAN VARELA-PORTAS Il terzoamore di Dante ovverodell amicizia 8. Quanto fin qui esaminato sul piano etico e politico, si proietta nel primo congedo sul versante metapoetico, nel quale anche le nozioni di diletto e utilità diventano fondamentali. Nel primo verso del congedo, Dante si preoccupa di affermare la bellezza della canzone («Canzon mia bella...», v. 81), il che, dal nostro punto di vista odierno, è un affermazione che merita una riflessione, un chiarimento, visto che dobbiamo ammettere che, almeno per i lettori del Novecento e del Duemila, Io sento non è affatto la più bella nemmeno delle più belle canzone di Dante. Si badi che la fiera affermazione della bellezza della canzone si fa, in questo periodo, soltanto in due casi, Voi che ntendendo e Io sento sì d Amor, ed è chiaro che Io sento sì d Amor non possiede la dolcezza sensibile riguardante il suono e il ritmo di Voi che ntendendo. Dobbiamo allora chiederci se c è un tipo di bellezza comune alle due canzoni, al di là della bellezza schiettamente sensibile e la risposta viene fuori senza difficoltà, visto che entrambe possiedono una grande maestria nel costrutto retorico: Voi che ntendendo con la sua complessa costruzione drammatica, corale, con le voci parlanti nella psiche del poeta che si alternano e si includono una nell altra; Io sento sì d Amor con nelle parole di Foster e Boyde «the richer exploitation of the resources of rhetoric» (in Alighieri 1967: 200). 45 A nostro avviso, ci troviamo qui davanti a un altro aspetto della complementarietà fra Amor che movi e Io sento sì d Amor. Si ricorderà che, nella concezione dantesca degli anni 90, l amore provoca il «ben fare». cioè il passaggio ad atto delle potenze intrinseche negli esseri terreni, come la luce attualizza il colore e le figure di un dipinto che, nel buio, restano in potenza (Amor che movi 9-15), e questo «ben fare», a sua volta, produce un doppio diletto, «di color» e «d arte» (Amor che movi 15), cioè, sia il diletto sensibile che proviene dalla percezione del colore, sia il diletto che provoca la percezione dell arte con cui il dipinto è stato fatto. D accordo con la complementarietà tematica cioè riguardante la bontà delle canzoni fra Amor che movi e Io sento sì d Amor, per cui la prima di esse tratta del desiderio di bellezza che genera l amore (il «gran disio») e la seconda del desiderio di servizio, cioè di «opera perfetta», che immediatamente scaturisce da 163

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