Odontotecnico e un odontoiatra indagati per esercizio abusivo della professione.

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1 Odontotecnico e un odontoiatra indagati per esercizio abusivo della professione. a cura dello Studio Legale Campanelli Ribadita la responsabilità penale, a titolo di concorso, del soggetto abilitato che aiuti chi svolga abusivamente la professione. La Corte Suprema di Cassazione ritorna ad esprimersi con una nuova sentenza sull esercizio abusivo delle professioni regolamentate, riaffermando un principio già consolidato, che estende la responsabilità penale al di là del singolo soggetto che svolga attività riservate in assenza di regolare abilitazione. REPUBBLICA ITALIANA IN NOME DEL POPOLO ITALIANO LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE SEZIONE SESTA PENALE Presidente: CONTI GIOVANNI Relatore: CORBO ANTONIO Ha pronunciato la seguente: Sentenza n dep. il 31 maggio Ritenuto in fatto

2 1. Con ordinanza emessa il 23 novembre 2015, il Tribunale di Roma, in funzione di giudice dei riesame avverso provvedimenti cautelari reali, ha confermato il decreto di sequestro preventivo di due stanze adibite a studio medico, con relative apparecchiature, nonché di farmaci, strumenti, agende relative agli appuntamenti, agende telefoniche, radiografie e cd, nei confronti di A.D.G. e S.M., in quanto indagati per il reato di esercizio abusivo della professione di odontoiatra da parte dei secondo, odontotecnico, nello studio nel quale opera primo, regolarmente autorizzato. A fondamento della decisione impugnata, il Tribunale dei riesame ha richiamato, in particolare, le dichiarazioni di due persone che, sopraggiunte presso lo studio all atto dell ispezione dei Carabinieri del N.A.S., avevano riferito di essere stati già curate in passato dal M. per alcune carie, e che tale attività è istituzionalmente riservata ad un medico odontoiatra. 2. Ha presentato ricorso per cassazione avverso la precisata ordinanza l avvocato Edoardo Polacco, quale difensore di fiducia del D.G. e del M., sviluppando due motivi. Nel primo motivo, si lamenta vizio di motivazione perché meramente apparente ed inidonea, nonché violazione di legge per mancanza di gravi indizi di colpevolezza ed omessa valutazione degli stessi. Si deduce, in primo luogo, che l ordinanza impugnata ha trascurato che il M., all atto dell intervento dei Carabinieri, non era intento a medicare pazienti, e che le sedie per le cure dentistiche ubicate nelle due stanze erano collegate alla rete elettrica, ma spente, e che, quindi, elemento sussiste a carico dei D.G.. Si osserva, poi, che meramente apparente è la motivazione quando afferma che «le prospettate esigenze di cura dei pazienti dei dr. D.G. potranno essere adeguatamente salvaguardate presso altre strutture e con altre modalità». Si rileva, inoltre, che il Giudice per le Indagini Preliminari ha esteso l oggetto dei sequestro al di là della richiesta del Pubblico ministero, limitata alle sole stanze e non anche alle agende ed alle radiografie. Si rappresenta, infine, che il materiale radiografico sequestrato consiste non in lastre, ma in ortopanoramiche, mentre l apparecchio in sequestro è idoneo a scattare

3 lastre non ortopanoramiche. Nel secondo motivo, si lamenta vizio di motivazione violazione di legge, per essere il reato di cui all art. 348 cod. pen. ormai depenalizzato per effetto dei d.lgs. del 16 marzo 2015, n. 28. Considerato in diritto 1. II ricorso è fondato limitatamente alla parte in cui lamenta che l oggetto dei sequestro è stato illegittimamente esteso anche alle agende ed alle radiografie. 2. Manifestamente infondato, innanzitutto, è il secondo motivo di ricorso, il quale deduce l avvenuta depenalizzazione del reato di esercizio abusivo della professione per effetto dei d.lgs. 16 marzo 2015, n. 28. E sufficiente osservare che il d.lgs. appena citato non ha previsto alcuna depenalizzazione, ma ha introdotto la causa di esclusione della punibilità per particolare tenuità del fatto. Rilevata la mancata depenalizzazione dei reato previsto dall art. 348 cod. pen., la censura non può essere intesa nemmeno come richiesta di applicazione dell istituto di cui all art. 131-bis cod. pen., in quanto, sotto questo profilo, completamente sprovvista del requisito della specificità richiesto dall art. 581, comma 1, lett. c), cod. proc. pen. 3. Infondato, inoltre, e ai limiti dell inammissibilità, è il primo motivo di ricorso nella parte in cui lamenta violazione di legge ed assoluta assenza di motivazione in relazione alla ritenuta sussistenza dei «gravi indizi di colpevolezza» e delle «esigenze cautelari». Quanto al primo profilo, invero, premesso che per l adozione di una misura cautelare reale occorre la sussistenza non di «gravi indizi di colpevolezza», bensì, più limitatamente, del fumus commissi delicti, corretta, ai fini in esame, è la motivazione dell ordinanza impugnata, la quale, dopo aver rilevato che due pazienti sopraggiunti all accesso dei Carabinieri presso lo studio avevano riferito di essere stati curati dal M., ossia l odontotecnico, per alcune carie, ha osservato: «può ritenersi sussistente il fumus del reato di esercizio abusivo della professione odontoiatrica da parte del M., con l evidente corresponsabilità dei D.G., il quale consentiva al predetto l utilizzo delle proprie apparecchiature e delle stanze, nelle quali vi erano anche i propri timbri e i propri ricettari». Da un lato, infatti, è configurabile il reato di esercizio abusivo della professione nella condotta dell odontotecnico che provvede alla cura delle carie, atteso quanto dispone il secondo periodo dell art. 11 del r.d. 31 maggio 1928, n. 1334, secondo cui E in ogni caso vietato agli odontotecnici

4 di esercitare, anche alla presenza ed in concorso dei medico o dell abilitato all odontoiatria, alcuna manovra, cruenta o incruenta, nella bocca dei paziente, sana o ammalata (cfr. Sez. 1, n del 11/02/1997, De Luca, Rv ). Dall altro, poi, è principio consolidato, che questo Collegio condivide, quello secondo cui risponde a titolo di concorso nel delitto di esercizio abusivo di una professione il professionista abilitato che consenta o agevoli lo svolgimento di attività professionale da parte di soggetto non autorizzato (così Sez. 6, n del 12/05/2015, Curnis, Rv , nonché Sez. 6, n dei 16/01/1973, Baglieri, Rv ). Quanto al secondo profilo, non può dirsi apodittica o inintelligibile o contra legem l affermazione della sussistenza dei requisito dei periculum in mora, sul rilievo che la libera disponibilità di quanto sottoposto a sequestro potrebbe aggravare o protrarre le conseguenze dei reato mediante la reiterazione di analoghe condotte delittuose. 4. Fondato, invece, è il primo motivo di ricorso nella parte in cui lamenta il vizio di ultrapetizione della decisione del G.i.p., per avere lo stesso esteso la misura cautelare oltre la richiesta del Pubblico ministero. Il Pubblico ministero, infatti, non aveva chiesto l adozione del decreto di sequestro per tutto quanto sottoposto a sequestro dalla polizia giudiziaria, ma aveva formulato la sua domanda con riferimento alle stanze, e non anche alle agende ed alle radiografie, che pure erano state distintamente elencate nel verbale redatto dai Carabinieri. Conseguentemente, e per quanto risulta allo stato, le agende e le radiografie debbono essere restituite all avente diritto. 4. Conclusivamente, l ordinanza impugnata deve essere annullata senza rinvio limitatamente al sequestro delle agende e delle radiografie, con restituzione delle stesse all avente diritto, mentre, nel resto, i ricorsi debbono essere rigettati. P.Q.M. Annulla senza rinvio l ordinanza impugnata limitatamente al sequestro delle agende e delle radiografie, di cui dispone la restituzione all avente diritto. Rigetta nel resto i ricorsi.

5 Il direttore di un telegiornale non risponde per l'omesso controllo a impedire il reato di diffamazione. a cura dello Studio Legale Campanelli Il direttore responsabile di un telegiornale non risponde per l omissione dei controlli finalizzati a scongiurare l integrazione del reato di diffamazione, né ex art. 57 c.p., né ai sensi dell art. 30 della l. n. 223/90. La prima norma, infatti, è riferita agli illeciti posti in essere attraverso la stampa periodica, mentre la seconda prevede che le sanzioni dalla stessa introdotte siano applicate a soggetti specificamente indicati (concessionario privato, concessionaria pubblica o soggetto dai medesimi delegato al controllo del programma televisivo). REPUBBLICA ITALIANA IN NOME DEL POPOLO ITALIANO LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE SEZIONE QUINTA PENALE Presidente: VESSICHELLI MARIA Relatore: MORELLI FRANCESCA Ha pronunciato la seguente: Sentenza n dep. il 29 marzo 2016

6 RITENUTO IN FATTO 1.1.Viene proposto ricorso avverso il rigetto, da parte del GUP presso il Tribunale di Pescara, della richiesta del PM di revoca della sentenza di non luogo a procedere emessa dallo stesso Ufficio in data nei confronti di A.B. e Di B. A. Luca, imputati del reato di cui all art.30 co.1 e / Premesso che Sisti Silvana aveva sporto una querela per diffamazione in relazione al contenuto di alcune notizie giornalistiche riferibili ad una aggressione di cui era stata vittima, notizie riprese anche nei servizi mandati in onda sul TG3 nazionale e sul TG3 Lazio, era stata formulata richiesta di rinvio a giudizio in ordine all ipotesi criminosa sopra enunciata nei confronti di A.B., direttore responsabile del TG3 Lazio, e Di B. A., direttore responsabile di TG3. Il GUP aveva pronunciato sentenza di non doversi procedere nei confronti di entrambi per non avere commesso il fatto e, successivamente, il PM aveva chiesto la revoca della sentenza avendo proceduto ad una ulteriore attività investigativa che aveva consentito di meglio precisare il ruolo e le funzioni dei due imputati all interno della RAI Con il provvedimento impugnato, il GUP ha rigettato la richiesta di revoca osservando che i reati di diffamazione commessi per il tramite di trasmissioni televisive sono disciplinati dall art.30 co /90 che prevede l applicabilità delle sanzioni di cui all art /48 soltanto al concessionario o alla persona delegata al controllo della trasmissione. I direttori responsabili di un telegiornale o di una testata giornalistica televisiva non sono assimilabili né alla figura del concessionario né a quella del delegato, quindi la norma non sarebbe applicabile nei loro confronti per il divieto di un applicazione analogica in malam partem. 2. Nel ricorso, il Pubblico Ministero presso il Tribunale di Pescara deduce violazione di legge e vizi motivazionali in relazione all errata interpretazione dell art /90 sostenendo che, nell individuazione della persona fisica titolare, in concreto, dei poteri di controllo, deve necessariamente tenersi conto del riparto interno delle funzioni, considerato che, secondo lo statuto RAI, il legale rappresentante, cioè il presidente, non ha specifici poteri cifi controllo sul contenuto delle trasmissioni televisive. In forza delle norme che disciplinano la materia e del riparto di competenze e funzioni all interno della RAI, i poteri di controllo

7 spettano ai direttori responsabili delle testate giornalistiche e, quindi, in relazione al caso in esame, a A.B. e Di B. A.. 3. Il Procuratore Generale ha presentato conclusioni scritte in cui chiede l annullamento del provvedimento impugnato, aderendo alla prospettazione del ricorrente. 4. La difesa degli imputati ha presentato una memoria in cui evidenza come gli atti interni alla RAI a cui il PM ha fatto riferimento nel ricorso e, nello specifico, la qualifica indicata nel protocollo redatto ai fini della 1.231/01, non siano equiparabili alla delega da parte del concessionario. Ai fini dell integrazione del reato di cui all art /90 da parte di soggetto diverso dal concessionario, è richiesta una delega specifica e formale avente ad oggetto il controllo sulle trasmissioni televisive. Si sostiene poi l impossibilità di configurare, nel caso in esame, il reato di cui all art.30 co.1, che si riferisce esclusivamente a trasmissioni avente il carattere di oscenità, ed anche la fattispecie di cui all art.30 co.4, che introduce una sorta di responsabilità per diffamazione dolosa. CONSIDERATO IN DIRITTO 1.1. Il ricorso è inammissibile sotto un duplice profilo L art.434 c.p.p. disciplina le ipotesi di revoca della sentenza di non luogo a procedere limitandole al caso in cui sopravvengano o si scoprano nuove fonti di prova ed è escluso che possano essere ritenute tali le risultanze dell ulteriore attività investigativa espletata dalla PG su incarico del PM e diretta ad accertare i poteri dei due imputati nell ambito dell azienda RAI. Si veda, sul punto Sez. U, n. 8 del 23/02/2000 Rv I nuovi elementi di prova acquisiti dal pubblico ministero successivamente alla pronuncia della sentenza di non luogo a procedere possono essere utilizzati ai fini della revoca della sentenza e della successiva applicazione di una misura cautelare personale nei confronti dell imputato prosciolto, a condizione che essi siano stati acquisiti aliunde nel corso di indagini estranee al procedimento già definito o siano provenienti da altri procedimenti, ovvero reperiti in modo casuale o spontaneamente offerti, e comunque non siano il risultato di indagini finalizzate alla verifica ed all approfondimento degli elementi emersi. 2. Nel merito, l interpretazione accolta dal GUP di Pescara è conforme alla giurisprudenza di questa Corte secondo cui Il direttore responsabile di un telegiornale non risponde per l omesso controllo

8 necessario ad impedire il reato di diffamazione né ai sensi dell art. 57 cod. pen., dettato solo per i reati commessi con il mezzo della stampa periodica, né ai sensi dell art. 30 della I. 6 agosto 1990, n. 223, atteso che le norme speciali previste in questa disposizione in tema di trattamento sanzionatorio e di competenza territoriale per il reato di diffamazione commesso attraverso trasmissioni televisive si riferiscono a soggetti specificamente indicati il concessionario privato, la concessionaria pubblica ovvero la persona da loro delegata al controllo della trasmissione -, né possono trovare applicazione analogica. Sez. 5,n del 06/10/2014 Rv P.Q.M. Dichiara inammissibile il ricorso del Pubblico Ministero. Così deciso il 29 gennaio 2016 Per la Corte Cassazione i blog scritti da un giornalista possono essere sequestrati a cura dello Studio legale Campanelli Può essere sottoposto a sequestro il blog anche se colui che ne cura e pubblica i contenuti è un giornalista iscritto all Ordine. Così ha deciso la Corte di Cassazione, V sezione penale, che nella sentenza n /2016, ha chiarito la questione confermando un orientamento giurisprudenziale delle Sezioni unite n del 29/01/2015. E inutile quindi scrivere, come molti giornalisti e pseudo siti di informazione facevano per sfuggire al reato di diffamazione a mezzo stampa, che Questo blog non rappresenta una testata giornalistica in quanto viene aggiornato senza alcuna periodicità. Non può pertanto considerarsi un prodotto editoriale ai sensi della legge n 62 del

9 La sentenza della Cassazione ha così rigettato il ricorso di un giornalista il cui blog era stato sottoposto a sequestro a causa di contenuti offensivi rivolti nei confronti di una terza persona. La Corte, conferma che, secondo la giurisprudenza delle Sezioni unite, in tema di sequestro di giornali e di altre pubblicazioni, la testata giornalistica telematica, funzionalmente assimilabile a quella tradizionale in formato cartaceo, rientra nella nozione di stampa di cui l art. 1 della legge 8 febbraio 1948, n. 47 e, pertanto, non può essere oggetto di sequestro preventivo in caso di commissione del reato di diffamazione a mezzo stampa. Tuttavia la stessa Cassazione ha precisato che in tale ambito non rientrano i nuovi mezzi di manifestazione del pensiero destinati ad essere trasmessi in via telematica quali forum, blog (ossia «una sorta di agenda personale aperta e presente in rete, contenente diversi argomenti ordinati cronologicamente»), newsletter, newsgroup, mailing list e social network, che, pur essendo espressione del diritto di manifestazione del pensiero, non possono godere delle garanzie costituzionali relative al sequestro della stampa. Questa la sentenza: REPUBBLICA ITALIANA IN NOME DEL POPOLO ITALIANO LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE SEZIONE QUINTA PENALE Presidente: NAPPI ANIELLO Relatore: CAPUTO ANGELO Ha pronunciato la seguente: Sentenza n dep. il 24 marzo 2016 RITENUTO IN FATTO 1. Con ordinanza del 22/10/2015, il Tribunale di Parma ha rigettato la richiesta di riesame proposta da L.B., imputato del reato di cui all art. 595, primo e terzo comma, cod. pen. commesso ai danni di V.M. R.G., avverso il provvedimento di sequestro emesso il 29/09/2015 dal Tribunale di Parma avente ad oggetto l inteso sito intemet

10 2. Avverso l indicata ordinanza del 22/10/2015 ha proposto personalmente ricorso per cassazione L.B., articolando sei motivi di seguito enunciati nei limiti di cui all art. 173, comma 1, disp. att. cod. proc. pen. Il primo motivo denuncia violazione di legge: la richiesta di qualificare il sito sequestrato quale testata giornalistica si fondava sull attività informativa e giornalistica svolta (in linea con la giurisprudenza della Corte Edu) e sulle diverse sezioni e tipologie di contenuti dello stesso, del tutto trascurati dal Tribunale del riesame; il sito sequestrato ha certamente sezioni definibili come blog, ma anche sezioni in cui si svolge attività informativa e giornalistica. Il secondo motivo denuncia violazione di legge: diversamente da quanto affermato dal Tribunale del riesame, nessuno degli articoli riportati dal P.M. a sostegno della richiesta di sequestro preventivo è oggetto della sentenza di condanna appellata dal ricorrente, né avrebbe potuto esserlo trattandosi di articoli privi di eventuale querela. Il terzo motivo denuncia violazione di legge: in ordine alla doglianza relativa all incompetenza per territorio, il Tribunale del riesame non ha considerato la giurisprudenza di legittimità secondo cui il reato di diffamazione attraverso internet è reato di evento che si consuma quando i terzi percepiscono l espressone ingiuriosa e, dunque, quando frasi o immagini lesive siano immesse sul web. Il quarto motivo denuncia violazione dell art. 36, lett. h) cod. proc. pen.: il Collegio del Tribunale del riesame che ha emesso l ordinanza impugnata è esattamente quello che nel dicembre del 2012 si era espresso nella medesima funzione all interno del medesimo procedimento. Il quinto motivo denuncia motivazione apparente circa la sussistenza della condizione di procedibilità: l ordinanza impugnata sostiene, da un lato, che gli ulteriori brani pubblicati successivamente alla sentenza di primo grado sono stati oggetto della sentenza medesima, mentre, dall altro, rendendosi conto della carenza dei presupposti per la procedibilità e della confusione tra continuazione, perpetrazione e reiterazione, afferma che gli stessi articoli rilevano solo ai fini della valutazione del pericolo di reiterazione del reato. Il sesto motivo denuncia violazione dell art. 27 Cost.; pur condannato in primo grado, il ricorrente, che ha appellato la sentenza, deve essere considerato innocente. 3. In data 20/01/2016 il difensore del ricorrente avv. A. Artusi ha depositato memoria con motivi aggiunti.

11 Con riguardo al quinto motivo, la memoria deduce, sotto il profilo dell adeguatezza e della proporzionalità della misura, che l estensione del sequestro ad un intero sito web, specialmente quando consista in un blog di informazione, è ammissibile solo quando non vi sia altro modo per conseguire la finalità preventiva, laddove l ordinanza impugnata risulta priva delle menzionate caratteristiche, tanto più che l estensione era stata esclusa nei provvedimenti di sequestro del 2009 e del Ove la ragione dell estensione debba ravvisarsi nella mera ripubblicazione di scritti asseritamente diffamatori, risulta il travalicamento delle finalità del sequestro preventivo, che ha assunto le caratteristiche della punizione di L.B. per non aver rispettato la ammonizione del Tribunale del riesame del Il sito ospita centinaia di articoli e scritti in varie materie dello stesso L.B. e di altri, sicché non si può sostenere che il sequestro dell intero sito sia l unica tutela necessaria per evitare il ripetersi di pubblicazioni (presunte) diffamatorie. Non può biasimarsi L.B. per avere riportato on line, in buona fede e per un breve periodo, pagine oggetto di precedente sequestro e la notizia della propria condanna in primo grado (con stralci della decisione e del capo di imputazione), posto che una sentenza è certamente accessibile alla collettività. Non viene argomentata l impossibilità di conseguire il medesimo risultato attraverso un vincolo limitato alle sole pagine interessate. Con riguardo al primo motivo, è più ragionevole far riferimento alla natura sostanziale del sito in questione (assimilabile a un periodico on line, piuttosto che a un mero blog), tanto più che L.B. risulta iscritto all ordine dei giornalisti. CONSIDERATO IN DIRITTO 1. Il ricorso deve essere rigettato In premessa, mette conto richiamare, sulla scorta dell ordinanza impugnata e in estrema sintesi, gli antefatti dell adozione della misura reale oggetto del provvedimento che viene all esame di questa Corte. Il 28/05/2015 il Tribunale di Parma ha condannato L.B. per il reato di cui all art. 595, primo e terzo comma, cod. pen. commesso ai danni di V.M. R.G. (e, come rileva l ordinanza impugnata, «accertato a Modena il 25/9/2008 con consumazione in atto») pubblicando nel sito dell imputato scritti dal contenuto fortemente offensivo e denigratorio. Il 03/12/2012, durante il giudizio dibattimentale, il Tribunale aveva disposto il sequestro preventivo dell intero sito, allo scopo sia di far cessare le conseguenze dannose delle condotte illecite già poste in essere dall imputato, sia di evitare la

12 reiterazione di ulteriori reati della stessa specie in danno di V.M. R.G.: il pericolo di reiterazione fu desunto dalla circostanza che l imputato non si era minimamente curato di un precedente provvedimento di sequestro preventivo in data 08/05/2009 relativo alle sole pagine del sito in cui erano pubblicati scritti diffamatori nei confronti della persona offesa, in quanto L.B. aveva pubblicato, su altre pagine del sito, affermazioni offensive, anche dopo l inizio del giudizio. Con ordinanza del 26/12/2012, il Tribunale di Parma confermò la misura cautelare reale relativamente alle pagine del sito web contenenti riferimenti diretti o indiretti a V.M. R.G., disponendo il dissequestro delle altre pagine. Le pagine sequestrate sono state oggetto di confisca con la sentenza di condanna di primo grado. Il 19/06/2015 la persona offesa ha depositato una memoria in cui lamentava che, dopo la sentenza di condanna, L.B. aveva nuovamente pubblicato nel sito gli stessi scritti denigratori per i quali era stato condannato, nonché ulteriori scritti diffamatori nei confronti dello stesso V.M. R.G.. Il Tribunale di Parma il 29/09/2015 ha accolto la richiesta di sequestro preventivo dell intero sito, rilevando, da un iato, che in esso erano stati pubblicati gli stessi scritti oggetto della sentenza di condanna del 28/05/2015 e, dall altro, che i nuovi episodi, sia pure autonomamente rilevanti ai sensi dell art. 595 cod. pen., rivelavano l insufficienza del sequestro parziale al fine di impedire l utilizzazione da parte di L.B. del blog per porre in essere nuovi reati della stessa specie. 2. Il primo motivo non è fondato Le Sezioni unite di questa Corte hanno affermato che, in tema di sequestro di giornali e di altre pubblicazioni, la testata giornalistica telematica, funzionalmente assimilabile a quella tradizionale in formato cartaceo, rientra nella nozione di stampa di cui all art. 1 della legge 8 febbraio 1948, n. 47 e, pertanto, non può essere oggetto di sequestro preventivo in caso di commissione del reato di diffamazione a mezzo stampa, precisando, tuttavia, che, in tale ambito, non rientrano i nuovi mezzi di manifestazione del pensiero destinati ad essere trasmessi in via telematica quali forum, blog (ossia «una sorta di agenda personale aperta e presente in rete, contenente diversi argomenti ordinati cronologicamente»), newsletter, newsgroup, mailing list e social network, che, pur essendo espressione del diritto di manifestazione del pensiero, non possono godere delle garanzie costituzionali relative al sequestro della stampa (Sez. U, n del 29/01/2015 dep. 17/07/2015, Fazzo e altro, Rv ); il concetto di stampa, ha chiarito inoltre Sez. U. Fazzo, definisce il prodotto editoriale sulla base di un requisito ontologico (struttura) e di uno teleologico (scopi della pubblicazione): la struttura è

13 «costituita dalla testata, che è l elemento che lo identifica, e dalla periodicità regolare delle pubblicazioni (quotidiano, settimanale, mensile)», mentre «la finalità si concretizza nella raccolta, nel commento e nell analisi critica di notizie legate all attualità (cronaca, economia, costume, politica) e dirette al pubblico, perché ne abbia conoscenza e ne assuma consapevolezza nella libera formazione della propria opinione»; in questo quadro, hanno osservato le Sezioni unite, «la previsione dell obbligo di registrazione della testata on line, che deve contenere le indicazioni prescritte e deve essere guidata da un direttore responsabile, giornalista professionista o pubblicista, non è un mero adempimento amministrativo fine a sé stesso, ma è funzionale a individuare le responsabilità (civili, penali, amministrative) collegate alle pubblicazioni e a rendere operative le corrispondenti garanzie costituzionali, aspetti questi che, in quanto strettamente connessi e consequenziali alla detta previsione, sono ineludibili» Richiamata puntualmente la pronuncia delle Sezioni unite, l ordinanza impugnata ha rilevato che il sito non risulta registrato come organo di stampa, non presenta alcuna testata o una periodicità regolare nelle emissioni. Osserva ancora il giudice del riesame che si tratta, invece, di un blog, nel quale è assente qualsiasi riferimento a un direttore responsabile, le pubblicazione si susseguono con cadenza del tutto irregolare (a volte anche a distanza di anni), svariati scritti consentono interventi dei lettori in replica o a commento; lo stesso L.B., rileva l ordinanza impugnata, viene definito testualmente giornalista blogger e il sito viene chiamato blog (anche dallo stesso imputato nell articolo pubblicato il 28/05/2015 dal quale è scaturito il sequestro in esame). A fronte della diffusa motivazione del provvedimento impugnato, il ricorrente fa leva sull invocato riconoscimento sostanziale dell attività informativa e giornalistica e sulle diverse sezioni e tipologie di contenuti del sito web, nonché, con il motivo aggiunto, sull iscrizione di L.B. all ordine dei giornalisti: i rilievi, tuttavia, non inficiano le conclusioni del giudice del riesame in ordine alla carenza, nel sito in questione, dei requisiti, così come delineati dalla richiamata sentenza Fazzo, necessari a definire una testata giornalistica telematica, tanto più che gli specifici elementi valorizzati dall ordinanza impugnata (assenza del carattere della periodicità regolare delle pubblicazioni, della testata e della registrazione, oltre alle indicazioni rinvenibili nello stesso sito e negli scritti dell imputato) sono del tutto trascurati dal ricorso, che, sotto questo profilo, risulta privo della necessaria correlazione tra le argomentazioni riportate dalla decisione impugnata e quelle poste a fondamento dell impugnazione (Sez. 4, n del 09/02/2012 dep. 16/05/2012, Pezzo, Rv ).

14 3. Il secondo motivo è inammissibile. Nella sostanza, il mezzo di impugnazione denuncia un travisamento da parte dell ordinanza impugnata laddove ha fatto riferimento alla ripubblicazione dei brani già oggetto della sentenza di condanna: la censura, tuttavia, è articolata in termini generici, in assenza di completa e specifica individuazione degli atti processuali fatti valere (Sez. 6, n del 05/12/2011 dep. 14/03/2012, S., Rv ), tanto più che la stessa memoria depositata il 20/01/2016 menziona l inserimento nel sito di pagine oggetto di precedente sequestro. 4. Il terzo motivo è inammissibile. Premesso che l ordinanza applicativa del 29/09/2015, come si evince dalla stessa, è stata adottata dal Tribunale di Parma in composizione monocratica nell ambito del processo svoltosi nei confronti di L.B. dopo la pronuncia della sentenza di condanna e nella pendenza del termine per l appello, la doglianza è del tutto generica, limitandosi a richiamare la struttura del reato di diffamazione, senza ricollegare ad essa specifiche deduzioni in punto individuazione del giudice competente per territorio, tanto più che, per un verso, nessuna deduzione viene prospettata in ordine alla proposizione dell eccezione di incompetenza per territorio nel giudizio di cognizione e, per altro verso, il Tribunale in composizione monocratica si è pronunciato sulla base della competenza funzionale a provvedere sulla richiesta di sequestro preventivo ex art. 321, comma 1, cod. proc. pen. dopo l esercizio dell azione penale (Sez. 2, n del 12/03/2015 dep. 08/04/2015, De Mari ed altro, Rv ) e, segnatamente, dopo lo svolgimento del giudizio di primo grado. 5. Il quarto motivo è manifestamente infondato, in quanto l eventuale incompatibilità del giudice costituisce motivo di ricusazione, ma non vizio integrante una nullità processuale (ex plurímis, Sez. U, n. 23 del 24/11/1999 dep. 01/02/2000, Scrudato e altri, Rv ), laddove la causa di astensione di cui alla lett. h) dell art. 36 cod. proc. pen. neppure integra una causa di ricusazione. 6. Il quinto motivo è infondato. L ordinanza impugnata ha chiarito che, ai fini della sussistenza della condizione di procedibilità, è sufficiente la querela per la diffamazione accertata con la sentenza del 28/05/2015, posto che la valutazione dei fatti successivi viene in rilievo sotto il profilo della proporzionalità del vincolo reale, ossia dell adeguatezza della misura cautelare adottata rispetto al rischio di reiterazione dei reati; ha aggiunto il Tribunale di Parma che la riproduzione cartacea degli scritti comparsi sul sito dell imputato dopo la sentenza di condanna (allegati dalla parte civile nella sua memoria) dimostra che L.B. ha nuovamente pubblicato

15 gli scritti oggetto della sentenza stessa, il che, per un verso, integra un autonoma condotta illecita punibile in presenza della necessaria condizione di procedibilità e, per altro verso, dimostra che un sequestro solo parziale del sito è inadeguato ad impedire la reiterazione di reati. Ben lungi dal risultare apparente, come dedotto dal ricorrente, la motivazione dell ordinanza impugnata ha congruamente dato atto della sussistenza della condizione di procedibilità, rilevando che il sequestro preventivo è stato disposto con riferimento al reato per il quale è intervenuta condanna, laddove i fatti successivi sono stati valutati al solo fine dell adeguatezza della misura cautelare reale (e, segnatamente, della portata del suo oggetto) Le doglianze proposte con i motivi aggiunti sono inammissibili, perché investono un punto della decisione impugnata quello relativo alla adeguatezza e alla proporzionalità del sequestro preventivo adottato non attinto dal ricorso principale (e neppure oggetto di deduzione dinanzi al Tribunale del riesame) e, come affermato dalle Sezioni unite di questa Corte, i motivi nuovi a sostegno dell impugnazione, previsti tanto nella disposizione di ordine generale contenuta nell art. 585, quarto comma, cod. proc. pen., quanto nelle norme concernenti il ricorso per cassazione in materia cautelare (art. 311, comma 4, cod. proc. pen.) ed il procedimento in camera di consiglio nel giudizio di legittimità (art. 611, primo comma, cod. proc. pen.), devono avere ad oggetto i capi o i punti della decisione impugnata che sono stati enunciati nell originario atto di gravame ai sensi dell art. 581, lett. a), cod. proc. pen. (Sez. U, n del 25/02/1998 dep. 20/04/1998, Bono ed altri, Rv ). Tali doglianze risultano, comunque, manifestamente infondate: premesso che, come affermato dalle Sezioni unite di questa Corte, in tema di sequestro preventivo, l autorità giudiziaria, ove ricorrano i presupposti del fumus commissi delicti e del periculum in mora, può disporre, nel rispetto del principio di proporzionalità, il sequestro preventivo anche di un intero sito web (Sez. U, n del 29/01/2015 dep. 17/07/2015, Fazzo e altro, Rv ), l ordinanza impugnata ha dato contro dell impossibilità di conseguire il medesimo risultato attraverso altri e meno invasivi strumenti cautelari (Sez. 5, n del 16/01/2013 dep. 20/02/2013, Caruso, Rv ), sulla base della valutazione della complessiva vicenda e, segnatamente, dell inadeguatezza di cui hanno dato prova i precedenti sequestri parziali del sito in questione: a fronte della motivazione resa dall ordinanza impugnata, le censure del ricorrente, quando non risultano articolate in fatto (le dimensioni quantitative degli scritti inseriti nel sito) o prive di correlazione con le ragioni del provvedimento impugnato (il riferimento al contenuto all ordinanza del 28/12/2012, svolto, in realtà, dall ordinanza in esame nella prospettiva di escludere la scusabilità dell errore in cui sarebbe

16 incorso il ricorrente), denunciano, al più, vizi motivazionali insindacabili in questa sede, posto che secondo l insegnamento delle Sezioni unite di questa Corte, il ricorso per cassazione contro ordinanze emesse in materia di sequestro preventivo o probatorio è ammesso solo per violazione di legge, in tale nozione dovendosi comprendere sia gli errores in iudicando o in procedendo, sia quei vizi della motivazione così radicali da rendere l apparato argomentativo posto a sostegno del provvedimento o del tutto mancante o privo dei requisiti minimi di coerenza, completezza e ragionevolezza e quindi inidoneo a rendere comprensibile l itinerario logico seguito dal giudice (Sez. U, n del 29/05/2008 dep. 26/06/2008, Ivanov, Rv ; conf. Sez. U., 29 maggio 2008 n , Malgioglio, non massimata sul punto) Priva di pregio è la deduzione difensiva circa l intervenuta prescrizione del reato, deduzione in nessun modo correlata alle indicazioni offerte dall ordinanza impugnata in ordine al tempus commissi delicti (come si visto, «accertato a Modena il 25/9/2008 con consumazione in atto», ossia in epoca rispetto alla quale il termine di prescrizione non risulta decorso), tanto più che la valutazione circa il perfezionamento della fattispecie estintiva non può prescindere dall esito del giudizio di impugnazione, né dallo scrutinio di eventuali cause di sospensione della prescrizione intervenute in primo grado (rispetto alle quali nessuna deduzione ha accompagnato il rilievo difensivo). 7. Il sesto motivo è manifestamente infondato, in quanto il riferimento ad una sentenza di condanna in primo grado al fine della valutazione del fumus necessario per l adozione della cautela reale non è certo in contrasto con la presunzione costituzionale di non colpevolezza. 8. Il ricorso, pertanto, deve essere rigettato e il ricorrente deve essere condannato al pagamento delle spese processuali P.Q.M. Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali. Così deciso il 25/02/2016.

17 Il vigore la legge sull'omicidio stradale: ecco le novità La legge entrata in vigore che istituisce i reati autonomi di omicidio stradale e lesioni personali stradali, la n. 41/2016 pubblicata sulla Gazzetta Ufficiale n. 70/2016, prevede pene fino a 12 anni di carcere, che possono arrivare a 18 nei casi più gravi, prelievi coattivi per stabilire se il conducente si trova in stato di ebbrezza, arresto in flagranza obbligatorio e revoca della patente. Le novità numerose della legge, che continua a fare discutere, per l impianto sanzionatorio estremamente severo, visto da molti come non conforme al principio di proporzionalità tra illeciti e sanzioni, in quanto non colpisce soltanto i cosidetti pirati della strada ma anche coloro che commettono infrazioni diffuse, la cui gravità andrà valutata caso per caso. Ma le nuove sanzioni, possono essere applicate anche a carico di chi effettua manovre pericolose, come l eccesso di velocità, il passare col rosso, il circolare contromano o il fare inversioni di marcia in corrispondenza di intersezioni, curve o dossi, o ancora il sorpasso in corrispondenza di una linea continua o di un attraversamento pedonale. È proprio affiancare gli incidenti causati dalla guida in stato di ebbrezza (da alcol o droghe) a quelli derivanti dalle specifiche violazioni del codice della Strada ad aver scatenato le maggiori critiche, anche da parte di coloro che erano favorevoli a un inasprimento delle sanzioni. Un assimilazione di condotte che farà rischiare la galera allo stesso modo sia a chi si mette alla guida consapevolmente, pur avendo alzato troppo il gomito o con la mente

18 annebbiata dalla droga, sia agli automobilisti normali che commettono infrazioni a volte attribuibili alle carenze di manutenzione o di progettazione delle strade: basta pensare al sorpasso sugli attraversamenti pedonali che i test qualificati denunciano da anni come poco visibili. La domanda che sorge spontanea fra i giuristi è se l Italia potrà permettersi un sistema di sanzionatorio così severo, molto vicino a quello americano. Tutto si giocherà sulla serietà delle indagini, ma queste dovrebbero prevedere innanzitutto un adeguata preparazione degli agenti che effettuano i rilievi sul luogo dell incidente, anche se ci sono settori delle forze dell ordine, come ad esempio la Polizia Stradale, che è in forte carenza di organico, e poi dai periti, ai quali non è richiesta una preparazione specifica sulla materia essendo chiamati indifferentemente per sparatorie o incidenti, e infine sui magistrati, sottoposti a carichi di lavoro sempre più imponenti che non permettono di affrontare al meglio le indagini. Il sistema disegnato sicuramente parte, dunque, già squilibrato, con sanzioni e colpe certe per gli utenti finali ma senza aver fatto nulla sul fronte degli altri attori da cui dipende la sicurezza stradale. Per le Sezioni Unite nei casi di stalking e maltrattamenti la persona offesa va sempre avvisata della richiesta di archiviazione

19 a cura dello Studio Legale Campanelli La disposizione dell art. 408, comma 3-bis, c.p.p., che stabilisce l obbligo di dare avviso alla persona offesa della richiesta di archiviazione con riferimento ai delitti commessi con violenza alla persona, è riferibile anche ai reati di atti persecutori e di maltrattamenti, previsti rispettivamente dagli articoli 612-bis e 572 c.p., perché l espressione violenza alla persona deve essere intesa alla luce del concetto di violenza di genere, quale risulta dalle pertinenti disposizioni di diritto internazionale recepite e di diritto comunitario. REPUBBLICA ITALIANA IN NOME DEL POPOLO ITALIANO LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE SEZIONI UNITE PENALI Presidente: CANZIO GIOVANNI Relatore: BIANCHI LUISA Ha pronunciato la seguente: Sentenza n dep. il 16 marzo 2016 Ritenuto in fatto 1. Il procedimento. Con decreto dell 11 luglio 2014 il Giudice per le indagini preliminari del Tribunale di Milano, su conforme richiesta del Pubblico ministero, disponeva l archiviazione del procedimento penale a carico di C.A., indagato, a seguito della presentazione di querela da parte di F.M.C., per i delitti di cui agli articoli 612-bis e 594 cod. pen..

20 2. Il ricorso per cassazione. Il difensore della persona offesa ricorreva per cassazione deducendo la violazione dell articolo 408, comma 3-bis, cod. proc. pen.. Rappresentava di aver avuto conoscenza del provvedimento in data 25 novembre 2015 in occasione di un controllo in Cancelleria nel corso del quale aveva provveduto ad estrarne copia; di aver appreso già dalla informazione di garanzia che il procedimento aveva ad oggetto i reati di cui agli artt. 612-bis e 594 cod. pen.; di non aver ricevuto avviso della richiesta di archiviazione del pubblico ministero. Rilevava che: il comma 3-bis dell articolo 408 cod. proc. pen., come novellato dall art. 2, comma 1, lett. g), del d.l. n. 93 del 2013, convertito, con modificazione, dalla legge n. 199 del 2013, impone la notifica dell avviso della richiesta di archiviazione in tutti i casi di delitti commessi con violenza alla persona, a prescindere dalla richiesta della persona offesa, che nella specie non era stata formulata; il delitto di cui all art. 612-bis cod. pen. deve ritenersi senza dubbio incluso tra le fattispecie delittuose nelle quali la condotta si manifesta con violenza alla persona. Sosteneva che dal mancato rispetto dell obbligo in questione era conseguita una nullità assoluta e insanabile. 3. L assegnazione del ricorso alle Sezioni Unite La Quinta Sezione penale, con ordinanza in data 9 luglio 2015, rimetteva il ricorso alle Sezioni Unite ai sensi dell articolo 618 cod. proc. pen. per la speciale importanza della questione che ne costituiva oggetto, involgente anche contrasto tra decisioni espresse dalla Corte di cassazione. La Sezione rimettente ripercorre la genesi dell attuale formulazione dell art. 408, comma 3-bis, cod. proc. pen., frutto di una modifica intervenuta in sede di conversione del decreto-legge n. 93 del 2013, ed evidenzia che la novella legislativa giustifica due differenti possibilità di lettura, parimenti ragionevoli. Oltre a quella fatta propria dalla ricorrente, potrebbe ritenersi che la mancata riproduzione nella disposizione relativa all avviso di archiviazione dell esplicito richiamo al reato di atti persecutori, presente, invece, in quella riguardante l avviso di conclusione delle indagini, sia indicativa della volontà del legislatore di limitare solo a quest ultimo caso la rilevanza del reato di cui all art. 612-bis cod. pen., in quanto entrambe le disposizioni, originariamente di identico tenore, sono state modificate in sede di conversione del decretolegge. Peraltro, ad avviso della Sezione rimettente, la questione coinvolge una problematica assai più ampia, riconducibile alla complessa

21 tematica della interpretazione della espressione delitti commessi con violenza alla persona, che ricorre nel codice penale anche nel terzo comma dell articolo 649: previsione, questa, rispetto alla quale si registra un contrasto di giurisprudenza, esistendo da tempo due contrapposti orientamenti. Secondo il primo, l esclusione dalla disciplina di favore sarebbe limitata alle sole fattispecie di violenza fisica; secondo l altro, invece, si estenderebbe anche alle ipotesi di violenza morale. Sulla base di tali considerazioni veniva formulato il quesito se l espressione violenza alla persona, contenuta nel comma 3-bis dell art. 408 cod. proc. pen., comprenda le sole condotte di violenza fisica o includa anche quelle di minaccia, e se di conseguenza il reato di cui all art. 612-bis cod. pen. sia incluso tra quelli per i quali il citato art. 408, comma 3-bis, prevede la necessaria notifica alla persona offesa dell avviso della richiesta di archiviazione Il Primo Presidente, con decreto in data 3 novembre 2015, assegnava il ricorso alle Sezioni Unite, fissandone per la trattazione l odierna udienza camerale. 4. La requisitoria del Procuratore generale. Con requisitoria del 4 gennaio 2016 il Procuratore generale ha integrato la precedente richiesta di annullamento senza rinvio del provvedimento impugnato, dichiarando di aderire alla tesi che prevede la obbligatorietà della notifica alla persona offesa della richiesta di archiviazione relativa al reato di cui al art. 612-bis cod. pen.. Osserva che l espressione delitti commessi con violenza alla persona, adoperata dal legislatore in sede di conversione del d.l. n.93 del 2013, rinvia ad una fattispecie molto più ampia rispetto a quella del reato di maltrattamenti in famiglia originariamente previsto, e deve pertanto essere intesa in senso estensivo, comprensiva di tutte le violenze di genere e quindi anche di quella che non si estrinsechi in atti di violenza fisica ma riguardi anche la violenza psicologica, emotiva o che si realizzi soltanto con le minacce. L intervento legislativo in questione ha infatti inteso rafforzare i poteri della vittima del reato potenziando il regime dei diritti e delle facoltà che l ordinamento riserva alla persona offesa, in adempimento anche degli obblighi internazionali derivanti dalla ratifica della Convenzione di Istanbul sulla violenza alle donne e dalla direttiva 2012/29 UE. Considerato in diritto 1. La questione sottoposta ad esame. La questione della quale le Sezioni Unite sono state investite è se

22 la disposizione dell art. 408, comma 3-bis, cod. proc. pen., che stabilisce l obbligo di dare avviso alla persona offesa della richiesta di archiviazione con riferimento ai delitti commessi con violenza alla persona, sia riferibile anche alla fattispecie di atti persecutori prevista dall articolo 612-bis cod. pen. (c.d. stalking). Il quesito, che si inserisce nel quadro della attenzione verso il fenomeno della violenza contro le donne e domestica e dell allargamento dei diritti della persona offesa nell ordinamento interno e, prima ancora, in quello internazionale, merita risposta positiva per le ragioni di ordine sistematico di seguito illustrate. 2. Il reato di atti persecutori. Giova premettere un breve inquadramento del reato di atti persecutori, introdotto nel nostro ordinamento dall art. 7 del decreto-legge 23 febbraio 2009, n.11 ( Misure urgenti in materia di sicurezza pubblica e di contrasto alla violenza sessuale, nonché in tema di atti persecutori ), convertito, con modificazioni, dalla legge 23 aprile 2009, n. 38. Giustificata dall esigenza di tutela della vittima da forme di aggressione particolarmente insidiose, la nuova figura criminosa ha colmato una rilevante lacuna nel nostro ordinamento, apprestando, attraverso una combinazione di strumenti penalistici, civilistici e amministrativistici, una efficace tutela della vittima contro il rischio della progressione di atti di violenza da parte del persecutore. Il reato è stato collocato nel codice penale (art. 612-bis) tra i delitti contro la persona, nella sezione dedicata ai delitti contro la libertà morale, atteso che le condotte incriminate sono idonee a incidere sulla tranquillità psichica, sulla libera autodeterminazione e in definitiva, appunto, sulla libertà morale della persona. Con questa nuova figura incriminatrice il legislatore italiano ha inteso reagire contro il fenomeno, da tempo conosciuto in molti ordinamenti stranieri sotto il nome di stalking. Si tratta di un fenomeno criminoso articolato, avente come comune denominatore il carattere assillante e ripetitivo della condotta di minaccia o molestia, in grado di produrre sulla vittima l insorgere di stati di ansia e di paura tali da stravolgere le sue abitudini di vita. Fenomeno la cui pericolosità è emersa sempre più evidente, atteso che è risultato che la maggioranza di questi comportamenti vengono realizzati da partner o ex-partner (per la stragrande maggioranza di sesso maschile, non potendosi tuttavia escludere il contrario) e che l occasione delle molestie reiterate è spesso prodromica a comportamenti di vera e propria, spesso grave, violenza fisica da parte del molestatore.

23 La nuova fattispecie criminosa non esaurisce la disciplina antistalking. Il legislatore del 2009 ha potenziato la tutela preventiva della potenziale vittima degli atti persecutori introducendo l istituto dell ammonimento (art. 8 d.l. n. 11/2009), arricchendo il catalogo delle misure cautelari personali con la nuova misura del Divieto di avvicinamento ai luoghi frequentati dalla persona offesa (art. 9, che ha introdotto l art. 282-ter cod. proc. pen.), prolungando fino ad un anno (contro i precedenti sei mesi) la durata massima dell ordine di protezione del giudice civile già introdotto nel 2001 (art. 10, che modifica l art. 342-ter cod. civ.). Non sono mancati successivi interventi volti al rafforzamento della tutela repressiva e preventiva (dal d.l. 1 luglio 2013, n. 78, convertito dalla legge 9 agosto 2013, n. 94, al d.l. n.93 del 2013, convertito dalla legge n. 199 del 2013), di cui appresso si dirà. 3. La tutela della vittima del reato. Da tempo è in atto un fenomeno di emersione e di nuova considerazione della posizione della persona offesa negli strumenti internazionali generalmente indicata come vittima, all interno del processo penale, fenomeno sollecitato, da un lato, dall allarme sociale provocato dalle varie forme di criminalità violenta via via emergenti (terrorismo, tratta di essere umani, sfruttamento di minori, violenza contro le donne in cui spesso il reato si consuma in contesti dove preesistono legami tra la vittima e il suo aggressore), dall altro, dagli strumenti internazionali esistenti in materia. L interesse per la tutela della vittima costituisce da epoca risalente tratto caratteristico dell attività delle organizzazioni sovranazionali sia a carattere universale, come l ONU, sia a carattere regionale, come il Consiglio d Europa e l Unione Europea, e gli strumenti in tali sedi elaborati svolgono un importante ruolo di sollecitazione e cogenza nei confronti dei legislatori nazionali tenuti a darvi attuazione. I testi normativi prodotti dall Unione Europea in materia di tutela della vittima possono essere suddivisi in due categorie: da un lato quelli che si occupano della protezione della vittima in via generale e dall altro lato quelli che riguardano la tutela delle vittime di specifici reati particolarmente lesivi dell integrità fisica e morale delle persone e che colpiscono di frequente vittime vulnerabili. Tra i primi assume un posto di assoluta rilevanza la Direttiva 2012/29 UE in materia di diritti, assistenza e protezione della vittima di reato, che ha sostituito la decisione-quadro 2001/220 GAI, costituente uno strumento di unificazione legislativa valido per tutte le vittime

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