1. Le reazioni alla filosofia di Hegel: da Kierkegaard a Schopenhauer

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1 1. Le reazioni alla filosofia di Hegel: da Kierkegaard a Schopenhauer Di cosa parleremo L idealismo esercita una profonda influenza sui pensatori successivi a Hegel, suscitando spesso dure critiche e decise opposizioni per quel livellamento del pensiero hegeliano di tutte le differenze che finiva col cancellare la specificità dell essere umano. L accusa principale rivolta ad Hegel è di aver delineato una visione astratta del mondo e della vita umana, inadeguata a spiegare i molteplici aspetti dell universo. Tutto ciò che accade, infatti, non può essere rigidamente circoscritto solo nell ottica della razionalità, considerando la ragione (idea) come il fondamento filosofico di tutto. Ad Hegel, infatti, viene contestata la pretesa di aver teorizzato un sistema oggettivo ed esaustivo che trascura la realtà in tutte le sue manifestazioni, negando, così, l esistenza dell azione individuale. I maggiori oppositori dell idealismo hegeliano sono Kierkegaard e Schopenhauer. I due filosofi si concentrano sulla riflessione sulla condizione umana e sulla ricerca del modo per liberare l individuo da tale situazione di sofferenza, portando avanti una serrata critica all astratto ottimismo dell idealismo. Il loro pessimismo è lo specchio delle inquietudini dell epoca ed è un atteggiamento che si pone in contrasto con la visione della vita degli idealisti (Fichte, Schelling, Hegel). L uno in chiave religiosa (Kierkegaard) l altro in chiave laica (Schopenhauer) si interrogano: sull essenza della vita; sul contrasto tra dolore e noia. In tal modo i due filosofi mettono «in soffitta» la ragione considerata dall idealismo logico-panlogico hegeliano arbitro assoluto di tutti gli aspetti della realtà che viviamo quotidianamente. 1) Sören Aabye Kierkegaard Vita e opere Sören Aabye Kierkegaard ( ), originario di Copenaghen e figlio di un agiato commerciante, studiò teologia per un decennio. Il suo lavoro si connota per la decisa opposizione alla identità tra ragione e fede sostenuta da Hegel. Nel 1842 si recò a Berlino per seguire le lezioni di Schelling. Tornato a Copenaghen, si dedicò completamente agli studi ed alla pubblicazione dei suoi libri. A quest ultimo periodo della sua vita risale la violenta polemica contro la Chiesa ufficiale danese, accusata di tradire, 1. Le reazioni alla filosofia di Hegel: da Kierkegaard a Schopenhauer 5

2 1. Le reazioni alla filosofia di Hegel: da Kierkegaard a Schopenhauer con il suo approccio decisamente mondano, l autentico spirito del «cristianesimo stabilito» della visione luterana. Non intraprese mai la carriera religiosa che il suo titolo di studio gli avrebbe consentito per continuare la propria indagine filosofica. Kierkegaard è un filosofo polemico, anti-sistemico, anti-accademico e anti-idealista che può considerarsi padre dell esistenzialismo per le sue sofferte meditazioni sull individuo, la ragione e la fede. Opere principali: Aut-aut (1843); Timore e tremore (1843); Briciole filosofiche, o una filosofia in briciole (1844); Il concetto dell angoscia (1844); Postilla conclusiva non scientifica (1846); La malattia mortale (1849). Per il clima dei suoi tempi e a salvaguardia della sua esistenza molte delle sue opere furono pubblicate anonime o ricorrendo all uso di pseudonimi. La critica al sistema hegeliano. Gli inizi della filosofia di Kierkegaard sono segnati da una dura critica all idealismo hegeliano. Il cardine della sua critica ruota soprattutto attorno al concetto di esistenza. Mentre Hegel si concentra sull essenza razionale e assoluta dei fenomeni, trascurando il singolo individuo per privilegiare una visione generica e astratta dell umanità, Kierkegaard si rivolge invece proprio al particolare, all individuale, alla concreta esistenza umana sottolineando l importanza e l originalità del singolo visto nel contesto più ampio del genere umano. Per Kierkegaard Hegel ha livellato tutte le differenze interindividuali, dando, così, assoluta priorità alla «massa indistinta» rispetto al singolo individuo. Kierkegaard, al contrario, sostiene la priorità dell esistenza rispetto alla ragione, la possibilità di scelta del singolo rispetto alla logica astratta e opera, così, una rivalutazione del libero agire umano che, nel suo vivere la realtà, va incontro ad un indefinito numero di possibili scelte individuali che sono alla base del comportamento umano. Ad ogni istante della sua vita, infatti, l individuo è chiamato a scegliere tra opzioni diverse che lo pongono costantemente di fronte all angoscia di compiere la scelta sbagliata. È questa totale apertura verso il possibile, e non il ferreo cammino dell idea hegeliana (guidata dalla «dialettica») verso l assoluto, a costituire in Kierkegaard l aspetto fondamentale della visione antropologica della sua filosofia. Lo stadio estetico. Nell opera Stadi del cammino della vita, Kierkegaard distingue tre condizioni o possibilità esistenziali fondamentali, cui dà il nome di stadi e che sono definite come: stadio estetico, stadio etico e stadio religioso. Tali stadi non sono presentati in forma dialettica, ma sono l uno alternativo all altro (aut - aut, l espressione che dà il titolo alla sua opera più importante). Lo stadio estetico si fonda sul piacere ed è incarnato dalla figura del seduttore. La vita estetica appare infatti interamente rivolta al desiderio e al godimento dei sensi. 6

3 Il seduttore si immerge nella sfera della sensualità: per questo il personaggio che meglio lo rappresenta è il Don Giovanni di Mozart. Come la musica, la seduzione è permeata dall elemento dell immediatezza e dalla spontaneità: il seduttore non compie mai una scelta definitiva e la sua visione del mondo è espressa dall antico motto oraziano del «carpe diem». La vita dell esteta rappresenta, così, una successione ininterrotta di istanti indipendenti gli uni dagli altri: costui passa da un esperienza all altra senza che la precedente possa lasciare una significativa traccia su quella successiva, senza, dunque che la sua esistenza possa disegnare una «storia» o tenere memoria dell accaduto. Tuttavia, proprio a causa dell assenza di un centro unificatore dell esistenza, l esito finale dello stadio estetico non può che portare alla disperazione e l impotenza, e cioè alla presa d atto dell assoluta vanità e vacuità di ogni esperienza umana. Si tratta, in sintesi, dell inevitabile stallo causato dalla finitezza e dalla limitatezza che caratterizza ogni essere umano. Ciò può spingere l esteta ad operare un salto verso un tipo di vita superiore, una dimensione dominata da principi completamente estranei alle regole dell estetica: lo stadio etico. Lo stadio etico. Lo stadio etico si fonda sulla scelta di perseguire il proprio dovere e trova la sua migliore rappresentazione, secondo Kierkegaard, nell istituto del matrimonio, oppure, a livello più generale, in uomini la cui esistenza è totalmente immersa nelle sfere della famiglia, dell attività professionale e della fedeltà allo Stato. Se l esteta trascorre il suo tempo di istante in istante senza impegnarsi mai in «nulla», la vita dell uomo etico risulta invece segnata sempre da una «scelta» meditata e consapevole. In primo luogo, l uomo etico compie una scelta orientata al sacrificio e al compimento del dovere; in secondo luogo, una volta scelta una certa moglie, una certa occupazione etc., l uomo conferma ad ogni istante la sua opzione e vocazione, ribadendo per il futuro ciò che ha già scelto. Un limite di fondo, tuttavia, sembra segnare anche la retta vita etica. Seguendo questo cammino, infatti, l individuo per sentirsi bene con se stesso non può che tendere verso Dio. Ma poiché di fronte a Dio l unico sentimento possibile è quello del riconoscimento della propria inadeguatezza umana, e, quindi, cristianamente della «propria» colpevolezza originale e del peccato che ciascuno scopre quando sente Dio, l esito estremo della vita etica è il pentimento. L «uomo etico viene posto di fronte al peccato originale, che non costituisce una categoria etica, ma una determinazione religiosa. Lo stadio religioso. Attraverso il pentimento l uomo esce così dalla sfera dell etica e entra in quella più autentica della religione. 1. Le reazioni alla filosofia di Hegel: da Kierkegaard a Schopenhauer 7

4 Anche in questo caso il passaggio non è logico, poiché implica un salto ancora più radicale di quello che scindeva la dimensione etica da quella estetica. La scelta di «abbracciare la fede» è una decisione individuale che apre e determina un rapporto problematico tra uomo e Dio. Si tratta infatti di un passaggio «irrazionale», che prevede un salto emozionale e illogico dalla ragione verso la fede, fino alla presa di coscienza dell Universale. Lo stadio religioso è descritto in «Timore e tremore», opera che già nel titolo esprime la natura dolorosa e sofferta dell atteggiamento religioso nei confronti della trascendenza. Rispetto alla vita sociale ed al mondo di regole di comportamento e convivenza che essa comporta, l uomo di fede è infatti assolutamente solo: il suo unico rapporto si svolge con un «salto di fede» verso Dio, non più con gli «altri» o con le «leggi» o con la «famiglia». La dimensione religiosa comporta una sospensione dell etica condivisa, poiché essa si centra esclusivamente sull adesione cieca alla volontà di Dio, una volontà inconoscibile e persino «divergente» dalle comuni leggi umane. La figura emblematica di questa condizione è infatti quella di Abramo, l uomo che per obbedire a Dio è pronto a sacrificare Isacco, suo unico figlio. Sul piano etico egli sarebbe addirittura da considerarsi un potenziale assassino. La sua unica giustificazione nell uccidere Isacco risiede infatti, come è evidente, non nelle leggi, ma nella suprema volontà di Dio che si esprime attraverso il rapporto del tutto interiore tra l uomo Abramo e la divinità. Nessuno può capire un gesto simile sulla base delle regole umane, ed egli stesso non può essere certo di non sbagliare: la fede si svela, dunque, sotto l inquietante segno del rischio individuale assoluto. 1. Le reazioni alla filosofia di Hegel: da Kierkegaard a Schopenhauer Angoscia: stato psichico che in filosofia, a partire da Kierkegaard, indica un atteggiamento fondamentale dell uomo nel mondo, cioè la sua esistenza vista come possibilità indeterminata. Proprio in questo senso il concetto d angoscia verrà ripreso e approfondito nel 900 in ambito esistenzialista. 8 Angoscia* e disperazione. La possibilità, per Kierkegaard, è la categoria fondamentale dell esistenza. Ma «possibilità» significa anche «condizione di insicurezza», di inquietudine e di travaglio interiore di fronte alla scelta, cioè alla situazione di angoscia cui è condannato l individuo libero di agire e di pensare. L angoscia è identificabile come una «vertigine» che proviene dalla possibilità data dalla libertà. Il singolo kierkegaardiano acquista la coscienza che tutto è possibile: ma quando tutto è possibile, in realtà, è proprio come se nulla fosse possibile. La possibilità non si riveste solo di positività (di apertura, di libertà), non è solo la possibilità della fortuna, della felicità e così via: è anche e soprattutto la possibilità dello scacco, dell errore, la possibilità del nulla.

5 L angoscia è l impossibilità di prevedere la conseguenza del libero agire in un mondo in cui nessun individuo sa che cosa accadrà nel futuro. È, cioè, la stessa sensazione provata da Adamo che ignora in che cosa consista la conoscenza, e dunque, l alternativa tra il bene e il male. Questa angoscia, insita nell individuo, appare in Kierkegaard strettamente connessa alla categoria della disperazione, l autentica «malattia mortale» di cui tratta l omonimo libro e di cui l individuo, una volta preso atto della sua condizione di limitatezza, cerca disperatamente di sbarazzarsi. In particolare, l angoscia, che è la condizione che caratterizza l essere umano, è radicata soprattutto a livello dei rapporti tra il singolo e la realtà esteriore, tra il soggetto e i fenomeni; la disperazione, invece, riguarda il rapporto con se stessi, con la propria interiorità. La disperazione è segnata dalla presa di coscienza che la possibilità dell io si traduce sempre necessariamente in una impossibilità di fondo, carattere inscindibile dalla natura umana. Attraverso la disperazione, Kierkegaard ci mostra una penetrante analisi psicologica delle dimensioni in cui l io individuale (in contrasto con l io di Fichte) sperimenta il fallimento delle sue opzioni esistenziali. Leggere i testi L angoscia si può paragonare alla vertigine. Ma la causa non è meno nel suo occhio che nell abisso: perché deve guardarvi? Così l angoscia è la vertigine della libertà, che sorge mentre lo spirito sta per porre la sintesi e la libertà, guardando giù nella sua propria possibilità afferra il finito per appoggiarvisi. Sören Kierkegaard, Il concetto dell angoscia La fede. All angoscia ed alla disperazione si sfugge solo attraverso la fede, ovvero con l ultimo salto qualitativo dei tre stadi già citati. Svanisce con ciò l angoscia del possibile, poiché il possibile è nelle mani di Dio. Viene superata la disperazione della propria impossibilità, poiché il soggetto scopre di trovare in Dio l estrema sicurezza. Sempre fedele alla sua «dialettica paradossale», Kierkegaard ritiene che anche questo estremo passaggio alla fede sia privo di mediazione, e sia quasi irrazionale. La fede è un assurdo filosofico perché non può essere dimostrata per mezzo di analisi storiche e filologiche, né può fondarsi su una filosofia speculativa che la riconduca ad una pura proiezione della ragione umana. La fede è piuttosto il risultato di un atto esistenziale obbligato e paradossale attraverso cui l uomo rinuncia ad ogni tentativo di comprensione razionale, accettando l assurdo. 1. Le reazioni alla filosofia di Hegel: da Kierkegaard a Schopenhauer 9

6 L essenza intima della fede non è una verità oggettiva, determinabile con gli stessi strumenti di indagine con cui si analizza un fenomeno naturale o un problema matematico. Essa è interamente soggettiva, non relativa e variabile, ma fondata esclusivamente sul rapporto tra singolo soggetto e rivelazione divina. Paralleli & confronti Con Hegel: per Hegel la realtà è necessaria e razionale. Per Kierkegaard essa è un complesso di possibilità inconciliabili (male e bene, morte e vita, peccato e salvezza ). Hegel, nel tentativo di considerare l uomo come «momento» dello spirito ne aveva cancellato l individualità e, dunque, la specificità ed originalità. Con Nietzsche: anche nel pensiero nietzschiano molta importanza ha l attimo, come momento in cui si concentra, di volta in volta, il significato della vita. Con Feuerbach: la concretezza dell esistenza umana è, per Feuerbach, come per Kierkegaard, il principale punto di partenza contro il panlogismo di Hegel. Con Schopenhauer: nel pensiero di Kierkegaard c è un profondo senso religioso che, invece, manca al pensiero di Schopenhauer. I due filosofi sono tuttavia vicini per l irrazionalità e la concezione pessimistica della vita che oppongono al razionalismo e all ottimismo hegeliano. Con Marx: mentre per il filosofo di Treviri tra le varie epoche vissute dall umanità esiste un collegamento che permette un passaggio da uno stadio all altro, per Kierkegaard esiste «discontinuità» tra gli stadi dell esistenza. 1. Le reazioni alla filosofia di Hegel: da Kierkegaard a Schopenhauer 2) Arthur Schopenhauer Vita e opere Arthur Schopenhauer (Danzica, 1788-Francoforte, 1860) frequentò i corsi di G.E. Schulze a Göttingen e a Berlino quelli di Schleiermacher e Fichte e si interessò, tra l altro, anche di filosofia orientale. Si laureò in filosofia a Jena nel Ottenuta la libera docenza nel 1820 a Berlino, lasciò l insegnamento per via dello scarso seguito che ebbero i suoi corsi (tenuti nello stesso orario di quelli di Hegel). Dopo aver viaggiato, decise di abbandonare definitivamente la vita accademica e dal 1833 si stabilì a Francoforte. La sua opera più importante è Il mondo come volontà e rappresentazione (1819, riedizione nel 1844 con un volume di supplementi), inizialmente non ebbe grosso successo. La sua fortuna letteraria crebbe con la pubblicazione nel 1851 dei Parerga e paralipomena, scritti diversi di filosofia, letteratura, diritto, composti con uno stile brillante e accessibile a tutti. Tra gli altri suoi scritti ricordiamo: Sulla quadruplice radice del principio di ragion sufficiente (1813), Sulla volontà della natura (1836), I due problemi fondamentali dell etica (1841). Il dualismo filosofico. Schopenhauer, considerato iniziatore dell irrazionalismo moderno, si oppose al «monismo idealista» di Hegel, affermando che la «realtà è priva di razionalità e non è indirizzata ad un fine ultimo». Il filosofo di Danzica ritorna al discorso filosofico in termini dualistici (come Kant aveva fatto distinguendo tra fenomeno e noumeno) considerando il mondo sia come volontà che rappresentazione. 10

7 Il mondo come rappresentazione. Schopenhauer si considera, dunque, erede di Kant e per comprendere il suo pensiero, occorre rifarsi alla distinzione kantiana tra fenomeno e noumeno (e tra conoscere e pensare). Per Kant il nostro modo di conoscere è legato ai dati dell esperienza e, quindi, a ciò che si presenta alla nostra sensibilità, mentre di quello che non è oggetto di esperienza non possiamo sapere nulla: possiamo conoscere l oggetto così come ci appare (fenomeno), ma ci è preclusa la conoscenza di ciò che l oggetto è in se stesso (la «cosa in sé», il noumeno). Questa visione suggerisce l idea che il mondo conosciuto o fenomenico non comprende tutta la realtà; esiste, infatti, un mondo «noumenico», che in qualche modo sta dietro ciò che non ci appare ed è in relazione con esso e che si può solo pensare, ma non conoscere perché il fondamento di tale conoscenza non è spiegabile. Come per Kant, anche Schopenhauer intende il mondo come «rappresentazione», cioè, considerato dal punto di vista del soggetto. Si riducono le dodici categorie kantiane a una sola: la causalità. Le cose sono «reali» in quanto si trovano in una concatenazione di cause ed effetti, la cui struttura è prodotto del soggetto. Infatti, mentre in Kant spazio e tempo sono le forme a priori dell esperienza umana e sono concetti partoriti dalla nostra mente, in Schopenhauer spazio, tempo e causalità esistono solo all interno della rappresentazione* che è il rapporto del soggetto all oggetto che si estrinseca nell atto conoscitivo; l oggetto, cioè, esiste per l azione conoscitiva del soggetto. «Causalità» e «necessità» non appartengono, quindi, né solo al soggetto (idealismo) né solo all oggetto (materialismo), ma alla relazione tra i due, alla rappresentazione: il mondo altro non è che una nostra rappresentazione. Soggetto e oggetto sono termini correlativi: tutti gli oggetti sono oggetti per un soggetto e tutti i soggetti sono soggetti che conoscono oggetti. All interno della rappresentazione vige il principio di ragion sufficiente*, secondo il quale ogni cosa deve avere un fondamento o una ragione per esistere così com è. Il mondo della rappresentazione e dei fenomeni ci appare quindi come un rigoroso sistema di nessi. Rappresentazione: in senso generale, indica l atto di riproduzione di un oggetto da parte della coscienza. Principio di ragion sufficiente: ipotesi formulata da Leibniz, secondo cui niente può esistere o accadere, né alcun giudizio può essere formulato, senza che vi sia una ragione sufficiente che sia così e non diversamente. Nella logica classica questo principio si affianca al principio di identità e a quello di noncontraddizione. In particolare, la «causalità» alla luce del principio della «ragione sufficiente» si fonda su quattro radici: il divenire che è la causalità fisica tipica delle cose naturali; il conoscere che è il nesso tra premessa e conclusioni; 1. Le reazioni alla filosofia di Hegel: da Kierkegaard a Schopenhauer 11

8 1. Le reazioni alla filosofia di Hegel: da Kierkegaard a Schopenhauer l essere come momento unificante degli eventi; l agire che rappresenta il legame tra «azione» e «motivazione». Questi «attributi» non si riferiscono all oggetto (idealismo) né al soggetto (materialismo) ma alla rappresentazione, che abbraccia contemporaneamente il soggetto e l oggetto: essa non è vera in assoluto, ma è vera così come «appare». 12 Leggere i testi Il mondo è una rappresentazione: questa è una verità che vale in rapporto a ciascun essere vivente e conoscente, sebbene l uomo soltanto sia capace d accoglierla nella riflessa, astratta coscienza: e s egli veramente fa questo, con ciò è penetrata in lui la meditazione filosofica. Per lui diventa allora chiaro e ben certo, ch egli non conosce né il sole né la terra, ma appena un occhio, il quale vede un sole, una mano, la quale sente una terra; che il mondo da cui è circondato non esiste se non come rappresentazione, vale a dire sempre e dappertutto in rapporto ad un altro, a colui che rappresenta, il quale è lui stesso. Arthur Schopenhauer, Il mondo come volontà e rappresentazione La volontà e la condizione umana. Riguardo alla realtà noumenica kantiana, (che si chiama volontà ) anche se non può mai essere conosciuta nella sua oggettività da parte dall essere umano, si possono, comunque, riscontrare alcune esperienze a livello fenomenico che danno all uomo la possibilità di «scorgerne» la natura, oltre il «velo» delle apparenze, ciò che Schopenhauer, recuperando un termine dalla filosofia buddista, chiama Velo di Maja. Per la filosofia orientale, si tratta di un velo che copre il vero volto delle cose, nascondendo allo sguardo dell uomo la realtà vera e profonda delle cose. La chiave verso la conoscenza della natura interna del mondo è rappresentata dal proprio corpo: tutti gli altri oggetti si conoscono solo dal di fuori, come entità esistenti nello spazio e nel tempo di cause ed effetti. Il corpo di ciascuno, invece, si conosce anche da dentro, introspettivamente mediante le sensazioni di piacere e dolore. Scrutando il mondo della rappresentazione dal «dentro» ci si libera del filtro dello «spazio» e in parte della causalità (anche se non del tempo), per questo, attraverso il corpo, il soggetto può cogliere quello che sta al di dietro della rappresentazione e scopre che sotto il «velo» c è la volontà: desiderare, tendere, aprirsi a tutte le varietà di affetti ed emozioni, piacere e dolore, che conducono all azione o la inibiscono. Mentre la rappresentazione è determinata da spazio, tempo e causalità (principium individuationis, che isola i singoli fenomeni) ed è regolata dal principio di ragione, la realtà noumenica è fuori dal modo umano di conoscere; dunque è volontà unica e irrazionale. L intero mondo fenomenico è la manifestazione di una singola, indifferenziata, «cosmica», volontà. L intera natura, organica e inorganica, è il teatro nel quale si manifesta la volontà universale.

9 Questa volontà, principio unitario e irrazionale, individuandosi ed oggettivandosi nei singoli esseri umani, diventa anche principio di lotta: perenne inseguimento dell appagamento del desiderio e conflitto tra gli individui. La natura umana, dunque, è in una condizione di continua tensione o desiderio, a causa di un vuoto primordiale che l individuo cerca in tutti i modi di colmare trovandosi, di fatto, in una condizione individuale estremamente spiacevole. I bisogni e voleri degli individui sono generalmente in conflitto tra loro e ciò ne rende difficile la realizzazione, ma anche la loro soddisfazione è solo un piacere momentaneo, che lascia subito il posto a numerosi altri desideri e, dunque, di nuovo all insoddisfazione. D altra parte, in assenza di questa continua tensione interiore, l individuo verserebbe in uno stato di noia, meno piacevole dell usuale insoddisfazione. Tutte le cose, dunque, sono così immerse in una sofferenza senza ristoro, per via dell inseguimento incessante della soddisfazione di desideri e bisogni e degli ostacoli che a questa si presentano. La soddisfazione che sopraggiunge al raggiungimento dello scopo fa tacere il dolore, lasciando però il posto alla noia. La vita è dunque un pendolo in continua oscillazione tra dolore e noia, stadi intervallati solo da brevissimi momenti di piacere. Queste affermazioni (il noto pessimismo di Schopenhauer) non sono basate su considerazioni intimistiche o psicologiche, ma sulla convinzione metafisica che la volontà sia la natura essenziale dell uomo e dell intera esistenza. Per sottrarsi a questa condizione di noia esistenziale, l individuo deve trovare una strada alternativa al tormento della propria soggettività; tale strada trova soprattutto nell arte, nella morale e nell ascesi la sua liberazione. L arte. È nell arte che l uomo si sottrae in parte a questa situazione disperata, sfuggendo al principium individuationis che domina il mondo della rappresentazione, perché l esperienza estetica si concentra sulle idee, che sono le essenze universali del mondo fenomenico. Nella contemplazione artistica la conoscenza si libera, perché esce dalla sua condizione di schiava della volontà. Fondamentale è il ruolo dell artista. Mentre l uomo ordinario ha un intelletto ordinario tende ai propositi pratici della vita quotidiana, l artista si giova di un intelletto più dotato, che: da un lato, gli permette di cogliere le idee nelle cose in maniera più profonda (ispirazione); dall altro lato, egli ha anche l abilità di materializzare in un opera d arte quello che è riuscito a cogliere e in un modo più vivido, in modo da rendere anche gli altri capaci di sperimentare quello che lui è riuscito a cogliere (espressione) Le reazioni alla filosofia di Hegel: da Kierkegaard a Schopenhauer

10 1. Le reazioni alla filosofia di Hegel: da Kierkegaard a Schopenhauer L esperienza estetica ha una dimensione edonistica per il piacere temporaneo che offre all individuo. Esiste una gerarchia delle arti, a seconda del valore delle idee offerte alla contemplazione (vi è una gerarchia anche delle idee): al grado più basso l architettura, al più alto la tragedia, che mostra l inevitabilità della sofferenza e l inesorabilità del fato. Ma l arte superiore a tutte è la musica, che non è rappresentazione, quindi non è oggettivazione della volontà, ma è volontà pura: non presenta idee, ma incarna la volontà stessa. Etica e ascesi. L uomo trova nella contemplazione estetica una liberazione transitoria e parziale dalla schiavitù costituita dalla volontà. È l etica ad offrire profonde possibilità di liberazione perché è espressione di una volontà unica che unisce tutti gli esseri viventi. Questo senso dell unione può frenare l egoismo dell uomo, attraverso il sentimento della giustizia, oppure la bontà, quel sentimento di compassione e di carità che ci fa sentire di condividere il destino degli altri e che ci allontana dal dolore immanente nell animo umano. Schopenhauer insiste sull importanza della compassione e sul rispetto per ogni essere vivente con il quale condividiamo il destino, estendendo il principio di carità anche nei riguardi degli animali. Persino le piante, sostiene il filosofo tedesco, patiscono il dolore tra la volontà di vivere e la loro condizione peritura. L unico modo per raggiungere una liberazione definitiva dalla volontà e dalle sue conseguenze è quello di abbandonare la volontà di vivere e accedere, così, alla noluntas («non-volontà») che ci porta a vivere il momento della volontà e della rappresentazione in maniera distaccata, in veste di spettattori e non di attori della nostra vita. La situazione di dolore e insoddisfazione nella quale gli uomini si dibattono incessantemente mostra che la volontà di vivere è l origine stessa del male e apre la strada alla possibile liberazione da quest ultima, spingendo l uomo ad abbandonarla. Giungiamo così all ascesi* (il grado più alto Ascesi: termine che da Platone in poi designa il processo di dell etica), che è la ripugnanza totale per la stessa limitazione dei desideri terreni, volontà, la negazione del corpo, la castità assoluta, quindi la rinuncia al piacere l interruzione quindi del ciclo vitale. corporeo e l elevazione mistica e religiosa al mondo ideale. In Con il sacrificio della volontà sono soppressi Schopenhauer indica la liberazione dell uomo dalla volontà di non c è più rappresentazione, quindi non c è più anche i fenomeni collaterali: se non c è più volontà, vita, cieca e irrazionale. mondo. Non resta dunque che il nulla, anche se il nulla va affrontato a viso aperto: per coloro che sono ancora spinti dalla volontà, ciò che resta dopo la sua totale soppressione è il vero e assoluto nulla. Viceversa, per coloro in cui 14

11 la volontà si è convertita e soppressa, «è solo il mondo reale, con tutti i suoi soli e le sue vie lattee, ad essere il nulla». La negazione della volontà non sfocia mai, in Schopenhauer, nel suicidio. Tale forma di autodisruzione costituirebbe infatti una resa individuale del singolo che rinuncia alla vita non per sopprimere la volontà, ma bensì per rifiutare le particolari condizioni esistenziali che gli sono toccate in sorte. Paralleli & confronti Con Platone: anche per Schopenhauer le idee sono l archetipo, modello universale degli oggetti e dei fenomeni. Le idee dimorano in un mondo eterno e immutabile, il mondo della volontà. Con Aristotele e Kant: In merito alle categorie: per Aristotele sono 10 e rappresentano la forma a prioridell essere. Per Kant sono 10 e derivano dalle forme a priori dell esperienza umana (spazio-tempo). Per Schopenhauer sono tre: spazio, tempo e casualità. Con Freud e Jung: in quanto le presentazioni individuali di Schopenhauer influenzano le teorie psicoanalitiche. Con Plotino: Plotino afferma il processo di emanazione dall Uno, all Intelletto, all Anima, al mondo sensibile; anche Schopenhauer parla di un processo discensivo nella obiettivazione della Volontà (Volontà, Idee, Cose). Con Kant: il mondo della Volontà e della Rappresentazione risente molto del discorso kantiano su noumeno e fenomeno. Schopenhauer accetta il discorso kantiano sulle categorie, anche se riduce queste ultime alle funzioni di spazio e tempo e alla legge di causalità. Con Kierkegaard: l ottimismo dell idealismo hegeliano subisce in entrambi i filosofi una radicale e impietosa critica. Con la filosofia buddista: la felicità (Nirvana) si può raggiungere solo con il distacco dalla vita trerrena stendendo sulla rappresentazione un velo di maya e annullando con la noluntas ogni desiderio. Test di verifica 1) Cosa indica la categoria del singolo in Kierkegaard? a) Centralità dell esistenza concreta dell individuo b) Celebrazione della solitudine umana c) Il drammatico rapporto tra soggetto e fede d) L esistenza come sistema complessivo e) La limitazione della molteplicità 2) Cosa implica lo stadio etico? a) Un superamento dialettico di quello estetico b) Il dominio sugli altri c) Il dominio di sé d) Il rapporto esclusivo con Dio e) Un esistenza fondata sulla certezza della scelta 1. Le reazioni alla filosofia di Hegel: da Kierkegaard a Schopenhauer 15

12 3) Cos è l angoscia? a) Una sensazione interiore di paura b) Una categoria permanente dell esistenza c) La possibilità di perdere la fede d) Esprime il senso del peccato e) La strada per la vera conoscenza 4) Cosa simboleggia il sacrificio di Isacco? a) La potenza di Dio b) L assoluta sottomissione a Dio c) La sospensione dell etica d) L angoscia della morte e) L indifferenza di Dio 5) Qual è il principio supremo della realtà per Schopenhauer? a) La natura b) La corporeità c) La totalità dei fenomeni d) La volontà e) L alienazione 1. Le reazioni alla filosofia di Hegel: da Kierkegaard a Schopenhauer 6) Nella filosofia di Schopenhauer: a) Si oltrepassa il dualismo tra fenomeno e cosa in sé b) Si opera una riduzione delle forme a priori di Kant c) Si riabilita la funzione dell esperienza per la conoscenza d) Si ridefinisce il ruolo dell io penso e) Si definisce una prospettiva materialistica 7) Secondo Schopenhauer: a) La volontà è dovunque b) L uomo è principalmente corporeità c) L oggetto della filosofia è l idea platonica d) L arte e la natura sono forme di conoscenza e) L uomo è misura di tutte le cose 8) Che cosa intende Schopenhauer per «Velo di Maja»? a) La dottrina buddista b) Il noumeno kantiano c) L illusorietà dei fenomeni 16

13 d) La percezione del proprio corpo e) Il superamento dell uomo 9) Qual è il grado più alto della negazione della volontà? a) L arte b) Il suicidio c) L ascesi d) La morte e) Il caso Soluzioni e commenti 1. Risposta: a). Contro ogni sistema astratto, la categoria del singolo in Kierkegaard intende esprimere l unicità e concretezza dell esistenza effettiva dell uomo. 2. Risposta: e). Diversamente che nello stadio estetico, in cui non si approda mai ad un orizzonte definitivo ma sempre e solo al passaggio da un piacere all altro, lo stadio etico si concretizza nella certezza della scelta: nel matrimonio, nell etica, nel rispetto delle leggi. 3. Risposta: b). L angoscia non è soltanto uno stato psichico: è una struttura dell esistenza umana, centrata sulla vertigine della scelta, sulle infinite possibilità della vita. 4. Risposta: c). Il sacrificio di Isacco costituisce il momento più alto del concetto di religione in Kierkegaard: implica una sospensione del mondo etico che mostra la fede come orizzonte tragico e paradossale. 5. Risposta: d). La volontà coincide con la stessa «cosa in sé», cioè con il principio metafisico del reale: è una forza cieca e irrazionale che domina la totalità dei fenomeni. 6. Risposta: b). Le kantiane forme a priori vengono ridotte a tre: spazio, tempo e causalità. Quest ultima accorpa le dodici categorie postulate da Kant. 7. Risposta: a). La volontà è onnipresente: con gradi di oggettivazione diversi, permea di sé tutta la realtà. 8. Risposta: c). «Velo di Maja» è il velo di illusorietà che avvolge i fenomeni: il mondo della pura rappresentazione, l ombra che ci separa dalla cosa in sé. 9. Risposta: c). L ascesi segna il grado più alto della negazione della volontà: mortificare il corpo e il desiderio, interrompere il ciclo delle generazioni. 1. Le reazioni alla filosofia di Hegel: da Kierkegaard a Schopenhauer 17

14 2. Dalla sinistra hegeliana a Marx Di cosa parleremo Il periodo che va all incirca dagli anni 30 dell Ottocento fin quasi alla fine del secolo è caratterizzato da profonde trasformazioni politiche e sociali (moti del 31 e del 48) dalla crescita numerica del proletariato e dalle sue rivendicazioni, dai moti rivoluzionari che mettono in discussione il sistema creato dal Congresso di Vienna (1815), dall avanzare delle istanze nazionalistiche liberali e democratiche, che portarono dopo gli anni sessanta alla nascita di nuovi Stati (Italia e Germania). In questa situazione, la filosofia di Hegel rivela una duplice tendenza: da un lato si erge a baluardo dello stato prussiano (Hegel aveva appoggiato la monarchia costituzionale nazionale instaurata dopo la Restaurazione) e dall altro a difesa dell ortodossia religiosa. Nei confronti di Hegel i suoi discepoli mostrano profonde differenze di atteggiamento: conservatore (destra hegeliana) o critico e innovatore (sinistra hegeliana) riguardo al pensiero del maestro. Per la loro posizione progressista, gli esponenti della sinistra tenderanno, più che quelli della destra, ad arricchire il panorama filosofico di nuove idee e assumeranno un atteggiamento fortemente critico. Hegel infatti con il suo «panalogismo logico» aveva razionalizzato la realtà cancellando ogni forma di pensiero individuale, perciò si dice che la dialettica di Hegel parte dalla «testa», mentre quella della sinistra dai «piedi». Così, al posto dell astratto «sistema universale» creato dall «idea» e dalla «ragione» la sinistra hegeliana esalta l importanza dell individuo, delle sue esigenze, dei suoi limiti e all idea della filosofia intesa da Hegel come mera contemplazione dell idea si sostituisce quella della filosofia impegnata attivamente nella realtà che ci circonda. 1) Destra e sinistra hegeliana: rapporti tra fede e religione 2. Dalla sinistra hegeliana a Marx Posizioni nella scuola hegeliana. La filosofia di Hegel aveva attratto e interessato gli studiosi che alla sua morte (1831) continuarono a riconoscersi nelle idee del maestro, anche se con posizioni differenti. Così, sulla base delle diverse impostazioni critiche all interno della scuola hegeliana si parla di una «destra» e di una «sinistra». Tale divisione prende le mosse dall ambivalenza della dialettica hegeliana che, se da un lato implica il principio di conservazione (il progresso non «supera» il passato, ma lo attualizza, portandolo a compimento), dall altro si fonda sul presupposto del superamento (la realtà è in continuo movimento 18

15 e perenne evoluzione). Tale ambivalenza si presta ad una duplica interpretazione, che prende forma soprattutto sul piano religioso: gli hegeliani di destra prediligono un interpretazione «conservatrice», secondo la quale il sapere filosofico non è in contrasto con la verità di fede, e che entrambi tali aspetti possono convivere; la sinistra ritiene invece che la filosofia vada oltre la religione e rappresenti una forma di sapere superiore. In politica, questi due orientamenti si traducono in posizioni conservatrici da parte della destra e aperture liberali, se non addirittura rivoluzionarie, da parte della sinistra. Alla destra si aggregano i pensatori conservatori e ortodossi (detti anche «vecchi» hegeliani), che si dedicano soprattutto al commento dei testi del maestro e alla diffusione della loro conoscenza e che si rifanno ad Hegel per giustificare razionalmente il cristianesimo, considerato il credo che al meglio esprime la sintesi tra religione e filosofia e sono Karl-Friedrich Göschel (1781/1861), Kasimir Conrad ( ) e Georg Andreas Gabler ( ). La sinistra, invece, opera un ampia revisione critica dalla filosofia partendo dall analisi dei testi biblici, dell interpretazione «umanistica» della religione ed assume un atteggiamento politico progressista che si scontra con la politica reazionaria della Prussia di Federico Guglielmo IV. La sinistra hegeliana: esponenti minori. Gli esponenti della sinistra, o «giovani» hegeliani sono Strauss, Ruge, Bauer (in una seconda fase), Stirner, Feuerbach e gli stessi Marx ed Engels. Esaminiamoli. David Friedrich Strauss ( ) si attirò le critiche di destra e dell ortodossia religiosa per il suo volume Vita di Gesù criticamente elaborata ( ), nel quale, utilizzando categorie hegeliane, sostiene che i racconti evangelici non sono racconti di fatti storici, ma miti, che esprimono quell identità tra uomo e Dio, o tra finito e infinito, che si identifica con il contenuto della filosofia speculativa. La religione, così intesa, porta alla separazione tra mondo umano e divino. A lui si deve, infine, la distinzione tra «destra» e «sinistra» nella scuola hegeliana, ispirata agli schieramenti nel Parlamento francese (a sinistra i progressisti e a destra i consevatori) e basata soprattutto in relazione alle posizioni assunte da ciascun pensatore in materia di religione. Arnold Ruge ( ) fondò l organo della sinistra Annali di Halle per la scienza e l arte tedesca nel 1838, la cui pubblicazione fu bloccata dalle autorità prussiane e poi ripresa nel 1841 con il nome Annali tedeschi; con 2. Dalla sinistra hegeliana a Marx 19

16 2. Dalla sinistra hegeliana a Marx Marx a Parigi nel 1843 fondò un altra rivista della sinistra: gli Annali francotedeschi, anche questa con vita breve per via della rottura tra i due. Nel suo Critica alla filosofia del diritto di Hegel (1842) il filosofo tedesco critica il maestro per non aver ricavato il suo sistema dalla storia, ma averlo costruito aprioristicamente, per poi applicarlo ai fatti storici, schiacciandoli, così, in uno schema presupposto. Per Ruge, dunque, la «razionalità» della realtà non è già realizzata, come per Hegel, ma è ancora da realizzare. Ruge parte dalla critica all idea di religione in Hegel per poi trasferire la polemica più apertamente in campo politico e sociale sul rapporto tra filosofia e storia. Bruno Bauer ( ) vedeva i Vangeli come frutto di una fantasia religiosa e negava l esistenza storica di Gesù. Sosteneva, inoltre, una critica radicale della religione e, tra l altro, fondò diverse riviste, per la divulgazione della sua nuova «filosofia critica». Max Stirner ( ) è considerato uno dei padri spirituali del pensiero anarchico moderno in quanto considerando (come ha fatto Hegel) concetti astratti «Dio», lo «Stato», lo «Spirito», l «uomo» e la «storia» si creano dei «feticci» che solo l individualità e la concretezza dell uomo possono abbattere. Tra le sue opere ricordiamo: L unico e la sua proprietà (1845), pubblicazione immediatamente ritirata con l accusa di blasfemia. Secondo Stirner, Dio Apodittico: cioè che viene imposto dall altro ed essendo ritenuto di per sé già evidente non va dimostrato. 20 Ipostatizzare: personificare, non è che l egoismo umano ipostatizzato*: un rappresentare in concreto concetti astratti. sua cosa più importante, che è la libertà. Dunque essere irreale dinnanzi al quale l uomo sacrifica la la religione è immorale e lo sono anche le filosofie che definiscono apoditticamente* l Umanità e, in tal modo, non riescono a superare la tensione tra quello che l uomo «è» e quello che «dovrebbe essere». L uomo è un individuo libero, autonomo, creatore del proprio destino e, come tale, è padrone della propria forza: l obbedire ad ogni essere superiore indebolisce il senso della sua unicità e gli toglie forza e vitalità. La vera libertà ha come suo centro e fine l io singolo e il suo diritto alla proprietà di se stesso. L unica unione auspicabile tra gli uomini non è una società con le sue gerarchie, ma un associazione che per ognuno deve costituire il mezzo per moltiplicare le proprie forze, da realizzarsi con un insurrezione dei singoli e non con una rivoluzione globale (che instaurerebbe solo altre gerarchie). Di Feuerbach parleremo al paragrafo 2. Anche Marx farà parte inizialmente della sinistra hegeliana, ma poi se ne distaccherà e produrrà diverse opere critiche nei confronti degli altri «giovani hegeliani»: Bauer nella Sacra famiglia (1845); Max Stirner ne L Ideologia tedesca (con Engels); Feuerbach nelle Tesi su Feuerbach.

17 2) Ludwig Feuerbach Vita e opere Ludwig Andreas Feuerbach ( ) studiò teologia e filosofia ad Heidelberg e seguì i corsi di Hegel a Berlino. Già a 25 anni libero docente all università di Erlangen, fu costretto ad abbandonare l insegnamento per via delle sue concezioni religiose espresse nel volume Pensieri sulla morte e l immortalità (pubblicato anonimo nel 1830). Nell opera, infatti, egli si propone di demistificare l impalcatura dogmatica della teologia a favore della centralità dell uomo passando, così, per ateo convinto per le sue tesi coraggiose e anticonformiste. Nel resto della sua vita si dedicò esclusivamente agli studi, vivendo in povertà. Tra le sue numerose opere ricordiamo: i saggi Intorno a filosofia e cristianesimo e Critica della filosofia hegeliana (1839, usciti negli «Annali di Halle»), L essenza del cristianesimo (1841), Tesi preliminari per la riforma della filosofia e Principi della filosofia dell avvenire (1843), L essenza della fede secondo Lutero (1844), L essenza della religione (1846), Teogonia (1857), Lezioni sull essenza della religione (pubblicato nel 1851, da lezioni che tenne ad Heidelberg fra il 1848 e 1849). È considerato uno degli esponenti di maggior spicco della sinistra hegeliana nonché un importante punto di riferimento per lo stesso Marx. Il suo pensiero tese a «rovesciare» in senso umanistico la filosofia hegeliana e affermare la dissoluzione della teologia nell antropologia; negando, così, ogni forma di creazione divina. La critica alla religione e la religione come alienazione. La critica di Feuerbach alla religione, e in particolare al cristianesimo, si basa sull idea che ciò che viene considerato Dio ed adorato, non è che l essenza stessa dell uomo «divinizzata». L uomo, dunque, percepisce questa «essenza» fuori di sé e vive in una condizione di costante alienazione* delle sue qualità più elevate, che deve, invece, essere superata liberandolo dal vincolo religioso che lo fa dipendere da una potenza divina è l attribuzione delle proprie Alienazione: per Feuerbach superiore: l io deve potersi riappropriare della propria qualità ad un essere superiore cui ci si sottomette, creando «essenza umana», riportando a sé (al genere «uomo» una situazione di dipendenza. e non al singolo individuo: visione antropocentrica) L alienazione, in Feuerbach, è quello che generalmente ed erroneamente vede attribuito in passato a Dio (visione teocentrica). prevalentemente spirituale in Marx, invece, è materiale. In psicologia l alienato è colui La vera emancipazione dalla religione è il comprendere che l uomo stesso, la sua essenza, occu- psichiche. che perde le sue normali facoltà pano il posto di Dio, in quanto non è Dio ad aver creato l uomo, ma l uomo ha creato Dio. Tutti i predicati attribuiti a Dio 2. Dalla sinistra hegeliana a Marx 21

18 2. Dalla sinistra hegeliana a Marx (ragione, volontà, cuore) sono in realtà predicati fondamentali dell essenza umana, proiettati fuori di sé, su Dio. L uomo, così, si riappropria del suo valore e torna al centro della filosofia, recuperando il ruolo di perno principale attorno a cui ruota l intera speculazione filosofica. Così facendo Feuerbach mette in evidenza una realtà (sempre ignorata dai pensatori) che si fonda sui bisogni primari dell essere umano: la necessità che al fine di elevare il livello spirituale di un popolo bisogna che lo Stato si adoperi per migliorare la posizione economica e materiale dei suoi cittadini. Questa idea, condivisa anche da Marx, viene compiutamente definita nella nota espressione di Feuerbach: «L uomo è ciò che mangia». In seguito (Lezioni sull essenza della religione) Feuerbach si occuperà anche delle altre religioni, seguendo un percorso storico che ha il suo punto d inizio nella «religione naturale», fondata sul forte sentimento generalizzato di dipendenza che l uomo ha verso la natura e la sua forza. Natura: in essa Feuerbach fa rientrare sia il complesso dei fenomeni atmosferici (natura esterna) sia il complesso dei desideri e degli impulsi individuali (natura interna). 22 Leggere i testi A partire da questo assunto, il filosofo bavarese nella Teogonia (studio sull origine delle «divinità») correggerà il suo totalizzante antropocentrismo, lasciando, accanto all uomo, anche spazio alla natura*, intesa come realtà indipendente dalla sensibilità e dalla coscienza (panteismo). Il nostro compito sarà appunto di dimostrare che l opposizione di divino e di umano è del tutto illusoria, e che, per conseguenza, anche l oggetto e il contenuto della religione cristiana è interamente umano. La religione, quella cristiana almeno, è l atteggiamento che l uomo ha nei confronti di sé stesso, o, più esattamente, nei confronti della propria essenza. Ludwig Feuerbach, L essenza della religione Il rapporto con Hegel e la «nuova filosofia». Inizialmente hegeliano di sinistra (nei Pensieri sulla morte e l immortalità), Feuerbach si staccherà poi da Hegel, sia per le concezioni religiose, sia in campo teoretico affermando, cioè, che l indagine filosofica non parte da «Dio», l «Assoluto» ma «dall uomo nella sua totalità», dalla «testa al calcagno». Nel suo Critica della filosofia hegeliana del 1839 (pubblicato sugli Annali di Halle) critica la dottrina del maestro che verrà seguita poi anche da Ruge e poi dal giovane Marx. Nelle Tesi preliminari per la riforma della filosofia e poi nei Principi della filosofia dell avvenire Feuerbach critica la filosofia di Hegel e in generale tutta la speculazione moderna, in nome della centralità dell uomo e la dissoluzione della teologia nell antropologia.

19 In particolare, Hegel considerava l Assoluto come una realtà astratta e non accessibile al singolo uomo, mentre per Feuerbach il pensiero vero e oggettivo parte dall intuizione sensibile: sono, dunque, i sensi e non l intelletto la fonte di quella certezza che antecedentemente si cercava nel pensiero dell uomo. Solo l umano è razionale. La «nuova filosofia» non si richiama alla verità della ragione in se stessa, ma all uomo integrale: «non quindi ad una ragione inessenziale, scolorita ed anonima, ma ad una ragione imbevuta del sangue dell uomo». Quindi non è il razionale ad essere vero e reale, come afferma Hegel, ma l umano: solo l umano, infatti, è il razionale e l uomo costituisce la misura della ragione. Il rapporto io-tu, cioè il rapporto dell uomo con l uomo, per Feuerbach è il principio supremo della filosofia e costituisce l elemento di universalità, in quanto l essenza dell uomo si esprime soltanto nella vita della comunità umana, che è criterio di verità derivante dall accordo delle percezioni del singolo con quelle della comunità. «La vera dialettica non è un monologo del pensatore solitario con se stesso, ma un dialogo tra io e tu». Paralleli & confronti Con Hegel: Hegel, nel suo sistema, tende a innalzare l umano nel divino dell Assoluto, anche se in un discorso di totale immanenza; Feuerbach rovescia il discorso nell esigenza di considerare Dio o l Assoluto come una mera proiezione delle qualità umane. Con Strauss: così come per Strauss, anche secondo Feuerbach è rilevante il carattere mitico del discorso religioso. Con Marx: per Feuerbach l alienazione umana è sostanzialmente il trasferire, con caratteri di infinità, le qualità dell uomo nel concetto di Dio; nel pensiero di Marx l alienazione umana deriva invece dall assoggettamento a forze economiche che inducono, anzi, l uomo a crearsi l illusione di una esistenza oltremondana. 3) Karl Marx Vita e opere Karl Heinrich Marx nacque a Treviri ( ), studiò a Jena, poi a Berlino, dove entrò in rapporto con i «giovani hegeliani» il cui maestro era il Rettore dell università. Nel 1842 lavorò alla Gazzetta renana, giornale liberale. Nel 1843 il giornale fu soppresso e Marx si recò a Parigi, dove pubblicò nel 1844 il primo ed unico numero degli Annali franco-tedeschi. Dal 1844 iniziò la sua lunga amicizia con Engels. Nel 1845 si stabilì a Bruxelles e Aderì con Engels nel 1847 alla Lega dei comunisti, per la quale scrissero insieme il Manifesto del partito comunista, pubblicato nel Partecipò alla rivoluzione del in Germania. Fu a Colonia, Parigi e infine definitivamente a Londra, dove, nonostante le gravi difficoltà economiche, s impegnò in un intensa attività politica e intellettuale e approfondì la sua critica dell economia politica, scrivendo Il Capitale. 2. Dalla sinistra hegeliana a Marx 23

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