Quando consideriamo i problemi e i tranelli del mercato

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1 Mamadou Cissokho * INTERNAZIONALE LA SOVRANITÀ ALIMENTARE DEGLI AFRICANI Le vie della seconda decolonizzazione Quando consideriamo i problemi e i tranelli del mercato mondiale e delle istituzioni internazionali, sorge spontanea la domanda: nel futuro ci saranno spazi di manovra per l Africa? Se si pensa a tutto ciò che pesa sulla sua condizione, ci si domanda: può ancora rinascere l Africa? E se si pensa di sì ci si chiederà allora: come trarre vantaggio dalla globalizzazione? Perché spesso si dimentica che l Africa alla globalizzazione ha partecipato con l anima, cioè con gli essere umani dell Africa. Credo infatti che la globalizzazione sia proprio nata da lì, con questo scambio: prendere i bambini africani per condurli in un altro paese, prendere i prodotti da quei paesi per portarli in Africa. È singolare, anzi incredibile, quindi, che si continui a dire che l Africa debba entrare nella globalizzazione, perché il senso dello scambio è che tutti ci guadagnino qualcosa. Ma quando in uno scambio una parte non guadagna nulla, perché chiederle di entrare ancor più nello scambio? Non sarebbe più naturale chiederle di uscirne, o di cambiare le regole? Per rispondere a queste diverse domande di cui la più semplice è chiedersi cosa fare i contadini hanno pensato che bisognava agire a partire da una semplice constatazione: l Africa è il fratello maggiore del mondo. Tutto è partito dall Africa e dunque come può scomparire la matrice di tutto? Questa è la nostra * Mamadou Cissokho (Senegal) è uno straordinario leader contadino. Negli anni è stato il costruttore di una vasta realtà associativa nelle campagna. A lui si deve la nascita della Federazione delle ONG del Senegal (FONGS) e del Consiglio nazionale di concertazione e cooperazione (CNCR). Attualmente è presidente onorario di una Rete di organizzazioni contadine dell Africa Occidentale (ROPPA). Il suo intervento è stato pronunciato al Convegno citato in nota alla p

2 OSSERVATORIO convinzione profonda: nonostante tutto ci siamo ancora e siamo i testimoni della storia. Io credo che ci saremo ancora a lungo perché non abbiamo ancora messo a frutto tutti i nostri talenti e, se ci si darà il tempo, ci si renderà conto che non siamo reclusi in un passato così lontano. Su che cosa abbiamo fondato la nostra azione? Siamo partiti dalla nostra terra. Io vengo dall Africa Occidentale. La Comunità economica dell Africa Occidentale (CEDAO) 1 raggruppa 15 paesi fra i quali: la Nigeria, la Liberia, il Ghana, il Mali, il Niger, il Burkina Faso, la Costa d Avoria, il Togo, la Guinea e la Gambia. La caratteristica storica di questa regione è che è la culla dei grandi imperi dell Africa: l impero del Ghana, l impero del Mali, l impero del Gao, sono parti dell Africa che hanno dato qualcosa alla storia. Questa è inoltre una regione che si estende per 5 milioni di chilometri quadrati e ha 252 milioni di abitanti, ettari di terra coltivabile, dei quali soltanto 57 lo sono effettivamente. È la prima nel mondo per produzione di cacao, la terza per il caffè e per il cotone, la quarta per banane, ananas, ecc. Non viene citata quando si parla di produzione nucleare o di banche o di transazioni finanziarie. Ma quando si parla di agricoltura allora sì laggiù c è qualcosa. A noi sembra del tutto logico costruire il nostro futuro su questa realtà, progettare il futuro a partire dal concreto e, dunque, pensare che è nell agricoltura che noi abbiamo qualcosa da dire. E non riusciamo a capire perché voi ignorate che è lì che bisogna guardare per poter costruire un futuro. Il 60% del lavoro è garantito dall agricoltura, dall allevamento, dalla pesca e questo 60% produce il 38% del PIL cioè della ricchezza dell Africa Occidentale. Mi pare si possa dire che noi contadini non siamo inutili per la nostra terra. Questa agricoltura produce anche il 15% delle esportazioni di 1 La Comunità, costituita nel 1975, comprende Benin, Burkina Faso, CapoVerde, Costa d Avorio, Gambia, Ghana, Guinea, Guinea Bissau, Liberia, Mali, Niger, Nigeria, Senegal, Sierra Leone, Togo. La Mauritania nè è uscita nel 2002 (NdR). 320

3 INTERNAZIONALE tutta l Africa Occidentale. Certo, noi abbiamo il petrolio nigeriano, l oro del Mali e del Ghana, la bauxite, ma il commercio dei prodotti agricoli rappresenta il 15% delle risorse del paese; quindi è l agricoltura che paga i debiti del nostro governo. Allo stesso tempo la stabilità sociale della nostra regione è garantita proprio dall agricoltura. Provate a pensare che il 60% della popolazione si sposti per andare nelle città: che caos ne nascerebbe? E chi continuerebbe a lavorare la terra? Cosa è successo, dunque? Perché questa regione è gravata da un pesante debito? Se il 20% della popolazione soffre di insicurezza alimentare permanente, ci si deve domandare perché questa regione che ha creato degli imperi non è in grado di mettere al centro l occupazione, la cosa più importante e determinante per uscire dalla situazione di sub-povertà. Proviamo a dire cosa è successo. Ci sono due tipi di agricoltura in Africa, una che è stata portata dai bianchi e che chiamiamo agricoltura dell esportazione: banane, cotone, caffè e cacao che è stata organizzta perché fosse trasformata e commercializzata in Occidente; ed è l agricoltura che tutti conoscono. C è poi una agricoltura che è alla base dei nostri consumi alimentari: ad esempio, i cereali, il sorgo, il mais, le leguminose, l ignam, le patate, e anche la carne e il pesce. Dopo la conquista dell indipendenza era obbligatorio che tutti i paesi avessero un bilancio, e noi abbiamo costruito il nostro sull esportazione; le nostre classi dirigenti si sono convinte che c era un interesse a privilegiare l esportazione per avere più valuta. Al momento dell indipendenza l 80% delle industrie e delle società appartenevano a imprese occidentali: Francia, Portogallo e Inghilterra: e questo sistema è stato conservato intatto. Allo Zimbabwe, alla Namibia è stato detto: va bene l indipendenza, ma non occupatevi dei problemi che riguardano la terra, perché alle vostre risorse pensiamo noi. Ma è proprio il controllo delle risorse ciò che permette a un popolo di sapere cosa succede, di indirizzare i fattori della vita. Una risorsa che toglie al popolo il diritto di controllare l alimentazione non è una buona risorsa. Si è dichiarata, perciò, la disponibilità a orientare la nostra produzione agricola verso l esportazione, in cambio della sicurezza ali- 321

4 OSSERVATORIO mentare: bisognava semplicemente garantire che vi fosse comunque un offerta di prodotti alimentari. La particolarità della nostra agricoltura è che produciamo, innanzitutto, per le nostre famiglie, soprattutto i cereali che sono la nostra base alimentare. Ma, appunto, produciamo per la famiglia e non per il mercato. Gradualmente è stato eliminato il sostegno all agricoltura e si è sviluppato un sistema che spinge a importare cibo. Abbiamo trasformato le abitudini alimentari e anno dopo anno i contadini non riuscivano più a vendere i propri prodotti e di conseguenza si rifugiavano nelle città. Oggi in alcune regioni, in alcuni paesi, i contadini costituiscono il 45%, talora il 60% della popolazione. Non sono morti, sono accampati intorno alle città. La città di Dakar aveva 1800 abitanti, adesso sono Di fronte a questi fenomeni si dà la priorità alle misure di polizia per lottare contro la droga, contro la criminalità, ma sono semplicemente scelte complementari a un unico obiettivo: prendere le ricchezze della maggioranza perché possano essere consumate dalla minoranza. Quando si tratta di decidere il bilancio all agricoltura si destina solo il 3 o il 4% e ogni giorno di più i contadini si sono convinti che non c è un futuro nei campi. Si è diffusa una sorta di frustrazione; il contadino non riesce più a sognare un futuro. Ogni paese dice che è indispensabile avere la capitale più bella, grandi e belle città, creare università, anche se si sa che ciò che si impara nelle università non risponde ai bisogni della popolazione e che l insegnamento che si offre è una tecnica per sfruttare le nostre risorse materiali e culturali. Così accade in Senegal, così in Burkina Faso. Ecco le contraddizioni di questa bellissima regione. C è abbondanza di acqua, ci sono grandi fiumi, grandi laghi, ma la NASA ci dice che, se non si farà qualcosa, fra vent anni non ci sarà più il lago Ciad e fra 30 non ci sarà più il Niger. Noi cosa abbiamo fatto? Abbiamo detto che non c è altra soluzione che centrare il dibattito sulla sovranità alimentare nella nostra regione, sul diritto di produrre il nostro cibo, di trasformarlo, di mangiare il nostro cibo. Questo è un diritto ele- 322

5 INTERNAZIONALE mentare, perché persino durante le guerre abbiamo bisogno di nutrirci. Oggi siamo l unica regione al mondo in cui la sovranità alimentare fa parte della politica agricola. Al momento dell elaborazione della politica agricola, l Europa ci chiama a negoziare il partenariato agricolo; ci invita all Organizzazione mondiale del commercio per essere presenti nel mercato mondiale, ma poi, per esempio nel l Unione Europea spende 131 miliardi di euro per sostenere la sua agricoltura. Gli Stati Uniti distribuiscono 34 miliardi di dollari per proteggere le proprie produzioni agricole. E succede così che il paese più ricco del mondo spende 130 miliardi di dollari per sostenere la sua agricoltura e una regione dell Africa occidentale non arriva a destinargliene neanche uno. Noi abbiamo prezzi interessanti, ma il prezzo del cotone è fissato dall Unione Europea, dalla Spagna, dalla Grecia e dagli Stati Uniti prima della raccolta. I contadini americani ed europei possono produrre ciò che vogliono perché il prezzo è garantito, noi dobbiamo rispettare il mercato. Non siamo ingenui, sappiamo che l Europa e gli Stati Uniti non sono filantropi, che il commercio è una guerra in cui i fucili rimangono sotto il tavolo, ma questo non può esonerarci dalla responsabilità delle nostre scelte. Noi africani abbiamo la responsabilità di scegliere. È tempo di scelte, non ci possono essere mille priorità. È per questo che i contadini si sono rivolti ai politici per dire che il futuro della nostra Africa sta nella capacità di nutrirci. Un capo di Stato che deve mendicare assistenza alimentare non ha possibilità di negoziare. Ecco perché pensiamo che il giorno in cui saremo in grado di assicurarci l alimentazione potremo dire dei no. Negoziare vuol dire cominciare a dire dei no per poter dire dei sì. E quel giorno non è lontano. 323

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