Studio dell influenza delle lavorazioni meccaniche ed elettrochimiche sulla morfologia superficiale di manufatti metallici

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1 Università degli Studi di Napoli Federico II DIPARTIMENTO DI INGEGNERIA CHIMICA, DEI MATERIALI E DELLA PRODUZIONE INDUSTRIALE XXVII Ciclo Dottorato di Ricerca in Tecnologie e Sistemi di Produzione Studio dell influenza delle lavorazioni meccaniche ed elettrochimiche sulla morfologia superficiale di manufatti metallici Tutor: Ch.mo Prof. Ing. Antonino Squillace Dottoranda: Ing. Carla Velotti Coordinatore: Ch.mo Prof. Ing. Luigi Carrino

2 INDICE INTRODUZIONE pag. 4 CAPITOLO 1 - Leghe di alluminio: proprietà e applicazioni pag Introduzione pag Generalità sulle leghe di alluminio pag Classificazione delle leghe di alluminio pag Designazione delle leghe di alluminio pag Designazione delle leghe da fonderia pag Designazione delle leghe da lavorazione plastica pag Leganti dell alluminio di maggiore interesse pag Modifiche strutturali delle leghe di alluminio pag Modificazione strutturale per via meccanica pag Modificazione strutturale per via termica pag Designazione dei trattamenti termici di tempra pag Impiego delle leghe di alluminio in campo aeronautico pag. 22 CAPITOLO 2 - I processi di fresatura pag I processi di fresatura pag La fresatura chimica: generalità pag Le fasi del processo pag Mascheranti pag Reagenti pag Tasso di asportazione pag Accorgimenti pag Applicazioni in campo aeronautico pag Problematiche nella fresatura chimica pag La fresatura meccanica: generalità pag Gli utensili pag Modalità di asportazione del truciolo pag Impiego di frese a taglio periferico pag Impiego di frese a taglio frontale pag Scelta dei parametri di taglio pag Vantaggi della fresatura meccanica pag La fresatura a specchio (Milling Mirror System) pag. 45 CAPITOLO 3 - Caratterizzazione: materiali e metodi pag Caratterizzazione: Materiali e Metodi pag Materiale pag Realizzazione dei prodotti pag Piastre fresate chimicamente pag Piastre fresate meccanicamente pag Caratterizzazione della microgeometria superficiale pag Microscopia confocale pag Modalità e attrezzatura di prova pag Caratterizzazione micromeccanica pag Prova di microdurezza pag Modalità e attrezzatura di prova pag Caratterizzazione strutturale pag Microscopia a scansione elettronica (SEM) pag Modalità e attrezzatura di prova pag Caratterizzazione meccanica pag. 76 CAPITOLO 4 - Risultati e analisi pag Risultati e Analisi pag Analisi della morfologia superficiale pag. 80 2

3 4.2.1 Ispezione visiva pag Acquisizioni al microscopio confocale pag Caratterizzazione micromeccanica pag Prove di microdurezza pag Analisi microstrutturale pag Osservazione al SEM pag Caratterizzazione meccanica pag Modalità di cedimento pag. 103 CAPITOLO 5 - Conclusioni pag Conclusioni pag. 107 CAPITOLO 6 Attività di supporto alla didattica pag Didattica attiva pag Didattica passiva pag Collaborazione a progetti di ricerca pag Produzione scientifica pag. 110 BIBLIOGRAFIA pag

4 INTRODUZIONE La produzione industriale o manifatturiera è il processo di conversione di materie prime in prodotti; comprende la progettazione e la fabbricazione di prodotti utilizzando varie tecniche e metodi di produzione. La produzione industriale può riguardare prodotti discreti, nel caso di singole parti o pezzi, oppure prodotti continui che devono essere tagliati in pezzi singoli per diventare prodotti discreti. Un prodotto, poiché è ottenuto mediante una serie di trasformazioni a partire da diverse materie prime, acquisisce un valore aggiunto in termini monetari. La produzione industriale è generalmente un complesso di attività che coinvolge persone con una varietà di conoscenze e competenze, unitamente a una vasta di macchinari, attrezzature e utensili con diversi livelli di automazione. Le attività manifatturiere devono essere rispondenti a numerose esigenze e tendenze: 1. Un prodotto deve soddisfare pienamente i requisiti di progettazione, le specifiche e le normative applicabili. 2. Tale prodotto deve essere fabbricato con metodi meno costosi e nel rispetto dell ambiente. 3. La qualità deve essere incorporata nel prodotto in ogni fase produttiva, dalla progettazione al montaggio, anziché fare affidamento sul controllo qualità finale a valle della produzione. 4. In un contesto globale molto competitivo, i metodi di produzione devono essere flessibili per consentire di rispondere rapidamente alle mutevoli esigenze del mercato, in particolare in termini di tipologie di prodotti, produttività, dimensione dei lotti di produzione e puntualità di consegna al cliente. 5. I nuovi sviluppi relativi a materiali, tecnologie, sistemi di produzione e modelli organizzativi devono essere costantemente valutati ai fini di una loro implementazione tempestiva ed efficiente. 6. Le attività manifatturiere devono essere considerate come sistemi con interazione complesse tra le diverse parti che li costituiscono. Tali sistemi possono essere analizzati al fine di studiare l effetto sulla qualità e sul costo del prodotto di vari fattori. 7. Il prodotto deve lavorare in collaborazione con il cliente per ottenere tempestive informazioni di ritorno per il miglioramento continuo del prodotto. 8. Un azienda manifatturiera deve costantemente adoperarsi per una maggiore produttività, definita come l uso ottimale di tutte le sue risorse: materiali, macchine, energia, capitale, manodopera e tecnologia. La produzione di prodotto è un attività molto importante in quanto la maggior parte dei costi di sviluppo e produzione di un prodotto è determinato dalle prime fasi di progettazione. Il processo di progettazione per un dato prodotto richiede innanzitutto una chiara comprensione delle funzionalità e delle prestazioni attese. Tale prodotto può essere nuovo o il risultato del miglioramento di un prodotto esistente. La progettazione simultanea è un approccio sistematico che integra la progettazione e la fabbricazione dei prodotti con l obiettivo di ottimizzare tutti gli elementi coinvolti nel ciclo di vita del prodotto. La simulazione al calcolatore è uno strumento potente ed efficace per la valutazione delle prestazioni del prodotto e la pianificazione del sistema produttivo, in particolare per i sistemi di produzione complessi. La simulazione al calcolatore aiuta anche nell individuazione tempestiva 4

5 degli errori progettuali, nell identificazione di possibili problemi in un particolare sistema di produzione del prodotto. Oggi è disponibile un ampia e crescente varietà di materiali, ciascuno con proprie caratteristiche, composizioni, applicazioni tipiche, costi, vantaggi e limitazioni. I materiali generalmente utilizzati nella moderna produzione industriale sono: 1. Materiali ferrosi: acciai al carbonio, acciai legati, acciai inossidabili, acciai per stampi e utensili. 2. Metalli non ferrosi e leghe: alluminio, magnesio, rame, nichel, superleghe, titanio, metalli refrattari, berillio, zirconio, leghe bassofondenti e metalli preziosi. 3. Metalli polimerici: termoplastici, termoindurenti ed elastomeri. 4. Ceramici: vetroceramici, vetro, grafite e diamante. 5. Compositi: polimeri caricati, compositi a matrice metallica e a matrice ceramica, strutture a nido d ape. 6. Nano-materiali, leghe a memoria di forma, schiume metalliche, leghe amorfe, superconduttori e semiconduttori. Ciò che si valuta di questi materiali sono: Proprietà dei materiali: meccaniche, fisiche e tecnologiche. Costi e disponibilità. Durata e riciclaggio Il continuo progresso tecnologico e la ricerca di soluzioni tecniche all avanguardia, finalizzate al miglioramento delle prestazioni dalla fase di design a quella di processo, hanno permesso all uomo di raggiungere negli ultimi anni risultati straordinari, spingendosi sempre più alla ricerca del proprio limite, linea sottilissima che divide la realtà dalla semplice immaginazione. All interno di questo contesto si inseriscono i notevoli passi in avanti conseguiti dall industria aeronautica e aerospaziale, da sempre locomotive dell innovazione e promotrici dello sviluppo e dell applicazione di materiali ingegneristici avanzati. In quest ottica ha avuto inizio il mio percorso, formativo e di ricerca, di dottoranda che mi ha permesso di arricchire le mie conoscenze, dandomi la straordinaria possibilità di affrontare nuove sfide ed esperienze. Il prosieguo delle principali attività, svolte da me, in questi tre anni di Dottorato in Tecnologie e Sistemi di Produzione, si sono sempre incentrate sullo sviluppo e qualificazione di metodologie innovative di indagine sperimentale per la caratterizzazione meccanica e superficiale di materiali e prodotti. Le Tecnologie di Produzione sulle quali ho focalizzato la mia attività di ricerca sono state: Tecnologie Innovative di Saldature: configurazioni testate: Lap Joint, Butt Joint e Trasparency Joint. Cold Spray. Formabilità a Caldo di Leghe di Titanio. Fresatura chimica e meccanica di leghe leggere di alluminio. Pin on disk su piastre in titanio con e senza ossidazione termica. Per quanto riguarda le caratterizzazione dei materiali mi sono occupata: Prove di Durezza Prove di Usura. Caratterizzazione Superficiale: acquisizioni di superfici per il calcolo della rugosità. 5

6 Capitolo 1 Le Leghe di Alluminio: Proprietà e Applicazioni 6

7 1.1. Introduzione Le leghe di alluminio sono estesamente utilizzate per molteplici ragioni, quali il costo relativamente basso; la facilità di fabbricazione che consente di lavorare e formare componenti strutturali di forma complessa, correlata direttamente a costi inferiori; il basso peso, che nel campo dei trasporti in cui urge la necessità di leggerezza, gioca indubbiamente un ruolo fondamentale; e ancora il fatto che possono essere trattate termicamente sino a livelli di resistenza alquanto grandi, permettendo di raggiungere elevati rapporti resistenza/peso Generalità sulle leghe di alluminio Pochi elementi in natura si prestano a costituire un numero così elevato di leghe come l'alluminio. Quando si combina con altri elementi, le caratteristiche di questo metallo, che allo stato puro è tenero e duttile, cambiano radicalmente. Basta un solo esempio: l'ossido di alluminio (Al2O3) o corindone (i cristalli trasparenti della migliore qualità sono più conosciuti come zaffiri e rubini), è la sostanza naturale più dura dopo il diamante, con durezza relativa 9 nella scala Mohs. Tornando alle leghe metalliche, le peculiarità in comune per tutte sono: bassa temperatura di fusione compresa tra i 510 ed i 650 C; basso peso specifico, compreso tra 2,66 e 2,85 gr/cm3; elevatissima conducibilità elettrica e trasmissività termica; % di Alluminio maggiore del 95%; Le differenze tra le diverse leghe sono, invece, straordinarie. La resistenza meccanica a trazione, ad esempio, varia dai 650 kg/cm 2 della lega ai kg/cm 2 della 7075 T6. Il rapporto tra massa e caratteristiche meccaniche, fanno si che il materiale più utilizzato nelle industrie aerospaziali ed aeronautiche sia oggi la lega di alluminio. La resistenza alla corrosione è altrettanto variabile da lega a lega. Per le leghe della serie 5000 questa caratteristica è classificata ai massimi livelli. Le leghe della serie 7000 sono invece classificate con resistenza alla corrosione da insufficiente a pessima, a dispetto delle eccezionali proprietà meccaniche. Caratteristiche intermedie si possono raggiungere utilizzando le leghe della serie 2000, in cui la presenza del rame e del magnesio ne favorisce l utilizzo sia in ambienti corrosivi sia in applicazioni ad elevato stress meccanico. Con la presenza di altri elementi quali il silicio ed il manganese (che comunque non superano mai l 1%), e soprattutto con adeguati trattamenti termici e processi di incrudimento, le caratteristiche tecnologiche vengono ottimizzate per raggiungere il massimo risultato nell ambito della particolare applicazione. Attraverso opportuni trattamenti termici si passa da valori di MPa per Rm dell alluminio commercialmente puro, a valori di MPa per Rm delle leghe. Si arriva quindi ad avere le proprietà tipiche degli acciai comuni, risparmiando in peso e quindi migliorando in efficienza. Queste leghe, similmente al metallo puro, possiedono basso peso specifico e, generalmente, buona conducibilità termica. In virtù però dell elevata resistenza raggiungibile presentano, a differenza del metallo puro, una resistenza specifica particolarmente elevata. 7

8 Il modulo elastico delle leghe di alluminio dipende dagli elementi contenuti; Ni, Fe, Cu, Si, Mn danno luogo ad un aumento del modulo di Young nella lega, proporzionale al rispettivo modulo E. Il magnesio, che normalmente fa diminuire il modulo elastico della lega, ha effetto opposto qualora questa venga sottoposta a particolari trattamenti. È inoltre da segnalare che, in virtù del tipo di reticolo caratteristico dell alluminio, esso presenta un comportamento favorevole per gli impieghi a bassa temperatura. Al diminuire dalla temperatura, infatti, la resilienza (l energia immagazzinabile a rottura) sia dell alluminio che delle sue leghe, non varia apprezzabilmente mentre la duttilità e la resistenza meccanica crescono per quasi tutti i materiali. Risulta essere notevole anche il coefficiente di dilatazione termica lineare (doppio di quello del ferro) al quale occorre rivolgere la massima attenzione quando siano da realizzare accoppiamenti con materiali diversi esposti a variazioni termiche. L alluminio, e le sue leghe in varia misura in funzione dei leganti introdotti, presenta notevoli caratteristiche di imbutibilità, duttilità, malleabilità: esso cioè si presta in modo particolare a tutte le operazioni di lavorazione plastica sia a freddo che a caldo. Così i lingotti ottenuti in fonderia possono essere estrusi a barre, profilati o tubi, o laminati a caldo per ottenere lamiere o altre forme anche di grosso spessore. Gli estrusi possono essere trafilati a freddo fino ad ottenere le dimensioni desiderate. Così pure i laminati possono essere ulteriormente lavorati, ma a freddo, fino a raggiungere anche spessori di qualche millesimo di millimetro. Altre operazioni di formatura, alle quali si presta l alluminio senza difficoltà sono: a caldo, la fucinatura e lo stampaggio; a freddo, l imbutitura e l estrusione per urto. La lavorazione all utensile dell alluminio non presenta difficoltà: devono però essere impiegate velocità di taglio elevate, per cui si richiedono macchine robuste. La colabilità dell alluminio, e in particolar modo delle sue leghe, è tale che questi metalli costituiscono una classica categoria di materiali da fonderia. A questo processo tecnologico, in virtù anche del maggior coefficiente di ritiro che esso presenta (1,8% analogo all acciaio), l alluminio puro si presta meno delle sue leghe. La caratteristica tecnologica meno vantaggiosa di questo materiale, collegata alla sua affinità per l ossigeno ed alle caratteristiche del suo ossido, è la non buona saldabilità, sicché l unione di lamiere di alluminio è tuttora eseguita preferenzialmente tramite chiodatura o rivettatura. Nella figura 1.1, sono riportate le caratteristiche delle principali leghe di alluminio al variare della composizione chimica, cioè al variare della natura chimica degli elementi alliganti. 8

9 Figura 1.1- Effetto degli elementi alliganti sulle proprietà meccaniche. Pur essendo numerosi i metalli con sufficiente affinità ed in grado di formare leghe con l alluminio, quali ad esempio Ag, Cu, Si, Mg, Mn, Fe, Ti, Ni, Zn, Sn, Be e Cr, solo alcuni di essi trovano applicazioni come veri e propri leganti. Sono da considerare leganti quegli elementi che caratterizzano la lega, ossia che ne determinano e ne definiscono le proprietà e le peculiarità. Nella pratica industriale i leganti dell alluminio risultano essere il rame, il silicio, il magnesio, lo zinco ed il manganese, che possono essere aggiunti singolarmente per formare leghe binarie, o abbinati ad altri per formare leghe complesse. Di recente messa a punto è anche una lega avente come legante il litio: tale lega, che presenta caratteristiche di grande interesse tecnico, è attualmente allo stadio delle prime applicazioni. Altri elementi possono essere aggiunti alle leghe di alluminio per modificarne o migliorarne le proprietà e le caratteristiche, con funzione quindi di correttivi. Tali elementi, pur non essendo necessari per definire le peculiarità tecniche di una lega, sono introdotti per ottenere modifiche strutturali, fisiche o tecnologiche, come ad esempio l affinazione del grano, la neutralizzazione di alcune impurità nocive, l innalzamento della temperatura critica di ricristallizzazione, il miglioramento della lavorabilità all utensile e l incremento di resistenza ad elevata temperatura. Fra gli elementi utilizzati come correttivi nelle leghe di alluminio si ricordano Mn, Fe, Ni, Ti, Sn, Cr, B e Zr. Tranne alcune eccezioni di scarsa rilevanza, tutti gli elementi metallici sono completamente solubili nell alluminio allo stato liquido, motivo per il quale i vari elementi destinati alla preparazione di leghe binarie vengono aggiunti sostanzialmente per introduzione diretta dell elemento nell alluminio fuso. Tuttavia è possibile ricorrere all introduzione nell alluminio fuso di una lega sempre di alluminio, generalmente binaria, precedentemente realizzata e contenente il legante nella massima percentuale possibile, compatibilmente con la temperatura di fusione conseguente. Questa lega viene denominata lega madre. Il primo metodo è impiegato per quegli elementi che presentano punto di fusione inferiore o uguale a quello dell alluminio. Il secondo metodo viene applicato per tutti gli elementi che, pur disciogliendosi egualmente nell alluminio fuso, in ragione principalmente della loro elevata temperatura di fusione, presentano una velocità di dissoluzione piuttosto bassa. I vari elementi precedentemente ricordati esplicano la loro azione non soltanto sulle caratteristiche fisiche, chimiche e meccaniche della lega, ma anche sulle caratteristiche tecnologiche: ad esempio 9

10 influiscono sulla colabilità per variazione della fluidità del liquido, della fragilità di ritiro o dell entità del ritiro di solidificazione Classificazione delle leghe di alluminio Le leghe di alluminio di impiego industriale vengono correntemente suddivise in due grandi categorie: Leghe da lavorazione plastica. Leghe da fonderia. Tale distinzione, associata alle tecnologie di trasformazione, è solo in parte giustificata teoricamente, in quanto essa risponde soprattutto a criteri pratici: così nel primo gruppo sono comprese leghe destinate a lavorazioni per deformazione plastica sia a caldo che a freddo, come ad esempio la laminazione, la fucinatura, la trafilatura, l estrusione, etc.., mentre nel secondo gruppo rientrano leghe destinate alla realizzazione di getti per colata in terra, in forma metallica o sotto pressione. A tale suddivisione, si sovrappongono altri criteri di classificazione: In base alla composizione chimica. In funzione dell attitudine al trattamento di bonifica. In relazione all impiego specifico cui sono destinate. Con riferimento al primo criterio le leghe sono suddivise in funzione del legante, il quale, appositamente aggiunto, conferisce alla lega particolari proprietà che poi la caratterizzano. Ne derivano le seguenti classi di leghe: 1. Leghe Al Si, aventi buona colabilità. 2. Leghe Al Cu, caratterizzate da alta resistenza meccanica, in particolar modo a caldo. 3. Leghe Al Mg, caratterizzate da buona resistenza alla corrosione ed ottima saldabilità. 4. Leghe Al Zn, aventi notevoli proprietà ad alta temperature. 5. Leghe Al Mn Ni, caratterizzate da elevate proprietà meccaniche ad alta temperatura. 6. Leghe Al Mn, caratterizzate da buona lavorabilità per deformazione plastica. In base al secondo criterio di classificazione le leghe possono essere suddivise in: Leghe bonificabili. Leghe non bonificabili. Ciò deriva dalla disponibilità o meno delle leghe ad essere indurite tramite un opportuno trattamento termico chiamato appunto bonifica. Nel caso di leghe non bonificabili, incrementi di durezza sono possibili solo tramite lavorazioni plastiche a freddo o più in generale tramite incrudimento del materiale. Le leghe non suscettibili di bonifica, sono quelle contenenti magnesio, manganese e silicio, insieme all alluminio puro. 10

11 Si tenga comunque presente che durante le operazioni di saldatura, il calore generato dalla stessa potrebbe annullare gli effetti dell incrudimento, causando un abbassamento della durezza proprio in quelle zone che subiscono l alterazione termica. Le leghe bonificabili, invece, possono trarre giovamento da un trattamento termico, e gli effetti termici della saldatura possono favorire in certi casi un ulteriore incremento di durezza. In base al terzo criterio, e cioè in relazione agli impieghi caratteristici delle varie leghe, è possibile effettuare la seguente classificazione: 1. Leghe per usi generali, impiegate laddove prevalgono esigenze di carattere fisico meccanico. 2. Leghe resistenti a caldo, destinate alla realizzazione di componenti per i quali si prevede un utilizzo a temperature superiori ai 120 C. 3. Leghe resistenti alla corrosione, utilizzate per la realizzazione di componenti per i quali è previsto un impiego in ambienti particolarmente aggressivi. Si può inoltre menzionare il fatto che, così come avviene per gli acciai, i vari produttori attribuiscono un proprio nome alle diverse leghe: è il caso questo della lega 2024 T3 nota anche con il nome di Avional Designazione delle leghe di alluminio La UNI classifica le leghe da fonderia e da lavorazione plastica indicandole rispettivamente tramite le lettere G e P, seguite da una simbologia legata ai vari leganti, agli eventuali elementi correttivi aggiunti, ed al loro tenore in termini percentuali. A questa simbologia se ne aggiunge immediatamente un altra, indicante il trattamento termico subito e l eventuale entità del processo di incrudimento, valida soltanto per le leghe da lavorazione plastica. Attualmente i vari elementi di alligazione vengono indicati col loro simbolo chimico; nel passato, invece, si utilizzavano dei simboli convenzionali come di seguito indicato nella tabella Tabella 1.1- Designazioni convenzionali. Questo tipo di designazione negli ultimi anni è stato abbandonato a favore di un sistema di tipo numerico, leggermente diverso a seconda che si riferisca a leghe da fonderia o a leghe da deformazione plastica. Sarà a questa nuova nomenclatura che faremo riferimento nel corso di questo lavoro. 11

12 Designazione delle leghe da fonderia Come accennato nel paragrafo precedente, oltre alla nomenclatura tradizionale, per le leghe da fonderia si farà riferimento ad un sistema di designazione ANSI di tipo numerico, ripreso dalla UNI Secondo questa designazione la lega viene indicata tramite quattro cifre le quali incorporano una separazione decimale la cui funzione è quella di identificare la forma del semilavorato, ossia se esso è in forma di getto o di lingotto. Nella figura che segue sono riportate le designazioni delle principali leghe di alluminio Figura 1.2- Designazione delle leghe di alluminio. La prima cifra indica il gruppo di appartenenza della lega in base alla composizione chimica, e quindi in base al legante principale, secondo il seguente schema: 1xx.x Alluminio in percentuale 99.00%. 2xx.x Rame. 3xx.x Manganese, con aggiunta di silicio e/o magnesio. 4xx.x Silicio. 5xx.x Magnesio. 6xx.x Magnesio e Silicio. 7xx.x Zinco. 8xx.x Stagno. 9xx.x Altri elementi. Per le leghe dalla 2xxx alla 8xxx, il gruppo di lega è determinato dal legante presente in percentuale maggiore, eccetto il caso in cui la composizione esistente qualifica la lega come una modificazione di una precedente lega già designata. Se la percentuale maggiore è comune a più di un elemento legante, il gruppo della lega è determinato dall elemento che viene prima nella sequenza. Le seconde due cifre individuano la specifica di lega di alluminio o, nel caso di alluminio non legato, serie 1xx.x, indicano la purezza. L ultima cifra, divisa dalle altre tramite un separatore decimale, indica la forma del semilavorato: 0 se trattasi di getto, 1 se di lingotto. Le modificazioni della lega originaria o i limiti di impurezze per l alluminio non legato, sono indicate da lettere che precedono le quattro cifre di designazione. Le lettere sono date in ordine alfabetico partendo dalla lettera A ma omettendo la I, la O, la Q e la X. Quest ultima in particolare è riservata alle leghe sperimentali. Come nel caso delle nomenclature 12

13 tradizionali è possibile aggiungere una indicazione sull eventuale trattamento termico subito. Per le leghe da fonderia, non esiste ancora una designazione internazionale utilizzata in tutti i Paesi: negli USA, ad esempio, esistono tre diverse normative (TM, SAE, AMS) basate su criteri diversi Designazione delle leghe da lavorazione plastica Anche per le leghe da lavorazione plastica si fa cenno alla designazione numerica, vista la larga diffusione che questa ha nella pratica. Ci riferiamo alla designazione convenzionale della Aluminum Association (A.A.) americana, un organo associativo fra fabbricanti di alluminio e sue leghe. Il sistema di designazione convenzionale elaborato dalla Aluminum Association prevede l individuazione del tipo di lega leggera o di alluminio tecnico mediante un numero di quattro cifre significative: La serie 1xxx, individua l alluminio puro o tecnico, con percentuale uguale o superiore al %. La serie 2xxx, individua come alligante principale il rame (Al Cu, Al Cu Mg, Al Cu Mg Si). Esponente di questa classe è la lega 2024, o AlCu4Mg1 secondo la designazione tradizionale (UNI 3565), che ha come elementi di alligazione rame, magnesio e manganese, rispettivamente in percentuali massime del 4,9 %, 1,8 % e 0,9 %. La serie 3xxx, individua come elemento principale di alligazione il manganese (Al Mn, Al Mn Mg, Al Mn Si) e trova svariati impieghi per lavorazioni plastiche. Le leghe al manganese presentano elevate temperature di rammollimento e fusione, ed hanno buone doti di formabilità nella fabbricazione di lamiere ad elevato allungamento. La serie 4xxx, individua come alligante principale il silicio (Al Si) che è, dopo il ferro, l impurezza più importante dell alluminio puro. La serie 5xxx, è caratterizzata, come principale elemento di alligazione, dalla presenza del magnesio (Al Mg), che conferisce alla lega particolari doti di resistenza alla corrosione. La serie 6xxx, costituisce un ibrido tra la 4xxx e la 5xxx, in quanto i principali elementi di alligazione sono magnesio e silicio (Al Mg2 Si). Tale classe è idonea ai trattamenti termici con lo scopo di realizzare la formazione desiderata di precipitati, tali da migliorare le caratteristiche meccaniche. La lega più diffusa appartenente a tale classe è la lega 6061, o P AlMg1SiCu secondo la designazione tradizionale (UNI 3565), contenente lo 0,60 % di silicio, lo 0,30 % di rame e lo 0,20 % di cromo. Il rame contribuisce a migliorarne ulteriormente le caratteristiche meccaniche, mentre il cromo è impiegato per controllarne la struttura intergranulare. Tale lega costituisce un ottimo compromesso tra caratteristiche meccaniche, saldabilità e resistenza meccanica, rendendola idonea alla lavorazione plastica, ai trattamenti termici e all utilizzo strutturale. La serie 7xxx, individua come alligante principale lo zinco (Al Mg Zn2 o Al Mg Zn Cu), che ha lo scopo di migliorare la resistenza e la durezza dell alluminio puro. Con l aggiunta di altri alliganti, in particolare Mg, Cu e Cr, si evitano i problemi di bassa resistenza a corrosione e bassa resistenza meccanica a caldo. Tali leghe, come la 7075, hanno una buona lavorabilità all utensile e sono in genere autotempranti, ossia induriscono per invecchiamento naturale. Ciò consente loro di recuperare, anche senza ulteriore trattamento termico, fino all 80 % delle caratteristiche originali nella zona termicamente alterata della saldatura. Questo richiede periodi piuttosto lunghi, generalmente fino a tre 13

14 mesi: se la giunzione saldata è sottoposta ad un nuovo invecchiamento artificiale, il ripristino delle caratteristiche meccaniche originarie può essere completo. Un grosso problema di queste leghe è la pessima saldabilità, ancora peggiore di quella della serie 2xxx imponendone di fatto i collegamenti mediante rivettatura, con l insorgere di lesioni per fatica nonché di inevitabili irregolarità e discontinuità dimensionali della superficie nelle zone interessate dal collegamento. La serie 8xxx, comprende quale principale elemento di alligazione lo stagno (Al Sn), per ottenere leghe con basso coefficiente d attrito, oppure, più importante, il litio (Al Li), ottenendo straordinarie caratteristiche meccaniche e ottima resistenza criogenia (alle basse temperature). La serie 9xxx: leghe particolari. Secondo tale schema di designazione, la prima cifra del numero che individua la lega si riferisce al gruppo di appartenenza. La seconda cifra definisce le eventuali varianti della lega originaria, a cui è riservato il numero 0: essa mi consente di individuare la composizione chimica. Le ultime due cifre individuano le singole leghe comprese nell ambito del gruppo; per il primo gruppo, invece, indicano il grado di purezza dell alluminio: ad esempio, la lega 1050 corrisponde ad un alluminio tecnico contenente il 99,5% di alluminio. 1.5 Leganti dell alluminio di maggiore interesse Nei precedenti paragrafi abbiamo visto come in virtù della tipologia dell' elemento di alligazione le caratteristiche delle leghe di alluminio cambiassero in maniera significativa. In questo paragrafo si vogliono analizzare in maggiore dettaglio quali siano i principali leganti dell alluminio ed in che maniera ed entità possano modificarne le proprietà. Naturalmente ogni legante può contribuire a formare leghe binarie o leghe complesse, ragione per cui è necessario effettuare una netta distinzione. Nei paragrafi che seguono si considererà soltanto il caso in cui ogni legante tenda a formare composti binari, in modo da poter leggere le trasformazioni che la lega subisce, al variare di composizione e temperatura, su un apposito diagramma di stato. Rame Esiste una particolare classe di leghe leggere di alluminio contenenti buone percentuali di rame: stiamo parlando delle leghe della serie Per poterne capire sino in fondo le peculiarità è necessario esaminare il diagramma di equilibrio della lega alluminio rame, nella figura 1.3, limitatamente alla parte di maggiore interesse per lo studio delle leghe di alluminio, in quanto la concentrazione massima in peso difficilmente supera il 6 %. 14

15 Figura 1.3- Diagramma di stato alluminio rame. Questo diagramma, a due componenti, è la porzione di un tipico diagramma che riflette una miscibilità completa allo stato liquido ed una miscibilità parziale allo stato solido. Come è possibile notare, il rame a temperatura ambiente presenta una solubilità nell alluminio dello 0,30% in peso e forma una soluzione solida monofasica denominata α. Al di sopra di tale percentuale, mantenendoci sempre nel campo delle temperature ambienti, si forma una struttura mista di soluzione α e del composto CuAl2, contenente circa il 54% di rame, e presentando una elevata fragilità. Si ha un eutettico fra questo composto e la soluzione per una concentrazione del 33 % in peso di rame: a questo tenore corrisponde il più basso valore di temperatura a cui è possibile trovare la sola fase liquida. Inoltre poiché il CuAl2 fonde alla temperatura di 548 C, sarà proprio a questa temperatura che si avrà la massima solubilità del rame nell alluminio, pari al 5,65 % in peso. Dal punto di vista meccanico, la principale influenza del rame è un aumento della durezza, che si traduce in un elevato valore dello snervamento e quindi in un aumento del carico a rottura, in dipendenza dalla quantità presente in lega. Questo effetto può essere praticamente sfruttato solo fino a tenori massimi di rame del 12 % circa, in quanto al di sopra di tale valore la lega presenta una fragilità tale da rendere impossibile ogni applicazione pratica. La buona resistenza meccanica della lega col rame si mantiene anche a temperature elevate: per questo motivo le leghe di alluminio rame sono utilizzate per impieghi a caldo, ossia a temperature superiori ai 100 C. Caratteristica negativa di tali leghe è lo scadimento della resistenza alla corrosione, anche se il legante è contenuto in piccole percentuali. Per tale motivo nelle leghe della serie 2000, molto spesso, si aggiungono piccole percentuali di magnesio. Inoltre tali leghe sono caratterizzate da bassa saldabilità, tanto è vero che gli elementi strutturali sono solitamente collegati mediante rivettatura. Per quanto riguarda le caratteristiche tecnologiche, il rame, se contenuto in tenori al di sotto del 2%, dà luogo ad una diminuzione della colabilità e ad un aumento della fragilità di ritiro. Questa sua influenza, però, si inverte quando il tenore di rame in lega supera il 5%. 15

16 Silicio Tra i leganti di maggiore interesse nella realizzazione delle leghe di alluminio vi è, oltre al rame, anche il silicio, che caratterizza le serie 4000 e Come nel caso precedente se ne analizzeranno le peculiarità mediante l utilizzo di un diagramma di stato, visibile in figura 1.4. Figura 1.4- Diagramma di stato alluminio silicio È possibile notare come il silicio e l alluminio siano completamente miscibili allo stato liquido, mentre la solubilità allo stato solido è assai scarsa sia a temperatura ambiente sia alla temperatura eutettica, raggiungendo un massimo dell 1,65 % di silicio in peso dissolubile nell alluminio. Silicio e alluminio danno luogo a soluzioni solide di silicio in alluminio, denominata α, e di alluminio in silicio, denominata β, che presentano un eutettico α + β alla temperatura di 577 C per un tenore di silicio dell 11.7 % in peso. La presenza in lega del silicio fa aumentare, in proporzione al tenore del silicio stesso, le caratteristiche di resistenza e di durezza della lega, senza che si riduca sensibilmente la sua duttilità: una lega eutettica, ad esempio, è ancora sufficientemente tenace. Lo stesso fenomeno di incremento delle proprietà non accade se siamo interessati ad analizzare la resistenza alla corrosione delle leghe di alluminio contenenti silicio. Infatti tale parametro di interesse non risulta molto sensibile al tenore di silicio in esso contenuto: a tal proposito è necessario dire come gli elementi in lega alluminio silicio siano considerati di resistenza media. Magnesio Il magnesio, al pari del rame e, come si vedrà in seguito, dello zinco, gioca un ruolo fondamentale nelle caratteristiche delle leghe di alluminio, andando a conferire alle leghe che lo contengono buoni doti di resistenza alla corrosione anche quando è presente in piccole percentuali. Esso, che costituisce l elemento principale della serie 5000, presenta, al pari dei precedenti leganti, una completa miscibilità nell alluminio allo stato liquido. Il diagramma di stato del sistema binario Al Mg è rappresentato in figura 1.5. In esso è possibile rilevare che la solubilità del magnesio in alluminio a temperatura ambiente è del 2.95 % in peso, mentre la massima solubilità allo stato solido è del 15,35 %, che si registra ad una temperatura di 451 C. Il magnesio, come accennato in precedenza, conferisce alla lega particolari doti di resistenza alla corrosione: da questo punto di vista si è riscontrato che tali leghe presentano 16

17 caratteristiche migliori anche dell alluminio puro in presenza di ambienti alcalini o in ambiente marino. Al fine di migliorare le caratteristiche di resistenza alla corrosione di leghe contenenti tenori di magnesio superiori al 7%, a volte viene eseguita una sorta di trattamento di tempra con lo scopo di ottenere una struttura soprassatura monofasica α. Figura 1.5- Diagramma di stato alluminio magnesio. Al fine di migliorare le caratteristiche di resistenza alla corrosione di leghe contenenti tenori di magnesio superiori al 7%, a volte viene eseguita una sorta di trattamento di tempra con lo scopo di ottenere una struttura soprassatura monofasica α. Ciò, purtroppo, non comporta miglioramenti determinanti di caratteristiche meccaniche, che sarebbero stati auspicabili per fare di queste leghe un ottimo elemento strutturale. Le leghe Al Mg presentano una buona resistenza a caldo, anche se inferiore a quella delle leghe Al Cu, ed hanno particolari doti di duttilità e lavorabilità, per cui si prestano particolarmente alle giunzioni mediante saldatura, purché praticate in assenza di ossigeno. Fino a tenori del 10%, il magnesio produce un generale aumento delle caratteristiche meccaniche. In linea generale le leghe da lavorazione plastica presentano un contenuto di magnesio che varia dall 1 al 5 %, mentre quelle da fonderia dal 3 al 10 %. In pratica, il magnesio viene introdotto in lega con l alluminio fino a tenori massimi del %. Il magnesio è un elemento assai utilizzato anche per la formazione di leghe ternarie con Cu, Si e Zn; in particolar modo la lega Al Mg Si costituisce una importante classe di leghe da trattamento termico, impiegabili sia in fonderia che in lavorazione plastica, caratterizzate da elevate proprietà meccaniche associate a buona resistenza alla corrosione. Zinco Una classe particolarmente interessante di leghe di alluminio è sicuramente la serie 7000, contenente come principale elemento di alligazione lo zinco. Per poterne capire sino in fondo le caratteristiche e le peculiarità è necessario approfondire quali siano i benefici apportati da tale legante. Per far ciò è sufficiente analizzare il diagramma di stato alluminio zinco, presentato in figura

18 Figura 1.6- Diagramma di stato alluminio zinco Si può subito notare come lo zinco sia l elemento che ha la solubilità più elevata nell alluminio, formando con esso un eutettico ad una concentrazione del 95 % in peso di zinco, alla temperatura di 382 C. Ma è soltanto con l aggiunta di un ulteriore elemento, il magnesio, che tale tipologia di leghe ha avuto un notevole sviluppo. Infatti, generalmente, le leghe binarie alluminio zinco non vengono usate, in quanto si preferiscono quelle Al Zn Mg: si tratta di leghe da trattamento termico che sviluppano le caratteristiche meccaniche, in particolar modo a trazione, più elevate tra tutte le leghe d alluminio. Lo zinco ne aumenta la resistenza e la durezza, oltre a favorire l autotemprabilità della lega, che presenta così buona lavorabilità alle macchine utensili e, nella maggior parte dei casi, scarsa saldabilità mediante saldature per fusione. Vengono utilizzate per strutture aeronautiche e di mezzi di trasporto, ed in generale per parti molto sollecitate. 1.6 Modifiche strutturali delle leghe di alluminio Per le leghe di alluminio vi è la possibilità di raggiungere ulteriori incrementi di talune proprietà mediante opportuni trattamenti che, proprio secondo determinate procedure, rendono la lega adatta a scopi specifici. Le caratteristiche strutturali di una lega, in generale, oltre che dal tipo di legante, dalla sua specifica influenza e dal relativo diagramma di equilibrio, dipendono anche dalla successione degli stati di equilibrio che si raggiungono nel corso del raffreddamento. In questo contesto, è quindi evidente l importanza che assume la velocità di raffreddamento sia allo stato liquido che allo stato solido nel determinare la formazione di strutture diverse. La velocità di raffreddamento, durante la solidificazione, agisce direttamente sulla coalescenza dei costituenti e determina il verificarsi o meno di eventuali reazioni secondarie fra cristalli solidificati e liquido circostante. Invece, la velocità di raffreddamento della lega allo stato solido ha fondamentale importanza in rapporto al fenomeno di soprassaturazione della soluzione. Quando la solubilità di un costituente diminuisce con la temperatura, fenomeno che avviene quasi in tutti i 18

19 casi, un rapido raffreddamento della soluzione solida può impedire, o quanto meno alterare, la graduale separazione di tale costituente. La struttura di una lega è suscettibile di modificazioni, come noto, anche attraverso opportune deformazioni in campo plastico, indotte sia a caldo sia a freddo. In conclusione, per le leghe in genere e per quelle di alluminio in particolare, si può affermare che le caratteristiche strutturali, e quindi le proprietà meccaniche, fisiche e tecnologiche, siano legate alla composizione chimica della lega, dalla quale dipendono determinati equilibri strutturali, nonché dalla eventuale modificazione di questi equilibri. Una loro modificazione, come prima visto, può essere ottenuta mediante intervento sul liquido o sul solido. A tal proposito si possono distinguere le seguenti modalità di modificazione strutturale: Con azione sul liquido: Sono detti trattamenti di modificazione. Con azione sul solido: Per via meccanica (lavorazioni plastiche). Per via termica (trattamenti termici). Per quanto riguarda i trattamenti di modificazione è sufficiente ricordare che l aumento della velocità di raffreddamento di un getto, nel caso in cui ciò non dia luogo a vere e proprie variazioni, è causa di affinamento della struttura, in quanto determina la formazione di un maggior numero di germi di cristallizzazione e, di conseguenza, minori accrescimenti di questi. Come conseguenza si hanno miglioramenti di carattere meccanico, a patto che non sia compromessa l integrità e la buona esecuzione del getto. L aumento della velocità di raffreddamento si può ottenere con fusione in conchiglia, anziché in terra, garantendo una più rapida asportazione di calore, oppure con l introduzione nella lega fusa di altri elementi, quali lo stronzio e l antimonio, che pur non rientrando nella lega sono in grado di modificarne la struttura cristallina. Le modificazioni strutturali di maggiore interesse sono comunque quelle ottenute sul solido, per via meccanica e per via termica. Per via meccanica ricordiamo principalmente i meccanismi di indurimento, mentre per via termica ricordiamo i processi di tempra, invecchiamento, bonifica e ricottura Modificazione strutturale per via meccanica Generalmente una lega di alluminio è costituita da una soluzione solida normalmente indicata con α e da un costituente separatosi durante il raffreddamento per raggiunto limite di solubilità. La soluzione, essendo molto ricca di alluminio, presenta caratteristiche molto simili ad esso, ossia resistenza e durezza limitate ma grande plasticità. Al contrario, il costituente separato risulta assai resistente, duro e fragile. Esso può presentarsi nella matrice di soluzione α sotto forma di cristalli dispersi oppure con tendenza a formare una sorta di edificio cristallino in seno alla matrice. La presenza del costituente duro contribuisce ad aumentare la resistenza del materiale, in particolare quando questo si presenta secondo l ultima forma descritta. Sottoponendo una lega a deformazione plastica, si verificano tutti quei fenomeni che generalmente si riassumono come incrudimento del materiale: relativamente alla soluzione α, si registra cioè un aumento di resistenza e durezza corrispondente al grado di incrudimento indotto, ed un affinamento del grano dovuto alla frantumazione degli edifici cristallini. Il costituente duro partecipa solo come indurente in tutti gli stati di incrudimento: qualora però abbia realizzato all interno della soluzione α una sorta di edificio cristallino, la lega assume 19

20 caratteristiche più simili a quelle del costituente stesso, ossia la lega risulta resistente, dura e relativamente fragile. Una lavorazione plastica a freddo, in questo caso, dà luogo alla parziale distruzione dell edificio cristallino del composto intermetallico, cosicché dopo la deformazione il costituente si presenterà in forma più dispersa, attenuando la sua influenza come indurente ma aumentando la plasticità del materiale. In pratica, si verifica una modificazione del metallo provocata dall incrudimento che consiste nella formazione di strutture disorganizzate, dal punto di vista cristallografico, tali da avvicinarsi allo stato amorfo. Tali deformazioni plastiche hanno carattere di discreta permanenza strutturale quando si verificano al di sotto della temperatura di ricristallizzazione, ossia quando sono eseguite a freddo Modificazione strutturale per via termica Con il nome trattamenti termici si intende un insieme di operazioni di riscaldamento e raffreddamento mediante le quali vengono conferite al materiale particolari caratteristiche meccaniche e strutturali. Le modificazioni ottenibili allo stato solido per via termica sono strettamente dipendenti dal diagramma di stato della lega. Nelle leghe di alluminio si verificano fenomeni tali da giustificare l applicazione di una serie di trattamenti termici al fine di modificare le strutture con conseguente variazione delle caratteristiche. In linea di principio, i trattamenti che trovano applicazione nelle leghe di alluminio possono essere così riassunti: Tempra strutturale, detta anche tempra di solubilizzazione o di soprassaturazione, a seconda dei fenomeni che hanno luogo con questo trattamento. Invecchiamento o riprecipitazione. Ricotture di vario tipo, cioè di omogeneizzazione, di eterogeneizzazione, di distensione, di ricristallizzazione e di stabilizzazione. È bene ricordare come l insieme dei trattamenti di tempra ed invecchiamento prende il nome di bonifica. La tempra, intesa come trattamento atto ad ottenere una struttura particolare mediante la soppressione di trasformazioni che il diagramma della lega prevede, può essere applicata: A leghe che presentano trasformazioni allotropiche allo stato solido, ossia che possono assumere forme diverse e manifestare proprietà fisiche e chimiche diverse: è questo il caso degli acciai. A leghe che presentano variazioni di solubilità di un costituente. Alcune delle leghe di alluminio costituiscono l esempio più diffuso e rappresentativo del secondo tipo di tempra. Ovviamente molte altre leghe, anche non di alluminio, possono essere sottoposte a tempra strutturale. L applicazione pratica del trattamento viene però limitata a quelle leghe in cui, per le proprietà indurenti del precipitato, è possibile ottenere sensibili miglioramenti delle caratteristiche. La tempra, quando eseguita su pezzi finiti, ha lo scopo di impartire alla lega adatte caratteristiche meccaniche, aumentandone la durezza e la resistenza a trazione; essa causa però anche una notevole diminuzione della resilienza, dell allungamento e della strizione, per cui è di regola abbinata ad un successivo trattamento d invecchiamento, il cui obiettivo è quello di rendere significativi i miglioramenti ottenibili con la tempra. Nelle leghe da lavorazione plastica, è poi possibile ottenere notevolissime caratteristiche meccaniche eseguendo una deformazione plastica dopo i trattamenti termici, sovrapponendone quindi gli effetti. 20

21 1.7 Designazione dei trattamenti termici di tempra Il sistema di designazione dei trattamenti termici usato negli Stati Uniti per l alluminio e le sue leghe viene utilizzato per i prodotti in ogni loro forma ad eccezione dei lingotti. Tale sistema è basato sulla sequenza di trattamenti meccanici o termici utilizzati per produrre le variazioni delle caratteristiche volute. La designazione del trattamento di tempra che consiste in una singola lettera maiuscola, segue quella della lega ed è da essa separata mediante un trattino. Ulteriori informazioni in merito al trattamento di tempra o alle successive lavorazioni per deformazione plastica sono fornite mediante l aggiunta di una o più cifre dopo la lettera. Queste cifre denotano la specifica sequenza di trattamenti, i quali producono la voluta combinazione di caratteristiche nei prodotti. Nell elenco seguente vengono indicate le designazioni relative al trattamento di tempra di solubilizzazione. Per questo trattamento si utilizza la lettera T, seguita da un numero che va da 0 a 10 per indicare una specifica sequenza di procedure, in termini di ricottura od invecchiamento. T0 o 0: materiale semplicemente ricotto e lasciato raffreddare lentamente. In tal modo, se si tratta di una lega di alluminio da deformazione plastica si ha la completa ricristallizzazione. Si ottengono così buona duttilità e stabilità, ma minori caratteristiche meccaniche. T1: raffreddamento da elevata temperatura in processi di modellazione ed invecchiamento naturale a condizioni sostanzialmente stabili. Questa designazione si applica a prodotti che non sono lavorati a freddo dopo la modellazione ad alte temperature come la colata o l estrusione e per i quali le proprietà meccaniche sono stabili dopo l invecchiamento. T2: raffreddamento da elevate temperature in processi di modellazione, lavorazione a freddo e invecchiamento naturale fino a condizioni stabili. Queste variazioni si riferiscono a prodotti che sono lavorati a freddo specialmente per incrementare la resistenza dopo il raffreddamento da lavorazioni a caldo come la laminazione o l estrusione e per i quali le proprietà meccaniche vengono stabilizzate da un processo di invecchiamento. T3 e T351: trattamento termico di tempra di soluzione, lavorazione a freddo ed invecchiamento naturale. Il processo T3 viene applicato a prodotti che sono lavorati a freddo per incrementare le caratteristiche meccaniche dopo la tempra di solubilizzazione e per i quali si ha la stabilizzazione delle proprietà meccaniche dopo l invecchiamento. L ultima specifica X51 si applica a lamiere spesse, a laminati o stampati a freddo: questi sono caratterizzati da notevole incrudimento e non vengono sottoposti a raddrizzatura. T4 o TN: trattamento termico di tempra di soluzione e invecchiamento naturale a condizioni stabili. Si riferisce a prodotti che non sono lavorati a freddo dopo la tempra di solubilizzazione e per i quali le proprietà meccaniche si stabilizzano dopo l invecchiamento. T5: raffreddamento da elevate temperature di processi di modellazione e invecchiamento artificiale. Il trattamento T5 fa riferimento a prodotti che non sono lavorati a freddo dopo processi di modellazione ad elevate temperature come la colata in getti o l estrusione e per i quali le caratteristiche meccaniche sono incrementate dal trattamento termico di precipitazione (invecchiamento artificiale). T6 o TA: tempra di soluzione ed invecchiamento artificiale. Si riferisce a prodotti che non sono lavorati a freddo dopo la tempra di solubilizzazione e per i quali le proprietà 21

22 meccaniche e la stabilità dimensionale ricevono un incremento sostanziale dopo l invecchiamento artificiale. T7: tempra di soluzione ed iper-invecchiamento o stabilizzazione. Si riferisce a prodotti da lavorazione plastica che hanno subito un invecchiamento artificiale al di la del punto di massima resistenza per incrementare particolari caratteristiche come la resistenza alla tensocorrosione e la corrosione di esfoliazione. T8: tempra di solubilizzazione, lavorazione a freddo ed invecchiamento artificiale. Questa designazione si riferisce a prodotti che sono lavorati a freddo soprattutto per incrementare la resistenza dopo la tempra di solubilizzazione e per i quali le caratteristiche meccaniche o la stabilità dimensionale sono raggiunte dopo il trattamento di invecchiamento. T9: tempra di solubilizzazione, invecchiamento artificiale e lavorazione a freddo. Si fa riferimento a prodotti lavorati a freddo per incrementare la resistenza dopo che essi hanno subito la precipitazione. T10: raffreddamento da temperature elevate di processi di modellazione, lavorazione a freddo e invecchiamento artificiale. Il trattamento T10 si riferisce a prodotti che sono lavorati a freddo per incrementare la resistenza dopo il raffreddamento da lavorazione a caldo come laminazione o estrusione e per i quali le proprietà meccaniche hanno subito un incremento dall invecchiamento artificiale. 1.8 Impiego delle leghe di alluminio in aeronautica L'alluminio ha svolto un ruolo fondamentale nel settore aeronautico da quando ha cominciato a sostituire il legno nei primi anni del 1920/1930. Le leghe di alluminio ad alta resistenza costituiscono il materiale più importante per realizzare le fusoliere, le ali e le componenti strutturali degli aerei di linea e militari. Il dominio nelle applicazioni aeronautiche specie negli anni precedenti all'anno 2000 è mostrato in fig. 1.7 [1]. Sebbene nei futuri aerei commerciali il loro ruolo sarà sempre più aggredito dal crescente utilizzo di materiali compositi, le leghe di alluminio ad alta resistenza sono, e rimarranno, un materiale importante per la struttura di un aereo. Anche su un aereo militare che presenta una percentuale di materiale composito compresa in un intervallo tra il 20-30%, l'alluminio gioca ancora un ruolo significativo. Uno dei parametri fondamentali nella progettazione degli aerei è il rapporto fra la potenza del motore ed il peso del velivolo, denominato potenza specifica. Obiettivo dei progettisti è sempre stato quello di aumentare tale rapporto, e considerando la modesta potenza resa disponibile dai motori nella prima metà del secolo scorso era logico aspettarsi l utilizzo di materiali leggeri. La scelta di un uso così intensivo di leghe leggere per le strutture aeronautiche è da ricondursi oggigiorno non certo al fatto di avere a disposizione motori di piccola taglia, come poteva avvenire nei primi anni del 900, quanto alla possibilità di diminuirne il peso, conseguendo così un duplice vantaggio riscontrabile nella riduzione del quantitativo di combustibile utilizzato e in un aumento della capienza dei velivoli. 22

23 Figura Dominio delle leghe di alluminio nella strutture aeronautiche prima dell'anno 2000 Tutto ciò si traduce in un notevole risparmio economico, dati i costi odierni del combustibile, o in maniera simile in un aumento dei profitti delle compagnie aeree che vedono in questo modo crescere la capacità delle loro flotte aeree. Le prime leghe utilizzate per le realizzazione di strutture aeronautiche sono state quelle alluminio rame. Nel tempo lo sviluppo di leghe con caratteristiche meglio adattabili all uso aeronautico ha fatto sì che anche le leghe 7000, alluminio zinco, si ritagliassero una spazio sempre più grande. 23

24 Capitolo 2 I Processi di Fresatura 24

25 2.1 I processi di fresatura Componenti e parti meccaniche, realizzate mediante processi tecnologici primari (tecniche fusorie, deformazione plastica a caldo e a freddo, etc.) richiedono l impiego di processi tecnologici di lavorazione per asportare materiale prima che il prodotto sia pronto per l utilizzo finale. Nella maggior parte delle applicazioni ingegneristiche infatti, le parti devono risultare intercambiabili per poter funzionare in modo affidabile ed appropriato nel corso della vita utile attesa per il componente. E quindi necessario ottenere tolleranze dimensionali, tolleranze di forma e finiture superficiali spesso non compatibili con quanto i processi tecnologici primari sono in grado di realizzare. E inoltre necessario garantire la ripetibilità nell ottenimento di tali caratteristiche e selezionare, tra le possibili alternative offerte dai processi tecnologici disponibili, soluzioni economicamente sostenibili ed in grado di competere con le alternative proposte dal mercato. Sebbene il termine lavorazione sia genericamente utilizzato per descrivere l asportazione di truciolo, possiamo distinguere differenti processi classificabili come segue: 1. Processi di taglio, che utilizzano utensili con geometria definita come la fresatura meccanica; 2. Processi che utilizzano abrasivi (ad es. rettifica), con utensili (le particelle abrasive) di geometria non definita; 3. Processi non-convenzionali (laser, plasma, waterjet, etc.) che utilizzano differenti meccanismi di rimozione del materiale e differenti forme di energia come la fresatura chimica [4]. A seguire sono descritte le tecnologie di fresatura chimica e quella meccanica; in particolare si fa luce sulle applicazioni in campo aeronautico e sulle problematiche connesse alla fresatura chimica e i vantaggi offerti della fresatura meccanica. Ulteriormente sarà presentata una nuova tecnologia di fresatura meccanica destinata a diventare l'unica valida alternativa al processo di fresatura chimica per la lavorazione delle lamiere dei pannelli per le fusoliere degli aerei. 2.2 La fresatura chimica: generalità Le lavorazioni per asportazione di truciolo, sono estremamente potenti e flessibili e ben si adattano alle esigenze industriali, in termini di qualità e di numerosità produttiva. Ciononostante si possono presentare situazioni nelle quali tali processi non sono efficienti, convenienti o addirittura possibili, per le seguenti ragioni: la durezza e la resistenza del materiale è molto alta (tipicamente superiore ai 400 HB) oppure il materiale è troppo fragile; il pezzo da lavorare è troppo flessibile, esile o delicato per sopportare le forze applicate dall utensile oppure esso è difficile da staffare; la morfologia del pezzo è complessa, presenta sagomature interne o esterne oppure fori non circolari di profilo complicato; i requisiti in termini di rugosità superficiale e/o di tolleranze dimensionali sono troppo restrittivi per essere ottenuti con tecnologie convenzionali; l incremento di temperatura dovuto all azione dell utensile ed i conseguenti sforzi residui nel pezzo non sono accettabili; è necessario lavorare nuovi materiali (metalli e non metalli), tipici delle costruzioni aerospaziali, quali le leghe di titanio, di nichel e di cobalto, i vetri, le ceramiche ed i carburi. 25

26 In questi casi è necessario adottare metodi produttivi sottrattivi, ma non fondati sull asportazione meccanica del materiale da parte di un utensile solido, bensì su fenomeni particolari (ultrasuoni) o principi chimici (fresatura chimica), elettrochimici (fresatura elettrochimica) o termoelettrici (elettroerosione). La fresatura chimica si basa sulla capacità di certi reagenti chimici di attaccare i metalli asportando piccole quantità di materiale superficiale. Cambiando le caratteristiche dei reagenti è possibile utilizzare questo processo per lavorare un ampia varietà di metalli. La fresatura chimica permette di ottenere riduzioni di spessore o cavità e tasche di alleggerimento in lamiere, piastre, pannelli, forgiati. Essa può essere adottata anche per componenti di grandi dimensioni (le vasche per i reagenti talvolta raggiungono le dimensioni di 4x15m), da cui si rimuovono sottili strati di materiale che possono però raggiungere anche spessori ragguardevoli (fino a 12-15mm). La fresatura chimica dà luogo a finiture superficiali la cui qualità dipende dal tipo di materiale; La rugosità superficiale dipende altresì dalla profondità della penetrazione: allorché la profondità aumenta, la finitura peggiora, avvicinandosi ai valori più alti. I danni metallurgici provocati dalla fresatura chimica sono in genere limitati, di solito non più profondi di 5 μm. Talvolta possono però verificarsi fenomeni di corrosione preferenziale e attacco intergranulare, i quali peggiorano le proprietà superficiali. Inoltre, la fresatura chimica di strutture saldate o brasate può dar luogo a superfici irregolari. Infine, la fresatura chimica dei getti di fusione può generare irregolarità superficiali causate da porosità e disuniformità del materiale Le fasi del processo La tecnica di fresatura chimica consta dei seguenti passi, schematizzati nella Fig. 2.1: 1. Se la parte da lavorare è interessata da tensioni residue provocate da precedenti lavorazioni, tali tensioni devono essere rimosse, attraverso un opportuno trattamento termico, prima della fresatura chimica al fine di evitare successive deformazioni. Figura Schema generale del processo di fresatura chimica. 2. Le superfici devono essere accuratamente pulite e sgrassate per assicurare una buona adesione della mascheratura (per la quale spesso si ricorre a materiali resistenti all'attacco chimico) ed una uniforme asportazione. 3. Viene eseguita la mascheratura. Si utilizzano comunemente nastri adesivi o vernici, ma molto spesso si preferiscono elastomeri (gomma e neoprene) e plastica (polivinile, polietilene, polistirene) per ottenere mascherature più precise ed efficaci. 26

27 4. Si elimina la mascheratura, incidendola ed asportandola con una lama, nelle zone dove la superficie del pezzo verrà esposta all'attacco chimico. 5. Il pezzo viene immerso nel reagente. Le superfici da lavorare sono così esposte all'azione della soluzione di idrossido di sodio (per leghe di alluminio), acido nitrico o idrocloridico (per gli acciai comuni) o cloruro di ferro (per gli acciai inossidabili). Per ottenere una asportazione uniforme è importante controllare la temperatura della soluzione e mantenerla in movimento mediante l'azione di un agitatore come indicato in Fig. 2.2 a). Figura a) Illustrazione schematica del processo di fresatura; b) cavità a gradini ottenuta per fresatura chimica. 6. Dopo la lavorazione le parti devono essere risciacquate accuratamente per evitare che il reagente chimico residuo continui ad attaccarne la superficie. 7. Viene rimossa la mascheratura ed il pezzo può essere ispezionato e controllato dimensionalmente. 8. Ulteriori operazioni di finitura possono essere effettuate dove necessario. Questa sequenza di operazioni può essere ripetuta per ottenere cavità a gradino o profili particolari, come mostrato in Fig. 2.2 b) [5] Mascheranti I materiali di mascheratura possono essere costituiti da neoprene, polivinilcloruro PVC, polietilene, polipropilene o altri elastomeri e polimeri. La tecnica di mascheratura cut and peel consiste nell applicazione del mascherante sull intera superficie tramite immersione, pennellatura o spruzzatura fino ad ottenere uno spessore di μm. Una volta completato l indurimento, la parte eccedente del mascherante viene ritagliata con un utensile tagliente e strappata via dalle porzioni di superficie che devono esser rimosse. Generalmente, l operazione di taglio viene eseguita manualmente con l ausilio di apposite dime. La tecnica del cut and peel è adatta alla realizzazione di componenti di grandi dimensioni, prodotti in piccola serie, dotati di tolleranze dimensionali non più strette di +/-0.075mm, come quelli delle costruzioni aerospaziali Reagenti corrosivi I liquidi corrosivi devono essere scelti in base alla natura del materiale da asportare, alla profondità ed al rateo di asportazione, nonché ai requisiti in termini di finitura superficiale. Essi devono altresì essere compatibili con i materiali di mascheratura per garantire che questi ultimi non vengano 27

28 chimicamente attaccati. La Tab.2.1 elenca più in dettaglio tali reagenti, indicando i materiali che da essi possono essere attaccati ed i relativi ratei di asportazione. Tabella Materiali, reagenti e ratei di asportazione Tasso di asportazione Nella fresatura chimica, i ratei di asportazione sono in genere indicati come ratei di penetrazione (in mm/min), poiché il gradiente di attacco chimico del materiale in lavorazione è diretto perpendicolarmente e verso la sua superficie. Nel caso si vogliano ottenere rastremazioni progressive, p.e. di componenti estrusi devono essere disponibili grafici parametrici che legano il rapporto di rastremazione, il rateo di penetrazione e la velocità Ve come riportato in Fig. 2.3 con cui il manufatto viene estratto dalla vasca di corrosione. Il rateo di penetrazione è indipendente dall area della superficie. Figura Legame tra rapporto di rastremazione, rateo di penetrazione e velocità Ve di estrazione. 28

29 Le massime profondità di penetrazione possono raggiungere i 15 mm negli estrusi, ma la maggior parte delle applicazioni richiede penetrazioni di pochi centesimi di millimetro. Nel corso del processo, l attacco chimico avviene non solo perpendicolarmente alla superficie, ma anche lateralmente, al di sotto dello strato di mascherante. Tale effetto indicato in Fig. 2.4 va sotto il nome di undercut (sottosquadro) e può essere tenuto in conto al momento della progettazione topologica della mascheratura, così da ottenere, alla fine, dimensioni corrette della lavorazione. Figura Formazione dell'undercut. Per un dato materiale da lavorare, il sottosquadro u è direttamente correlato alla profondità della penetrazione d e la costante di proporzionalità Fe è chiamata fattore di erosione (etch factor), definito come: Fe = d/u Ciascun materiale possiede uno specifico fattore di erosione, come si evince dalla citata Tab.2.1, ed il suo valore deve essere utilizzato per sovradimensionare la mascheratura in modo di ottenere le corrette dimensioni del manufatto finale. Occorre inoltre tener conto che la penetrazione laterale della corrosione ha caratteristiche ortotrope: procede cioè con velocità diverse in direzione parallela e perpendicolare all orientazione dei grani di una lamiera, come mostrato nella Tab

30 Tabella Avanzamento ortotropo dell erosione laterale. Infine, una volta creatosi, l undercut può interagire con i gas generati durante il processo di corrosione: a questo riguardo, speciale attenzione va posta nel posizionare ed orientare il manufatto dopo mascheratura all interno della vasca di corrosione, come illustrato in Fig Figura Influenza della giacitura del manufatto dopo mascheratura all interno della vasca di fresatura: gas di reazione, geometria ed evoluzione dell undercut. 30

31 Accorgimenti Il buon progetto di un componente prodotto per fresatura non può prescindere dai seguenti accorgimenti: poiché il reagente corrode con continuità tutte le superfici esposte, si devono evitare spigoli vivi, cavità strette e profonde e rastremazioni molto pronunciate; poiché il reagente corrode il materiale sia in direzione verticale che laterale, si manifesta un undercut, che deve essere tenuto in conto tramite opportuno dimensionamento della mascheratura; per migliorare il rateo produttivo, il grosso della rimozione dovrebbe venire preliminarmente effettuata tramite lavorazioni convenzionali Applicazioni in campo aeronautico Questa tecnologia gode di una vasta popolarità nell'industria aeronautica e quella spaziale, in quanto consente di rimuovere spessori limitati di sovrametallo da pannelli di grandi dimensioni utilizzati per il rivestimento esterno di aeroplani e missili per la realizzazione principalmente di tasche di alleggerimento del tipo indicate in Fig. 2.6, denominate pocket; per ovvi motivi, queste tasche sono realizzate solo in corrispondenza delle zone dei pannelli a più bassa sollecitazione. a) b) Figura 2.6 a) Cad di una lamiera su cui sono indicate le zone dove saranno praticate le tasche di alleggerimento, b) Pannello di un aereo sagomato per fresatura chimica. La loro presenza è dovuto alla notevole riduzione di peso dell'apparecchio che esse comportano conseguendo così il duplice vantaggio riscontrabile nella riduzione del quantitativo di combustibile utilizzato e in un aumento della capienza dei velivoli. Tutto ciò si traduce in un notevole risparmio economico, dati i costi odierni del combustibile, o in maniera simile in un aumento dei profitti delle compagnie aeree che vedono in questo modo crescere la capacità delle loro flotte aeree. La realizzazione delle tasche per fresatura chimica è sempre stata preferita, in questo caso, per non esporre il metallo a sollecitazioni aggiuntive essendo i pannelli per le fusoliere molto sottili, flessibili, e quindi troppo delicati per sopportare le forze applicate dall utensile. 31

32 Questo processo viene ancora utilizzato, in misura minore, per lavorare i componenti impiegati nella realizzazione delle intelaiature dei velivoli aerei, come p. e. per poter ottenere rastremazioni progressive di profili alari estrusi come gli alettoni o gli stabilizzatori in Fig. 2.7 a) e b), o di longheroni estrusi con cui si realizzano i cassoni alari in Fig. 2.8 a) e b). Figura Profili alari estrusi e alleggeriti per fresatura chimica: a) stabilizzatore; b) alettone. Figura Sezioni di un cassone alare estruso e rastremato per fresatura chimica: a) sezione d incastro; b) sezione d estremità. 32

33 Problematiche nella fresatura chimica Anche se il metodo di fresatura chimica consente di effettuare una lavorazione localizzata sui pannelli senza indurre delle sollecitazioni significative tali da compromettere l'integrità dei pannelli, essa si porta dietro una serie di svantaggi. Per cominciare, in relazione all'impatto che questo processo può avere sull'ambiente occorre considerare i seguenti elementi: l'utilizzo di bagni contenenti soluzioni acquose di idrossido di sodio, sodio solfuro e trietanolammina che lo rendono corrosivo e pericoloso quanto per l'ambiente quanto per le condizioni di salute e sicurezza degli operatori che operano nelle prossimità degli impianti di fresatura; l'elevato carico di inquinanti legato alla corrente dei reflui costituiti principalmente dalle acque di lavaggio impiegate successivamente ai processi di sgrassatura chimica e di fresatura; il consumo energetico (acqua surriscaldata) per il mantenimento del bagno alla temperatura desiderata ( C); la formazione degli effluenti aeriformi contenenti tracce delle sostanze presenti nel bagno; gli elevati consumi di prodotti chimici presenti nel bagno; i consumi consistenti di acqua e dell'energia elettrica per il funzionamento di tutti gli impianti asserviti al processo di fresatura chimica. Un altro aspetto importante della fresatura chimica è la difficoltà del riciclaggio dei notevoli quantitativi di fango dovuta alla presenza di metalli in esso disciolti. Il trattamento dei fanghi e degli scarichi inquinanti richiede un notevole sforzo economico che va in maniera significativa ad incrementare i costi operativi del processo. Un altro svantaggio importante riguarda il tempo necessario per completare la lavorazione di un solo pannello; infatti i pannelli in genere presentano delle tasche con diversi livelli di profondità; nella Fig. 2.9 è mostrato un ingrandimento di una porzione del pannello dove attraverso le variazioni di colore sono evidenziati i diversi livelli di profondità realizzati; Figura Livelli di profondità su un pannello a doppia curvatura. Questi pannelli devono essere prima rivestiti con un materiale di mascheratura per separare le zone non trattate, vengono poi immersi in un bagno di sostanze chimiche dove le zone non protette dei pannelli sono esposte a sostanze chimiche e le loro masse sono ridotte; dopo diverse ore, il pannello 33

34 viene estratto e lavato. Questo processo viene eseguito ripetutamente fino a raggiungere lo spessore desiderato della zona di lavorazione in quanto è impossibile effettuare in una singola operazione i diversi livelli di profondità delle tasche. Il notevole impatto che la fresatura chimica può avere per tutti i motivi sopraelencati ha spinto verso il processo di fresatura meccanica, destinata a diventare l'unica valida alternativa al processo di fresatura chimica. 2.3 La fresatura meccanica: generalità Oggi, la lavorazione di fresatura meccanica è senza dubbio uno dei più diffusi e versatili processi di lavorazioni per asportazione di truciolo, ed è pertanto considerata una normalissima operazione industriale. L' operazione di fresatura permette di realizzare molti tipi di superfici lavorate, tra cui superfici piane, scanalature di forma semplice e complessa a generatrici rettilinee, elicoidali e curvilinee, smussi, sedi di linguette e chiavette, taglio di ruote dentate (per pochi pezzi), ecc. Abitualmente, la fresatura si effettua in due fasi, una di sgrossatura che asporta in fretta quasi tutto il materiale necessario, e una di finitura in cui viene effettuata una lavorazione più lenta per conseguire la rugosità e le precise misure desiderate. I movimenti delle operazioni di fresatura sono i seguenti: il moto di taglio è sempre rotatorio continuo ed è sempre posseduto dall'utensile, chiamato fresa; È misurato dal parametro velocità di taglio, espresso in metri/minuto; il moto di alimentazione è posseduto dal pezzo o dall'utensile, è di tipo rettilineo o curvilineo continuo ed è misurato dal parametro avanzamento, espresso in mm/minuto; il moto di appostamento, necessario per regolare lo spessore di soprametallo da asportare, è posseduto dal pezzo o dall'utensile Gli utensili Le frese sono utensili pluritaglienti con taglienti disposti su vari tipi di superfici (cilindriche, piane, coniche, di forma, ecc.); ogni dente, con relativo petto e fianco costituenti il tagliente, è assimilabile, vedi Fig. 2.10, a un utensile monotagliente caratterizzato dagli angoli di spoglia superiore, di taglio e di spoglia inferiore, necessari per una corretta asportazione del truciolo [6]. I taglienti possono essere rettilinei o elicoidali, essendo questi ultimi preferibili per un'azione più graduale di taglio. Le frese possono essere realizzate o completamente in acciaio super rapido o con taglienti in carburi sinterizzati fissati meccanicamente su un corpo in acciaio. Il dente della fresa può rientrare in uno dei seguenti due tipi: 34

35 Figura Ogni dente di una fresa può essere assimilato ad un utensile monotagliente. Il dente della fresa può rientrare in uno dei seguenti due tipi: Denti fresati o denti di sega come in Fig a), di comune impiego, con angoli di affilatura e numero variabili in funzione dell'esecuzione, che può essere: esecuzione N, con denti numerosi, per materiali di normale durezza, con angoli α di spoglia inferiore compresi tra 4-5 e angoli γ di spoglia superiore compresi tra 5 e 10 ; esecuzione D, con pochi denti robusti e di tipo elicoidale a forte inclinazione per materiali duri, con angoli α di 3-4 e angoli γ di 3-8 ; esecuzione T, con pochissimi denti, per materiali teneri e forti velocità di taglio, con angoli α di 6-8 e γ di Questo tipo di dente si affila solitamente sul fianco. Figura Geometria dei denti della fresa: a) a denti fresati; b) a denti spogliati; c) invariabilità del profilo del dente in successive affilature sul petto. 35

36 Denti spogliati o a profilo costante come in Fig b), impiegati solo nelle frese per realizzazione di scanalature con profilo invariabile con le successive affilature (denti di ruote dentate, filettature, chiavi, ecc.). Il fianco dei taglienti è profilato secondo archi di spirale logaritmica (o di Archimede) e ogni dente conserva la medesima forma se sezionato con piani passanti per l'asse della fresa come si vede in Fig c): per questo motivo 1'angolo di spoglia superiore γ è pari a zero e le successive affilature vengono eseguite sul petto conservando questa caratteristica. Ciò porta a una riduzione del diametro della fresa, ma ciò non rappresenta un inconveniente. Tuttavia la presenza di un angolo di spoglia superiore nullo comporta forze di taglio elevate e quindi avanzamenti limitati dalla resistenza meccanica del dente, quindi in pratica bassa produttività. Esiste una vasta tipologia di frese, specie tra quelle a denti fresati, in quanto a forma e dimensioni. Qui di seguito vengono descritti i tipi di impiego più comune: Le frese cilindriche in Fig. 2.12, hanno i taglienti disposti su una superficie cilindrica e sono utilizzate per realizzare superfici piane montate su un dispositivo chiamato albero portafresa, con asse di rotazione parallelo alla superficie da lavorare. Figura Fresa cilindrica a denti elicoidali Le frese cilindrico-frontali hanno i taglienti disposti su una superficie cilindrica e su una piana perpendicolare all'asse della prima. Appartengono a questa categoria: le frese a manicotto nella Fig usate per lavorazioni di spianatura, con asse di rotazione perpendicolare alla superficie da lavorare, o per lavorazione contemporanea di due superfici ortogonali; Figura Fresa cilindrico-frontale a manicotto 36

37 a) b) c) Figura Vari tipi di frese cilindrico-frontali: a) a denti riportati in carburo sinterizzato per spianature; b) a codolo per lavorazione di stampi; c) a codolo per l'esecuzione di cave. le frese per spianare con denti riportati in carburi sinterizzati in Fig a); le frese a codolo (cilindrico o conico) impiegate per molte operazioni quali taglio di scanalature anche a generatrice curvilinea, di gradini, contornature esterne e interne, cave per linguette, frese a codolo a estremità semisferica per lavorazione di superfici complesse quali incisioni di stampi nella Fig b) e c). Le frese a disco a tre tagli nella Fig a) e b) hanno i taglienti disposti su una superficie cilindrica e su due superfici piane perpendicolare all'asse della prima. Generalmente con elevato rapporto diametro spessore, esse sono impiegate, montate su albero porta-fresa, per la realizzazione di scanalature a sezione rettangolare e generatrice rettilinea. Figura Vari tipi di frese a disco a tre tagli; a) a denti dritti; b) a denti elicoidali; c) registrabile con spessore intermedio. 37

38 In questo caso si ottengono produttività maggiori che con le frese a codolo, il cui avanzamento massimo è limitato dalla loro inflessione sotto l'azione delle forze di taglio. Per evitare che le successive affilature provochino una riduzione dello spessore e quindi della larghezza della scanalature eseguita o comunque per fare in modo che tale larghezza sia in tolleranza, si ricorre alle frese a disco registrabili nella Fig c) mediante l'interposizione di anelli di spessore calibrato, costituite da due frese a due tagli accoppiata in modo che i denti periferici risultino sfalsati, sì da non lasciare traccia della zona di accoppiamento. Le frese per scanalature a T in Fig con codolo cilindrico o conico e denti diritti o elicoidali disposti su tre superfici, una cilindrica e due piane. L'esecuzione di una scanalatura a T con una fresa di questo tipa è ovviamente preceduta dalla realizzazione di una scanalatura a sezione rettangolare con un altro tipo di fresa, per il passaggio del codolo. Le frese ad angolo, con denti situati su due superflui coniche simmetriche e non, in Fig a) per la realizzazione di scanalature a generatrice rettilinea, con denti disposti su una superficie conica e una piana in Fig b) usate per esempio per la realizzazione di guide a coda di rondine. Le frese con profilo costante; Solitamente con denti spogliati, usate per la realizzazione di scanalature con profilo qualunque. Le più comuni sono: le frese modulari in Fig a) usate per il taglio di ruote dentate a denti diritti elicoidali, le frese con profilo semicircolare convesso nella Fig b), le frese con profilo semicircolare concavo nella Fig c). Figura Frese per scanalature a T: a) a denti dritti; b) a denti elicoidali. 38

39 Figura Frese ad angolo: a) biconica; b) a denti elicoidali. Figura Alcuni tipi di frese a profilo costante: a) modulare per taglio di ingranaggi; b) per profili semicircolari convessi; c) per profili semicircolari concavi Modalità di asportazione del truciolo Le modalità di asportazione del truciolo in fresatura sono più complesse di quelle in tornitura per la presenza di più taglienti e per la discontinuità della formazione del truciolo. Per analizzare il problema consideriamo il caso semplice di fresatura di una superficie piana, in quanto le altre sono una combinazione delle due modalità illustrate. Essa può essere effettuata nei due modi seguenti: con frese a taglio periferico; con frese a taglio frontale. 39

40 Impiego di frese a taglio periferico In questo caso l'asse di rotazione della fresa è parallelo alla superficie lavorate. Il senso del moto di alimentazione può essere discorde oppure concorde con il senso di rotazione della fresa. Occorre quindi distinguere i due casi seguenti: fresatura in opposizione (o in discordanza): in questo caso, schematizzato nella Fig. II. 19 a), la forma del truciolo è a virgola e la sezione varia tra un valore teorico pari a zero in corrispondenza dell'inizio dell'arco di contatto (approssimata come circolare e un valore corrispondente al valore dell'avanzamento per dente a z (misurato parallelamente alla direzione dell'avanzamento). In realtà ogni dente percorre una prima parte dell'arco di contatto strisciando sulla superficie lavorata, prima che vi sia sufficiente spessore per formare il truciolo e ciò provoca un ulteriore assorbimento di potenza, un incrudimento del materiale lavorato e una maggior usura della fresa. La risultante R della forza di taglie relativa a un dente, può essere decomposta nelle due componenti O parallela alla direzione di avanzamento e V ad essa perpendicolare. La componente O è diretta in senso opposto al moto di alimentazione (donde il nome opposizione) e permette di mantenere a contatto i fianchi dei filetti della vite e della madrevite del cinematismo dell'avanzamento della macchina utensile, indipendentemente dalla presenza di gioco. La componente V è diretta in modo tale da tendere a distaccare il pezzo dall'attrezzatura. fresatura in concordanza: in questo caso, schematizzato nella Fig b), il dente inizia a tagliare con un urto nel punto dell'arco di contatto, dove lo spessore del truciolo (misurato parallelamente alla direzione dell'avanzamento) è pari al valore dell'avanzamento per dente a z e i fenomeni di strisciamento di cui al caso precedente sono assenti. Figura Modalità di lavoro nella fresatura periferica: a) in opposizione; b) in concordanza. In questo caso la componente O della forza di taglio relativa a un dente ha senso concorde con il modo di alimentazione (donde il nome concordanza) e può provocare, in certe condizioni, il distacco periodico dei fianchi dei filetti della madrevite da quelli della vite del cinematismo di avanzamento della macchina, provocando pericolose vibrazioni, a meno che la macchina non sia dotata di un sistema con recupero automatico del gioco come generalmente avviene. La componente 40

41 verticale V è in questo caso diretta in modo da spingere il pezzo contro l'attrezzatura, a tutto vantaggio della stabilità. In conclusione si può affermare che la fresatura in concordanza, purché eseguita su macchine a recupero automatico del gioco, è preferibile a quella in opposizione per la minore usura dei taglienti, per la maggiore stabilità del pezzo e per l'assenza di fenomeni di strisciamento del fianco del dente sulla superficie lavorata. La fresatura con taglio periferico, sia in concordanza sia in opposizione, è caratterizzata, come visto, da una periodica variazione dello spessore del truciolo e quindi del valore della forza di taglio: l'ampiezza di tale oscillazione diminuisce adottando denti elicoidali e aumentando il loro numero, compatibilmente a un sufficiente vano tra dente e dente necessario per accogliere i trucioli Impiego di frese a taglio frontale In questo caso l'asse di rotazione della fresa è normale alla superficie lavorata e ogni dente, in Fig. 2.20, esporta un truciolo con spessore poco variabile tra il punto di ingresso A e quello di uscita C e la microgeometria superficiale, analogamente a ciò che avviene nella tornitura, dipende dagli angoli del profilo di ogni dente e dall'avanzamento per dente a z. La Fig illustra anche la tipica tessitura superficiale osservabile su qualunque superficie fresate in questo modo. La risultante R in Fig della forza di taglio di ogni dente in presa può essere decomposta in una componente O parallela alla direzione del moto di alimentazione e una V ad essa perpendicolare. Se si desidera che la componente O sia sempre rivolta in senso contrario a quello di avanzamento, per evitare il distacco dei fianchi dei filetti della vite e della madrevite, nelle macchine non dotate di dispositivo di recupero automatico del gioco, occorre fare in modo che l'arco AB di ingresso sia maggiore di quello BC di uscita: per questo è sufficiente che l'asse della fresa sia spostato rispetto all'asse del pezzo come in Fig b). In particolare la sporgenza della fresa rispetto al pezzo nella fase di ingresso del dente è pari a circa 0,1 D (essendo D il diametro della fresa) e quella nella fase di uscita è pari a circa 0,3 D: queste condizioni geometriche consentono la miglior uniformità dello spessore del truciolo e una maggior regolarità di funzionamento. In pratica se è possibile lavorare con diametro della fresa maggiore della larghezza del pezzo, l'esperienza consiglia di usare frese di diametro pari a circa 1,3-1,7 volte la larghezza del pezzo da fresare. 41

42 Figura Fresatura frontale: a) modalità di lavoro e sezione del truciolo; b) generazione della superficie lavorata. Figura Posizione relativa fresa-pezzo nella fresatura frontale: a) con frese di diametro maggiore della larghezza da fresare; b) con frese di diametro minore della larghezza da fresare Per evitare che ogni tagliente ripassi sulla superficie lavorata, si può inclinare leggermente (meno di 1 ) l'asse di rotazione della fresa, ottenendo una miglior finitura superficiale, ma anche una superficie leggermente concava. Ovviamente, se la larghezza del pezzo da fresare è superiore al diametro massimo della fresa disponibile, le condizioni precedenti non sono verificate e occorre quindi effettuare varie passate come indicato nella Fig b), cioè in modo che sia verificata la condizione: I < L/3. Infatti in questo caso di fresatura il truciolo ha forma a virgola come nella fresatura periferica e le condizioni indicate nella Fig b), permettono di lavorare con qualunque tipo di macchina utensile, con o senza sistemi a recupero di gioco. La fresatura frontale ha rispetto a quella periferica vantaggi quali un maggior numero di denti contemporaneamente in presa, minori fluttuazioni delle forze di taglio e quindi minori vibrazioni, possibilità di lavorare con frese con inserti in carburo sinterizzato e quindi in condizioni di maggior produttività. 42

43 2.3.3 Scelta dei parametri di taglio La velocità di taglio in fresatura è espressa dalla relazione: dove D è il diametro della fresa in mm e 1000 la velocità angolare in minuto. Le Tab.2.3, Tab.2.4 e Tab.2.5 riportano i valori indicativi della velocità di taglio per frese in acciaio super rapido di vario tipo e in carburo sinterizzato, relativamente a passate di sgrossatura. Nelle passate di finitura un aumento della velocità di taglie porta in genere a un miglioramento della finitura superficiale. La profondità di passata può indicativamente variare tra 0,4 e 1,5 mm in finitura e tra 2 e 10 mm in sgrossatura. Il valore dell'avanzamento in fresatura si esprime con la relazione: dove a z e il valore dell'avanzamento per dente espresso in mm, Z è il numero di denti della fresa, funzione del tipo di fresa. del suo diametro e del tipo di esecuzione (N, D o T), n è la velocità angolare della fresa, in giri/minuto, funzione della velocità di taglio impostata. Il valore dell'avanzamento per dente a z influenza lo spessore del truciolo e quindi le forze di taglio e la potenza, nonché la finitura superficiale. Tabella Valori indicativi della velocità di taglio in m/min per operazioni di fresatura (sgrossatura) con frese super rapido. Un primo orientamento sulla scelta di a z si può basare sulle tabelle che seguono, la Tab.2.4 e la Tab

44 Tabella Valori indicativi dell'avanzamento per dente (mm) in operazioni di fresatura (sgrossatura) con frese in acciaio super rapido. Tabella Valori indicativi della velocità di taglio e di avanzamento per dente per frese cilindrico frontali a denti riportati in carburo sinterizzati (sgrossatura) Vantaggi della fresatura meccanica Alla luce degli svantaggi della fresatura chimica, per la sagomatura dei pannelli è stato preferito il metodo di fresatura meccanica. Quest'ultimo costituisce una valida alternativa a quello di fresatura chimica per tutta una serie di motivi: non sono più utilizzati prodotti chimici in assenza del bagno; i rifiuti provenienti dalle operazioni di fresatura meccanica sono principalmente costituiti dai fanghi derivanti dalla filtrazione di olio lubrorefrigerante classificato come non pericoloso, dagli sfridi delle leghe di alluminio (riciclabili al 100 %), e dal lubrorefrigerante esausto; non è prevista la generazione di reflui e non sono previste emissioni in atmosfera; Il consumo di acqua e quello di energia si riduce notevolmente; i tempi per la lavorazione finita dei pannelli si accorciano essendo le fasi che precedono la fresatura vera e propria, ridotte al solo posizionamento e/o caricamento della lamiera formata in macchina; si annullano completamente i costi per il trattamento dei fanghi e si riducono drasticamente i costi operativi del processo. La valenza economica ed ambientale degli aspetti sopra illustrati evidenzia la necessità di procedere alla eliminazione delle operazioni di fresatura chimica, tramite l inserimento di macchine fresatrici 44

45 a controllo numerico capaci di lavorare tutti i pannelli attualmente utilizzati per la costruzione delle fusoliere degli aerei La fresatura a specchio (Milling Mirror System) La ricerca ha già permesso di individuare un metodo per la realizzazione delle tasche di alleggerimento sui pannelli delle fusoliere degli aerei, che ha portato alla fabbricazione di macchine per fresare già in uso presso i principali costruttori europei di aerei. Queste permettono di creare le tasche di alleggerimento sui pannelli a semplice o doppia curvatura, ovvero su pannelli già formati precedentemente o per calandratura o per stiratura come quelli utilizzati per la cabina degli aerei. La tecnologia adottata per la fresatura meccanica è nota come Milling Mirror System, nota anche come fresatura a specchio illustrata in Fig [7]. Figura Fresatura a Specchio (Mirror Milling System). L operazione di fresatura a controllo numerico viene svolta per mezzo di una testa porta fresa dotata di una mobilità multiassiale, per seguire il profilo dei pannelli indipendentemente dalla forma che questi presentano. Per supportare la zona di lavoro, un dispositivo mobile è applicato sull'area del pannello opposta a quella dove lavora l'utensile. Una testa esegue la lavorazione mentre la seconda si sposta in maniera speculare fornendo un supporto dinamico punto per punto per contrastare la forza di lavorazione esercitata dall'utensile, evitando deformazioni di tipo meccanico sulla lamiera stessa. Per questo motivo ha senso parlare di fresatura a specchio. L'applicazione permanente durante la lavorazione del dispositivo di supporto consente anche di controllare lo spessore della zona lavorata; Questa tecnologia richiede il movimento sincronizzato di due teste, perciò la macchina ha un costo di fabbricazione elevato. Per garantire che la lavorazione sia eseguita nel modo più fluido possibile, il pannello viene acquisito, una volta installato nella macchina, tramite un sensore ottico in Fig

46 Figura Sensore ottico per la digitalizzazione del pannello. La digitalizzazione del pannello prima di effettuare la fresatura consente di lavorare un gran numero di forme e soprattutto di accettare le parti con forme attuali non corrispondenti esattamente alla forma nominale. Infatti, in un primo momento lo scanner acquisisce punti al secondo restituendo il modello 3D del pannello; in un secondo momento la geometria del pannello viene confrontata con il modello 3D acquisito; l'identificazione delle deviazioni permette di eseguire immediatamente delle azioni correttive sul programma di lavorazione, al fine di correggere il percorso utensile. In Fig viene mostrato il risultato ottenuto sui pannelli dopo la lavorazione in macchina. Figura Risultato ottenuto dopo la lavorazione di fresatura a specchio. I vantaggi offerti dalla fresatura a specchio sono i seguenti: Completa eliminazione di prodotti chimici; Totale eliminazione dei fanghi da trattare; Riduzione delle quantità di rifiuti prodotti; Riduzione del consumo di acqua e di energia elettrica; 46

47 Riduzione dei costi di produzione fino al 50%; Riduzione del 20% del costo della singola parte lavorata; Importante riduzione del tempo necessario per completare la lavorazione anche fino al 50%. Per esempio, per i pannelli riportati in Fig per il quale sono richieste 26 e 36 ore si riducono rispettivamente a 7 e 8 ore circa. Riduzione dell area di buffer. Figura Tempi di lavorazione a confronto. 47

48 Capitolo 3 Materiali E Metodi 48

49 3.1 Caratterizzazione: materiali e metodi In questo capitolo dopo aver descritto il materiale con cui sono fatte le lamiere in lega di alluminio dalla quale sono stati ottenuti i prodotti oggetto di indagine, saranno indicate le metodologie, le strumentazioni e le modalità di esecuzione scelte per la campagna di caratterizzazione intrapresa al fine di poter mettere a confronto le caratteristiche microgeometriche, microstrutturali e micromeccaniche dei prodotti lavorati con le due differenti tecnologie di fresatura. 3.2 Materiale I prodotti utilizzati per la campagna sperimentale sono stati ricavati da lamiere in lega di alluminio 2024 nella condizione T3. La lega 2024 appartiene secondo la designazione della Alluminum Association alla serie 2xxx, che individua come alligante principale il rame; si tratta di leghe da trattamento termico per sviluppare i valori meccanici di impiego; dopo trattamento termico sviluppano caratteristiche meccaniche confrontabili con quelle degli acciai al carbonio. La loro resistenza alla corrosione è meno elevata di quella di altre leghe di alluminio, infatti se da un lato, il rame favorisce un aumento della durezza, che si traduce in un elevato carico di snervamento e quindi in un aumento del carico a rottura, dall'altro determina uno scadimento della resistenza alla corrosione. Vengono utilizzate per parti e strutture che richiedono elevati rapporti resistenza/peso (ruote di velivoli e mezzi di trasporto terrestre, strutture aeronautiche, sospensioni automobilistiche) per temperature di impiego fino a circa 150 C. Sono caratterizzate da eccellente lavorabilità alle macchine utensili e (tranne la lega 2219) da limitata saldabilità per fusione. Le leghe binarie Al-Cu non sono molto usate commercialmente. Con l aggiunta di elementi quali Mg, Mn, Si, Ni, Li, esse vengono usate spesso per applicazioni strutturali sugli aerei e in generale dove occorrono buone caratteristiche meccaniche e leggerezza. Le leghe della serie 2xxx sono utilizzate per realizzare pannelli delle fusoliere e le parti superiori degli aerei commerciali. La lega 2024 è la lega più ampiamente usata della serie 2XXX; è normalmente fornita nelle condizioni T3 vale a dire, che è solubilizzata, lavorata a freddo e poi invecchiata naturalmente. Sebbene abbia una resistenza allo snervamento moderata, pari a 345MPa, ha un ottima resistenza a fatica e una buona tenacità a frattura. La composizione nominale in percentuale di peso della lega di alluminio 2024-T3 è riportata in Tab Tabella 3.1 Composizione chimica percentuale (in peso) della lega AA 2024-T3 [8]. 3.3 Realizzazione dei prodotti fresati I prodotti oggetto della campagna di caratterizzazione sono stati realizzati e forniti da Alenia Aeronautica S.p.A; si tratta di prodotti che sono stati lavorati con due differenti tecnologie di fresatura: 49

50 La fresatura chimica; La fresatura meccanica. Per la realizzazione dei prodotti fresati si è proceduto preliminarmente alla esecuzione di due operazioni eseguite nel reparto di fabbricazione lamiera quali quella taglio e quella di calandratura. Il taglio, mediante tranciatrice, consente di ottenere da una lamiera di alluminio 2024-T3 un foglio di alluminio delle dimensioni di 810 x 710 mm e di spessore circa 3.2 mm; al fine poi di conferire al foglio di alluminio la curvatura desiderata, la fase di taglio è seguita da quella di calandratura con raggio di curvatura prefissato e pari a 1968 mm. Questa seconda operazione è stata eseguita in quanto, di fatto, come già precisato, le lamiere che costituiscono la fusoliera degli aerei vengono fresate dopo aver assunto la loro forma finale ottenuta per calandratura o stiratura; in questo caso, al fine di poter valutare l'impatto che le differenti tecnologie impiegate hanno sui pannelli quando questi sono già stati formati, i fogli di lamiera mostrati in Fig. 3.1 dal quale si ricaveranno i prodotti fresati sia chimicamente che meccanicamente, saranno prima calandrati e poi fresati. Figura Fogli di lamiera (810mm x 710 mm) calandrati dal quale sono state ricavate le piastre oggetto della campagna sperimentale. Dopo le operazioni di fresatura dei fogli di lamiera sono stati estratti i prodotti fresati in Fig. 3.2 a) e b); si tratta di piastre di forma rettangolare delle dimensioni di 480 mm x 160 mm; viste in sezione in Fig. 3.2 c) presentano una geometria a doppio step che vede lo spessore variare da un massimo di 1.5 mm nella parte centrale della piastra fino a un minimo di 0.8 mm nella parte esterna. 50

51 a) b) c) Figura Piastre fresate oggetto della campagna di caratterizzazione: a) piastra fresata chimicamente; b) piastra fresata meccanicamente; c) vista in sezione Piastre fresate chimicamente La fresatura chimica viene effettuata attraverso l immersione in apposite vasche di aggressione dell alluminio metallico per l'asportazione chimica del materiale dalla superficie dei particolari; in base ai tempi di permanenza nella vasca vengono raggiunti gli spessori desiderati. Preliminarmente all attività di fresatura chimica si effettua un processo di rivestimento delle lamiere finalizzato a 51

52 proteggere le parti di lamiera che non devono essere sottoposte all attacco chimico ed in particolare si effettuano le operazioni di mascheratura e incisione. La lamiera viene sottoposta all operazione di applicazione del mascherante all interno di una cabina automatizzata in Fig. 3.3, il cui scopo è quello di proteggere le parti della lamiera che non devono essere fresate dall aggressione chimica all interno della vasca di fresatura. Figura Applicazione del mascherante. Il film realizzato si presenta sotto forma di uno strato uniforme di mascherante asciutto e solido che polimerizza nell arco di circa secondi a temperatura ambiente ed è subito pronto per la successiva operazione di incisione. In seguito, la lamiera viene sottoposta ad incisione, che può essere eseguita manualmente o mediante macchina laser a C/N in Fig. 3.4, per liberare dal mascherante quelle parti superficiali che si vuole vengano aggredite chimicamente. Figura Laser Scribing Machine Torres. 52

53 L intero processo di fresatura chimica è rappresentato dai seguenti step: 1. Sgrassaggio e lavaggio; 2. Mascheratura e incisione dei pezzi; 3. Fresatura chimica; 4. Decapaggio post-fresatura. Per le operazioni di sgrassaggio e di lavaggio sono utilizzate le seguenti vasche: vasca di sgrassaggio a base acquosa; vasche di lavaggio a immersione e a spruzzo; vasche di decapaggio e di essiccazione. Le lamiere, che hanno subito precedentemente altre lavorazioni, prima di essere sottoposte ai trattamenti superficiali vengono immerse nella vasca di sgrassaggio, per rimuovere gli inquinanti, quali tracce di sostanze oleose, grassi, rimasugli di particelle solide dalle parti metalliche. In Tab.3.2 vengono indicate le sostanze utilizzate. Tabella Processo di sgrassaggio: sostanze utilizzate. Dopo l operazione di sgrassaggio il manufatto passa nelle vasche di lavaggio per pulirle dai residui delle lavorazioni precedenti; il lavaggio avviene all interno di vasche che contengono acqua deionizzata, vedi Tab.3.3. In tale vasca viene eseguito il lavaggio a tiepido per immersione e spruzzo allo scopo di eliminare dalla parte in trattamento, i residui del precedente sgrassaggio. Tabella Processo di lavaggio: sostanze utilizzate. Le vasche impiegate esclusivamente per il processo di fresatura e il successivo processo di lavaggio post-fresatura sono indicate nella Tab

54 Tabella Processo di fresatura e lavaggio post fresatura: sostanze utilizzate. A valle del processo di fresatura chimica e del lavaggio post-fresatura le parti sono inviate al processo di decapaggio per la disossidazione. In Tab.3.5 sono indicate le sostanze utilizzate nella fase di decapaggio post-fresatura. Tabella Processo di decapaggio: sostanze utilizzate. Attraverso queste fasi è stato possibile a partire dal foglio di lamiera ottenere il risultato di Fig. 3.5 dal quale è stata ricavata una delle piastre fresate chimicamente oggetto della campagna di caratterizzazione. 54

55 Figura Foglio di alluminio fresato chimicamente Piastre fresate meccanicamente La macchina utilizzata per fresare è il modello MMS 8228 SMALL ( MMS sta per Milling Mirror System) in Fig. 3.6 della società Dufieux Industrie che consente di lavorare pannelli con dimensioni massime pari a 5,6 m X 2,3 m, spessore massimo di 12 mm e camber massimo di 1,25 m. Nella Fig. 3.6 viene riportata una immagine della configurazione che la macchina utilizzata presenta. Figura Macchina per fresare modello MMS 8228 SMALL. 55

56 L impianto di tipo SMALL è costituito da: 1)box di dimensioni in pianta di 14 x 10 m ed altezza di 7 m, costituito da una struttura in calcestruzzo armato al cui interno è installata la macchina fresatrice, le cui due colonne contrapposte (sulle quali sono installati alternativamente i bracci, uno per il sostegno del mandrino ed uno per il sostegno del supporto locale) posate su binari metallici affogati nel basamento in cemento del box; L'installazione della fresatrice all'interno del box in calcestruzzo armato si rende necessario per scaricare la componente orizzontale delle forze trasmesse dai bracci del mandrino e del supporto durante le operazioni di fresatura alle pareti del box ed alla guida posta all interno della copertura del box stesso. Nel pavimento del box sono ricavati gli opportuni canali per il recupero del lubrorefrigerante, per invio dello stesso al prefiltraggio e successivo accumulo in serbatoio per invio in continuo alla testa della fresa; la macchina è dotata di gruppo idraulico per la circolazione dell olio da taglio e di gruppo di refrigerazione per il raffreddamento del mandrino e delle guide ed un gruppo di refrigerazione per il raffreddamento del box; 2) stazione di carico e scarico dei pannelli costituita dall attrezzo riconfigurabile (tipo letto fachiro) e quadro ribaltabile a cui fissare il pannello; 3) sistemi di movimentazione del quadro; 4) area buffer dei pannelli da lavorare e sistemi di movimentazione dei pannelli. Il pannello arriva alla stazione di carico/scarico dove viene adagiato orizzontalmente su un attrezzo riconfigurabile detto letto di pogos, in Fig. 3.7, ove tramite proiettori laser viene disposto nella corretta posizione prendendo come riferimento almeno due fori di riferimento precedentemente realizzati sulla stesso. Figura Attrezzo riconfigurabile sul quale viene adagiato il pannello. Dopo aver provveduto al posizionamento in orizzontale del sistema di ribaltamento Il pannello viene vincolato dagli operatori ad una cornice per mezzo di bracci telescopici come indicato in Fig

57 Figura Sistema di ribaltamento e fissaggio del pannello. Successivamente, in Fig. 3.9 il sistema di ribaltamento viene ridisposto in verticale per l ingresso del pannello nell area di lavoro della fresatrice. Inserito il pannello nell area di lavoro viene avviato lo scanning laser, in Fig. 3.10, di tutta la superficie del pannello, in grado di definire le variazioni della superficie rispetto al teorico per ottenere correttamente le geometrie di progetto. Figura Ribaltamento in verticale del quadro e ingresso nell'area di lavoro. 57

58 Figura Scannerizzazione del pannello nell'area di lavoro. Una volta effettuato lo scanning della superficie è possibile attivare l operazione di fresatura a controllo numerico in Fig. 3.11, che viene svolta da un mandrino lubrorefrigerato a sei assi al quale (dalla parte opposta del pannello) viene opposto il supporto locale per evitare deformazioni di tipo meccanico della lamiera secondo lo schema già indicato (Ref ). Figura Fresatura a specchio del pannello nell'area di lavoro. In Fig dopo la lavorazione, il pannello viene scaricato all'esterno della macchina e vengono eseguiti i controlli dello spessore in corrispondenza di una serie di punti presi a campione. 58

59 Figura Scarico del pannello e controllo dello spessore. In Fig viene mostrato il foglio di lamiera dal quale sono state ricavate le piastre oggetto di indagine, dopo essere stato lavorato nella macchina. Dopo la fresatura il foglio di lamiera è stato sottoposto a controlli con liquidi penetranti per verificare l integrità del pezzo e l eventuale presenza di cricche indotte dalle lavorazioni precedenti; tale operazione consiste nell immersione del pezzo all interno di una vasca contenente un liquido penetrante fluorescente, il quale penetra nelle eventuali cricche presenti nel pezzo. In seguito il pezzo viene portato in una cabina e sottoposto a controllo mediante lampada a raggi UVA, per rilevare la presenza del liquido penetrante fluorescente. 59

60 Figura Foglio di lamiera fresato meccanicamente. 3.4 Caratterizzazione microgeometrica La caratterizzazione microgeometrica permette di andare a valutare qualitativamente lo stato della microgeometria superficiale e quantitativamente il grado di finitura delle superfici delle piastre fresate o in maniera duale, il grado di rugosità delle superfici delle lamiere, attraverso il rilevamento del valore della rugosità media Ra. La metodologia adottata nell'intento di perseguire questi due obiettivi è la microscopia confocale. Qualsiasi superficie anche se lavorata con grande accuratezza, esaminata con un mezzo ottico a sufficiente ingrandimento, rivela scabrosità costituite da solchi e creste che determinano scostamenti locali, più o meno estesi, della superficie reale rispetto a quella ideale. Il grado di finitura delle superfici lavorate è certamente un parametro importante di cui si deve tenere conto nella ricerca della buona qualità dei prodotti fabbricati. Non è sufficiente infatti cercare un miglioramento della qualità dei prodotti attraverso il solo impiego di materiali con migliori caratteristiche meccaniche, o attraverso l adozione di tolleranze dimensionali assai spinte, se non la si accompagna da un buon livello di finitura superficiale. Inoltre è noto quanto l'elevato grado di finitura influisca positivamente sulla resistenza all usura e su quella a fatica e quanto le superfici con elevato grado di finitura superficiale presentino una migliore resistenza alla corrosione rispetto alle superfici con elevata rugosità. Per valutare la rugosità di una superficie occorrono, dato il suo carattere prevalentemente irregolare e non periodico, numerosi rilievi, in piani diversi, delle deviazioni dei punti della superficie reale dai corrispondenti punti della superficie tecnica, ovvero la superficie geometrica che è la superficie ideale la cui forma è definita dal disegno del corpo, o da ogni altro documento tecnico. In pratica, 60

61 però, la misura viene effettuata solo su alcuni profili rilevati per mezzo di piani opportunamente disposti rispetto alla superficie; generalmente i piani di rilievo vengono scelti con giacitura normale a quella dei solchi prevalenti come indicato in Fig Figura Rappresentazione schematica del piano perpendicolare ai solchi principali per l acquisizione della rugosità superficiale. Il parametro più semplice caratterizzante una superficie reale è la rugosità media, o grado di rugosità, espressa in micrometri (1x10-6m) e definita come l ampiezza del valor medio aritmetico dei valori assoluti delle variazioni y i, nella Fig del profilo reale rispetto alla linea media: dove L è la lunghezza del profilo rilevato. La linea media, è la linea avente la forma del profilo geometrico rispetto alla quale risulta minima la somma dei quadrati delle distanze dei punti del profilo reale. Figura Variazioni y i del profilo reale rispetto al profilo ideale. 61

62 Mentre, l ondulazione superficiale, chiamata anche "tessitura secondaria", è una irregolarità microgeometrica costituita da un andamento periodico della superficie misurata. E' causata da vibrazioni del sistema macchina/pezzo-in-lavorazione/utensile che possono essere innescate da numerosi fattori: oscillazioni sistematiche del pezzo in lavorazione, scelta non corretta dei parametri fondamentali del taglio (velocità di taglio, profondità di passata, avanzamento dell'utensile). Anche l ondulazione è caratterizzata da una ampiezza, da un orientamento, quando la periodicità mostra una direzione predominante, e da un passo λs che indica il carattere periodico dei difetti. Il passo viene definito come la distanza media tra le creste più evidenti su un piano di rilievo ortogonale all'orientamento. Generalmente il rapporto tra il passo e l'ampiezza dell'irregolarità è compreso tra 1000:1 e 100:1. Si definisce scostamento medio aritmetico del profilo Wa la media aritmetica dei valori assoluti degli scostamenti del profilo di ondulazione all'interno della lunghezza di valutazione (Fig. 3.16). La formula matematica che definisce tale parametro è la seguente: Figura Scostamento medio aritmetico del profilo di ondulazione Wa La microscopia confocale La microscopia confocale risponde alla necessità di eliminare il disturbo provocato dalla radiazione luminosa diffusa e riflessa da piani del campione che sono fuori fuoco. In effetti, la condizione ideale per ottenere una rappresentazione di un singolo piano di un campione sarebbe quella di raccogliere solamente le radiazioni luminose riflesse da quel particolare piano. Nella microscopia ottica classica, invece, e illuminato l'intero campione; anche la materia posta al di sopra o al di sotto del piano focale, pertanto, riflette radiazioni luminose, causando un grave disturbo che si manifesta come nebulosità dell'immagine. Nel microscopio confocale, la soluzione del problema si ottiene 62

63 illuminando un solo punto per volta di uno specifico piano focale e acquisendo, in ciascun momento, solamente l'immagine del punto illuminato. In pratica, nel microscopio confocale la luce proveniente dalla sorgente nella Fig passa attraverso un forellino posto sull'asse del microscopio ed e focalizzata in un punto del campione da una lente, che funge da condensatore. Il campo di osservazione è limitato da un secondo forellino, confocale al primo e al punto del campione su cui e focalizzata la luce. In questo modo solo il segnale luminoso relativo al piano di fuoco viene registrato e utilizzato nella formazione dell'immagine finale. In questo modo si ottiene un'immagine molto nitida e relativa soltanto a una regione molto piccola e sottile del campione. Il segnale elettrico in uscita dal rilevatore viene quindi digitalizzato ed inviato ad un computer che registra i valori di intensità misurati per ogni punto. Questi valori vengono utilizzati per ricostruire l immagine: ogni punto corrisponde ad un pixel dello schermo, e l'intensità luminosa del punto verrà rappresentata da una corrispondente tonalità di grigio. L'accostamento di tutti i singoli pixel corrispondenti a punti scanditi dal fascio laser nel campione darà cosi l'immagine finale. La rappresentazione di un intero piano e effettuata mediante la scansione del campione: punti successivi dello stesso piano focale sono illuminati progressivamente, spostando il campione stesso oppure, servendosi di specchi rotanti, il fascio luminoso. È ovviamente possibile ripetere la stessa operazione su altri piani focali, acquisendo progressivamente informazioni sull'intero campione in tutto il suo spessore [9]. Figura Rappresentazione schematica del principio di funzionamento del microscopio confocale. La scansione di un singolo piano produce in pratica una sezione ottica costituita da tanti pixel, che può essere considerata analoga a una vera e propria fetta sottile del campione originale. Dal momento che sono analizzati più piani e che il calcolatore memorizza non soltanto la luminosità di ciascun punto, ma anche la sua localizzazione spaziale nel campione, ogni punto immagine, detto voxel, rappresenta l'equivalente del pixel di un'immagine a due dimensioni; esso e definito da tre coordinate, due [x e y] nel piano e una terza [z] perpendicolare al piano. Grazie a opportuni programmi e possibile manipolare con facilità i voxel fino a pervenire a una ricostruzione 63

64 tridimensionale del campione, come ad esempio quello nella Fig secondo differenti assi, per osservarle dalla prospettiva più favorevole. È anche possibile ottenere nuove sezioni ottiche: verticali, trasversali od oblique. Figura Ricostruzione tridimensionale del campione. Uno svantaggio della microscopia a scansione consiste in un aumento del tempo di acquisizione dell'immagine, legato alla risoluzione (e quindi al numero di pixel) con la quale la si vuole acquisire. La microscopia confocale, per le caratteristiche descritte, si è affermata negli ultimi anni in ambiti che vanno dalla ricerca e sviluppo a quello produttivo, quale valido strumento in ambito della metrologia degli strati superficiali dei materiali, e profilometria, grazie alla possibilità di poter investigare in maniera accurata, rapida, efficace e non invasiva, la topologia delle superfici, con risoluzioni dell ordine del submicron. Anche in ambito biologico, la microscopia confocale sta acquisendo importanza crescente quale metodo efficace di osservazione di strutture cellulari e biologiche. La possibilità di poter memorizzare una grande quantità di immagini e la validità dei sistemi software, di controllo ed elaborazione, con cui gli attuali dispositivi commerciali vengono corredati, consente di poter effettuare nella microscopia confocale numerose operazioni di post-processing sulle superfici acquisite, potendo effettuare mediante gli appositi software dedicati, operazioni di imaging quali, ad esempio, livellamento, filtraggio, riempimento, nonché valutazione di parametri relativi alla metrologia superficiale e profilometria dei campioni osservati. Quanto alla possibilità di studiare la metrologia degli strati superficiali, di fatto, la microscopia confocale a scansione si affianca alle tecniche tradizionali che fanno uso di strumenti come il rugosimetro. Di fatto sono tecnologie completamente differenti e poco confrontabili, si pensi al 64

65 fatto che la seconda è una tecnologia di contatto con il materiale studiato, la prima è una tecnica di microscopia digitale. Un rugosimetro può risentire particolarmente di imperfezioni o anomalie superficiali durante la scansione, come la presenza di detriti, di fatto non riconoscibili, inoltre le scansioni stesse sono più o meno lunghe. Un confocale consente di acquisire in una unica scansione, più o meno veloce, una immagine estesa, di digitalizzarla e di ottenere un profilo di rugosità immediato secondo qualunque direzione selezionata sulla stessa; inoltre l eventuale presenza di impurezze viene rilevata e si ha la possibilità di riconoscerla e selezionare una opportuna direzione per l estrazione del profilo della superficie che non ne tenga conto Modalità e attrezzatura di prova Il modello di microscopio confocale utilizzato per la caratterizzazione microgeometrica è il Leica Scan DCM 3D in Fig Al fine di garantire la massima affidabilità possibile delle acquisizioni, specie per quelle prolungate nel tempo e ad elevati ingrandimenti, il Leica DCM-3D è installato su una base di isolamento dalle vibrazioni con funzionamento attivo della Accurion, modello Halcyonics_micro. Il DCM-3D è corredato da due sistemi software, LeicaScan e LeicaMap, rispettivamente per la gestione delle diverse modalità e opzioni di acquisizione delle immagini confocali, e per il post processing di elaborazione e analisi delle stesse. Figura Leica DCM 3D con unità di scansione e sottostante supporto di isolamento inerziale. Sia l interscambio delle varie ottiche, sia l impostazione dei parametri ottimali di acquisizione quali ad esempio numero di piani e passo di scansione, tipologia di acquisizione, tipo di sorgente luminosa, threshold e riferimenti, nonché l avvio stesso della scansione, sono impostati mediante il software LeicaSCAN, con il quale è possibile impostare la tipologia di acquisizione, le due più importanti delle quali sono la Topography, scansione di un area definita di dimensioni limitate, al più puntuale, e la Extended Topography (Stitching): scansione di una regione più estesa rispetto a quella puntuale, considerando un area o un insieme di aree di diverse forme geometriche, cucite poi insieme a dare una superficie di scansione con una definita ed impostabile estensione. La modalità di acquisizione adottata è stata la extended topography (Stitching) con aree di circa 3 mm x 3 mm; sono state effettuate acquisizioni confocali ad ingrandimenti 20X, per evidenziare la morfologia nel dettaglio delle aree di acquisizione in corrispondenza di zone prefissate delle piastre. 65

66 Lo schema secondo il quale si è proceduto all'acquisizioni delle aree è mostrato nella Fig Nel caso della piastra fresata meccanicamente si è proceduto all'acquisizione di altre aree di interesse. Figura Schema dei punti di acquisizione al microscopio confocale. Le immagini ricavate sono state salvate e poi sono state elaborate e processate al LeicaMap dove a partire dall'immagine dell'area acquisita sono state eseguite le operazioni volte al miglioramento della loro qualità come quella di riempimento, livellamento in Fig a), b), e filtrazione dalla quale sono ricavate le immagini delle superfici di ondulazione e di rugosità come indicato in Fig c); dalle immagini filtrate sono ricavate successivamente le superfici 3D di ondulazione e di rugosità. a) 66

67 b) c) Figura a) Superficie riempita; b) superficie livellata; c) superfici di ondulazione e di rugosità. A partire dalla superficie di rugosità si procede, disponendosi in due direzioni ortogonali tra loro all estrazione di tre profili di rugosità secondo lo schema indicato in Fig Figura Direzioni di estrazione dei profili. 67

68 Per ognuno dei profili si procede all'estrazione della Tab.3.6 dei parametri di ampiezza tra cui il valore desiderato della rugosità media aritmetica Ra. Tabella Parametri di ampiezza. Per ognuno dei tre profili in una direzione, ricavati i valori di Ra1, Ra2 e Ra3 è stato calcolato il valore medio della rugosità che caratterizza la superficie in ognuna delle due direzioni considerate. Dopo aver eseguito queste operazioni si è proceduto ad confronto dei valori medi della rugosità delle aree corrispondenti delle due piastre fresate. In questa fase del lavoro sperimentale, non è stato necessario procedere ad alcuna preparazione delle piastre, se non semplicemente alla pulizia mediante acetone delle aree da acquisire. Stesso discorso si è fatto per l ondulazione: Tabella 3.7 Parametri di ondulazione 68

69 3.5 Caratterizzazione micromeccanica La procedura di caratterizzazione micromeccanica permette di indagare sulle caratteristiche meccaniche del materiale; pertanto al fine di valutare l influenza, nonché le differenze in termini micromeccanici prodotte dai differenti processi di lavorazione sono state eseguite delle prove di microdurezza Prova di microdurezza La prova di microdurezza si effettua con carichi piccolissimi su campioni lucidati. Le applicazioni di questo metodo si possono distinguere in tre categorie: per pezzi di limitate dimensioni sia nello spessore che nella superficie tali da non contenere le impronte delle macrodurezze; pezzi di materiale fragile non in grado di sopportare i carichi delle macrodurezze; Per la valutazione della durezza all'interno di regioni molto piccole o nei cristalli; Si desume quindi che la microdurezza può avere due distinti campi di applicazione: pratico, come nella determinazione della durezza superficiale di sottili pellicole o nella determinazione della durezza di limitatissime zone; di ricerca, come quello della variazione della durezza in funzione della profondità di uno strato cementato od elettrodepositato Il carico applicato sul penetratore può variare da 0.1N a 5N. Il penetratore in Fig a) più comunemente usato è quello Vickers, costituito da un diamante a forma di piramide retta a base quadrata con un angolo diedro di 136. L'impronta lasciata dal penetratore, nella Fig b) è molto piccola infatti le diagonali hanno le dimensioni di decine di micron. a) b) Figura a) Geometria e corrispondenti valori angolari del penetratore per microdurezze Vickers; b) impronta del penetratore Modalità e attrezzatura di prova Per effettuare la prova di microdurezza è stato utilizzato il microdurometro Micro-Vickers Hardness Tester CV-400DAT in Fig dotato di controllo completamente automatico del carico. 69

70 Figura Micro-Vickers Hardness Tester CV-400DAT. L'immagine dell'impronta viene catturata a video per mezzo di un programma dedicato, ImageFocus, il quale, previo inserimento del valore del carico applicato pari a 50 gf (0.4905N), e dell'analisi della misura delle diagonali, restituisce rapidamente il valore della durezza nel punto dove è realizzata l'impronta. Per eseguire le prove di microdurezza è stato necessario procedere preliminarmente alla estrazione dei campioncini dalle piastre mediante operazioni di taglio usando una troncatrice metallografica come quella indicata nella Fig a). a) b) 70

71 c) d) Figura a) Troncatrice metallografica; b) pressa inglobatrice; c) lappatrice; d) bagno ad ultrasuoni. Successivamente i campioncini sono stati inglobati in resina in modo tale da ottenere dei provini di geometria cilindrica riportati in Fig. 3.26; Il motivo di queste operazioni è legato al fatto che dovendo eseguire delle prove di microdurezza su campioncini, risulterebbe impossibile effettuare sia la successiva l operazione di lucidatura sia il posizionamento dello stesso sul porta pezzi del microdurometro. Figura Foto di due provini per le prove di microdurezza. L inglobamento nella resina in polvere è stato effettuato mediante pressa lappatrice Remet IPA 40 in Fig b), che attraverso la doppia azione di elevate pressioni (forza di 20 KN) ed elevate temperature (160 C), consente la polimerizzazione della resina nella quale il campioncino rimarrà bloccato; i campioncini destinati alle prove sono poi stati lavorati con una lappatrice Struers TregraPol-11 in Fig c), per effettuare la levigatura della superficie da analizzare. La levigatura avviene attraverso una fase di grinding e polishing mettendo a contatto il provino prima con carte abrasive di varia grana secondo una sequenza prefissata del numero di GRIT (P220, P320, P500, P800, P1200, P2400) e poi con dischi di feltro con opportune paste diamantate, secondo la 71

72 procedura ASTM T-43 per la preparazione dei provini e l'osservazione metallografica, in modo da riuscire a diminuire gradualmente la rugosità superficiale e ottenere una superficie a specchio; una fase finale di pulitura dei campioncini è stata effettuata in un bagno ultrasonico in Fig c) per 15 minuti, per rimuovere le impurità dalla superficie dei campioncini, prima in acqua normale e poi immergendo i campioncini per altri 15 minuti in acqua distillata. Ottenuti i provini si è proceduto ad effettuare le prove di microdurezza in corrispondenza di determinate aree di interesse indicate nella Fig. 3.27; si tratta della parte di spessore più piccolo, della parte centrale e dei punti 1 e 2 del doppio step di ciascuna delle piastre; le impronte sono state eseguite spostandosi lungo una diagonale, in modo tale da rilevare le variazioni di microdurezza nel materiale senza allontanarci troppo dalla superficie, e avendo cura che esse si dispongano almeno ad una distanza lungo la diagonale pari a 3d. Figura Aree interessate dalla prova di microdurezza sulla porzione di sezione a gradino. Dopo aver effettuato le prove di microdurezza in corrispondenza di ciascuna delle aree indicate, è stato calcolato il valore medio delle misure delle microdurezze eseguite. Questi valori medi ricavati nelle aree indicate per ciascuna delle porzioni di sezione a gradino delle due differenti piastre sono stati confrontati con i loro corrispondenti; il metodo utilizzato per valutare l'esistenza di una differenza tra i valori medi è il test t; questo test ci consente di affermare se esiste una differenza significativa tra i valori medi confrontati e, qual'ora esistesse, qual è la percentuale della probabilità con cui è possibile osservare una differenza fra le medie maggiore a quella trovata nei dati quando le medie delle popolazioni sono uguali; il test è stato condotto con un livello di significatività del 5% che indica che se il valore della probabilità p (0<p<1) che il test restituisce è inferiore a 0.05 allora la differenza tra le medie è significativa; per poter eseguire il test t preliminarmente è stato necessario verificare la normalità della distribuzione dei valori delle microdurezze che concorrono a definire i valori medi considerati. 3.6 Caratterizzazione strutturale Il comportamento meccanico e tecnologico di un materiale metallico è il risultato delle sue caratteristiche microstrutturali (fasi presenti, loro quantità, dimensioni, morfologia e distribuzione) e degli effetti indotti su queste dai processi produttivi e di trasformazione. Le interazioni tra microstruttura, processo e comportamento finale sono certamente complesse. L'analisi microstrutturale viene condotta con l'intento di individuare le variazioni subite dalla struttura del materiale in virtù delle differenti modalità di lavorazione con cui avviene la rimozione del materiale. La metodologia adottata nell'intento di perseguire questo obiettivo è la microscopia a scansione elettronica (SEM). 72

73 3.6.1 Microscopia a scansione elettronica (SEM) Il Microscopio Elettronico a Scansione (SEM) è uno strumento elettro-ottico che permette, in seguito all emissione di un fascio di elettroni, di analizzare i vari segnali prodotti dall interazione degli elettroni del fascio con il campione in esame. L'elaborazione di questi segnali consente di ottenere un ampia gamma di informazioni non solo morfologiche, ma anche di composizione e strutturali relative alle varie parti di cui è costituito il campione. Le caratteristiche peculiari di questo strumento di osservazione, che ne hanno determinato il successo e la diffusione, sono la semplicità di osservazione di superfici irregolari con ingrandimenti fino X e con grande profondità di campo, fornendo un'immagine tridimensionale estremamente realistica dell'oggetto osservato; la possibilità di scegliere il meccanismo di formazione dell'immagine, ed infine la possibilità di determinare la composizione chimica del campione. La formazione dell'immagine nel SEM non è immediata ma è frutto di un processo; tale processo inizia proprio nel momento in cui un fascio di elettroni di qualche decina di KeV va ad incidere su un dato materiale (che deve essere un conduttore, semiconduttore o reso comunque tale attraverso procedimenti di metallizzazione). A questo punto si verificano diversi "fenomeni." Una parte degli elettroni incidenti o primari vengono riflessi e mantengono la loro energia iniziale. Questi sono detti elettroni retrodiffusi; la restante parte degli elettroni primari perde, invece, la propria energia e la trasferisce agli elettroni del campione che sono messi così nella condizione di potersi diffondere verso la superficie ed in parte di sfuggire verso l'esterno: questi sono detti elettroni secondari. Se il fascio incidente di elettroni primari è abbastanza potente, esso ha la capacità di ionizzare anche i livelli energetici (le orbite elettroniche) più interni degli atomi del materiale provocando la loro "eccitazione". Per tornare al loro stato fondamentale questi atomi possono emettere un fotone X (provocando il fenomeno noto come fluorescenza X) o un elettrone (emissione di elettroni Auger). Entrambe queste emissioni hanno energie caratteristiche e proprie degli atomi che le hanno emesse e possono, dunque, venire utilizzate per ottenere informazioni sulla composizione chimica del campione. Inoltre, un campione colpito da un fascio elettronico, benché emetta elettroni secondari e retrodiffusi, tende a caricarsi elettricamente, fatto che provocherebbe una distorsione dell'immagine se il campione stesso non venisse connesso a terra in modo da poter assorbire la corrente necessaria per mantenere la neutralità elettrica. Qualora questa corrente che passa attraverso il campione venga adeguatamente amplificata, può essere a sua volta utilizzata per produrre delle immagini il contrasto delle quali dipenderà dalla variazione di produzione degli elettroni secondari e retrodiffusi, ottenendo così informazioni tanto sulla morfologia del campione quanto sulla sua composizione chimica. Quindi, ognuno dei fenomeni sopra descritti può essere utilizzato per produrre una diversa immagine ed ottenere diverse informazione sul campione. Rispetto al tradizionale microscopio ottico metallografico, il SEM presenta, dunque, l'indubbio vantaggio di un maggior potere risolutivo e di una maggiore profondità di campo. In relazione a ciò, il SEM grazie alla possibilità di fornire un contrasto più elevato ed una maggiore ricchezza di dettagli, consente di rilevare direttamente forme, dimensioni, e disposizione delle strutture del campione in esame. Lo schema tipico di funzionamento di un microscopio ottico è rappresentato in Fig

74 Figura Schema di un tipico microscopio elettronico a scansione [10]. All interno del cannone elettronico un fascio di elettroni viene emesso per effetto termoionico da un filamento (generalmente di tungsteno) e accelerato dal campo elettrico esistente tra catodo (filamento stesso, mantenuto ad elevato potenziale negativo) e anodo, collegato a massa. Uscendo dal cannone elettronico il fascio ha un diametro di circa 50 µm, subisce poi una prima riduzione ad opera dei condensatori; l obiettivo effettua la riduzione finale del fascio (circa Å) e lo focalizza sul campione; le due coppie di bobine di deflessione presenti nell obiettivo fanno muovere il fascio secondo linee parallele successive, facendogli così esplorare una determinata zona del campione; quest'ultimo essendo eccitato dagli elettroni che lo colpiscono emette degli elettroni secondari che vengono raccolti da un collettore ed amplificai da un fotomoltiplicatore. Il segnale generato è inviato ad un tubo catodico il cui pennello elettronico scandaglia lo schermo secondo una griglia in perfetto sincronismo con il fascio che scandaglia il campione. L'immagine elettronica in Fig ottenuta è simile ad un immagine ottica. 74

75 a) b) Figura Immagini a confronto: a) al SEM; b) all'ottico. La tecnica per analisi composizionali al SEM, attraverso la rivelazione dei raggi X, è detta EDS : Energy - Dispersive x-ray Spectrometer. Gli elettroni incidenti che hanno energia sufficiente, riescono ad ionizzare i livelli energetici più esterni degli atomi del materiale che emettendo un fotone, producono i raggi X. I raggi X prodotti possiedono energie che sono caratteristiche degli atomi da cui provengono e possono essere sfruttati per ottenere, mediante un trasduttore, informazioni sulla composizione chimica del campione sotto forma di uno spettro che riporta i picchi relativi agli elementi. Con il microscopio elettronico a scansione SEM in modalità EDS, l'immagine risultante sarà uno spettro di Raggi X, riportato in Fig da cui si può risalire alla composizione chimica del materiale analizzato, dal momento che ogni picco dello spettro è riconducibile ad una ben precisa specie atomica. Figura 3.30 Spettro di raggi-x in cui i vari picchi identificano le diverse specie atomiche Modalità e attrezzatura di prova Il microscopio SEM utilizzato è un Hitachi TM3000, da banco, con sonda EDS Oxford Instruments modello Swift ED3000 mostrato in Fig

76 Figura Microscopio SEM modello TM3000, Hitachi. In questo caso è stato ritenuto necessario eseguire l'indagine SEM solo sulla porzione a doppio step e sulle porzioni delle superfici più esterne di spessore prossimo a 0.8 mm, perché queste ci consentono di apprezzare meglio le possibili variazione subite dalla microstruttura; pertanto per prima cosa si è proceduto all'estrazione dei campioncini dalle piastre e poi si è proceduto con la fase di inglobatura e lucidatura a specchio dei provini come già ampiamente descritto (Ref ). Nella Fig sono riportati i provini e indicate le aree di estrazione dei campioncini per le prove al SEM. Figura Provini per le prove al SEM e aree di estrazione dei campioncini. Al fine di poter procedere con l analisi metalllografica al SEM è stato necessario eseguire l'attacco chimico delle superficie da osservare mediante l utilizzo di un acido Keller s, ovvero una soluzione utilizzata per rendere visibile al microscopio ottico la struttura granulare dell alluminio e delle sue leghe. L attacco acido viene eseguito portando il reattivo sul campione con un batuffolo di cotone, cui segue un accurato lavaggio ed asciugatura. L acido va ad aggredire la superficie del metallo in modo differente secondo l orientazione dei piani cristallini dei vari grani. Ciò permette di scavare differentemente la superficie dei grani, potendo così creare un gioco di ombre che andrà ad evidenziare i bordi dei grani. Riportiamo di seguito la composizione volumetrica dell acido KELLER s: 76

77 2 ml HF (acido fluoridrico) 3 ml HCl (acido cloridrico) 5 ml HNO3 (acido nitrico) 190 ml H2O (acqua distillata). Per le porzioni della superficie esterne di ciascuna delle piastre si è proceduto all'osservazione del campioncino sia in pianta che in sezione; mentre per le porzioni di sezione a gradino si è proceduto all'esame della microstruttura appena sotto la pelle in corrispondenza dei punti 1 e 2 dello step e nel punto 3 del cuore del materiale come indicati in Fig Figura Indicazione dei punti osservati al SEM. Le micrografie ricavate sono state poi confrontate sotto un aspetto puramente qualitativo volto a mettere in evidenza le apprezzabili variazioni della forma e della dimensione dei grani cristallini, e possibili variazioni della forma e della dimensione nonché della distribuzione degli intermetallici presenti all'interno della lega. Ulteriormente, per completezza è stata eseguita un indagine EDS per la determinazione delle specie atomiche costituenti i precipitati immersi nella matrice di alluminio. 3.7 Caratterizzazione meccanica Per l esecuzione della campagna di prova sono state utilizzate due differenti macchine di prova universali di tipo oleodinamico di seguito elencate: 1. Macchina di prova universale marca Instron modello 8502 PLUS, capacità telaio 250 kn, cella di carico 250 kn in modalità dinamica, equipaggiabile all occorrenza con sistema di acquisizione deformazioni marca National Instruments a 8 canali e software acquisizione e gestione dati LabView. 77

78 Figura Macchina di prova universale Instron 2. Macchina di prova universale marca MTS modello 810, capacità telaio 500 kn, cella di carico 500 kn in modalità dinamica, equipaggiabile all occorrenza con sistema di acquisizione deformazioni marca National Instruments a 8 canali e software acquisizione e gestione dati LabView. Figura Macchina di prova universale MTS 78

79 Entrambe caratterizzate dalla possibilità di operare in differenti modalità (controllo di carico, controllo di posizione, controllo di deformazione) sia in statico sia in dinamico con frequenze fino a circa 20 Hz. Sono dotate di sistemi di afferraggio standard mediante coppie di ganasce cuneiformi sostituibili per afferrare provini dalla geometria sia cilindrica (diametri fino a 35 mm) sia a geometria parallelepipeda (spessori fino a 30 mm). In particolare la macchina n.1 può afferrare provini di larghezza massima pari a circa 80 mm, la macchina n. 2 ha ganasce con larghezza pari a circa 100 mm, ma può afferrare provini di larghezza anche superiore per la particolare conformazione delle teste di afferraggio [11]. Figura Testa di afferraggio della macchina di prova universale MTS Entrambe sono state pertanto in grado di eseguire le prove richieste in accordo con la normativa ASTM E 466 richiamata nella NT. Al fine di poter svolgere le prove richieste, la macchina Instron è stata equipaggiata con sistema di afferraggio provini dedicato a questa tipologia di prove e fornito dal committente Alenia Aermacchi. La geometria dei provini testati è rappresentata nella seguente figura 3.37: Figura Geometria dei provini come da NT 79

80 Capitolo 4 Risultati E Analisi 80

81 4.1 Risultati e analisi Nel seguente capitolo sono mostrati e analizzati i risultati delle prove di caratterizzazione svolte al fine di poter valutare, attraverso il confronto basato su aspetti sia qualitativi che quantitativi, quando possibile, l efficacia e la validità del metodo meccanico in sostituzione di quello chimico. 4.2 Analisi della microgeometria superficiale La procedura di caratterizzazione dei prodotti fresati ha visto come prima analisi lo studio della microgeometria superficiale volto a definire qualitativamente lo stato delle superficie e quantitativamente il grado di finitura delle superfici delle piastre fresate o in maniera duale, il grado di rugosità delle superfici delle lamiere, attraverso il rilevamento del valore della rugosità media aritmetica Ra. Partendo dalle immagini ricavate al microscopio confocale e dai valori della rugosità è stato possibile procedere ad un confronto delle tecnologie di fresatura adottate da un punto di vista qualitativo attraverso l'esame della morfologia superficiale delle piastre e in termini quantitativi attraverso l'esame del livello di finitura o rugosità superficiale Ispezione visiva Da una prima ispezione puramente visiva, emerge immediatamente alla vista, in modo chiaro ed inequivocabile, la differenza dello stato in cui si presentano le superfici, mostrate nella Fig. IV.1, dei prodotti ottenuti con i due differenti metodi di fresatura utilizzati; questa differenza, del resto attesa, è imputabile solo ed esclusivamente al principio che sta dietro a ciascuna lavorazione. Da una parte l'azione chimica del bagno, che senza esercitare azioni di tipo meccaniche, ma sfruttando la capacità di sostanze di aggredire il materiale permette di rimuovere il metallo; dall'altra parte, nel caso della fresatura meccanica, l'asportazione di materiale avviene per mezzo del contatto dell'utensile sul metallo il cui passaggio lascia inevitabilmente la presenza di segni. Nella Fig. IV.2 è possibile, infatti, individuare la successione di ondine che si susseguono come risultato del passaggio dell'utensile sulla lamiere nonché le direzioni in cui esso si è mosso; piastre alla mano, è possibile poter apprezzare, al tatto, la variazione microgeometrica prodotta sulla superficie dall'utensile rispetto al caso della fresatura chimica, dove la superficie della piastra si presenta invece più liscia e priva di percettibili asperità [12]. a) 81

82 b) Figura Superfici delle piastre fresate: a) chimicamente; b) meccanicamente. Figura Macrografia della superficie fresata meccanicamente Acquisizioni al microscopio confocale Le acquisizioni al microscopio confocale delle superfici delle piastre sono state eseguite secondo lo schema indicato nel capitolo precedente. Riportiamo di seguito, per tipologia di fresatura, nella Fig. 4.3 a) e b) le immagini prodotte al LeicaScan che ci consentono di apprezzare qualitativamente la microgeometria superficiale delle piastre fresate nei punti acquisiti. Queste immagini sono molto significative in quanto rendono possibile confermare quanto poteva essere già apprezzato attraverso le precedenti osservazioni ad occhio nudo delle piastre. In funzione del tipo di fresatura adottato, cioè, si possono distinguere due differenti stati microgeometrici. Questa netta differenza è imputabile alle differenti modalità con cui avviene l'asportazione del materiale; nel caso della fresatura chimica l'azione corrosiva del bagno chimico comporta punto per punto l'asportazione graduale e lenta di piccole quantità di materiale determinando, come è possibile apprezzare dalla 82

83 figura riportata, una distribuzione uniforme di punti in rilievo e di punti di depressione su tutta la superficie come conseguenza della simultaneità dell'azione chimica in tutte le direzioni. a) b) Figura Immagini acquisite al microscopio confocale: a) piastra fresata chimicamente; b) piastra fresata meccanicamente. Le immagini relative alla fresatura meccanica, mostrano chiaramente la successione periodica di ondine ben definite, che costituiscono la firma tecnologica del processo di fresatura meccanica, dove l'asportazione di materiale avviene al passaggio dell'utensile per mezzo dell'azione energica che esso esercita sulla superficie. Nella Fig. 4.4 a) e b) sono mostrate, invece, le superfici di 83

84 ondulazione 3D ottenute previa elaborazione delle immagini acquisite al LeicaMap. Queste immagini confermano quanto sopradetto relativamente al discorso dell'azione subita dalle superfici in virtù del differente tipo di lavorazione. a) b) Figura Superfici di ondulazione 3D ottenute al LeicaMap: a) piastra fresata chimicamente; b) piastra fresata meccanicamente. Nella Fig. 5.5 a), b) e c) sono riportate, invece, le immagini di altre aree di interesse in termini di rilevamento della rugosità acquisite sulla piastra fresata meccanicamente. 84

85 a) b) c) Figura Immagini acquisite al confocale della piastra fresata meccanicamente. 85

86 Nella Fig. 4.5 a) è possibile apprezzare il confine di separazione di due passate di fresatura che corrono nella stessa direzione in corrispondenza della parte esterna della piastra; nelle Fig. 4.5 b) e c) sono mostrate le variazioni della microgeometria superficiale delle aree acquisite sulla stessa piastra in corrispondenza di punti dove i solchi rimangono ben definiti ma, sebbene le ondine siano individuabili, esse perdono la forma tipica che le contraddistingue lasciando spazio ad una forma spezzettata, meno definita, come conferma la Fig. 4.6 della superficie 3D relativa alla immagine in Fig. 4.5 c) estratta al LeicaMap. Figura Superficie di ondulazione 3D ottenuta al LeicaMap alla piastra fresata meccanicamente. Ecco invece come appaiono nella Fig. 4.7 a) e b) le superfici di rugosità 3D; l'immagine a) relativa ad una delle aree acquisite su piastra fresata meccanicamente e quella b) relativa ad un area acquisita su piastra fresata chimicamente; l'immagine a) della figura in esame non è stata scelta a caso in quanto permette di apprezzare, rispetto ad altri casi, anche se in maniera non proprio immediata, la presenza dei solchi prodotti dal passaggio utensile nonché la presenza delle famose ondine; queste superfici confermano ancora una volta la differenza provocata dalle differenti modalità di rimozione del materiale. 86

87 a) b) Figura Superfici di rugosità 3D: a) piastra fresata meccanicamente; b) piastra fresata chimicamente. Nella Fig. 4.8 a) e b) sono riportate le immagini relative al doppio step che caratterizza la geometria di ciascuna delle due piastre. 87

88 a) b) Figura Immagini acquisite al confocale: a) gradino della piastra fresata chimicamente; b) gradino della piastra fresata meccanicamente. In questo caso, sono ancora visibili le variazioni microgeometriche delle superfici prodotte dalle differenti modalità di lavorazione, ma è possibile anche evidenziare, come nel caso degli step 1 e 2 del campione chimico ci sia un passaggio dolce e graduale tra una superficie e l'altra diversamente dal caso degli step del campione meccanico deve invece il passaggio tra una superficie e l'altra avviene in modo nettamente più marcato. Seguono le immagini dei profili di rugosità estratti con l'utilizzo del software LeicaMap, previa filtrazione della immagine di rugosità della superficie di partenza, secondo le modalità indicate nel precedente capitolo. Nella Fig. 4.9 a) e b) e 4.10 a) e b), a titolo puramente indicativo, considerata la numerosità delle prove effettuate, vengono riportati per ciascuna tipologia di fresatura adottata, solo uno dei profili di rugosità e di ondulazione estratti. 88

89 a) b) Figura Andamento del profilo di rugosità: a) per la superficie fresata chimicamente; b) per la superficie fresata meccanicamente. a) b) Figura 4.10 Andamento del profilo di ondulazione: a) per la superficie fresata chimicamente; b) per la superficie fresata meccanicamente 89

90 Nella Tab.4.1 a) e b), per la piastra fresata chimicamente, sono riportati i valori della rugosità media aritmetica Ra ricavata secondo le modalità descritte. a) b) Tabella Valori di Ra dei profili di rugosità: a) direzione ortogonale alle fibre; b) direzione parallela alle fibre. I valori contenuti nella tabella assumono un valore minimo pari a 0.07μm fino ad un valore massimo pari a 0.19μm; si verifica un incremento dei valori di rugosità in corrispondenza degli step indipendentemente dalla direzione considerata. Nella Fig a) e b) vengono invece presentati direttamente in corrispondenza di ciascuna delle aree acquisite i valori della rugosità ottenuti come media dei valori Ra1, Ra2 e Ra3 relativi a ciascuna prova; si registrano dei valori della rugosità che vanno da un valore minimo di 0.09μm fino ad un valore massimo di 0.12μm sulla superficie della piastra, mentre in corrispondenza del gradino sono stati riscontrati dei valori un po più grandi partendo da un valore di 0.13μm fino ad arrivare ad massimo di 0.15μm. a) b) Figura Valori della Ra medi: a) per profili ortogonali alle fibre; b) per profili paralleli alla direzione delle fibre. 90

91 Questi valori di rugosità medi ottenuti, sebbene si riferiscano a due direzioni ortogonali tra loro, sono confrontabili tra loro; questo risultato, conferma che l'azione del bagno chimico non va a determinare una anisotropia superficiale, o meglio una variazione delle caratteristiche superficiali del materiale qualunque sia la direzione potendo, il bagno chimico, agire indistintamente in modo uguale qualunque essa sia [13]. Analogamente si riportano nella Tab.4.2 a) e b) i singoli valori della rugosità per ciascuno dei profili estratti, nelle due direzioni, per ognuna delle prove eseguite sulla piastra fresata meccanicamente. a) b) Tabella Valori di Ra dei profili di rugosità: a) direzione ortogonale alle fibre; b) direzione parallela alle fibre. Diversamente da quanto ci si aspettasse, è evidenziabile una riduzione più o meno uniforme e dell'ordine dei centesimi di micron dei singoli valori delle Ra rispetto a quelli ricavati nel caso delle corrispondenti prove eseguite sulla piastra fresata chimicamente. a) 91

92 b) Figura Valori della Ra medi: a) per profili ortogonali alle fibre; b) per profili paralleli alla direzione delle fibre. Nella Fig a) e b) analogamente al caso della piastra fresata chimicamente, sono riportati i valori della rugosità medi in corrispondenza di ciascuna superficie acquisita; dall'esame di questi dati, è possibile sottolineare che non ci sono delle sostanziali differenze tra i valori medi della rugosità relative alle due direzioni esaminate a parità di prova considerata. Per quanto riguarda il confronto tra le due piastre, sono stati riscontrati per la piastra fresata meccanicamente dei valori della rugosità media leggermente più bassi rispetto a quelli corrispondenti sulla piastra fresata chimicamente, ma questi valori rimangono pienamente confrontabili tra loro. Tutti i valori calcolati sono contenuti in un range di valori di rugosità accettabile. Stesso discorso è stato fatto per l ondulazione, ma si è fatta un analisi numerica solo per valutare una differenza tra fresatura meccanica con utensile nuovo con quello con utensile usurato. In definitiva si è avuto, dopo una media di tutti i valori calcolati in tutte le direzioni, come risultato finale: Ondulazione media Fresatura meccanica Ondulazione Media Fresatura Meccanica Utensile Nuovo Utensile Usurato Wa = 0.6 μm Wa= 0.4 μm Tabella 4.3 Valori medi dell ondulazione per la Fresatura Meccanica. 4.3 Caratterizzazione micromeccanica Per valutare l influenza del processo di fresatura sulle caratteristiche meccaniche delle lamiere sono state eseguite delle prove di microdurezza; attraverso l'elaborazione dei dati ricavati dalle prove, si è proceduto ad un confronto su basi quantitative volto ad apprezzare eventuali e significative differenze, in termini micromeccanici, prodotte dalle due differenti tecnologie di fresatura impiegate Prove di microdurezza A seguire sono riportati i risultati delle prove di microdurezza eseguite secondo le modalità indicate nelle precedente capitolo. Nella Fig a), b), c) e d) si riportano a confronto per tipologia di 92

93 fresatura i risultati delle prove di microdurezza eseguite in corrispondenza dello spessore più piccolo, dei punti 1 e 2 e della parte centrale del doppio step secondo lo schema riportato in precedenza. a) b) c) 93

94 d) Figura Valori di durezza ricavati lunghe le diagonali: a) spessore piccolo; b) punto 1dello step ; c) punto 2 dello step; d) parte centrale. Nel caso a) di figura, con riferimento allo spessore più piccolo sul campione meccanico, si registrano in prossimità della superficie dei valori della durezza più alti rispetto a quelli corrispondenti sul campione chimico, pari a 164 HV e 159 HV; non possiamo confermare, in questo caso, che la differenza sia imputabile alle differenti modalità di lavorazioni ma non possiamo escludere che ci possa essere stata una influenza dovuto al passaggio dell'utensile sulla porzione di spessore più piccolo del doppio step [14]. Nel cuore del materiale, caso d) si registrano valori della microdurezza che vanno da un valore più piccolo pari a 132 HV fino ad un valore massimo pari 149 HV. a) b) Figura Valori medi delle prove di microdurezza eseguite lungo le diagonali: a) campione chimico; b) campione meccanico. Nella Fig a) e b) sono riportati direttamente i valori ricavati dalla media delle misure effettuate lungo ciascuna diagonale per ognuna delle porzioni a doppio step estratte dalle piastre; i valori medi 94

95 della microdurezza registrati nel cuore del materiale si assestano in tutte e due i casi, intorno ad un valore pari a 142HV; rispetto a questo valore registriamo per il campione chimico una riduzione del valore in corrispondenza dello spessore piccolo, mentre i valori della microdurezza in corrispondenza dei punti 1 e 2 del doppio step sono confrontabili con quello registrato nel cuore; invece per quanto riguarda il campione meccanico registriamo rispetto al valore ricavato nel cuore del materiale un incremento del valore della microdurezza in corrispondenza dello spessore più piccolo e una riduzione di quelli in corrispondenza dei punti 1 e 2 dello step. Emerge chiaramente come in corrispondenza dei punti 1 e 2 dello step e dello spessore più piccolo del campione meccanico i valori medi della microdurezza siano rispettivamente più piccoli e più grande rispetto ai corrispondenti valori presi sul campione chimico. In questi tre casi, previa verifica di normalità della distribuzione dei dati rilevati lungo ogni diagonale, i cui risultati sono mostrati per ogni tipologia di fresatura nella Fig a), b) e c) si è proceduto ad un confronto dei valori medi corrispondenti sui due campioni al fine di valutare, come anticipato, che la differenza tra le due medie sia significativa grazie al test t. a) 95

96 b) c) Figura Risultati della verifica di normalità delle misure di microdurezza: a) spessore piccolo; b) punto 1 del doppio step; c) punto 2 del doppio step. Nella tabella 4.4 a), b) e c) sono riportati i risultati dei test t relativi al confronto dei valori medi ricavati in corrispondenza dello spessore piccolo e degli step 1 e 2 per ognuno dei due campioni. 96

97 a) b) c) Tabella Risultati del test t: a) spessore piccolo; b) punto 1 dello step; c) punto 2 dello step. Nel caso b) viene fuori un valore di p approssimabile a 0.04 che essendo più piccolo di 0.05, assunto convenzionalmente a definire il livello di significatività del test, indica che esiste una significativa differenza tra i valori medi delle due popolazioni costituite dai valori delle microdurezze rilevate in corrispondenza del punto 1 del doppio step, e che esiste una probabilità inferiore al 4% di osservare una differenza fra le medie maggiore a quella trovata nei dati quando le medie delle popolazioni sono uguali. 97

98 Questo risultato non ci permette di escludere che in corrispondenza dello step 1 possa esserci stata una apprezzabile influenza dell'azione dell'utensile sul materiale. Nei casi a) e c) il valore della p assume valori rispettivamente pari a 0.40 e 0.06; questi valori rapportati al valore di riferimento indicano che non c'è una significativa differenza tra le medie e che dunque le differenze sono imputabili a fattori casuali. 4.4 Analisi microstrutturale L'analisi microstrutturale è stata eseguita con l'intento di individuare le variazioni subite dalla struttura del materiale in virtù delle differenti modalità con cui avviene la rimozione del materiale; ricavate le immagini al SEM, si è proceduto al confronto delle microstrutture attraverso l'esame della forma e della dimensione dei grani secondo un approccio puramente qualitativo Osservazioni al SEM Sono di seguito riportate nella Fig a) e b) le immagine al SEM ricavate in corrispondenza dei punti 1 e 2 e nel punto 3 corrispondente al cuore del materiale per ciascuna delle porzioni di sezione a doppio step di ognuna delle due piastre esaminate. a) 98

99 b) Figura Micrografie al SEM,1500X, nei punti 1, 2 e 3 del doppio step: a) piastra fresata chimicamente; b) piastra fresata meccanicamente. Con riferimento alla figura in esame non si osservano sotto l'aspetto esclusivamente qualitativo, casi a) e b) presi singolarmente, variazioni della microstruttura del materiale appena sotto la pelle del materiale in corrispondenza dei punti 1 e 2 rispetto al punto 3 del cuore del materiale; sempre da un punto di vista puramente qualitativo possiamo apprezzare come non siano individuabili variazioni della microstruttura della piastra interessata dal passaggio dell'utensile rispetto a quella della piastra fresata chimicamente. Nella Fig a) e b) sono riportate le micrografie al SEM viste dall'alto della porzione di superficie più esterna delle due differenti piastre dove viene asportata una quantità maggiore di materiale, mentre in Fig a) e b) sono riportate le micrografie al SEM delle stesse porzioni ma viste in sezione. 99

100 a) b) Figura Micrografie dall'alto a 500X delle porzioni di superficie della parte esterna delle piastre: a) piastra fresata chimicamente; b) piastra fresata meccanicamente. 100

101 a) b) Figura Micrografie a 500X delle porzioni di superficie viste in sezione della parte esterna delle piastre: a) piastra fresata chimicamente; b) piastra fresata meccanicamente. Da un punto di vista qualitativo, le micrografie in esame non presentano variazioni della forma dei grani ne tantomeno delle dimensioni; con riferimento alla forma, visti dall'alto, i grani conservano la loro forma globulare e nella vista in sezione parimenti, i grani conservano sempre una forma allungata e schiacciata nella direzione di laminazione della lamiera. Analogamente non sono apprezzabili variazioni della forma e delle dimensione degli intermetallici ne tantomeno variazioni della distribuzione degli stessi [15-16]. Nella Fig a), b) sono riportati gli spettri EDS relativi ai precipitati che si sono formati durante la fase di trattamento della lega di alluminio che sono facilmente distinguibili all'interno della matrice nella quale sono immersi; dall'esame delle percentuali atomiche, rimane definito il rapporto alluminio rame che individua il tipo di intermetallico che si è formato; I risultati ottenuti confermano la presenza degli intermetallici che comunemente si formano nella fase di trattamento delle leghe di alluminio della serie 2xxx, come Al2Cu o AlCu. 101

102 a) b) Figura Spettri EDS dei precipitati nella lega: a) campione chimico; b) campione meccanico 4.5 Caratterizzazione meccanica In tabella 4.5 è riportato l esito delle prove condotte sui provini in lega AA 2024 la cui tasca è stata prodotta mediante fresatura meccanica: 102

103 CARICO (kn) CARICO (kn) Frequenza Numero di cicli a rottura MAX MIN Hz ? ? ? ? Out Out Out ? ? Tabella Risultati prove su AA 2024 con tasca ottenuta mediante fresatura meccanica R a In tabella 4.6 è riportato l esito delle prove condotte sui provini in lega AA 2024 la cui tasca è stata prodotta mediante fresatura chimica: CARICO (kn) CARICO (kn) Frequenza Numero di cicli a rottura MAX MIN Hz n.a. Innesco laterale n.a. Innesco laterale No fail Tabella 4.6 Risultati prove su AA 2024 con tasca ottenuta mediante fresatura chimica R a note Nella successiva figura 4.19 si riportano, aggregati in forma grafica, i dati relativi alle prove condotte sui provini in lega AA 2024, sia quelli la cui tasca è stata prodotta a mezzo di fresatura chimica, sia quelli la cui tasca è stata prodotta a mezzo di fresatura meccanica. 103

104 Figura 4.19 Dati prove fatica AA 2024 Dall osservazione delle tabelle su riportate si possono già trarre alcune considerazioni. La prima è che si evince come solo in rari casi si è potuta adottare una frequenza di prova pari ai 10 Hz previsti dalla NT, questo poiché, per poter realizzare i desiderati profili di carico con provini così sottili, non ci si è potuti spingere oltre i valori di frequenza poi adottati. La seconda considerazione è che i valori delle sollecitazioni massime fornite dal committente hanno dato luogo a durate che, specie nei provini la cui tasca era stata realizzata mediante fresatura chimica, si sono assestate su valori medi ben superiori a quelli stimati e forniti dal committente stesso. Il combinato disposto di questi due aspetti ha determinato una durata della campagna di prove di gran lunga superiore alle più conservative previsioni Modalità di cedimento Quasi tutti i provini testati le cui tasche erano state realizzate mediante fresatura meccanica hanno ceduto in corrispondenza dello spigolo corto della tasca stessa, in pratica il/i siti di innesco si trovavano tutti in corrispondenza dello spigolo della tasca disposto ortogonalmente alla direzione di applicazione del carico, come mostrato nella successiva figura 4.20, a mo di esempio: 104

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