Ruolo della Corteccia Cerebrale del Lobulo Parietale Superiore nel Comportamento Visuo-Motorio

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1 UNIVERSITA DEGLI STUDI DI TRIESTE Facoltà di Scienze Matematiche, Fisiche e Naturali Corso di Laurea in Scienze Biologiche Dipartimento di Fisiologia e Patologia TESI DI LAUREA IN FISIOLOGIA GENERALE Ruolo della Corteccia Cerebrale del Lobulo Parietale Superiore nel Comportamento Visuo-Motorio Laureando: Fabio GERIN Relatore: prof. Piero Paolo BATTAGLINI

2 INDICE INTRODUZIONE 1 LA STABILITA DELLE PERCEZIONE VISIVA 3 LA MAPPA EGOCENTRICA DELLO SPAZIO VISIVO 5 ANATOMIA DELLE VIE VISIVE CENTRALI 7 LA CORTECCIA VISIVA 9 - Area visiva primaria o corteccia striata 9 - Aree visive prestriate 12 Area visiva secondaria o area V2 12 Area V3 12 Area V3A 12 Area V4 13 Area V5 o MT 13 - Aree visive infero-temporali 13 - Corteccia parietale posteriore 13 Aree nel giro parietale mediale 14 Aree nel solco intraparietale (IPs) 15 Aree nel solco parieto-occipitale (POs) 15 Aree nel solco temporale superiore (STs) 16 Aree nel solco lunato (Ls) 17 L ELABORAZIONE DELL IMMAGINE VISIVA OLTRE LA V1 18 I CANALI DEL WHAT and WHERE E DELLA PERCEPTION and ACTION 20 - Il canale ventrale - PERCEPTION Il canale dorsale - ACTION - 23 MODULI VISUOMOTORI 26 Connessioni fra corteccia parietale e frontale 26 Reaching e grasping 28 EFFETTI DELLA LESIONE NELLA CORTECCIA PARIETALE POSTERIORE 29 CASO: UOMO 29

3 Page2 - Disorientamento visivo 29 - Atassia ottica 30 - Negligenza spaziale 31 Teoria attenzionale 32 Teoria rappresentazionale 33 CASO: SCIMMIA 33 COSA SI E SCOPERTO FINO AD ORA? 35 MATERIALI E METODI 37 DESCRIZIONE DEI TESTS 37 - Reaching e grasping 37 - Orientazione del polso 37 - Test di Stein 38 - Discriminazione dell orientamento 39 CHIRURGIA 41 RISULTATI 42 - Reaching e grasping 42 - Test di Stein 43 - Discriminazione dell orientamento 44 DISCUSSIONE E CONCLUSIONE 45 - Reaching e grasping 45 - Localizzazione spaziale (Stein) 48 - Discriminazione dell orientamento 49 BIBLIOGRAFIA 51

4 Page1 INTRODUZIONE IL FATTO DI VEDERE E PER NOI COSA COSI NATURALE CHE E NECESSARIO FARE UNO SFORZO DI IMMAGINAZIONE PER RENDERCI CONTO CHE VI POSSANO ESSERE DEI PROBLEMI ANCORA INSOLUTI Richard L. Gregory, Eye & Brain, 1990 I nostri occhi sono paragonabili a telecamere passive su cui si proiettano le immagini delle cose rovesciate e distorte, ed il risultato è che noi vediamo il mondo circostante nelle sue reali dimensioni spaziali. Riusciamo a dare una interpretazione arbitraria al mondo mediante gli stimoli elementari che colpiscono continuamente la retina: sensazione prodigiosa avvertita quotidianamente senza meravigliarcene troppo. Per realizzare una così complessa analisi, è necessaria una capacità di sintesi di gran lunga superiore a quella impiegata nel risolvere problemi di logica o nel giocare a scacchi. In che modo si sviluppano tali percezioni? Una risposta semplicistica ma verosimilmente vicina alla realtà, potrebbe essere questa: la percezione visiva viene attuata da un unico sistema di cellule (organizzate gerarchicamente) in grado di analizzare l informazione dalla retina alla corteccia striata e quindi alle cortecce visive superiori mediante campi recettivi le cui proprietà divengono sempre più complesse passando da cellule semplici a quelle più complesse e supercomplesse. Ogni area visiva riceve informazioni particolari quali il movimento, la forma o il colore. Tali inputs vengono trasportati lungo le vie separate. Perciò è intuibile che si parli di una specializzazione funzionale che coinvolga la corteccia visiva. Tale concetto è stato introdotto da Semir Zeki (1993) a seguito di esperimenti condotti su primati nella prima metà degli anni 70. Nei suoi esperimenti presenta una vasta gamma di stimoli diversi quali colori, linee con diversi orientamenti e punti che si muovono in varie direzioni. Mediante elettrodi registrava l attività della cellule della corteccia prestriata. In tal modo Zeki riesce ad identificare quattro aree distinguibili perché capaci di rispondere ad attributi diversi (colore, forma e movimento) delle immagini visive: le cellule di una regione detta area V5 (o MT) rispondono al movimento degli stimoli ma non ai colori, le cellule dell area V4 sono sensibili a certe lunghezze d onda e all orientamento dello stimolo ma sono insensibili ai suoi colori. Zeki elabora un altra ipotesi: le informazioni provenienti dalle vie visive sono segregate nelle aree V1 e V2 e da qui distribuite ed inviate alle aree V5, V4 e V3.

5 A livello corticale perciò esistono tre sistemi paralleli relativi ad altrettanti attributi della visione: uno per il movimento, uno per la forma ed uno per il colore. Questa divisione però non ci spiega in che modo vengano unificati i segnali nervosi e come perciò emergano interpretazioni concrete del mondo circostante. Zeki ipotizza una scarica simultanea di tutte le cellule coinvolte nella percezione di uno stesso oggetto ed una vera e propria connessione anatomica fra le cellule: il tutto prevede una enorme rete di comunicazione tra tutte le aree coinvolte nel processo visivo. L integrazione dell immagine visiva quindi non dipende soltanto dall attività simultanea delle cellule nelle diverse aree visive specializzate, ma anche dalla sincronia temporale delle loro risposte. In conclusione, la percezione di un oggetto non è relegata presso un area visiva particolare, ma è il risultato di una attività continua di molte e diverse aree visive connesse reciprocamente. Page2

6 Page3 LA STABILITA DELLA PERCEZIONE VISIVA LA COMBINAZIONE DEI MOVIMENTI DEGLI OCCHI, DELLA TESTA E DEL CORPO PROVOCA CONTINUAMENTE VARIAZIONI DELLA POSIZIONE DELLE IMMAGINI RETINICHE DI OGGETTI STAZIONARI E LE DOMANDE RELATIVE A COME NOI PERCEPIAMO QUESTI OGGETTI IN POSIZIONI STABILI E NON LI CONFONDIAMO CON OGGETTI IN MOVIMENTO, SONO CENTRALI PER LA COMPRENSIONE DELLA PERCEZIONE DELLO SPAZIO E DELLA COORDINAZIONE SENTIVO MOTORIA L. Matin, 1972 Quando gli occhi si muovono, le immagini del mondo visivo si spostano sulla retina. Allo stesso modo, quando gli occhi sono fermi e gli oggetti sono in movimento, la loro immagine retinica si sposta. Ad esempio, quando si osserva una scena statica, gli occhi si muovono continuamente in modo da portare la fovea sui punti di maggior interesse. Nonostante i cambiamenti della localizzazione retinica, si percepisce un mondo visivo stabile. In maniera analoga, quando si segue con lo sguardo un oggetto in movimento, gli occhi si muovono con un moto di inseguimento lento, affinché l immagine dell oggetto venga mantenuta ferma sulla fovea. In tal modo, tutte le altre immagini della scena visiva immobili si spostano sulla retina in quanto essa stessa si sta muovendo in seguito al movimento oculare. Viceversa l oggetto che si sta seguendo viene percepito in moto, malgrado la sua immagine retinica sia stazionaria. Quindi la percezione del movimento non può essere basata solo sui movimenti delle immagini retiniche, dal momento che queste possono muoversi senza che vi sia un movimento reale degli oggetti, così come può esservi un movimento effettivo degli oggetti senza un concomitante spostamento delle immagini retiniche. Per la comprensione del fenomeno della stabilità visiva è utile analizzare le fonti delle informazioni necessarie al sistema nervoso centrale (SNC) per distinguere gli spostamenti dell immagine sulla retina dovuti ai movimenti oculari da quelli generati dal movimento degli oggetti stessi sul campo visivo. Esistono tre tipi di segnali: 1. SEGNALI DALLA RETINA La retina potrebbe fornire segnali visivi diversi in base al fatto che un movimento oculare abbia luogo o meno. In effetti solo quando vengono mossi gli occhi, la maggior

7 Page4 parte delle immagini retiniche si muove consensualmente e in direzione opposta (Gibson, 1966; Mackay, 1970). Perciò il sistema nervoso centrale potrebbe interpretare il segnale di movimento globale come un segnale di movimento oculare. 2. SEGNALI DAI PROPRIOCETTORI DEI MUSCOLI EXTRAOCULARI La posizione degli occhi potrebbe essere dedotta dai segnali provenienti dai propriocettori, di cui sono dotati i muscoli oculari estrinseci. I propriocettori captano le informazioni relative al grado di tensione dei muscoli e le inviano al sistema nervoso centrale, che potrebbe utilizzarle per valutare la presenza e entità dei movimenti oculari. 3. SEGNALI DAI CENTRI OCULOMOTORI Una terza possibilità è che il sistema nervoso centrale venga informato sul movimento oculare da una copia dei comandi (efference copy) che il sistema oculomotore invia ai motoneuroni dei muscoli extraoculari. Questo meccanismo risulta essere verosimile in quanto a differenza di un avambraccio che richiede diverse intensità di segnale in base al peso che deve sorreggere, gli occhi non sono mai sottoposti ad alcun carico. Quindi si può dedurre che i comandi motori vengano sempre eseguiti alla perfezione e perciò il segnale di efference copy potrebbe indicare correttamente la posizione degli occhi in seguito ad un movimento oculare. A tutt oggi non ci è nota quale di queste possibilità permetta di ottenere la stabilità della percezione visiva. Comunque, l ipotesi più accreditata sembra essere quella secondo cui tutti e tre i suddetti inputs vengano utilizzati, anche se con pesi relativi diversi a seconda delle circostanze in cui si trova l organismo. L insieme dei dati sperimentali ottenuti sull animale sembra appunto indicare che il sistema utilizzi più di una fonte (cfr. Carpenter, 1977).

8 Page5 LA MAPPA EGOCENTRICA DELLO SPAZIO VISIVO In che modo, il sistema nervoso centrale utilizza i segnali che consentono di differenziare gli inputs visivi causati da movimenti auto-indotti da quelli dovuti ai movimenti reali? (Mackay, 1973) La risposta più recente ed accreditata sembra essere quella nota come ipotesi valutativa (Mackay, 1973): il SNC è capace di costruire una rappresentazione stabile dello spazio che viene aggiornata saltuariamente e comunque limitatamente a quelle parti in cui si sono verificati dei cambiamenti reali. Un meccanismo valutativo del genere è certamente capace di offrire una percezione stabile associata ad una notevole economia, in quanto limita gli aggiornamenti a piccole porzioni di spazio. In questa rappresentazione interna lo spazio visivo viene codificato, o meglio tradotto, in coordinate egocentriche invece che retiniche. In altre parole, la posizione topografica degli oggetti viene espressa (relativamente alla loro reale posizione spaziale) rispetto al soggetto, e quindi rimane costante nonostante i movimenti oculari e quelli del corpo. Il processo valutativo può essere suddiviso in due fasi successive: 1. Nella prima fase il SNC valuta il contenuto dell informazione sensoriale in funzione dei movimenti in corso. Supponiamo che i comandi del sistema oculomotore siano capaci di controllare l ampiezza di una saccade con una accuratezza del 10%. Immaginiamo che venga compiuta una saccade in virtù della quale si abbia un certo spostamento dell immagine retinica. Quando lo spostamento dell immagine retinica è significativamente diverso da quello previsto per il movimento saccadico (ovvero maggiore del 10%) si verifica un cambiamento di mappa e perciò si avverte un reale spostamento dell oggetto che forma l immagine retinica. 2. Nella seconda fase il SNC valuta se aggiornare la mappa egocentrica. Il soggetto avverte uno spostamento nel campo visivo tutte le volte che la rappresentazione interna viene aggiornata, mentre percepisce un mondo stabile nel caso in cui tale rappresentazione non viene modificata. Il processo di aggiornamento è caratterizzato da due punti: a) Il processo deve specificare non solo la richiesta di un cambiamento nella mappa, ma anche quale cambiamento sia necessario. La modifica deve essere compiuta in modo tale da non alterare le altre caratteristiche, riportate nella mappa. In altre parole l ambiente deve essere rappresentato in modo che si possa modificare adeguatamente la posizione di un oggetto con il minimo disturbo per gli altri suoi attributi (quali forma, colore, ecc.) o quelli dei suoi vicini. b) La velocità di captazione delle informazioni da parte del nostro sistema visivo è bassa rispetto a quella richiesta da un tipico ambiente. Per ovviare al problema, si adotta il

9 criterio di inerzia informativa nell aggiornamento della mappa, ovvero quest ultima viene ritenuta corretta sino a quando non ci sia sufficiente evidenza del contrario. Da ciò si intuisce che non tutti i movimenti reali possono essere percepiti, ma solo quelli di una certa entità. Questa è una soluzione efficiente. Page6

10 Page7 ANATOMIA DELLE VIE VISIVE CENTRALI La retina non è un organo periferico, ma parte integrale del SNC (fig. 1). Essa è un organo sensoriale deputato alla trasduzione della luce in segnali nervosi. Presenta cinque diversi tipi di neuroni, organizzati in una serie di strati successivi: i fotorecettori, le cellule orizzontali, le cellule bipolari, le cellule amacrine e le cellule gangliari. L assorbimento della luce e la sua successiva trasduzione in segnali elettrici è opera dei fotorecettori. L informazione visiva viene poi trasferita da questi alle cellule gangliari mediante le cellule bipolari. A loro volta le cellule gangliari proiettano ai livelli cerebrali superiori. L attività delle cellule bipolari e di quelle gangliari viene integrata e modulata da due tipi di interneuroni: le cellule orizzontali e le cellule amacrine. Gli assoni delle cellule gangliari confluiscono in una zona della retina detta disco ottico e fuoriescono dal bulbo oculare. Qui acquistano la guaina mielinica e si uniscono agli altri assoni per formare il nervo ottico (fig.1). I nervi ottici si uniscono a livello del chiasma ottico. Le fibre provenienti dalla emiretina temporale invece non si incrociano. I fasci di fibre uscenti dal chiasma ottico sono detti tratti ottici. Il tratto ottico di sinistra è formato dagli assoni provenienti dall emiretina temporale sinistra e da quella nasale destra; in tal modo esso convoglia tutte le informazioni relative al campo visivo destro. Questo tipo di disposizione evidenzia che negli stadi iniziali dell analisi visiva, ogni metà del SNC è in relazione con l emicampo visivo controlaterale. La maggior parte delle fibre di ciascun tratto ottico termina nel corpo genicolato laterale (CGL). Le cellule gangliari delle diverse zone della retina proiettano in punti visuotopicamente diversi del CGL (fig. 2). La rappresentazione delle diverse parti della retina non è uniforme: una parte della zona centrale del nucleo è deputata più alla rappresentazione della zona centrale della retina che della sua periferia. Nei primati il CGL è formato da sei strati di sostanza grigia, costituiti da corpi di cellule nervose, separati da altrettanti strati di sostanza bianca formati da assoni, dendriti e pochi corpi cellulari. Ogni strato riceve afferenze da un solo occhio, quindi le informazioni visive, provenienti dai due occhi, rimangono separate. In questa maniera le terminazioni assoniche delle cellule gangliari della retina, in ciascun strato grigio del CGL, sono organizzate topograficamente per formare una mappa retinotopica della metà controlaterale del campo visivo. Ogni strato del CGL contiene una rappresentazione visuotopica dell emicampo visivo controlaterale e le sue mappe sono in registro tra loro. Nel CGL si distinguono anatomicamente due zone: una detta magnocellulare (M, strati 1 e 2), vista la presenza di cellule relativamente grandi e l altra detta parvocellulare (P, strati da 3 a 6), in quanto costituita da cellule più piccole.

11 Fig. 1. Rappresentazione schematica della superficie inferiore del cervello umano. Sono evidenziate le retine, le principali vie visive e la corteccia visiva primaria. Modificata da Zeki, 1993.

12 Fig. 2. Rappresentazione schematica della via retino-genicolata laterale. Si notino la parziale decussazione delle fibre del nervo ottico a livello del chiasma e la differente distribuzione delle fibre del tratto ottico a livello del corpo genicolato laterale. Modificata da Kandel et al., 1994.

13 A causa del basso grado di convergenza delle afferenze retiniche sul CGL, vi si osserva una limitata elaborazione dell informazione visiva. E importante sottolineare che di tutte le afferenze al CGL, solo il 10-20% sono di origine retinica, mentre il restante 80-90% proviene da altre regioni, in particolare dalla sostanza reticolare e dalla corteccia cerebrale. Il ruolo svolto dalle afferenze non retiniche non è ben chiaro. Esse sono connessioni a feedback e la loro funzione probabilmente è quella di controllare il flusso delle efferenze retiniche alla corteccia stessa. Da ciascun CGL si dipartono fasci di fibre, detti radiazioni ottiche, che terminano sul lobo occipitale, dove si trova l area visiva primaria (V1). Page8

14 Page9 LA CORTECCIA VISIVA La corteccia visiva nei primati è molto estesa. Essa comprende circa il 50% di tutta la superficie cerebrale. La corteccia visiva è delineabile a livello dei lobi occipitale, parietale e temporale (fig. 3A). Essa è deputata alla elaborazione delle immagini e presenta un alto grado di organizzazione basata sulle proprietà funzionali delle diverse aree che la compongono. AREA VISIVA PRIMARIA O CORTECCIA STRIATA La corteccia visiva primaria (area V1 o area 17 di Brodmann, fig. 3B) è localizzata nel lobo occipitale (fig. 3A). Riceve le fibre delle cellule di proiezione dal corpo genicolato laterale (CGL). Nelle sezioni trasverse del lobo occipitale, l area 17 è attraversata da una striscia di sostanza bianca detta stria di Gennari, formata da fibre mieliniche provenienti dal CGL. Le connessioni tra il CGL e l area 17 sono organizzate per formare una mappa retinotopica della metà controlaterale del campo visivo. La corteccia striata ha uno spessore di circa 3 mm e presenta sei strati di cellule interposti tra la pia madre e la sostanza bianca. Gli strati sono stati numerati da I a VI a partire dallo strato subito sotto delle membrane meningee. Una buona parte delle fibre afferenti provenienti da CGL termina a livello del IV strato. Tale strato è suddiviso in quattro sottolamine: IV A, IV B, IV C e IV C (cfr. fig. 6). Da un punto di vista funzionale le cellule della corteccia visiva sono organizzate in quattro sistemi colonnari: le colonne di dominanza oculare, le colonne di orientamento, i blob e i motion patches. Le colonne di dominanza oculare Secondo Hubel e Wiesel, la corteccia striata può essere suddivisa in blocchetti verticali formati da cellule che rispondono a stimoli monoculari. Infatti, penetrando la corteccia con un microelettrodo in direzione perpendicolare alla superficie corticale, si registra la attività di tutte le cellule e si constata che esse rispondono preferenzialmente agli stimoli presenti ad un solo occhio. Diversamente, in una penetrazione parallela alla superficie corticale, si riscontra una regolare alternanza nella dominanza oculare: ad intervalli regolari di circa 0.5 mm, le cellule non rispondono più a stimoli presentati ad un certo occhio ma a solo a quelli mostrati all altro occhio.

15 Fig. 3. A: principali aree visive della corteccia cerebrale del macaco. Le frecce indicano aree situate all interno di solchi e quindi non visibili dall esterno. B: suddivisione citoarchitettonica della corteccia cerebrale secondo Brodmann, 1909.

16 Page10 Le colonne di orientamento Hubel e Wiesel, la corteccia striata può essere suddivisa in blocchetti verticali formati da cellule che hanno lo stesso asse di orientamento. Infatti, con una penetrazione verticale, tutte le cellule di cui si registra l attività rispondono ottimamente agli stimoli visivi aventi il medesimo asse di orientamento. Di contro, con una penetrazine parallela alla superficie corticale, si nota un regolare cambiamento dell asse preferito di 10 di ogni m. I blob Sono aree dalla forma cilindrica disposte ad intervalli regolari di circa 0.5 mm negli strati II e III. Secondo Livingstone e Hubel, i blob sono costituiti da cellule sensibili ai colori. I motion selective patches Sono subunità funzionali site esclusivamente a livello dello strato IV B. Esse sono costituite da gruppi di cellule che rispondono sia all orientamento che alla direzione del movimento dello stimolo. E stato adottato il termine di ipercolonna per indicare un blocco di corteccia costituito da un gruppo di colonne di orientamento, di dominanza oculare e da diversi blob. In questa maniera ogni ipercolonna è una unità elementare costituita da tutti gli elementi utili ad analizzare le informazioni provenienti da precise zone del campo visivo. Ogni unità riceve poche decine di migliaia di afferenze dal CGL ed elabora tali inputs incanalando i successivi outputs in almeno tre vie diverse: una relativa al colore, una al movimento ed una alla forma delle immagini visive. Quindi la corteccia ha una struttura ripetitiva del tipo di quella dei cristalli, ossia tutte le attività nervose necessarie all analisi di una zona limitata dal campo visivo, sono ripetute regolarmente ed in maniera precisa sulla superficie della corteccia striata. Le ipercolonne presentano connessioni afferenti ed efferenti mediante cui comunicano con zone diverse del SNC. Tutto ciò consente la costruzione di una rappresentazione sensoriale vera e propria. L organizzazione funzionale della corteccia visiva si basa su due sistemi di connessione che si interscambiano reciprocamente le informazioni: un sistema verticale, formato da ipercolonne ed uno orizzontale capace di collegare colonne funzionali avente medesime proprietà di risposta. E bene precisare che il termine colonna non è del tutto appropriato. Infatti, nel caso delle colonne di dominanza oculare, l aspetto colonnare dipende dalla disposizione della marcatura come appare in sezioni trasversali della corteccia cerebrale. In sezioni tangenziali, invece, è evidente che si tratta di lamine quasi parallele, simili ai dermatoglifi dei polpastrelli delle dita. Comunque è improprio definire un sistema come

17 Page11 colonnare quando un attributo di tali cellule rimanga costante nelle registrazioni verticali e vari in quelle parallele alla superficie corticale. Riassumendo, la corteccia visiva elabora in parallelo l informazione visiva proveniente dal CGL almeno in tre modi: 1. A livello delle colonne di orientamento, decompone ogni parte del campo visivo in brevi segmenti lineari con orientamenti diversi. Ciò rappresenta un passaggio iniziale utile alla discriminazione delle forme e del movimento. 2. Nelle colonne di dominanza oculare, la corteccia combina le afferenze provenienti dai due occhi come primo passaggio di una serie di trasformazioni necessarie per la percezione della profondità. 3. Nel blob segrega le informazioni relative ai colori da quelle relative agli altri attributi della percezione visiva.

18 Page12 AREE VISIVE PRESTRIATE Le aree visive prestriate sono un insieme di aree che ricevono direttamente informazioni dall area V1 (cfr. fig. 6). Nel macaco, primate filogeneticamente vicino all uomo, si distinguono più di venti aree diverse coinvolte nei processi visivi. Area visiva secondaria o area V2 L area V2 è una striscia di corteccia che circonda quasi completamente l area V1 (fig. 3A). Le cellule della V2 sono sensibili all orientamento, alla direzione e alla lunghezza d onda (colore) dello stimolo. Nell area V2, come nella V1, esistono dei compartimenti separati capaci di elaborare e segregare le varie caratteristiche degli stimoli ed inviarle alle rispettive aree superiori specializzate. Esistono due tipi di striscia che si colorano in modo evidente: le strisce spesse e quelle sottili. Esse sono separate le une dalle altre da zone meno colorate, dette interstrisce. Nelle strisce spesse, le cellule sono sensibili alla posizione relativa degli stimoli su due occhi e sono selettive alla direzione ed all orientamento dello stimolo. Nel caso delle strisce sottili, le cellule sono selettive al colore. Le cellule delle interstrisce sono selettive all orientamento. L area V1 invia a quella secondaria connessioni altamente specifiche che rispecchiano una precisa segregazione funzionale. Precisamente le cellule dei blob sono selettive per i colori e sono connesse con le strisce sottili; le cellule degli interblob sono sensibili all orientamento e sono collegate con le interstrisce; le cellule dello strato IV B (alcune sensibili all orientamento dello stimolo, altre selettive all orientamento ed alla direzione dello stimolo) proiettano alle strisce spesse. Area V3 Sita sul fondo e sulla parete posteriore del solco lunato (Ls, fig. 4), questa area contiene cellule selettive alla direzione del movimento dello stimolo ed al suo orientamento. L area in questione è coinvolta nella elaborazione del movimento dello stimolo, della sua forma e nella percezione della profondità (Van Essen, 1985). Area V3A Essa è localizzata sul fondo del solco lunato del solco parieto-occipitale. Presenta neuroni molto sensibili al orientamento degli stimoli visivi. I campi recettivi di questi neuroni sono relativamente piccoli (pochi gradi di angolo visivo) e facili da mappare grazie alla loro alta ed uniforme eccitabilità alla stimolazione visiva (Battaglini et al., 1996).

19 Fig. 4. Rappresentazione schematica della via retino-genicolata laterale. Si notino la parziale decussazione delle fibre del nervo ottico a livello del chiasma e la differente distribuzione delle fibre del tratto ottico a livello del corpo genicolato laterale. Modificata da Kandel et al., 1994.

20 Page13 Area V4 Individuata sulla superficie del giro parietale inferiore. Zeki (1993) vi ha scoperto la presenza di cellule selettive per il colore e l orientamento dello stimolo. Ciò induce a credere che tale area svolga un ruolo importante nel riconoscimento della forma di un oggetto. Area V5 o MT (area mediale temporale) Si trova in parte sul fondo ed in parte nella parete posteriore del solco temporale superiore (STs). Molte delle sue cellule sono selettive per la direzione globale del movimento piuttosto che per la direzione del movimento di singoli oggetti. Sembra chiaro che questa area sia deputata ad una elaborazione più complessa delle informazioni sul movimento rispetto a quella osservata a livello della V1 (Andersen, 1989). L area V5 è la componente di un sistema che ha il compito di percepire il movimento nel campo visivo. AREE VISIVE INFERO-TEMPORALI Occupano una zona compresa fra il solco infero-occipitale ed il polo temporale e tra il fondo del solco temporale superiore (STs) ed il fondo del solco occipitale-temporale. Questa regione è suddivisa in tre parti: una anteriore, una centrale ed una posteriore. Le lesioni di questa zona, sia nella scimmia che nell uomo, provocano grossi deficits nella discriminazione della forma e nel riconoscimento degli oggetti. Molti studi riportano la presenza di cellule che rispondono a stimoli complessi quali facce, disegni o fotografie di facce e di mani. CORTECCIA PARIETALE POSTERIORE Essa è la porzione corticale compresa tra il solco post-centrale (anteriormente), il solco parieto-occipitale (posteriormente), il solco sub-parietale (sulla faccia mediale dell emisfero) e la porzione postero-mediale del solco temporale superiore (lateralmente). La corteccia in questione presenta il lobulo parietale superiore (SPL) e quello inferiore (IPL) (sono stati distinti in zone diverse sulla base della loro citoarchitettura). Secondo Brodmann, esistono le aree 5 e 7 nel lobulo parietale superiore e le aree 39 e 40 in quello inferiore (fig. 5A); secondo Von Economo, le aree PE, in SPL e PF e PG in IPL (fig. 5B). Le diverse aree della corteccia parietale posteriore differiscono fra loro sotto un profilo sia citoarchitettonico che funzionale. Nella scimmia l area 5 è una corteccia solamente somatosensoriale e di associazione somatomotoria. L area 7 è una corteccia associativa visiva, somestesica, acustica e oculomotoria ed è coinvolta nei processi mnemonici ed attentivi (Andersen, 1987). Nell area 7 si distinguono una porzione caudale (area 7A, visiva e visuomotoria) ed una laterale (area 7B, somatosensoriale e somatomotoria) (Hyvarinen, 1981; 1982) (cfr. 3A).

21 Page14 E interessante sapere che i neuroni della corteccia parietale posteriore rispondono molto più attivamente ad uno stimolo inteso come bersaglio per un movimento oculare rispetto a quando quest ultimo può essere liberamente ignorato. Aree nel giro parietale mediale Ogni input visivo che raggiunge il lobulo parietale inferiore (IPL) deriva dalle aree extrastriate e non direttamente dalla corteccia visiva primaria. Area 7A: è connessa con la corteccia prefrontale, con il giro del cingolo, con tutte le aree site all interno del solco temporale superiore, inclusa l area MST. Probabilmente il ruolo svolto dall area 7A consiste nella elaborazione spaziale in quanto essa stessa integra i segnali riguardanti la posizione degli occhi nelle orbite con le informazioni visive. I neuroni di questa area non sono selettivi per la forma e per il colore dello stimolo, ma sono sensibili sia alla profondità che al movimento dello stimolo in profondità. L intensità della risposta di molti neuroni varia in base alla fissazione dello sguardo sullo stimolo e per tale motivo essi sono detti fixation cells. Tali cellule mostrano tre caratteristiche principali: l intensità varia in funzione dell interesse che l animale ha per lo stimolo; molte di queste cellule mostrano, all interno del campo visivo, un gradiente di eccitabilità determinato dalla posizione degli occhi nelle orbite ( gaze sensitive cells ), l attività di questi neuroni cambia insieme alla variazione della direzione dello sguardo. Area 7B: comunica con le aree somatosensitive primarie, con le aree coinvolte nei processi somatosensoriali (come l area 5 e la corteccia dell insula) e con il talamo (pulvinar). Tale area manifesta una certa sensibilità agli stimoli somatosensoriali ed ai movimenti di reaching e di manipolazione. La risposta delle sue cellule agli stimoli visivi che si muovono verso il campo recettivo cutaneo o comunque vicini ad esso, non dipende dalla direzione dello sguardo.

22 Fig. 5. Vista laterale del cervello umano che evidenzia le differenti suddivisioni citoarchitettoniche della corteccia parietale posteriore. SPL = lobulo parietale superiore IPL = lobulo parietale inferiore A: suddivisione della corteccia parietale posteriore secondo Brodmann (1907). PO = solco parieto-occipitale; IP = solco intraparietale; PC = solco post-centrale; ST = solco temporale superiore. B: suddivisione della corteccia parietale posteriore secondo Von Economo (1929).

23 Page15 Aree nel solco intraparietale (IPs) Area LIP (area laterale intraparietale): è localizzata nella parte laterale del solco. Essa proietta ai frontal eye fields ed ai collicoli superiori. Riceve da molte aree extrastriate tra cui l area V5. I neuroni di questa area danno risposte modulate dall attenzione e dalla posizione degli occhi nelle orbite ( gaze sensitive cells ). Questa area sembra essere coinvolta nella programmazione dei movimenti oculari saccadici, in quanto contiene cellule con attività presaccadica, ossia che si attivano prima dell esecuzione del movimento e codificano il movimento oculare stesso in coordinate motorie. Area VIP (area ventrale parietale) sul fondo del solco. Riceve da V5 e MST. Le sue cellule (somatosensitive e visive) rispondono agli stimoli visivi in movimento e sono selettive per la direzione del movimento, specie se lo stimolo è molto vicino alla faccia dell individuo (Colby e Duhamel, 1991), Area MIP (Area mediale intraparietale) nella parete mediale del solco. E connessa con l area PO. Essa comprende cellule somatosensitive, cellule bimodali (sensibili a stimoli somatosensitivi e visivi) e cellule visive. Questi neuroni rispondono bene quando gli stimoli sono vicini (Colby e Duhamel, 1991). Aree PIP (area posteriore intraparietale) nella parte posteriore del solco. E connessa con PO. Area AIP (area anteriore intraparietale) nella parte rostrale della parete posteriore del solco intraparietale. Le cellule di tale area sono attive durante i fenomeni di prensione (grasping) di oggetti dalle forme e dalle dimensioni diverse. La loro attività non è influenzata dai cambiamenti di posizione dell oggetto nello spazio. Quindi la loro attività è correlata con i movimenti distali della mano e delle dita e non con quelli prossimali delle braccia (cfr. Jeannarod et al., 1995). Secondo Sakata et al. (1992), tali neuroni vengono distinti in tre categorie: motor dominant : non mostrano differenze di attività tra buio e luce; visual and motor : sono meno attivi al buio; visual dominant : sono attivi solo alla luce. Aree nel solco parieto-occipitale (POs) Il solco parieto-occipitale rappresenta un breve prolungamento del solco intraparietale (medialmente), dopo la confluenza di questo con il solco lunato (Ls). Area V6 (PO) e V6A costituiscono buona parte della parete anteriore del solco parietooccipitale e la V6A è la più dorsale.

24 Page16 Queste due aree sono ampiamente interconnesse. A differenza dell area V6, la V6A contiene diversi tipi di neuroni: alcuni sono visivi, altri hanno un campo recettivo visivo organizzato in coordinante craniotopiche ( real position cells ), altri ancora si attivano in presenza di stimoli che si muovono molto lentamente, certi richiedono stimoli visivi complessi e taluni mostrano una attività modulata dell attenzione. Questi neuroni presentano un campo recettivo ampio e senza bordi netti rispetto ai neuroni della V6. Identiche invece sono le proprietà di risposta all orientamento e alla direzione del movimento degli stimoli visivi. Le proprietà di queste aree e la definizione del confine tra di esse sono state recentemente descritte da Galletti et al., 1991; 1993a; In conclusione, le due aree contengono zone differenti sia dal punto di vista anatomico che funzionale. Aree nel solco temporale superiore (STs) Area MST (area mediale temporale superiore) nella parte anteriore del solco. Molte delle cellule di tale area rispondono ai movimenti lenti di inseguimento ( smooth pursuit eye movements ) ed altre sono sensibili al movimento relativo, in quanto rispondono all allontanamento ed alla rotazione o all avvicinamento di un oggetto. Infatti, sembra che questa area sia coinvolta nell analisi del movimento e nell esecuzione dei movimenti oculari lenti (Andersen, 1989). A convalidare queste idee vi sono le lesioni fatte nella MST che causano deficits nei movimenti lenti di inseguimento (Dursteler et al., 1986). Nell area MST, l analisi del movimento avviene in questa maniera: 1. Elaborazione delle figure e loro differenziamento dallo sfondo. L area MST integra e distingue tra i movimenti delle figure e dello sfondo già iniziati nell area V5 e quindi questa area è capace di distinguere tra il movimento reale di un oggetto ed il suo movimento relativo, dovuto al fatto che si muova lo sfondo; 2. Presenza di sensibilità per i movimenti simultanei lungo più assi, in associazione alla rotazione di un oggetto o quando esso si muova in profondità; 3. Integrazione di informazioni visive e non visive, che segnalino cambiamenti lenti nella direzione dello sguardo. L integrazione tra i segnali visivi e non visivi (vestibolari) può essere utile per distinguere tra i movimenti reali degli oggetti nel campo visivo e quelli autoindotti (Motter, 1991). Area STP (area temporale superiore polisensoriale) nella parete dorsale e nel fondo del solco. La sua popolazione di cellule è capace di distinguere:

25 Page17 1) Tra la visione di movimenti reali e la visione di movimenti autoindotti 1 ; 2) Tra la visione di movimenti autoindotti che rivestono un significato funzionale per l animale e la visione di movimenti autoindotti che non hanno tale significato. Infatti in questa area esistono neuroni uditivi e visivi perciò capaci di rispondere a modalità sensoriali diverse. Secondo Hietanen e Perret (1993), esistono qui neuroni sensibili al movimento, assolutamente peculiari: se uno stimolo visivo viene mosso di fronte all animale, le cellule scaricano indipendentemente dal tipo di stimolo usato; se il braccio dell animale viene mosso da un agente esterno (es. lo sperimentatore) in modo che l individuo lo veda, la visione del movimento passivo dell arto non attiva questa popolazione di neuroni; nel raggio di azione del suo braccio, i neuroni rispondono alla vista del movimento del braccio nel corso dell atto di prensione. Aree nel solco lunato (Ls) Area Dp (area dorsale prelunata) nel giro prelunato, ossia la parete anteriore del solco lunare. 1 A questo proposito è necessaria una breve digressione per sottolineare la distinzione fra il moto reale di un oggetto ed il suo moto relativo indotto dai movimenti attivi del soggetto. La stimolazione dei sistemi sensoriali di un animale può essere evocata sia da stimoli ambientali che dai movimenti attivi dello stesso animale. Da un punto di vista fisico le due stimolazioni possono essere anche molto simili, tuttavia il significato che l organismo vi attribuisce è molto diverso. In certi casi la stimolazione autoindotta è utile per il controllo dell attività motoria in corso, ma in altri casi essa non ha alcun valore informativo o persino può interferire con l elaborazione delle informazioni provenienti dall ambiente. Per esempio: nei primati durante l esplorazione visiva dell ambiente, gli occhi si muovono continuamente da un punto all altro e, di conseguenza, tutte le immagini della scena si spostano sulla retina. Tuttavia si è del tutto consapevoli di questo ed il mondo che ci circonda viene percepito come stabile.

26 Page18 L ELABORAZIONE DELL IMMAGINE VISIVA OLTRE LA V1 Come le diverse sezioni strumentali di una grande orchestra suonano insieme per produrre una sinfonia, un gruppo di aree cerebrali localizzate, che eseguono ognuna operazioni elementari, opera di concerto per dare luogo ad un comportamento umano osservabile Marcus E. Raichle, 1994 Nel 1975 Zeki formalizza il concetto di specializzazione funzionale della corteccia visiva, in base alla quale le diverse caratteristiche della scena visiva vengono elaborate separatamente. Egli formula l ipotesi secondo cui l area visiva primaria segreghi gli attributi delle immagini e li invii separatamente alle aree extrastriate, specializzate per la loro elaborazione. Sembra che l area V5 sia specializzata nella percezione del movimento, l area V4 in quella del colore e le aree V3 e V3A in quella della forma. Sulla base delle caratteristiche delle risposte neuronali, si ritiene che l informazione visiva si canalizzi in almeno quattro canali funzionali. 1) Percezione del movimento Il sistema prende inizio dalle cellule gangliari M della retina, che comunicano con gli strati magnocellulari del CGL (fig. 6). Il segnale viene inviato allo strato IVC di V1 e da qui ai motion selective patches dello strato IVB. Gli assoni dei neuroni delle strisce spesse proiettano sia all area V5 (o MT) sia nelle strisce spesse dell area V2. Le strisce spesse si uniscono con l area V5 da cui si dipartono fibre che raggiungono la regione parietale posteriore. I neuroni del sistema magnocellulare rispondono rapidamente agli stimoli visivi ma si adattano velocemente e quindi rispondono efficacemente solo se lo stimolo è in movimento. Tali neuroni sono relativamente insensibili ai colori ed hanno una bassa risoluzione spaziale. Si presume che questo sistema sia specializzato nell analisi del movimento e delle relazioni spaziali tra gli oggetti e che contribuisca alla visione stereoscopica.

27 Fig. 6. Rappresentazione schematica della distribuzione dei canali magnocellulare e parvocellulare dalla retina alle aree parietali posteriori ed inferotemporali, attraverso il corpo genicolato laterale e le aree visive V1 e V2. Modificata da Livingstone e Hubel, 1988.

28 Page19 2) Percezione del colore Il sistema parvocellulare nasce dalle cellule gangliari P della retina per poi proseguire agli strati parvocellulare del CGL e raggiungere lo strato IVC della V1. La via continua negli strati I e II dell area V1 raggiungendo poi i blob. I blob comunicano con l area V4 sia direttamente che attraverso le strisce sottili. L area V4 è ampiamente connessa con la corteccia inferotemporale. Sembra plausibile che tale sistema sia specializzato per la visione dei colori. 3) Percezione della forma Questo sistema nasce (come il precedente) dalle cellule gangliari P della retina, che proiettano agli strati parvocellulari del CGL. La via prosegue negli strati II e III di V1, da dove le fibre raggiungono le zone di interblob e le strisce pallide di V2 per unirsi all area V4. Da qui alla corteccia inferotemporale. Tale sistema è deputato probabilmente all analisi della forma degli oggetti. Infatti i suoi neuroni sono sensibili all orientamento dei margini degli oggetti, mostrano grande potere risolutivo e si adattano molto lentamente. 4) Percezione della forma in relazione al movimento Le cellule gangliari M della retina proiettano agli strati magnocellulari del CGL. Il segnale viene inviato alle cellule dello strato IVB della V1 selettive per l orientamento. Dall area V1 i neuroni proiettano all area V3 sia direttamente che con le strisce spesse dell area V2. Infine dall area V3 si dipartono numerose fibre le quali si portano alla corteccia parietale posteriore. In conclusione si distinguono due principali sistemi utili al rilevamento della forma di un oggetto: uno magnocellulare che deriva principalmente dal sistema delle cellule P ed è responsabile della percezione della forma vera e propria; il secondo prende origine dal sistema M e riguarda la percezione della forma in base al suo movimento.

29 Page20 I CANALI DEL WHAT and WHERE E DELLA PERCEPTION and ACTION L analisi visiva che consente ad una persona di identificare una tazza di caffè e di decidere di prenderla, è diversa dall analisi visiva necessaria per il controllo dei movimenti di avvicinamento e di presa, che hanno luogo per raggiungere tal fine. Milner e Goodale, 1993 La percezione visiva è quel processo che consente di dare un significato agli oggetti ed agli eventi del mondo. Essa è concentrata sull oggetto ossia è basata sulle caratteristiche intrinseche e durevoli dell oggetto stesso in modo tale che esso possa essere riconosciuto una volta incontrato in tempi successivi in contesti visivi diversi oppure osservato da punti di vista diversi (Marr, 1982). Al contrario un atto motorio guidato dalla vista, richiede tutta una serie di parametri (quali la localizzazione, l orientamento ed il movimento di un oggetto) calcolati in riferimento al soggetto che compie l azione. In tal modo si definisce una mappa egocentrica: una mappa cioè definita mediante la codifica dei parametri dell oggetto in coordinate egocentriche. Sulla base di queste considerazioni e di test sperimentali, MacKay formula una teoria secondo la quale esistono sottosistemi neurali che consentono la percezione e la localizzazione di un oggetto. Qualche anno dopo nel 1982, Ungerleider e Mishkin ipotizzano la segregazione delle informazioni visive in due differenti canali funzionali a livello della corteccia visiva: uno dorsale detto canale del where utile a codificare la localizzazione spaziale degli oggetti, e l altro ventrale detto il canale del what implicato nel riconoscimento degli oggetti presenti nella scena visiva. Il canale dorsale termina a livello della corteccia parietale posteriore, mentre quello ventrale nella corteccia inferotemporale (fig. 7). Una interpretazione più recente sostiene invece che i due canali funzionali abbiano due ruoli un pò diversi rispetto a quelli proposti dalla suddetta ipotesi (Goodale, 1993a, b; Milner e Goodale, 1993). Infatti, benché entrambi i canali ricevano le stesse informazioni, ossia quelle relative alla forma, all orientamento, alla localizzazione

30 Fig. 5. Canale dorsale (where) e ventrale (what). Profilo di emisfero di macaco con evidenziata, in grigio, l estensione approssimativa della corteccia cerebrale con funzioni visive e, con frecce, la localizzazione dei due canali. Le sigle indicano la suddivisione delle aree corticali secondo Von Economo: O, occipitali; P, parietali; T, temporali.

31 Page21 spaziale e alla profondità degli oggetti, esse le elaborano in maniera fondamentalmente diversa visto il differente fine a cui è preposto ogni canale. Il canale ventrale ora detto della perception, è implicato nella percezione visiva degli oggetti, mentre il canale dorsale ribattezzato con il nome di canale dell action è implicato nelle trasformazioni sensoriomotorie utili ad effettuare azioni guidate dalla vista. I canali dorsale e ventrale non sono totalmente isolati e ricevono contributi sia dal sistema parvocellulare che da quello magnocellulare. Il canale dorsale (action) riceve informazioni dal sistema magnocellulare, mentre quello ventrale (perception) le ricevono entrambi in egual misura. In definitiva, una divisione del lavoro come quella proposta dall ipotesi dell action and perception, conferma l intuizione di MacKay secondo cui l informazione visiva necessaria alla programmazione motoria viene orchestrata da un substrato neurale diverso da quello da dove avvenga l elaborazione dell informazione visiva finalizzata alla percezione di un oggetto. Comunque una rigida divisione del lavoro nel sistema visivo tra un canale e l altro non può essere corretta, come afferma Zeki (1993):... la posizione precisa di un oggetto e le sue relazioni con gli altri oggetti possono aiutare a comprendere l identità, viceversa la forma di un oggetto può aiutare ad identificare le relazioni spaziali....

32 Page22 IL CANALE VENTRALE - PERCEPTION - Una buona parte dei neuroni della corteccia inferotemporale ha una specificità categoriale, ossia risponde selettivamente a stimoli complessi quali facce, mani ed anche alla vista di certe azioni. Questa specificità viene conservata indipendentemente dal colore, dal punto di vista e dalla grandezza della immagine retinica (Gross et al., 1985). Questi ed altri dati sembrano indicare che le elaborazioni fatte dal sistema ventrale consentono la formazione della rappresentazione delle caratteristiche intrinseche dell oggetto. Tali descrizioni centrate sull oggetto, sembrano costituire il mezzo grezzo per la memoria visiva. Sembra che le cellule della corteccia inferotemporale siano utili nel mettere a confronto l input visivo corrente con le rappresentazioni interne delle immagini richiamate dai magazzini della memoria a lungo termine e conservate nelle vicine regioni limbiche e nelle aree del lobo temporale mediale (Meunier et al., 1994). In questa maniera, in funzione della rappresentazione mentale dell oggetto, una informazione visiva viene categorizzata dal cervello come segnale di un certo oggetto conosciuto, indipendentemente dalle condizioni visive nelle quali esso sia osservato. La risposta data dalle cellule del canale ventrale non viene modificata nè dal concomitante comportamento dell individuo nè dall anestesia. Le lesioni localizzate in questo sistema compromettono la capacità di riconoscere gli oggetti, mentre non creano problemi ai movimenti sotto la guida visiva. Nel 1991, Goodale et al. osservano una dissociazione di questo tipo in una paziente (D.F.) interessata da un avvelenamento da monossido di carbonio: non è capace di riconoscere la qualità degli oggetti attraverso i sensi, malgrado l assenza di deficits sensoriali periferici (agnosia). D.F. mostra comunque una normale capacità nel prendere gli oggetti benché manifesti difficoltà nel percepire le caratteristiche intrinseche degli oggetti. Da ciò sembra evidente che le due funzioni, percettiva e di interazione con lo spazio, possono essere dissociate. Altre evidenze sul ruolo del canale ventrale vengono da una sindrome clinica detta prosopagnosia. Tale sindrome è in genere bilaterale e si estende dalla superficie inferiore di entrambi i lobi occipitali sino alla superficie dei rispettivi lobi temporali. I pazienti affetti mostrano difficoltà nel riconoscere le fisionomie dei volti, sebbene conservino una certa capacità di riconoscere gli oggetti. Nel 1962 Hècaen e Angelergues riportano un caso particolarmente grave di un paziente il quale guardando una foto del matrimonio, la commenta così:... due persone... una di

33 Page23 loro potrebbe essere mia moglie, data la sua sagoma... se è mia moglie, l altra persona potrei essere io... (cfr. Sachs, 1985, per la descrizione di altri casi eclatanti). IL CANALE DORSALE - ACTION - Nella corteccia parietale posteriore sono presenti gruppi cellulari discreti implicati nella programmazione e nella esecuzione dei movimenti guidati dalla vista (Mountcastle et al., 1975a; Hyvarinen e Poranen, 1974). La corteccia parietale è paragonabile ad una interfaccia fra il mondo visivo e l azione motoria operata su di esso. Il complesso sistema di coordinazione dei movimenti degli occhi, della testa e delle mani utile alla prensione di un oggetto, richiede la codifica dell informazione visiva nei seguenti parametri: 1. Codifica del movimento degli oggetti Per una corretta programmazione di un atto motorio è necessario sapere se il bersaglio sia in moto oppure se questo rimanga immobile. Nella area V1, V2,V3A e MST (cfr. fig. 3A) della scimmia, esistono popolazioni di neuroni che si attivano preferenzialmente in base al movimento reale di uno stimolo attraverso il loro campo recettivo (Galletti et al, 1984; 1988; 1990; Toyama et al., 1984; Erikson e Thier, 1991). Nell area MST ed in parte in V5 (o MT) vi sono neuroni sensibili sia alla rotazione di uno stimolo che al cambiamento delle sue dimensioni man mano che questo si sposta rispetto all osservatore (Saito et al., 1986). Come già riferito, in STP esistono neuroni visivi capaci di discriminare la visione dei movimenti reali, che rivestono un significato funzionale per l animale, da quella dei movimenti autoindotti che non hanno un tale significato (Hietanen e Perret, 1993). Infatti, durante l esplorazione visiva di un ambiente gli occhi si muovono continuamente da un punto di interesse all altro e perciò tutte le immagini della scena si spostano sulla retina. Tuttavia si è del tutto inconsapevoli di questo ed il mondo ci appare stabile come esso è in realtà. 2. Codifica della localizzazione degli oggetti La conoscenza della posizione degli oggetti nello spazio rispetto all osservatore è essenziale per effettuare qualunque movimento guidato dalla vista verso un bersaglio. Nelle aree V3A e 7A (cfr. fig. 3A) esistono dei neuroni visivi detti gaze sensitive la cui scarica è modulata dalla direzione dello sguardo. Tali neuroni si attivano maggiormente quando la stessa stimolazione retinica viene praticata mentre l individuo

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