storia di Davide, della sua magica e luminosa apparizione e della sua repentina scomparsa. Ha un lieto fine

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1 06/02/09 23:56 "Fino a quel giorno amore fu per me un filo della ragnatela stesa tra due fiori, l'uno accanto all'altro; ma ora è divenuto un alone senza inizio e senza fine, che circonda tutto quanto è stato, e che sempre s'accresce per abbracciare tutto quanto sarà". Kahlil Gibran Alessia Pieroni è nata nel 1974 a Perugia. Diplomata presso la Scuola Superiore di Giornalismo, a Urbino, frequenta la Facoltà di Lettere e Filosofia presso l'università della stessa città. Ha pubblicato il saggio Thud Plop. Le clips e i due colori, in AA.VV., Riflessi di parola. Clips history, Urbino 1994.La storia di Davide è stata pubblicata nel 1998 dalle Edizioni Thyrus di Arrone (Tr) (disegni di Roberto Pari) di Alessia Pieroni Dentro la storia di un'amicizia tra due ragazze ne è racchiusa un'altra, narrata con un linguaggio fresco e creativo: La storia di Davide, della sua magica e luminosa apparizione e della sua repentina scomparsa. Ha un lieto fine singolare, perché Davide in realtà è per gli altri una stella; cometa o polare che sia, resta a guidare il cammino, segna la via. E così la vicenda diviene breve romanzo di formazione, racconto di un processo di crescita in cui non mancano i momenti bui. La giovane autrice, alla sua opera prima, rende con una prosa curata e dal fluire spontaneo la vivacità, l'empatia e la sensibilità tipiche dell'adolescenza, di chi "crede nei sogni, nelle lacrime, nelle stelle e (...) in chi crede". Daniela Carpisassi Pagina 1 di 1

2 Il racconto lungo o, se si vuole, romanzo breve di Alessia Pieroni scivola veloce e si legge con piacere. Si assapora principalmente per la qualità di scrittura, per il tono delicato e a tratti scanzonato. Nel linguaggio curato sono disseminate espressioni e locuzioni familiari, colloquiali, per lo più appartenenti a un gergo giovanile riciclato in modo innovativo. Il lessico e la sintassi sono utilizzati come mezzi per esprimere in modo pieno e diretto pensieri e stati d animo. E non importa che siano talvolta poco ortodossi o consueti; anzi, rendono così ancor più vivacemente lo sguardo antropomorfo con cui la voce femminile narrante in prima persona reinterpreta la realtà vivificandola. La padronanza e la creatività linguistiche si uniscono al fluire spontaneo della prosa, alla sua freschezza, alla carica di energia espansiva che trasmette e concorrono a rendere speciale un intreccio per contro semplice, quasi minimo. Centrale è l esperienza di un amicizia forte e totalizzante, vissuta da un gruppo di giovani perdutamente infiltrati gli uni negli altri grazie alla fugace presenza di Davide, leader carismatico che poi viene improvvisamente a mancare. Il tutto è reso attraverso un viaggio a ritroso nella memoria, che procede per flashback e entro la cornice del rapporto amicale tra due ragazze: la giovane che narra e la ventenne Ilaria, che si apre, si fa leggere e riassumere, Ilaria che di parole si ciba, un mezzo angelo (... ) solare, emotivo, sensibile e romantico, appartenente a un mondo che vive e che travolgente chiede di essere vissuto. L opera è scandita in due tempi. Nel secondo, più breve, è Ilaria a prendere la parola e a ribadire, in conclusione, il senso dell incontro e della presenza di Davide. L affascinante ragazzo, raccontando storie di altre terre e altri cieli, ha trascinato tutti verso la conoscenza di se stessi, verso lo snodo del proprio futuro. Sorta di angelo - stella portatore di speranza, fa la sua apparizione proprio nel delicato momento di passaggio dall adolescenza alla maturità; il modo violento e traumatico con cui esce di scena si inscrive nel più ampio disegno di una sorta di Bildungsroman, un romanzo di formazione. Il processo di crescita dei/delle giovani amici/amiche si nutre di un buon patrimonio culturale: Knulp di H. Hesse, Il gabbiano di Jonhatan Livingstone, Il piccolo principe di Saint-Exupery, un Notturno di Chopin. E non mancano intarsi di versi di Euripide per dire la sofferenza, che ben convivono con un riferimento ai New York Yankees. E poi c è chi dice che i giovani d oggi non valgono nulla... Daniela Carpisassi Pagina 1 di 18

3 Mi domando spesso come potrebbe essere la mia vita senza Ilaria. Siamo amiche e compagne d avventura fin da piccole, ancora in fasce. L una conosce dell altra ogni gesto compiuto e le sensazioni che lo hanno avvolto; spesso ci siamo trovate nella stessa barca, a ballare che oramai eravamo in ballo, unite da un accordo interiore che semplificava, innalzandola, la nostra amicizia. Capita spesso di trascorrere ore insieme come se fossero minuti; soprattutto d inverno, quando il freddo ci nega un angolo di parco, o una lunga e lenta passeggiata sul bagnasciuga, ci vediamo a casa di una delle due. Ecco, come oggi, che ho appena suonato il campanello della sua porta. Mi viene ad aprire sua mamma, una donna meravigliosamente simile alla figlia, che con il calore solito mi abbraccia e mi invita a entrare. Ilaria è in mansarda, nel suo piccolo, immenso regno e io salgo briosamente le scale; sta disegnando, o meglio, sta scarabocchiando. Una sorta di delfino estremamente stilizzato, mi sembra di intuire, con tanto azzurro tutto intorno, dal becco affusolato e una macchia bianca a forma di cuore, posteriormente alla gola. Un bacio in un abbraccio e già intuisco il suo bisogno di parlare. Questo mezzo angelo è solare, emotivo, sensibile, romantico. Crede nei sogni, nelle lacrime, nelle stelle e crede in chi crede. Ilaria ha una storia da raccontare, forse più grande di lei, dettata da ricordi tonanti che si ripercuotono tuttora, a distanza di tempo, nel suo modo di guardare e di ascoltare il mondo. È una persona fatale, incisiva, amata da chi le è intorno per la sua voglia di vivere e di urlare e di cambiare il mondo senza cambiarlo. Io la conosco bene e, sebbene certi suoi voli lascino scie indecifrabili anche per me, ho imparato a osservarla, ad interpretare i suoi gesti, i suoi silenzi, le sue pupille. Ecco che inizia a parlare, ascolto la sua voce calda e minuscola. Ora è passato molto tempo, le sembra, dai giorni in cui i suoi raggi si intrecciavano al sole, nulla di metafisico, niente di irreale, ma i minuti si sono rincorsi vorticosi e lei quei ricordi li sente distanti. Distanti nel tempo, intende, non dalla memoria. Vorrebbe rivedere i suoi passi andati, il già.vissuto, il suo passato, Pagina 2 di 18

4 insomma. Il suo passato in senso critico. Ciò che più lo caratterizza, a colpo di sensi, è un cerchio immenso di volti che si tengono la mano. Anzi, una spirale. Una spirale di gente, amica e allegra, che spazia nei suoi confini colorando e venendone colorata. Ilaria si muove leggera in un paesaggio radioso abitato da visi strani, solo suoi e perciò unici, un paesaggio in bilico fra monti e mare, consapevole di appartenere ad un mondo astuto, che gioca sottile, ma un mondo che vive e che, travolgente, chiede di essere vissuto. Continuo a guardarla, Ilaria mi offre il suo profilo perché intenta a fissare una luna di cartapesta che pende dal soffitto, alla sua sinistra, avvolta com è in quell aria da bimba che è il principio del suo mistero. Respiro in profondità per richiamare la sua attenzione, quasi come in un gioco ad incastri lei si volta e s illumina d un sorriso. Riprende il suo volo, con le dita si stropiccia il viso e finisce, lo so, col tirarsi su i capelli, disordinati e corvini. Ilaria ama parlarmi di sé, così come ascoltarmi, mischiarci, pastrocchiare le nostre tinte e colorarci le pareti della nostra amicizia. C è un blu forte che ricorda la sovranità d un cielo, smascherando l inganno del tempo in nevrotici schizzi giallo oro che inneggiano a Betelgeuse. Quel marrone dalle radici aggrovigliate, dall odore di terra appena bagnata da un temporale: un marrone appartenenza, derivazione e deriva, piedi saldi su zolle arate da stivali contadini onorati dal fango. E sbircia un grigio perla nell occhio argenteo di una medusa, mentre un nero lucente galoppa pazzo lungo il nitrito d un cavallo della tribù Navajo, che di sante acque mescolate si disseta, sollevando polvere come se fosse polline sacro. C è del bianco, avorio, traslucido, graffiato bianco in un anello al naso di una ragazza botocudos dell Amazzonia, sulla piuma d una colomba smarrita tra la nebbia, sulla brina che ingoiato ha ormai del tutto quel lilla cortese del glicine immobile, plastificandolo. Il verde cresce, steso su un prato, s arrampica, su come edera, si mimetizza, in un soldato. E poi rosso, c è rosso vivo ovunque... nelle ferite delle speranze, nel valore eterno d un fiore, in due labbra accese che ardono o che, paurose, fingono. Tonalità estreme. Certe volte le dita nude sulla roccia fanno fatica ad aggrapparsi, il corpo stride scivolando verso il basso, la pietra taglia e sanguigna Pagina 3 di 18

5 diventa la presa, lasciando cicatrici secolari, scheggiando le ossa. Sarebbe forse più facile lasciarsi cadere, lasciarsi andare al vuoto, schiantare a terra. Ma non vale, no. Conviene che i denti stringano e irrigidiscano la mandibola, la forza di volontà canti stornelli di vittoria e sventoli, fiero, lo spirito di sopravvivenza. Ilaria si accorge di essere cambiata, un giorno, e si domanda perché. Guarda all insù... si rende conto di essere cresciuta... meraviglioso. Ma come è successo? Si dà una risposta netta, decisa: ha accumulato le esperienze, mi bisbiglia, le fotografie sbiadite, i dialoghi, i crocevia, le possibilità, gli umori, le fatiche, le glorie, i voli, le maschere. Ecco. Ha conosciuto le maschere. Quelle sue e quelle della gente. Non che sia cinica, ma forse disillusa sì, un poco. Io me la ricordo nel furore dei suoi progetti e nel pieno trepidare delle sue azioni. Poi, lungo un processo evidente ma celato, Ilaria ha cambiato i suoi orizzonti, sempre lontani ed evanescenti, ma imparando a camminare sulle sue gambe, anche se avessero preso a farle male; continuando a cercare, ma appoggiandosi solo a se stessa. Fin da quando era piccola ha dovuto fare i conti con la sindrome dell abbandono, dovuta alla sua forma di attaccamento ai visi, ai luoghi, ai profumi che integrava, vitali, nella sua esistenza; perdere la gente non è il suo forte, come di nessuno, ma lei è dotata di una sensibilità che, vogliate permettermi, poco si scova tra la folla. Lei è una creatura d amore, fragile e delicata, che investe nei sentimenti. Lo ha fatto con me, come lo fa con tutti quelli che gliene diano la possibilità. Si avvicina soffice e sorride, in piedi sull uscio delle anime che incontra, per farsi invitare all interno, per conoscersi. Allora inizia a guadare, osserva i nasi, i gesti, i colori. Ascolta ciò che uno dice. Ascolta ciò che uno tace. E così scopre un mondo, nuovo, bello e nuovo, e si crogiola in queste diversità, le vede profondità, universi paralleli. Ognuno ha luce dentro di sé, ognuno bellezze naturali... e Ilaria ci si tuffa, vorrebbe entrare, fluida, in ogni loro antro, nelle caverne nascoste, alle origini. Non posso non capirla, amarla anche per questo, non condividere. Sì, ognuno è degno di essere amato in quanto unico. E tutti abbiamo una storia da raccontare, un verso da piangere. Ognuno si muove nella propria luminosità, splendendo. Visione ottimistica dell umanità, si può dire. E allora, Ilaria si apre, si fa leggere e riassumere, Ilaria che di parole si ciba, e sfoglia, sottolinea, impara, insegna. Così consegue inevitabile una ricerca più minuziosa dei particolari, le famose sfu-mature, Pagina 4 di 18

6 che diventano i confini nebulosi dell affetto che comincia a nascere. Già, perché lei si affeziona subito, quasi troppo presto, e trova affetto reso in tutti i monosillabi, in tutti i respiri. Vuole bene e se ne sente voluta. Oscillazioni... forse così è più facile scoprirsi troppo, si corre di più il rischio di cadere in qualche trappola, in qualche abisso. Ma le delusioni probabili che si possono ricevere valgono, lo assicuro, quella sensazioneemozione che le precede. La felicità di scovare in ognuno, intendo, un polo positivo, un cosmo a sé stante che ruota, vertiginoso, di sua propria energia. Il valore del singolo e le sue, solo sue, potenzialità. I rapporti con gli altri, col mondo, sono saldi al centro del criterio di vita che Ilaria ha scelto ormai da sempre. Nel corso dei suoi vent anni, ha incontrato e voluto incontrare stormi di persone; ha cercato di parlargli volandogli attorno, a volte contro, scoprendosi gabbiano Jonathan Livingston. Le è servito, eccome se le è servito. Ha giovato ai suoi sensi, alla sua anima, le ha infuso tenacia e dolcezza, e umiltà e superbia. E' cresciuta come in realtà voleva, accanto agli altri, dentro di loro, sbattuta fuori, tenuta stretta, a respirare di respiri come i suoi e così diversi dai suoi. Altri me, fuori da me. Ilaria si alza, di scatto, mi urla che sta morendo di fame e che è proprio il caso di strafogarsi di cioccolata... fa di corsa le scale, l armonia non l abbandona neanche nei movimenti più agili. Mi ricordo lei vestita di tulle che, roteando, lascia scie d un bianco candido sul fondo del palcoscenico. La rivedo, immersa nelle note del dottor Zivago, ad eternare amorosi sensi di una Lara libellula, in un teatro antico quanto l aria che vi si respirava, in punta sul gesso delle sue scarpette da ballo e le mani sommessamente nascoste nel morbido e candido manicotto. Brilla, stellina, brilla come allora... La vedo ricomparire con le mani colme delle sue solite schifezze... e anche questa volta non è possibile non starle dietro! Riprende a parlare subito, in preda al suo istinto e in mano al suo sangue, dice che ieri notte ha fatto un sogno strano, sognandosi da sveglia in piena notte a sognare... Ma qui c è lo zampino di Francesco, le dico mettendomi a ridere, un nostro caro amico che di sogni a occhi aperti se ne intende proprio. Ilaria annuisce, con il sorriso ampio di chi dal maestro ha imparato. Dice che tutto ciò che in quei momenti abita in me, è me. I Sogni e il Sognare sono polpastrelli di ladri e poeti, sono frasi di altri cantautori, le ultime onde di un mare ambrato e le prime luci cristalline di un alba. Per essere tutto questo, devono allora prima esistere dentro di noi. Dentro al più piccolo degli animi e al più umile degli uomini. Da lì, nascono. Ilaria dice di ricordarsi i suoi sogni notturni, ed è molto bello, per lei, riviverli da sveglia. Gli altri, i suoi sogni senza sonno, li porta con sé in ogni strada, in ogni tempo. Le danno una voglia di vivere non indifferente, le fanno cogliere uno slancio in tutto-quasi-tutto quello che intraprende, quello che tenta. Pagina 5 di 18

7 Ma è così azzardato parlare di sogni... perché ognuno ha i suoi, banale, ma i suoi in senso di interpretarli, intendo. A ognuno le sue notti in bianco a pensare, allora, a ognuno i propri viaggi, le proprie mappe, i suoi venti, i suoi velieri, le proprie sirene. A ognuno i propri sogni. Nel frattempo abbiamo pure spento la sigaretta, questo si prospetta uno di quei pomeriggi meravigliosamente nostri e Ilaria oggi è talmente in mia sintonia che potremmo spargere e disperdere fiori e parole per chissà quanto altro tempo ancora. E allora, come se avessimo finora solo preparato i nostri sensi, si è liberato in volo il ricordo padrone del nostro passato. Del passato di Ilaria, innanzitutto. Davide. Questa è la storia di un amore diverso, universale, quasi la metafora del legame tra l uomo e il mondo; è un C era una volta atipico che vuole fare l originale e non termina col lieto fine. Ci siamo conosciuti per sbaglio, quasi fosse una scommessa, e le nostre anime si sono subito congiunte. Davide era solare, ci sembrava il ragazzo più affascinante che avessimo mai visto, d una bellezza poetica nei suoi lineamenti, interdetta da toni eroici, fuggitivi, trementina sparsa sulle pupille, lucenti. Troppo solare, troppo diverso... avremmo dovuto capirlo proprio da subito... almeno Ilaria che prima fra tutti instaurò con lui un rapporto etereo. Studiava Giurisprudenza, nato sotto il segno del Toro e tifoso della Fiorentina, lui sarebbe stato il ragazzo della sorte che avrebbe cambiato la vita d Ilaria. E la nostra, con minor intensità. Davide aveva imparato a vivere guardando e ascoltando, proprio come quel Knulp che tanto proficuamente Hesse gli aveva permesso di conoscere. Già, il vagabondo Knulp. E lo era, in realtà, nell animo suo, vi si riconosceva nelle pagine di quel libro che più d una volta aveva letto e chissà quante altre ci invitò a farlo. A questo proposito non conosco niente di più bello dei fuochi d artificio, nella notte. Ci sono sfere di luce, azzurre e verdi; salgono nell oscurità e proprio quando sono al culmine della loro bellezza compiono un piccolo arco e si spengono. E chi li osserva prova un senso di gioia e di angoscia allo stesso tempo: ora si spegne; fa parte del gioco ed è molto più bello così che se durassero molto più a lungo. Non credi?. Pagina 6 di 18

8 Sì, ci aveva convinto, lui che si concedeva con generosità e sincerità, originale e brillante, il nostro compresissimo genio alle prese coi suoi talenti. Quell uomo senza patria centellinava con tutti i suoi sensi il multiforme incanto dell essere a casa, del conoscere, del sapere, della memoria, della familiarità con ogni angolo ed ogni soglia. Davide sorrideva di quei personaggi nevrotici, estremamente metodici, molto seri che intendono la vita come uno sforzo per raggiungere determinati obiettivi: ma gli suscitavano riflessioni, nello stesso tempo, lui che piuttosto era un intelligenza intuitiva, una persona fantasiosa, forse un po distratta. Eravamo un gruppo di giovani vivaci capaci di sognare. Ci siamo presto scambiati ruoli, idee, credenze, emozioni, perdutamente infiltrati gli uni negli altri. E in pochi giorni sentivamo di aver tracciato uno di quei luminosi archi in cielo, come quelli che vedi se fissi troppo a lungo il sole. Eravamo accesi, membri di una combriccola che si muoveva di pari passo al battito del suo cuore e al pulsare dei suoi neuroni. Ci sembrava di non volere più altro; c eravamo guadagnati la nostra isola che non c è e tutto il resto non contava. Eravamo un gruppo d anime immerse in un gioco di gulliveriano amore reciproco, d ostinata attenzione ai delicati e compromessi sensi altrui. Mai più di una mezza dozzina di scalcinate teste stra-pensanti, girovaghe tra boschi e laghi come alla ricerca di quello che c è dopo il Graal, andavamo temerari alla scoperta delle nostre Atlantidi, ispirati dalle nostre Muse e sospinti dai nostri Eoli. E c era una chitarra, una calda voce che, intensa, intonava vecchie strofe, del buon vino rosso forte quanto i nostri ideali, le nostre promesse, un pugno chiuso alzato al cielo. Davide era lì, simile a un capobanda, a uno sciamano che, fiero, guida non volendo gli infervorati percorsi dell animo altrui. Davide ci raccontava storie di altre terre e altri cieli, apriva le sue mani grandi muovendole dal basso verso l alto, correva di gran fiato fino laggiù, fino al pontile, e si chinava sopra un tubo che, perpendicolare, usciva a fior d acqua, sostenendo che da quel buco si potessero sentire i discorsi di Nettuno e della sua gente. E dialogava, pure, con Nettuno... gli parlava di Ilaria, del mondo di Ilaria, del sapore di Ilaria. Confessava lì l amor per la sua bella, da lì scriveva lunghe lettere e frastornate poesie, come se si sentisse al riparo, chiuso dentro un guscio, da un sentimento che insieme innalzava e occludeva. Forse da quel mago tubo lui proveniva... E dai nostri tramonti, dalle nostre alture, noi vedevamo in lui un bene prezioso datoci quasi dal cielo... insieme per la vita, era questo che ognuno effettivamente sapeva sarebbe accaduto. Davide è morto il 18 gennaio 1994, in un incidente stradale. Ilaria si lascia cadere sul letto, provo una tenerezza infinita, ma cerco di non andarle vicino ad abbracciarla. Inizia a ricostruire il dolore dell intero branco, ci si pongono dinanzi agli occhi i musi rigati di sale e le zampe abbandonate a terra di chi ululava pianti disperati. Lei si volta e fugge con lo sguardo sulla foto accanto al suo letto. Ho sempre saputo dell amore che li legava, benché mai sfamato. Gran parte di lei è andata con lui, sono rimasti solo gli occhi fissi al buio e la rabbia dell impotenza. Ilaria ha Pagina 7 di 18

9 creduto di morire senza farlo. A volte pregava di poterlo raggiungere, abbandonandosi alle mie braccia, altre odiava il giudice che firmò la loro sentenza. Il giorno della sciagura lei era in casa, a studiare storia con me, ad aspettare che Davide arrivasse; nel giro di mezz ora le è salita una febbre violenta e si è lasciata addormentare nella sua attesa. Era pomeriggio inoltrato, lui sarebbe stato lì a poco... l ho rassicurata dicendole che sarei rimasta con lei, che l avrei svegliata quando lui fosse arrivato. Io ero lì per distruggere l animo della creatura che più al mondo amavo; dovevo per forza distogliere lo sguardo e innescare quell arma potente che avrebbe annientato Ilaria, col suo presente e il suo futuro. E solo io potevo e dovevo farlo; mentre lei dormiva, catturata da quella strana e consone influenza, non arrivò Davide, bensì uno dei ragazzi del gruppo. Pallido in viso, di corsa arrivato dall ospedale, labbra tirate d un color violaceo e pupille assenti, dilatate in un buio spento. Mi raccontò d un fiato, quasi non credendo a se stesso, d una velocità sonora quasi per mistificare l accaduto. Tremai. 0 forse il terreno sotto di me, tremò; o forse l aria che mi accerchiava. Mi uscì un sorriso, isterico e decisamente folle, coi denti che stridevano gli uni contro gli altri, convinta di essere la vittima di uno scherzo così tetro e ripugnante che, appunto, solo scherzo poteva essere. L amico mi strinse, mi sorresse, urlava che era vero, che lui l aveva visto morto, sdraiato senza vita, tinto d un colore sanguigno in viso, alle mani, al collo, percorso da tracce plumbee, lividi sparsi sulla sua pelle, tra il turchino cupo e il nero. Davide era morto. Fu allora che vomitai. A lungo, in bagno, seduta in terra vicino al water. Un asciugamano stretto tra le dita, stritolato. Dovevo tornare in mansarda, aspettare che Ilaria si svegliasse; dovevo scovare un filo di forza, un filo di ragnatela, e arrampicarmi, puntare sui miei piedi. Se era questo ciò che io stavo soffrendo, se era così alta l acqua in cui stavo affogando, niente comunque sarebbe stato in confronto a quello che avrebbe provato lei... e con questo pensiero, mi lavai la faccia, salii ogni gradino come se fosse stato un monte, e tornai accanto a Ilaria. Per la prima volta in vita sua, forse, aveva assolutamente bisogno di me. Dormiva ancora. Mi sedetti sul divano, accanto al suo letto; lei era aggomitolata e nascosta dalle lenzuola. Fragile, mio Dio, non mi sembrò mai tanto fragile come allora. La Pagina 8 di 18

10 fissai pur non scorgendola. La sua sagoma era immobile e giusto un respiro profondo faceva parlare di lei. Solo allora presero a scendermi le lacrime, silenziose come una figlia illegittima, poderose quanto l attrazione della luna e del sole, con virtuali correnti di marea che sgombravano la mia mente da ogni pensiero. Litanie, tutto ciò che borbottava il mio cervello. Ilaria dormì di un sonno profondo fino a tarda sera. Si alzò dal letto e subito mi interrogò con lo sguardo. Io mi trovai sperduta, inerme, prigioniera di una verità così enorme che non sapevo rivelare, così tragica, ingiusta, omicida. Le andai vicino e le chiesi se avesse mal di testa, posandole una mano tremante in fronte; mi vedevo stupida e ridicola a sviare una risposta. Ilaria si mise a ridere e disse: No, mammina!! A proposito, tu ti senti bene?!. Le afferrai il viso tra due mani; lei, in quella presa claustrofobica, continuava a guardarmi quasi divertita dal mio assurdo comportamento, io la fissai dritto in quei suoi occhi lucidi, spiragli di calore, la penetrai, mi feci incredibilmente grande, seria. Scovai dentro di me una voce nuova, neutrale, apatica, asettica, oltremodo odiosa, e le dissi senza saltimbanchi: Davide è morto. Ilaria aveva capito; rimase lì, dapprima, continuando a guardarmi con quell aria leggera, bloccata come in una diapositiva, nel momento in cui conobbe per la prima volta in vita sua il nulla. Durò qualche secondo, questo fermo immagine. Poi tutto si fece pece. Deglutì, trapassata dall istante che per primo la separò dall oggetto che amava, terribilmente, distaccandola anche dal rimanente del mondo. Poi urla di lacrime rigarono il suo viso scottante. ELENA Nel dare inizio al grande lamento di grandi dolori, come potrò piangere abbastanza? 0 qual canto intonerò con lacrime, lamenti 0 lutti? 0 fanciulle alate, 0 Sirene vergini figlie della terra, venite, accompagnate il mio pianto col flauto libico, con la zampogna, con lacrime concordi alle mie, con dolori a dolori, con nenie alle nenie! E Persefone con lamenti levi funebri canti accompagnando i miei! Per le sue lacrime in cambio riceverà da me nella notturna dimora il peana in onore dei morti. (Euripide, Elena) Pagina 9 di 18

11 Si scagliò potentemente contro di me, dominata da una forza sconosciuta, e io, armata di forza e di spirito, attutii la sua reazione. Reazione che fu tremenda, rasente la pazzia, dettata da un dolore nuovo che tirava calci, vibrava pugni nudi sulle pareti che piangevano sangue. Davide fuori dalla portata dei suoi sensi, un amore dentro da non sapere più dove riporre; lui se ne era tornato da dove era venuto e Ilaria non aveva più ragione di respirare. E come granelli di sabbia che scivolano lungo la clessidra, il suo soffio di vita scivolò lungo quell abisso. CORO Di molti casi Zeus è dispensatore in Olimpo; e molte cose gli dei compiono in modo imprevedibile. Non si avvera ciò che si attendeva, e il dio trova un esito alle cose impreviste. Così finisce questo dramma. (ibidem) Non capita quasi mai di tornare a parlare di Davide, come un vecchio marinaio che non torna dove la tempesta ha vinto la sua barca. Ma certe volte, i venti... son talmente strani, i venti... non li si domina, li si cavalca soltanto. Io non somai dove poter arrivare nel suo ricordo, fin dove potermi spingere, ho una costante paura di riaprire in Ilaria vecchie ferite; così, ascolto lei che va a ritroso nella memoria, magari aggiungendo una virgola per farle sentire che ci sono, che la sento, ma non formulando una frase. E oggi, sembra voglia proprio tornare molto indietro. Si infila la sua felpa col cappuccio e incrocia le gambe seduta sul letto. Una smorfia di disappunto, un sospiro. Non ricorda niente del suo funerale. E ciò le fa male. Male, perché era il loro addio, perché tutti ricordano tranne lei. Pioveva violentemente, le suggerisco: Già - fa lei - avevo un gran freddo, non sentivo i limiti del mio corpo. Era senza confini. Chiese al suo cuore di battere forte, lo pregò di coprire col suo respiro il silenzio che la stava divorando. Chiese al suo cuore di esplodere, ma lui di rimando si fece ancora più rado. Allora sperò in un arresto, in un silenzio ancora più grande, e lui di rimando prese a intonare le note della loro canzone. Una chiesa pullulante di singhiozzi; gente, tanta gente, lenta come in una moviola; Ilaria a pochi passi sulla destra del feretro. Non seguì le parole del sacerdote, non fece segni di croce né si genuflesse. Un emicrania pungente le ticchettava le palpebre, una sfiducia arrogante mal si celava nel suo silenzio stantio, nelle sue ginocchia rigide, nelle sue braccia lasciate cadere lungo i fianchi per vittoria della gravità. Ilaria non mosse un passo, uno sguardo; la sua testa era docilmente rivolta verso sinistra, Pagina 10 di 18

12 verso Davide, precisamente mirata a una piccola ghirlanda di margherite bianche, adagiata sullo spigolo basso della bara. Lui vi era dentro, sembrava grande, immenso, trepidante d entrare nell eternità del cielo. Regnava un singolare silenzio, Davide era come se ci guardasse, era come nel Piccolo Principe di Saint-Exupery: Sembrerò morto e non sarà vero. La ghiaia del cimitero creava una cupa sinfonia stridula accordata sui passi di quel mare di persone, passi trascinati, biascicati, mentre la pioggia non voleva saperne di tacere e lamine di gelido vento impressionavano le guance di righe di lacrime. Neanche durante l ultimo saluto Ilaria si destò dalla sua trascendenza, non un guizzo di vita nei suoi occhi, ormai cambiati anche nel loro taglio, abbandonati in una discendente parabola. Camminava sotto gocce battenti, incurante di quanto fosse bagnata, dei capelli appiccicati alla sua nuca, del naso ancora più etrusco che non pensava di soffiare. Camminava, ferma non rimaneva, la tensione le si era accumulata inverosimilmente e cominciò, per fortuna, a lasciarsi andare a un lamento sottile e pietoso, racchiuso in un pianto sbiadito. Il pietoso rito finì, presi Ilaria per mano e tornammo alla macchina; salimmo dietro, davanti c erano due cari amici. Solo allora Ilaria si fece mordere dalla disperazione, si diede per vinta, e cominciò a urlare rivolta al cimitero, urlava Davide, d una voce che raccoglieva tutti i dolori della sua terra e del suo cielo. E si rimproverò, si picchiò in petto perché lui era morto senza che lei gli avesse detto di amarlo, si odiava mordendo forte le labbra, perdendo sangue, chissà cosa mai avesse aspettato a rivelare al suo Davide il sentimento che provava. Ormai era troppo tardi, il sipario s era chiuso tra i fuochi e il soffrire più bastardo consisteva, per Ilaria, nel restare al mondo. Sapeva di non essere ancora cosciente di quanto fosse accaduto, o forse solo adesso può dire di averlo saputo... in quei primi giorni la sosteneva una forza aurea soffice e calda, ovunque era, qualunque cosa faceva. Si liberava da quel soffrire sottoponendosi a dolori diversi. E si riduceva a stare male molto, molto di più. Aveva saldo nella sua mente il pensiero di una nuova vita, non più solo sua, ma UNA VITA DIVISA IN DUE. Anzi, una vita moltiplicata per due. Proprio così, ora si ritrovava a respirare, a camminare, a sentire per due. Come Lui, il suo Angelo, che si ritrovava a volare, a sbattere quelle sue forti ali per sé e per lei, per tutto il resto del branco. Ilaria mi racconta tutto ciò con l intensità e il sentimento della prima volta, senza rendersi conto che l avrò ascoltata in un silenzio uguale a questo per centinaia di Pagina 11 di 18

13 volte prima d ora. La sua bellezza, nel pieno delle sue parole, aumenta, s accresce come se volesse toccare il cielo, diventa quasi spudorata, sfacciata, la sua pelle olivastra tradisce la sua emozione e si fa più scura, ciocche di capelli le cadono lungo il viso e prende a tremarle lo zigomo. Un muso da felino, volitivo il suo naso, si mangia le unghie ribaltando la mano, un filo di rimmel e un luccichio timido sulle labbra. Mi alzo dal divano, vado sotto il lucernaio; appena buio, una luna pallida taglia il cielo con una mezza falce. Ilaria mi chiede se sono annoiata; io neanche mi volto. Allora lei riprende da dove si era fermata, con una forza nuova che dà impeto alle sue parole. Sentiva forte, ancora, la potenza del loro legame. Non era vero che eravamo rimasti soli; non era andato perso quell immenso amore che tutti avevamo costruito dentro. Si stavano amando, sebbene tutto, erano insieme anche se divisi. Ilaria non può non ricordare notti di lacrime, di rabbia, di dubbi divini. Ricorda il suo cercare suoi respiri. E proprio questo suo disperato tentativo di rimanere con lui, la portò quasi al rifiuto di ogni altra cosa, di ogni altra persona: aveva bisogno di energie estreme per sentire le sue presenze, non poteva certo perdere forze, seppur minime, per qualcosa o tanto meno qualcuno che non fosse il suo Davidino. Sono passati tre anni, da allora, ma provo ancora paura a ricordarla... si stava buttando via, correva incontro al suo ultimo giorno sperando di incontrarlo presto. È vero, se l era presa anche con Dio, ma in Dio ci credeva... e, quindi, desiderava solo il momento del loro riaversi, del loro ritrovarsi per liberarsi finalmente in un mondo diverso da questo, dove è vero che niente avrebbe più potuto dividerli. Fu solo a quel punto della sua rinuncia alla vita, può adesso dire sicuramente, che Davide la cinse davvero con le sue ali. Lei sa che lui l ha rimproverata, duramente, scrollandola da quel freddo abbandono in cui stava facendosi scivolare. Lui la amava per la luce che aveva dentro, diceva, e Ilaria non poteva farla spegnere ora, proprio ora. Con un colpo di reni di cui ancora adesso, a volte, ne sente il dolore, si è rialzata. E ha iniziato daccapo, di nuovo, col mento verso il sole. Se non era riuscita a farlo per se stessa, è riuscita a farlo per lui. E la sua vita ha ripreso, lenta ma salda, il suo corso. Contro le aspettative di molti, riprese serenamente gli studi, gli amici, non dimenticava mai lo spazzolino e senza Mayo, il suo orsetto, riusciva comunque a dormire tranquilla... La radio era sempre accesa, a qualunque ora, e immancabile sentiva almeno una volta al giorno la loro canzone. E in quei momenti, certo, si abbandonava al ricordo, alla nostalgia, tornava a martoriarsi col fatto che stava male, che non è vero che il tempo attenua il dolore... avrebbe solo finto di vivere la sua nuova vita, in realtà avrebbe continuato a cercarlo, persa fra la gente, a Pagina 12 di 18

14 ricordarlo in quei cinque minuti che nelle sue giornate ricorrevano frequenti. E dopo essersi sfogata, tornava alle sue cose, libera nei sensi, ma colma di sentimento. Sì, la sua capacità di autocommiserazione certe volte riusciva a stupire anche lei... anche Davide, sicuramente, per quanto bene la conoscesse. Ilaria riconosce molti suoi sbagli di allora, adesso. Errori dettati da violenti forze che si contendevano le sue ossa, i suoi pensieri. Respirava nell apatia verso il mondo e nell avversione per la gente. Anche la sua gente, quella che le stava vicino ogni giorno con amorevoli accortezze, che sorvegliava senza farsi scoprire ogni suo passo, ogni sua nuova condizione psichica. A partire da sua madre, da suo padre. Scandiva reazioni fulminee che facevano male; e non era un modo per togliere legna dal suo fuoco, era solo un cosciente obiettivo di ferire per essere lasciata in pace in quel dramma, che tanto era suo e nessuno poteva capirlo. Ha odiato con forza chi cercava di distoglierla, di farle alzare la faccia dal cuscino; ha odiato chi ha tentato di strapparle un sorriso, una risposta. Aveva la ferma, risoluta come mai, convinzione di rimanere per fatti suoi; era sua intenzione abissare ogni altra forma di vita che soffocasse le solitudini che si era creata. Ora ringrazia Dio che quella gente non si è mai fatta vincere dalle sue lance e dalle sue cattiverie, ringrazia e ama quella gente per avere continuato a soffocarla, come dice lei, d ironia, a urlare potentemente il suo nome contro il suo viso fino a farla rispondere, fino ad averla fatta tornare. La forza dell amore. Prende un respiro più profondo degli altri, poi Ilaria si avvicina e comincia a giocare con le mie trecce; so che ancora prova una sottile, ma tagliente colpa nei miei riguardi, ancora teme di avermi ferito troppo, durante quei giorni. Mille e più volte l ho rassicurata, dicendole che la mia era solo paura di perderla: forse, mai comprenderà. Lei aveva, e ha tuttora, il cappello di Davide blu dei New York Yankees; glielo diede la sorella pochi giorni dopo la sua morte. Lo indossava la sera che si erano conosciuti. Ebbene, Ilaria senza quel cappello non andava più da nessuna parte, come non si spostava per più di un paio d ore senza la sua fotografia in riva al mare... ancora adesso, questi due oggetti, fanno gli stessi passi che fa lei, ma li vive in maniera diversa, le colmano l aria di serenità, ora, non di motivo di pianto. Il tempo, da allora, è volato, lei ha continuato ad amarlo e sarà una cosa che farà per la vita. Lui c è, qualche volta, Ilaria lo sente e mai nessuno potrà farle credere che non è così. Davide la va a trovare Pagina 13 di 18

15 nei sogni, ma spesso le accadono piccoli particolari che solo lui può guidare... tutto ciò è bellissimo, per lei; la sua presenza, intendo. Non va spesso al cimitero, non condivide l idea che lui sia lì; ogni tanto, però, sente la necessità di portargli una rosa rossa, un bacio. Sente la necessità di porsi inerme davanti alla sua nuova, eterna dimora, di porsi a lui quasi come un offerta. Un offerta, che vive nella morte, con l intento di giurarsi di volta in volta, di ribadire quel che è stato e sarà per sempre, un gesto così finalmente fisico e materiale che sfiora, accarezzandolo, l etereo. Conosce cosa è l abbandono, ne sa tracciare i profili. Sa quanto male fa, da che vuoto si genera e quanto ne partorisce. E' per questo che Ilaria non abbandonerà mai Davide. Come Davide non ha mai abbandonato lei. Questa è la realtà di quel che c è dopo, della vita oltre la vita... niente più finisce, niente cambia, all improvviso, con la facilità di un inganno. Ma tutto resta, unitariamente resta, amando la facoltà di rinnovarsi nel senso di ribadirsi. Giurarsi ancora, ogni giorno dell eternità, per trovarsi dopo millenni proprio come ieri. E' vero che anche una stella muore. Ilaria sa che esistono argini e limiti e confini invalicabili. Ma non nella mente, no, né nel cuore, né nell anima. Nella mente razionalizza i dolori, ormai, e quasi cinicamente sussurra a neuroni iperattivi l inutilità del loro continuare a cercare di capire... il non senso del loro certosino lavorio, che scheggiano improvvisi e freddi, estranei di pelle, tra crude e potenti spiegazioni. Vogliono un perché, anche loro, una risposta. E se la cercano, allora, se proprio nessuno intende dargliela. Se proprio nessuno non se ne crede capace. Nel cuore, povero il sempre vissuto cuore, limiti si impongono solo per non abbandonarsi a se stessi, solo per cercare di arginare un emozione tanto forte e recidiva, tanto forte e distruttiva, che altrimenti la porterebbe a un tacito buio. E così il cuore vinto dalla disperazione, da quella ipocrita e meschina lontananza, scorre rosso in spazi invece illimitati, vincitore dagli scudi di un blu intenso saltati nell aria di una eterna, consapevole concezione di inalterato amore. Nell anima... un animo. Che, unanimi, si liberano in vortici di eteree note. Nessun confine, neanche qui. Soprattutto qui. Inevitabilmente qui. Un anima è eterna, nei suoi criteri non rientra il parametro di quantità. Per Lei è sempre sempre, l oggi è lo ieri e, insieme, il domani. Sarà forse per questo che Ilaria ha Davide nella mente e nel cuore, ma innanzitutto intrecciato all anima. Cala un silenzio tiepido, dò coraggio a me stessa e mi armo di forza per sciogliermi in un sorriso anziché in un pianto; tutto è finito: a parte Ilaria e io, il branco s è disperso tra quei monti e quei laghi d esplorazione, ognuno a fiutare tracce diverse che, ironia della sorte, mai ancora si sono incontrate. Niente più si conosce l un degli altri, dimentichi di ciò che è Pagina 14 di 18

16 stato, ma per sempre uniti da ciò che è stato. Accendiamo lo stereo; tra un jazz e un rock recuperiamo i nostri equilibri, equilibri in senso molto lato! Spontanea, allora, prende voce la morale di questo nostro pomeriggio, di questo nostro primo quarto di secolo. Davide e il suo epilogo sono stati un enorme insegnamento, raccogliendo per noi segreti millenari e richiudendoli in un anfora di lapislazzulo, posandola poi nei nostri cuori con il consiglio di spifferarla ogni tanto. Davide ci lasciò speranza, che poi solo attraverso lui conoscemmo; intervenne nelle nostre vite in un momento di simbiotica stasi: da lì avremmo dato tutti un verso al nostro futuro. A Ilaria stessa piace immaginare l accaduto come un netto suggerimento del destino, dell alto cielo; Davide aveva una missione da compiere, come ognuno al mondo, e quella missione eravamo noi. A meta raggiunta, per forza se ne è tornato tra i suoi simili, e sarà già da qualche altra parte per cambiare, segnare, migliorare la vita di altre persone. La nostra fortuna è stata di averlo incontrato, di averlo in un certo senso riconosciuto. Non mitizziamo, nauseabonda insinuazione di inetti che non sanno capire; semplicemente ci siamo accorti che pulviscoli di luce strana, vigorosa, si rincorrevano attorno al suo corpo. E se poi fossero stati solo gli occhi nostri a vederli, in una specie d allucinazione collettiva, in tal modo ancor di più a noi piace. Ilaria prende tra le mani un carboncino e si china su un foglio di carta velina; scrive qualcosa, i suoi occhi brillano nel nero ceralacca. Lo arrotola e mi si avvicina, incastrandolo tra il mio pollice e il mio indice, in una mossa quasi timida, pia, e totalmente satura d amore. Lo leggerò più tardi, a casa mia, e sarà il motivo della mia insonnia... Anela. Crede. Ama. Lei è uscita appena adesso dalla porta, mi piace seguirla finché non riesco più a distinguerla, stagliata sulla linea arancio caldo del tramonto. Scivolo lenta in bocca ad un vortice di sensi - credo ai sensi, e a chi li usa -. Anche oggi ci siamo incrociate, ancora una volta lei mi ha aiutato a lottare coi miei mostri. Quando se ne va e io rimango sola, più forte mi domando chi sia in realtà Ilaria; so il perché del mio nome, datomi in battesimo dal mio padrino: che sia felice, ilare, che affronti la vita sua intera con il sorriso ingenuo di chi ama, di chi non soffre. L augurio più alto che mai riceverò, lo credo. Pagina 15 di 18

17 E io non me la sento di non essere felice, di non correre a perdifiato fino a rintronare i miei polmoni; sì, io voglio davvero ridere, affrontare ogni giorno con una forza rinnovata, dando un senso a tutto ciò che mi è successo. E a tutto ciò che oltre mi succederà. Prima di conoscere Davide la mia vita era un originale subbuglio, avevo tentato di dare un verso a cose che un verso mai potranno avere, sperperavo le mie forze in idiozie legittimate dalle mie convinzioni, io che di sicurezza sempre ho peccato. Vivevo di battiti sregolati, seguendo orme offuscate, lungo un groviglio disteso. Con lui il mio mondo è cambiato, ma non lentamente, con cautela, anzi di un lampo, giusto il tempo di una battuta d ali. E questo che mi fece pensare, che mi buttò in un certo senso in crisi: per la prima volta una persona che non ero io riusciva ad appropriarsi della mia vita, a far ragionare il mio cervello, a farlo funzionare meglio di quanto non ne fossi stata capace, a dare un valore alla mie credenze. Davide mi ha presa da dentro, non mi ha solo abbracciata da fuori. Lui conosceva a priori l anima mia, la mia essenza, i miei più confusi e nascosti meccanismi; lui lesse attraverso spesse lastre di acciaio e arrivò a carpire segreti e linfa, musiche e veleni. In un lasso di tempo breve a dir poco, quell essere meraviglioso dalle dita affusolate mi capì come mai nessun altro prima al mondo: e nel momento preciso in cui avevo bisogno di qualcuno che mi capisse, per dare spirito al mio domani. Ecco, non potevo non riconoscerlo, è stato così amorevolmente plateale... Mi ricordo un giorno, uno per tutti, era soltanto la seconda volta che ci vedevamo, la prima che per un periodo di tempo non quantificabile rimanemmo da soli, lui e io. Davide e Ilaria, nel loro debutto. Era una domenica pomeriggio. Fuori un vento testardo incitava le onde del mare, una pioggia battente d un tratto, noi due al riparo dentro una cabina del telefono; forse fu l incontro più ravvicinato che avemmo, a pensarci bene. Dunque, la sua bocca generosa smise di ridere, mista a un fiato più corto del solito per via della corsa salvatrice dalla pioggia. Mi guardò leggero, seguì i miei profili. Io potevo nitidissimamente distinguere quale centimetro della mia pelle lui stesse guardando, anche se i miei occhi erano chiusi, in virtù di un calore unito a deliziosa pressione che sentivo lungo il mio viso. Iniziò dal naso, e al naso finì. Il mio battito irregolare di quel momento spero almeno sia servito a fargli capire ciò che le mie stupide labbra han taciuto. (Giorni lottati lontano da oggi che hanno perso opportunità, tra rimpianti, strusciandosi ai muri, rasenti, rotolandosi sull asfalto, bruciati. Non bastò il fruscio dell onda, i sussurri d acqua, strascichi... solo congestionate parole scivolavano, imbarazzandoci. Girò in tondo, il Tempo. Pelle sfiorata lieve, sentimmo. Sulle punte di dita carezze in punta di Pagina 16 di 18

18 dita. Ritagli tra il detto e il non detto, opacamente celati in una luce d intatta visione, infinitamente tesi all Universo, spalancando le finestre. Mai tramonta una volta per tutte il sole amato in un crepuscolo indefinito.) Mise una mano in tasca, ne tirò fuori un legno intagliato a forma di pesca, artigianalmente impacchettato dalle sue mani un po imbranate per lavoretti manuali come quello; quando lo scartai, un profumo invase l aria, il mio respiro si fece albero da frutteto, lui adagiò quella pesca finta e tanto reale nelle mie mani socchiuse, che involontariamente la strinsero d un impeto violento, quasi come cercando di entrarci dentro. Solo allora i miei occhi si inchiodarono ai suoi, magneti, e piansi stretta al suo corpo che mi stringeva per il dono più bello che mi parve di aver ricevuto. Non so come dirti grazie, gli dissi. E' solo una pesca, mi rispose, che per un solo istante è riuscita a inebriare quest aria, come tu fai però per l eternità. Lì l ho riconosciuto, lì mi sono convinta delle mie speranze. Ci siamo accovacciati a terra, zingari disordinati e umidi, e come al solito abbiamo cominciato a parlare. Scivolava d incanto il tempo trascorso con lui, seguivo i suoi gesti come si segue il volo di un gabbiano, ascoltavo i suoi discorsi come si può ascoltare un notturno di Chopin. Quel giorno mi disse, in particolare, di quanto fosse stata importante la figura di sua madre in tutto il suo cammino, e di ogni madre nel cammino di ognuno. Mi parve strano, e forse strano non è l aggettivo appropriato, ma il fatto è che proprio quella mattina io avevo litigato con mia mamma, in uno di quei miei momenti da ragazzina noiosa e viziata che pretende di vincere su tutti. Allora gli chiesi, un po scherzando, un po in ansia, se lui riuscisse a leggermi nel pensiero; gli chiesi con un tono sottilmente tremolante da che razza di mondo provenisse, che ruolo era mai venuto a ricoprire nella mia vita. E gli feci uno di quei miei larghi sorrisi, quelli che ben sapevo a lui facevano vibrare le ciglia: Sono il tuo angelo, Ila, mi disse serio e trasparente, racchiuso nel fascino iridato della sua persona. L ho baciato piano, sullo zigomo sinistro, perché finalmente mi aveva detto la verità. Da quando se ne è andato, dopo l inevitabile spazio di tempo vissuto sotto vuoto, a convivere col dramma del mio essere, tra ombre fuggenti in cerca di se stesse, io mi sono conosciuta. Non mi sono più data per dispersa in questo distante mondo che c è. Io lo penso, fortemente, ma non nei miei ricordi: lo penso ora, adesso, in qualunque parte del cielo lui sia, ci parlo, gli dico di oggi, gli chiedo consiglio, ci gioco, lo prendo anche in giro. Mi manca, ovvio che sia; in fondo lui era la mia stella. Ma Davide ora è Pagina 17 di 18

19 nell Amore Universale, è dentro un progetto assolutamente più vasto e più ambizioso di dove sia io. Per questo, sono felice. Io sono felice lo stesso, ed è lui che me l ha insegnato. La pesca di legno è accanto al mio letto; profuma di arte maga ancora come allora, mi sorprende soprattutto di notte quando tra il dormiveglia mi giro verso il lucernaio, lanciandomi un breve, ma intenso suo odore che mi percorre tutta, che mi disseta, mi inebria ancora e mi lascia addormentare. Ciò che è stato, sarà per sempre: ci sono cose che non cambiano proprio mai. E allora grazie a tutti, allo djambè sui tetti, al ventre che danzava al suo tamburellare, grazie ai pittori di pareti, schizofrenici ottimisti, innamorati della vita e dei gomiti tinti di vernice. Alle infinite tintarelle di luna. A chi passeggiava tra i comignoli come gatti, a chi correva sotto i portici per liberare la propria pazzia. Grazie davvero, ad ognuno di noi che nel suo immenso c era. Pagina 18 di 18

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