L ULTIMO UOMO DI SAMPIERDARENA di Marco Burchi

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1 L ULTIMO UOMO DI SAMPIERDARENA di Marco Burchi 1

2 I L esile corpo, intriso di sudore, dipinse una sindone astratta sul lenzuolo che lo ricopriva. Tre secondi di panico resero l uomo inerme, incapace d agire. Tentò di dischiudere gli occhi per svegliarsi, ma qualcosa impedì il compiersi di quella semplice azione. Attese alcuni minuti, lasciando che i battiti cardiaci riprendessero il normale ritmare, poi ristabilita la calma, con una concentrazione simile a quella di un religioso raccolto in preghiera, recuperò tutte le energie di cui poteva disporre e le confluì sulle palpebre degli occhi, inducendole ad aprirsi. Vide un soffitto bianco, di modeste dimensioni, poteva appartenere a una stanza che non superava i quattro metri per quattro. Osservò i suoi confini con il solo movimento degli occhi, senza muovere la testa né a destra né a sinistra. Al centro un neon interrompeva la geometria piatta della superficie bianca, era spento e la poca luce che penetrava attraverso le vetrate della finestra apparteneva a un sole incerto. Sentì il lato sinistro del suo corpo assopito, insicuro di voler comunicare nuovamente col mondo esterno. Sollevò allora la mano destra e constatò con una certa meraviglia la totale obbedienza di questa agli ordini impartiti. Iniziò a farla mulinare nell aria circostante al volto, come una farfalla vola attorno al suo fiore e dopo aver sbattuto le ali e ripreso vigore, si posò tra il naso e la fronte, creando una sorta di ponte immaginario. Con una carezza perlustrò tutta l epidermide facciale senza avvertire escoriazioni o mutazioni varie, la mano poi scorrazzò tra i capelli, saggiando accuratamente il rotondo territorio, scoprendo con sollievo la totale integrità della testa. Con l aiuto della solita mano, imperterrito proseguì nella ricerca. Scrupoloso, lento nello spostamento, prese il lenzuolo che lo ricopriva in parte, lo alzò e vide che aveva indosso una vestaglia ospedaliera lunga fino a metà coscia. Non ancora soddisfatto, 2

3 lanciò il lenzuolo più in basso, in fondo ai piedi, riuscendo ad avere in questo modo una più ampia visuale di se stesso. Sempre determinata nei suoi movimenti, la mano, scivolò giù verso il lembo di tessuto più estremo della vestaglia. Lo afferrò e lo tirò su. Per agevolare la vista allungò anche la testa sul petto e così facendo poté osservare il suo molle pene incanalato dal catetere. Costernato, riappoggiò la testa sul cuscino. Bloccò lo sguardo sul soffitto per diversi minuti, durante i quali emise solo un lamento laconico, fatto unicamente per udire se stesso. Al lato opposto della finestra c era una porta chiusa laccata in bianco, oltre di essa proveniva la quiete assoluta. Non gli occorse una particolare lucidità per comprendere che si trattava di un ricovero ospedaliero, mentre invece si prospettò più complicato capire quando fosse avvenuto. Probabilmente era ancora febbraio, ricordava infatti di aver festeggiato il suo compleanno il tredici di quello stesso mese. In supporto alla sua considerazione intervennero alcune immagini della serata trascorsa al ristorante. Rivide sua moglie Adele e gli amici presenti quella sera. Poi ipotizzò che non potevano essere trascorsi molti giorni dal suo risveglio in quella stanza e fu per lui una strana sensazione scoprire come dei ricordi risultassero chiari e ben decifrabili, mentre, facendo appello a uno sforzo maggiore, per mettere in risalto ricordi poco più recenti, la memoria non concedesse più nulla di quanto fornito. Entrò un infermiera, bassa, tarchiata, aveva il viso ricoperto da una spessa maschera di trucco. Alla destra del suo faccione, poco al di sopra del labbro superiore, le spuntava evidente un neo, grosso come la capocchia di un porcino. Sul camice bianco teneva appuntata una spilla riportante il nome e la funzione che ricopriva in ospedale. Si chiamava Ida ed era un assistente di sala. «È molto che hai aperto gli occhi?» domandò. «Sssaran sarannoo» l uomo non riuscì a esprimersi e, pieno di sgomento, guardò l infermiera supplicandola di una spiegazione. 3

4 «Hai avuto un ictus, adesso fai fatica a parlare, ma con una buona riabilitazione tornerai ad essere quello di prima». «Un ii iictus?». «Sì, ma non sforzarti e cerca di riposare, comunque vado a chiamare il dottore». Ida gli rimboccò la coperta, dopodiché uscì dalla stanza, lasciandolo nuovamente solo. I vetri della finestra vibravano per gli spostamenti d aria generati da un cantiere in continuo movimento. Sentiva bene le urla degli operai mescolate alle percussioni dei martelli pneumatici, mentre le continue accelerate degli autocarri e delle ruspe in manovra, provocavano nuvole nere di gas di scarico che si levavano in aria fino a raggiungere la finestra. La porta si riaprì, era Ida accompagnata dal medico. «Come va?» chiese il medico. L uomo non rispose, fece solo una smorfia facendo intendere che aveva visto giorni migliori. «È stato colpito da un ictus ischemico, in forma piuttosto lieve». Il medico s interruppe, pensando che l uomo volesse porre una domanda, ma restò in silenzio, al suo posto. «Il flusso sanguigno diretto al cervello è stato ostacolato da un improvviso restringimento di un arteria, questo le ha causato l insorgenza di un'emiplegia, cioè di questa debolezza che prova nel muovere metà del suo corpo, accompagnata dal disturbo dell uso della parola e della deglutizione. Non ha dovuto subire interventi ed è molto positivo visto che le consentirà di ristabilirsi più rapidamente, ovviamente sottoponendosi a un adeguata riabilitazione». Nel fluire della spiegazione, l uomo si discostò completamente dalla realtà, confondendo l immagine del medico con quella di un professore avuto a scuola. Una persona infinitamente innamorata di se stessa e del proprio linguaggio dotto, al quale 4

5 non interessava coinvolgere gli alunni durante le lezioni, limitandosi a insegnare per contratto senza un minimo di passione. Fu una sorta d allucinazione istantanea, dalla quale si riprese subito, che aveva trovato spazio nella sua mente più per la somiglianza fisica dei due uomini che per il modo d esprimersi del medico che in fondo era fin troppo chiaro. «In qqualle ospedale sssiamo?» domandò l uomo in sincero affanno. «Al Centro Ictus del Galliera» rispose il medico. «Che ggiornno è oggi?». «È martedì venticinque febbraio, è stato portato qui in ambulanza questa mattina verso le nove e trenta. Le dico subito che sua moglie è stata avvertita ma» fece una breve pausa scontrando lo sguardo dell infermiera «diciamo che in questo momento è sotto un regime ospedaliero restrittivo e quindi non può assolutamente vedere nessuno. Comunque sono le undici e quaranta, più tardi avrà ulteriori notizie in merito. Ora cerchi di riposare. Tornerò a fine mattinata per visitarla nuovamente, buongiorno». L uomo contraccambiò al saluto con un cenno della mano, poi, quando fu solo, si adagiò sul letto mettendosi alla ricerca del riposo tanto raccomandato. 5

6 II Un cumulo di pensieri s introdusse disordinatamente nella sua testa. Chiuse gli occhi, cercando di riordinarli, ma il senso di scoramento che provava rendeva l operazione praticamente impossibile. Pensò a sua moglie e al fatto che lui fosse lì, in quel non luogo, solo come un cane e in breve sentì riaffiorare la tensione provata durante il risveglio. Si stava liberando nel suo corpo, lasciando intuire chiaramente la forza del suo imminente dominio e a un certo punto essa si manifestò attraverso un improvviso cedimento di nervi che lo condusse a un pianto isterico, dal quale gli sembrò fin da subito impossibile uscire. La bufera durò a lungo e, dopo che l ultima lacrima sgorgata si deterse, rimase bloccato su di un unico pensiero, rivolto alla ricerca di una spiegazione plausibile a quello stato di solitudine a cui era stato abbandonato. Ripercorse mentalmente gli eventi, fin dove la sua mente poteva arrischiarsi: la mattina era uscito per andare a lavoro, come del resto faceva sempre. Sveglia alle sette, lui a preparare il caffè, sua moglie in bagno a confezionarsi il bel faccino, terminata la colazione, bacio in bocca e ognuno per la sua strada. Lei a piedi verso l ufficio e lui verso il parcheggio, dove teneva la sua Mini Minor. La ricostruzione non valse a nulla e divagò ampiamente. Desiderio Ottonello. Senza indugi ricordava come si chiamava. Il nome di battesimo era stato scelto dai sui genitori il giorno stesso della sua nascita, al Gaslini di Genova, in omaggio al desiderio avverato di avere un figlio dopo cinque anni di tentativi, in cui si potevano annoverare due aborti spontanei, una gravidanza spenta, infinite richieste di esami e relative umilianti analisi, eseguite sia dalla madre che dal padre. Ormoni, malumori, dissapori, false speranze e infine una gioia, Desiderio. Aveva trent anni e da circa dieci, lavorava alle dipendenze della Sicur-Tex, un importante azienda di Bolzaneto, specializzata in 6

7 sistemi di sicurezza. Questa produceva porte antirapina per le banche di mezza Italia, tecnicamente erano definite bussole e non erano altro che porte girevoli poste all entrata di ogni banca, munite di un sistema capace di rilevare oggetti metallici della dimensione di una pistola, o di un cutter. A un tratto Desiderio sentì bisogno di voltarsi a pancia in giù, ma il catetere e altri tubi collegati al braccio gli impedirono qualsiasi movimento. Riprese a navigare tra i ricordi e ripensò alla prima bussola che aveva visto, a come era stato tratto in inganno dalla sua forma. Era in officina, assieme all ingegnere che lo aveva assunto, mentre gli stava mostrando tutto lo stabilimento. Era entrato grazie a delle conoscenze, senza sapere nemmeno cosa facessero in quell azienda, tantomeno quali sarebbero stati i suoi compiti. La vide appoggiata su un bancale di legno, già imballata con del nylon trasparente pronta per la spedizione. Si presentava come un grosso parallelepipedo, la cui struttura in acciaio, verniciata in nero, con una finitura goffrata, comprendeva due grossi vetri antisfondamento posti su due lati, mentre su ciascuno degli altri due lati liberi da impedimenti fissi, si reggeva una porta sempre in vetro massiccio ma di forma curvilinea, che poteva scorrere su di una rotaia, offrendogli così la possibilità di aprirsi e di richiudersi. A primo acchito, confuse il parallelepipedo per un ascensore e questa sua convinzione l accompagnò per quasi tutta la prima giornata di lavoro, fino a quando non prese parte all assemblaggio di una di queste. All inizio della sua avventura lavorativa Desiderio fu affiancato a Oreste Piana. Un ometto gracile, dalle enormi mani callose, di sessantadue anni, in pensione ormai da quattro. Continuava a presentarsi regolarmente in officina tutte le mattine, trattenendosi fino alla pausa pranzo. Con l azienda aveva stipulato un accordo secondo il quale percepiva una retribuzione al nero per le sue quotidiane prestazioni. Questo offriva un duplice vantaggio alla dirigenza della Sicur-Tex, di non versare 7

8 contributi e di avere un dipendente di navigata esperienza, rimasto ancora uno dei pochi in grado di fronteggiare qualsiasi tipo d'inconveniente nell ambito costruttivo di una bussola e che finalmente poteva trasmettere agli altri i trucchi del mestiere. I rapporti tra i due erano altalenanti, Oreste non era capace di gestire il proprio umore, a momenti scontroso e irritante, a momenti spiritoso e di buona compagnia. Sapeva di questi suoi sbalzi d umore e per giustificarli tirava sempre in ballo una maledetta andropausa. Amava parlare di politica e non passava giorno che non ricordasse quanto fosse importante per un operaio essere di sinistra ed essere al contempo solidale con le cause del sindacato. Come s infuriava poi quando parlava degli altri, quelli di destra! Parola questa che non utilizzava mai, la sostituiva semplicemente con un vai di là, gira dall altra parte o al lato opposto della sinistra. La convivenza lavorativa tra i due comunque durò poco più di un anno, s interruppe bruscamente a causa di un incidente sul lavoro, un inconveniente che Oreste non seppe fronteggiare. Più che altro fu una leggerezza commessa per la troppa confidenza che aveva nel manovrare il muletto. Quel giorno infatti, a bordo di uno di quei mezzi, effettuò una sterzata troppo rapida per il peso che stava trasportando, il muletto s imbarcò su se stesso e la bussola che stava trasportando cadde rovinosamente a terra fracassandosi completamente. Impietrito, in faccia gli si dipinse un espressione simile all uomo dell'urlo di Munch. Tutti cercarono di sdrammatizzare, dagli operai agli ingegneri di reparto, ma in cuor suo sapeva di aver fatto un danno da ventiduemila euro e non solo, sapeva anche che in quarant anni di mestiere questa era la prima volta che il suo curriculum si macchiava d un orrore simile, così, mortificato nel più profondo dell animo, prese la decisione di non tornare mai più. Negli anni a seguire Desiderio riuscì a capitalizzare gli insegnamenti di Oreste in modo tale da ritagliarsi un briciolo 8

9 d indipendenza all interno dell azienda. Questo privilegio gli venne attribuito dalla dirigenza non solo per le sue doti, ma anche per quel suo atteggiamento d astensionismo nei confronti delle agitazioni sindacali, comportamento contrario al pensiero del suo primo mentore, ma certamente più proficuo. Come dazio da pagare per l agio ottenuto, doveva sopportare l indifferenza di un gran numero di colleghi rimasti infastiditi per la prevaricazione subita da parte di un giovane arrivato da poco, che si era messo in evidenza, a loro avviso, solo per il semplice fatto che evitava gli scioperi. Non solo, ogni giorno, intorno a lui girava uno sciame di sindacalisti determinati a ottenere una tessera da lui sottoscritta, talvolta anche tentando d imporsi con toni minatori, ma lui in modo subdolo si mostrava sempre interessato all argomento e allo stesso tempo incerto su chi potesse essere il miglior garante per la tutela dei suoi diritti. Temporeggiava e allontanava eternamente così il giorno di un eventuale iscrizione, senza destare troppi dubbi sulla vera natura delle sue intenzioni. L indipendenza di cui poteva beneficiare, corrispondeva alla qualifica d installatore, quindi, invece di occuparsi della fase costruttiva, doveva provvedere alla sistemazione delle bussole direttamente nelle banche. La mattina, quando usciva dalla Sicur-Tex con l auto aziendale, raggiungeva il posto di lavoro che mutava in base alla durata e al tipo di prestazione da effettuare, considerato che, oltre a installare, svolgeva anche servizi di manutenzione itineranti su tutto il territorio ligure e toscano. Una posizione invidiabile la sua, svincolato da qualsiasi legame diretto con i superiori e dal resto dei colleghi, doveva semplicemente seguire una tabella di marcia che gli veniva fornita prima dell uscita. Libero di scegliere il momento in cui farsi una pausa caffè, fumarsi una sigaretta, libero d intrattenersi al telefono quanto voleva. 9

10 III I martelli pneumatici cessarono di lamentarsi e con loro svanirono anche i brusii degli operai impegnati nel cantiere. L improvvisa assenza di rumori catapultò Desiderio nella realtà della stanza, sradicandolo da ogni suo pensiero. Si guardò attorno, alla ricerca di particolari che ancora non aveva rilevato. Vide uno strano contrasto creato tra l inesistente arredo e l angolo tecnologico posto a fianco del suo letto. Un monitor e una matassa di fili che andavano ad attorcigliarsi su di lui, proprio come fossero i tentacoli di un polpo, posizionati appositamente per controllare le sue funzioni cardio-respiratorie. Nient altro, né una sedia dove potersi sedere, né un comodino dove poter poggiare un bicchiere o un libro, tanto meno un armadietto dove poter mettere degli indumenti. Niente di niente, come se prima di allora quella stanza non fosse mai stata utilizzata. Troppo dimessa per far parte di un padiglione ospedaliero, troppo lontana dal via vai frenetico degli infermieri, dei degenti o dei visitatori. Per la terza volta si aprì la porta, questa volta però a entrare furono due uomini distinti in giacca e cravatta. Uno giovane di circa trentacinque anni, l altro molto più attempato. «Desiderio Ottonello?» domandò l ultimo. «Sss sì sono io». «Bene! Sono il giudice Ferrando e questo è l avvocato Priano, suo difensore d ufficio. Premetto che ho parlato con il medico e sono quindi a conoscenza della sua situazione clinica. Mi ha anche informato che al momento non ricorda nulla di quanto ha fatto, ma vede, viste le circostanze è fondamentale stabilire se effettivamente è in grado o meno di sottoporsi a interrogatorio in merito all episodio criminoso che l ha vista coinvolta». Desiderio aggrottò la fronte accogliendo la notizia come si conviene di fronte a un assurdità, dando prova di una sincera 10

11 estraneità a quanto aveva appena detto il giudice. «Qqualle ep eepisoodio, iio non sso niente?» balbettò lentamente. «Glielo dico io cos è successo. Tanto per chiarire la sua posizione, visto che è in stato di arresto e non lo sa, o fa finta di non saperlo, ma lo valuteremo in seguito se lei è uno che dice la verità mi capisce Ottonello?». «Dd di quale aaarresto sta parlando?» replicò nervosamente Desiderio. «Questa mattina, alle ore nove circa, lei si è reso responsabile di una rapina ai danni di un cittadino italiano, un commerciante, magari questo particolare può aiutarla a ricordare. Ha tentato prima di scipparlo di un sacchetto di nylon, quello della spesa per intenderci, poi, vista la resistenza prodotta dalla vittima, ha iniziato a colpirla a pugni in faccia fino a quando non ha mollato la presa. Una volta entrato in possesso del sacchetto si è dato alla fuga solo che la sua corsa è durata sì e no venti metri, perché, colto da malore, si è accasciato a terra senza più muoversi. La vittima, - si ricordi bene la vittima - ha chiamato immediatamente il 118 e se le sue condizioni non si sono aggravate lo deve anche a questo lodevole comportamento, perché, parliamoci chiaro, un altro probabilmente le avrebbe ripreso il sacchetto e poi chissà, magari se ne sarebbe andato senza chiamare nessuno, lasciandolo in balia degli eventi. A questo punto giova ricordare che in concomitanza dell arrivo dell ambulanza sul luogo della rapina, interveniva una volante della polizia, e nella circostanza gli agenti procedevano all arresto nonché all assunzione delle dichiarazioni rilasciate da un passante, testimone dei fatti avvenuti. Questo è il quadro della situazione e se le viene in mente qualcosa gradirei saperlo». Quelle parole spinsero Desiderio fuori dal buio nel quale si era rifugiato dopo la perdita di coscienza, tutto d un tratto l occhio della sua memoria rivide chiaramente l esitazione avuta prima di 11

12 approssimarsi all uomo, i colpi sferrati con una freddezza inimmaginabile, il primo passo verso la fuga conclusasi con la caduta a terra. Crebbe in lui rapidamente l ansia e a essa si unì un forte moto di dolore, le lacrime gli sgorgarono copiose da un pianto silenzioso, come di rassegnazione. «Non ci crredo, quello non sssono iio no!» disse, interrompendo per un attimo il pianto. «Era proprio lei eccome se era lei. Invece di dormire questa notte faccia mente locale, provi a sforzarsi di ricordare. Per la convalida dell arresto francamente le sue dichiarazioni non sono necessarie, ma se vuole patteggiare per una riduzione di pena dovrà dichiararsi colpevole. Certo questo lo deciderà con l avvocato, ma credo non esistano soluzioni migliori». «Giunti a questo punto, credo sia meglio lasciar riposare il mio cliente, visto che per la convalida c è ancora tempo. Se vuole potremmo tornare domani, cosa ne pensa?» intervenne l avvocato. «Potremmo tornare domani, ma ritengo sia inopportuno. Si ricordi anche lei, avvocato, che c è una testimonianza che avvalora l esposizione della parte lesa. Però in realtà c è una cosa che vorrei sapere dal suo cliente - visto che lo considera tale dando per scontato che il signore qui non abbia un avvocato di fiducia - e cioè se lo scippo, tramutato poi in rapina, era destinato effettivamente a quell individuo o se la scelta è stata occasionale. Sa perché le dico questo Ottonello? - il giudice si rivolse a Desiderio - perché nel sacchetto di nylon c erano quindicimila euro in banconote di vario taglio e ho l impressione, come dire, che la vittima sia frutto di una scelta premeditata. Comunque, considerato che al momento non può ricordare, questo particolare emergerà sicuramente in fase processuale». «Facciamolo riposare» intervenne in difesa l avvocato. «E visto che il giudice è entrato nell argomento, volevo precisarle che l ispettore responsabile del turno delle volanti 12

13 della Questura, dovendo assegnarle le garanzie difensive secondo le norme vigenti per la difesa d ufficio, mi ha contattato informandomi dell arresto. Quindi al momento io la rappresento legalmente, sempre che lei sia d accordo e non abbia già un avvocato di fiducia». «Nnon ho mmai avuto bisogno di un llegale di fiducia pprrima d ora». «Allora le lascio il mio biglietto da visita con numeri di telefono e indirizzo dello studio, ci aggiorneremo nei prossimi giorni con la speranza che le sue condizioni migliorino». I due uomini si liquidarono. Alla loro uscita Desiderio intravide oltre la porta, due agenti in divisa della polizia penitenziaria, addetti alla sua sorveglianza. Avevano dato da poco il cambio ai colleghi del turno smontante, si era accorto della loro presenza durante il passaggio delle consegne, quando uno dei due si era affacciato dalla porta per vedere chi fosse l arrestato. 13

14 IV «Così, così. Ci siamo, è in bolla. Ora possiamo fissarla al pavimento» disse Ruggero guardando in faccia Desiderio pieno di soddisfazione. «Fai vedere anche a me». «Guarda il tassello che ho messo nell angolo ha bilanciato il peso». «Sì, è vero, hai ragione. Grande Ruggero!». Erano le nove e la banca ormai costipata di clienti, ospitava al suo interno un fiume in piena di persone che si diramava su più colonne tra l ingresso e le casse. Il via vai di gente non facilitava il lavoro dei due installatori alle prese con Ciclope 3000, fiore all occhiello della Sicur-Tex. Quella bussola possedeva un meccanismo antiostaggio programmato per impedire il passaggio nei locali di due persone contemporaneamente, utilizzando un sistema di controllo del peso del vano di transito, con una soglia di sicurezza regolabile fino a un massimo di 120 kg. Ma ciò che in assoluto faceva di Ciclope 3000 un sistema di sicurezza innovativo, era l accesso tramite lettore biometrico delle impronte digitali, in grado di memorizzare quelle delle persone che accedevano per la prima volta nella porta antirapina, unitamente all immagine del viso ripresa da una telecamera. Studiato in modo tale da non violare la privacy dei clienti della banca, dato che il sistema non associava il nome della persona né alla sua immagine né alla sua impronta. Eseguiva semplicemente delle registrazioni, trasmettendole a un elaboratore centrale, oppure stampandole se la situazione lo richiedeva, come in caso di rapina o di un tentativo di scasso. Comunque gli istituti di credito che intendevano avvalersi di quel tipo di tecnologia ed evitare inutili querelle, aggirando in modo definitivo la legge sulla privacy, facevano firmare ai clienti una riserva in cui risultava l esplicita 14

15 volontà del contraente a rilasciare l impronta digitale e a rendere possibile il trattamento dei dati personali. Desiderio era in ginocchio, stava lavorando sulla pedana interna della bussola, quando un uomo in cima alla coda, prossimo a raggiungere uno dei cassieri, iniziò a salutare tutti i dipendenti della banca per nome, ostentando una cordiale amicizia di circostanza. Parlava ad alta voce, impettito, fiero della sua esistenza, consapevole di essere al centro dell attenzione. Vestiva abiti eleganti. Un gessato marrone a righe scure, con camicia bianca e cravatta rossa cangiante, scarpe traforate marroni di chiaro stile britannico, con un cappotto di cammello di alta sartoria tenuto in braccio. Alto, ben messo, di circa quarant anni, un volto abbronzato dalle lampade e una folta chioma di capelli rosso prugna fissati all indietro con abbondante gel. Desiderio aveva smesso di lavorare per seguirlo con lo sguardo, un gesto involontario prodotto dal senso di fastidio che quell uomo suscitava in lui. «Ma guarda quello là! Ruggero l hai visto quello?». «Chi?». «Quello là» Desiderio lo indicò. «Quello che si dà un monte di arie, il fenomeno che sta urlando davanti al cassiere piccoletto coi baffi lo vedi?». «Ah sì, che ha fatto?». «Niente ha fatto, che deve fare. Ma non ti urta i nervi? Senti! Senti come grida!». «Sì, è di un arroganza esteriore impressionante. Il mondo è pieno di gente così sarà ricco. Dannatamente ricco». «Sì lo è, ce l ha stampato in faccia. Guarda la malevolenza nei suoi occhi, non ha certamente lo sguardo di uno che ha il mutuo da pagare. Cazzo che faccia di merda!» Desiderio lo stava osservando nuovamente. Era davanti al cassiere, intento questa volta a svuotare il contenuto di un sacchetto di plastica sul bancone. 15

16 «Ma dimmi te oh!» sbottò ancora Desiderio. «Che c è adesso?» gli rispose Ruggero spazientito. «Ma no niente, niente». Desiderio gli aveva visto tirare fuori dal sacchetto tre mazzette di banconote, ognuna legata da un elastico. Le tre mazzette erano suddivise in base al taglio della banconota e quindi una era composta di banconote da cento, una da cinquanta e una da venti euro. Tanti soldi, ma proprio tanti pensò subito Desiderio. «E il grande Genoa?» urlò l uomo al cassiere. «Belin! Non parlarmi del Genoa altrimenti mi emoziono e sbaglio a contare!» rispose il cassiere, con un marcato accento da orgoglioso cittadino di Zena, mentre contava i soldi consegnatigli. «Quest anno siamo grandi, meriteremmo troppo la Champions League!» aveva pure smesso di contare per parlare del Genoa, poi, dopo aver dato uno sguardo alla fila di gente, capì che non era il momento adatto per distrarsi e proseguì nel suo lavoro. Dopo la consegna del denaro, l uomo ritirò la contabile che gli spettava, salutò tutto il personale presente con le stesse modalità di quando si era presentato e si diresse, compiaciuto per l operazione ben riuscita, verso la bussola d ingresso. Desiderio era ancora in ginocchio, questa volta preso dal lavoro, quando se lo trovò davanti in attesa che liberasse il passo. «Bellissima questa porta che state montando, un po alla Star Trek!». «È la migliore che abbiamo» rispose Desiderio senza entusiasmo. «Mi piace che in difesa del castello ci sia un portone simile, lo metterei anche a casa!». «Sì, se vuole possiamo farle anche la fossa con i coccodrilli!». «E perché no! Questa è proprio buona la saluto, buona giornata». L uomo se ne andò senza che Desiderio facesse in tempo a ricambiare il saluto. 16

17 «Un amore a prima vista il tuo! Vero Desiderio?» se ne uscì Ruggero ridendo. «Sì! Epidermico!». «E chissà quante volte dovrai incontrarlo ancora!». «Poco importa, tanto qui ho quasi finito». «E no! Ho già chiesto a Marcenaro di farti restare anche per il censimento dei clienti, questa banca ne ha molti». «Non l ho mai fatto». «T insegno io, sei qui per questo. L azienda ti vuole a tutto tondo, altrimenti che installatore sei?». «Non sapevo di godere di tutta questa fiducia» rispose sorpreso Desiderio. «È un buon momento questo per loro e dovranno formare altro personale, tanto vale che inizino da te». 17

18 V Il sole apparso al mattino in veste primaverile era divenuto pallido, gelido, uniforme al biancore omogeneo del cielo che emetteva ormai fioche radiazioni luminose. La penombra creatasi dall assenza di luce avvolgeva l interno della stanza, contribuendo a esaltare il triste umore di Desiderio. Stava sul letto corrucciato, sconvolto dall incontro con il giudice, i filmati del suo futuro più prossimo scorrevano all impazzata nella sua testa, dalla probabile reazione di Adele, al sicuro licenziamento con le conseguenti malelingue dei colleghi una volta venuti a conoscenza dell arresto. Un groviglio di immagini avvilenti che testimoniavano una paura agghiacciante per la situazione creatasi. Ida e il medico fecero il loro ingresso proprio come avevano promesso per un controllo. «Ottonello, direi che possiamo togliere il catetere, così se deve andare al bagno può farlo liberamente. Adesso è necessario che poco per volta riprenda confidenza nello stare in piedi, sempre con l aiuto dell infermiera ovviamente, non si alzi mai da solo». «Il bbagnno ddovv è?». «È qua fuori, dove sono le guardie, non potevamo metterla con altre persone e allora abbiamo dovuto optare per questa sistemazione». «Se non lle ddisspiace allora uutillizzerò il pappag il pappagallo». «Fa lo stesso, comunque sia faccia un po di moto con l infermiera, per quanto riguarda le analisi non sono emerse novità, però dovrà essere monitorato per una decina di giorni ancora e poi vedremo. Salvo complicazioni noi ci rivedremo domani». Il medico uscì lasciandolo solo con Ida. «Allora come va?» ruppe il ghiaccio lei. «Ccome ddeve andare» Desiderio fece un profondo sospiro. «Cerca di riposare, qua dentro è l unica cosa che puoi fare». «Sssono a un ppasso dd dalla galeraa... come posso ripossare?». 18

19 «Ma quale galera! A meno che tu non sia recidivo in galera non ci vai». «Cossa ne ssai tu di queste cose?». «Ho una certa esperienza in materia fidati. Avevo un figlio tossicodipendente, entrava e usciva dal carcere. Non ce l ha fatta a smettere ed è morto per un overdose di eroina. Ma tu sei diverso, non ti fai vero?». «No, nonn mi ffaccio» rispose Desiderio seccato dalla domanda. «Sì lo so, ho controllato le analisi del sangue e poi si capisce subito che non sei una persona cattiva». «Ma ccosa ne ssai ddi mee!» rispose Desiderio questa volta, turbato dalla conversazione. «Di te niente, ma so come gira il mondo, specialmente in certi ambienti». «Qqualli ambienti?». «Quelli in cui finirai se non ti fermi in tempo, le guardie mi hanno detto perché sei qui e se non l hai fatto per farti una dose allora l hai fatto per i soldi» continuò determinata nella sua esposizione. «Anche a mio figlio piacevano i soldi facili, ha cominciato quando aveva quattordici anni rubando i motorini per strada, li smontava nel garage di suo padre e poi rivendeva i pezzi agli amici amici, parola grossa ho scoperto più tardi che alcuni lo ripagavano con pezzi di hashish o pasticche, quelle che ti fanno vedere i mostri!». Desiderio era stufo di ascoltare le frustrazioni di una donna che non conosceva, ma Ida era incontenibile, parlava con una verve espositiva impossibile da placare. «Poi un giorno di tanti anni fa, mentre ero in casa telefonò un maresciallo dei carabinieri dicendomi che avevano arrestato mio figlio assieme a un altro, perché a bordo di uno scooter rubato, avevano scippato una vecchietta a Brignole lo incarcerarono. Aveva altri precedenti per rissa e reati di stadio così quella volta il giudice non fu per niente clemente. Scontò una pena di nove 19

20 mesi, aveva diciannove anni, era solo un ragazzino». Il volto di Ida assunse un espressione sofferente, Desiderio in quel momento avrebbe voluto fermarla ma era ancora troppo lanciata nel racconto del figlio. «Gianni si chiamava, quando uscì era cambiato, non parlava mai, dava subito in escandescenza se gli chiedevi qualcosa, se sospettava di essere controllato. Una volta picchiò addirittura suo padre, solo perché gli disse di non uscire di casa. Aveva iniziato a bucarsi e non era più in grado di auto-controllarsi, rubava perfino in casa, un periodo umiliante quello!» fece una smorfia esprimendo tutto il disgusto che provava per le cose che diceva. «Ricordo come fosse adesso quando un giorno, in preda a una crisi d astinenza, entrò in casa e io ero sola, mio marito non c era mi aggredì con un furia impressionante, picchiò anche me. Mentre lo faceva mi dava della puttana, urlando a squarciagola, chiedendomi soldi e io gli detti tutto quello che avevo, contribuendo alla sua fine. Prima di uscire dalla porta scoppiò in lacrime, tornò da me abbracciandomi, chiedendomi perdono per quello che aveva fatto. Urlava isterico, gridava che era colpa di quei bastardi di quei figli di puttana se si era ridotto così colpa di chi, Gianni! Gli dicevo io, colpa di chi? Urlavo isterica anch io! Mi rispose che era colpa di quei figli di puttana in carcere, dei tossici che c erano là, dei detenuti, dei magrebini, dei negri, dei secondini, di tutto quel sistema corrotto che ruotava intorno a quel maledetto carcere» fece una pausa, riprese fiato e proseguì ancora imperterrita. «Mi disse che alcuni secondini smerciavano la droga all interno del carcere, era risaputo, sapeva anche chi fossero, ma nessuno faceva niente per fermarli, la corruzione era estesa a un livello ampio, ci mangiavano tutti insomma! La droga veniva consegnata ad alcuni detenuti che si prestavano per lo spaccio in ogni settore del carcere. I primi tempi gliela regalavano, poi, una 20

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