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1 I g n a z i o C a r u s o

2 Caruso, I., 2012 Tanzania. Diario di cantiere Torino: archisocial [Online]

3 Dar es Salaam, venerdì 12 settembre 2008 Stamattina un bambino ha lasciato la mano della madre per avvicinarsi a Stefano che stava in ginocchio. Ha unito le mani a coppa e ne ha appoggiato i palmi sulle teste di tutti, con il saluto di rispetto. Ci è sembrato il benvenuto della Tanzania, dell Africa. Abbiamo poi cambiato i soldi presso i cambiavalute, che sono indiani (come lo sono molti commercianti, arrivati qui con gli inglesi per costruire la ferrovia e poi rimasti). Il valore dello scellino tanzaniano (Tsh) è di poco più di 1500 (quasi mille e seicento) per 1 euro. Siamo poi stati ricevuti all Ambasciata d Italia, che si trova al 316 di Lugalo Road Upanga (P.O. Box 2106). L ambasciatore è stato molto cortese, è un simpatico corpulento diplomatico di mezz età. Ci ha chiesto le nostre motivazioni per aver aderito al Servizio Civile Nazionale, che cosa facevamo prima di partire, e ci ha fatto ovviamente gli auguri. Lì c era anche una nuova dipendente del Ministero degli Affari Esteri che si occupa di Cooperazione Italiana allo Sviluppo, che ci ha chiesto di inviarle i nostri curricula. Kijiji cha Watoto, sabato 13 settembre 2008 Ieri sera abbiamo cenato da Saverio e conosciuto Ciro (che insegna kiswahili a Napoli) e Augusto, un fisioterapista da una vita in Tanzania. Ci ha dato alcuni consigli per il progetto che io e Simona dovremmo portare avanti. Il censimento dei disabili nei dintorni di Wanging ombe dovrebbe avere lì un centro principale, ma localmente i bambini dovrebbero rimanere nei pressi delle famiglie. Si potrebbero perciò utilizzare le strutture che le parrocchie hanno, ogni 2 3 km di distanza; una cosa simile l hanno fatta Augusto e l associazione per cui lavora a Dar, utilizzando le strutture di un partito politico molto radicato sul territorio. Ora siamo nella sala da pranzo del Villaggio dei Bambini, il Villaggio Tumaini (Speranza). Tumaini era oggi mano nella mano con Stefano: ha l Aids e Stefano dice che non è messa molto bene. È stata la prima bambina del villaggio, che da lei ha quindi preso il nome; ha 14 anni e ne dimostra otto. Quando questo pomeriggio sul tardi abbiamo fatto un giro siamo entrati nelle varie casette che compongono il villaggio; in una ci sono i bambini malati di Aids e sieropositivi. Nessuno di noi ha detto nulla, li abbiamo abbracciati e ci abbiamo giocato lo stesso. Ma Francesco Saverio mi ha poi detto che la cosa l aveva un po colpito, e ammetterlo è stato salutare, anche per me. Prima di un abbondante cena di piselli, carne in scatola («una gomma», come ha detto Daniela), zuppa di verdure, pomodori e peperoni grigliati, costine (verdura) e ananas, Josephina una delle ragazze che serve qui in casa ci ha invitati al suo matrimonio con James per il 26 settembre con un biglietto personalizzato: Ignazio è stato scritto come

4 Mxamzo. Asante! Lunedì 15 settembre 2008 Dopo il corso di non violenza, cooperazione, gestione dei conflitti e mediazione di Roma e dopo il lungo viaggio, eccoci quindi a Ilunda: siamo piuttosto sperduti, a 700 km da Dar es Salaam e nei pressi di un altro piccolo villaggio tra qualche campo di mais; intorno a noi c è solo savana. Certo faceva un po impressione essere in pullman sull unica via che raggiunge questo altipiano sul quale ci troviamo (siamo a 1800 metri di altezza e fa freddo, nonostante stia già cominciando la primavera) e vedere dal finestrino antilopi, giraffe ed elefanti che pascolano poco distanti o sul ciglio della strada. Njombe, martedì 16 settembre 2008 Da 2 giorni sediamo per sei ore in una stanza del Nazareth, una struttura di Njombe che ospita NGO e corsi didattici, e noi che stiamo per imparare il kiswahili habari? Nzuri... e via discorrendo. Il posto è a 2000 m di altezza, la cittadina è sede della Diocese of Njombe presso cui almeno formalmente tutti noi lavoriamo; le case sono basse, perlopiù in muratura e coperte da lamiera. Non esistono palazzi, come mi dicono non ci siano neppure a Dodoma, la capitale, e come invece ho visto a Dar es Salaam. Il soffitto di questa stanza è curiosamente simile a quello che avevo realizzato per la mia tesi di laurea nel modello di un abitazione: ha pezzi di legno incastrati con un taglio a Z e inchiodati in modo da allungarne la luce. Il paesaggio è brullo, terra rossa e pochi alberi. Una fila piuttosto lunga di essenze uguali si trova di fronte alle nostre stanze; sono alti ed esili, Francesco li chiama alberi cigolanti perché è il rumore che fanno di sera, cui segue sempre qualche crac mentre oscillano e si scontrano. Di sera la luna è incredibilmente luminosa, mentre noi ridiamo fino a tardi. Sara mi ha chiamato ieri sera, qualche ora dopo i miei genitori. Ne sento al mancanza, e soprattutto mi spiace pensarla lontana, alle prese con i piccoli grandi problemi della vita senza che io possa intervenire in alcun modo. Credo che lei capisca la mia scelta, ma questo non la solleva da nulla, né fa stare meglio me. Njombe, mercoledì 17 settembre 2008 Anche oggi abbiamo studiato. Unico svago, una passeggiata fino a una latteria dopo lezione, che mi ha permesso di parlare con Francesco Saverio e respirare un po (di polvere). Simona mi ha prestato la sua pashmina nera, utile tanto contro il freddo quanto contro la polvere della strada. Credo che un anno di Servizio Civile sia lungo. Sarà certamente molte altre cose, ma lungo è l aggettivo che meglio lo caratterizza nella sua totalità: sarà anche a tratti divertente, a tratti entusiasmante, a tratti deprimente, a tratti noioso. Ecco che mi era venuto in mente di scrivere qualcosa di strutturato, e pensavo ad una storia dei molti viaggi e delle molte persone conosciute, racchiuse in altre pagine già scritte e impigliate in una storia nuova. Ora comincio col conoscerne meglio i personaggi: sono qui, intorno a me. La storia che stiamo scrivendo insieme ha caratteri all altezza delle aspettative, attori che stanno svelando le loro caratteristiche nel palcoscenico di una giornata, che rischia di ripetersi troppo simile per lungo tempo. Ecco perché ci stiamo scoprendo pian piano,

5 senza fretta, e sto iniziando a capire chi sono Francesco, Simona, Francesca, Daniela e Francesco Saverio. Njombe, giovedì 18 settembre 2008 Siamo arrivati ormai da una settimana. Solo sabato scorso eravamo alla stazione dei bus di Dar es Salaam per viaggiare verso Ilunda. Alle 6 del mattino quello spiazzo enorme che è la stazione era un mercato del bestiame. I carri ne caricavano continuamente, e noi eravamo una razza a parte. Sul terreno polveroso il pullmino taxi ci aveva depositato con i bagagli. Il percorso tortuoso per raggiungere i bus si districava tra una folla soffocata dai motori accesi, e gli occhi dolevano per i fumi di scarico, e le orecchie per il rombo dell accensione e i clacson che intimavano di spostarsi. Noi ci accalcavamo con i nostri tanti e pesanti bagagli, intontiti dal chiasso e da una confusione alla quale non siamo abituati. Io ero abbastanza tranquillo, seppure temevo per le valigie e le tenevo d occhio, e mi spaventava (senza ragione, come poi ho visto) il lungo viaggio che avevamo di fronte. Un ora fa ho inviato un messaggio a Sara. Mi manca, com era indubbio che dovesse succedere. Credo che adesso ci si stupisca di come succeda in fretta, soprattutto pensando al fatto che si dovrà restare lontani prima quasi quattro mesi e poi forse otto, e sono passate soltanto due settimane... ma confido nel fatto che poi la cosa si stabilizzerà di più, anche se non so quando né come, e certo l idea mi spaventa un poco. Domenica 21 settembre 2008 Sono ancora a Ilunda, domani torniamo a Njombe. Oggi abbiamo mangiato con le mani un piatto offertoci dal capo villaggio di dove siamo andati a prendere la messa e a presentarci. Abbiamo fatto finta di non vedere come lavavano fuori la roba e che acqua avevano usato

6 per cucinare, il cibo era stato portato lì e per il resto della gente in secchi tipo quello della vernice. Per ora la sera abbiamo visto un paio di film, non dal mio computer (quelli me li tengo per dopo); un altra sera invece ho fatto giocare i miei compagni a mimare i titoli dei film e si sono divertiti; oppure parliamo, in fondo da conoscerci ce n è. Oppure leggo David Copperfield di Dickens; avevo cominciato Il Conte di Montecristo, ma poi non ci stava nella borsa che preparo per andare a Njombe. L elettricità l abbiamo avuta sempre, ci è solo mancata l acqua appena mi ero spogliato e messo sotto la doccia (per fortuna non mi ero ancora insaponato) e quella poca che c era ovviamente abbiamo dovuto raccoglierla per la cucina, che ha sempre la precedenza (se no, non si mangia). Qui abbiamo una lavatrice che lava tutti insieme, a Ilembula non so come sarà. Cerchiamo comunque di lavare i piatti e fare alcune cose anche noi per non farci proprio servire; qui pensano che tutti i bianchi in Europa abbiano la servitù in casa e l altra volta una ragazza a Ilunda si è fermata a guardarmi perché non aveva mai visto due uomini lavare i piatti. L unico problema è internet, che funziona davvero poco e male e mi rende difficile anche solo inviare le mail (lasciamo perdere leggere notizie, ché è quasi impossibile). Mi è stato palesato più decentemente il mio futuro qui a Ilembula. Pare che un giorno a settimana andrò a Njombe, che è a un centinaio di km di distanza, per un progetto a cui mi avrebbe indirizzato il vescovo. È per una organizzazione italiana, si tratterebbe di fare il masterplan di una scuola secondaria per cui esiste già il progetto dei singoli edifici; vogliono assoldare un prete locale che dovrebbe dirigere la squadra di operai, in modo da non dover pagare un impresa. Gli serve la figura professionale al di sopra, che avrebbero trovato in me (!). Comunque settimana prossima vado a vedere il cantiere, ma l associazione da Roma e padre Tarcisio avrebbero dato il loro consenso. Oggi ho visto anche il posto dove andrò a vivere a Ilembula: è un grosso salone con due lunghe stanze con tre letti ciascuno, per me e per Simona, che danno accesso direttamente ad un bagno comune. Siamo addossati alla chiesa, intorno c è qualche altra casa e un asilo. Quando sarò a Njombe dovrei dormire la sera con gli altri a Ilunda, lasciando sola Simona a Ilembula, così il giorno dopo potrò lavorare a Ikelu, cioè per terminare l ospedale. Negli altri giorni andrò a Wanging ombe, dove dovrei cominciare i lavori per il Centro dei disabili, in attesa che Simona ci si trasferisca a lavorare. La domenica sarà l unico giorno libero. L idea di lavorare così tanto e su così tanti progetti mi entusiasma, ovviamente. Per preoccuparsi ci sarà tempo. Fausta che è la collaboratrice di padre Tarcisio ci racconta dei bambini che ha sempre intorno, quasi tutti orfani e figli di sieropositivi. È una straordinaria lezione di umanità, sentirla parlare e vedere come si sacrifica per gli altri.

7 Magari ogni tanto avrà un carattere difficile, ma al momento non m interessa. Dovrei raccontare ad Arianna che qualche volta l ho sentita un po razzista che qua son tutti neri, ma lo straniero e il diverso sono io... fa uno strano effetto, i bambini mi indicano e mi urlano dietro mzungu! che vuol dire uomo bianco! e ridono tutti se mi vedono passare: come cambia la prospettiva quando si è stranieri fuori casa, anche se non si vuole fare nulla di male... Giovedì 25 settembre 2008 Poco fa stavo dando da mangiare ad un bambino dell asilo mentre altri tre mi si buttavano in braccio per giocare, ed ero veramente contento. Questa bella esperienza sarebbe stata unica se pure fosse solo quella che è stata fino a questo momento: un corso di swahili con dei coetanei simpatici e in gamba, un po di volontariato con dei bambini e un mese di avventura in un altro mondo. Ilunda, venerdì 26 settembre 2008 Sabato scorso siamo stati a Ilembula, dove abbiamo pranzato con Fausta e visitato la casa che occuperemo io e Simona. Domenica eravamo a un ora di cammino da qui per la raccolta fondi destinata a una chiesetta rurale (con il rosone ricavato dal cerchio di ferro della ruota di una bicicletta). Questa settimana abbiamo visitato il cantiere del politecnico (così chiamano le scuole secondarie professionali), che Giovanni Viale per conto di alcune associazioni italiane (delle parti di Vicenza) sta finanziando a 7 km da Njombe. Sono rimasto senza fiato. L area è un incredibile spazio immacolato di 95 ettari, che insiste di due colline ed è attraversata da due fiumi. Le cime dei colli sono coperte di enormi massi di granito, di origine vulcanica, tra i quali sono nati alcuni alberi. L intero luogo è stepposo e la terra è rossiccia; il panorama è stupendo. La scuola dovrebbe poter ospitare 500 studenti, compresi i dormitori e i laboratori; avevano assoldato un impresa locale per costruire, ma questa aveva poi aumentato vertiginosamente i prezzi; ora hanno deciso di affidarsi a una squadra che lavori in autocostruzione sotto la guida di un sacerdote locale. Il giorno dopo (mercoledì) il vescovo è venuto al Nazareth di Njombe per conoscerci e giovedì mattina ho incontrato gli altri responsabili dei lavori per suggellare e confermare la nostra collaborazione. È stata un imbarazzante presentazione ricca di benedizioni dal cielo, che si sarebbero esplicitate nient altro che nella mia sola presenza qui; senza

8 responsabilità, il mio ruolo sarebbe quello di responsabile dei lavori e di collegamento con i tecnici italiani. Che non è poco. Dopo quest incontro abbiamo fatto un giro al mercato con Stanislao ed Ernesta, i nostri insegnanti di kiswahili. La sera sono rimasto a parlare fino alle 4 del mattino; fuori il cielo era incredibilmente scuro e le stelle luminose e sconosciute. Una parte del cielo ne era sprovvista, in un altra splendeva (credo) la Croce del Sud. Oggi siamo stati al matrimonio di Josephine. La cerimonia è durata più di tre ore, ricche di canti. L interminabile ricevimento mi ha stancato abbastanza. La torta è stata tagliata all inizio, poi si sono distribuiti i regali fisicamente accompagnati da una folla cantante e danzante e infine si è mangiato e ballato. Mi spiace assai che alcune situazioni non mi stupiscano né emozionino in alcun modo: mi trovavo sotto un larga tettoia fatta di rami, sacchi di iuta e plastica, seduto tra gli ospiti d onore; fuori c erano molte persone a guardare, si vedevano le palme mosse dal vento e la polvere che avvolgeva le capanne dalle mura in terra cruda e dai tetti in paglia: eppure non provavo nessuna sensazione particolare, non più che essere in qualunque altra quotidiana e comune situazione. Mi ha fatto invece piacere imboccare Michael ieri, tra i bambini dell asilo. Dopo aver mangiato il pappone di ugali (insipida farina di mais) e fagioli, si inginocchiavano con le mani giunte e dicevano «asante», grazie, per poi andare a giocare da qualche altra parte. Farò il direttore dei lavori anche sul cantiere dell ospedale di Ikelu. In alcune parti sono già alle finiture, altri padiglioni devono invece ancora essere coperti; è stato emozionante trovarsi nella sala operatoria (vuota, ovviamente) e immaginare a che cosa servirà quando io non sarò già più in Tanzania.

9 Il cantiere dell ospedale mi lascia più libertà di scelta e credo che alcune modifiche siano necessarie, ma anche se ci sto facendo dei sopralluoghi non deciderò nulla prima della fine del corso di swahili; ci sono comunque dei tecnici volontari che dall Italia vengono per fornire la loro esperienza, e grazie a loro penso che imparerò moltissimo. Oltre alle indicazioni che Simona mi darà per creare una specie di scuola-ambulatorio (i disabili qui vivono in condizioni pietose, quando non vengono uccisi), seguirò padre Tarcisio per altri lavoretti in giro (mi ha già commissionato una chiesa, ma nessuna eccitazione: ha detto che vuole solo un tetto e quattro mura, perché il resto compreso il pavimento vuole che se lo costruisca la comunità stessa). Mi ha scritto il professor Harber dicendomi che sta realizzando un ospedale per malati di Aids al confine col Mozambico e che potremmo scambiarci dei consigli: quell uomo è incredibile! L ho ringraziato e gli ho scritto che lui può solo insegnarmi qualcosa, non posso certo dirgli nulla io. *** Ecco come viene definito un suo volontario dal Servizio Civile Nazionale: «una persona tra i 18 e i 27 anni, con cittadinanza italiana, che su base esclusivamente volontaria decide di difendere la Patria con mezzi ed attività non militari. Questo dovere di difesa della Patria è sancito dall articolo 52 della Costituzione: una difesa che non deve essere riferita ai confini del territorio dello Stato, quanto alla condivisione i valori comuni e fondanti l ordinamento democratico. È la persona che sceglie di dedicare un anno della propria vita impegnato nella solidarietà, a favore delle fasce vulnerabili della società». Mi piace l idea che lavorare all estero con un progetto come quello che sto seguendo comporti anche la difesa alcuni valori come quelli della solidarietà e della non violenza che in Italia hanno una storia e che fanno parte del nostro patrimonio culturale; e che anche a me sono stati insegnati, in maniera particolare dallo scoutismo. Ovviamente i lavori che seguirò non li ho cominciati e non li finirò io: sono solo uno strumento, che è qui di passaggio per un anno. Ecco perché stanno cercando di affidarmi quanti più incarichi possibile, vista la penuria di tecnici locali e di architetti (questa parola in swahili non esiste neppure). Se ripenso alla mia decisione di presentare domanda e poi di accettare di partire devo ammettere che non ne avevo voglia, sinceramente. Sto bene a casa mia e la vita che faccio è tranquilla e discretamente soddisfacente. Forse avrebbe bisogno di un po più di continuità, visto che non sono mai stato un anno a casa dal 2005 in poi; ma dopo la laurea ho avuto finalmente l occasione di fermarmi, eppure non l ho fatto. Non sono una persona più coraggiosa della media e non ho alcun senso dell avventura; però anni fa ho deciso che avrei usato le poche cose che possedevo per migliorare alcune cose che non mi piacevano: e quello che avevo erano i miei studi, e ciò che non mi piaceva era come va il mondo. Io ho avuto questa maledizione di dovermi preoccupare e interessare degli altri (in un accezione comprensibilmente piuttosto ampia), e ho cercato di aprirmi una via anche laddove sembrava non essere stata segnata. Tutto mi è servito per formarmi, tutte le esperienze che ho fatto all estero in questi anni; e poi lo scoutismo, lo studio, le letture, i dibattiti, l interesse per quello che succedeva intorno a me. Quando mi si è presentata questa particolare possibilità in Tanzania mi sono trovato davanti ad un altra strada da seguire; perché alla fine posso dire con certezza che io in realtà non ho aperto nessuna via, ma è il buon Dio che alcuni sentieri ce li indica sempre, e sta a noi decidere se percorrerli o no. Non credo che Lui mi avrebbe voluto meno bene se stavolta avessi detto di no e me ne fossi rimasto a casa; ma me ne sarei voluto io, che per anni mi sono preparato ad essere utile specializzandomi sui paesi in via di sviluppo. Ed eccomi qui. Probabilmente altre possibilità non meno importanti le ho già perse, spero

10 solo momentaneamente; l importante è ricordare che si possono fare scelte importanti anche quando ci pare non averne il coraggio o le possibilità, accettando serenamente che le cose possono andare bene o male. Mi rendo perfettamente conto che seguire certe strade comporta il rinunciarne ad altre, e nessuno sa se ce ne sia una migliore. Non ho la presunzione di sapere (né ora né mai) che le mie scelte di questi anni siano state quelle giuste per lasciare un mondo migliore; lo sono però state per portarmi a quello che sto facendo oggi in Tanzania o che spero farò in futuro, in Italia. Domenica 28 settembre 2008 La gamba in cui ho il menisco e il legamento crociato rotti scricchiola come al solito, ma cerco di farci attenzione, soprattutto quando sono in cantiere e saltello sulle fondazioni o prendo delle misure. Per il resto sto bene. Non so che dire: mi pare di non stupirmi di nulla. Oggi c era un bambino che credevamo morto, sul ciglio della strada, mentre invece era vivo ed era stato pestato talmente forte che gli occhi non gli si aprivano neppure ed era sporco di sangue. Eppure ho avuto un moto d orrore minimo, e questo mi fa porre degli interrogativi su me stesso. Ma non so dare risposte. Forse sono solo un po stanco, meglio che vada a dormire. Stasera ci sono rimasto male anche alla notizia che il prof. Mattone è morto mentre era in missione in Argentina con la prof.ssa Pasero. Erano un po una coppia-mito per me, per le cose che facevano e per il fatto che le facessero insieme. Martedì 30 settembre 2008 Comincio a non vedere l ora di andare a Ilembula e starmene tranquillo lì, finalmente occupando la mia casa definitiva per il resto dell anno. Noto che nel gruppo si stanno un po formando dei sottogruppi, anche se la cosa negli ultimi giorni è andata un po stemperandosi; la cosa mi preoccupa un po, ma ammetto di non aver fatto finora molto per cambiare la cosa. Un po penso che verrà fuori, un po penso che tra non molto con Simona me ne andrò via: con lei, per fortuna, il rapporto è buono e abbiamo voglia di cominciare a lavorare. Mi spiace che tante cose mi sembra di averle già viste in India e mi pare di non stupirmi molto; anche se questa cosa può forse permettermi di lavorare meglio. Il corso di swahili procede, ma aspetto di praticarlo sul campo. Ho cominciato ad andare

11 sul cantiere e ho fatto il progetto dell edificio degli impianti elettrici, in questo aiutato da Mauro, un tecnico italiano. Le notti africane sono straordinarie. Non vedo l ora di godermele con tranquillità. Venerdì 3 ottobre 2008 Faccio un po di fatica a scrivere, anche sul diario, e finora ho più che altro risposto alle lettere di chi mi stava più lontano e aveva meno possibilità di risentirmi (Cina, Portogallo, Inghilterra, India e così via: è bello sapere che ci sono tanti amici così lontani che si ricordano di te, e mi sarebbe dispiaciuto perdere i tenui contatti che tra noi rimangono). Per rispetto di quello che ho studiato, e per l onore che viene dato di progettare o far costruire cose realmente utili, credo che quando tornerò non farò più niente solo perché devo o perché questa è la mia laurea, come ad esempio rimanere in uno studio per essere trattato male. L occasione che mi viene data di re-innamorarmi dell architettura non ha alcun prezzo ma, per tornare a tirare linee per malati di mente bisbetici arricchiti che non sopporterei per più di qualche anno, tanto vale fare un altra cosa meglio pagata, anche se non c entra niente. Temo che non farò nulla del genere di Pantaleo in Sudan: i mezzi che abbiamo non sono gli stessi di Emergency, purtroppo, se pure avessi (e non ce l ho) le sue capacità. Però una cosa mi piacerebbe farla, che è simile a una realizzazione nell ospedale di Emergency: mi piacerebbe progettare e far costruire una cappella interreligiosa, senza copertura, con le pareti bianche e senza decorazione, se non una croce a tau come finestrella per far passare la luce ad est e una pietra su un muro in direzione de La Mecca, attorniata da pietre di granito come se fosse un isola, in un boschetto vicino l ospedale. Non so se me l accetteranno come idea, ma ce l ho già pronta e sarei orgoglioso di realizzarla. Quando torno dal cantiere alle sei del pomeriggio (alle 12, secondo l ora locale) c è intorno a me la savana dell altipiano, gialla e con pochi alberi polverosi, mentre il tramonto rosso divide il cielo con una notte splendente di stelle: uno spettacolo che val la pena vedere. Lunedì 6 ottobre 2008 Mentre guardavo Vicky che per la prima volta rideva, ho provato qualcosa di diverso e non meno intenso d una felicità strana. Mi sembrava di vedere che la vita può manifestarsi senza mediazioni così com è, al di là della forma che può prendere e delle strade che può seguire. Una bambina, che fino a poco tempo fa veniva lasciata sola dalla nonna per un intera

12 giornata in un recinto con le bestie perché disabile, ora davanti a noi riusciva per la prima volta a prendere in mano un bicchiere d acqua e a bere, senza leccarla da un piatto com era solita fare. Se la vita si manifesta e vale in una bimba come Vicky, ancor più dev essere preservata e custodita da chi ha la possibilità di averne cura per conto proprio. Bruna e Lucio dell associazione Nyumbali di Iringa mi hanno fatto vedere come hanno accolto i loro tre nuovi bambini (e ospitati molti altri) usando pazienza, amore, gentilezza, molti sorrisi, e ridando con la dignità qualità che fa di un esistenza una vita la vita a bambini cui era stata tolta. Io, mentre guardavo Vicky che per la prima volta rideva (e, avendoci preso gusto, pareva non voler più smettere) non pensavo al fatto che fossi lì per dei miei progetti, ma provavo solo una gran gioia che vorrei saper portare sempre con me. Il giorno prima leggevo dell amore innocente di David Copperfield per Dora, e anche lì ho pensato alla semplicità di alcuni piaceri che si perdono con l accumularsi delle possibilità che, comincio a temere, non sono sempre ricchezze e della necessità di stare sempre al di là e al di fuori della noia, presi da certi impegni che non possiamo posporre senza poi pensare di aver sprecato del tempo. Quando penso a David Copperfield che morirebbe solo per sfiorare la mano della donna che ama, mi sento anch io come lui e m immagino che la vita che qui fluisce intorno a me (solo con tempi diversi da quelli cui sono abituato) mi accompagna e mi sostiene nella speranza di rivedere Sara. Perché l amore di chi riesce a trovare il tempo per aspettarsi è innocente ed è un attesa diversa da tutte, è gioia, e qualcosa diverso dalla felicità (perché felicità è averla vicina e stare insieme a lei): è pazienza, è molti sorrisi nel sentirla... ed è la dignità che mi dà come persona, perché mi ama, per tutto e nonostante tutto. Giovedì 9 ottobre 2008 Mi hanno avvisato che dovrò progettare anche un intero insediamento, sempre a Wanging ombe, comprensivo di: casa del parroco, casa del catechista, dispensario, scuola per le ragazze, asilo, centro per disabili. Tutti edifici separati che si estenderanno sulla linea di circa un chilometro. Il progetto mi terrorizza abbastanza, ma per il momento non me ne preoccupo e spero di poter rimandare il tutto fino ad un incontro con Sara e la prof.ssa Nuccia Maritano Comoglio per i suggerimenti del caso. Perché i progetti negli anni si possono modificare, ma la distribuzione degli spazi la devo decidere io adesso e quella non si cambia, e probabilmente comincerò anche le fondazioni prima di lasciare la Tanzania. Invece per la scuola di Njombe mi hanno detto ieri che devo cominciare immediatamente gli scavi delle fondazioni di tutti gli edifici con due squadre di operai, in modo che per la stagione delle piogge siano finite e che per agosto si debbano solo montare gli impianti, che arriveranno via container dall Italia. Al momento non posso far altro che assorbire come una spugna tutto, e ieri discettavo di trasformatori per le linee da media tensione a bassa tensione come se non me l avessero spiegato solo due settimane fa, che cosa cavolo fossero; insomma, incrocio le dite ché nessuno si accorga di quanto scarso in realtà io sia. A lezione abbiamo fatto tre componimenti in swahili e ci ho messo sempre Sara. Uno era sul cane e ho detto che io li odiavo e lei li amava; uno era sul gatto e ho detto che a lei piacevano, ma non ne aveva e che io li odiavo (non ci sono mezzi termini semplicemente perché non so le parole in swahili...); uno era sulla visita ad un parco nazionale, che io ho detto di aver fatta con Sara, dicendo che lei ha dormito per tutto il safari senza vedere nessun animale, e concludendo che lei diceva di preferire i suoi cani. Ieri ho anche fatto la visita oculistica: l ho fatta con le lenti a contatto e per giunta spostavo la mano che tappava l occhio quando non riconoscevo bene le lettere: così ho il foglio rosa che vale tre mesi.

13 Venerdì 10 ottobre 2008 Qui in Africa va tutto bene, certo meglio che nel resto del mondo: pare che i bambini non risentano più di tanto per la crisi della borsa mondiale, seppure è innegabile che la cosa li intristisca molto. Ognuno si tiene le proprie ricchezze: aids e povertà non ce le facciamo mai mancare, ma da come i bambini ridono e vogliono instancabilmente giocare sembra che un motivo per sperare ed essere felici non manchi mai. Perlomeno a loro. In questo primo mese in Tanzania mi ritrovo già ad assomigliare più di quanto voglia, a dir la verità agli altri cooperanti che sono qui da più tempo e che hanno assunto un aspetto che definirei polveroso: principalmente dovuto alla sabbia che si alza dalle strade in terra battuta e che ci avvolge tutto il giorno, ma non ne è estraneo anche uno stile di vita assai diverso, più dimesso e rassegnato. Le cose da fare sono molte, ma come dice il Libro c è un tempo per tutto, e il buon Dio pare non aver fatto eccezioni di sorta per il distretto di Njombe, lasciandogliene appunto uno tutto suo. Come dicono qui: «voi europei avere l orologio, noi il Tempo». Oggi è stato l ultimo giorno di lezione di swahili, il che mi rende un po più positivo. Ogni giorno per sei ore, senza poi riuscire ad entrare nelle complicazioni di una lingua che non ha nulla a che vedere con le nostre indoeuropee, grammaticalmente parlando: basti dire che nel verbo sono i diversi prefissi che ti dicono chi compie l azione, nei confronti di chi, quando... e devi anche coniugarli in base a 8 classi diverse, che sostanzialmente si dovrebbero imparare a memoria. Casa mia mi manca relativamente, comunque meno che in Germania. E trovo difficile credere che un mese è già passato, nonostante facessimo una cosa così noiosa e ancora non lavorassimo. Però, a differenza con l India, non mi sono innamorato di questo paese e non soffro del mal d Africa. Il fatto che sia un po insensibile a tutto viene imputato da Simona (che fa l assistente sociale) al fatto che abbia troppe barriere, il che potrebbe essere vero. Sto fisicamente ancora bene, Mungu akipenda... ancora non ho preso la malaria (che pare sia inevitabile, anche prendersela più volte nello stesso anno) né le pulci penetranti mi hanno ancora attaccato. Abbiamo resistito ad un invasione di migliaia di formiche rosse parecchio carnivore che sembravano impazzite, ai topi che ogni tanto scorazzano nelle camere da letto cavallerescamente privilegiando quella delle ragazze e ai vari insetti, di una varietà che non avrei mai immaginato e di forme e dimensioni che non avrei mai

14 voluto. Però stasera c è un enorme cerchio bianco che dal cielo scende a mo di cono sulla terra e che lascia vedere la luna e stelle a noi sconosciute, e questo basta per farci stare a testa in su per mezz ora, solo per ammirarlo e chiederci se e quale spiegazione scientifica ne sta alla base. Ci facciamo delle domande perché siamo ancora europei, ma ci stupiamo anche, e questo fa ben sperare che il nostro modo di vivere sappia cambiare. Domenica 12 ottobre 2008 Ieri Elisabeth mi ha mostrato che alla pazzia (e all amore) non si possono porre limiti: lei ha conosciuto un ragazzo, l ha rivisto dopo una settimana, poi dopo 10 giorni e si sono messi insieme, sono stati insieme 9 settimane e ora lei starà qui per 10 mesi... Con lei ho anche parlato un po in tedesco, tanto per farmi bella figura di fronte ai miei compagni. Mercoledì 15 ottobre 2008 Al momento il mio lavoro è ancora alla fase conoscenza-della-morte-di-cui-dovrò-morire : ora conosco tutti i cantieri di cui mi dovrò occupare, anche se non ricorderò mai il nome di tutti gli operai. Per Simona dovrei ristrutturare un ex-tabacchificio di Wanging ombe, ma sto scoprendo che tra progettazione e realizzazione c è un piccolo salto, tipo Niagara. Io e le mie idee siamo quella canoa che si vede lì, proprio sul bordo. Poi faccio una quantità di altre cose: ieri una chiesa, domani la centrale elettrica di un ospedale, che se mettessi queste cose in un curriculum vitae non mi crederebbero. Ma alla fine si tratta di vedere che fanno gli operai, farli lavorare (padre Tarcisio viene, gli lancia i mattoni dietro per farli andare più in fretta e se ne va... dovrei forse imparare anch io a fare così?), ogni tanto fare progetti che padre Tarcisio non seguirà: credo che in Italia committenti e progettisti abbiano rapporti simili, se si esclude che lui mi dà da mangiare (...e non è una metafora!). Giovedì 16 ottobre 2008 Lo ammetto: sto bene dove sto quaggiù, anche se mi mancano alcune persone. Le comodità no, non tanto: mi sembra strano pensare a casa, alla possibilità di andare nell altra stanza a dare un occhiata a quello che voglio su internet, di andare nel frigo e prendere quello che voglio, di poter bere quanto voglio e dal rubinetto, non mancandomi acqua né elettricità. Casa mia mi sembra un mondo lontano, ricco soprattutto di cose superflue. Qui scopro altre ricchezze, che mi rimangono dentro. Dirigo tre cantieri e non so se ridere o piangere... Oggi ero sul cantiere dell ospedale e osservavo una trave di cemento armato con luce di 6 m, che poggia su un muro a due teste sul quale incontra un altra trave... Sopra, nel bel mezzo della trave, hanno fatto un muro (di mattoni pieni, ovviamente). Il cemento armato ha una crepa da lato a lato larga 1 cm, la trave si è ovviamente imbarcata e presenta fessurazioni sull intradosso. Un impresario italiano in pensione l ha vista e mi ha detto semplicemente: «questa viene giù». Se già io che sono ignorante mi accorgo di queste cose, figurati lo stato di tutto il resto, di quello di cui non mi accorgo e di quello che è già stato fatto (e spesso nascosto) dagli operai. Cerco di prendere le cose in maniera africana oppure dovrei impazzire. E con maniera africana non voglio essere negativo: è solo un accettare le cose con tranquillità, sia perché la fretta è uno spreco di energie, e qui non si recuperano facilmente; sia per un accettazione

15 del karma o del destino (o della volontà di Dio, o del caos, e così via), che a noi è spesso sconosciuta Martedì 21 ottobre 2008 Ho cominciato a lavorare a Ilembula lunedì scorso e sono ancora un po in forse su quello che devo fare. Seguo padre Tarcisio quando vuole e ha bisogno oppure vado sui cantieri (e già è un miracolo che mi ricordi il nome di due o tre operai, visto che devo seguire cinque squadre), oppure rimango a casa a progettargli qualcosa, come ho fatto ora con una piccola chiesa con asilo. Gli altri mi prendono in giro ché fare l architetto vuol dire fare nulla, ma ieri che sono stato con padre Tarcisio tutto il giorno ho lavorato quasi come lui o uno dei suoi operai. E devo dire che è stato bello, più interessante che starsene seduto al computer. Anche stancante, ovviamente: ma se non mi ucciderà, mi fortificherà. Spero. Abbiamo concordato in linea di massima le mie giornate. Comincio alle 8 rendendomi disponibile con padre Tarcisio per qualche lavoretto a Ilembula - tipo scaricare o caricare camion - finché non è pronto e mi porta con sé su un sito. Generalmente dovrei stare il lunedì e il martedì a Wanging ombe. Il mercoledì vengo portato a Njombe da una macchina della Njombe Development Office (NDO). La sera sono a Ilunda e sto con i ragazzi. Il giovedì vado da lì a Ikelu, sul cantiere dell ospedale. La sera qualcuno - Fausta che passa, il dalladalla o chissà - mi riporta a Ilembula, in modo che il venerdì e il sabato possa lavorare di nuovo sul cantiere di Wanging ombe, o faccia dei progetti che riguardino quel sito. La domenica è libera.

16 Ci sono dei momenti in cui mi sento un po più giù perché mi manca Sara, ma le possibilità che quest esperienza mi dà - sia di fare qualcosa che di impararla - ricompensano in parte il tempo che non trascorro a casa, e che avrò tutto il tempo di trascorrere una volta finito il Servizio Civile. Con padre Tarcisio il rapporto è buono. Ha i suoi modi bruschi ma non ci faccio caso, e comunque non è peggio di quella per cui lavoravo prima a Torino. Se è il caso gli rispondo e lui non si arrabbia (o forse non c è un padre Tarcisio arrabbiato e uno no: è quasi sempre uguale), ma non abbiamo avuto grandi discussioni su cose importanti. Ho visto che ti ascolta attentamente, magari dopo 10 minuti che ci ha pensato ti dà ragione o ti fa capire che ci sta riflettendo; non è quindi una persona chiusa come temevo, bisogna solo saperla un po prendere. Con Fausta il rapporto è ottimo pure, ci coccola (secondo Simona le sto molto simpatico) e si mangia benissimo. La casa di Ilembula è sistemata, ora è un po più nostra. Con Simona mi trovo bene, le volte che c è stato da discutere e tenerci il muso per un po abbiamo sempre finito col chiederci che c è che non andava e abbiamo sempre fatto pace con un abbraccio. Ci vogliamo bene, insomma. Lei è anche relativamente paziente con me e io dovrei cercare di esserlo di più con lei, ma niente che non sia nella norma tra due persone che devono convivere. Mi piace che stia imparando molto e che stia incontrando gente interessante, anche se questa è più che altro gente italiana e con gli africani i rapporti personali siano più sporadici. Ne avrò di più ora che lavorerò all NDO a Njombe. Lo swahili lo uso poco perché a livello tecnico si usa l inglese e non ho a che fare con i bambini tutti i giorni come gli altri. Spero comunque con un po di sforzo di migliorare. Tante volte penso che sono proprio felice. Altre volte no, ma mi sento meglio che se fossi rimasto in Italia e sono sempre contento di essere qui. Penso che questo sia importante. Venerdì 24 ottobre 2008 Se guardo su internet i titoli di un quotidiano italiano vedo chiaramente che i problemi reali vengono trattati come se fossero molto marginali, come se effettivamente nel nostro mondo le maggiori preoccupazioni fossero il costo dei telefonini, chi sta con chi, che cosa fa quello e tutto ciò che ruota attorno all inutile. Questo comporta che chi vede la nostra televisione in questi paesi finisce col credere che il nostro mondo sia quello che appare lì sopra e che siamo tutti ricchi e spreconi (e felici di esserlo). Poi, com è facilmente immaginabile, per me che vengo qui è più facile vedere (ma non sempre comprendere) che cosa sia la povertà, l abbandono, il bisogno: e ammetto che - come molti - verso queste cose sono sempre stato un po cieco finché sono rimasto a casa. In certi casi devi davvero vederle per imprimertele bene in testa e non dimenticarle. Lunedì 27 ottobre 2008 Questa notte ho dormito poco e male. Probabilmente c entra l effetto della birra bevuta ieri sera al Kibena Club di Njombe, insieme al cibo indiano che un sikh del Punjab che lavora qui in Tanzania ha voluto offrirci. Ieri notte pensavo in maniera confusa a come sono e a che cosa faccio. Vivere in un gruppo di persone che non hai potuto scegliere ti costringe a confrontarti con loro continuamente. Simona, in particolare, sta tenendo un corso su come dovrei comportarmi e relazionarmi con gli altri. Lei non è certo perfetta, anzi; però credo di dover tenere in considerazione quello che mi dice, anche se ha un importanza relativa: può essere vero, ed è giusto che migliori; può essere giusto, ma non è detto che voglia cambiare; può anche essere sbagliato

17 e sapere che in coscienza mi comporto come reputo giusto o com è il mio carattere. Da questa semplice constatazione mi sono preso la libertà di rimettere in discussione tutto: quello che ho fatto in questi anni, le certezze che (credo) di aver raggiunto. Quando scrivo una lettera di risposta ai molti complimenti che ricevo non faccio che creare l illusione che, oltre ad essere bravo, io sia anche modesto. Penso davvero e spesso di essere ignorante, ma sono in una posizione nella quale mi è difficile sostenerlo. Il fatto è che ho sempre creduto di essere stato capace di cogliere le possibilità, mentre tanti si fermano e non lo fanno; ora invece temo di aver approfittato di possibilità aperte a tutti, e delle quali mi sono impossessato per guadagnarci il più possibile. Forse quando le cose vanno meglio ci si dimentica delle difficoltà che si sono affrontate, e probabilmente sarei più giusto con me stesso se riconoscessi che ci sono state. Però sarei di nuovo auto-assolutorio: anche se ho avuto difficoltà non significa che meriti di avere certe responsabilità, non c è una correlazione prova superata=onore e gloria. Perché le responsabilità non sono solo e tanto quelle che ho qui, ma quelle che ho di fronte a chi ha un opinione positiva di me e di coloro cui ho preso il posto per ritrovarmi ora qui. Giovedì 30 ottobre 2008 Ieri ho massacrato un ragno color panna grande la metà della mia mano, con due tenaglie in bocca, e per ammazzarlo ho dovuto usare le scarpe da cantiere (punta di ferro e suola antichiodi), altrimenti questi ragni prenderebbero loro la mia scarpa e me la rilancerebbero indietro. Oggi stavo picchettando un pezzo di savana di Wanging ombe per cominciare lì la costruzione del Centro di aggregazione per disabili; prima di fare quello, scaricavo mattoni dal camion aiutato dai bambini del vicino asilo (!). Cominciare materialmente la costruzione sarebbe anche stato emozionante, se non fosse che c era un caldo pazzesco e avevo solo voglia di fare in fretta per non rimanerci secco. Finalmente faccio qualcosa che ha a che fare con ciò che ho studiato. Notavo che in alcuni edifici che padre Tarcisio costruisce per fare la malta usa il fango al posto del cemento, che poi impiega per coprire le fughe, senza intonacare. Laddove ho invece visto usare la malta cementizia, questa mi è sembrata sostanzialmente sabbia, visto che al passaggio di un dito si sbriciola al solo contatto. Poiché anche i mattoni sono cotti male (essi stessi formano un forno sotto il quale vengono fatti ardere grossi tronchi: credo che ciò venga fatto per non avere fiamme ma una combustione più lenta; a volte ho visto che l ingresso del forno viene occluso col fango, credo allo scopo di soffocare il fuoco) mi chiedevo se con questi mattoni semicrudi non fosse indifferente l uso del fango o di una malta, visto il poco cemento che ci mettono. Perché a questo punto preferirei

18 usare il fango e poi coprire il tutto con un intonaco (fatto col cemento risparmiato dalla malta) che protegga sia fango che mattoni. Se una soluzione del genere fosse adottabile mi chiedo se avrebbe più senso usare un intonaco che faccia traspirare il muro, per evitare distacchi. Mi sarebbe piaciuto usare l idea dei copertoni colmi di pietre per fare il vespaio, ma sembra che qui non la usino; cercherò comunque di battermi perché qualche sperimentazione (non pericolosa, ovviamente) possa essere tentata. Era stata accettata l idea di usare delle bottiglie in maniera decorativa nella muratura (per fare una croce per una chiesetta), ma bisogna però anche considerare che la manovalanza non è a grandi livelli e andrebbe seguita costantemente. Martedì 21 novembre 2008 Dopo un paio di mesi posso finalmente credere di aver capito qualcosa di più di questo mondo nuovo, questa terra che come dice Borges è «una ragnatela stesa al suolo, che sembra non dotata di senso e invece è ricca di direzioni». A Njombe continuano i lavori per la scuola superiore; a Ikelu ho provato l emozione di veder sorgere il primo edificio da me progettato: i tetti secondo me sporgono troppo poco, Filippo dice che le finestre sono troppo piccole e padre Tarcisio non era nemmeno d accordo che si costruisse e vorrebbe rifarlo: insomma, sono soddisfazioni. La settimana scorsa sono andato con Stefano fino a Mlali, per visitare un centro per disabili a cui dovrei ispirarmi: 12 ore di bus con le galline fino a Dar es Salaam, dove c è stato il peggior temporale che da dieci anni a questa parte si ricordi. Poi 5 ore per scendere a Gairo e 3 di attesa per prendere il dalladalla: un fuoristrada degli anni 50, leggermente sovraccarico, che per partire doveva essere spinto in discesa e il cui serbatoio consisteva in una tanica che Stefano teneva tra le gambe. Dopo sole 3 ore con quello e mezz ora a piedi siamo giunti a Mlali. Il resto del mio lavoro procede abbastanza bene, perché il preliminare del Centro di aggregazione di Wanging ombe è pronto: capita comunque che padre Tarcisio mi dica di cambiare il progetto la mattina stessa in cui vado in cantiere a tracciare le fondazioni; e il giorno dopo cambia anche quelle. Insomma, problemi neanche tanto diversi da quelli di uno studio di architettura italiano. Ma qui, per fortuna, posso anche prendere il sole stando in cantiere e facendo lavori manuali, seppure ancora non mi arrischi a imitare gli operai e il loro spregio delle leggi sulla sicurezza nel lavoro.

19 Un fotografo americano di passaggio da Ilembula, che sta preparando con due italiani un reportage sul volontariato in Tanzania, ha immortalato me e padre Tarcisio mentre discutevamo dell ornamento in architettura (o più prosaicamente: può una chiesa avere solo un tetto, delle mura e nient altro? Le finestre e il pavimento, sono davvero degli accessori? Secondo padre Tarcisio sì). Ci sono ancora alcune cose che in questa cultura mi lasciano perplesso, dovute a concezioni spazio-temporali figlie di culture diverse. Ma una volta capite le si accettano, se qui si vuole vivere e non sopravvivere. Ad esempio: vi trovate a qualche chilometro dalla strada principale e intorno a voi c è solo la savana, con una capanna che dista dalla vicina uno spazio enorme: ma enorme quanto? Be, se vi fermate a chiedere al tizio della capanna quello vi dice che la tale famiglia che cercate sta pale (cioè là), e vi indica col dito un imprecisato luogo piuttosto lontano. Bene, e quell altra capanna che m interessa, quella dove sta? Se è più lontana vi diranno che sta paaaaaaaale, che non vuol dire niente come prima - è semplicemente la stessa parola allungata per dire più lontano. E queste sono le distanze spaziali. Distanze temporali: se uno che guida il camion ti dice che è già in paese e il paese sono quattro capanne, senza eufemismi quale sarà il tempo previsto di arrivo? Mezzo minuto? No: due ore e mezza. La sera a casa si sta abbastanza bene, seppure il riposo a fine giornata è sempre accompagnato da Simona che urla e dà delle mazzate tremende a tutti gli scarafaggi, i ragni, gli insetti, le zanzare e ad altri mostri che prima ci erano sconosciuti e a quali non avremmo creduto, se non li avessimo visti con questi occhi e schiacciati con queste scarpe (e spesso un colpo non basta). Anche quando si chiude in camera si può sentire qualche insulto e molto rumore, e il mattino dopo si possono vedere i segni delle sue ciabattate sul muro, anche ad altezze considerevoli (tanto da farmi credere a sue insospettabili parodie di calci volanti). Io e Simona siamo anche andati all inaugurazione di un acquedotto costruito da un ONG italiana e dall UE: e in quanto bianchi abbiamo potuto partecipare all evento tra gli ospiti, mangiare a sbafo al ricevimento e stringere la mano al ministro dell agricoltura. La notte è quella che noi non conosciamo, quella nera primordiale che ti fa sparire, ti rimpicciolisce di fronte a stellate che sembrano eterne e ti ricorda che qui come ovunque sei solo di passaggio. I bambini sono come tutti i bambini del mondo. Giocano sempre, ti saltano addosso o leggono insieme a te un libro. Alcuni di loro prendono gli anti-retrovirali per curare l Aids, e dovrebbero quindi essere piuttosto deboli, ma ad oggi non ho ancora capito chi sia malato e chi no, perché mi sommergono tutti con lo stesso entusiasmo. C è chi riesce ad avere Aids, malaria e tifo contemporaneamente ed essere comunque più attivo di me.

20 Un paio di settimane fa è arrivato Fadiri, che aveva una settimana, ed è il 92 ospite del Villaggio dei Bambini. Ci sarebbero altre cose da raccontare: padre Tarcisio che investe un pollo con la macchina e gli dà pure la colpa, che fa una messa in un cimitero con noi in piedi sulle tombe, Cristopha a cui all ospedale tagliano l ugola perché ha la tosse, la madre superiora che non gli dà da mangiare il riso per lo stesso motivo (com è noto, il riso causa la tosse... e a me la tosse è venuta per il troppo ridere), ma alla fin fine questa è l Africa, e a me tutto sommato piace. Mercoledì 12 novembre 2008 Padre Tarcisio è matto. Completamente. Non ho dubbi che sappia fare molte cose, anche il muratore (seppure non tanto bene quanto crede lui), ma di certo non è un architetto, basti vedere le dimensioni di stanze e finestre negli edifici che fa costruire. Fatta questa premessa, io faccio fatica a stargli dietro. Cerco di venire incontro a delle sue manie (ad esempio secondo lui nel mondo occidentale c è la mania del cemento), cerco di capire perché fa in una certa maniera le cose e talvolta lo capisco, talvolta ci discuto, mi convince pure o mi faccio convincere e cambio un progetto quando questo non mi sembra un compromesso al ribasso. Però lui è capace di dirti di fare «come vuoi» (se si arrabbia) e come nel caso del tracciamento delle fondazioni del Centro di Wanging ombe il giorno dopo ti rimette in mano i fili che avevi usato per fare i tracciamenti e ti dice: «li ho tolti per paura delle mucche. Ora rimettili. E se non li rimetti come ti ho detto non faccio partire i lavori». Quello che ha lasciato perplessi me e Simona è che l altro ieri, mentre eravamo a cena, ci ha comunicato che lui sto Centro non lo fa. Punto. Prima si fa la casa dei volontari. Al che ho obiettato gentilmente che se non c è un Centro dove farli lavorare, che gliela costruiamo a fare una casa ai volontari? No, i volontari dovrebbero lavorare nell ex tabacchificio di Wanging ombe, lo stesso edificio che lui inizialmente aveva detto che non si poteva usare. Perché questo cambiamento? Semplice, perché lui sto Centro per disabili comunitario e di aggregazione proprio non lo vuole. E com è questo tabacchificio? È un edificio lungo lungo con 14 finestre. Lui le finestre ora le ha fatte mettere, sì, solo che se si chiudono non si aprono e viceversa, e in realtà sono degli scuri, cioè non c è vetro né altro. Se piove e apri la finestra ti piove dentro. Se preferisci un po di buio pur di non avere la pioggia non puoi accontentarti, perché le lamiere del tetto sono bucate e ci pioverà dentro. C è un controsoffitto marcio che non vuole togliere, dove c è guano, terra e tutte le schifezze immaginabili, ma lui dice che gli africani sono abituati. Io gli ho risposto che allora tanto vale tenerli nelle capanne e non portarli lì, e comunque

21 se loro ci sono abituati noi non lo siamo e quindi quel controsoffitto glielo toglierò. Secondo lui i volontari possono usare questa catapecchia fatiscente per due-tre anni. Ieri ci ha detto che lui non fa l impresario dei disoccupati italiani, come se questo Centro su cui stavamo insistendo fosse il capriccio di un architetto e un assistente sociale che non hanno nulla di meglio da fare in Italia. Gli ho risposto che noi crediamo, e speriamo, di renderci utili e che pensiamo (e gli abbiamo spiegato) qual è l utilità di questo Centro. Io sono conscio delle mie incapacità e mancanze, e infatti qui mi metto umilmente a disposizione, senza avere la pretesa che quello che progetto debba essere realizzato. Però se faccio un progetto che concordo con lui, che lui accetta e ci lavoro un mese, almeno mi spieghi il perché debba ora considerarlo carta straccia e buttarlo. Ora mi ha messo in mano il tutto, come a dire che a lui non gliene frega niente e che ci dobbiamo arrangiare; ma sono sicuro che non lo farà. Nel bene, perché credo che comunque verrà a darci consigli o a trovarci la roba che ci serve per costruire. E soprattutto nel male, perché la roba che ci fornirà sarà quella che vuole lui, e sicuramente romperà le scatole sui sacchi di cemento che usiamo, se intonachiamo o meno l esterno, che tipo di lamiere mettiamo sul tetto... Oggi ha chiesto bruscamente chi paga, tanto per sottolineare che a lui non importa e non ci vuole mettere nulla; e quando Stefano gli ha detto che paga l associazione che ci manda, ha subito ribattuto «e dove sono i soldi?». Secondo me bisognerebbe avere un fondo secondario cui accedere per comperare qualche sacco in più di cemento quando lui non ce li vorrà fornire, o per pagarci il tetto, perché la situazione è questa. Fausta è disperata dal suo modo di fare e ci ha addirittura detto scherzando che il pavimento piuttosto ce lo paga lei, ma noi in effetti dipendiamo solo da lui: e lui è una persona mentalmente abbastanza instabile. Oggi davo il bianco al Centro provvisorio (speriamo che sia tale) dell ex-tabacchificio, e speriamo per la settimana prossima di aprirlo, così potrò dedicarmi al centro da costruire, il cui inizio dei lavori è stato fissato per lunedì. Vedo che non sono l unico a trovare strani alcuni comportamenti del padre e questo mi conforta. In realtà fino alla settimana scorsa era tranquillo e scherzava parecchio, vorrei dire che magari è solo un momento che gli fa fare così, ma c è Fausta a smentirmi. Venerdì 14 novembre 2008 Quando ero in Italia facevo il volontario nel Palazzo Reale di Torino perché ero e sono orgoglioso di poter mostrare la sua bellezza a chi non lo conosce e non ne può quindi apprezzare la Storia, che lì ha vissuto; facendo questo ricordavo il mio professore di Storia dell Architettura che nella mia prima lezione universitaria, il 20 settembre 2001, si interruppe e ci disse che capiva che sembrava strano parlare di arte in quel momento storico, nell incertezza del futuro, ma credeva fermamente che è la Bellezza che può salvare il mondo. L Italia ha bisogno di questo, nonostante la sua ricchezza e proprio per la sua poca memoria. Mica si può tutti stare in Africa, anzi: penso piuttosto che da noi ci siano bisogni diversi che non vanno sottovalutati, e che possono concorrere ad educare le persone e a lasciare così un mondo migliore. Martedì 18 novembre 2008 Il giorno prima del mio compleanno ero arrabbiato perché non mi funziona la presa del computer, ma bisogna guardare il lato buono delle cose: Simona ha la mia stessa presa e quindi ce la dividiamo, e poi ho scoperto che non è il trasformatore a non funzionare, ma solo la spina.

22 Sono stanchissimo perché stiamo scavando le fondazioni del mio edificio (questa volta è veramente mio) e ogni giorno ci sono problemi. L ultimo è che manca l acqua; ma io non mi perdo d animo, ho già deciso di dividere i miei operai e tre di loro domani scaveranno la buca per posare i tubi e per settimana prossima speriamo di poter fare i cordoli di cemento (senz acqua sarei bloccato). Ho scavato anch io con loro, ovviamente, e questo mi ha distrutto e leggermente abbronzato. Oggi facevo una fatica doppia per ogni spalata o zappata, quindi ho fatto il direttore dei lavori e giravo per controllare che gli operai lavorassero. Questo impegno mi fa mancare meno casa, seppure ogni volta che ci pensi me la immagino come un posto felice, dove posso stare tranquillo a gironzolarci, andare in camera mia, al frigo e insomma fare le solite cose. Del resto in questi anni l ho vista così e non ho prospettive future di partire, come invece le avevo in passato, e quindi me la ricordo e desidero come il posto per riposarsi. Una volta invece mi sentivo sempre come se prima o poi me ne sarei dovuto andare a fare quest esperienza. Giovedì 20 novembre 2008 Sul cantiere, non potendo fare delle prove di alcun tipo, ho mischiato la terra locale abbastanza ricca di argilla (ma ora farò la prova della sedimentazione in bottiglia per avere dati più precisi) con uguale parte di sabbia e il 10% di cemento (9 secchi di sabbia, 9 di terra, 2 secchi, cioè un sacco da 50 kg, di cemento) e ciò che ne è venuto fuori mi sembra di ottima consistenza, anche se è stato criticato perché secondo un capomastro ci vuole molta più sabbia. Credo però che non abbiano capito che volessi stabilizzare la terra, ma pensavano volessi fare del cemento. Alla fine il mio capomastro ha usato un impasto di terra (ma senza sabbia) per legare i blocchi di granito delle fondazioni; l ha fatto per 40 cm, io gli ho fatto aggiungere 20 cm con quest impasto e farò mettere cemento e sabbia per i rimanenti 10 cm, che non sono interrati. Poi nel bordo dello scavo farò versare un impasto molto fluido di cemento in modo da riempire gli interstizi: credo che con i mezzi e i costi del materiale locali sia il meglio che si possa fare. Venerdì 21 novembre 2008 Un tipo mi ha tirato un martello sul piede l unico giorno in cui non avevo le scarpe antinfortunistica: un ottimo spot per ricordarmi di usarle sempre. A differenza dell Italia, qui non piove ancora e fa un caldo soffocante. Sono scottato e c ho

23 l abbronzatura triste da muratore, con il segno bianco della maglietta a maniche corte... Sabato 22 novembre 2008 Ho ricontrollato oggi l impasto di cemento e terra preparato giovedì e mi sembra resistente; ovviamente qui non si possono preparare dei provini e ci si deve affidare alle proprie sensazioni, laddove anche l esperienza difetta. Ecco invece come ho fatto le fondazioni: agli angoli e alle intersezioni dei muri i blocchi di granito sono stati legati con malta composta da 15 secchi da 20 litri di sabbia e un sacco da 50 kg di cemento (corrispondente a 2 secchi); nel resto della fondazione i blocchi sono stati legati da - 0,60 a - 0,40 m con terra argillosa mista ad acqua, su cui devo fare la prova della sedimentazione per saperne con più precisione la composizione; da - 0,40 a 0,00 m ho fatto preparare un impasto con 9 secchi di sabbia, 9 secchi della terra di cui sopra, 2 secchi di cemento (un sacco da 50 kg); in questo modo la sabbia è comunque almeno al 40% più quella contenuta nei secchi di terra; poi c è l argilla e il limo contenuti nella terra argillosa e infine il 10% di cemento; da 0,00 a +0,10 strato di malta cementizia, di nuovo nel rapporto 7,5 : 1 tra sabbia e cemento; negli interstizi laterali alla fondazione cioè nel resto dello scavo vorrei ora far gettare un impasto di cemento e sabbia molto fluido, in modo da riempire lo spazio e proteggere l impasto di terra sottostante. Tutta la fondazione è larga 50 cm; deve sorreggere un cordolo armato di 20 cm sul quale poggerà una muratura di mattoni a due teste. La costruzione sarà di un piano. Mi sono permesso di fare la fondazione più bassa (40 cm) laddove i muri non sono perimetrali. Il terreno è sabbioso, ma diventa consistente già una ventina di cm sotto. Ora cercherò di capire se con questi mattoni solo parzialmente cotti basta una malta composta di terra, sabbia e cemento o se è meglio una più normale. Lunedì 24 novembre 2008 We can! Stasera piove come ho visto poche volte in vita mia e non accenna a smettere. Speriamo che la stagione delle piogge non arrivi in anticipo. In tanti dall Italia mi chiedono come sia

24 stato vissuto qui il gran giorno delle elezioni del presidente degli Stati Uniti: sono stato strafelice della vittoria di Obama, l avevo anche visto fare il discorso in diretta (qui era mattina presto e allora io mi trovavo a Dar es Salaam) e con noi c erano altri cooperanti italiani con le lacrime agli occhi. E anch io mi sono emozionato, seguivo Obama dalla convention di Kerry del 2004 e i giornali dicevano che chissà, magari, un futuro... e nessuno ci credeva davvero. E ora eccoci qui, a sperare che cambi le cose. Qui in Tanzania ne sono tutti felici perché è nero, ma credono pure che lo ammazzeranno presto: un modo di pensare figlio dell abitudine a cambi di governo più traumatici del nostro e a una violenza a noi (quasi) sconosciuta anche se va detto che rispetto ad altri la Tanzania è un paese piuttosto tranquillo. Seguire il cantiere e cambiare continuamente il progetto mi stanca ma mi affascina, cerco di mettere in pratica qualcosa che ho studiato, qualcosa invento e molto osservo: una bella scuola, sicuramente. Padre Tarcisio l altro giorno mi ha detto «canaglia! sarai anche un bravo architetto ma a livello pratico fai proprio schifo»: il che è vero perché dovevo dipingere una porta e gli ho proposto la pittura a calce (per la cronaca: si doveva usare lo smalto). Martedì 25 novembre 2008 Mentre ero sul cantiere che stavamo facendo le fondazioni mi è venuto il dubbio sulle quantità di cemento da mettere nell impasto di terra (non si può usare solo cemento perché un sacco da 50 kg costa scellini e - tanto per dare l idea - il giornaliero di un operaio è di Tsh) e visto che avevo in memoria sul cellulare solo il numero del prof. Canavesio ho fatto che chiamarlo direttamente! Non so se lui si ricordi di me, ma gli ho detto brevemente che ero in Africa e quello che volevo sapere. Da allora siamo in contatto via mail e ora ho qui sul tavolo davanti a me una bottiglia piena di acqua e di terra, e sto aspettando per capirne la composizione. Mi potrebbe servire per sapere come fare la malta, se con un rapporto 3:1 sabbia-cemento, oppure se farla bastarda con la calce (che dovrebbe costare di meno) o, appunto, con la terra. Per il pavimento ho pensato a questa stratigrafia: terra, poi sacchi di plastica del cemento legati insieme per impermeabilizzare, poi terra, poi mattoni, poi gettata di cemento. Ieri ho affrontato il tetto e mi sono studiato le capriate da far fare nel portico, oggi la fossa settica e la possibilità di farne una a perdere. Le famose bottiglie tra i mattoni le vorrei mettere su una parete, leggermente sporgenti, in modo da riprendere le costellazioni che c erano nel cielo la notte in cui abbiamo cominciato i lavori (devo decidere se mettere le costellazioni dell emisfero australe o boreale, non so).

25 Padre Tarcisio da questo progetto si è tirato fuori e, non mettendo soldi, mi lascia libertà e anche responsabilità nuove, perché per trovare i materiali mi lascia un po da solo. Forse è meglio, gestisco operai e cantiere oltre alla progettazione e lavoro anche con loro: alla fine mi sembrerà tutto più mio. Domenica 30 novembre 2008 Riempire la vita di impegni è spesso cercare di riempire un vuoto, come se questo fosse qualcosa di negativo: lo è se c è mancanza di interessi, se il vuoto è un modo di sentirsi. Ma non è meno sbagliato fare molte cose per nascondere il fatto che un certo vuoto nella felicità, com è normale che sia nella vita esiste sempre e non si può colmare. Qui lavoriamo, anche molto e rimanendo con poco tempo da dedicare a noi stessi, però non possiamo impedirci di confrontarci col vuoto che ci circonda: che è prima di tutto fisico (perché non c è nulla e si è lontani da tutto), ma anche mentale e culturale. Quando la sera vado a cena attraverso un largo cortile per andare nella casa di padre Tarcisio e Fausta, e all orizzonte c è la savana, un asilo e le nuvole africane. Penso al fatto che il cielo e le persone le ho anche a casa mia a Torino, ma le guardo distrattamente; qui devo affrontare il paesaggio e le persone con cui lavoro e questo me ne fa apprezzare di più la complessità,

26 mi fa pensare di meno a me stesso nonostante avrei comunque più tempo per farlo, e allo stesso tempo mi aiuta a cambiare (spero in meglio) nel mio rapporto con gli altri, con una cultura diversa. Sicuramente ho smesso di tollerare le culture diverse dalla mia: perché si accettano, si apprezzano per alcune caratteristiche, si amano o si odiano in toto se si vuole, ma si accettano sempre: tollerare è decisamente una parola razzista, e quei tanti che in Italia la usano lo fanno senza neanche accorgersene. Qui non mi sono neanche dovuto più di tanto ambientare: ogni posto è diverso dall altro, in alcuni avrai gabinetti puliti e freddezza, in altri ospitalità e sporcizia... l importante è sempre accettare le cose, e vivere così nella normalità da cittadini del mondo. Una volta a casa - tra parecchio tempo, quando accadrà - spero che la frenesia del non sprecare il tempo non prenda anche me ritrasformandomi in una persona sempre di corsa, che non ricorda il vero valore delle cose e deve riempire la propria vita di impegni, come se cercare di viverla al meglio non fosse già abbastanza. Domenica 7 dicembre 2008 Devo ammettere che della prova di sedimentazione della terra usata nella costruzione di Wanging ombe non ne ho capito i risultati: sembra che ci sia solo argilla, di una granulometria abbastanza uniforme, e delle particelle rimangono comunque sempre in sospensione nell acqua. Non ho messo tondini di ferro nelle fondazioni perché ci sono nel sovrastante cordolo, che è alto 18 cm e largo 30: i ferri sono di 10mm di diametro e con le staffe i 4 tondini formano un rettangolo di 9 x 18 cm circa. Qui ho un po più usato il cemento (se ne fa parsimonia perché un sacco da 50 kg costa come 30 ore di lavoro di un operaio...), quindi il rapporto è stato 6 : 4 : 2 tra sabbia, inerti e cemento, e il risultato mi ha molto soddisfatto. Credo che replicherò il risultato del misto terra/sabbia/cemento che avevo fatto nelle fondazioni anche lo per fare la malta per la muratura. Lunedì 8 dicembre 2008 Oggi padre Tarcisio ha detto ai miei operai di non usare più cemento ma solo il fango perché il prezzo è salito visto che la fabbrica di Mbeya è chiusa per la cronica mancanza di elettricità. Ovviamente appena se n è andato ho detto loro di fare il contrario, ma appena mi becca me ne dirà parecchie (e meno male che il cemento lo paghiamo noi!). Ci ha anche dato mattoni di 3 dimensioni diverse... e facendoli pagare 30 Tsh (o 25, quando è di buon umore) ce li fa pagare il doppio di quello che sono al mercato, cioè 15 Tsh. Ieri gli ho detto che uso solo i mattoni da 24 cm e gli altri li uso per i pavimenti e quelli avanzati se li riprende lui. Era di buon umore e ha detto che va bene. Oggi mi ha detto che non va bene perché è uno spreco. Domani chissà che dirà. Comunque tutto bene, oggi abbiamo cominciato le murature d angolo. Giovedì 11 dicembre 2008 Non è che si sia cominciato nel migliore dei modi, questa giornata. Ho sentito le campane delle 6 del mattino ma mi sono perso quelle delle 6.30 e alle 6.45 la sveglia non ha suonato. Per la prima volta in due mesi Simona non ha bussato alla porta per chiedermi se andavamo a colazione insieme, lo ha fatto quando erano già le 7.15; quindi di corsa mi

27 sono buttato a mangiare pane e zucchero (mi prendono tutti in giro per questo), bere tè e buttar giù un paio di banane nane. A tavola parlavano di un impresario italiano oggi in pensione, che ha 67 anni e ha sposato (cioè ha pagato la dote) di una ragazza che ha conosciuto qui da Fausta e Tarcisio facendo il volontario, e che ha 28 anni (sì, sono 39 anni di differenza...). I discorsi erano sul fatto che non parlano la stessa lingua (e qui si fanno commenti su che altra lingua parleranno, con padre Tarcisio che ride forte in sottofondo) e che per ora vivono in una specie di convento di suore, che gli impediscono di dormire insieme. Poi pare che lui debba tornare in Italia (lì ha una moglie con cui è separato e due figlie) per un operazione e quindi la ragazza - ormai compromessa perché sposata e comunque senza sostentamento - non si sa che fine le faranno fare, per cui Fausta le ha detto che può ritornare qui quando vuole a Ilembula. Ho riso un po sui commenti a questa Beautiful africana, che ogni tanto ci distrae un po, ho fatto benzina alla macchina con la tanica (il distributore è a 40 km) e sono andato a lavorare. Al lavoro mi pare che comincino a rispettarmi poco: Oggi Doto era mezz ora in ritardo, gli ho fatto segno sull orologio (che non ho) ha sbiascicato pole (scusa) e si è girato a parlare con gli altri. Bene, sabato gli pagherò un ora di lavoro in meno, ma questo ancora lui non lo sa. Poi alle uno degli operai s è messo a raccogliere legna per il fuoco; già una volta mi avevano detto che la preparazione del chai non fa parte della pausa, ma con sta cosa hanno cominciato con l approfittarne e uno si imbosca sempre con la scusa di dover preparare. Gli ho detto: «Kosta, unafanya nini? sasa unafanya kazi, punzica ni badaye, saa saba!» che vuol dire (nel mio pessimo swahili) «Kosta, che stai facendo? Ora lavori, la pausa è dopo, alle sette (che sarebbero l una)» lui sembrava non crederci, gli è sfuggito uno sguardo con quello che è arrivato in ritardo ed è tornato al lavoro. Non penso di essere tanto stronzo, è che se non gli stai dietro ce n è sempre uno o due che stanno con le mani in mano mentre magari lavoro io. Allora comincio a dirgli (non chiedo neanche più per piacere): «Imanuel! Metti i mattoni nell acqua. Doto! Fai del cemento. Tu! Raccogli il cemento da terra» e così via. Oggi mi sono distratto un attimo e il cemento era finito, e quindi per mezz ora s è fermato il cantiere in attesa che lo rifacessero. Io per non innervosirmi a quella perdita di tempo me ne sono andato nell edificio che ho ristrutturato (leggi: imbiancato con la calce), dove Simona sta con i bambini disabili. Prendo in braccio Joyce, la più carina, e sento che se l è fatta addosso e che mi bagna tutto il braccio... Bha, ormai a ste cose non ci faccio quasi più caso. Sono arrivate a trovarci Francesca e Daniela, perché oggi era il loro giorno libero. Erano stupite e contente del cantiere, pensavano fossimo più indietro. Abbiamo infatti finito gli angoli della costruzione: sono dei cumuli di mattoni a triangolo, dove la malta è in cemento e servono per rinforzare, mentre il resto della costruzione avrà

28 una malta che sarà di cemento e terra per risparmiare. Poi avendo gli angoli si possono tirare i fili e quindi fare il resto di muri. Dovremmo da ora procedere più in fretta. Su consiglio di Prospa ho assunto un nuovo fundi, cioè un altro capomastro oltre a Tito, che avevo già. Anche lui verrà pagato 500 tsh in più degli altri al giorno. L acquisto - di cui avevamo bisogno - è stato soddisfacente: è moto più veloce di Tito, seppure un po più impreciso, e ora procediamo più alla svelta con i mattoni. Il problema del cemento è che effettivamente non ce n è, da Makambako a Iringa a Mbeya, tanto che a Njombe i lavori che devo seguire lassù sono bloccati. Padre Tarcisio il cemento ce l ha ma i cantieri aperti ce li ha anche lui, quindi non ce lo farà certo pagare ancora Tsh, quando fuori i prezzi saranno aumentati a dismisura. Avremmo dovuto prenderlo prima e stoccarlo, ma la cosa più ovvia è che lo faccia padre Tarcisio nei suoi container. Col fatto che ora ci ha vietato di usarlo (ma noi lo useremo lo stesso) prima o poi ce lo toglierà o diverrà una belva perché lo abbiamo sprecato. Tra l altro la tanica di benzina che avevamo comprato noi se l è fatta fuori lui dicendo che era lui che l aveva riempita... La fossa settica (che secondo un volontario appena arrivato andrebbe fatta a 7-8 metri dall edificio, e io l ho fatta a 2,5 m) mi sono beccato le sue urla perché lui le fa attaccate alle fondamenta degli edifici, perché se no si spreca lo spazio (e intorno al centro c è nulla! e per km e km...) Nell ultimo mese non sono più andato all NDO a Njombe, perché: una volta non c ero io, una volta chiamo il giorno prima non ricevendo informazioni e mi dicono di non andare, una volta non mi chiamano per nulla e io faccio finta di niente perché ho altro da fare, una volta gli si rompe la macchina a Mtwango mentre vengono (?) e l ultima volta finalmente ci sono andato. Ovviamente li ho dovuti chiamare io per sapere se stavano venendo (erano già le 9.20 e mi assicurano di sì) e dopo mezz ora l autista era ancora a Mtwango (ci sarà una maledizione da quelle parti?). Arrivo a Njombe verso le 12 e mi fanno aspettare un quarto d ora nonostante li abbia chiamati per sapere dove sono e che devo fare. Arrivano e mi danno appuntamento per le 2 perché è l ora del pranzo. Alle 2 devono cercare la macchina, poi sto su mezz ora sul sito, torno per discutere del progetto e non c è nessuno con cui farlo. Poi il vescovo mi dice se posso aspettare ancora un po perché la macchina la vorrebbe lui. Poi aspetto ancora perché vanno tutti via non so dove e mi lasciano in ufficio: torno a casa alle 6.30 dopo aver fatto mezz ora di visita al cantiere e per il resto aver solo aspettato. Capisco i ritmi africani, ma qui mi sembra che nonostante la simpatia di padre Innocent e la gentilezza del vescovo, io lì sia assolutamente inutile. Peggio: mi sembra di essere un peso, e che tutte le loro manifestazioni di scusa e ringraziamenti non facciano altro che sottolinearlo. Sanno che sono una sorta di spia e solo per questo mi devono sopportare, ma non solo non mi facilitano il lavoro, ma a volte penso non abbiano interesse alcuno che io vada lì. Io, con tutto il casino del cantiere (tipo padre Tarcisio cambia dimensione alle finestre ogni tre giorni...) e il fatto che gli operai debba marcarli stretti, trovo una perdita di tempo andare lassù. Sicuramente non ci andrò più ogni settimana, anche perché agli operai lasciati soli gli faccio scavare buche perché non saprebbero comunque leggere il progetto, e sono così Tsh al giorno che se ne vanno. Di chiudere il cantiere perché io vado a Njombe non me la sento, in fin dei conti la colpa di non esserci è mia e non è giusto che ci rimettano gli operai. Seguire padre Tarcisio, anche se non avessi l impegno forte del cantiere di Wanging ombe, sarebbe parecchio difficile perché fare programmi con lui non è possibile, li cambia continuamente; poi lui stesso si sta allontanando sempre di più dal cantiere di Ikelu, e la situazione laggiù (tra Dino che s è sposato Maria, le suore che non li fanno più dormire insieme e quindi con lui è impossibile stare; e in generale l aria da smobilitamento che c è, visto che Tarcisio a dicembre lascia il cantiere a se stesso) non mi fa prevedere nulla di buono per l ospedale; sicuramente è il posto dove sono meno utile, un giorno alla settimana

29 non basta neanche per conoscere il nome degli operai e capire che stanno facendo. Vedo che più o meno vanno avanti, un ultimo mzungu arrivato ora come me non credo possa dir loro ormai più nulla. Venerdì 12 dicembre 2008 Oggi è andata via l elettricità e non si sa se ritornerà in serata o meno. Stamattina quando io, Simona e Valeria siamo arrivati al Centro dove loro lavorano (poco più in sotto ci sono io con il cantiere) ci siamo detti che eravamo proprio stufi di finire il lavoro alle 4, andare a casa e pranzare cosicché sono le 5, poi mettersi a lavorare (se c è elettricità) e già alle 7.30 andare a cena. Le giornate passano troppo in fretta, cioè: al mattino sono anche interminabili, per via del lavoro - ormai alla levataccia presto non facciamo neanche più caso - del caldo e dell umidità della stagione delle piogge; al pomeriggio dovremmo lavorare, vorrei fare tante cose, tante effettivamente ne avrei ma non faccio mai in tempo; oppure arrivo e sono stanco e non ne ho proprio voglia. Magari disegno ma dopo poco non c è più luce, perché qui il sole sorge e tramonta alle 6 (di mattino e sera). Così ce ne siamo venuti via all 1 e questo pomeriggio ho un po corretto il progetto. Ormai abbiamo finito gli angoli delle pareti del Centro, domani procediamo con i muri che ci stanno in mezzo. Ho fatto anche fare le aperture delle porte col perimetro dei mattoni, tanto per il piacere di vedere la reale struttura della costruzione. Quando sono arrivato, invece, il panico! C era un mattone che con la pioggia di stanotte si era per metà sciolto, letteralmente. Allora mi viene il dubbio su un mattone che ieri avevo involontariamente scalfito e che era sul muro, lo tocco e... mi si sbriciola tra le mani!

30 Così ho preso il machete (quello con la punta arrotolata, perfetto per tagliare rami) e ho tolto il mattone, rincorrendo poi gli operai che continuavano a mettere questi bruciati e mostrando loro come si sfaldavano al solo tocco. Alcuni sono già nella muratura e non posso toglierli, se vorranno un giorno faranno lo scuci&cuci, perché non tutti i muri sono intonacati. Domenica 14 dicembre 2008 Ieri sera al Kibena Club di Njombe ho stracciato Francesco a ping pong per 3-1, una cosa mai vista (per me). Sul cantiere siamo arrivati a quota un metro per una muratura, e spero di andare avanti spedito con le altre. Padre Tarcisio ha detto anche che la casa dei volontari - già da me progettata in linea di massima - va bene (4 stanze per 10 posti, due bagni, un bagno/ lavanderia, cucina, sala, garage, magazzino) e che potremmo cominciare a scavare le fondazioni. In realtà è grande ma semplicissima, e non credo che riuscirò a farne molti particolari costruttivi, perché questi qui in un attimo si mettono a tirar su muri e non mi lasciano il tempo. Mi sto concentrando di più sul centro già in costruzione e i suoi particolari, visto che ne ho il controllo assoluto e posso farci quel che voglio senza che padre Tarcisio scocci più di tanto. Oggi ho aggiunto una cucina all aperto e altre finestre, mi fa ridere che faccio il disegno e il giorno dopo già lo realizzano. Questo ovviamente comporta che anche la domenica (messa alle 7 del mattino), che sarebbe il mio giorno libero, la passi invece a lavorare. Credo che ciò sia dovuto alla passione per le cose che si fanno, ma comporta che io sia già abbastanza stanco, seppure il tempo passi più velocemente e mi permetta di pensare meno a quanto sia solo quaggiù per certe cose. Fausta mi ha anche aggiunto una nuova casa per 20 persone, che le ho fatto pure questa a grandi linee nel week-end e che stiamo correggendo nella disposizione delle stanze. Lunedì 15 dicembre 2008 Sono ancora inzuppato per la pioggia che mi sono beccato poco fa, quando sono uscito di casa per andare ad azionare la pompa per l acqua, visto che da quando siamo venuti mancava l elettricità e solo da poco è tornata. La giornata è andata abbastanza bene; mi sono svegliato col mal di schiena anche se ieri ho cambiato il materasso (ho una stanza con 4 letti di cui tre vuoti e avevo il materasso peggiore: ora è alto e duro il doppio e neanche ci sta nel letto d ospedale che uso, ma almeno è quasi un vero materasso), poi sono andato sul cantiere e lì ho aiutato poco. Non c è molto bisogno di me (ma devo comunque star lì e mi annoio) e domani non vado neanche, oggi ho assegnato il lavoro e mi prendo un giorno da stare a casa: non ha senso esaurirmi lì al caldo e poi impazzire nel tempo libero per cercare di progettare al computer. A casa ho cominciato a disegnare. È una veduta di Roma, il disegno a matita sta venendo anche abbastanza bene. Martedì 16 dicembre 2008 Devo aggiornare il progetto, per l ennesima volta: è incredibile quante modifiche voglia o debba continuamente fare: cose che mi vengono in mente, problemi tecnici, cambiamenti di qualunque tipo. A volte sembrano davvero delle scemenze e forse lo sembreranno anche dopo fatte, ma a me costa anche solo il pensare di fare una semplice panchina (dove, come,

31 con che materiali, che forma, con quale uso, disponibilità del materiale, e via di seguito) che per chi la vedrà sembrerà soltanto una panchina - come in effetti è. Oggi sono dunque rimasto a casa a fare questo: non solo la panchina, ovviamente, ma anche a cominciare una sezione e fare dei particolari costruttivi della capriata. La corrente sarà mancata 3-4 volte e per la maggior parte del tempo: ho quindi fatto un rombo con dei legni per una decorazione che stanno facendo in chiesa (e mi sono dato una martellata sull indice della mano sinistra), poi in un altra pausa ho cominciato ad incartare gli oggetti comprati e a fare un po di ordine; ho attaccato un foglio grande al muro e vorrei disegnare un incisione su Galileo davanti al Sant Uffizio trovata su un giornale: credo che possa essere esemplificativa del mio rapporto con padre Tarcisio. Mercoledì 17 dicembre 2008 Oggi niente elettricità fino alle 17.30, quindi ho un sacco di lavoro da fare. Simona sta meglio e sembra non avere la malaria, ma all ospedale per il controllo abbiamo dovuto fare qualche coda: 1 - per il tipo che ti deve mandare a pagare (era a prendere il tè, nel questionario ci ha chiesto di che tribù eravamo...); 2 - per pagare; 3 - perché il dottore ti prescriva l analisi del sangue; 4 - per fare l analisi; 5 - per avere i risultati; 6 - per rivedere il dottore che te li spieghi; 7 - per riandare a pagare (ma pure quando si esce? bho!), e tutto con una lentezza esasperante! Stanotte ho avuto l incubo che ieri - che non sono andato al lavoro - i miei operai non avessero fatto nulla: cosa che oggi che ci sono andato si è quasi avverata. Tanto che alle me ne sono andato per non innervosirmi a vedere la loro calma e per venire qui a lavorare al computer. Ma poi padre Tarcisio mi ha detto di accompagnare Simona all ospedale e così la mattinata si è persa, perché da lì finora siamo rimasti senza elettricità. E vabbè, questa è l Africa. Stamattina ho anche accompagnato Valeria a prendere il pullman per Dar, dove stasera arriva il suo ragazzo. Uno che era lì si è accollato e voleva essere pagato per fermare il bus, cose da pazzi. A volte mi innervosiscono alquanto.

32 A proposito di innervosirsi: nel progetto avevo fatto le finestre da 100x100, arriva padre Tarcisio e mi dice che è meglio 100x110, che me le fa così. Vabbé, cambio progetto. Poi le fa e mi dice che sono 110x120. Vabbè, cambio progetto. Oggi mi viene l idea di misurarle (sono già in deposito in cantiere) e sono 120x145! C è una stanza che ha una parete che è solo la finestra! Prima o poi l ammazzo. Giovedì 18 dicembre 2008 Oggi mi son preso tanta di quell acqua che pensavo che mi sarei preso anche qualche malanno. Un temporale pazzesco e noi (io e gli operai) completamente senza riparo - se si esclude quel finto albero che non riparava un bel nulla! Sono andato al centro dove lavora Simona che avevo pure le mutande bagnate, jeans, giacca, felpa e pure la maglietta sotto tutto... abbiamo deciso alle 12 di andarcene, volevo solo vestiti asciutti. Avrei anche voluto cambiare il progetto una volta a casa. Non mi va mai bene e faccio continuamente modifiche, temo sempre che qualcuno lo guardi e dica «tutto qui? tutto sto sbattito per sta cosa? sta grande occasione di fare quello che volevi e te ne vieni fuori con una cosetta così?». Poi sono andato a prendermi la pioggia e il fango al mercato di Makambako, ameno luogo dove il 30 e passa per cento delle persone è sieropositivo o malato di aids... è di transito tra due strade importanti e fa davvero schifo, ma è dove ci sono le pompe di benzina e parecchi negozietti di roba per il cantiere e l elettronica. Sabato 20 dicembre 2008 Oggi ho fatto montare la finestra del cesso del centro, una mia composizione fatta di blocchi di cemento che non mi dispiace affatto. È stato un bel momento, quando gli operai sono riusciti a capirla l hanno apprezzata e il montaggio mi ha svagato un po. Domani ci sarà la recita dei bambini a Ilunda, all orfanotrofio. Staremo lì fino a cena, poi lavoreremo qui a Ilembula fino alla vigilia. Da lì torneremo a Ilunda, faremo il Natale tutti insieme e il 26 partiamo per Dar. Un paio di giorni di mare, il 29 sera l aereo e all ora di pranzo del 30 arriverò a Roma. Avrò tante cose da raccontare, da godermi meglio, che mi sa che non farò e non dirò quasi nulla: lascerò che le cose vengano da sé, con tutti.

33 Lunedì 22 dicembre 2008 Ieri qui è cominciata l estate, mentre è già da qualche settimana che ha avuto inizio la stagione delle piogge. Considerato il tempo che ci dev essere in Italia, non starò a lamentarmene. Il vento che prima ci faceva sentire polverosi un tutt uno col paesaggio arido porta adesso temporali e spazza il cielo per il sole, cosicché la savana è diventata un enorme prato verde. È cominciata la semina nei pressi delle capanne, impegnando tutti, dagli anziani ai bambini. Sulle strade risuona perciò più spesso la frase «pole na kazi» («mi spiace/scusa per il lavoro che fai»), molto più del saluto di «buon lavoro!» («kazi njema») che siamo soliti usare in Italia. I miei operai hanno preso alla lettera questo dispiacere, e per alleviarmelo hanno preso a lavorare persino più lentamente di prima, cosa che reputavo difficilmente possibile. Dopo il problema delle dimensioni delle finestre, il progetto non l ho più cambiato, perché nel frattempo scoperto che non è che uno fa il buco delle finestre e loro fanno le finestre in base al buco (e questo l avevo capito); e neanche fanno le finestre e tu fai il buco sulle misure. Troppo semplice... Loro ti danno la finestra già fatta, tu la metti e gli operai ci costruiscono il muro intorno. Io non credo che anche a Renzo Piano queste cose capitino, anche se mi piacerebbe. Per il resto la vita scorre come la solito, cioè lentamente. La mattina mi svegliano le campane della missione e il cigolio dell aratro trainato dai buoi: la prima campana suona alle 6 ma il contadino comincia ad arare anche prima, davanti alla mia finestra. Lunedì 19 gennaio 2009 Ho appena usato la lozione al beta carotene datami da mia madre, perché è bastato un giorno in cantiere e mi sono quasi scottato. Meno male che sarebbe la stagione delle piogge! Qui sono piuttosto preoccupati perché non sta piovendo quanto dovrebbe e già molte piantine appena nate cominciano ad afflosciarsi. Anche se contro il mio interesse di impresario edile, spero per loro che piova, altrimenti rischiano il raccolto. Venerdì 23 gennaio 2009 Mi lascio sempre un po prendere dalla nostalgia. Non so che sia, dev essere l aspetto psicologico dei tanti mesi messi insieme che mi sembra ingigantirmeli; poi questi tre giorni senza luce e portatile mi sono sembrati interminabili, ed era anche la mia prima settimana di lavoro. Niente musica, mail, lavoro, film e così via. Pure leggere era difficile, la sera con la pila. Le giornate stanno andando lente, ma il lavoro procede più o meno col cronoprogramma che mi sono fatto. Dico agli operai cosa fare e spesso al pomeriggio me ne vado. Oggi ho sgridato il capo e l altro capo l ha giustificato; dopo un po è anche venuto a dirmi che quello è uno bravo nel suo lavoro. Credo perciò che il primo si fosse offeso, e un po mi è dispiaciuto. Nella mia mente mi sono immaginato che Tito ni fundi sana potesse anche significare che quello è un muratore vero, come a dire che non posso permettermi di criticarlo. Effettivamente lui avrà sui 45 anni, io ne ho 26 e nessuna esperienza in questo campo, e quindi alla fine mi sono pure sentito un po in colpa, nonostante all inizio avessi pure intenzioni bellicose, come farli rimanere fino a sera. L elettricità a Ilembula non ce l abbiamo avuta per 3 giorni, se continuava così dovevo chiudere il cantiere o ritardare i lavori perché non sapevo neanche più le misure di quello che dovevo fare. Sono un occidentale di merda, direbbe Stefano se fosse qui. Comunque mi sto prendendo delle mezze giornate libere dal cantiere del Centro, perché per fare tutto

34 quello che dovrei non ci riuscirei neanche se le giornate durassero il doppio e ci fosse l elettricità per la metà delle ore (che sarebbe già tanto). Alcune idee per il progetto, che mi piacciono e lo renderebbero più carino, poi si scontrano con la realtà, la mancanza di mezzi, di materiali adeguati. Peccato. Sul Centro grande ancora da progettare non ho fatto nulla, né modifiche né niente perché non potevo: padre Tarcisio sparerà delle cifre alte sul costo su mia richiesta, possibilmente verosimili, ma dall associazione di Roma non mi devono stare a rompere con quanto costa la trave di legno o il chiodo perché tanto non lo sa nessuno. Ad esempio il centro di Simona costava scellini, noi abbiamo messo per andare sul sicuro e con il rincaro dei prezzi padre Tarcisio prevede che costerà sui Tsh: ecco l attendibilità. Domenica 25 gennaio 2009 Ho la spalla che mi fa male, tutto il giorno sono rimasto al computer a lavorare sul Centro grande e questo è il risultato più significativo. Ora sono giunto al momento in cui sono stufo e lascio perdere, anche perché padre Tarcisio mi ha fatto le sue correzioni (mi sembra di essere al università) e per ora non ho voglia di seguirle. I rapporti con lui vanno discretamente bene, non so quanto apprezzi il mio lavoro o quanto apprezzi di più il fatto che non gli sto rompendo troppo le scatole. Simona e Valeria questo fine settimana sono andati dagli altri a Ilunda, io ci sono andato sabato sera a cena ma poi me ne sono tornato a casa. Per fortuna qui con me e Simona c è anche Valeria, una ragazza che mi piace davvero tanto, simpatica, con cui posso parlare anche di cose serie; con il suo ragazzo (che ho conosciuto qui quand è venuto a trovarla) è stata in India e anche lei la ama molto. Vorrebbe tornarci con lui, e ieri parlavamo giusto di questo fare i viaggi insieme a chi si ama e fermarsi a fare i volontari da qualche parte, ora o da sposati, lasciare tutto, partire: ci siamo ripromessi di affrontare meglio questo discorso. Domani torno in cantiere, stiamo facendo le piattabande delle porte - che alla fine ho fatto allargare - e cominceremo a fare i cordoli in alto. Per i pilastri m è venuto in mente di far ruotare i blocchi di cemento ad ogni fila in modo da dargli un aspetto tortile. Chissà se staranno in piedi! Lunedì 26 gennaio 2009 Da quando vivo qui ho potuto sperimentare col lavoro ciò che per anni avevo letto e studiato sulle soluzioni architettoniche applicabili nei paesi in via di sviluppo, per migliorare le condizioni di vita della popolazione locale. Verifico ogni giorno in cantiere che cosa significhi lavorare senza mezzi a motore né elettricità, con personale non specializzato: se chiedo di realizzare un muro devo verificare come verranno posti in opera i mattoni e mettere in mano al muratore la livella; se chiedo che si faccia un cordolo devo controllare che la cassaforma non sia imbarcata e la costruzione storta. Le molte idee che pure avrei o le soluzioni suggerite dai libri si scontrano continuamente e inevitabilmente con la mancanza di mezzi e materiali adeguati. Martedì 27 gennaio 2009 Oggi ho accompagnato a casa Tito, uno dei muratori, perché gli si era rotto un attrezzo

35 per piegare i ferri dell armatura del cemento e ne doveva prendere un altro. E così mi sono trovato a navigare (perché la macchina non la guidavo, ma la portavo come un bastimento tra i marosi), in mezzo alla savana, a un chilometro e più dalla striscia di strada asfaltata, girando e rigirando tra i campi coltivati, con capanne ogni 400 metri. All ennesima svolta mi sono fermato e gli ho detto che la macchina non ce l avrebbe fatta, ma lui mi ha ribattuto entusiasta che la strada era bella e potevo proseguire. E così sono andato a slittare su un sentiero di circa 40 cm di larghezza, con fossi a entrambi i lati, con le ruote che scivolavano sulle zolle dei campi da poco dissodati, schiacciando il mais (ma Tito, sempre più entusiasta, mi diceva che non importava), rigando la macchina contro cardi, piante spinose e cespugli, fino ad arrivare alla sua casa. È in una posizione incantevole, leggermente rialzata e circondata da campi coltivati, fatta in mattoni e fango. Mi ci ha fatto fare un giro ed era felicissimo, ogni volta che gli dicevo che mi piaceva cominciava a ridere e si piegava in due dalla contentezza, ripeteva quello che dicevo come a prolungare la gioia delle mie parole. Poi mi ha portato tra le sue piante, ne ha sradicata una e mi ha offerto un tubero che non ho idea di cosa sia, me l ha sbucciato e l abbiamo diviso. Appena fuori dalla strada principale cambia davvero tutto, gli spazi diventano enormi e le distanze incolmabili; persino il paesaggio è diverso. Credo di essere stato il primo bianco a raggiungere quei luoghi, sicuramente il primo a farlo in macchina. E questo evidentemente inorgogliva Tito, che mi ringraziava con i suoi «asante, bwana!», grazie signore. Tornato in cantiere ho detto a tutti che la casa di Tito era bella e grande, per farlo felice. Effettivamente è carina, con un patio su cui ha costruito la sua nuova dimora, volendo lasciare la vecchia ai suoi cinque bambini; però non ha il tetto, e mi ha spiegato che lavora da me in modo da pagarselo. Poi padre Tarcisio è venuto a insultare il mio lavoro, come non faceva da un po. E io non l ho ascoltato, a rischio della vita. Infine ha piazzato la casa volontari a 10 metri dal centro, nonostante le mie proteste. Non ci sarà più il bel panorama che c era ora dalla finestra. Per il progetto del Centro grande ho seguito le indicazioni di Tarcisio... non tutte ovviamente.

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